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Document 62006CJ0038

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 4 marzo 2010.
    Commissione europea contro Repubblica portoghese.
    Inadempimento di uno Stato - Importazione in franchigia doganale di beni per uso specificamente militare.
    Causa C-38/06.

    Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-01569

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:108

    Causa C‑38/06

    Commissione europea

    contro

    Repubblica portoghese

    «Inadempimento di uno Stato — Importazione in franchigia doganale di beni per uso specificamente militare»

    Massime della sentenza

    1.        Diritto comunitario — Ambito di applicazione — Insussistenza di una riserva generale che escluda i provvedimenti adottati per motivi di pubblica sicurezza

    (Artt. 30 CE, 39 CE, 46 CE, 58 CE, 64 CE, 296 CE e 297 CE)

    2.        Risorse proprie delle Comunità europee — Accertamento e messa a disposizione da parte degli Stati membri — Importazione da parte di uno Stato membro di attrezzature militari in franchigia doganale

    (Regolamenti del Consiglio n. 1552/89, come modificato dal regolamento n. 1355/96, artt. 2 e 9‑11, e n. 1150/2000, artt. 2 e 9‑11)

    1.        Sebbene spetti agli Stati membri stabilire le misure adeguate per garantire la loro sicurezza interna ed esterna, da ciò non deriva tuttavia che siffatte misure esulino del tutto dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Il Trattato prevede deroghe espresse applicabili in situazioni che possono compromettere la pubblica sicurezza soltanto negli artt. 30 CE, 39 CE, 46 CE, 58 CE, 64 CE, 296 CE e 297 CE, che riguardano ipotesi eccezionali chiaramente delimitate. Non è lecito dedurne una riserva generale, inerente al Trattato, che escluda dall’ambito d’applicazione del diritto dell’Unione qualsiasi provvedimento adottato per motivi di pubblica sicurezza. Ammettere l’esistenza di una riserva del genere, prescindendo dai presupposti specifici delle disposizioni del Trattato, rischierebbe di compromettere la forza cogente e l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione.

    Inoltre, al pari delle deroghe alle libertà fondamentali, le deroghe previste dagli artt. 296 CE e 297 CE devono essere interpretate restrittivamente. Per quanto riguarda, in particolare, l’art. 296 CE, sebbene tale articolo si riferisca alle misure che uno Stato membro può ritenere necessarie per la tutela degli interessi essenziali alla propria sicurezza o delle informazioni la cui divulgazione consideri contraria a tali interessi, esso non può tuttavia essere interpretato nel senso che conferisce agli Stati membri il potere di derogare alle disposizioni del Trattato mediante un mero richiamo a tali interessi. Di conseguenza, spetta allo Stato membro che invoca il beneficio dell’art. 296 CE provare la necessità di ricorrere alla deroga ivi prevista allo scopo di tutelare i propri interessi essenziali in materia di sicurezza.

    (v. punti 62-64, 66)

    2.        Viene meno agli obblighi ad esso incombenti, rispettivamente, in forza degli artt. 2 e 9‑11 del regolamento n. 1552/89, recante applicazione della decisione 88/376 relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, quale modificato dal regolamento n. 1355/96, per quanto riguarda il periodo dal 1° gennaio 1998 al 30 maggio 2000 incluso, nonché, per quanto riguarda il periodo dal 31 maggio 2000 al 31 dicembre 2002, dei medesimi articoli del regolamento n. 1150/2000, recante applicazione della decisione 94/728, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità, uno Stato membro che, da un lato, rifiuta di accertare e di mettere a disposizione della Commissione delle Comunità europee le risorse proprie dovute a seguito di importazioni di attrezzature e beni per uso specificamente militare nel periodo tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2002 incluso e, dall’altro, rifiuta di versare gli interessi di mora corrispondenti.

    Infatti, non si può ammettere che uno Stato membro eccepisca il maggior costo del materiale militare determinato dall’applicazione dei dazi doganali alle importazioni di un siffatto materiale proveniente da paesi terzi per cercare di sottrarsi, a danno degli altri Stati membri che, dal canto loro, riscuotono e versano i dazi doganali relativi a tali importazioni, agli obblighi che la solidarietà finanziaria gli impone rispetto al bilancio dell’Unione.

    (v. punti 67, 74 e dispositivo)







    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    4 marzo 2010 (*)

    «Inadempimento di uno Stato – Importazione in franchigia doganale di beni per uso specificamente militare»

    Nella causa C‑38/06,

    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 24 gennaio 2006,

    Commissione europea, rappresentata dal sig. G. Wilms e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Repubblica portoghese, rappresentata dai sigg. L. Inez Fernandes, Â. Seiça Neves e J. Gomes nonché dalla sig.ra C. Guerra Santos, in qualità di agenti,

    convenuta,

    sostenuta da:

    Regno di Danimarca, rappresentato dal sig. Molde Jørgen, in qualità d’agente,

    Repubblica ellenica, rappresentata dalla sig.ra E.‑M. Mamouna e dal sig. K. Boskovits, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    Repubblica finlandese, rappresentata dalla sig.ra A. Guimaraes‑Purokoski, in qualità di agente,

    intervenienti,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. E. Levits, A. Borg Barthet (relatore), M. Ilešič e M. Safjan, giudici,

    avvocato generale: sig.ra J. Kokott

    cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio 2010,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, rifiutando di accertare e di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie dovute a seguito di importazioni di attrezzature e di beni per uso specificamente militare nel periodo tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2002 incluso e rifiutando di versare gli interessi di mora corrispondenti, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 2 e 9‑11 del regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 155, pag. 1), quale modificato dal regolamento (Euratom, CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1355 (GU L 175, pag. 3; in prosieguo: il «regolamento n. 1552/89»), per quanto riguarda il periodo dal 1° gennaio 1998 al 30 maggio 2000 incluso, nonché in forza dei medesimi articoli del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 maggio 2000, n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità (GU L 130, pag. 1), a partire dal 31 maggio 2000.

     Contesto normativo

    2        L’art. 2, n. 1, delle decisioni del Consiglio 24 giugno 1988, 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 185, pag. 24), e 31 ottobre 1994, 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 293, pag. 9), prevede quanto segue:

    «Costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio delle Comunità le entrate provenienti:

    (…)

    b)      dai dazi della tariffa doganale comune ed altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni della Comunità sugli scambi con i paesi non membri e dazi doganali sui prodotti rientranti nel trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio;

    (…)».

    3        L’art. 20 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale comunitario»), dispone quanto segue:

    «1. I dazi doganali dovuti per legge quando sorge un’obbligazione doganale sono basati sulla tariffa doganale delle Comunità europee.

    (…)

    3.      La tariffa doganale delle Comunità europee comprende:

    a)      la nomenclatura combinata delle merci;

    (…)

    c)      le aliquote e gli altri elementi di tassazioni applicabili di norma alle merci contemplate dalla nomenclatura combinata per:

    –        i dazi doganali

    (…)

    d)      le misure tariffarie preferenziali contenute in accordi che la Comunità ha concluso con taluni paesi o gruppi di paesi e che prevedono la concessione di un trattamento tariffario preferenziale;

    e)      le misure tariffarie preferenziali adottate unilateralmente dalla Comunità a favore di taluni paesi, gruppi di paesi o territori;

    f)      le misure autonome di sospensione che prevedono la riduzione o l’esonero dai dazi all’importazione applicabili a talune merci;

    g)      le altre misure tariffarie previste da altre normative comunitarie.

    (…)».

    4        L’art. 217, n. 1, del codice doganale comunitario enuncia che:

    «Ogni importo di dazi all’importazione o di dazi all’esportazione risultante da un’obbligazione doganale, in seguito denominato “importo dei dazi”, deve essere calcolato dall’autorità doganale non appena disponga degli elementi necessari e da questa iscritto nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci (contabilizzazione).

    (…)».

    5        Nell’ambito della messa a disposizione della Commissione delle risorse proprie della Comunità, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento n. 1552/89, applicabile durante il periodo di cui trattasi nella presente causa sino al 30 maggio 2000. Tale regolamento è stato sostituito, a partire dal 31 maggio 2000, dal regolamento n. 1150/2000, che procede a una codificazione del regolamento n. 1552/89 senza modificarne il contenuto.

    6        L’art. 2 del regolamento n. 1552/89 prevede quanto segue:

    «1.      Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 88/376/CEE, Euratom, è accertato non appena ricorrono le condizioni previste dalla normativa doganale per quanto riguarda la registrazione dell’importo del diritto e la comunicazione del medesimo al soggetto passivo.

    1 bis.         La data da considerare per l’accertamento di cui al paragrafo 1 è la data della registrazione prevista dalla normativa doganale.

    (…)».

    7        L’art. 9, n. 1, di tale regolamento stabilisce che:

    «Secondo le modalità definite dall’articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato.

    Tale conto è esente da spese».

    8        Ai sensi dell’art. 10, n. 1, del regolamento in parola:

    «Dopo la deduzione del 10% a titolo di spese di riscossione in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3, della decisione 88/376/CEE, Euratom, l’iscrizione delle risorse proprie, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della summenzionata decisione, ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’articolo 2.

    (…)».

    9        L’art. 11 del regolamento n. 1552/89 dispone quanto segue:

    «Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».

    10      Ai sensi dell’art. 22 del regolamento n. 1150/2000:

    «Il regolamento (CEE, Euratom) n. 1552/89 è abrogato.

    I riferimenti al suddetto regolamento devono intendersi come fatti al presente regolamento e devono essere letti secondo la tabella di corrispondenza che figura all’allegato, parte A».

    11      Pertanto, a parte la circostanza che i regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000 rinviano segnatamente, l’uno, alla decisione 88/376 e, l’altro, alla decisione 94/728, i loro artt. 2 e 9‑11 sono sostanzialmente identici.

    12      L’aliquota del 10% di cui all’art. 10, n. 1, del regolamento n. 1150/2000 è stata portata al 25% con la decisione del Consiglio 29 settembre 2000, 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 253, pag. 42).

    13      Il punto 1 della motivazione di detta decisione enuncia quanto segue:

    «Il Consiglio europeo di Berlino del 24 e 25 marzo 1999 ha concluso tra l’altro che il sistema di risorse proprie delle Comunità deve essere equo, trasparente, economicamente efficiente, semplice e basarsi su criteri che rispecchiano in maniera ottimale la capacità contributiva di ciascuno Stato membro».

    14      Il regolamento (CE) del Consiglio 21 gennaio 2003, n. 150, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare (GU L 25, pag. 1), adottato in base all’art. 26 CE, al suo quinto ‘considerando’, enuncia quanto segue:

    «Per tenere conto della tutela della riservatezza militare degli Stati membri, è necessario stabilire specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi. Una dichiarazione dell’autorità competente dello Stato membro alle cui forze sono destinate le armi o attrezzature militari, che potrebbe fungere anche da dichiarazione in dogana quale richiesta dal codice doganale, costituirebbe una garanzia adeguata dell’adempimento di dette condizioni. La dichiarazione dovrebbe avere la forma di un certificato. È opportuno precisare la forma che devono assumere tali certificati e consentire l’utilizzo di tecniche di trattamento dei dati per la dichiarazione».

    15      L’art. 1 di tale regolamento così prevede:

    «Il presente regolamento stabilisce le condizioni per la sospensione autonoma dei dazi all’importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto da paesi terzi».

    16      L’art. 3, n. 2, di detto regolamento stabilisce che:

    «Fatto salvo il paragrafo 1, per ragioni di riservatezza militare il certificato e le merci importate possono essere sottoposte ad altre autorità designate dallo Stato membro d’importazione a tale scopo. In tali casi l’autorità competente che rilascia il certificato invia entro il 31 gennaio ed entro il 31 luglio di ogni anno alle autorità doganali del suo Stato membro una relazione di sintesi riguardante tali importazioni. La relazione riguarda i 6 mesi immediatamente precedenti la data in cui la relazione deve essere presentata e contiene il numero e la data di rilascio dei certificati, la data di importazione ed il valore totale e peso lordo dei prodotti importati con i certificati».

    17      In conformità al suo art. 8, il regolamento n. 150/2003 è applicabile a partire dal 1° gennaio 2003.

     La fase precontenziosa

    18      Con lettera di diffida del 21 dicembre 2001, inviata nell’ambito del procedimento d’infrazione n. 1990/2039, la Commissione ha comunicato alla Repubblica portoghese che essa era venuta meno ai suoi obblighi esentando, sul fondamento dell’art. 296 CE, le sue importazioni di beni ad uso militare dai dazi doganali previsti dalla normativa dell’Unione.

    19      Con un’altra lettera datata 20 dicembre 2001, la Commissione ha chiesto alla Repubblica portoghese di procedere al calcolo dei dazi doganali di cui ritiene tale Stato membro debitore in base alle importazioni di cui trattasi e di metterli a sua disposizione entro il 31 marzo 2002, data a partire dalla quale si applicherebbero gli interessi di mora previsti dall’art. 11 del regolamento n°1150/2000.

    20      Dopo aver preso conoscenza, in data 2 luglio 2002, della risposta della Repubblica portoghese, nella quale si afferma che le importazioni di cui trattasi sono esentate dai dazi doganali in quanto destinate a fini specificamente militari e che tale esenzione risulta necessaria per la protezione degli interessi essenziali in materia di sicurezza di tale Stato membro a norma dell’art. 296 CE, la Commissione, con lettera del 24 marzo 2003, ha nuovamente chiesto alla Repubblica portoghese di mettere sua disposizione l’importo globale dei dazi doganali di cui ritiene che tale Stato membro sia debitore in base alle importazioni di materiali militari effettuate tra il 1998 e il 2002, nonché i dati contabili necessari per il calcolo degli interessi di mora.

    21      Con lettera di diffida del 17 ottobre 2003, la Commissione ha nuovamente invitato la Repubblica portoghese a procedere, quanto prima, al calcolo delle risorse proprie non versate, a mettere a sua disposizione l’importo delle medesime e ad effettuare il pagamento degli interessi di mora in applicazione dell’art. 11 del regolamento n. 1150/2000.

    22      Non essendo rimasta soddisfatta dagli argomenti addotti dalla Repubblica portoghese nella sua risposta del 9 gennaio 2004, la Commissione, il 18 ottobre 2004, ha inviato a tale Stato membro un parere motivato invitandolo ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro il termine di due mesi decorrenti dalla ricezione del medesimo.

    23      Il 6 ottobre 2004, la Repubblica portoghese ha trasmesso alla Commissione una lettera di risposta complementare alla lettera di diffida del 17 ottobre 2003.

    24      Poiché la Repubblica portoghese non ha in definitiva risposto al suddetto parere motivato e non ha neppure provveduto al pagamento delle risorse proprie e degli interessi reclamati, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

    25      Con ordinanza 24 maggio 2006, il presidente della Corte ha autorizzato l’intervento del Regno di Danimarca, della Repubblica ellenica, della Repubblica italiana e della Repubblica di Finlandia a sostegno delle conclusioni della Repubblica portoghese.

     Sul ricorso

     Sulla ricevibilità

     Argomenti delle parti

    26      La Repubblica portoghese ritiene che il presente ricorso debba essere dichiarato irricevibile. Infatti, a parere di tale Stato membro, dai termini del ricorso emerge con chiarezza che la Commissione chiede il versamento di importi corrispondenti a risorse proprie di cui le è noto che non sono state né liquidate, né registrate, né notificate, né ovviamente riscosse.

    27      Pertanto, mentre la Commissione chiede l’accertamento dell’inadempimento, da parte della Repubblica portoghese, di alcuni suoi obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, in realtà tale istituzione chiederebbe alla Corte di condannare il suddetto Stato membro a risarcire il danno da essa asseritamente subito per il fatto che la Repubblica portoghese, a torto, non avrebbe proceduto alla riscossione dei crediti doganali di cui trattasi nel ricorso.

    28      A giudizio della Repubblica portoghese, tale divergenza tra l’oggetto della controversia e la domanda è contraria alle disposizioni dell’art. 38, n. l, del regolamento di procedura il quale presuppone che l’oggetto della controversia sia conforme alle conclusioni.

    29      La Commissione ritiene che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica portoghese sia priva di qualsiasi fondamento.

    30      Ad avviso della Commissione, in primo luogo, gli importi che la Repubblica portoghese deve al bilancio dell’Unione sono quelli che tale Stato membro avrebbe dovuto riscuotere ed accreditare alla Comunità in ottemperanza agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione. La questione vertente sulla valutazione dell’inadempimento di detti obblighi sarebbe una questione di interpretazione e di applicazione del Trattato CE che rientra nella competenza della Corte a norma dell’art. 220 CE, per la quale l’art. 226 CE prevede un ricorso e una procedura specifici che devono essere avviati dalla Commissione. Secondo la Commissione, la competenza della Corte è quindi incontestabile.

    31      In secondo luogo, la Commissione precisa che non sussiste alcuna divergenza tra l’oggetto della controversia e le sue conclusioni. Il ricorso proposto dalla Commissione sarebbe disciplinato dall’art. 226 CE, avrebbe per oggetto una controversia con la Repubblica portoghese e sarebbe diretto a fare dichiarare un inadempimento, da parte di quest’ultima, degli obblighi che ad essa incombono in forza del diritto dell’Unione.

    32      In terzo luogo, la Commissione ritiene che vada respinta l’affermazione della Repubblica portoghese secondo cui il ricorso potrebbe essere considerato irricevibile in quanto esiste un’impossibilità pratica di adottare le misure che l’esecuzione della sentenza nel presente ricorso comporta. Ad ogni modo, sarebbe pacifico che le difficoltà pratiche, di ordine materiale o giuridico, che la Repubblica portoghese potrebbe incontrare nell’adottare le misure di esecuzione di tale sentenza non possono in alcun caso costituire un ostacolo alla ricevibilità del ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione nei suoi confronti.

     Giudizio della Corte

    33      Si deve rilevare che, con il presente ricorso, l’obiettivo della Commissione è quello di far dichiarare l’inosservanza degli artt. 2 e 9‑11 dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000.

    34      Inoltre, dalla formulazione stessa del ricorso della Commissione si evince che quest’ultima si è limitata a chiedere l’accertamento dell’asserito inadempimento, senza chiedere alla Corte di imporre allo Stato membro interessato misure determinate.

    35      Non sussiste dunque alcuna divergenza tra l’oggetto della controversia e le conclusioni formulate dalla Commissione.

    36      Di conseguenza, il ricorso della Commissione deve essere dichiarato ricevibile.

     Nel merito

     Argomenti delle parti

    37      La Commissione sostiene che la Repubblica portoghese si è erroneamente basata sull’art. 296 CE per rifiutare il pagamento dei dazi doganali corrispondenti alle importazioni considerate, in quanto la riscossione di questi ultimi non minaccia gli interessi essenziali di tale Stato membro in materia di sicurezza.

    38      Per quanto riguarda l’interpretazione dell’art. 296 CE, la Commissione ritiene che la Repubblica portoghese possa esonerare dai dazi doganali le sue importazioni di beni ad uso specificamente militare soltanto se ricorrono i presupposti per l’applicazione di tale articolo e nei limiti delle disposizioni adottate dal Consiglio riguardanti l’esenzione da siffatti dazi ai sensi dell’art. 26 CE.

    39      Secondo la Commissione, il regolamento n. 150/2003 contiene d’altronde un ragionamento analogo in quanto le merci, per le quali tale regolamento prevede un’esenzione dai dazi doganali, possono beneficiare di quest’ultima soltanto in presenza di determinati presupposti.

    40      La Commissione ritiene che la sentenza 16 settembre 1999, causa C‑414/97, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑5585), riguardante le esenzioni in materia di imposta sul valore aggiunto, indichi che le deroghe al Trattato, previste segnatamente dall’art. 296 CE, devono formare oggetto di un’interpretazione restrittiva. Secondo la Commissione, lo Stato membro interessato deve fornire la prova che l’esenzione di cui rivendica l’applicazione non vada oltre l’ipotesi prevista da tale articolo e che sussistano circostanze eccezionali che giustifichino la necessità di derogare alle norme sulla tariffa doganale comune. Ad avviso della Commissione, tali elementi enucleati dalla Corte in materia di imposta sul valore aggiunto sono applicabili in materia di risorse proprie.

    41      Inoltre, la Commissione respinge gli argomenti della Repubblica portoghese relativi al maggior costo del materiale militare importato o all’ottimizzazione delle risorse finanziarie destinate al mantenimento e all’ammodernamento delle sue forze armate. Secondo la Commissione, tale Stato membro non fornisce alcuna prova in cifre che consenta di concludere per una minaccia delle sue capacità di difesa.

    42      Per quanto attiene alla tutela della riservatezza militare, invocata dalla Repubblica portoghese per giustificare l’esenzione dai dazi doganali del materiale militare importato da paesi terzi, la Commissione ritiene che la tutela della riservatezza militare riguardi soltanto le modalità di controllo delle merci importate e non rimetta in questione l’obbligo di versare i dazi doganali previsti dalla normativa dell’Unione.

    43      La Commissione ritiene che la Repubblica portoghese possa adottare misure di organizzazione interna della propria amministrazione che garantiscano la riservatezza auspicata. Tale approccio sarebbe peraltro confortato dal regolamento n. 150/2003 che tiene conto della tutela della riservatezza militare degli Stati membri.

    44      Per quanto riguarda la riservatezza militare invocata dalla Repubblica portoghese, la Commissione esprime dubbi circa la sincerità del motivo dedotto. Infatti, numerose informazioni relative alle importazioni di beni ad uso militare di tale Stato membro, il cui tenore supera ampiamente il grado di dettaglio richiesto ai fini della liquidazione dei dazi doganali dovuti alla Comunità, sono iscritte nel registro delle armi convenzionali delle Nazioni Unite al quale la Repubblica portoghese comunica annualmente una sintesi delle principali importazioni di armi convenzionali da essa effettuate e sono menzionate nelle relazioni relative al commercio di armi e di altre attrezzature militari che vengono pubblicate dai principali paesi esportatori, dato che tutte queste informazioni sono facilmente accessibili al pubblico.

    45      Per quanto riguarda la coerenza dell’azione della Commissione rispetto all’adozione del regolamento n. 150/2003, la Commissione respinge le accuse della Repubblica portoghese volte a dimostrare che la sua azione non sarebbe coerente con il contenuto di tale regolamento.

    46      Infatti, la Commissione ricorda che il suo compito principale, a norma dell’art. 211 CE, è quello di vigilare sulla corretta applicazione del diritto dell’Unione e che la presa in considerazione, da parte sua, degli interessi degli Stati membri e della Comunità, quando si avvale del suo diritto d’iniziativa legislativa al fine di emanare una normativa più adeguata a questi interessi, non può dispensare gli Stati membri dai loro obblighi scaturenti dal diritto dell’Unione vigente anteriormente all’entrata in vigore di questa nuova normativa, quale, nella specie, il regolamento n. 150/2003, né liberare la Commissione dagli obblighi ad essa assegnati dall’art. 211 CE.

    47      Per quanto riguarda i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, la Commissione ritiene di averne già tenuto conto reclamando i dazi doganali arretrati soltanto per il periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 2002, mentre in realtà l’infrazione copre un periodo molto più lungo.

    48      La Repubblica portoghese considera che l’art. 296 CE costituisca una deroga generale a tutte le altre disposizioni del Trattato, meramente limitata, in forza dell’art. 298, primo comma, CE, dall’enumerazione delle armi di cui all’elenco stabilito dalla decisione del Consiglio 15 aprile 1958, n. 255, nonché dal meccanismo che consente alla Commissione o a qualsiasi Stato membro di adire direttamente la Corte in caso di abuso putativo della deroga prevista dall’art. 296 CE, conformemente all’art. 298, secondo comma, CE.

    49      La Repubblica portoghese ritiene che, al di fuori di queste condizioni, gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale in ordine alla determinazione delle misure che ledono i loro interessi essenziali in materia di sicurezza. Tale potere degli Stati membri di adottare unilateralmente misure in deroga alle disposizioni del Trattato sarebbe giustificato da considerazioni inerenti al rispetto della sovranità, all’integrità territoriale e alla difesa degli Stati membri. L’equilibrio istituzionale della Comunità richiederebbe peraltro che ogni Stato membro sia responsabile della definizione delle misure che reputa necessarie per la protezione dei propri interessi essenziali in materia di sicurezza.

    50      Secondo la Repubblica portoghese, l’orientamento della Corte nella citata sentenza Commissione/Spagna si colloca nella prospettiva dell’applicabilità delle norme previste dalla Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), con riguardo all’art. 296 CE.

    51      Quanto alla Repubblica portoghese, essa fonda la propria argomentazione in merito all’interpretazione da dare all’art. 296 CE sulla sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑26/01, Fiocchi munizioni/Commissione (Racc. pag. II‑3951), in cui, al punto 58, si dichiara che l’art. 296 CE ha, per le attività cui si applica e alle condizioni enunciate, una portata generale tale da influire su tutte le disposizioni di diritto comune del Trattato. Inoltre, da tale sentenza emergerebbe che l’art. 296, n. 1, lett. b), CE attribuisce agli Stati membri un potere discrezionale particolarmente ampio nel valutare le esigenze che rientrano in tale tutela.

    52      Per quanto riguarda la coerenza dell’azione della Commissione, la Repubblica portoghese ha nuovamente sottolineato che, fin dal 1988, la Commissione aveva presentato una proposta legislativa che ha condotto all’adozione del regolamento n. 150/2003. Pertanto, l’oggetto del presente ricorso per inadempimento non sarebbe coerente con il ruolo svolto dalla Commissione nell’adozione di suddetto regolamento che, per giunta, stabilisce un elenco di materiali militari esentati dai dazi doganali più lungo rispetto a quello stabilito dalla decisione n. 255/58.

    53      La Repubblica portoghese aggiunge che per anni la Commissione non ha reagito alla prassi di questo Stato membro nonché a quella di un gran numero di altri Stati membri, consistente nell’esentare dai dazi doganali l’importazione di beni ad uso militare. Di conseguenza, tanto la presentazione nel 1988, da parte della Commissione, di una proposta di regolamento del Consiglio relativo alla sospensione dei dazi doganali su talune armi ed attrezzature militari quanto la continua mancanza di reazione da parte della Commissione durante i quattordici anni che separano tale proposta dall’adozione del regolamento n. 150/2003 sarebbero stati all’origine di un legittimo affidamento sviluppato dagli Stati membri, ai quali era dunque consentito ritenere che la Commissione ammettesse tacitamente la loro prassi e la considerasse conforme al diritto dell’Unione.

    54      In forza del secondo ‘considerando’ del regolamento n. 150/2003 «è nell’interesse della Comunità nel suo insieme che gli Stati membri siano in grado di dotare le proprie forze militari delle armi e delle attrezzature militari più adeguate e tecnologicamente più progredite. Tenuto conto dei rapidi sviluppi tecnologici che caratterizzano questo settore industriale su scala mondiale, è pratica comune delle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale acquisire armi e materiale militare da produttori o altri fornitori situati in paesi terzi. Considerato l’interesse di sicurezza degli Stati membri, è compatibile con gli interessi della Comunità che alcune di tali armi e attrezzature possano essere importate in esenzione da dazio». La Repubblica portoghese considera che tale interesse della Comunità non sia sorto con la pubblicazione del regolamento n. 150/2003, ma fosse già sotteso all’elenco stabilito dalla decisione n. 255/58 e alla suddetta proposta avanzata nel 1988.

    55      Per quanto riguarda la tutela della riservatezza militare degli Stati membri, la Repubblica portoghese sottolinea la necessità che le informazioni relative all’attrezzatura delle forza armate siano riservate esclusivamente alla difesa nazionale, il che sarebbe rimesso in discussione se ai prodotti destinati ad un uso militare venissero applicati dazi doganali, dal momento che l’applicazione di tali dazi presuppone la possibilità per le autorità doganali di procedere al controllo fisico delle merci. Non sarebbe sufficiente, come suggerito dalla Commissione, affidare il controllo del materiale militare ad un numero ristretto di «funzionari di fiducia».

    56      Secondo la Repubblica portoghese, il fatto che i controlli doganali sulle importazioni di materiali militari possano mettere in discussione la tutela della riservatezza militare è stato ammesso dalla Commissione anteriormente all’entrata in vigore del regolamento n. 150/2003, come testimonia il quinto ‘considerando’ del regolamento in parola il quale enuncia che «[p]er tenere conto della tutela della riservatezza militare degli Stati membri, è necessario stabilire specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi».

    57      Per quanto riguarda gli argomenti sviluppati dalla Commissione a proposito della pubblicazione di diverse informazioni, molto facilmente accessibili al pubblico, relative alle importazioni di materiali militari della Repubblica portoghese, tale Stato membro assicura che le informazioni classificate come «segrete» o «riservate» non vengono mai divulgate e fornisce vari documenti classificati come tali al fine di giustificare le sue affermazioni.

     Giudizio della Corte

    58      Va anzitutto rilevato che, in diverse sentenze recenti (v. sentenze 15 dicembre 2009, causa C‑284/05, Commissione/Finlandia; causa C‑294/05, Commissione/Svezia; causa C‑387/05, Commissione/Italia; causa C‑409/05, Commissione/Grecia; causa C‑461/05, Commissione/Danimarca, nonché causa C‑239/06, Commissione/Italia, non ancora pubblicate nella Raccolta) la Corte ha avuto modo di pronunciarsi su questioni identiche a quelle sollevate nell’ambito della presente causa. Pertanto, occorre applicare i principi enucleati in suddette sentenze.

    59      Fatta questa precisazione, va ricordato che il codice doganale comunitario prevede la riscossione dei dazi doganali sull’importazione di beni ad uso militare, come quelli in esame, provenienti da paesi terzi. Nessuna disposizione della normativa doganale dell’Unione prevedeva per il periodo delle importazioni controverse, vale a dire dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 2002, un’esenzione specifica dai dazi doganali sull’importazione di questo tipo di beni. Di conseguenza, non esisteva nemmeno, per questo periodo, un’esenzione esplicita dall’obbligo di versare alle autorità competenti i dazi dovuti, maggiorati, se del caso, degli interessi moratori (v. sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 47).

    60      Può peraltro dedursi dall’adozione del regolamento n. 150/2003, che ha previsto la sospensione dei dazi doganali su talune armi e attrezzature militari a partire dal 1° gennaio 2003, che il legislatore dell’Unione sia partito dall’ipotesi che un obbligo di versare detti dazi doganali esistesse prima di tale data (v. sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 48).

    61      La Repubblica portoghese non ha negato in nessun momento l’esistenza delle importazioni controverse durante il periodo preso in considerazione. Essa si è limitata a contestare il diritto della Comunità sulle risorse proprie di cui trattasi argomentando che, ai sensi dell’art. 296 CE, l’obbligo di pagare i dazi doganali sulle armi importate da paesi terzi arrecherebbe un grave pregiudizio ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza.

    62      Secondo costante giurisprudenza della Corte, anche se spetta agli Stati membri stabilire le misure adeguate per garantire la loro sicurezza interna ed esterna, da ciò non deriva tuttavia che siffatte misure esulino del tutto dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (v. sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, come già affermato dalla Corte, il Trattato prevede deroghe espresse applicabili in situazioni che possono compromettere la pubblica sicurezza soltanto negli artt. 30 CE, 39 CE, 46 CE, 58 CE, 64 CE, 296 CE e 297 CE, che riguardano ipotesi eccezionali chiaramente delimitate. Non è lecito dedurne una riserva generale, inerente al Trattato, che escluda dall’ambito d’applicazione del diritto dell’Unione qualsiasi provvedimento adottato per motivi di pubblica sicurezza. Ammettere l’esistenza di una riserva del genere, prescindendo dai presupposti specifici delle disposizioni del Trattato, rischierebbe di compromettere la forza cogente e l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione (v. sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

    63      Inoltre, secondo la giurisprudenza costante in materia di deroghe alle libertà fondamentali, le deroghe previste dagli artt. 296 CE e 297 CE devono essere interpretate restrittivamente (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

    64      Con riferimento, in particolare, all’art. 296 CE, occorre rilevare che sebbene tale articolo si riferisca alle misure che uno Stato membro può ritenere necessarie per la tutela degli interessi essenziali alla propria sicurezza o delle informazioni la cui divulgazione consideri contraria a tali interessi, esso non può tuttavia essere interpretato nel senso che conferisce agli Stati membri il potere di derogare alle disposizioni del Trattato mediante un mero richiamo a tali interessi (v. sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 52).

    65      Peraltro, nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto, nella citata sentenza Commissione/Spagna, la Corte ha ammesso l’inadempimento di cui si controverteva, in quanto il Regno di Spagna non aveva dimostrato che l’esenzione da detta imposta sulle importazioni e sull’acquisto di armi, munizioni e materiale ad uso esclusivamente militare, esenzione prevista dalla legge spagnola, fosse giustificata, ai sensi dell’art. 296, n. 1, lett. b), CE, dalla necessità di proteggere gli interessi essenziali di questo Stato membro in materia di sicurezza (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 53).

    66      Di conseguenza, spetta allo Stato membro che invoca il beneficio dell’art. 296 CE provare la necessità di ricorrere alla deroga ivi prevista allo scopo di tutelare i propri interessi essenziali in materia di sicurezza (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 54).

    67      Alla luce di tali considerazioni, non si può ammettere che uno Stato membro eccepisca il maggior costo del materiale militare determinato dall’applicazione dei dazi doganali alle importazioni di un siffatto materiale proveniente da paesi terzi per cercare di sottrarsi, a danno degli altri Stati membri che, dal canto loro, riscuotono e versano i dazi doganali relativi a tali importazioni, agli obblighi che la solidarietà finanziaria gli impone rispetto al bilancio dell’Unione (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 55).

    68      In merito all’argomento secondo il quale le procedure doganali dell’Unione non sarebbero tali da garantire la sicurezza della Repubblica portoghese, tenuto conto delle clausole di riservatezza contenute negli accordi stipulati con i paesi esportatori, si deve sottolineare, come osservato a giusto titolo dalla Commissione, che l’applicazione del regime doganale dell’Unione comporta l’intervento di agenti, dell’Unione e nazionali, che sono eventualmente tenuti ad un obbligo di riservatezza, in caso di trattamento di dati sensibili, tale da proteggere gli interessi essenziali degli Stati membri in materia di sicurezza (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 56).

    69      Peraltro, non si esige che le dichiarazioni che gli Stati membri devono periodicamente completare e far pervenire alla Commissione raggiungano un livello di precisione tale da ledere gli interessi di detti Stati in materia sia di sicurezza sia di riservatezza.

    70      Pertanto, e in conformità all’art. 10 CE relativo all’obbligo imposto agli Stati membri di facilitare l’assolvimento del compito della Commissione di vigilare sul rispetto del Trattato, questi ultimi sono tenuti a mettere a disposizione di tale istituzione i documenti necessari per la verifica della regolarità del trasferimento delle risorse proprie della Comunità. Tuttavia un siffatto obbligo non osta a che gli Stati membri, in casi specifici e in via eccezionale, in base all’art. 296 CE, possano limitare l’informazione trasmessa a determinati elementi di un documento o rifiutarla del tutto (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 58).

    71      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Repubblica portoghese non ha dimostrato che ricorrono i presupposti necessari per l’applicazione dell’art. 296 CE.

    72      Infine, relativamente agli argomenti della Repubblica portoghese diretti a dimostrare che, a causa della protratta inattività della Commissione nonché dell’adozione del regolamento n. 150/2003, detto Stato membro potesse legittimamente ritenere che la Commissione non avrebbe proposto il presente ricorso, poiché essa avrebbe tacitamente accettato l’esistenza di una deroga in materia, occorre ricordare che la Commissione, in nessuna fase della procedura, ha mai abbandonato la propria posizione di principio.

    73      Infatti, nella dichiarazione formulata nel corso delle trattative relative al regolamento n. 150/2003, essa ha espresso la sua ferma volontà di non rinunciare alla riscossione dei dazi doganali che avrebbero dovuto essere versati per i periodi antecedenti all’entrata in vigore di detto regolamento e si è riservata il diritto di prendere le opportune iniziative al riguardo.

    74      Da quanto precede risulta che la Repubblica portoghese, rifiutando di accertare e di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie dovute a seguito di importazioni di attrezzature e beni per uso specificamente militare nel periodo tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2002 incluso e rifiutando di versare gli interessi di mora corrispondenti, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti, rispettivamente, in forza degli artt. 2 e 9‑11 del regolamento n. 1552/89, per quanto riguarda il periodo dal 1° gennaio 1998 al 30 maggio 2000 incluso, nonché dei medesimi articoli del regolamento n. 1150/2000, per quanto riguarda il periodo dal 31 maggio 2000 al 31 dicembre 2002.

     Sulle spese

    75      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

    76      Ai sensi del n. 4, primo comma, del medesimo articolo, il Regno di Danimarca, la Repubblica ellenica, la Repubblica italiana e la Repubblica di Finlandia, intervenuti nella causa, sopportano le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      La Repubblica portoghese, rifiutando di accertare e di mettere a disposizione della Commissione delle Comunità europee le risorse proprie dovute a seguito di importazioni di attrezzature e beni per uso specificamente militare nel periodo tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2002 incluso e rifiutando di versare gli interessi di mora corrispondenti, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti, rispettivamente, in forza degli artt. 2 e 9‑11 del regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, quale modificato dal regolamento (Euratom, CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1355, per quanto riguarda il periodo dal 1° gennaio 1998 al 30 maggio 2000 incluso, nonché dei medesimi articoli del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 maggio 2000, n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità, per quanto riguarda il periodo dal 31 maggio 2000 al 31 dicembre 2002.

    2)      La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

    3)      Il Regno di Danimarca, la Repubblica ellenica, la Repubblica italiana e la Repubblica di Finlandia sopporteranno le proprie spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il portoghese.

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