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Document 62008CJ0137

Sentenza della Corte (grande sezione) del 9 novembre 2010.
VB Pénzügyi Lízing Zrt. contro Ferenc Schneider.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Budapesti II. és III. kerületi bíróság - Ungheria.
Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive figuranti nei contratti stipulati con i consumatori - Criteri di valutazione - Esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale, del carattere abusivo di una clausola attributiva di competenza giurisdizionale - Art. 23 dello Statuto della Corte.
Causa C-137/08.

Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-10847

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:659

Causa C‑137/08

VB Pénzügyi Lízing Zrt.

contro

Ferenc Schneider

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Budapesti II. és III. kerületi bíróság)

«Direttiva 93/13/CEE — Clausole abusive figuranti nei contratti stipulati con i consumatori — Criteri di valutazione — Esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale, del carattere abusivo di una clausola attributiva di competenza giurisdizionale — Art. 23 dello Statuto della Corte»

Massime della sentenza

1.        Questioni pregiudiziali — Rinvio alla Corte — Obbligo per un giudice nazionale che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale di informarne, contemporaneamente, il Ministro della Giustizia — Irrilevanza

(Art. 267 TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 23)

2.        Ravvicinamento delle legislazioni — Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori — Direttiva 93/13 — Clausola abusiva ai sensi dell’art. 3 — Nozione — Clausola attributiva di competenza

(Direttiva del Consiglio 93/13, art. 3, n. 1)

3.        Ravvicinamento delle legislazioni — Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori — Direttiva 93/13 — Obbligo per il giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola figurante in un contratto soggetto alla sua valutazione — Portata

(Direttiva del Consiglio 93/13, art. 3)

1.        L’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea non osta a una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della Giustizia dello Stato membro interessato.

Non sembra che un obbligo del genere, possa essere considerato un’ingerenza nel meccanismo di dialogo giurisdizionale istituito dall’art. 267 TFUE. Infatti, l’obbligo imposto ai giudici nazionali dello Stato membro interessato di informare il Ministro della Giustizia, al momento della trasmissione della decisione di rinvio alla Corte, non costituisce un presupposto per un siffatto rinvio. Pertanto, esso non può incidere sul diritto di detti giudici di introdurre una domanda di pronuncia pregiudiziale né ledere le prerogative ad essi conferite in forza dell’art. 267 TFUE. Peraltro, non risulta che un’eventuale violazione di tale obbligo di informazione comporti conseguenze giuridiche che possano sovrapporsi alla procedura di cui all’art. 267 TFUE, qualora non sia stato dedotto alcun indizio dal quale si possa desumere che, a causa di detto obbligo di informazione, i giudici nazionali dello Stato membro interessato potrebbero essere dissuasi dall’adire la Corte con un rinvio pregiudiziale.

(v. punti 31-35, dispositivo 1)

2.        L’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea verte sull’interpretazione della nozione di clausola abusiva, di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 93/13, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni di tale direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie.

Il carattere abusivo di una clausola contrattuale dev’essere valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione, tra le quali quella secondo cui una clausola contenuta in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista è stata inserita senza essere stata oggetto di negoziato individuale e attribuisce la competenza esclusiva all’organo giurisdizionale nella cui circoscrizione è ubicata la sede del professionista.

(v. punti 42-44, dispositivo 2)

3.        Il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola attributiva di competenza giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel contratto, che costituisce l’oggetto della controversia di cui è investito e che è stato concluso tra un professionista e un consumatore, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e, in caso affermativo, valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una siffatta clausola.

Difatti, per garantire l’efficacia della tutela dei consumatori voluta dal legislatore dell’Unione in un contesto caratterizzato dalla disuguaglianza tra il consumatore e il professionista che può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale, nella prima fase del proprio esame il giudice nazionale deve, in tutti i casi e a prescindere dalle norme di diritto interno, determinare se la clausola controversa sia stata o meno oggetto di un negoziato individuale tra un professionista e un consumatore.

Per quanto riguarda la seconda fase del detto esame, una clausola che è stata inserita senza essere stata oggetto di un negoziato individuale in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista e che attribuisce competenza territoriale esclusiva ad un’autorità giurisdizionale che si trova in prossimità della sede del professionista tanto sul piano geografico quanto dal punto di vista dei collegamenti deve essere considerata abusiva ai sensi dell’art. 3 della direttiva, se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina a danno del consumatore un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

(v. punti 48, 51-53, 56, dispositivo 3)







SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

9 novembre 2010 (*)

«Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive figuranti nei contratti stipulati con i consumatori – Criteri di valutazione – Esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale, del carattere abusivo di una clausola attributiva di competenza giurisdizionale – Art. 23 dello Statuto della Corte»

Nel procedimento C‑137/08,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Budapesti II. és III. kerületi bíróság (Ungheria), con decisione 27 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 7 aprile 2008, nella causa

VB Pénzügyi Lízing Zrt.

contro

Ferenc Schneider,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts e J.-C. Bonichot (presidenti di sezione), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. M. Ilešič, J. Malenovský, U. Lõhmus, E. Levits, A. Ó Caoimh, L. Bay Larsen e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo ungherese, dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich, e K. Borvölgyi, nonché dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, dal sig. D. J. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dal sig. A. M. Collins, SC;

–        per il governo spagnolo, dal sig. J. López-Medel Báscones, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C.M. Wissels, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, dai sigg. S. Ossowski e L. Seeboruth, in qualità di agenti, nonché dal sig. T. de la Mare, barrister;

–        per la Commissione europea, dai sigg. B.D. Simon e W. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 luglio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la VB Pénzügyi Lízing Zrt. (in prosieguo: la «VB Pénzügyi Lízing») e il sig. Schneider in merito ad una domanda di ingiunzione di pagamento.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        L’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea è formulato nei seguenti termini:

«Nei casi contemplati dall’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea la decisione del giudice nazionale che sospende il [procedimento] e si rivolge alla Corte di giustizia è notificata a quest’ultima a cura di tale giudice nazionale. Tale decisione è quindi notificata a cura del cancelliere della Corte alle parti in causa, agli Stati membri e alla Commissione, nonché all’istituzione, all’organo o all’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui si contesta la validità o l’interpretazione.

Nel termine di due mesi da tale ultima notificazione, le parti, gli Stati membri, la Commissione e, quando ne sia il caso, l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui si contesta la validità o l’interpretazione ha il diritto di presentare alla Corte memorie ovvero osservazioni scritte.

(…)».

4        Ai sensi del suo art. 1, n. 1, la direttiva è volta a «ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore».

5        L’art. 3, nn. 1 e 2 della direttiva dispone quanto segue:

«1.      Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

2.      Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

(...)».

6        L’art. 3, n. 3, della direttiva fa riferimento all’allegato di quest’ultima che contiene un «elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive». Il n. 1 di predetto allegato riguarda le «[c]lausole che hanno per oggetto o per effetto di:

(...)

q)      sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore (...)».

7        Ai termini dell’art. 6, n. 1, della direttiva:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

8        L’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva sancisce:

«1.      Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2.      I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole».

 Il diritto nazionale

9        All’epoca dei fatti della causa principale erano applicabili il codice civile, nella sua versione risultante dalla legge n. III del 2006, e il decreto governativo n. 18/1999, relativo alle clausole ritenute abusive nei contratti stipulati con un consumatore.

10      Ai sensi dell’art. 209/A, n. 2, del codice civile, in un contratto stipulato con un consumatore, una clausola abusiva che è stata predisposta come clausola contrattuale generale, o preventivamente e unilateralmente dalla controparte del consumatore senza che sia stata negoziata individualmente, è nulla.

11      Il decreto governativo n. 18/1999 suddivide le clausole contrattuali in due categorie. Rientrano nella prima categoria le clausole contrattuali la cui inserzione nei contratti conclusi con i consumatori è vietata e che, di conseguenza, sono nulle di pieno diritto. La seconda categoria raggruppa le clausole considerate abusive finché non sia fornita prova contraria; l’autore di siffatte clausole può confutare tale presunzione.

12      L’art. 155/A, n. 2, della legge relativa alla procedura civile così dispone:

«Il tribunale decide di deferire alla Corte di giustizia delle Comunità europee una questione pregiudiziale con ordinanza e sospende contemporaneamente il giudizio. Nella sua ordinanza, il tribunale formula la questione sottoposta alla Corte di giustizia onde ottenere una decisione in via pregiudiziale e comunica i fatti e la normativa ungherese pertinenti, nella misura necessaria affinché la Corte possa risolvere la questione sollevata. Il tribunale notifica la sua ordinanza alla Corte e contemporaneamente la invia, per informazione, al Ministro della giustizia».

13      Ai sensi dell’art. 164, n. 1, della detta legge, la prova degli elementi di fatto necessari per dirimere la controversia grava, in via generale, sulla parte che ha interesse a che il giudice li accerti come verificatisi. Il n. 2 del medesimo articolo prevede che il giudice possa disporre d’ufficio misure istruttorie ove consentito dalla legge.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

14      In data 14 aprile 2006, le parti della controversia principale hanno stipulato un contratto di mutuo destinato a finanziare l’acquisto di un autoveicolo.

15      Allorché il sig. Schneider ha cessato di adempiere ai suoi obblighi contrattuali, la VB Pénzügyi Lízing ha risolto il contratto di mutuo e ha adito il giudice del rinvio al fine di ottenere il rimborso di un credito pari a HUF 317 404, nonché il pagamento degli interessi di mora sull’importo non corrisposto e delle spese processuali.

16      La VB Pénzügyi Lízing non ha presentato la sua domanda di ingiunzione di pagamento dinanzi al giudice competente nella cui circoscrizione il sig. Schneider ha la propria residenza, ma si è avvalsa della clausola attributiva di competenza giurisdizionale inserita nel suddetto contratto di mutuo, la quale sottopone un’eventuale controversia tra le parti alla competenza del giudice del rinvio.

17      L’ingiunzione richiesta è stata pronunciata nell’ambito di un procedimento cosiddetto «non contraddittorio», che non esige che il giudice interessato tenga un’udienza o senta la controparte. Al momento dell’adozione dell’ingiunzione di cui trattasi, il giudice del rinvio non si è interrogato sulla propria competenza territoriale e neppure sulla clausola attributiva di competenza giurisdizionale contenuta nel contratto di mutuo.

18      Il sig. Schneider ha presentato un’opposizione contro tale ingiunzione di pagamento dinanzi al giudice del rinvio, senza precisarne tuttavia i motivi. L’opposizione ha avuto come conseguenza giuridica di rendere la procedura contraddittoria e questa si è dunque svolta conformemente al diritto processuale civile comune.

19      Il suddetto giudice del rinvio ha constatato che la residenza del sig. Schneider non si trovava nella propria circoscrizione territoriale, allorché le norme di procedura civile prevedono che il giudice territorialmente competente a conoscere di una controversia, come quella di cui è stato investito, sia quello nella cui circoscrizione si trova la residenza del convenuto.

20      In tale contesto il Budapesti II. és III. kerületi bíróság (Tribunale dei distretti II e III di Budapest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la tutela dei consumatori garantita dalla direttiva (...) richieda che il giudice nazionale valuti d’ufficio – indipendentemente dalla natura del procedimento, sia esso o meno contraddittorio – anche senza una specifica richiesta al riguardo, nell’ambito dell’esame della sua competenza territoriale, il carattere abusivo di una clausola contrattuale ad esso sottoposta.

2)      In caso di risposta positiva alla prima questione, quali aspetti possa prendere in considerazione il giudice nazionale nel contesto di tale esame, in particolare quando una clausola contrattuale non attribuisce la competenza territoriale all’organo giurisdizionale nella cui circoscrizione si trova la sede del professionista ma a un altro organo giurisdizionale, sebbene ubicato nelle vicinanze di tale sede.

3)      Se, ai sensi dell’art. 23, primo comma, dello [Statuto della Corte], sia esclusa la possibilità che il giudice nazionale informi d’ufficio relativamente al procedimento pregiudiziale il Ministro della giustizia del suo stesso Stato membro, contemporaneamente all’avvio del procedimento in questione».

 Procedimento dinanzi alla Corte

21      Con decisione del Presidente della Corte 13 febbraio 2009, la trattazione della causa è stata sospesa fino alla pronuncia della sentenza 4 giugno 2009, causa C‑243/08, Pannon GSM (Racc. pag. I‑4713).

22      In seguito alla pronuncia di suddetta sentenza, in data 2 luglio 2009, il giudice del rinvio ha comunicato alla Corte che non considerava più necessario che essa risolvesse la prima e la seconda delle questioni sottoposte nella sua decisione 27 marzo 2008. Per contro, tale giudice ha dichiarato che desiderava ancora ottenere la soluzione della terza questione.

23      Inoltre, detto giudice si interroga sul ruolo della Corte, allorquando si tratta di garantire l’applicazione uniforme, in tutti gli Stati membri, del livello di protezione dei diritti dei consumatori prescritto dalla direttiva. A tal riguardo, esso dichiara di dedurre dai punti 34 e 35 della citata sentenza Pannon GSM che le caratteristiche specifiche del procedimento giurisdizionale che si svolge nel contesto del diritto nazionale tra il professionista e il consumatore non possono costituire un elemento atto a limitare la tutela giuridica di cui deve godere il consumatore in forza delle disposizioni della direttiva. Dai summenzionati punti 34 e 35 emergerebbe segnatamente che il giudice nazionale deve esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.

24      Orbene, ad avviso del giudice del rinvio, le indicazioni fornite dalla Corte nei punti rilevanti della citata sentenza Pannon GSM non permetterebbero di definire la questione se il giudice nazionale possa esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale soltanto quando disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tale effetto o se, al contrario, l’esame d’ufficio di tale carattere abusivo implichi anche che, nell’ambito di quest’ultimo, il giudice nazionale sia tenuto ad accertare d’ufficio gli elementi di fatto e di diritto necessari per il suddetto esame.

25      Alla luce di queste considerazioni, il Budapesti II. és III. kerületi bíróság ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali a titolo integrativo:

«1)      Se la Corte, ai sensi dell’art. [267 TFUE] abbia la competenza anche per interpretare la nozione di «clausola abusiva» di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva (...), nonché le clausole elencate nell’allegato della medesima direttiva.

2)      In caso di risposta positiva, se la domanda di pronuncia pregiudiziale con la quale si domanda una siffatta interpretazione possa vertere, nell’interesse di un’applicazione uniforme in tutti gli Stati membri del livello di tutela dei diritti dei consumatori garantito dalla direttiva (...), sulla questione relativa a quali siano gli aspetti che il giudice nazionale può o deve tenere in considerazione allorché i criteri generali stabiliti dalla direttiva vadano applicati ad una specifica clausola individuale.

3)      Se il giudice nazionale che ravvisi autonomamente la possibile sussistenza di una clausola contrattuale abusiva possa, d’ufficio, effettuare un’indagine volta ad accertare gli elementi di diritto e di fatto necessari a compiere tale valutazione, laddove il diritto processuale nazionale ammetta un siffatto esame solo su richiesta delle parti e una siffatta richiesta non sia stata avanzata».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla terza questione sollevata inizialmente

26      Con tale questione, il giudice del rinvio si interroga sul fatto se l’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte, osti ad una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della giustizia.

27      A tale riguardo, va rilevato che l’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte, che prevede che la decisione del giudice nazionale che sospende il procedimento e adisce la Corte venga notificata a quest’ultima a cura di tale giudice nazionale e che detta decisione venga poi notificata a cura del cancelliere della Corte, tra l’altro e a seconda dei casi, alle parti in causa, agli Stati membri e alla Commissione, nonché ad altre istituzioni, organi o organismi dell’Unione, non contiene alcuna indicazione relativa ad altre misure informative che possono essere adottate dal giudice nazionale nell’ambito della sua decisione di adire la Corte con un rinvio pregiudiziale.

28      Al fine di risolvere la questione deferita, va sottolineato che il sistema posto in essere dall’art. 267 TFUE, per assicurare l’unità dell’interpretazione del diritto dell’Unione negli Stati membri, istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento estraneo ad ogni iniziativa delle parti (v. sentenze 10 luglio 1997, causa C‑261/95, Palmisani, Racc. pag. I‑4025, punto 31; 12 febbraio 2008, causa C‑2/06, Kempter, Racc. pag. I‑411, punto 41, nonché 16 dicembre 2008, causa C‑210/06, Cartesio, Racc. pag. I‑9641, punto 90).

29      Infatti, il rinvio pregiudiziale poggia su un dialogo tra giudici, il cui avvio si basa interamente sulla valutazione della pertinenza e della necessità del detto rinvio compiuta dal giudice nazionale (v. citate sentenze Kempter, punto 42 e Cartesio, punto 91).

30      In considerazione dei summenzionati principi sottesi al meccanismo pregiudiziale e alla luce della questione posta, occorre determinare se l’obbligo di informazione di cui trattasi possa avere un’incidenza sulle facoltà di cui dispongono i giudici nazionali in forza dell’art. 267 TFUE.

31      A tale proposito, non sembra che un obbligo, come quello di cui trattasi nella causa principale, possa essere considerato un’ingerenza nel meccanismo di dialogo giurisdizionale istituito dall’art. 267 TFUE.

32      Infatti, l’obbligo imposto ai giudici nazionali dello Stato membro interessato di informare il Ministro della giustizia, al momento della trasmissione della decisione di rinvio alla Corte, non costituisce un presupposto per un siffatto rinvio. Pertanto, esso non può incidere sul diritto di detti giudici di introdurre una domanda di pronuncia pregiudiziale né ledere le prerogative ad essi conferite in forza dell’art. 267 TFUE.

33      Peraltro, non risulta che un’eventuale violazione di tale obbligo di informazione comporti conseguenze giuridiche che possano sovrapporsi alla procedura di cui all’art. 267 TFUE.

34      Inoltre, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 74 delle sue conclusioni, non è stato dedotto alcun indizio dal quale si possa desumere che, a causa dell’obbligo di informazione di cui trattasi, i giudici nazionali dello Stato membro interessato potrebbero essere dissuasi dall’adire la Corte con un rinvio pregiudiziale.

35      Di conseguenza, la terza questione posta inizialmente va risolta nel senso che l’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte non osta a una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della giustizia dello Stato membro interessato.

 Sulla prima e sulla seconda questione sollevate a titolo integrativo

36      Con tali questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede se l’art. 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che la competenza della Corte verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva e all’allegato di quest’ultima, nonché sui criteri che possono o devono essere applicati dal giudice nazionale nell’ambito dell’esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva.

37      Al fine di risolvere le suddette questioni, va rammentato che la procedura delineata dall’art. 267 TFUE configura uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione ad essi necessari per la soluzione delle controversie che sono chiamati a dirimere (v., in particolare, sentenze 8 novembre 1990, causa C‑231/89, Gmurzynska-Bscher, Racc. pag. I‑4003, punto 18, e 12 marzo 1998, causa C‑314/96, Djabali, Racc. pag. I‑1149, punto 17).

38      Per quanto riguarda le disposizioni del diritto dell’Unione che possono formare oggetto di una sentenza della Corte a norma dell’art. 267 TFUE, va rammentato che quest’ultima è competente a statuire sull’interpretazione dei trattati e degli atti emanati dalle istituzioni, organi o enti dell’Unione senza eccezione alcuna (v. sentenze 13 dicembre 1989, causa C‑322/88, Grimaldi, Racc. pag. 4407, punto 8, e 11 maggio 2006, causa C‑11/05, Friesland Coberco Dairy Foods, Racc. pag. I‑4285, punti 35 e 36).

39      Di conseguenza e per quanto riguarda una normativa che fa parte del diritto dell’Unione, la Corte può essere chiamata da un giudice nazionale ad interpretare le nozioni contenute in un istituto di diritto derivato, quale la nozione di «clausola abusiva», menzionata dalla direttiva e dal suo allegato.

40      A tale proposito, la Corte ha statuito che gli artt. 3, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva definiscono, nel loro complesso, i criteri generali che permettono di valutare la natura abusiva delle clausole contrattuali soggette alle disposizioni della direttiva (v. sentenza 3 giugno 2010, causa C‑484/08, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, Racc. pag. 4785, punto 33, e giurisprudenza ivi citata).

41      Peraltro, una questione analoga è stata sollevata nell’ambito del rinvio pregiudiziale che ha dato luogo alla citata sentenza Pannon GSM, nel senso che, nella causa all’origine di tale sentenza, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di fornirgli indicazioni in merito agli elementi che il giudice nazionale deve prendere in considerazione al fine di valutare l’eventuale carattere abusivo di una clausola contrattuale.

42      A tale riguardo, ai punti 37‑39 della predetta sentenza, la Corte ha rilevato che l’art. 3 della direttiva definisce solo in modo astratto gli elementi che conferiscono un carattere abusivo ad una clausola contrattuale che non è stata oggetto di un negoziato individuale, che l’allegato cui rinvia l’art. 3, n. 3, della direttiva contiene solo un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive e che, a norma dell’art. 4 della direttiva, il carattere abusivo di una clausola contrattuale dev’essere valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione.

43      In tale contesto, nella soluzione apportata alla suddetta questione, la Corte ha precisato che spetta al giudice nazionale stabilire se una clausola contrattuale soddisfi i criteri richiesti per essere qualificata come «abusiva» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva e che, a tal fine, il giudice nazionale deve tener conto del fatto che può essere considerata abusiva una clausola contenuta in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista che sia stata inserita senza essere stata oggetto di negoziato individuale e attribuisca la competenza esclusiva al tribunale nella cui circoscrizione è ubicata la sede del professionista (v. sentenza Pannon GSM, cit., punto 44).

44      La prima e la seconda questione, poste a titolo integrativo, vanno dunque risolte dichiarando che l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la competenza della Corte verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie.

 Sulla terza questione posta a titolo integrativo

45      Con tale questione, formulata in termini molto generici, il giudice del rinvio cerca di definire le responsabilità che gli incombono, in forza delle disposizioni della direttiva, dal momento in cui egli si interroga sul carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale attributiva della competenza giurisdizionale territoriale esclusiva. Detto giudice chiede segnatamente se, in una situazione del genere, il giudice nazionale sia tenuto a procedere ad un’istruttoria d’ufficio, al fine di accertare gli elementi di fatto e di diritto necessari per valutare l’esistenza di una siffatta clausola, nell’ipotesi in cui il diritto nazionale preveda una tale istruttoria soltanto su istanza di una delle parti.

46      Per rispondere alla questione posta, va ricordato che, come emerge da una giurisprudenza costante, il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte preventivamente dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (v. sentenze 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, Racc. pag. I‑4941, punto 25; 26 ottobre 2006, causa C‑168/05, Mostaza Claro, Racc. pag. I‑10421, punto 25, nonché 6 ottobre 2009, causa C‑40/08, Asturcom Telecomunicaciones, Racc. pag. I‑9579, punto 29).

47      La Corte ha altresì statuito che, in considerazione di siffatta situazione di inferiorità, l’art. 6, n. 1, della stessa direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Come si evince dalla giurisprudenza, si tratta di una norma imperativa che mira a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, atto a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime (sentenze Mostaza Claro, cit., punto 36, e Asturcom Telecomunicaciones, punto 30).

48      Per garantire la tutela voluta dalla direttiva, la Corte ha sottolineato che la situazione di disuguaglianza tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale (v. sentenze cit. Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, punto 27, Mostaza Claro, punto 26, nonché Asturcom Telecomunicaciones, punto 31).

49      Pertanto, nell’ambito delle funzioni che gli incombono in forza delle disposizioni della direttiva, il giudice nazionale deve verificare se una clausola del contratto, che forma oggetto della controversia di cui è investito, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva in parola. In caso affermativo, detto giudice è tenuto a valutare, se necessario d’ufficio, suddetta clausola alla luce dei requisiti di tutela del consumatore previsti dalla direttiva in esame.

50      Per quanto riguarda la prima fase dell’esame che il giudice nazionale deve effettuare, dal combinato disposto degli artt. 1 e 3 della direttiva emerge che quest’ultima si applica ad ogni clausola attributiva della competenza giurisdizionale territoriale esclusiva, inserita in un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, che non sia stata oggetto di un negoziato individuale.

51      Per garantire l’efficacia della tutela dei consumatori voluta dal legislatore dell’Unione, il giudice nazionale deve dunque, in tutti i casi e a prescindere dalle norme di diritto interno, determinare se la clausola controversa sia stata o meno oggetto di un negoziato individuale tra un professionista e un consumatore.

52      Per quanto riguarda la seconda fase dell’esame di cui trattasi, va rilevato che la clausola del contratto, che forma oggetto della controversia principale, prevede, come rilevato dal giudice del rinvio, la competenza territoriale esclusiva di un giudice che non è quello nella cui circoscrizione si trova la residenza del convenuto, né quello nella cui circoscrizione è ubicata la sede della ricorrente, ma quello che si trova in prossimità della sede di quest’ultima tanto sul piano geografico quanto dal punto di vista dei collegamenti.

53      Per quanto riguarda una clausola che era stata inserita in un contratto concluso tra un consumatore ed un professionista senza essere stata oggetto di negoziato individuale e volta ad attribuire una competenza esclusiva al tribunale nel cui foro si trovava la sede del professionista, al punto 24 della citata sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, la Corte ha statuito che una siffatta clausola deve essere considerata abusiva, ai sensi dell’art. 3 della direttiva, se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina a danno del consumatore un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

54      Va rilevato che la clausola in merito alla quale il giudice nazionale si interroga nella causa principale, alla stregua di una clausola volta ad attribuire la competenza per tutte le controversie derivanti dal contratto al giudice nella cui circoscrizione si trova la sede del professionista, impone al consumatore l’obbligo di assoggettarsi alla competenza esclusiva di un tribunale che può essere lontano dal suo domicilio, il che può rendergli più difficoltosa la comparizione in giudizio. Nel caso di controversie di valore limitato, le spese di comparizione del consumatore potrebbero risultare dissuasive e indurlo a rinunciare a qualsiasi azione o difesa. Siffatta clausola rientra pertanto nella categoria di quelle che hanno lo scopo o l’effetto di sopprimere o ostacolare l’esercizio di azioni legali da parte del consumatore, categoria contemplata al punto 1, lett. q), dell’allegato della direttiva (v. sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, cit., punto 22).

55      Inoltre, una siffatta clausola attributiva di competenza giurisdizionale esclusiva consente al professionista di concentrare tutto il contenzioso attinente alla sua attività professionale dinanzi ad un unico giudice, che non è quello del foro del consumatore, il che agevola la comparizione in giudizio di suddetto professionista e, al contempo, rende quest’ultima meno onerosa (v., in tal senso, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, cit., punto 23).

56      Pertanto, la terza questione posta a titolo integrativo va risolta nel senso che il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola attributiva di competenza giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel contratto, che costituisce l’oggetto della controversia di cui è investito e che è stato concluso tra un professionista e un consumatore, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva e, in caso affermativo, valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una siffatta clausola.

 Sulle spese

57      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea non osta a una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della giustizia dello Stato membro interessato.

2)      L’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una clausola contrattuale particolare in funzione delle circostanze proprie del caso di specie.

3)      Il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola attributiva di competenza giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel contratto, che costituisce l’oggetto della controversia di cui è investito e che è stato concluso tra un professionista e un consumatore, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in caso affermativo, valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una siffatta clausola.

Firme


* Lingua processuale: l’ungherese.

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