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Document 62006CC0206

    Conclusioni dell'avvocato generale Mengozzi del 24 gennaio 2008.
    Essent Netwerk Noord BV con l’intervento di Nederlands Elektriciteit Administratiekantoor BV contro Aluminium Delfzijl BV, e nel procedimento cautelare tra Aluminium Delfzijl BV e Stato dei Paesi Bassi e nel procedimento cautelare tra Essent Netwerk Noord BV e Nederlands Elektriciteit Administratiekantoor BV e Saranne BV.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Rechtbank Groningen - Paesi Bassi.
    Mercato interno dell’energia elettrica - Normativa nazionale che permette di percepire un supplemento del prezzo di trasporto dell’energia elettrica a favore di una società designata per legge, tenuta al pagamento dei costi non recuperabili - Tasse di effetto equivalente a dazi doganali - Imposizioni interne discriminatorie - Aiuti accordati dagli Stati membri.
    Causa C-206/06.

    Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-05497

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2008:33

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PAOLO MENGOZZI

    presentate il 24 gennaio 2008 ( 1 )

    Causa C-206/06

    Essent Netwerk Noord BV e altri

    contro

    Aluminium Delfzijl BV e altri

    «Mercato interno dell’energia elettrica — Normativa nazionale che permette di percepire un supplemento del prezzo di trasporto dell’energia elettrica a favore di una società designata per legge, tenuta al pagamento dei costi non recuperabili — Tasse di effetto equivalente a dazi doganali — Imposizioni interne discriminatorie — Aiuti concessi dagli Stati membri»

    1. 

    Con decisione del 19 aprile 2006 il Rechtbank Groningen (Paesi Bassi) ha sottoposto alla Corte, in forza dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali, la prima vertente sull’interpretazione degli artt. 25 CE e 90 CE e la seconda sull’interpretazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    2. 

    Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una procedura intentata da Essent Netwerk Noord B.V. (in prosieguo: «Essent») nei confronti di Aluminium Delfzijl B.V. (in prosieguo: «Aldel») e diretta a ottenere il pagamento di un importo calcolato sulla quantità di energia elettrica trasportata dalla ricorrente alla convenuta, la cui riscossione è imposta da una disposizione di legge ed è finalizzata a coprire i costi non recuperabili sostenuti dalle imprese nazionali produttrici di energia elettrica nel periodo precedente l’avvio del processo di liberalizzazione del mercato elettrico nei Paesi Bassi.

    I — Contesto giuridico e normativo

    A — Diritto comunitario

    3.

    L’art. 25 CE dispone quanto segue:

    «I dazi doganali all’importazione o all’esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale».

    4.

    In base all’art. 90 CE:

    «Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari.

    Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni».

    B — Normativa nazionale

    5.

    Fino all’entrata in vigore, il 1o agosto 1998, dell’Elektriciteitswet 1998 (legge sull’elettricità del 1998), che ha dato avvio al processo di liberalizzazione del settore elettrico in attuazione della direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica ( 2 ), l’offerta di energia elettrica nei Paesi Bassi era soggetta a regolamentazione in virtù dell’Elektriciteitswet 1989.

    6.

    Nel periodo rilevante ai fini della causa principale, compreso tra il 1o agosto e il 31 dicembre 2000, la generazione, l’importazione e la trasmissione di energia elettrica era assicurata da quattro imprese produttrici (in prosieguo: le «IPE») ( 3 ) e dalla loro filiale comune, N.V. Samenwerkende Elektriciteitsproductiebedrijven (SEP) ( 4 ). Secondo quanto riportato nella decisione di rinvio, fino al 1999 tutte le IPE erano controllate da comuni e province, mentre nel periodo di riferimento solo EPZ restava indirettamente in mano pubblica per il tramite dei suoi azionisti, Essent e Delta ( 5 ). Le IPE e SEP operavano congiuntamente sulla base di una «Convenzione di cooperazione» ( 6 ).

    7.

    In vigenza dell’Elektriciteitswet 1989, SEP, isolatamente o congiuntamente alle IPE, ha effettuato taluni investimenti a lungo termine imposti dai pubblici poteri nel quadro di scelte di politica energetica e/o ambientale, tra i quali figurano, in particolare, la conclusione di convenzioni nell’ambito di progetti di riscaldamento urbano e la costruzione di un impianto sperimentale di gassificazione del carbone (Demkolec). Tali investimenti hanno generato costi non recuperabili in un regime aperto alla concorrenza (c.d. «stranded costs» o «costi non recuperabili»; in prosieguo: i «costi NR»).

    8.

    In vista dell’imminente liberalizzazione, e allo scopo di consentire al settore della generazione elettrica il recupero dei suddetti costi, il 21 gennaio 1997 SEP e le IPE hanno concluso con le imprese operanti nella distribuzione di elettricità ( 7 ) un protocollo di accordo relativo alla fornitura nel periodo 1997-2000 (in prosieguo: il «protocollo»). In base a tale protocollo, le imprese di distribuzione si impegnavano a versare a SEP, per ciascun anno, un importo di 400 milioni di fiorini olandesi (NLG) a titolo di copertura dei costi NR, ripartito in funzione delle quantità di energia che SEP avrebbe fornito alle singole imprese. Tali importi dovevano essere finanziati attraverso un aumento delle tariffe applicate dalle imprese di distribuzione ad alcune categorie di utenti (piccoli, medi e grandi «clienti ordinari»).

    9.

    L’art. 97 dell’Elektriciteitswet 1998 ha imposto il rispetto del protocollo fino al 1o gennaio 2001, data in cui doveva concludersi il processo di liberalizzazione del mercato elettrico nei Paesi Bassi.

    10.

    Per il 2000 tuttavia, a causa dell’entrata in vigore di nuove disposizioni tariffarie che imponevano alle imprese di distribuzione la fatturazione separata dei corrispettivi relativi alla fornitura di energia elettrica e di quelli per il trasporto, tali imprese si sono trovate nell’impossibilità di traslare sui consumatori finali gli importi che, in virtù del protocollo, erano tenute a versare a SEP a copertura dei costi NR.

    11.

    È in tale contesto che, il 21 dicembre 2000, è stata adottata l’Overgangswet Elektriciteitsproductiesector (legge transitoria sul settore della produzione di energia elettrica; in prosieguo: l’«OEPS»), il cui art. 9, a proposito del quale si interroga il giudice di rinvio, stabilisce quanto segue:

    «1.   Oltre a quanto deve al gestore della rete del territorio in cui è stabilito in virtù dell’accordo, ogni cliente diverso da un cliente protetto è debitore verso il gestore della rete di un ammontare di 0,0117 NLG per chilowattora, calcolato sulla quantità totale di elettricità che il gestore della rete ha trasportato verso la sua utenza nel periodo dal 1o agosto 2000 al 31 dicembre 2000.

    2.   Oltre a quanto deve al titolare di autorizzazione del territorio in cui è stabilito in virtù dell’accordo, ogni cliente protetto è debitore verso il titolare di autorizzazione di un ammontare di 0,0117 NLG per chilowattora, calcolato sulla quantità totale di elettricità che il titolare di autorizzazione gli ha fornito nel periodo dal 1o agosto 2000 al 31 dicembre 2000.

    3.   (…)

    4.   Gli importi di cui i clienti sono debitori in virtù dei nn. 1 e 2 sono ceduti rispettivamente dal gestore della rete o dal titolare di autorizzazione alla società designata ( 8 ) prima del 1o luglio 2001.

    5.   La società designata informa il ministro del totale degli importi di cui al paragrafo 4 e allega la dichiarazione di un contabile ai sensi dell’art. 393, n. 1, del libro 2 del codice civile, che certifica la veridicità dell’informazione. Se l’ammontare totale eccede 400 milioni di NLG, la società designata cede il surplus al ministro che lo destina al finanziamento dei costi di cui all’art. 7».

    12.

    Conformemente all’art. 25 dell’OEPS, le disposizioni sopra riportate sono entrate in vigore il 29 dicembre 2000 e sono state applicate retroattivamente a partire dal 1o agosto 2000. Secondo quanto indicato dal giudice di rinvio, l’art. 9 dell’OEPS, non è stato oggetto di una distinta notifica alla Commissione. Tuttavia, con lettera del 30 agosto 2000, le autorità dei Paesi Bassi hanno trasmesso alla Commissione il testo integrale del disegno di legge dell’OEPS, incluso l’art. 9.

    13.

    Giova ancora ricordare le vicende collegate all’elaborazione degli artt. 6-8 dell’OEPS, sebbene essi non assumano direttamente rilievo nella controversia principale.

    14.

    Nel testo del disegno di legge dell’OEPS tali articoli definivano la procedura di finanziamento per la copertura dei costi NR nel periodo successivo al 1o gennaio 2001. Tale procedura prevedeva la fissazione da parte del governo, con scadenza annuale, di un supplemento posto a carico di tutti i clienti, ad eccezione dei gestori della rete, espresso in percentuale su quanto dovuto per il trasporto di elettricità e i servizi connessi. Detti articoli sono stati notificati alla Commissione una prima volta il 20 febbraio 1998, in base all’art. 24 della direttiva 96/92 e una seconda volta il 16 ottobre 1998, in base agli artt. 87 CE e 88 CE. Con decisione dell’8 luglio 1999 la Commissione ha informato il governo dei Paesi Bassi che le disposizioni notificate non contenevano misure ai sensi dell’art. 24 della predetta direttiva ma che dovevano essere esaminate in base all’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

    15.

    Il 30 agosto 2000 i Paesi Bassi hanno informato la Commissione che erano state apportate alcune modifiche alle disposizioni in questione. In tale occasione, come accennato sopra, l’intero testo dell’OEPS contenente le suddette modifiche è stato trasmesso alla Commissione. Successivamente, gli artt. 6-8 dell’OEPS sono stati ulteriormente modificati e il meccanismo da essi previsto sostituito con un sistema di finanziamento mediante fondi pubblici (attuali artt. 7 e 8 dell’OEPS). Con decisione del 25 luglio 2001 la Commissione ha autorizzato le nuove misure ai sensi dell’art. 87, n. 3., lett. c), CE.

    II — Fatti e questioni pregiudiziali

    16.

    Nel dicembre 1996, utilizzando la facoltà di concludere particolari contratti di fornitura con grandi clienti industriali accordata alla società designata dall’art. 32 dell’Elektriciteitswet 1989, SEP, una delle IPE (Epon) e la società di distribuzione Edon ( 9 ) hanno stipulato con Aldel, convenuta nel giudizio a quo, un «contratto di messa a disposizione di potenza elettrica, di consegna di energia elettrica, nonché di ‘load management’». Tale contratto fissava un prezzo unico per i diversi servizi offerti, non comprensivo dei costi NR.

    17.

    Dal 1o gennaio 2000 il trasporto di energia elettrica verso Aldel è assicurato, nella sua qualità di gestore della rete locale ( 10 ), da Essent, ricorrente nel giudizio a quo, nata dalla separazione delle attività della società di distribuzione Edon. Essent non è parte del sopramenzionato contratto di fornitura. Sia Essent che Aldel sono stabilite nei Paesi Bassi.

    18.

    Nel periodo tra il 1o agosto e il 31 dicembre 2000, Essent ha trasportato 717413761 chilowattora di elettricità all’utenza di Aldel. Per i servizi forniti a Aldel in detto periodo Essent ha fatturato un ammontare totale comprensivo della maggiorazione di cui all’art. 9 dell’OEPS.

    19.

    A fronte del rifiuto di Aldel di pagare gli importi relativi a detta maggiorazione, Essent ha adito il Rechtbank Groningen, dinanzi al quale Aldel ha fatto valere l’incompatibilità con il diritto comunitario dell’art. 9 dell’OEPS ( 11 ).

    20.

    Il giudice adito ha ritenuto necessario, ai fini della soluzione della controversia, porre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se gli artt. 25 e 90 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione di legge che obbliga gli acquirenti nazionali di energia elettrica, durante un periodo transitorio (dal 1o agosto al 31 dicembre 2000), a pagare al gestore della rete una maggiorazione tariffaria per le quantità di energia elettrica che sono state loro erogate ove tale maggiorazione debba essere versata dal gestore della rete a una società designata a tal fine dal legislatore allo scopo di neutralizzare i costi non recuperabili che risultano da impegni assunti o da investimenti realizzati da detta società prima della liberalizzazione del mercato elettrico e ove tale società:

    sia la filiale comune di quattro imprese nazionali produttrici di energia elettrica;

    nel periodo preso in considerazione (2000) sia l’unica responsabile per i costi non recuperabili relativi all’anno di riferimento;

    necessiti incontestabilmente di un ammontare di 400 milioni NLG (pari a 181512086,40 euro) per coprire i predetti costi nell’anno in questione, e,

    qualora i proventi di detta maggiorazione superino tale ammontare, debba versare l’eccedenza al ministro.

    2)

    Se il regime delineato nella prima questione soddisfi le condizioni di cui all’art. 87, n. 1, CE».

    III — Procedura dinanzi alla Corte

    21.

    Essent, Aldel, NEA (precedentemente SEP), il governo dei Paesi Bassi e la Commissione hanno presentato osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte e sono stati sentiti all’udienza tenutasi il 10 maggio 2007.

    22.

    Essent, Aldel, NEA, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione sono stati invitati dalla Corte a rispondere ad alcuni quesiti scritti prima dell’udienza.

    IV — Analisi giuridica

    A — Sulla prima questione pregiudiziale

    1. Osservazioni preliminari

    23.

    Con la prima questione pregiudiziale il giudice di rinvio chiede alla Corte se gli artt. 25 CE e 90 CE ostano all’applicazione di una maggiorazione tariffaria quale quella prevista dall’art. 9 dell’OEPS.

    24.

    In via preliminare si deve osservare che dalla decisione di rinvio non emerge in modo evidente la rilevanza di tale quesito ai fini della soluzione della causa principale. In effetti, non si evince dalle informazioni fornite alla Corte se e in che misura l’energia elettrica trasportata in favore di Aldel nel periodo tra il 1o agosto e il 31 dicembre 2000 è stata importata da altri Stati membri.

    25.

    Orbene, occorre rilevare che un’eventuale declaratoria d’illegittimità della maggiorazione tariffaria controversa per contrarietà agli artt. 25 CE o 90 CE concernerebbe solamente gli importi percepiti sull’energia elettrica importata. In altri termini detta declaratoria consentirebbe ad Aldel di opporsi esclusivamente alla riscossione degli oneri gravanti su tale prodotto e nei soli limiti della loro incompatibilità con le disposizioni del Trattato.

    26.

    Ne consegue che ove dovesse risultare che l’energia trasportata all’utenza di Aldel era esclusivamente di origine nazionale, la risposta della Corte al primo quesito pregiudiziale non avrebbe alcun rilievo ai fini dell’accoglimento o del rigetto delle pretese avanzate da Essent nei confronti di Aldel nella causa principale ( 12 ).

    27.

    Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita dall’art. 234 CE, spetta ai primi valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini della soluzione della controversia per la quale sono stati aditi, sia la rilevanza dei quesiti che sottopongono alla Corte, potendo quest’ultima sindacare tale valutazione solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale ( 13 ).

    28.

    Non essendo questo il caso nella specie, propongo alla Corte di procedere all’esame della prima questione pregiudiziale, sebbene l’utilità della risposta che ne risulterà dipenderà dall’esito di ulteriori accertamenti che incombe al giudice nazionale condurre.

    2. Valutazione

    a) Brevi cenni sulla giurisprudenza

    29.

    Nel sistema del Trattato, gli artt. 25 CE e 90 CE, che sanciscono rispettivamente il divieto di dazi doganali e di tasse di effetto equivalente e il divieto di imposizioni interne discriminatorie, perseguono, con funzioni complementari, l’obiettivo di censurare qualsiasi dispositivo fiscale nazionale idoneo a discriminare i prodotti in provenienza o a destinazione di altri Stati membri ostacolandone la libera circolazione all’interno della Comunità in condizioni normali di concorrenza.

    30.

    Pur riconoscendo, in linea di principio, la loro complementarietà ( 14 ), la giurisprudenza della Corte ha mantenuto la distinzione formale tra i due divieti voluta dal Trattato, precisando a più riprese che gli artt. 25 CE e 90 CE non possono essere applicati cumulativamente ( 15 ); pertanto la legittimità di un regime fiscale nazionale che rientri nell’ambito di applicazione del primo non può essere contestualmente valutata in base al secondo ( 16 ).

    31.

    Il discrimen fra tasse di effetto equivalente e tributi interni è individuato dalla giurisprudenza nel fatto che le prime gravano solo sui prodotti importati o esportati e non sui prodotti nazionali similari o concorrenti, mentre i secondi colpiscono sia gli uni che gli altri.

    32.

    In base alla definizione accolta dalla giurisprudenza della Corte, costituisce una tassa di effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE qualsiasi onere pecuniario, sia pur minimo, imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci nazionali o estere in ragione del passaggio della frontiera, anche se non è riscosso a profitto dello Stato, non ha alcun effetto discriminatorio o protezionistico e il prodotto colpito non è in concorrenza con un prodotto nazionale ( 17 ). Secondo la Corte un tale onere, gravando specificamente il prodotto importato a esclusione del prodotto nazionale similare e alterandone il prezzo, produce il medesimo effetto restrittivo sulla circolazione delle merci di un dazio doganale ( 18 ).

    33.

    I tributi che rientrano in un regime generale di imposizioni interne gravanti sistematicamente sui prodotti nazionali e su quelli importati, secondo i medesimi criteri, ricadono invece nella sfera di applicazione dell’art. 90 CE ( 19 ).

    34.

    La Corte ha tuttavia precisato che, ai fini della qualificazione e della valutazione giuridica di tributi che gravano indistintamente su prodotti nazionali e importati, può risultare necessario tener conto della destinazione del loro gettito, poiché è proprio in funzione di tale destinazione che tributi formalmente neutri quanto a struttura e modalità di riscossione possono assumere un’incidenza economica reale diversa sulle due categorie di prodotti.

    35.

    In effetti, qualora il gettito derivante da oneri fiscali prelevati tanto sui prodotti importati quanto su quelli nazionali sia destinato a finanziare attività che vanno a specifico vantaggio di questi ultimi, l’esborso per il prodotto nazionale viene, in misura più o meno ampia, compensato dai vantaggi erogati, mentre per il prodotto importato rappresenta un onere netto ( 20 ).

    36.

    Pertanto, ove si tratti di esaminare la compatibilità di un tributo parafiscale con gli artt. 25 CE e 90 CE, occorre, secondo una giurisprudenza ormai consolidata, valutare in che misura gli oneri riscossi sul prodotto nazionale sono compensati dai vantaggi finanziati dal gettito del tributo.

    37.

    Se la compensazione è totale, il tributo costituisce una tassa di effetto equivalente, poiché grava, di fatto, esclusivamente sul prodotto importato e dovrà essere considerato illegittimo in toto; ove invece la compensazione sia solo parziale, il tributo va qualificato come imposizione interna discriminatoria dal momento che incide in misura maggiore sul prodotto importato che su quello nazionale e dovrà di conseguenza essere ridotto proporzionalmente ( 21 ).

    38.

    È peraltro pacifico in giurisprudenza che siffatta valutazione spetta al giudice nazionale, che è il solo a disporre di tutti gli elementi, anche di fatto, necessari a procedervi ( 22 ). A tal fine, egli dovrà anzitutto verificare che vi sia identità tra prodotto tassato e prodotto nazionale favorito ( 23 ). Egli dovrà inoltre accertare, con riferimento a un determinato periodo di tempo, se vi sia equivalenza pecuniaria tra l’ammontare dell’onere del tributo sopportato dalla produzione nazionale e i vantaggi di cui essa ha fruito in via esclusiva. Al riguardo la Corte ha precisato che tale accertamento prescinde da parametri diversi dalla sola equivalenza pecuniaria — quali la natura, l’importanza o il carattere indispensabile di detti vantaggi — considerati non sufficientemente oggettivi al fine di valutare la compatibilità di un provvedimento tributario nazionale con le disposizioni del Trattato ( 24 ).

    39.

    Al termine di questo breve riepilogo della giurisprudenza, ritengo utile rilevare, come diversi avvocati generali hanno fatto prima di me, che la giurisprudenza appena ricordata, poiché demanda ai giudici nazionali valutazioni di carattere economico spesso complesse e aleatorie, presenta indubbie difficoltà applicative ( 25 ) malgrado essa risulti chiara nei suoi termini essenziali ( 26 ). A fronte di tali difficoltà, non va dimenticato che, ove si tratti di valutare la legittimità in base al diritto comunitario di una tassa parafiscale il cui gettito serve a finanziare un regime statale di incentivi alla produzione nazionale, il ricorso ai divieti di cui agli artt. 25 CE e 90 CE può essere visto come una semplice alternativa rispetto all’applicazione delle disposizioni del trattato in materia di aiuti di Stato ( 27 ).

    b) Se la maggiorazione istituita dall’art. 9, n. 1, dell’OEPS costituisca una tassa di effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE o un’imposizione interna discriminatoria in base all’art. 90 CE

    40.

    In via preliminare conviene esaminare alcuni degli argomenti sollevati da SEP e dal governo dei Paesi Bassi in quanto appaiono volti a mettere in discussione la natura stessa di tributo della maggiorazione in causa. In particolare, secondo SEP l’art. 9 dell’OEPS non è altro che uno strumento mediante il quale è stato consentito alle società di distribuzione di ripercuotere sui loro clienti i contributi che esse si sono impegnate a versare alle società produttrici in virtù del protocollo. Anche i Paesi Bassi sottolineano che la maggiorazione in questione trova la sua giustificazione nel protocollo e insiste sul fatto che essa rappresenta un elemento del corrispettivo dovuto per i servizi di trasporto.

    41.

    Non mi sembra che tali argomenti consentano di concludere che la maggiorazione in questione, pur presentando caratteristiche che la distinguono da un tributo classico, non è tale da ricadere nella nozione di tassa di effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE o di imposizione interna ai sensi dell’art. 90 CE.

    42.

    In primo luogo, come si è visto sopra, la nozione di tassa di effetto equivalente è definita dalla giurisprudenza in termini particolarmente ampi. Da tale definizione emerge che l’essenza della nozione giuridica in parola risiede negli effetti che un determinato onere pecuniario produce sul commercio tra Stati membri. Gli aspetti formali — quali la denominazione, il quantum, la struttura, le modalità di percezione, la destinazione, il beneficiario del gettito e gli obbiettivi perseguiti — non assumono invece alcun rilievo ai fini della qualificazione come tassa di effetto equivalente, sempreché l’onere in questione abbia carattere giuridicamente obbligatorio («unilateralmente imposto») ( 28 ). Orbene, nel caso di specie, l’obbligatorietà del tributo, dovuto da ogni utente che soddisfa le condizioni di cui all’art. 9, n. 1, dell’OEPS, non è revocata in dubbio, così come pacifica è l’obbligatorietà del ricorso ai servizi del gestore della rete del luogo in cui l’utente è stabilito.

    43.

    Altrettanto ampia risulta la nozione di imposizione interna ai sensi dell’art. 90 CE ( 29 ).

    44.

    In secondo luogo, la Corte ha già avuto modo di valutare in base agli artt. 25 CE e 90 CE oneri pecuniari che si presentavano quali elementi di una tariffa o di un prezzo regolamentato per legge ( 30 ).

    45.

    Sempre in via preliminare occorre esaminare l’argomento avanzato da SEP in base al quale l’art. 25 CE sarebbe inapplicabile poiché la maggiorazione controversa concerne la tariffa per il servizio di trasporto e non il prezzo dell’energia elettrica. SEP fa inoltre osservare che tale servizio è fornito da gestori di rete neerlandesi sul territorio dei Paesi Bassi.

    46.

    Come è noto, l’art. 25 CE concerne unicamente gli oneri gravanti sulle merci. Se si dovesse seguire la tesi di SEP, l’applicazione di tale disposizione sarebbe dunque esclusa nel caso di specie per il solo motivo che non esisterebbe alcun prodotto gravato.

    47.

    In proposito si deve anzitutto rilevare che la Corte ha già avuto modo di affermare che l’energia elettrica costituisce una merce ai sensi delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci ( 31 ). Pronunciandosi su un ricorso per inadempimento per violazione dell’art. 31 CE, essa ha inoltre precisato che «i servizi necessari all’importazione o all’esportazione di energia elettrica nonché al suo trasporto e alla sua distribuzione altro non sono se non gli strumenti della fornitura all’utente di una merce ai sensi del Trattato» ( 32 ), riconoscendo pertanto il carattere accessorio di detti servizi rispetto all’oggetto della prestazione.

    48.

    Occorre poi ricordare che è idoneo a rientrare nella nozione di tassa di effetto equivalente qualunque onere che colpisce le merci nazionali o estere in ragione del passaggio della frontiera, a prescindere dalle sue modalità di riscossione. Soddisfa tali condizioni anche un tributo il cui fatto generatore è individuato non nell’importazione o nell’esportazione di un bene, ma nella prestazione di un servizio necessario o collegato all’espletamento di tali operazioni ( 33 ), ove sia comunque idoneo a incidere sulla circolazione del bene di cui trattasi all’interno della Comunità. Orbene, mi sembra evidente che un onere riscosso sulla prestazione di servizi di trasporto e determinato in funzione della quantità del bene trasportato, gravando indirettamente su quest’ultimo, sia, in linea di principio, atto a determinare una tale incidenza.

    49.

    La Corte ha peraltro già avuto l’occasione di pronunciarsi su una questione analoga a quella in esame, sebbene con riferimento al solo art. 90 CE. Nella sentenza Schöttle ( 34 ), richiamata dalla Commissione nelle sue osservazioni, la Corte era stata investita di alcuni quesiti vertenti sull’interpretazione di detta disposizione in relazione a un’imposta sui trasporti di merci su strada in vigore in Germania. Disattendendo le argomentazioni svolte dal governo tedesco, il quale riteneva che il tributo in questione non rientrasse nella sfera di applicazione dell’art. 90 CE poiché non colpiva il prodotto in quanto tale, la Corte ha ritenuto che un’imposta quale quella in esame, «riscossa sui trasporti internazionali stradali di merci in funzione della distanza percorsa nel territorio nazionale e del peso della merce trasportata» ( 35 ), andasse qualificata «come un’imposta ‘applicata indirettamente ai prodotti’» ( 36 ). La Corte ha, in effetti, considerato che, «poiché un’imposta di questo genere si ripercuote immediatamente sul costo del prodotto nazionale e di quello importato, l’art. 9[0] esige che essa sia applicata in modo tale da non discriminare i prodotti importati» ( 37 ).

    50.

    Per le ragioni suesposte non ritengo che una valutazione della legittimità dell’onere controverso in base all’art. 25 CE debba essere esclusa in considerazione della sola circostanza che il fatto generatore di tale onere è individuato in un servizio (quello di trasporto) necessario alla commercializzazione del bene di cui trattasi.

    51.

    Tutto ciò chiarito, occorre esaminare le caratteristiche della maggiorazione tariffaria controversa al fine di valutare se essa incorre nel divieto di cui all’art. 25 CE o in quello di cui all’art. 90 CE.

    52.

    È pacifico che l’onere in questione grava indistintamente sull’elettricità prodotta nei Paesi Bassi e su quella importata secondo le medesime modalità di riscossione. La sua apparente neutralità sembrerebbe dunque escludere l’applicazione dell’art. 25 CE e far propendere per una sua valutazione in base all’art. 90 CE.

    53.

    Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza sopra ricordata ( 38 ), prima di giungere a tale conclusione, si deve verificare se tale neutralità viene meno in considerazione della destinazione del gettito riscosso. Ove infatti l’onere gravante sul prodotto nazionale fosse integralmente compensato dai vantaggi di cui quest’ultimo eventualmente beneficia in funzione dell’allocazione del gettito prodotto dall’applicazione della maggiorazione controversa, sarebbe l’art. 25 CE e non l’art. 90 CE ad applicarsi, poiché, al di là delle apparenze, detta maggiorazione colpirebbe in realtà unicamente il prodotto importato.

    54.

    Nonostante per giurisprudenza costante detta verifica spetti al giudice nazionale, ritengo nondimeno opportuno che la Corte, nei limiti della sua competenza, fornisca qualche indicazione in merito, tenendo conto in particolare degli argomenti sollevati dalle parti nel procedimento nazionale.

    55.

    È in tale ottica che si svolgono le osservazioni che seguono.

    56.

    Emerge dalla normativa nazionale in causa e dall’ordinanza di rinvio che gli importi riscossi dai gestori della rete in applicazione dell’art. 9, n. 1, dell’OEPS dovevano essere versati da questi ultimi a SEP. Detti importi, insieme a quelli riscossi in base al n. 2 del medesimo articolo, dovevano servire, nei limiti di un ammontare di 400 milioni NLG, a coprire i costi NR per il 2000, mentre l’eventuale eccedenza doveva essere versata da SEP al Ministro dell’Economia ed era destinata a finanziare la copertura dei costi NR di cui all’art. 7 dell’OEPS per gli anni successivi al 2000 (art. 9, n. 5, in fine).

    57.

    In base a tale meccanismo la totalità degli importi percepiti era vincolata alla copertura dei costi NR e doveva essere versata a SEP (o alle IPE) in applicazione rispettivamente dell’art. 9, n. 4, dell’OEPS o, per gli importi superiori a 400 milioni di NLG, dell’art. 7 dell’OEPS.

    58.

    Pertanto, ove dovesse risultare che i versamenti previsti da tali disposizioni sono realmente avvenuti e che i relativi importi sono stati impiegati effettivamente e interamente a beneficio dei produttori nazionali di energia elettrica — in modo che ne sia derivata un’equivalenza pecuniaria tra oneri e vantaggi — parrebbe logico concludere ( 39 ), come fa la Commissione nelle sue osservazioni, che l’incidenza economica della maggiorazione controversa sull’energia elettrica nazionale è stata integralmente neutralizzata.

    59.

    Tuttavia, per poter pervenire a tale conclusione il giudice di rinvio dovrà preliminarmente determinare se: i) gli importi derivanti dalla percezione della maggiorazione controversa sono effettivamente destinati a un impiego che torna a specifico vantaggio del prodotto nazionale e ii) vi è «identità tra prodotto tassato e prodotto nazionale favorito».

    60.

    Per quanto concerne la questione sub i), il giudice di rinvio dovrà accertare se e in che misura, in assenza della copertura assicurata dal gettito della maggiorazione tariffaria controversa o di ogni altro intervento pubblico, i costi NR di cui trattasi avrebbero gravato, direttamente o indirettamente, sul bilancio delle IPE.

    61.

    Dato che il giudice di rinvio sembra muovere dal presupposto che la responsabilità di tali costi incombeva in via esclusiva a SEP ( 40 ), tale accertamento implica essenzialmente la presa in considerazione dei meccanismi finanziari attraverso i quali si realizzava, per il tramite di SEP, la cooperazione regolamentata tra le quattro IPE nel periodo di imputazione dei costi in questione ( 41 ).

    62.

    Non è peraltro escluso che nella sua valutazione il giudice di rinvio debba tener conto anche del protocollo, allo scopo di verificare in quali termini sia stata prevista la sostanziale traslazione dei costi NR sulle società di distribuzione (o comunque sui soggetti tenuti alla riscossione della maggiorazione controversa) ( 42 ). In proposito occorre rilevare che, secondo quanto sostenuto da SEP, Essent aveva proceduto al pagamento di quanto dovutole in base al protocollo per il 2000 prima ancora dell’entrata in vigore dell’art. 9 dell’OEPS. La maggiorazione prevista dalle disposizioni di tale articolo sembra quindi beneficiare in prima battuta il settore della distribuzione ( 43 ), consentendo alle singole società di recuperare dai consumatori quanto già versato o comunque dovuto a SEP; spetta dunque al giudice di rinvio valutare se, nell’impossibilità di un tale recupero, permanga in capo a dette società l’obbligo di pagamento previsto dal protocollo.

    63.

    Se da tale esame, che a giudicare dalle risposte delle parti ai quesiti scritti posti dalla Corte non si preannuncia agevole, dovesse emergere che, nel periodo tra il 1o agosto e il 31 dicembre 2000, le IPE erano, direttamente o per il tramite della loro partecipazione finanziaria a SEP, a titolo principale o sussidiario, responsabili dei costi NR in causa, il requisito attinente all’esistenza di un vantaggio specifico per la produzione nazionale ai fini dell’applicazione del criterio della compensazione potrebbe considerarsi soddisfatto. Non mi sembra invece che la sola circostanza che i versamenti previsti dagli artt. 9, n. 4, e 7 dell’OEPS siano avvenuti in favore di SEP e non delle IPE sia tale da escludere in radice, come sostenuto dal governo dei Paesi Bassi e da SEP, l’esistenza di un siffatto vantaggio, ove fosse comunque possibile accertare che gli importi versati sono stati effettivamente e integralmente utilizzati per la copertura di costi che in modo diretto o indiretto gravavano su queste ultime.

    64.

    Il governo dei Paesi Bassi contesta inoltre l’esistenza di un vantaggio a favore del prodotto domestico basandosi sul rilievo che i versamenti previsti in favore di SEP dall’art. 9, n. 4, dell’OEPS non si sono tradotti in una riduzione del prezzo dell’energia elettrica di produzione nazionale.

    65.

    In proposito è sufficiente osservare che, in base alla giurisprudenza, non si richiede che il gettito del tributo sia utilizzato per coprire i costi di produzione, ben potendo gli oneri pecuniari derivanti per il prodotto nazionale dall’applicazione di tale tributo essere compensati attraverso il finanziamento, ad esempio, di attività promozionali o di ricerca, che, pur avvantaggiando il prodotto nazionale, non comportano benefici idonei a ripercuotersi immediatamente sul suo prezzo di vendita.

    66.

    Per quanto riguarda la questione enunciata supra al paragrafo 59, sub ii), spetta in primo luogo al giudice di rinvio valutare se la necessaria identità tra prodotto tassato e prodotto nazionale favorito sia esclusa dalle modalità di riscossione della maggiorazione controversa e, in particolare, dalla circostanza che essa non è versata dai produttori di energia elettrica, ma è fatturata ai consumatori finali. Secondo Essent e il governo dei Paesi Bassi detta circostanza escluderebbe la possibilità di una compensazione nel senso richiesto dalla giurisprudenza della Corte.

    67.

    Tale tesi non appare completamente priva di fondamento.

    68.

    In effetti, è pur vero che una maggiorazione tariffaria o un supplemento di prezzo fatturato al consumatore finale può, in un regime aperto alla concorrenza, risolversi in un onere per il prodotto direttamente o indirettamente gravato, in quanto incide sul suo costo di mercato. Ciò nondimeno ci si può chiedere se tale onere possa essere preso in considerazione per valutare se esiste compensazione ai sensi della giurisprudenza sopra richiamata, poiché, come si è visto, tale valutazione si basa su una comparazione tra esborso e vantaggi in termini esclusivamente pecuniari.

    69.

    Sembra inoltre legittimo chiedersi se, alla luce del fatto che la maggiorazione controversa è percepita a carico del consumatore, è integrata nella tariffa di trasporto e non nel prezzo dell’elettricità e si applica secondo modalità non discriminatorie, si possa concretamente ritenere che il prodotto importato è gravato da un qualsivoglia onere finanziario ovvero che la circolazione di tale prodotto è in qualche modo alterata oppure che esso subisce, per effetto dell’applicazione di detta maggiorazione, un concreto svantaggio concorrenziale, distinto da quello che emerge dalla destinazione del gettito della stessa al finanziamento di interventi in favore dei produttori nazionali (censurabile in base alle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato).

    70.

    Tuttavia la tesi di Essent e del governo dei Paesi Bassi non sembra reggere all’esame della giurisprudenza, che richiede un’identità non già tra soggetti obbligati al versamento del tributo e soggetti beneficiari delle attività finanziate dal gettito dello stesso, bensì unicamente tra prodotto (nazionale) gravato e prodotto favorito, in modo da escludere che vi sia possibile compensazione qualora i proventi del prelievo siano utilizzati a vantaggio di un’attività produttiva diversa da quella onerata. Laddove tale identità di prodotti esista, parrebbe dunque indifferente che il prelievo di cui trattasi sia riscosso sulla produzione (e sull’importazione) ovvero sul consumo di un bene.

    71.

    D’altro canto la situazione in cui il consumatore è soggetto passivo di un tributo e quella in cui è invece il soggetto sul quale il tributo, riscosso a carico del produttore e dell’importatore, si ripercuote, attraverso un aumento del prezzo di vendita del bene colpito, non mi sembrano differire granché dal punto di vista economico, poiché in entrambe le ipotesi gli oneri finanziari risultanti dall’imposizione sono sopportati da soggetti diversi dal produttore e dall’importatore. Eppure nel secondo caso, la giurisprudenza ammette che vi sia possibile compensazione ( 44 ).

    72.

    Qualora, al termine del suo esame, il giudice di rinvio giunga alla conclusione che il gettito della maggiorazione controversa è stato concretamente destinato al finanziamento di costi direttamente o indirettamente gravanti sull’energia elettrica nazionale e che ciò ha consentito ai produttori di quest’ultima di compensare oneri effettivamente sopportati in applicazione di detta maggiorazione, egli dovrà valutare se la compensazione è stata integrale, come parrebbe dato il tenore dell’art. 9 dell’OEPS, o solamente parziale. Nel primo caso la maggiorazione in causa sarebbe qualificabile come tassa di effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE, nel secondo come imposizione interna discriminatoria ex art. 90 CE.

    73.

    Qualora invece il giudice di rinvio giunga alla conclusione che non vi è stata compensazione, né l’uno né l’altro di tali articoli sarà applicabile, dato che la maggiorazione controversa è applicata indistintamente sul prodotto nazionale e su quello importato secondo modalità non discriminatorie.

    c) Conclusioni sulla prima questione pregiudiziale

    74.

    In base all’insieme delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla prima domanda pregiudiziale:

    «Una maggiorazione tariffaria quale quella in questione nella causa principale, riscossa indistintamente e alle stesse condizioni sul trasporto di energia elettrica sia nazionale sia importata, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, vietata dall’art. 25 CE, quando il suo gettito sia destinato a finanziare attività di cui beneficia unicamente il prodotto nazionale e i vantaggi che ne derivano compensino interamente l’onere gravante su detto prodotto; qualora tali vantaggi compensino soltanto parzialmente l’onere gravante sul prodotto nazionale, detta maggiorazione costituisce un’imposizione interna discriminatoria, vietata dall’art. 90 CE.

    Spetta al giudice nazionale procedere alle verifiche necessarie al fine di determinare la qualificazione giuridica del tributo di cui trattasi. In tale contesto, il giudice nazionale esaminerà se e in che misura i costi a copertura dei quali è destinato il gettito della maggiorazione tariffaria di cui trattasi gravano direttamente o indirettamente sui produttori nazionali di energia elettrica».

    B — Sulla seconda questione pregiudiziale

    1. Osservazioni preliminari

    75.

    Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice nazionale chiede se il regime istituito dall’art. 9, n. 1, dell’OEPS costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

    76.

    A tale proposito occorre ricordare che il giudice nazionale può essere indotto ad interpretare la nozione di aiuto di cui all’art. 87, n. 1, CE in virtù dell’efficacia diretta riconosciuta dalla giurisprudenza all’art. 88, n. 3, ultima frase, CE ( 45 ). Per giurisprudenza costante spetta infatti ai giudici nazionali salvaguardare i diritti dei singoli in caso di eventuale inosservanza da parte delle autorità nazionali del divieto di dare esecuzione agli aiuti sancito da tale disposizione ( 46 ).

    77.

    Quanto alle misure che possono o devono essere adottate per garantire detta tutela giurisdizionale, la Corte ha precisato che «il giudice nazionale deve trarre tutte le conseguenze da tale inosservanza, fatta valere dai singoli, conformemente ai loro rimedi giurisdizionali nazionali, sia per quanto concerne la validità degli atti che comportano l’attuazione delle misure d’aiuto, sia per quanto attiene al recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione dell’art. 88, n. 3, CE» ( 47 ).

    78.

    Sebbene il giudice di rinvio non abbia posto alcun quesito a questo proposito, è comunque utile ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’esame di una misura di aiuto non può essere disgiunto dalla valutazione degli effetti delle sue modalità di finanziamento nel caso in cui queste ultime costituiscano parte integrante di tale misura ( 48 ). Le modalità di finanziamento di un aiuto possono infatti rendere quest’ultimo incompatibile con il mercato comune e ciò anche qualora soddisfino le condizioni stabilite da altre disposizioni del Trattato, in particolare dagli artt. 25 CE e 90 CE ( 49 ).

    79.

    Nella sentenza Van Calster, la Corte ha altresì chiarito che, in simile ipotesi, «al fine di assicurare l’effetto utile dell’obbligo di notifica nonché un esame adeguato e completo da parte della Commissione di un aiuto statale, lo Stato membro è tenuto, per rispettare il detto obbligo, a notificare non soltanto il progetto relativo all’aiuto propriamente detto, ma anche le modalità di finanziamento di quest’ultimo in quanto costituenti parte integrante della misura prevista» ( 50 ). Peraltro, secondo la Corte, «considerato che l’obbligo di notifica è esteso anche alle modalità di finanziamento dell’aiuto, le conseguenze derivanti dalla violazione, da parte delle autorità nazionali, dell’art. [88, n. 3, ultima frase, CE] devono trovare applicazione anche relativamente a tale aspetto della misura di aiuto» ( 51 ). Ne consegue che «quando una misura di aiuto, le cui modalità di finanziamento costituisc[o]no parte integrante della medesima, abbia avuto esecuzione in violazione dell’obbligo di notifica, i giudici nazionali sono tenuti, in linea di principio, ad ordinare il rimborso delle tasse o dei contributi specificamente applicati per finanziare tale aiuto» ( 52 ).

    80.

    Nella sentenza Streekgewest la Corte ha precisato che, «affinché un tributo possa ritenersi parte integrante di una misura di aiuto, deve necessariamente sussistere un vincolo di destinazione tra il tributo e l’aiuto in forza della normativa nazionale pertinente, nel senso che il gettito del tributo viene necessariamente destinato al finanziamento dell’aiuto» e incide direttamente sulla sua entità e, conseguentemente, sulla valutazione della compatibilità dell’aiuto medesimo con il mercato comune ( 53 ).

    81.

    Nel caso di specie la maggiorazione di cui è causa viene riscossa specificamente ed esclusivamente per consentire a SEP e/o alle IPE la copertura dei costi NR ad esse incombenti. Il vincolo di destinazione richiesto dalla Corte tra gettito del tributo e finanziamento della misura pubblica di cui spetta al giudice di rinvio valutare se costituisca aiuto di Stato mi sembra dunque sussistente.

    82.

    In base alla giurisprudenza sopra menzionata, le pretese avanzate da Essent nei confronti di Aldel in virtù dell’art. 9, n. 1, dell’OEPS potrebbero dunque essere respinte ove fosse accertato che il regime istituito da tale articolo comporta una misura di aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e che tale misura non è stata notificata alla Commissione.

    83.

    Procederò dunque ad esaminare successivamente questi due aspetti.

    2. Se il combinato disposto dei nn. 1 e 4 dell’art. 9 dell’OEPS comporti una misura di aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE

    84.

    Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, per valutare se una misura pubblica costituisca un aiuto di Stato occorre verificare che siano soddisfatte quattro condizioni cumulative, cioè l’esistenza di un vantaggio per un’impresa, il carattere selettivo della misura, il finanziamento di quest’ultima da parte dello Stato o con risorse statali, nonché l’incidenza della stessa sugli scambi tra Stati membri e la distorsione della concorrenza che ne risulta ( 54 ).

    85.

    Riguardo alla prima e alla seconda di tali condizioni mi pare evidente che la misura contestata comporti un vantaggio per SEP e/o per le IPE e che tale vantaggio, essendo limitato al settore della generazione elettrica, abbia carattere selettivo.

    86.

    La circostanza, evidenziata dal governo dei Paesi Bassi, che i gestori della rete fossero comunque tenuti a contribuire alla copertura dei costi NR in virtù del protocollo d’accordo non mi sembra rivestire un’importanza decisiva. In effetti, l’art. 9 dell’OEPS fa sorgere in capo ai soggetti tenuti alla riscossione della maggiorazione un obbligo giuridico di versare a SEP il relativo gettito autonomo e indipendente da quello eventualmente gravante sui medesimi soggetti in virtù del protocollo di accordo ( 55 ). Inoltre il meccanismo previsto dall’art. 9 dell’OEPS consente a SEP di contare su una maggiore sicurezza dei versamenti, i cui fondi provengono dalla riscossione di oneri parafiscali, e di ridurre o escludere pertanto l’alea di un eventuale inadempimento o di un’impossibilità di esecuzione da parte dei soggetti vincolati dal protocollo ( 56 ).

    87.

    Tuttavia, se dovesse risultare che, al momento in cui sono stati effettuati i versamenti previsti dall’art. 9, n. 4, dell’OEPS, SEP aveva già ricevuto in tutto o in parte, a titolo di esecuzione del protocollo di accordo, i 400 milioni di NLG previsti dal n. 5 del medesimo articolo ( 57 ), il vantaggio derivante per SEP e/o per le IPE dal regime considerato si ridurrebbe in modo corrispondente, fino ad essere eventualmente limitato al solo surplus ( 58 ).

    88.

    Spetta al giudice di rinvio effettuare i relativi accertamenti.

    89.

    Mi sembra si possa altresì considerare soddisfatta la quarta condizione relativa agli effetti sulla concorrenza della misura in causa e alla sua incidenza sugli scambi tra Stati membri. In proposito mi limiterò a osservare che l’approccio della Corte al riguardo è particolarmente ampio. In effetti, secondo una giurisprudenza costante «non è necessario dimostrare un’incidenza effettiva dell’aiuto concesso sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se tale aiuto sia idoneo a incidere sugli scambi e a falsare la concorrenza» ( 59 ). In particolare, quando l’aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi intracomunitari, questi ultimi devono ritenersi influenzati da tale aiuto ( 60 ).

    90.

    Ora, per quanto non direttamente implicata nell’attività di produzione di energia elettrica, SEP provvedeva, in quanto filiale comune delle quattro IPE, alla commercializzazione dell’energia da queste prodotta e di quella importata. Essa agiva, quanto meno formalmente, in regime di concorrenza nel mercato dell’importazione di energia elettrica non a uso pubblico ( 61 ), gestiva la stazione di gassificazione del carbone Demkolec ed era attiva nel settore del riscaldamento urbano. Relativamente all’incidenza della misura in causa sugli scambi intracomunitari emerge da quanto appena ricordato che l’attività di SEP non era limitata al solo ambito nazionale, ma che essa partecipava agli scambi trasfrontalieri.

    91.

    Spetta comunque al giudice di rinvio effettuare i relativi accertamenti ( 62 ).

    92.

    Più complesso è invece il discorso per quanto concerne la sussistenza della terza condizione, relativa al finanziamento della misura mediante risorse pubbliche. Tale questione è stata ampiamente dibattuta sia dinanzi al giudice di rinvio che dinanzi alla Corte. Procederò dunque con l’esaminare se tale condizione è soddisfatta.

    93.

    In tale esame non entrerò volutamente nel merito della discussione, alimentata tra l’altro da alcune pregresse pronunce della Corte ( 63 ), circa la necessarietà del finanziamento pubblico ai fini della qualificazione di una misura statale come aiuto ai sensi dell’art. 87 CE. Mi limito in proposito a rilevare che a partire dalla sentenza Sloman Neptun ( 64 ) la Corte ha ripetutamente, e senza esitazioni, affermato il principio secondo cui un aiuto deve essere finanziato direttamente o indirettamente mediante risorse statali ( 65 ), mostrando quindi di considerare tale requisito come uno degli elementi costitutivi della nozione di aiuto.

    94.

    Detto principio risulta riconfermato ( 66 ) nella sentenza PreussenElektra ( 67 ) in cui la Corte ha escluso che comportasse un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE una normativa statale che, da un lato, imponeva alle imprese private di fornitura di energia elettrica un obbligo di acquisto di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili a prezzi minimi superiori al valore economico di tale tipo di energia e, dall’altro, ripartiva l’onere finanziario derivante da tale obbligo tra le imprese di fornitura e i gestori privati delle reti di energia elettrica situati a monte. Secondo la Corte, in assenza di un trasferimento diretto o indiretto di risorse statali, il fatto che tale normativa conferisse un indubbio vantaggio economico alle imprese produttrici di energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili e che tale vantaggio fosse la conseguenza dell’intervento dei pubblici poteri non era sufficiente a qualificare la misura in questione come aiuto ( 68 ).

    95.

    Più recentemente, nella sentenza Pearle ( 69 ), la Corte ha considerato che non implicassero misure di aiuto i regolamenti emanati da un’organizzazione di categoria di diritto pubblico con l’intento di finanziare, mediante risorse prelevate presso i propri membri e obbligatoriamente destinate a tale scopo, una campagna pubblicitaria collettiva decisa dagli stessi membri, qualora risultasse accertato che tale finanziamento era stato realizzato per mezzo di risorse delle quali l’organizzazione non aveva mai potuto disporre liberamente. In particolare, la Corte attribuiva rilievo alla circostanza che le spese sopportate dall’ente pubblico ai fini della campagna pubblicitaria erano state interamente compensate dai contributi imposti alle imprese beneficiarie. Ne conseguiva, secondo la Corte, che l’intervento di detto ente «non era volto alla creazione di un vantaggio costitutivo di un onere supplementare per lo Stato o per tale ente» ( 70 ), il quale giocava il ruolo di «mero strumento per la riscossione e la destinazione delle risorse raccolte ai fini del conseguimento di un obiettivo puramente commerciale, previamente fissato dal settore interessato e che non si collocava minimamente nel contesto di una politica definita dalle autorità olandesi» ( 71 ).

    96.

    È anzitutto con riferimento ai principi sanciti e alle soluzioni seguite dalla Corte in questi due precedenti che occorre valutare se la misura disposta in favore di SEP dalla normativa nazionale in causa soddisfa la condizione del finanziamento mediante risorse statali. In particolare, i Paesi Bassi sostengono che tale valutazione non può che dare esito negativo proprio alla luce di quanto affermato dalla Corte in tali sentenze.

    97.

    In proposito osservo preliminarmente che la pronuncia della Corte nella causa PreussenElektra è tale da determinare un impatto particolarmente importante nei mercati in fase di deregolamentazione in cui, e questo è specialmente il caso del mercato elettrico, i costi non recuperabili generati dalla liberalizzazione sono particolarmente significativi. In tali ambiti, i poteri di controllo della Commissione sulle misure nazionali di sostegno alle imprese gravate da tali costi risultano notevolmente diminuiti da una rigida applicazione della condizione attinente al finanziamento mediante risorse statali, specie se si considera che tali misure sono spesso concepite in modo da far ricadere sui consumatori finali il peso economico della reintegrazione dei suddetti costi, non di rado attraverso l’istituzione di oneri parafiscali ( 72 ). Il rischio è dunque che misure statali idonee a incidere anche sensibilmente sui risultati dei processi di liberalizzazione in atto negli Stati membri siano di fatto sottratte a ogni controllo in base alle disposizioni comunitarie in materia di aiuti e sfuggano al rigido inquadramento cui le misure sottoposte a tale controllo sono invece assoggettate in applicazione delle linee-guida per l’esame degli aiuti connessi a costi non recuperabili emanate dalla Commissione ( 73 ).

    98.

    È principalmente per questa ragione che ritengo che non si debba estendere la soluzione seguita dalla Corte nella sentenza PreussenElektra al di là delle specifiche circostanze fattuali che ne hanno giustificato l’accoglimento.

    99.

    Orbene, uno degli elementi che la Corte ha mostrato di ritenere essenziale ai fini della decisione nella causa PreussenElektra è costituito dalla natura privata dei soggetti cui incombevano gli oneri imposti dallo Stromeinspeisungsgesetz. La rilevanza di tale circostanza risulta chiaramente, oltre che dal dispositivo, dai punti 55 e 56 della sentenza, in cui la Corte, a fronte dei dati forniti dal governo tedesco circa la composizione dell’azionariato delle imprese coinvolte (PreussenElektra e Schleswag), ha riformulato la questione pregiudiziale posta dal Landgericht di Kiel come diretta, in sostanza, ad accertare se costituiscono aiuti di Stato gli oneri imposti dalla normativa tedesca (obbligo di acquisto a un prezzo prefissato e ripartizione dei relativi oneri) a imprese private di fornitura di energia elettrica e ai gestori privati delle reti situati a monte ( 74 ). Inoltre, il meccanismo dello Stromeinspeisungsgesetz non prevedeva l’intervento di intermediari, in funzione di percettori e/o gestori delle somme da destinare alla sovvenzione; poiché il vantaggio goduto dalle imprese beneficiarie consisteva nella garanzia di vendita dell’energia da esse prodotta e nella differenza tra il valore economico della stessa e il prezzo, superiore a tale valore, stabilito per legge, detto vantaggio veniva erogato automaticamente al momento della conclusione dei contratti di fornitura e del pagamento del corrispettivo.

    100.

    Facendo leva su tali elementi è dunque possibile considerare la portata della sentenza PreussenElektra come limitata alle ipotesi in cui una sovvenzione concessa dai pubblici poteri a determinate imprese sia esclusivamente finanziata mediante l’imposizione di oneri gravanti su operatori privati e sia versata ai beneficiari direttamente da tali operatori.

    101.

    Viceversa, la pronuncia della Corte non concernerebbe i) il caso in cui la sovvenzione è finanziata tramite l’imposizione di oneri a imprese pubbliche o mediante fondi a disposizione di siffatte imprese e ii) il caso in cui le risorse destinate al finanziamento della sovvenzione, derivanti da oneri imposti a soggetti privati (ad esempio contributi parafiscali), transitino attraverso imprese o organismi che intervengono quali intermediari prima di essere attribuite ai soggetti beneficiari.

    102.

    In tali ipotesi la sovvenzione di cui trattasi potrebbe ricadere nella nozione di aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, ove risulti finanziata mediante risorse statali. Conformemente alla giurisprudenza della Corte tale condizione sussiste quando le risorse utilizzate sono direttamente o indirettamente soggette al controllo dello Stato. Nella sentenza Ladbroke Racing ( 75 ) e, più di recente nella sentenza Stardust ( 76 ), la Corte ha espressamente affermato che la nozione di risorse statali ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE «comprende tutti gli strumenti pecuniari che il settore pubblico può realmente usare per sostenere imprese, a prescindere dal fatto che questi strumenti appartengano o meno permanentemente al patrimonio del suddetto settore». Pertanto, «anche se le somme corrispondenti alla misura in questione non sono permanentemente in possesso dell’[Erario], il fatto che restino costantemente sotto il controllo pubblico, e dunque a disposizione delle autorità nazionali competenti, è sufficiente perché esse siano qualificate risorse statali» ( 77 ).

    103.

    Per quanto concerne più specificamente l’ipotesi, enunciata supra al paragrafo 101, sub i), di una misura sovvenzionata tramite l’imposizione di oneri a carico di imprese pubbliche o comunque mediante il ricorso a fondi provenienti da tali imprese, la Corte ha precisato, nella sopramenzionata sentenza Stardust, che detti fondi devono considerarsi come risorse statali qualora lo Stato sia in grado, «esercitando la sua influenza dominante su tali imprese, di orientare l’utilizzazione delle risorse di queste ultime per finanziare, se del caso, [interventi] specifici a favore di altre imprese» ( 78 ). A tal fine non è necessario dimostrare l’avvenuto trasferimento da parte dello Stato a tali imprese di dotazioni specifiche in vista del finanziamento della misura di aiuto.

    104.

    La natura pubblica di un organismo non implica tuttavia che le risorse a sua disposizione siano automaticamente da qualificarsi come «statali» ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Come si è visto sopra ( 79 ), infatti, detta qualificazione può ad esempio essere esclusa laddove tale organismo agisca quale «mero strumento per la riscossione e la destinazione delle risorse raccolte» e il suo intervento non sia volto «alla creazione di un vantaggio costitutivo di un onere supplementare per lo Stato».

    105.

    Inoltre, affinché una misura messa in atto da un’impresa pubblica possa considerarsi aiuto ai termini dell’art. 87, n. 1, CE è necessario che essa sia comunque imputabile allo Stato, nel senso che sia il risultato di un’azione dei pubblici poteri ( 80 ).

    106.

    Trattandosi invece dell’ipotesi enunciata supra al paragrafo 101, sub ii), in cui i fondi necessari al finanziamento della sovvenzione siano prelevati a carico di soggetti privati e assegnati ai beneficiari della stessa tramite imprese o organismi intermediari, si deve anzitutto ricordare che da costante giurisprudenza risulta che non occorre distinguere tra le ipotesi in cui l’aiuto viene concesso direttamente dallo Stato e quelle in cui viene concesso per mezzo di un ente pubblico o privato, designato o istituito dallo Stato medesimo ( 81 ).

    107.

    Occorre poi riferirsi più specificamente alla giurisprudenza relativa alle misure di aiuto finanziate mediante tributi parafiscali o contributi obbligatori. In base a tale giurisprudenza, i «fondi [che] sono alimentati mediante contributi obbligatori imposti dalla legge e vengono gestiti e ripartiti (…) in conformità alla legislazione statale (…) vanno considerati “risorse statali” ai sensi dell’art. [87, n. 1, CE], anche qualora siano amministrati da enti distinti dagli organi statali» ( 82 ).

    108.

    È certo possibile obiettare che tale giurisprudenza è stata implicitamente superata dalla sentenza PreussenElektra, quanto meno nell’ipotesi in cui il ruolo svolto dall’intermediario sia esclusivamente quello di percettore del contributo ovvero sia comunque limitato a un controllo puramente contabile dei fondi raccolti ed escluda quindi l’esercizio di un qualsivoglia margine di discrezionalità nell’utilizzazione e nella destinazione dei fondi. In effetti, obiettivamente tale situazione è difficilmente distinguibile, dal punto di vista economico, da quella in cui le somme destinate al finanziamento della misura di sostegno sono trasferite direttamente dai soggetti su cui grava l’obbligo di contribuzione alle imprese beneficiarie della misura ( 83 ).

    109.

    Ritengo tuttavia che tale obiezione possa essere superata ove si consideri l’intervento di un intermediario designato dallo Stato, anche qualora sia semplicemente incaricato della riscossione o di un controllo puramente contabile, come idoneo a interrompere il flusso diretto dei fondi dalla sfera dei soggetti passivi a quella dei beneficiari, consentendo di individuare un momento in cui tali fondi sono, almeno indirettamente, sotto il controllo dello Stato, per quanto vincolati nella destinazione, acquisendo in tal modo la natura di risorse pubbliche. In particolare, una siffatta interpretazione mi sembra possibile quanto meno in due situazioni, quando, cioè, l’intermediario è pubblico e quando i contributi obbligatori prelevati a carico di imprese o singoli sono versati a un fondo, pubblico o privato, istituito o designato dallo Stato allo scopo di assegnare l’aiuto in conformità della legge, indipendentemente dal grado di autonomia di tale fondo nella gestione e nella ripartizione delle somme percepite.

    110.

    Non mi sembra che la sentenza Pearle sopramenzionata possa considerarsi un ostacolo a quanto appena sostenuto. Come si è visto, in tale occasione la Corte ha escluso che costituissero risorse dello Stato fondi risultanti dai contributi obbligatori versati a un organismo professionale dai propri membri, la cui imposizione è stata resa possibile grazie al regime legale applicabile a detto organismo e la cui riscossione era finalizzata al finanziamento di una campagna pubblicitaria collettiva a favore degli stessi membri. Orbene, tra i vari elementi addotti dalla Corte per motivare tale conclusione (indisponibilità dei fondi da parte dell’organismo, ruolo di quest’ultimo limitato alla riscossione dei contributi, attribuzione di un vantaggio senza relativo onere per lo Stato o per l’organismo pubblico coinvolto) la circostanza che l’iniziativa di promuovere la campagna pubblicitaria in questione e la proposta circa le modalità di ripartizione dei relativi oneri venissero dal settore commerciale interessato e non dalle autorità pubbliche mi pare, nell’economia del ragionamento della Corte, assumere carattere decisivo, in quanto idonea ad escludere la stessa riferibilità della misura in causa allo Stato ( 84 ).

    111.

    Alla luce di quanto fin qui esposto occorre chiedersi se i versamenti a favore di SEP effettuati in applicazione del combinato disposto dei nn. 1 e 4 dell’art. 9 dell’OEPS implichino l’impiego di «risorse dello Stato» ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

    112.

    Come si è visto, il meccanismo previsto dalla disposizione nazionale in questione prevedeva l’imposizione di una maggiorazione per il servizio di trasporto a carico dei consumatori di energia elettrica, la riscossione di tale maggiorazione da parte dei gestori della rete e il trasferimento del gettito da questi ultimi alla «società designata» (SEP), incaricata di un controllo contabile sui fondi trasferiti e tenuta a versare al Ministro dell’Economia le somme eventualmente eccedenti i 400 milioni di NLG. La controversia pendente dinanzi al giudice di rinvio concerne segnatamente le somme dovute da un utente privato, Aldel, in applicazione della suddetta maggiorazione, al gestore della rete del territorio in cui è stabilito, Essent.

    113.

    Occorre in primo luogo rilevare che, in risposta a un quesito scritto posto dalla Corte, Essent ha precisato che, nel periodo di riferimento, vale a dire tra il 1o agosto e il 31 dicembre 2000, il suo capitale era controllato al 100% da Essent NV, il cui capitale era a sua volta detenuto al 100% da comuni e province e dunque interamente in mano pubblica. Ne consegue, come correttamente sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni, che Essent era, in detto periodo, un’impresa pubblica ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche ( 85 ).

    114.

    In virtù della giurisprudenza della Corte, le risorse a disposizione di Essent ( 86 ) devono quindi considerarsi, in linea di principio, come risorse pubbliche. Quanto all’obiezione sollevata dal governo dei Paesi Bassi circa il ruolo di mero percettore d’imposta svolto da Essent, rinvio a quanto già esposto ai paragrafi 108-110 supra ( 87 ).

    115.

    In secondo luogo, mi sembra rilevante la circostanza che SEP fosse tenuta a un controllo contabile delle somme derivanti dal gettito della maggiorazione in causa, di cui doveva rendere conto al Ministro dell’Economia. È presumibilmente solo al termine di tale controllo che le somme in questione venivano messe a disposizione di SEP, la quale era comunque tenuta a impiegarle a fini specifici, vale a dire per la copertura di costi conseguenti a investimenti effettuati per volere dei pubblici poteri.

    116.

    Infine, altrettanto rilevante è la circostanza che, in virtù del n. 5 dell’art. 9 dell’OEPS, le somme eccedenti i 400 milioni di NLG dovessero essere versate da SEP al Ministero dell’Economia.

    117.

    In base alle considerazioni che precedono, mi sembra possibile concludere che i versamenti disposti in favore di SEP in virtù del combinato disposto dei nn. 1 e 4 dell’art. 9 dell’OEPS comportano l’impiego di «risorse dello Stato» ai sensi dell’art 87, n. 1, CE.

    118.

    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono suggerisco quindi alla Corte di rispondere come segue alla seconda questione pregiudiziale:

    «Una normativa nazionale in base alla quale il gettito di una maggiorazione tariffaria imposta in via transitoria sul consumo di energia elettrica e riscossa dai gestori della rete è da questi ultimi versato a una società che è la filiale comune dei produttori nazionali di energia elettrica e che è tenuta, in virtù di detta normativa, a trattenere una parte di tale gettito a copertura dei costi non recuperabili derivanti da investimenti effettuati dalla società medesima o dalle imprese produttrici prima dell’apertura del mercato alla concorrenza, nonché a versare allo Stato l’eventuale surplus, del pari destinato a coprire i suddetti costi, può comportare un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

    Spetta al giudice del rinvio valutare se sussistono le condizioni per l’applicazione di detto articolo».

    3. Sul rispetto dell’obbligo di notifica

    119.

    Sebbene il giudice di rinvio non interroghi la Corte circa l’interpretazione dell’art. 88, n. 3, CE, muovendo dal presupposto che l’obbligo di notifica sancito da tale disposizione sia stato disatteso dai Paesi Bassi, ritengo comunque utile consacrare qualche breve riflessione in merito agli argomenti sollevati dal governo neerlandese per contestare l’inosservanza addebitatagli.

    120.

    I Paesi Bassi sostengono di «aver portato a conoscenza» della Commissione, nel quadro della procedura in materia di aiuti N 597/1998, il testo integrale del progetto di legge dell’OEPS. Tale comunicazione sarebbe avvenuta con lettera del 30 agosto 2000 in cui i Paesi Bassi avrebbero specificamente attirato l’attenzione della Commissione sul testo dell’art. 9 di tale progetto. La Commissione non contesta che l’intero progetto di legge figurasse in allegato alla lettera del 30 agosto 2000. Inoltre, risulta dal testo di tale lettera, depositata dal governo dei Paesi Bassi in seguito a richiesta della Corte, che detto governo vi fa esplicito riferimento all’art. 9 dell’OEPS, sebbene unicamente nel paragrafo intitolato «Informazioni complementari sul protocollo ai fini dell’applicazione dell’art. 24 della direttiva 92/96».

    121.

    Occorre rilevare che la procedura N 597/1998 si è conclusa con la decisione del 25 luglio 2001.

    122.

    Orbene, il regime di cui all’art. 9 dell’OEPS è entrato in vigore il 29 dicembre 2000 e prevedeva che il gettito della maggiorazione riscossa ai sensi del n. 1 di tale articolo dovesse essere versato dai gestori della rete a SEP entro il 1o luglio 2001 (n. 4 dell’art. 9). I Paesi Bassi hanno dunque dato attuazione a detto regime senza attendere la decisione con cui la Commissione ha chiuso la procedura nell’ambito della quale la disposizione che lo istituiva è stata comunicata a detta istituzione.

    123.

    Inoltre, nell’ambito di tale attuazione è stata prevista la riscossione della maggiorazione di cui all’art. 9, n. 1, dell’OEPS con effetto retroattivo al 1o agosto 2000, vale a dire a una data precedente alla stessa lettera con la quale si comunicavano alla Commissione le misure previste da detto articolo. In proposito può essere utile ricordare che nella sentenza Van Calster, citata supra, la Corte ha ritenuto illegittimi tributi parafiscali diretti al finanziamento di misure di sostegno in favore di alcuni settori agricoli che erano stati riscossi con effetto retroattivo a un periodo antecedente alla decisione della Commissione che aveva statuito sulla compatibilità di dette misure. Secondo la Corte, disponendo l’effetto retroattivo dell’imposizione di tali contributi, lo Stato interessato aveva agito in violazione dell’obbligo di notifica preliminare all’attuazione dell’aiuto.

    124.

    Ne consegue che, quand’anche dovesse considerarsi la comunicazione contenuta nella lettera del 30 agosto 2000 come notifica ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, ciò non sarebbe sufficiente a ritenere assolto l’obbligo previsto da detta disposizione.

    V — Conclusioni

    125.

    Alla luce di quanto precede propongo alla Corte di dichiarare che:

    «1)

    Una maggiorazione tariffaria quale quella in questione nella causa principale, riscossa indistintamente e alle stesse condizioni sul trasporto di energia elettrica sia nazionale sia importata, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, vietata dall’art. 25 CE, quando il suo gettito sia destinato a finanziare attività di cui beneficia unicamente il prodotto nazionale e i vantaggi che ne derivano compensino interamente l’onere gravante su detto prodotto; qualora tali vantaggi compensino soltanto parzialmente l’onere gravante sul prodotto nazionale, detta maggiorazione costituisce un’imposizione interna discriminatoria, vietata dall’art. 90 CE.

    Spetta al giudice nazionale procedere alle verifiche necessarie al fine di determinare la qualificazione giuridica del tributo di cui trattasi. In tale contesto, il giudice nazionale esaminerà se e in che misura i costi a copertura dei quali è destinato il gettito della maggiorazione tariffaria di cui trattasi gravano direttamente o indirettamente sui produttori nazionali di energia elettrica.

    2)

    Una normativa nazionale in base alla quale il gettito di una maggiorazione tariffaria imposta in via transitoria sul consumo di energia elettrica e riscossa dai gestori della rete è da questi ultimi versato a una società che è la filiale comune dei produttori nazionali di energia elettrica e che è tenuta, in virtù di detta normativa, a trattenere una parte di tale gettito a copertura dei costi non recuperabili derivanti da investimenti effettuati dalla società medesima o dalle imprese produttrici prima dell’apertura del mercato alla concorrenza, nonché a versare allo Stato l’eventuale surplus, del pari destinato a coprire i suddetti costi, può comportare un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

    Spetta al giudice del rinvio valutare se sussistono le condizioni per l’applicazione di detto articolo».


    ( 1 ) Lingua originale: l'italiano.

    ( 2 ) GU L 27, pag. 20.

    ( 3 ) Le quattro IPE erano: N.V. Elektriciteits-Produktiemaatschappij Oost-en Noord-Nederland (EPON), N.V. Elektriciteits-Produktiemaatschappij Zuid-Nederland (EPZ), N.V. Elektriciteitsproduktiemaatschappij Zuid-Nederland (EZH) e N.V. Energieproductiebedrijf UNA (UNA).

    ( 4 ) Creata nel giugno del 1949, SEP era una società per azioni incaricata inizialmente di organizzare l'assistenza reciproca tra produttori in caso di guasti attraverso un uso ottimale della rete di interconnessioni nazionali e internazionali (v. decisione 91/50/CEE della Commissione, del 16 gennaio 1991, relativa a un procedimento a norma dell'articolo 85 del trattato CEE, IV/32.732-Ijsselcentrale e altri). Il 29 dicembre 2000 SEP è divenuta B.V. Nederlands Elektriciteit Administratiekantoor (NEA).

    ( 5 ) Nel novembre 1999 EPON è stata ripresa dal gruppo belga Electrabel e EZH dalla società tedesca Preussen Elektra. Sempre nel 1999 UNA è stata acquistata dalla statunitense Reliant e nel 2002 è passata a NUON, controllata da province e comuni.

    ( 6 ) In virtù dell'art. 2 dell'Elektriciteitswet 1989, SEP, in qualità di «società designata», era, congiuntamente alle IPE, incaricata di una missione di interesse economico generale, consistente nell'assicurare la fornitura pubblica nazionale di energia elettrica al più basso costo possibile (v. causa C-157/94, Racc. pag. I-5699).

    ( 7 ) Essent tuttavia contesta che le società di distribuzione fossero, in quanto tali, parti dell'accordo.

    ( 8 ) Si tratta di SEP.

    ( 9 ) NEA, Elektrabel Groep BV e Edon Groep BV sono succedute nel contratto rispettivamente a SEP, Epon e Edon.

    ( 10 ) Ai sensi dell'art. 1, n. 1, lett. k), dell'Elektriciteitswet 1998.

    ( 11 ) Nell'ambito del giudizio principale, SEP e Saranne sono state chiamate in garanzia da Essent e lo Stato da Aldel.

    ( 12 ) In vigenza dell'Elektriciteitswet 1998, SEP, in qualità di società designata, godeva di un monopolio per l'importazione dell'energia elettrica destinata a uso pubblico e di tensione superiore a 500 V (v. sentenza 27 aprile 1994, causa C-393/92, Almelo, Racc. pag. I-1477). Un utente privato come Aldel era dunque legittimato già in base a tale legge ad importare energia elettrica per uso proprio. Inoltre, il 1o gennaio del 2000 si è conclusa la prima tappa della liberalizzazione del mercato elettrico olandese in attuazione della direttiva 96/92, con l'apertura al mercato del segmento comprendente i grandi consumatori. La questione se, nel periodo di applicazione della maggiorazione controversa, a tale facoltà corrispondesse un'effettiva possibilità per Aldel di importare elettricità dipende sia dai rapporti contrattuali che la legavano all'epoca alle imprese produttrici nazionali sia dai comportamenti sul mercato di queste ultime e di SEP (in proposito v. la decisione della Commissione 91/50/CEE, citata supra, nota 4).

    ( 13 ) V., in particolare, sentenze 15 giugno 1999, causa C-421/97, Tarantik (Racc. pag. I-3633, punto 33); 22 gennaio 2002, causa C-390/99, Canal Satélite Digital (Racc. pag. I-607, punto 19), e 15 giugno 2006, cause riunite C-393/04 e C-41/05, Air Liquide Industrie Belgium (Racc. pag. I-5293, punto 24).

    ( 14 ) In tal senso, v. sentenza 5 maggio 1982, causa 15/81, Schul Douane Expéditeur (Racc. pag. 1409, punto 26); v. anche sentenza 14 dicembre 1962, cause riunite 2/62 e 3/62, Commissione/Lussemburgo e Belgio (Racc. pag. 813, in particolare pag. 827).

    ( 15 ) V. in tal senso già sentenze 8 luglio 1965, causa 10/65, Deutschmann (Racc. pag. 601), e 16 giugno 1966, causa 57/65, Lütticke (Racc. pag. 293), cui hanno fatto seguito numerose altre pronunce.

    ( 16 ) Praticamente in tutti i casi in cui la Corte è stata chiamata a interpretare detti articoli con riferimento a un determinato dispositivo fiscale nazionale, ovvero a valutare la legittimità di quest'ultimo sulla base delle disposizioni in essi contenute, essa ha ritenuto necessario pronunciarsi sulla riconducibilità del tributo all'ambito di applicazione dell'uno o dell'altro articolo. Un approccio meno dicotomico è seguito dalla Corte nella sentenza 3 febbraio 2000, causa C-228/98, Dounias (Racc. pag. I-577, punto 50).

    ( 17 ) V., inter alia, sentenze 1o luglio 1969, causa 24/68, Commissione/Italia (Racc. pag. 193, punto 9); 9 novembre 1983, causa 158/82, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 3573, punto 18), e 17 settembre 1997, causa C-347/95, UCAL (Racc. pag. I-4911, punto 18).

    ( 18 ) V. sentenze Commissione/Lussemburgo e Belgio, citata supra, nota 14, pag. 828; 18 giugno 1975, causa 94/74, IGAV (Racc. pag. 699, punto 10), e 25 maggio 1977, causa 77/76, Cucchi (Racc. pag. 987, punto 13).

    ( 19 ) V., inter alia, sentenza UCAL, citata supra, nota 17, punto 19.

    ( 20 ) V., inter alia, sentenze 21 maggio 1980, causa 73/79, Commissione/Italia (Racc. pag. 1533, punto 15); 11 marzo 1992, cause riunite da C-78/90 a C-83/90, Compagnie commerciale de l'Ouest e a. (Racc. pag. I-1847, punto 26), e UCAL citata supra, nota 17, punto 21.

    ( 21 ) V. sentenze 16 dicembre 1992, causa C-17/91, Lornoy e a. (Racc. pag. I-6523, punto 21); 27 ottobre 1993, causa C-72/92, Scharbatke (Racc. pag. I-5509, punto 10); Compagnie commerciale de l'Ouest e a., citata supra, nota 20, punto 27, e UCAL, citata supra, nota 17, punto 22.

    ( 22 ) V, inter alia, sentenze Compagnie commerciale de l'Ouest e.a., citata supra, nota 20, punto 28 e Lornoy e.a, citata supra, nota 21, punto 22.

    ( 23 ) V. sentenze 25 maggio 1977, causa 105/76, Interzuccheri (Racc. pag. 1029, punto 12), e Cucchi, citata supra, nota 18, punto 19.

    ( 24 ) V. sentenza 2 agosto 1993, causa C-266/91, CELBI (Racc. pag. I-4337, punto 18).

    ( 25 ) Tali difficoltà sono peraltro attestate dal numero di questioni pregiudiziali sollevate sul punto, a fronte di una giurisprudenza non ambigua.

    ( 26 ) Perplessità collegate alla complessità delle valutazioni richieste per verificare l'entità della compensazione erano già state espresse dall'avvocato generale Roemer nelle conclusioni presentate nella causa Capolongo (causa 77/72, Racc. pag. 611, in particolare pag. 632), nella cui sentenza si ritrova la prima affermazione giurisprudenziale del criterio della compensazione. Qualche anno più tardi, l'avvocato generale Trabucchi nelle conclusioni relative alla causa IGAV (citata supra, nota 18) e l'avvocato generale Reischl nella causa Cucchi (citata supra, nota 18) proponevano un'applicazione restrittiva di tale criterio, ritenendo che la giurisprudenza Capolongo si dovesse riferire ai soli casi di «frode sostanziale alla legge». Osservazioni apertamente critiche sono state formulate dagli avvocati generali Mayras (causa 222/78, ICAP, Racc. 1979, pag. 1163) e Gulmann (causa CELBI, citata supra, nota 24, paragrafo 15). Infine, l'avvocato generale Tesauro ha a più riprese sottolineato le difficoltà di applicazione del criterio della compensazione ai singoli casi di specie (v., ad esempio, le sue conclusioni nella causa UCAL, citata supra, nota 17).

    ( 27 ) In questo senso, v. le conclusioni dell'avvocato generale Gulmann nella causa CELBI, citata supra, nota 24, paragrafo 15, e, prima di lui, le conclusioni dell'avvocato generale Mayras nella causa ICAP, citata supra, nota 24.

    ( 28 ) Così, ad esempio, nel quadro di un ricorso d'infrazione contro l'Italia la Corte ha escluso che una tariffa stabilita da un ordine professionale e imposta per legge costituisse una tassa di effetto equivalente, poiché il ricorso ai servizi ai quali detta tariffa si applicava non era obbligatorio (v. sentenza 9 febbraio 1994, causa C-119/92, Commissione/Italia, Racc. pag. I-393, punti 46 e 47).

    ( 29 ) V., ad esempio, sentenza 16 febbraio 1977, causa 20/76, Schöttle (Racc. pag. 247, punti 12 e 13).

    ( 30 ) V., inter alia, la causa Interzuccheri, citata supra, nota 23, in cui si verteva su due diverse maggiorazioni del prezzo dello zucchero stabilite dal Comitato interministeriale prezzi al fine di alimentare una cassa di conguaglio per lo zucchero. Nel caso di specie, emerge dalle osservazioni presentate alla Corte da SEP che, nel periodo di applicazione della maggiorazione controversa, la tariffa per il trasporto di energia elettrica era stabilita da un organismo pubblico.

    ( 31 ) V. sentenza 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa/ENEL (Racc. pag. 1141), in cui si afferma che l'energia elettrica può rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 31 CE in materia di monopoli nazionali a carattere commerciale, e sentenze 23 ottobre 1997, causa C-158/94, Commissione/Italia (Racc. 1997 pag. I-5789, punto 17), e Almelo, citata supra, nota 12, punto 28, in cui la Corte considera pacifico che l'energia elettrica costituisce una merce ai sensi dell'art. 28 CE. Nella sentenza 2 aprile 1998, causa C-213/96, Outokumpu (Racc. pag. I-1777), la Corte ha valutato la compatibilità con gli artt. 25 CE e 90 CE di un'imposta sulla produzione di energia elettrica.

    ( 32 ) V. sentenza Commissione/Italia, causa C-158/94, citata supra, nota 31, punto 18.

    ( 33 ) Come ad esempio nel caso in cui l'onere è costituito dal corrispettivo per il rilascio di licenze di importazione o per controlli sanitari.

    ( 34 ) Sentenza Schöttle, citata supra, nota 29.

    ( 35 ) Punto 16.

    ( 36 ) Dispositivo.

    ( 37 ) Punto 15.

    ( 38 ) V. supra, paragrafi 34-37.

    ( 39 ) Sembra possibile giungere a tale conclusione anche in assenza di dati circa l'ammontare totale degli importi risultanti dall'applicazione della maggiorazione di cui è causa e circa la percentuale di energia elettrica importata da altri Stati membri e fornita — sia direttamente sia indirettamente attraverso SEP — nel periodo di vigenza di detta maggiorazione ai soggetti tenuti al suo pagamento.

    ( 40 ) Dalla decisione della Commissione del 25 luglio 2001 nonché dalla relazione premessa al testo dell'OEPS emerge tuttavia che le obbligazioni scaturenti dai contratti di riscaldamento urbano resterebbero a carico dell'impresa che le ha contratte. Dalle risposte ai quesiti scritti posti dalla Corte sembra invece emergere che la responsabilità per la totalità dei costi NR incombeva, fino alla fine del 2000, a SEP. A partire dal 1o gennaio 2001 la responsabilità per le obbligazioni scaturenti dai contratti di riscaldamento urbano sarebbero state trasferite alle IPE, in base a determinate percentuali, mentre quella relativa ai costi originati da Demkolec sarebbe rimasta a carico di SEP (tramite NV Demkolec, filiale a 100% di SEP), proprietaria della centrale, fino alla data del trasferimento di quest'ultima a NUON.

    ( 41 ) Le risposte delle parti ai quesiti scritti posti dalla Corte non sembrano contestare il fatto che, nel periodo di riferimento, le quattro IPE continuavano a operare sulla base dell'accordo di cooperazione del 1986, che conferiva a SEP il compito di procedere alla commercializzazione della totalità dell'energia elettrica prodotta dalle IPE e implicava, tra l'altro, una messa in comune dei costi di produzione nonché la loro ripartizione tra le IPE secondo percentuali che riflettevano la partecipazione di ciascuna di esse al capitale di SEP. Emerge inoltre che il ruolo attivo di SEP nel settore dell'approvigionamento di energia elettrica è venuto meno con la sua trasformazione, il 1o gennaio 2001, in NEA, la quale ha unicamente il compito di condurre a termine le operazioni iniziate prima del 2001.

    ( 42 ) Nelle risposte ai quesiti scritti posti dalla Corte, Essent sottolinea che in virtù del protocollo, il settore della produzione sarebbe legittimato a richiedere a quello della distribuzione la somma di 400 milioni NLG per il 2000, presumibilmente anche qualora non fosse possibile per le imprese di distribuzione recuperare tali somme attraverso le tariffe di trasporto o di fornitura.

    ( 43 ) Occorre tuttavia rilevare che emerge dalle risposte delle parti ai quesiti scritti posti dalla Corte che Essent è diventata, in seguito a fusione, uno dei quattro azionisti di NEA (ex SEP) ed è attiva anche nel settore della produzione.

    ( 44 ) V. sentenza Interzuccheri, citata supra, nota 23, punto 15.

    ( 45 ) V., inter alia, sentenze 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike & Weinlig (Racc. pag. 595, punto 14); 30 novembre 1993, causa C-189/91, Kirsammer-Hack (Racc. pag. I-6185 punto 14).

    ( 46 ) V. inter alia, sentenze 21 novembre 1991, causa C-354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon (Racc. pag. I-5505, punto 12), e 16 dicembre 1992, causa C-17/91, Lornoy e a., citata supra, nota 21, punto 30.

    ( 47 ) V. sentenza Air Liquide, citata supra, nota 13, punto 42. V. altresì sentenze Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon, citata supra nota 46, punto 12, e 13 gennaio 2005, causa C-174/02, Streekgewest (Racc. pag. I-85, punto 17).

    ( 48 ) V. sentenze 21 ottobre 2003, cause riunite C-261/01 e C-262/01, Van Calster e a. (Racc. pag. I-12249, punto 49); 27 novembre 2003, cause riunite da C-34/01 a C-38/01, Enirisorse (Racc. pag. I-14243, punto 44).

    ( 49 ) V. sentenza Van Calster e a., citata supra, nota 48, punto 47; v. in questo senso già sentenze 25 giugno 1970, causa 47/69, Francia/Commissione (Racc. pag. 487, punto 13).

    ( 50 ) V. sentenza Van Calster e a., citata supra, nota 48, punto 51.

    ( 51 ) Ibidem, punto 52.

    ( 52 ) Ibidem, punto 54.

    ( 53 ) V. sentenza Streekgewest, citata supra, nota 47, punto 26; nello stesso senso v. altresì sentenze 27 ottobre 2005, cause riunite da C-266/04 a C-270/04, C-276/04 e da C-321/04 a C-325/04, Casino Francia e a. (Racc. pag. I-9481, punto 40), e Air Liquide, citata supra, nota 13, punto 46.

    ( 54 ) V., inter alia, sentenza Air Liquide Industries Belgium, citata supra, nota 13, punto 28.

    ( 55 ) Ciò benché, come rileva il governo neerlandese e come emerge dalla stessa decisione di rinvio, l'imposizione di tale obbligo presupponga l'esistenza del protocollo di accordo e la riscossione della maggiorazione sia volta a consentire l'esecuzione dello stesso, consentendo al settore della distribuzione di ripercuotere sui consumatori gli oneri che ne derivano. L'art. 9 dell'OEPS non prevede peraltro espressamente alcun meccanismo di compensazione per l'ipotesi in cui SEP abbia già ricevuto in tutto o in parte i pagamenti che i gestori della rete (o i fornitori) sono tenuti a effettuare in base al protocollo.

    ( 56 ) Osservo per inciso che l'art. 97 dell'Elektriciteitwet ha comunque reso obbligatoria per legge l'esecuzione del protocollo d'accordo. Sebbene non direttamente preso in considerazione dal giudice di rinvio, detta disposizione, che non sembra essere stata notificata alla Commissione, potrebbe di per sé comportare una misura di aiuto le cui modalità di finanziamento sono previste dall'art. 9 dell'OEPS.

    ( 57 ) Non è dato sapere se i gestori della rete e/o i fornitori, nel caso in cui avessero già dato esecuzione al protocollo, fossero dispensati dai versamenti di cui all'art. 9, n. 4, dell'OEPS per le somme corrispondenti alla loro partecipazione ai costi NR o se vi fossero comunque tenuti salvo ottenere ulteriormente da SEP la ripetizione di dette somme.

    ( 58 ) In base all'art. 9, n. 5, dell'OEPS, tale surplus è comunque destinato alla copertura dei costi NR.

    ( 59 ) V., inter alia, sentenze 29 aprile 2004, causa C-372/97, Italia/Commissione (Racc. pag. I-3679, punto 44), e Air Liquide Industries Belgium, citata supra, nota 13, punto 34.

    ( 60 ) V. sentenze 15 dicembre 2005, causa C-148/04, Unicredito Italiano (Racc. pag. I-11137, punto 56, e giurisprudenza ivi citata), e Air Liquide Industries Belgium, citata supra, punto 35.

    ( 61 ) In base all'Elekriciteitswet 1989, v. sentenza Almelo, citata supra, nota 12, punti 13 e ss.

    ( 62 ) V. sentenza Air Liquide Industries Belgium, citata supra, punto 37.

    ( 63 ) V. sentenze 30 gennaio 1985, causa 290/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 439, punti 13 e 14); 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Kwekerij van der Kooy e a./Commissione (Racc. pag. 219, punti 32-38), e 7 giugno 1988, causa 57/86, Grecia/Commissione (Racc. pag. 2855, punto 12), e le conclusioni degli avv. generali VerLoren van Themaat, nelle cause riunite 213/81-215/81, Norddeutsches Vieh- und Fleischkontor Will e a. (sentenza 13 ottobre 1982, Racc. pag. 3583); Slynn in Commissione/Grecia, citata supra, e Darmon nelle cause riunite C-72/91 e C-73/91, Sloman Neptun (sentenza 17 marzo 1993, Racc. pag. I-887).

    ( 64 ) Citata supra.

    ( 65 ) Tale formulazione era già stata utilizzata nella sentenza 24 gennaio 1978, causa 82/77, van Tiggele (Racc. pag. 25, punto 25).

    ( 66 ) In tale occasione, la Corte era stata apertamente invitata dalla Commissione a riconsiderare la sua giurisprudenza, in particolare alla luce dei recenti sviluppi dell'ordinamento comunitario.

    ( 67 ) Sentenza 13 marzo 2001, causa C-379/98 (Racc. pag. I-2099).

    ( 68 ) Punti 59 e 61.

    ( 69 ) Sentenza 15 luglio 2004, causa C-345/02, Pearle e a. (Racc. pag. I-7139).

    ( 70 ) Punto 36.

    ( 71 ) Punto 37.

    ( 72 ) Così, ad esempio, citando la sentenza PreussenElektra, la Commissione ha rinunciato a valutare in base all'art. 87, n. 1, CE l'imposizione nel Regno Unito di una tassa parafiscale (la Competitive Transition Charge) riscossa nei confronti dei consumatori finali e versata direttamente ai fornitori di energia elettrica (decisione del 27 febbraio 2002 nella procedura N 661/99).

    ( 73 ) Comunicazione della Commissione relativa al metodo per l'analisi degli aiuti di Stato connessi a taluni costi non recuperabili, adottata il 26 luglio 2001.

    ( 74 ) Tale riformulazione ha permesso alla Corte di limitare la portata della questione pregiudiziale posta dal giudice di rinvio — che si estendeva alla valutazione dell'intero sistema di misure di sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili previsto dalla normativa contestata — circoscrivendola all'esame dei soli obblighi imposti alle parti del giudizio a quo in applicazione di detta normativa.

    ( 75 ) Sentenza 16 maggio 2000, causa C-83/98 P, Francia/Ladbroke Racing e Commissione (Racc. pag. I-3271), che ha confermato la sentenza del Tribunale 27 gennaio 1998, causa T-67/94, Ladbroke Racing/Commissione (Racc. pag. II-1).

    ( 76 ) Sentenza 16 maggio 2002, causa C-482/99, Francia/Commissione (Racc. pag. I-4397). V. altresì le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs.

    ( 77 ) Punto 50 della sentenza Francia/Ladbroke Racing e Commissione, citata supra, e punto 37 della sentenza Stardust, citata supra. Tale principio era stato precedentemente affermato dal Tribunale nella sentenza 12 dicembre 1996, causa T-358/94, Air France/Commissione (Racc. pag. II-2109, punto 67).

    ( 78 ) Punto 38.

    ( 79 ) Paragrafo 95.

    ( 80 ) La Corte ha esplicitato i criteri in base ai quali tale imputabilità deve essere accertata nella sentenza Stardust, citata supra, nota 76.

    ( 81 ) V. sentenza PreussenElektra, citata supra, nota 67, punto 58, e giurisprudenza ivi citata.

    ( 82 ) Sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione (Racc. pag. 709, punto 35). V. anche sentenza Steinike & Weinlig, citata supra, nota 45.

    ( 83 ) In tal senso v. decisione 31 ottobre 2001, della Commissione nella procedura N/6/A/2001.

    ( 84 ) V. in tal senso anche le conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer.

    ( 85 ) GU L 195, pag. 35.

    ( 86 ) La situazione non sembra essere diversa per gli altri gestori della rete, anch'essi detenuti da enti pubblici.

    ( 87 ) Osservo peraltro che, se è vero che in virtù dell'art. 9, nn. 1 e 4, dell'OEPS Essent era unicamente incaricata di riscuotere la maggiorazione in causa e di versarla a SEP, essa era comunque tenuta per legge, in virtù dell'art. 97 dell'Elektriciteitswet 1998, che rendeva obbligatoria l'esecuzione del protocollo di accordo, a effettuare nei confronti di SEP i pagamenti che le incombevano per effetto dell'applicazione di detto protocollo. La questione pregiudiziale posta dal giudice di rinvio non si riferisce alla possibilità che l'art. 97 dell'Elektriciteitwet comporti una misura di aiuto ai sensi dell'art. 87, n. 1, CE. Non è dunque necessario procedere a tale esame.

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