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Document 62006CJ0238

    Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 25 ottobre 2007.
    Develey Holding GmbH & Co. Beteiligungs KG contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).
    Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Marchio comunitario - Marchio tridimensionale - Forma di una bottiglia di plastica - Diniego di registrazione - Impedimenti assoluti alla registrazione - Assenza di carattere distintivo - Marchio nazionale anteriore - Convenzione di Parigi - Accordo ADPIC (TRIPs) - Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94.
    Causa C-238/06 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-09375

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:635

    Causa C-238/06 P

    Develey Holding GmbH & Co. Beteiligungs KG

    contro

    Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

    «Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Marchio comunitario — Marchio tridimensionale — Forma di una bottiglia di plastica — Diniego di registrazione — Impedimento assoluto alla registrazione — Assenza di carattere distintivo — Marchio nazionale anteriore — Convenzione di Parigi — Accordo ADPIC (TRIPs) — Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

    Sentenza della Corte (Ottava Sezione) 25 ottobre 2007 

    Massime della sentenza

    1.     Accordi internazionali — Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale — Effetto diretto

    2.     Marchio comunitario — Disposizioni procedurali — Esame d’ufficio dei fatti

    (Regolamento del Consiglio n. 40/94, artt. 7, n. 1, e 74, n. 1)

    3.     Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Registrazione anteriore del marchio in taluni Stati membri

    (Regolamento del Consiglio n. 40/94)

    4.     Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti assoluti alla registrazione — Marchi privi di carattere distintivo

    [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 7, n. 1, lett. b)]

    5.     Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti assoluti alla registrazione

    [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 7, n. 1, lett. b)]

    1.     Le disposizioni della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale non possono essere invocate direttamente in una controversia vertente sulla domanda di annullamento di una decisione della commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) recante diniego della registrazione di un marchio tridimensionale.

    Infatti, in primo luogo, la Comunità non è parte della Convenzione di Parigi.

    In secondo luogo, laddove ha ritenuto necessario attribuire a talune disposizioni della Convenzione di Parigi effetti diretti, il legislatore comunitario ha fatto espresso riferimento ad esse nel regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, in particolare, per quanto riguarda gli impedimenti assoluti alla registrazione, all’art. 7, n. 1, lett. h) e i), del medesimo. Per contro, il detto n. 1 non opera tale riferimento per quanto riguarda il carattere distintivo dei marchi e il legislatore comunitario ha previsto una disposizione autonoma al riguardo all’art. 7, n. 1, lett. b), del detto regolamento.

    In terzo luogo, gli effetti diretti della Convenzione di Parigi potrebbero certamente derivare dal rinvio ad essa operato dall’art. 2, n. 1, dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, tuttavia, in assenza di applicabilità diretta di tale accordo, il detto rinvio non può comportare la diretta applicabilità della Convenzione in parola.

    (v. punti 40-43)

    2.     Nell’ambito dell’esame dell’esistenza degli impedimenti assoluti alla registrazione previsti all’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, il ruolo dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) è quello di accertare se la domanda di registrazione di un marchio sia in contrasto con tali impedimenti.

    A tale proposito, ai sensi dell’art. 74, n. 1, dello stesso regolamento, l’Ufficio è tenuto ad esaminare d’ufficio i fatti rilevanti che potrebbero indurlo ad applicare un impedimento assoluto alla registrazione.

    Orbene, laddove un ricorrente faccia valere il carattere distintivo di un marchio richiesto, in contrasto con il giudizio dell’Ufficio, è ad esso che spetta fornire indicazioni concrete e comprovate che consentano di accertare che il marchio richiesto sia munito di un carattere distintivo intrinseco, ovvero di un carattere distintivo acquisito per effetto dell’uso.

    (v. punti 48-50)

    3.     Una decisione con la quale l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) nega la registrazione di un marchio richiesto quale marchio comunitario non pregiudica né la validità né la tutela sul territorio di uno Stato membro di una registrazione nazionale anteriore di tale marchio.

    Infatti, ai sensi del quinto ‘considerando’ del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, il diritto comunitario dei marchi non si sostituisce al diritto dei marchi degli Stati membri.

    È pertanto possibile non soltanto che, a causa delle differenze linguistiche, culturali, sociali e economiche, un marchio privo di carattere distintivo in uno Stato membro non sia tale in un altro Stato membro, ma anche che un marchio privo di tale caratteristica a livello della Comunità non lo sia in uno dei suoi Stati membri.

    (v. punti 56-58)

    4.     I criteri di valutazione del carattere distintivo, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto stesso non differiscono da quelli applicabili alle altre categorie di marchi.

    Tuttavia, in sede di applicazione di tali criteri, la percezione del consumatore medio non è necessariamente la stessa nel caso di un marchio tridimensionale, costituito dalla forma del prodotto stesso, e nel caso di un marchio denominativo o figurativo, rappresentato da un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che contraddistingue. Non è, infatti, abitudine del consumatore medio presumere l’origine dei prodotti sulla base della loro forma o della forma della loro confezione in assenza di qualsivoglia elemento grafico o testuale, sicché potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo di un marchio tridimensionale siffatto che quello di un marchio denominativo o figurativo.

    In tale contesto, soltanto il marchio che diverga significativamente dalla norma o dagli usi del settore e sia pertanto in grado di soddisfare la sua funzione essenziale di indicazione dell’origine non è privo di carattere distintivo ai sensi della detta disposizione.

    (v. punti 80-81)

    5.     Per valutare se un marchio comunitario sia o meno privo di carattere distintivo, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, occorre prendere in considerazione l’impressione complessiva che esso suscita. Ciò non può tuttavia implicare che non si debba procedere, in un primo tempo, ad un esame in successione dei vari elementi di presentazione utilizzati per tale marchio. Infatti, nel corso della valutazione complessiva, può essere utile esaminare singolarmente gli elementi costitutivi del marchio considerato.

    (v. punto 82)







    SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

    25 ottobre 2007 (*)

    «Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Marchio comunitario – Marchio tridimensionale – Forma di una bottiglia di plastica – Diniego di registrazione – Impedimenti assoluti alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Marchio nazionale anteriore – Convenzione di Parigi – Accordo ADPIC (TRIPs) – Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

    Nel procedimento C‑238/06 P,

    avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 25 maggio 2006,

    Develey Holding GmbH & Co. Beteiligungs KG, avente sede in Unterhaching (Germania), rappresentata dagli avv.ti R. e H. Kunz-Hallstein, Rechtsanwälte,

    ricorrente,

    procedimento in cui l’altra parte è:

    Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. G. Schneider, in qualità di agente,

    convenuto in primo grado,

    LA CORTE (Ottava Sezione),

    composta dal sig. G. Arestis, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. E. Juhász (relatore), giudici,

    avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

    cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 maggio 2007,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       Con la presente impugnazione la società Develey Holding GmbH & Co. Beteiligungs KG (in prosieguo: la «Develey») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 15 marzo 2006, causa T‑129/04, Develey/UAMI (Forma di una bottiglia di plastica) (Racc. pag. II‑811; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale è stato respinto il suo ricorso volto all’annullamento della decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 20 gennaio 2004, recante diniego della registrazione di un marchio tridimensionale (in prosieguo: la «decisione contestata»).

     Contesto normativo

     Il diritto internazionale

     La Convenzione di Parigi

    2       A livello internazionale, il diritto dei marchi è disciplinato dalla Convenzione per la protezione della proprietà industriale, firmata a Parigi il 20 marzo 1883, modificata da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 (Recueil des traités des Nations unies, [Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite], vol. 828, n. 11851, pag. 305; in prosieguo: la «Convenzione di Parigi»). Tutti gli Stati membri della Comunità europea hanno aderito a tale Convenzione.

    3       L’art. 2, n. 1, della Convenzione di Parigi così prevede:

    «I cittadini di ciascuno dei paesi dell’Unione godranno in tutti gli altri, per quanto riguarda la protezione della proprietà industriale, dei vantaggi che le leggi rispettive accordano al presente o accorderanno in avvenire ai cittadini nazionali, restando però impregiudicati i diritti specialmente previsti dalla presente Convenzione. Essi avranno quindi la stessa protezione dei cittadini nazionali e gli stessi mezzi legali di ricorso contro ogni lesione dei loro diritti, sempre ché siano adempiute le condizioni e le formalità imposte agli stessi cittadini nazionali».

    4       L’art. 6 quinquies, punti A e B, della Convenzione di Parigi così dispone:

    «A.

    1)      Ogni marchio di fabbrica o di commercio, regolarmente registrato nel paese d’origine, potrà essere depositato e protetto tale e quale negli altri paesi dell’Unione, con le riserve indicate nel presente articolo. Questi paesi potranno esigere, prima di procedere alla registrazione definitiva, la presentazione di un certificato di registrazione nel paese di origine, rilasciato dall’autorità competente. Non sarà richiesta alcuna legalizzazione per questo certificato.

    2)      Sarà considerato come paese d’origine il paese dell’Unione dove il depositante ha uno stabilimento industriale o commerciale effettivo e serio, e, se non ha un tale stabilimento nell’Unione, il paese dell’Unione dove ha il suo domicilio, e, se non ha domicilio nell’Unione, il paese della sua nazionalità, nel caso che egli abbia la cittadinanza di un paese dell’Unione.

    B.      La registrazione dei marchi di fabbrica o di commercio, considerati nel presente articolo, non potrà essere rifiutata o invalidata che nei casi seguenti:

    1)      quando essi siano di natura tale da recare pregiudizio ai diritti acquisiti da terzi nel paese dove la protezione è richiesta;

    2)      quando essi siano privi di qualsiasi carattere distintivo, ovvero composti esclusivamente da segni o indicazioni che possano servire, nel commercio, per indicare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, il luogo d’origine dei prodotti o l’epoca di produzione, o siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio del paese dove la protezione è richiesta;

    3)      quando essi siano contrari alla morale o all’ordine pubblico e specialmente siano di natura tale da ingannare il pubblico. Resta inteso che un marchio non potrà essere considerato contrario all’ordine pubblico per la sola ragione che esso non è conforme a disposizioni della legislazione sui marchi, salvo il caso in cui questa disposizione non riguardi essa stessa l’ordine pubblico.

    È tuttavia fatta salva l’applicazione dell’articolo 10 bis».

     La normativa derivante dall’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio

    5       L’art. 2, n. 1, dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo ADPIC», in lingua inglese «TRIPs»), che costituisce l’allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e approvato a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU L 336, pag. 1), così dispone:

    «In relazione alle parti II, III e IV del presente accordo, i membri si conformano agli articoli da 1 a 12 e all’articolo 19 della Convenzione di Parigi (1967)».

     Il diritto comunitario

    6       L’ultimo ‘considerando’ del preambolo della decisione 94/800 è così formulato:

    «considerando che l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, compresi gli allegati, non è di natura tale da essere invocato direttamente dinanzi alle autorità giudiziarie della Comunità e degli Stati membri».

    7       Il dodicesimo ‘considerando’ della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1) così recita:

    «considerando che tutti gli Stati membri della Comunità sono parti contraenti della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale; che è necessario che le disposizioni della presente direttiva siano in perfetta armonia con quelle della Convenzione di Parigi; che la presente direttiva non pregiudica gli obblighi degli Stati membri derivanti da detta Convenzione; che, ove necessario, è applicabile l’articolo 234, secondo comma del Trattato».

    8       L’art. 3, n. 1, lett. b), di tale direttiva prevede quanto segue:

    «Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

    b)      i marchi d’impresa privi di carattere distintivo».

    9       Il quinto ‘considerando’ del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU L 11, pag. 1), come modificato, recita come segue:

    «considerando che il diritto comunitario in materia di marchi non si sostituisce tuttavia al diritto in materia di marchi dei singoli Stati membri; che in effetti non sembra giustificato obbligare le imprese a registrare i rispettivi marchi come marchi comunitari in quanto i marchi nazionali restano necessari alle imprese che non desiderano una tutela dei loro marchi a livello comunitario».

    10     L’art. 7 del regolamento n. 40/94, relativo agli impedimenti assoluti alla registrazione, prevede al n. 1 quanto segue:

    «Sono esclusi dalla registrazione:

    (…)

    b)      i marchi privi di carattere distintivo;

    (…)

    h)      i marchi che, in mancanza di autorizzazione delle autorità competenti, devono essere esclusi dalla registrazione ai sensi dell’articolo 6 ter della Convenzione di Parigi;

    i)      i marchi che comprendono distintivi, emblemi o stemmi diversi da quelli previsti dall’articolo 6 ter della Convenzione di Parigi e che presentano un interesse pubblico particolare, a meno che le autorità competenti ne abbiano autorizzato la registrazione».

    11     Ai sensi dell’art. 34 di tale regolamento, intitolato «Rivendicazione della preesistenza del marchio nazionale»:

    «1.      Il titolare di un marchio anteriore registrato in uno Stato membro, compreso un marchio registrato nel territorio del Benelux, o di un marchio anteriore che sia stato oggetto di una registrazione internazionale valida in uno Stato membro, che presenti una domanda di marchio identica destinata ad essere registrata in quanto marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui il marchio anteriore è stato registrato o contenuti in questi ultimi, può avvalersi, per il marchio comunitario, della preesistenza del marchio anteriore per quanto concerne lo Stato membro nel quale o per il quale è stato registrato.

    2.      L’unico effetto della preesistenza ai sensi del presente regolamento è che il titolare del marchio comunitario, che rinunci al marchio anteriore o lasci che si estingua, continua a beneficiare degli stessi diritti che avrebbe avuto se il marchio anteriore avesse continuato ad essere registrato.

    3.      La preesistenza rivendicata per il marchio comunitario cessa quando il marchio anteriore, per cui sia stata rivendicata la preesistenza, è dichiarato decaduto o nullo ovvero in caso di rinuncia allo stesso prima della registrazione del marchio comunitario».

    12     L’art. 35 del regolamento n. 40/94, intitolato «Rivendicazione della preesistenza dopo la registrazione del marchio comunitario», prevede quanto segue:

    «1.      Il titolare di un marchio comunitario, titolare di un marchio anteriore identico registrato in uno Stato membro, compreso un marchio registrato nel territorio del Benelux, o di un marchio che sia stato oggetto di una registrazione internazionale valida in uno Stato membro, per prodotti o servizi identici, può avvalersi della preesistenza del marchio anteriore per quanto concerne lo Stato membro nel quale o per il quale esso è stato registrato.

    2.      Si applica l’articolo 34, paragrafi 2 e 3».

    13     Secondo l’art. 73 del regolamento n. 40/94, le decisioni dell’UAMI sono motivate e devono essere fondate esclusivamente su motivi in ordine ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni.

    14     L’art. 74 del regolamento n. 40/94, intitolato «Esame d’ufficio dei fatti», così dispone:

    «1.      Nel corso della procedura l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, prove ed argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

    L’Ufficio può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato in tempo utile».

    15     In conformità all’art. 108 del regolamento n. 40/94:

    «1.      Il richiedente o il titolare di un marchio comunitario può richiedere la trasformazione della sua domanda o del suo marchio comunitario in domanda di marchio nazionale:

    a)      nella misura in cui la domanda di marchio comunitario è respinta o ritirata o considerata ritirata;

    b)      nella misura in cui il marchio comunitario cessa di produrre i suoi effetti.

    2.      La trasformazione non può essere effettuata:

    a)      quando il titolare del marchio comunitario sia stato dichiarato decaduto dai suoi diritti per mancanza di utilizzazione di questo marchio, a meno che, nello Stato membro per il quale viene richiesta la trasformazione, il marchio comunitario non sia stato utilizzato con modalità che costituiscono un’utilizzazione effettiva secondo la legislazione di tale Stato membro;

    b)      per ottenere la protezione di uno Stato membro dove sia stato accertato, da parte dell’Ufficio o di un tribunale nazionale, che la domanda di marchio comunitario o il marchio stesso sono viziati rispettivamente da un impedimento alla registrazione o da una causa di revoca o di nullità.

    3.      Alla domanda di marchio nazionale risultante dalla trasformazione di una domanda di marchio comunitario o dalla trasformazione di un marchio comunitario è attribuita, nello Stato membro interessato, la data di deposito o la data di priorità di tale domanda o di tale marchio ed eventualmente la preesistenza di un marchio di detto Stato rivendicata ai sensi dell’articolo 34 o dell’articolo 35.

    4.      Se una domanda di marchio comunitario è considerata ritirata, l’Ufficio notifica tale fatto al richiedente fissandogli un termine di tre mesi dalla data della notifica per presentare un’istanza di trasformazione.

    5.      Se la domanda di marchio comunitario è ritirata o se il marchio comunitario cessa di produrre i suoi effetti in seguito all’iscrizione di una rinuncia o al mancato rinnovo della registrazione, l’istanza di trasformazione va presentata entro tre mesi dalla data di ritiro della domanda di marchio comunitario o di cessazione degli effetti del marchio comunitario.

    6.      Se la domanda di marchio comunitario è respinta con una decisione dell’Ufficio o se il marchio comunitario cessa di produrre i suoi effetti in seguito ad una decisione dell’Ufficio o di un tribunale del marchio comunitario, l’istanza di trasformazione va presentata entro tre mesi dalla data in cui tale decisione è divenuta definitiva.

    7.      Gli effetti contemplati dall’articolo 32 vengono meno se l’istanza non è presentata in tempo utile».

     Fatti

    16     Il 14 febbraio 2002, la Develey presentava all’UAMI una domanda di registrazione di marchio comunitario ai sensi del regolamento n. 40/94, con la quale faceva valere la priorità di un deposito iniziale effettuato in Germania in data 16 agosto 2001.

    17     La domanda riguardava la registrazione di un segno tridimensionale recante la forma di una bottiglia, riprodotto qui di seguito (in prosieguo: il «marchio richiesto»):

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    18     I prodotti per i quali la registrazione era stata richiesta ricadono nelle classi 29, 30 e 32 dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, corrispondenti, quanto alle singole classi, alla descrizione seguente:

    –       classe 29: «Peperoni, concentrato di pomodori, latte e prodotti lattiero-caseari, yogurt, panna, oli e grassi commestibili»;

    –       classe 30: «Spezie, condimenti; mostarda, prodotti a base di mostarda; maionese, prodotti a base di maionese; aceto, prodotti a base di aceto; bevande prodotte utilizzando aceto; salse verdi; relish; aromi ed essenze per uso alimentare; acido citrico, acido malico, acido tartarico utilizzati quali aromi per la produzione di alimenti; rafano preparato; ketchup e preparati a base di ketchup, concentrati di frutta; salse per insalate, panne per insalate»;

    –       classe 32: «Bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per realizzare bevande».

    19     Con decisione 1° aprile 2003, l’esaminatore respingeva la richiesta di registrazione ai termini dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, sulla base del rilievo che, da un lato, l’UAMI non era vincolato da registrazioni nazionali anteriori e, dall’altro, che la forma del marchio richiesto non presentava alcun elemento particolare e facilmente identificabile che consentisse di distinguerlo dalle forme usualmente utilizzate sul mercato e che conferisse al marchio medesimo una funzione indicativa dell’origine commerciale del prodotto.

    20     Il ricorso proposto dalla Develey, fondato, segnatamente, sul carattere inusuale e particolare della bottiglia di cui trattasi, veniva respinto dalla seconda commissione di ricorso dell’UAMI con la decisione contestata. La commissione di ricorso confermava il ragionamento svolto dall’esaminatore aggiungendo che, trattandosi di un marchio costituito dalla forma della confezione del prodotto, occorreva prendere in considerazione il fatto che la percezione da parte del pubblico interessato non era necessariamente uguale a quella suscitata nel caso di un marchio denominativo, figurativo o tridimensionale indipendente dall’aspetto del prodotto designato. Infatti, il consumatore finale interessato presterebbe, di regola, maggiore attenzione all’etichetta posta sulla bottiglia che non alla mera forma del recipiente nudo ed incolore.

    21     La commissione di ricorso osservava che il marchio richiesto non presentava alcun ulteriore tratto che gli conferisse la capacità di essere nettamente distinto dalle forme usualmente disponibili sul mercato e di restare impresso nella memoria del consumatore quale indicazione dell’origine del prodotto. Infatti – osservava la detta commissione – la particolare concezione fatta valere dalla Develey emergerebbe solamente in esito ad un esame analitico approfondito, esame che il consumatore medio interessato non compirebbe.

    22     La commissione di ricorso osservava che la Develey non poteva far valere la registrazione del marchio richiesto presso il registro dei marchi tedeschi, atteso che tale registrazione nazionale, ancorché possa essere presa in considerazione, non è tuttavia decisiva. Inoltre, a parere della commissione medesima, la documentazione attinente alla registrazione presentata dalla Develey non preciserebbe i motivi in base ai quali la registrazione del segno di cui trattasi era stata accolta.

     Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

    23     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1º aprile 2004, la Develey ha proposto un ricorso inteso all’annullamento della decisione contestata. A sostegno del suo ricorso, la Develey ha dedotto quattro motivi. Tali motivi e, pertanto, il ricorso sono stati respinti dal Tribunale.

    24     Secondo il primo motivo di ricorso, l’onere della prova sarebbe stato erroneamente applicato dall’UAMI, il che costituirebbe una violazione dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, nonché una violazione dell’art. 6 quinquies della Convenzione di Parigi. Infatti, la Develey ha sostenuto che l’UAMI, affermando che la forma di cui trattasi verrebbe percepita come quella di una bottiglia di uso comune e non come un indicatore dell’origine commerciale, avrebbe dovuto dimostrare l’assenza di carattere distintivo.

    25     Il Tribunale ha precisato che la Convenzione di Parigi è inoperante al riguardo, in quanto l’art. 6 quinquies di tale Convenzione, attinente alla protezione ed alla registrazione di marchi depositati in un altro Stato contraente della Convenzione medesima, non contiene norme che disciplinino la ripartizione dell’onere della prova nell’ambito dei procedimenti di registrazione dei marchi comunitari. Il Tribunale ha poi ricordato che, ai termini dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, nell’ambito dell’esame degli impedimenti assoluti alla registrazione, il ruolo dell’UAMI è quello di stabilire se la domanda di marchio incorra in un impedimento di tal genere e che, ai sensi dell’art. 74, n. 1, dello stesso regolamento, l’UAMI è tenuto ad esaminare d’ufficio i fatti pertinenti dai quali potrebbe derivare l’applicazione di un impedimento assoluto alla registrazione.

    26     Il Tribunale ha rilevato che la commissione di ricorso, laddove accerti l’assenza di carattere distintivo intrinseco del marchio richiesto, può fondare il proprio esame su fatti risultanti dall’esperienza pratica generalmente acquisita nella commercializzazione dei prodotti di largo consumo, fatti conoscibili da qualsiasi persona e, soprattutto, dai consumatori di tali prodotti. Esso ha sottolineato che, laddove la ricorrente invoca il carattere distintivo del marchio richiesto, in senso contrario al ragionamento della commissione di ricorso, spetta alla medesima fornire indicazioni concrete e comprovate che dimostrino il carattere distintivo intrinseco del marchio richiesto, ovvero la sussistenza di un carattere distintivo acquisito per effetto dell’uso.

    27     Il secondo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’art. 6 quinquies, punto A, n. 1, della Convenzione di Parigi, violazione derivante dal fatto che l’UAMI avrebbe negato tutela alla registrazione nazionale anteriore. La Develey ha fatto valere che, ritenendo che il marchio richiesto fosse sprovvisto di carattere distintivo sul territorio della Comunità, l’UAMI avrebbe effettivamente considerato invalido e quindi negato tutela sul territorio tedesco al marchio tedesco anteriore posto a protezione del segno medesimo, registrato dal Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio dei brevetti e dei marchi tedesco).

    28     Il Tribunale ha rilevato che, anche ammesso che l’UAMI sia vincolato all’osservanza dell’art. 6 quinquies della Convenzione di Parigi, il diritto dei marchi comunitario non si sostituisce al diritto dei marchi degli Stati membri, in virtù del quinto ‘considerando’ del regolamento n. 40/94. Pertanto, la decisione impugnata non inciderebbe né sulla validità né sulla tutela sul territorio tedesco della registrazione nazionale anteriore. Il Tribunale ha aggiunto che, in ogni caso, l’art. 6 quinquies, lett. B, punto ii), di tale Convenzione prevede la possibilità di rifiutare la registrazione nel caso in cui il marchio richiesto sia privo di carattere distintivo.

    29     Secondo il terzo motivo di ricorso, l’art. 73 del regolamento n. 40/94, l’art. 6 quinquies della Convenzione di Parigi e l’art. 2, n. 1, dell’accordo ADPIC sarebbero stati violati, in quanto l’UAMI non avrebbe sufficientemente esaminato la registrazione nazionale anteriore. La Develey ha fatto valere che l’UAMI deve tenere conto delle registrazioni nazionali anteriori e, in subordine, che dalla concordanza della base giuridica costituita dalla direttiva 89/104 e dal regolamento n. 40/94 risulta che l’UAMI e l’amministrazione nazionale interessata devono applicare gli stessi criteri previsti dai due testi. L’UAMI avrebbe dovuto conseguentemente chiarire per quale motivo esso applica tali criteri in modo diverso dall’amministrazione nazionale.

    30     Il Tribunale ha anzitutto escluso il riferimento alla Convenzione di Parigi e all’accordo ADPIC, in quanto questi ultimi non prevedono alcun obbligo di motivazione delle decisioni e sono privi di pertinenza nel contesto dei detti motivi. Esso ha poi precisato che gli artt. 34 e 35 del regolamento n. 40/94 non possono avere per oggetto o per effetto di garantire al titolare di un marchio nazionale la registrazione del medesimo in quanto marchio comunitario, e che il regime comunitario dei marchi è un sistema autonomo, costituito da un insieme di norme che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione è indipendente da ogni sistema nazionale. Infine, il Tribunale ha ricordato che la commissione di ricorso ha tenuto conto dell’esistenza della registrazione nazionale e che la decisione contestata spiega in modo chiaro e univoco i motivi che hanno indotto la detta commissione a non seguire la decisione del Deutsches Patent- und Markenamt.

    31     Il quarto motivo verte sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, derivante dal fatto che l’UAMI avrebbe ignorato il carattere distintivo del marchio richiesto nonché la circostanza che le caratteristiche di quest’ultimo non hanno alcuna funzione tecnica. Al riguardo, la Develey ha fatto valere che un carattere distintivo minimo sarebbe sufficiente perché un marchio possa essere oggetto di registrazione e ha aggiunto che non occorre applicare un criterio più rigoroso per valutare il carattere distintivo di un marchio tridimensionale. La Develey ha sostenuto che il consumatore si orienta in funzione della forma della bottiglia e verifica la sua scelta con l’aiuto dell’etichetta soltanto dopo aver riconosciuto il prodotto desiderato. Secondo la Develey, il consumatore medio sarebbe dunque pienamente in grado di percepire la forma dell’imballaggio dei prodotti di cui trattasi come indicazione dell’origine commerciale di questi ultimi. In subordine, la Develey ha fatto valere che nessuno dei caratteri del marchio richiesto aveva funzione tecnica.

    32     Il Tribunale ha ricordato che i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma di un prodotto non sono diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi e che il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato, da un lato, rispetto ai prodotti e ai servizi per i quali la registrazione è stata richiesta e, dall’altro, rispetto alla percezione che ne ha il pubblico interessato. Inoltre, il Tribunale ha precisato che, nell’ambito dell’esame del carattere distintivo di un marchio, occorre esaminare l’impressione d’insieme che esso produce.

    33     Il Tribunale ha rilevato che, nella fattispecie, i prodotti interessati dal marchio richiesto sono prodotti alimentari di consumo comune e che, pertanto, il pubblico di cui trattasi è costituito dalla generalità dei consumatori. Secondo il Tribunale, occorre quindi valutare il carattere distintivo del marchio richiesto tenendo conto dell’aspettativa presunta di un consumatore medio, normalmente informato nonché ragionevolmente attento e accorto.

    34     Con riferimento al marchio richiesto, il Tribunale ha anzitutto osservato che il consumatore medio non è solito dedurre l’origine dei prodotti basandosi sulla loro forma o su quella del loro imballaggio, in assenza di qualsiasi elemento grafico o testuale, e che tale consumatore attribuisce, in primo luogo, una semplice funzione di confezionamento alle bottiglie in cui tali prodotti sono contenuti. Inoltre, dopo aver esaminato le caratteristiche che contribuiscono, secondo la Develey, a determinare il carattere distintivo della bottiglia, il Tribunale ha concluso che tali caratteristiche non determinano un’impressione globale tale da porre nuovamente in discussione la constatazione secondo cui il marchio richiesto non divergerebbe significativamente dalla normalità o dagli usi del settore. Infine, il Tribunale ha aggiunto che l’asserita assenza di una funzione tecnica dei caratteri del marchio richiesto non può influire sull’assenza del suo carattere distintivo.

     Conclusioni delle parti

    35     Con il ricorso, la Develey chiede alla Corte di:

    –       annullare la sentenza impugnata;

    –       annullare la decisione contestata o, in subordine, rinviare la controversia dinanzi al Tribunale, e

    –       condannare l’UAMI alle spese dei due gradi di giudizio.

    36     L’UAMI chiede alla Corte di:

    –       respingere il ricorso, e

    –       condannare la Develey alle spese.

     Sul ricorso

    37     Occorre esaminare preliminarmente se le disposizioni dell’accordo ADPIC e della Convenzione di Parigi siano direttamente applicabili nel contesto del presente procedimento.

    38     Per quanto riguarda l’accordo ADPIC, occorre ricordare che, secondo l’ultimo ‘considerando’ del preambolo della decisione 94/800, l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, inclusi i suoi allegati, non può essere fatto valere direttamente dinanzi ai giudici comunitari.

    39     Inoltre, la Corte ha dichiarato che le disposizioni di tale accordo sono prive di effetti diretti e non sono in grado di costituire in capo ai singoli diritti dei quali essi possano avvalersi direttamente dinanzi al giudice ai sensi del diritto comunitario (v., in tal senso, sentenze 23 novembre 1999, causa C‑149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I‑8395, punti 42‑48; 14 dicembre 2000, causa C‑300/98 e C‑392/98, Dior e a., Racc. pag. I‑11307, punti 44 e 45, nonché 16 novembre 2004, causa C‑245/02, Anheuser-Busch, Racc. pag. I‑10989, punto 54).

    40     Neppure le disposizioni della Convenzione di Parigi possono essere invocate direttamente nella fattispecie.

    41     Infatti, in primo luogo, la Comunità, a differenza, peraltro, dell’accordo ADPIC, non è parte della Convenzione di Parigi.

    42     In secondo luogo, laddove ha ritenuto necessario attribuire a talune disposizioni della Convenzione di Parigi effetti diretti, il legislatore comunitario ha fatto espresso riferimento ad esse nel regolamento n. 40/94 e, in particolare, per quanto riguarda gli impedimenti assoluti alla registrazione, all’art. 7, n. 1, lett. h) e i), del medesimo. Per contro, va osservato che il detto n. 1 non opera tale riferimento per quanto riguarda il carattere distintivo dei marchi e che il legislatore comunitario ha previsto una disposizione autonoma al riguardo all’art. 7, n. 1, lett. b), del detto regolamento.

    43     In terzo luogo, gli effetti diretti della Convenzione di Parigi potrebbero certamente derivare dal rinvio ad essa operato dall’art. 2, n. 1, dell’accordo ADPIC; tuttavia, in assenza di applicabilità diretta di tale accordo, il detto rinvio non può comportare la diretta applicabilità della Convenzione in parola.

    44     Di conseguenza, nella presente controversia, non sono applicabili né l’accordo ADPIC né la Convenzione di Parigi e, quindi, la Corte esaminerà i motivi dell’impugnazione soltanto nei limiti in cui vertono sulla violazione del regolamento n. 40/94 da parte del Tribunale.

     Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione delle norme relative all’onere della prova

     Argomenti delle parti

    45     La Develey afferma che il Tribunale ha violato l’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, relativo all’onere della prova. Inoltre, secondo la Develey, il Tribunale era tenuto ad annullare la decisione contestata, poiché esso stesso aveva constatato il carattere distintivo del marchio richiesto, ammettendo, al punto 52 della sentenza impugnata, che tale marchio risalta tra i marchi comunemente in commercio.

    46     La Develey sostiene inoltre che il ragionamento del Tribunale, a proposito dell’orientamento dei consumatori nella loro scelta, sarebbe contrario alla giurisprudenza del Tribunale [sentenze 3 dicembre 2003, causa T‑305/02, Nestlé Waters France/UAMI (Forma di una bottiglia), Racc. pag. II‑5207, punto 34, e 24 novembre 2004, causa T‑393/02, Henkel/UAMI (Forma di un flacone bianco e trasparente), Racc. pag. II‑4115, punto 34]. L’uso della forma come indicatore dell’origine del prodotto rivestirebbe una certa importanza, in quanto i consumatori effettuerebbero previamente una selezione sulla base della forma dell’imballaggio e soltanto successivamente prenderebbero in considerazione l’etichetta.

    47     L’UAMI sostiene che la procedura di registrazione di un marchio è un procedimento amministrativo e che esso procede, in forza dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, ad un esame d’ufficio dei fatti. La nozione di ripartizione dell’onere della prova rivestirebbe, pertanto, una certa importanza soltanto quando taluni fatti permangano indimostrabili. L’UAMI ritiene che il Tribunale abbia correttamente illustrato i principi relativi all’amministrazione e alla valutazione delle prove ad esso incombenti nell’ambito di un siffatto procedimento. In ogni caso, a suo avviso, l’obbligo della motivazione delle sue decisioni non dovrebbe essere confuso con un qualsivoglia onere della prova.

     Giudizio della Corte

    48     Anzitutto, come il Tribunale ha ricordato ai punti 15 e 16 della sentenza impugnata, nell’ambito dell’esame dell’esistenza degli impedimenti assoluti alla registrazione previsti all’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94, il ruolo dell’UAMI è quello di accertare se la domanda di registrazione di un marchio sia in contrasto con tali impedimenti.

    49     Occorre poi aggiungere che, ai sensi dell’art. 74, n. 1, dello stesso regolamento, l’UAMI è tenuto ad esaminare d’ufficio i fatti rilevanti che potrebbero indurlo ad applicare un impedimento assoluto alla registrazione.

    50     Va infine osservato, come si è giustamente ricordato al punto 21 della sentenza impugnata, che, laddove la ricorrente faccia valere il carattere distintivo di un marchio richiesto in contrasto con il giudizio dell’UAMI, è ad essa che spetta fornire indicazioni concrete e comprovate che consentano di accertare che il marchio richiesto sia munito di un carattere distintivo intrinseco, ovvero di un carattere distintivo acquisito per effetto dell’uso.

    51     Pertanto, va constatato che il Tribunale non ha violato le norme che disciplinano l’onere della prova.

    52     Quanto alle censure relative all’asserita erronea valutazione del carattere distintivo del marchio richiesto, esse vanno esaminate nell’ambito del quinto motivo di ricorso.

    53     In tale contesto, il primo motivo di ricorso dev’essere considerato infondato.

     Sul secondo motivo di ricorso, vertente sull’illegittimità della conferma dell’annullamento di una registrazione nazionale anteriore

     Argomenti delle parti

    54     La Develey sostiene che, con la decisione contestata, l’UAMI abbia rilevato l’assenza di carattere distintivo del marchio richiesto anche in Germania. Confermando tale decisione, il Tribunale avrebbe annullato, in conformità all’art. 108 del regolamento n. 40/94, un marchio identico che aveva dato luogo ad una registrazione nazionale anteriore.

    55     Secondo l’UAMI, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la decisione contestata non pregiudichi né la validità né la tutela della registrazione nazionale anteriore effettuata sul territorio tedesco. L’UAMI ricorda che le autorità nazionali esaminano sempre, indipendentemente dalle sue decisioni e secondo il diritto nazionale dei marchi, se i marchi nazionali e quelli di cui si chiede la registrazione possano essere tutelati.

     Giudizio della Corte

    56     Come il Tribunale ha giustamente ricordato al punto 25 della sentenza impugnata, la decisione contestata con cui è stata negata la registrazione del marchio richiesto quale marchio comunitario non pregiudica né la validità né la tutela sul territorio tedesco della registrazione nazionale anteriore.

    57     Infatti, ai sensi del quinto ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, al quale il Tribunale ha fatto giustamente riferimento nello stesso punto della sentenza impugnata, il diritto comunitario dei marchi non si sostituisce al diritto dei marchi degli Stati membri.

    58     È pertanto possibile non soltanto che, a causa delle differenze linguistiche, culturali, sociali e economiche, un marchio privo di carattere distintivo in uno Stato membro non sia tale in un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza 9 marzo 2006, causa C‑421/04, Matratzen Concord, Racc. pag. I‑2303, punto 25, e, per analogia, con riferimento al carattere ingannevole di un marchio, sentenza 26 novembre 1996, causa C‑313/94, Graffione, Racc. pag. I‑6039, punto 22), ma anche che un marchio privo di tale caratteristica a livello della Comunità non lo sia in uno dei suoi Stati membri.

    59     Occorre aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Develey, le disposizioni di cui all’art. 108 del regolamento n. 40/94 non pregiudicano in alcun modo tale constatazione.

    60     Tale motivo di ricorso dev’essere pertanto ritenuto infondato.

     Sul terzo e il quarto motivo vertenti, da un lato, sullo snaturamento dei fatti nonché sulla violazione dell’obbligo di motivazione riguardante la registrazione nazionale anteriore e, dall’altro, sugli identici requisiti relativi al carattere distintivo che vincolano l’esaminatore nazionale e l’UAMI

     Argomenti delle parti

    61     Nell’ambito di tali motivi di ricorso, la Develey contesta al Tribunale di essersi basato su una constatazione in fatto erronea e di aver ignorato parte dei suoi argomenti. La Develey afferma di aver presentato il certificato di registrazione emesso dal Deutsches Patent- und Markenamt, dal quale risulta che il marchio richiesto è stato registrato sulla base di un carattere distintivo intrinseco, e non acquisito per effetto dell’uso.

    62     La Develey sostiene che la sentenza impugnata è viziata da difetto di motivazione con riguardo all’esame della registrazione nazionale anteriore. Inoltre, dato che il diritto dei marchi è stato armonizzato, l’UAMI e l’esaminatore nazionale dovrebbero attenersi agli stessi requisiti quanto al carattere distintivo.

    63     Per quanto riguarda l’accertamento dei fatti, l’UAMI sostiene che, durante il procedimento che si è svolto dinanzi ad esso, le spiegazioni dei rappresentanti della Develey sono state poco chiarificative limitandosi alle affermazioni non verificabili relative alla registrazione tedesca. Dato che i motivi precisi che hanno indotto ad ammettere tale registrazione sono rimasti ignoti alla commissione di ricorso dell’UAMI, al Tribunale non potrebbe essere contestato uno snaturamento dei fatti al riguardo.

    64     Quanto al difetto di motivazione, l’UAMI ricorda che il proprio obbligo di motivare le decisioni individuali ha il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni sottese al provvedimento adottato per poter difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice comunitario di esercitare il suo controllo sulla legittimità della decisione. L’UAMI ritiene che il fatto che la Develey non condivida la motivazione della commissione di ricorso né la sua conferma da parte del Tribunale non sia sufficiente ad affermare la sussistenza di un difetto di motivazione della sentenza impugnata. Secondo l’UAMI, il Tribunale avrebbe giustamente dichiarato sufficiente la motivazione della decisione contestata e, di conseguenza, tale sentenza non potrebbe comunque essere posta nuovamente in discussione alla luce dell’art. 73 del regolamento n. 40/94.

     Giudizio della Corte

    65     Per quanto riguarda la decisione del Deutsches Patent- und Markenamt, invocata dalla Develey, è sufficiente ricordare, come ha fatto il Tribunale al punto 32 della sentenza impugnata, che il regime comunitario dei marchi è un sistema autonomo, costituito da un insieme di disposizioni, che persegue obiettivi ad esso specifici e la cui applicazione è indipendente da qualsiasi sistema nazionale.

    66     Di conseguenza, il marchio richiesto deve essere valutato soltanto sulla base della normativa comunitaria pertinente e la decisione nazionale non può in nessun caso porre nuovamente in discussione la legittimità della decisione contestata o della sentenza impugnata.

    67     Pertanto, tale censura deve essere considerata inoperante.

    68     Quanto all’asserito erroneo accertamento dei fatti e all’insufficienza di motivazione della sentenza impugnata, va constatato che il Tribunale, al punto 34 di tale sentenza, richiama il punto 55 della decisione contestata, secondo cui la registrazione del marchio richiesto nel registro tedesco dei marchi non ha alcuna efficacia vincolante per il regime comunitario dei marchi, e che le registrazioni esistenti negli Stati membri costituiscono un dato di fatto che può soltanto essere preso in considerazione nel contesto della registrazione di un marchio comunitario, ma che non è tuttavia decisivo.

    69     Ne consegue che il Tribunale non ha accertato i fatti in modo erroneo per quanto riguarda la registrazione nazionale anteriore e che non si può sostenere che la sentenza impugnata sia viziata da un difetto di motivazione al riguardo.

    70     Di conseguenza, tale censura deve essere respinta.

    71     Infine, per quanto riguarda la censura secondo cui, poiché il diritto dei marchi è stato armonizzato, l’UAMI avrebbe dovuto applicare gli stessi requisiti relativi al carattere distintivo che sono stati applicati dall’esaminatore nazionale, si deve necessariamente constatare che tale censura non può essere accolta, in quanto, da un lato, il regime comunitario dei marchi costituisce sistema autonomo e, dall’altro, è possibile che un marchio, privo di carattere distintivo in uno Stato membro o nel sistema comunitario, non lo sia in un altro Stato membro.

    72     Inoltre, come già ricordato in ordine alle precedenti censure, le registrazioni esistenti negli Stati membri costituiscono soltanto un dato di fatto che può essere preso in considerazione nel contesto della registrazione di un marchio comunitario e il marchio richiesto deve essere valutato sulla base della normativa comunitaria rilevante.

    73     Ne consegue che l’UAMI non è né tenuto a fare propri i requisiti stabiliti e la valutazione effettuata dall’autorità competente in materia di marchi nel paese d’origine, né obbligato a registrare il marchio richiesto sulla base delle considerazioni svolte da tale autorità nazionale secondo cui il segno è semplicemente evocativo e non direttamente descrittivo.

    74     Pertanto, tale censura è infondata.

    75     Ciò premesso, il detto motivo di ricorso deve essere respinto.

     Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

     Argomenti delle parti

    76     Con tale motivo di ricorso la Develey sostiene, da un lato, che il Tribunale non ha accertato in modo corretto quale fosse l’impressione generale suscitata dal marchio richiesto. Esso avrebbe omesso l’esame di una delle caratteristiche di tale marchio, vale a dire che il corpo della bottiglia, largo e appiattito, che caratterizza la maggior parte dell’immagine frontale e posteriore, presenta un incavo convesso e termina verso l’alto con un arco ad angolo leggermente appuntito e che l’impressione così suscitata è quella di un portale. Orbene, tale caratteristica contribuirebbe considerevolmente all’impressione d’insieme da esso suscitata, in quanto essa conferirebbe al corpo della bottiglia l’aspetto di un portale. La Develey ritiene che una valutazione globale, che avesse tenuto conto di tale caratteristica, avrebbe dovuto indurre a constatare l’esistenza del carattere distintivo del marchio richiesto.

    77     La Develey asserisce, d’altro lato, che il Tribunale, nell’apprezzare il carattere distintivo del marchio richiesto in base ai prodotti considerati, non avrebbe operato una distinzione tra le diverse categorie dei medesimi, come ad esempio i prodotti alimentari e i condimenti molto liquidi, liquidi, più densi, solidi e in polvere. Il Tribunale avrebbe pertanto erroneamente posto nello stesso paniere l’insieme dei prodotti considerati nella domanda di registrazione.

    78     Secondo l’UAMI, tale motivo di ricorso, contenente esclusivamente censure riguardanti l’accertamento dei fatti operato dal Tribunale, deve essere respinto.

     Giudizio della Corte

    79     Risulta da una giurisprudenza costante che dire che un marchio ha carattere distintivo nel senso di cui all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 equivale a dire che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e dunque di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese (sentenze 29 aprile 2004, cause riunite C‑473/01 P e C‑474/01 P, Procter & Gamble/UAMI, Racc. pag. I‑5173, punto 32, nonché 21 ottobre 2004, causa C‑64/02 P, UAMI/Erpo Möbelwerk, Racc. pag. I‑10031, punto 42). Tale carattere distintivo deve essere valutato, da un lato, in funzione dei prodotti o dei servizi per i quali viene chiesta la registrazione e, dall’altro, rispetto alla percezione che ne ha il pubblico rilevante (sentenze Procter & Gamble/UAMI, cit., punto 33, e 22 giugno 2006, causa C‑24/05 P, Storck/UAMI, Racc. pag. I‑5677, punto 23).

    80     Secondo una giurisprudenza altrettanto costante, i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto stesso non differiscono da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Tuttavia, in sede di applicazione di tali criteri, occorre tener conto che la percezione del consumatore medio non è necessariamente la stessa nel caso di un marchio tridimensionale, costituito dalla forma del prodotto stesso, e nel caso di un marchio denominativo o figurativo, rappresentato da un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che contraddistingue. Non è, infatti, abitudine del consumatore medio presumere l’origine dei prodotti sulla base della loro forma o confezione in assenza di qualsivoglia elemento grafico o testuale, sicché potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo di un marchio tridimensionale siffatto che quello di un marchio denominativo o figurativo (sentenze 7 ottobre 2004, causa C‑136/02 P, Mag Instrument/UAMI, Racc. pag. I‑9165, punto 30, nonché sentenza Storck/UAMI, cit., punti 24 e 25).

    81     In tale contesto, soltanto il marchio che diverga significativamente dalla norma o dagli usi del settore e sia pertanto in grado di soddisfare la sua funzione essenziale di indicazione dell’origine non è privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 (sentenze 12 gennaio 2006, causa C‑173/04 P, Deutsche SiSi-Werke/UAMI, Racc. pag. I‑551, punto 31, e Storck/UAMI, cit., punto 26).

    82     Per valutare se un marchio sia o meno privo di carattere distintivo, occorre prendere in considerazione l’impressione complessiva che esso suscita. Ciò non può tuttavia implicare che non si debba procedere, in un primo momento, ad un esame in successione dei vari elementi di presentazione utilizzati per tale marchio. Infatti, può risultare utile, nell’ambito della valutazione complessiva, esaminare singolarmente gli elementi costitutivi del marchio considerato (v., in tal senso, sentenza 30 giugno 2005, causa C‑286/04 P, Eurocermex/UAMI, Racc. pag. I‑5797, punti 22 e 23, nonché giurisprudenza citata).

    83     Dalla sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha correttamente individuato e applicato alla fattispecie i criteri determinati dalla giurisprudenza.

    84     Il Tribunale ha dunque effettuato giustamente, ai punti 50‑53 della sentenza impugnata, un esame dei diversi elementi che compongono la forma rappresentata dal marchio richiesto e poi, ai successivi punti 53 e 54, un’analisi dell’impressione d’insieme che esso suscita, per valutare se tale marchio fosse o meno privo di carattere distintivo.

    85     Al riguardo, va osservato, da un lato, che, nell’ambito dell’esame dei diversi elementi di presentazione utilizzati per il marchio richiesto, l’interessato non può pretendere di poter determinare l’ordine di tale esame, il grado di suddivisione di tali elementi o i termini utilizzati.

    86     Così, nella fattispecie, dal fatto che alcuni termini precisi, come «la convessità del corpo» oppure «l’impressione di un portale», non appaiono nell’analisi del Tribunale non deriva tuttavia che talune caratteristiche che, secondo la Develey, contribuiscono a determinare il carattere distintivo non siano state debitamente prese in considerazione.

    87     D’altro lato, tenuto conto che occorre prendere in considerazione l’impressione d’insieme prodotta dal marchio richiesto nell’ambito della valutazione se esso presenti carattere distintivo, la conferma dell’esistenza di tale carattere non deriva automaticamente dall’eventuale osservazione per cui una delle caratteristiche di tale marchio lo distingue dalla forma abituale.

    88     Pertanto, la Develey non può sostenere che il Tribunale avrebbe dovuto annullare la decisione contestata, in ragione della circostanza che esso ha ammesso, al punto 52 della sentenza impugnata, che «l’unica caratteristica che discosta il marchio richiesto dalla forma abituale è costituita dagli incavi laterali».

    89     Inoltre, il Tribunale ha precisato, al punto 53 della sentenza impugnata, che, «anche qualora tale tratto potesse essere considerato inusuale, esso non è di per sé sufficiente ad incidere sull’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto in misura tale che quest’ultimo si discosti in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore assolvendo, di conseguenza, la sua funzione essenziale di indicatore d’origine».

    90     Di conseguenza, non si può sostenere che il Tribunale non abbia valutato correttamente l’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto.

    91     Per quanto riguarda la censura secondo cui non sarebbe stata fatta alcuna distinzione tra le diverse categorie di prodotti interessati, occorre ricordare che la Corte ha affermato che, ai sensi della direttiva 89/104, l’autorità competente, qualora rifiuti la registrazione di un marchio, è tenuta ad indicare nella sua decisione la conclusione alla quale è pervenuta per ciascuno dei prodotti e dei servizi considerati nella domanda di registrazione. Tuttavia, qualora venga opposto uno stesso impedimento alla registrazione per una categoria o un gruppo di prodotti o di servizi, l’autorità competente può limitarsi ad una motivazione globale per tutti i prodotti o i servizi di cui trattasi (sentenza 15 febbraio 2007, causa C‑239/05, BVBA Management, Training en Consultancy, Racc. pag. I‑1455, punto 38).

    92     Orbene, ammesso che tale giurisprudenza vincoli il Tribunale, occorre osservare che esso ha constatato, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, che i prodotti contraddistinti dal marchio richiesto sono prodotti alimentari di consumo comune e che i consumatori attribuiscono, in primo luogo, una semplice funzione di confezionamento alle bottiglie in cui tali prodotti sono contenuti. Inoltre, come risulta dal punto 18 della presente sentenza, i prodotti per i quali la registrazione è stata richiesta appartengono a sole tre classi di prodotti dell’Accordo di Nizza.

    93     Ne consegue che non si può sostenere che il Tribunale si sia erroneamente limitato ad una motivazione globale per i detti prodotti.

    94     Ciò premesso, si deve ritenere che il Tribunale, dichiarando che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, non ha commesso alcun errore di diritto alla luce di tale disposizione e della pertinente giurisprudenza della Corte.

    95     Quanto alla censura riguardante i rilievi del Tribunale relativi alle caratteristiche del pubblico rilevante, all’atteggiamento dei consumatori e all’orientamento di questi ultimi, occorre osservare, da un lato, che tali rilievi rientrano nell’ambito delle valutazioni in fatto e che, dall’altro, la Develey non contesta al Tribunale di aver snaturato i fatti al riguardo.

    96     L’accertamento dell’esistenza o dell’assenza di una divergenza significativa, ai sensi del punto 81 della presente sentenza, costituisce parimenti una valutazione in fatto.

    97     Orbene, in conformità agli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, l’impugnazione è limitata ai soli motivi di diritto. Il Tribunale, conseguentemente, è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui un’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. La valutazione dei fatti non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di questi elementi, una questione di diritto come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenze 19 settembre 2002, causa C‑104/00 P, DKV/UAMI, Racc. pag. I‑7561, punto 22, nonché 29 aprile 2004, cause riunite C‑456/01 P e C‑457/01 P, Henkel/UAMI, Racc. pag. I‑5089, punto 41).

    98     Pertanto, tale censura è irricevibile.

    99     Di conseguenza, il quinto motivo di ricorso, essendo in parte infondato e in parte irricevibile, non può essere accolto.

    100   Poiché tutti i motivi di ricorso sollevati dalla Develey sono stati respinti, il ricorso dev’essere respinto in toto.

     Sulle spese

    101   Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento d’impugnazione a norma dell’art. 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la Develey, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

    Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Il ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado è respinto.

    2)      La Develey Holding GmbH & Co. Beteiligungs KG è condannata alle spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il tedesco.

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