This document is an excerpt from the EUR-Lex website
Document 62005TJ0185
Judgment of the Court of First Instance (Fifth Chamber) of 20 November 2008. # Italian Republic v Commission of the European Communities. # Rules on languages - Implementing rules for recruitment to the European Union Civil Service - Action for annulment under Article 230 EC - Action brought by a Member State against, first, a Commission decision to publish vacancy notices for senior management posts in English, French and German and, second, a Commission vacancy notice published in those three languages for the post of Director-General of OLAF - Admissibility - Time-limit for bringing an action - Measures against which an action may be brought - Statement of reasons - Articles 12 EC, 230 EC and 290 EC - Regulation No 1 - Articles 1d and 27 of the Staff Regulations - Principle of non-discrimination. # Case T-185/05.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione) del 20 novembre 2008.
Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
Regime linguistico - Modalità di applicazione in materia di assunzione nella funzione pubblica dell’Unione europea - Ricorso di annullamento fondato sull’art. 230 CE - Ricorso proposto da uno Stato membro diretto, da una parte, contro la decisione della Commissione di pubblicare gli avvisi di posto vacante per i posti di inquadramento superiore in tedesco, francese e inglese e, dall’altra, contro l’avviso di posto vacante della Commissione, pubblicato nelle suddette tre lingue, al fine di assegnare il posto di direttore generale all’OLAF - Ricevibilità - Termini di ricorso - Atti impugnabili - Motivazione - Artt. 12 CE, 230 CE e 290 CE - Regolamento n. 1 - Artt. 1 quinquies e 27 dello Statuto - Principio di non discriminazione.
Causa T-185/05.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione) del 20 novembre 2008.
Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
Regime linguistico - Modalità di applicazione in materia di assunzione nella funzione pubblica dell’Unione europea - Ricorso di annullamento fondato sull’art. 230 CE - Ricorso proposto da uno Stato membro diretto, da una parte, contro la decisione della Commissione di pubblicare gli avvisi di posto vacante per i posti di inquadramento superiore in tedesco, francese e inglese e, dall’altra, contro l’avviso di posto vacante della Commissione, pubblicato nelle suddette tre lingue, al fine di assegnare il posto di direttore generale all’OLAF - Ricevibilità - Termini di ricorso - Atti impugnabili - Motivazione - Artt. 12 CE, 230 CE e 290 CE - Regolamento n. 1 - Artt. 1 quinquies e 27 dello Statuto - Principio di non discriminazione.
Causa T-185/05.
Raccolta della Giurisprudenza 2008 II-03207
ECLI identifier: ECLI:EU:T:2008:519
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
20 novembre 2008 ( *1 )
«Regime linguistico — Modalità di applicazione in materia di assunzione nella funzione pubblica dell’Unione europea — Ricorso di annullamento fondato sull’art. 230 CE — Ricorso proposto da uno Stato membro diretto, da una parte, contro la decisione della Commissione di pubblicare gli avvisi di posto vacante per i posti di inquadramento superiore in tedesco, francese e inglese e, dall’altra, contro l’avviso di posto vacante della Commissione, pubblicato nelle suddette tre lingue, al fine di assegnare il posto di direttore generale dell’OLAF — Ricevibilità — Termini di ricorso — Atti impugnabili — Motivazione — Artt. 12 CE, 230 CE e 290 CE — Regolamento n. 1 — Artt. 1 quinquies e 27 dello Statuto — Principio di non discriminazione»
Nella causa T-185/05,
Repubblica italiana, rappresentata dai sigg. I. Braguglia e M. Fiorilli, avvocati dello Stato,
ricorrente,
sostenuta da
Regno di Spagna, rappresentato dal sig. F. Díez Moreno, abogado del Estado,
e da
Repubblica di Lettonia, rappresentata inizialmente dalla sig.ra E. Balode-Buraka, successivamente dalla sig.ra L. Ostrovska, in qualità di agenti,
intervenienti
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. L. Cimaglia e P. Aalto, in qualità di agenti,
convenuta,
avente ad oggetto la domanda di annullamento, da un lato, della decisione adottata dalla Commissione nel corso della sua 1678a riunione del 10 novembre 2004, in base alla quale gli avvisi di posto vacante relativi a posti di inquadramento superiore disponibili per candidati esterni sarebbero stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in tedesco, inglese e francese, e ciò per un periodo che avrebbe avuto termine, in linea di principio, il 1o gennaio 2007 e, dall’altro, dell’avviso di posto vacante COM/2005/335 per il posto di Direttore generale (grado A* 15/A* 16) dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), pubblicato dalla Commissione il 9 febbraio 2005 (GU C 34 A, pag. 3),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),
composto dal sig. M. Vilaras (relatore), presidente, dai sigg. M. Prek e V. Ciucă, giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 |
Gli artt. 12 CE, 230 CE, 236 CE, 290 CE e 314 CE, nella versione applicabile al caso di specie, così recitano: «Articolo 12 Nel campo di applicazione del presente trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251, può stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni». «Articolo 230 La Corte di giustizia esercita un controllo di legittimità sugli atti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della BCE che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. A tal fine, la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del presente trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, ovvero per sviamento di potere, proposti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione. La Corte di giustizia è competente, alle stesse condizioni, a pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti e la BCE propongono per salvaguardare le proprie prerogative. Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle stesse condizioni, un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente ed individualmente. I ricorsi previsti dal presente articolo devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell’atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza». «Articolo 236 La Corte di giustizia è competente a pronunciarsi su qualsiasi controversia tra la Comunità e gli agenti di questa, nei limiti e alle condizioni determinati dallo statuto o risultanti dal regime applicabile a questi ultimi». «Articolo 290 Il regime linguistico delle istituzioni della Comunità è fissato, senza pregiudizio delle disposizioni previste nel regolamento della Corte di giustizia, dal Consiglio, che delibera all’unanimità». «Articolo 314 Il presente trattato, redatto in unico esemplare, in lingua francese, in lingua italiana, in lingua olandese e in lingua tedesca, i quattro testi tutti facenti ugualmente fede, sarà depositato negli archivi del governo della Repubblica italiana che provvederà a rimetterne copia certificata conforme a ciascuno dei governi degli altri Stati firmatari. In forza dei trattati di adesione, fanno ugualmente fede le versioni del presente trattato in lingua ceca, danese, estone, finlandese, greca, inglese, irlandese, lettone, lituana, maltese, polacca, portoghese, slovacca, slovena, spagnola, svedese e ungherese». |
2 |
Gli artt. 1-6 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), nella versione applicabile al caso di specie, stabiliscono quanto segue: «Articolo 1 Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua ceca, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua olandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese. Articolo 2 I testi, diretti alle istituzioni da uno Stato membro o da una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti, a scelta del mittente, in una delle lingue ufficiali. La risposta è redatta nella medesima lingua. Articolo 3 I testi, diretti dalle istituzioni a uno Stato membro o ad una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti nella lingua di tale Stato. Articolo 4 I regolamenti e gli altri testi di portata generale sono redatti nelle venti lingue ufficiali. Articolo 5 La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è pubblicata nelle venti lingue ufficiali. Articolo 6 Le istituzioni possono determinare le modalità di applicazione del presente regime linguistico nei propri regolamenti interni». |
3 |
L’art. 1 quinquies, nn. 1 e 6, e gli artt. 27, 28 e 29, n. 2, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nella versione applicabile al caso di specie (in prosieguo: lo «Statuto»), prevedono quanto segue: «Articolo 1 quinquies 1. Nell’applicazione del presente Statuto è proibita ogni discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, le origini etniche o sociali, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o l’orientamento sessuale (…) 6. Nel rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale. Tali obiettivi possono in particolare giustificare la fissazione di un’età pensionabile obbligatoria e di un’età minima per beneficiare di una pensione di anzianità». «Articolo 27 Le assunzioni debbono assicurare all’istituzione la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità. Nessun impiego deve essere riservato ai cittadini di un determinato Stato membro. Articolo 28 Per la nomina a funzionario, occorre possedere i seguenti requisiti: (…)
Articolo 29 (…) 2. Per l’assunzione del personale di inquadramento superiore (direttori generali o loro equivalenti di grado AD 16 o 15 e direttori o loro equivalenti di grado AD 15 o 14) nonché, in casi eccezionali, per impieghi che richiedano una speciale competenza, l’autorità che ha il potere di nomina può adottare una procedura diversa da quella del concorso». |
4 |
L’art. 18 del regolamento interno della Commissione [C(2000) 3614, GU 2000, L 308, pag. 26] stabilisce quanto segue: «Articolo 18 Gli atti adottati in riunione sono annessi, nella o nelle lingue in cui fanno fede, ad una nota riepilogata elaborata al termine della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sull’ultima pagina della predetta nota. Gli atti adottati mediante procedimento scritto sono annessi, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, alla nota giornaliera di cui all’articolo 12 e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalla firma del segretario generale apposta sull’ultima pagina della predetta nota. Gli atti adottati mediante procedimento di delegazione orizzontale sono annessi, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, alla nota giornaliera di cui all’articolo 15 e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalla firma del segretario generale apposta sull’ultima pagina della predetta nota. Gli atti adottati mediante procedimento di delegazione verticale, o mediante subdelegazione a norma dell’articolo 13, terzo comma, sono annessi, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, alla nota giornaliera di cui all’articolo 15 e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati con autocertificazione sottoscritta dal direttore generale o dal capo servizio. Sono atti ai sensi del presente regolamento quelli di cui all’articolo 14 del trattato CECA, all’articolo 249 del trattato CE e all’articolo 161 del trattato Euratom. Ai sensi del presente regolamento, le lingue facenti fede sono tutte le lingue ufficiali delle Comunità, quando si tratta di atti aventi efficacia generale, e quelle dei destinatari negli altri casi». |
Fatti
5 |
Nel corso della sua 1678a riunione del 10 novembre 2004 la Commissione ha adottato una decisione (in prosieguo: la «Decisione»), formulata, come emerge dal documento allegato dalla Repubblica italiana al ricorso, nei seguenti termini: «La Commission a décidé que les publications externes au Journal officiel de l’Union européenne des avis de vacance pour les postes d’encadrement supérieur se feront désormais en allemand, en anglais et en français, ceci pendant une période qui devra en principe se terminer le 1o gennaio 2007. Cette décision découle de la capacité de traduction disponible au sein de la direction générale de la traduction, tient compte des règles de procédure adoptées en matière de recrutement de l’encadrement supérieur [SEC(2004) 252] et s’inscrit dans le cadre de la mise en œuvre de la communication de la Commission du 26 maggio 2004 intitulée ‘Traduction: équilibrer l’offre et la demande’ [SEC(2004) 638/6]». (La Commissione ha deciso che le pubblicazioni nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea di avvisi di posto vacante relativi a posti di livello superiore disponibili per candidati esterni verranno d’ora in poi effettuate soltanto in tedesco, in inglese ed in francese, e ciò per un periodo che avrà termine, in linea di principio, il 1o gennaio 2007. Tale decisione è dovuta alla capacità di traduzione disponibile presso la Direzione generale della Traduzione, tiene conto delle regole di procedura adottate in materia di assunzione di funzionari di livello superiore [SEC(2004) 252] e si iscrive nel quadro dell’applicazione della comunicazione della Commissione del 26 maggio 2004 intitolata «Traduzione: equilibrare l’offerta e la domanda» [SEC(2004) 638/6]). |
6 |
Il documento SEC(2004) 252 del 27 febbraio 2004, intitolato «Le recrutement du senior management des nouveaux États membres. Communication de M. Kinnock en accord avec M. le président» (L’assunzione di funzionari di livello superiore appartenenti ai nuovi Stati membri. Comunicazione del sig. Kinnock d’accordo con il Presidente) e iscritto all’ordine del giorno della 1648a riunione della Commissione del 3 marzo 2004, adotta le regole di procedura in materia di assunzione di funzionari di inquadramento superiore della Commissione provenienti dai dieci Stati membri che hanno aderito all’Unione europea il lo maggio 2004. Fra tali regole figura quella prevista al punto 5, secondo comma, ultima frase, di tale documento, in base alla quale: «Le procedure di selezione saranno svolte in inglese, francese e tedesco» («The selection procedures will be run in English, French and German»). |
7 |
Il documento SEC(2004) 638/6 del 26 maggio 2004, intitolato «Traduction: Equilibrer l’Offre et la demande. Communication de M. Kinnock en accord avec M. le président» (Traduzione: equilibrare l’offerta e la domanda. Comunicazione del sig. Kinnock d’accordo con il Presidente) e iscritto all’ordine del giorno della 1659a riunione della Commissione del 26 maggio 2004, espone la prevedibile evoluzione della capacità di traduzione e della domanda di traduzione della Commissione a seguito dell’allargamento del 2004, indica i limiti che comportano, rispetto alle risorse disponibili, i provvedimenti già adottati e orientati all’offerta di traduzioni e stabilisce un piano d’azione comprendente provvedimenti volti a garantire la limitazione e la gestione della domanda di traduzioni in una fase di transizione che durerà fino alla fine del 2006. In base a tali misure, come descritte al punto 4 dello stesso documento, intitolato «Piano d’azione» (Action Plan), alcuni documenti della Commissione verranno tradotti, durante la fase transitoria, unicamente verso alcune lingue ufficiali, mentre altri documenti, ritenuti «non principali» (non-core documents) non saranno affatto tradotti (v. punto 4.2, ultimo trattino, del documento). In tale documento non si fa riferimento in maniera specifica né agli avvisi di posto vacante, né ad altri documenti relativi alle procedure di selezione del personale. |
8 |
Il 9 febbraio 2005 la Commissione ha pubblicato, solo in tedesco, in inglese e in francese, l’avviso di posto vacante COM/2005/335 (GU C 34 A, pag. 3; in prosieguo: l’«avviso di posto vacante»), inteso ad assegnare il posto, di grado A*15-16, di direttore generale dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Alla rubrica «Compétences requises pour l’emploi» (Qualifiche richieste per l’impiego), l’avviso di posto vacante recitava, in particolare, quanto segue: «[t]out candidat devra […] posséder une connaissance approfondie d’une des langues officielles de l’Union européenne et une connaissance satisfaisante d’une autre de ces langues» (il candidato dovrà (…) possedere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’Unione europea e una conoscenza soddisfacente di un’altra di queste lingue). Alla rubrica «Procédure de candidature» (Presentazione della domanda), l’avviso prevedeva, in particolare, quanto segue: «[l]es candidats doivent attacher à leur candidature électronique un curriculum vitae […] et saisir une lettre de motivation […]. Le curriculum vitae et la lettre de motivation doivent être rédigés en français, en anglais ou en allemand» (i candidati devono allegare al loro formulario di candidatura elettronico un curriculum vitae (…) e inoltrare una lettera di motivazione (…). Il curriculum vitae e la lettera di motivazione devono essere redatti in francese, inglese o tedesco). |
9 |
Inoltre, tra il 15 e il 23 febbraio 2005 la Commissione ha pubblicato sui principali quotidiani di tutti gli Stati membri, tra cui i quotidiani italiani La Repubblica del17 febbraio 2005 e Corriere della Sera del 18 febbraio 2005, nonché su taluni organi della stampa internazionale, brevi annunci, redatti nella lingua di pubblicazione di ogni organo di stampa, che informavano gli interessati della pubblicazione dell’avviso di posto vacante, al quale si rinviava per maggiori dettagli. |
Procedimento e conclusioni delle parti
10 |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 maggio 2005 la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso. |
11 |
Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 28 luglio e il 3 agosto 2005, il Regno di Spagna e la Repubblica di Lettonia hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana. Con ordinanza 29 settembre 2005 il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso tali interventi. Il Regno di Spagna e la Repubblica di Lettonia hanno presentato le loro memorie d’intervento in data 17 novembre 2005. |
12 |
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato la Repubblica italiana a rispondere per iscritto ad un quesito. La Repubblica italiana ha ottemperato a tale richiesta. |
13 |
Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 3 luglio 2008. |
14 |
All’udienza, la Commissione ha prodotto copia del verbale della sua 1678a riunione, del 10 novembre 2004, contenente, al punto 8.1, la Decisione, redatta come segue: «[L]a Commission décide que les publications externes au Journal officiel des avis de vacance pour les postes d’encadrement supérieur se fassent dorénavant en anglais, en français et en allemand, selon les termes repris au document PERS (2004) 203. Cette décision, qui prend effet immédiatement, est limitée à une période se terminant le 31 dicembre 2006» ([L]a Commissione decide che le pubblicazioni nella Gazzetta ufficiale di avvisi di posto vacante relativi a posti di inquadramento superiore disponibili per candidati esterni verranno effettuate solo in tedesco, inglese e francese, secondo i termini di cui al documento PERS (2004) 203. Tale decisione, che produce effetti immediatamente, è limitata ad un periodo che si conclude il 31 dicembre 2006). |
15 |
La Commissione ha parimenti prodotto, all’udienza, copia del documento della Commissione 5 novembre 2004, PERS (2004) 203, richiamato nel suddetto verbale. Il punto 2 di tale documento prevede la proposta della Commissione, redatta come segue: «([C]onsiderando:
si propone alla Commissione, d’accordo con il Presidente, di decidere che le pubblicazioni nella GU degli avvisi di posto vacante relativi ai posti di inquadramento superiore disponibili per candidati esterni si facciano, d’ora in poi, in inglese, francese e tedesco).» |
16 |
Il Tribunale ha deciso di acquisire tali documenti agli atti di causa e ha invitato le parti a presentare eventuali osservazioni in merito. Tutte le parti hanno dichiarato che, anche se i termini adoperati nei due documenti prodotti dalla Commissione differiscono lievemente rispetto a quelli che ricorrono nel documento allegato dalla Repubblica italiana al ricorso, il tenore della Decisione, quale emerge sia dai documenti prodotti dalla Commissione sia da quello allegato al ricorso, è esattamente il medesimo. Si è preso atto di tali dichiarazioni nel verbale dell’udienza. Inoltre, nessuna delle parti ha formulato altre osservazioni riguardo ai documenti prodotti dalla Commissione. |
17 |
La Repubblica italiana, sostenuta dal Regno di Spagna e dalla Repubblica di Lettonia, conclude che il Tribunale voglia annullare la Decisione e l’avviso di posto vacante. |
18 |
La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
|
In diritto
Sulla ricevibilità
19 |
Pur non sollevando un’eccezione di irricevibilità con atto separato, ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la Commissione solleva dubbi in merito alla ricevibilità del ricorso. Tali dubbi riguardano, in primo luogo, il diritto degli Stati membri di proporre un ricorso ai sensi dell’art. 230 CE contro un avviso di posto vacante per l’assunzione del personale delle istituzioni; in secondo luogo, la qualificazione della Decisione come atto impugnabile ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE; in terzo luogo, la natura di atto impugnabile dell’avviso di posto vacante, in quanto quest’ultimo costituirebbe un atto esecutivo o applicativo della Decisione, se tale decisione dovesse essere considerata un atto impugnabile e, in quarto luogo, il rispetto dei termini processuali prescritti per la presentazione di un ricorso ai sensi dell’art. 230, quinto comma, CE, nella parte concernente l’annullamento della Decisione. |
Sul diritto degli Stati membri di proporre un ricorso ai sensi dell’art. 230 CE contro gli atti delle istituzioni riguardanti i rapporti con i loro funzionari ed agenti
— Argomenti delle parti
20 |
La Commissione osserva che la Corte, nella sentenza 15 marzo 2005 (causa C-160/03, Spagna/Eurojust, Racc. pag. I-2077, punti 37-44), ha dichiarato irricevibile il ricorso presentato da uno Stato membro contro alcuni inviti a presentare candidature per l’assunzione di agenti temporanei, emessi da Eurojust, argomentando che gli inviti impugnati non rientravano nell’elenco di atti di cui la Corte può verificare la legittimità, che i candidati ai vari posti di cui a tali inviti avrebbero potuto adire il giudice comunitario alle condizioni previste all’art. 91 dello Statuto e che, nell’ipotesi di un tale ricorso, gli Stati membri avrebbero potuto presentare istanza di intervento e, eventualmente, proporre ricorso contro le sentenze del Tribunale. La Commissione ritiene che, nonostante la specificità del caso all’esame di tale sentenza, seguendo un ragionamento analogo, il presente ricorso debba essere considerato irricevibile per quanto riguarda la domanda di annullamento dell’avviso di posto vacante. |
21 |
La Repubblica italiana ritiene che l’interesse che giustifica l’intervento di uno Stato membro in un giudizio relativo alla legittimità di un avviso di posto vacante promosso da un candidato non sia distinto da quello che legittima l’impugnazione diretta da parte di tale Stato. Essa aggiunge che gli Stati membri possono impugnare mediante ricorso di annullamento qualsiasi provvedimento della Commissione, di carattere normativo o individuale, e fare valere in tale occasione la violazione di qualsiasi norma del Trattato CE. Nel caso di specie, quindi, la Repubblica italiana sarebbe legittimata a contestare tanto la Decisione quanto l’avviso di posto vacante e a dedurre la violazione degli artt. 12 CE e 290 CE a sostegno della sua domanda. |
22 |
Il Regno di Spagna aderisce agli argomenti della Repubblica italiana e aggiunge che la sentenza Spagna/Eurojust, citata supra al punto 20, non è pertinente. A parere del Regno di Spagna, in quel caso, la Corte ha statuito che l’art. 230 CE non poteva costituire il fondamento normativo di un ricorso di annullamento avverso un atto di Eurojust, cioè di un organo rientrante nel terzo pilastro dell’Unione europea. Orbene, nel caso di specie, il ricorso avrebbe ad oggetto atti della Commissione, che rientrano nella previsione dell’art. 230 CE. |
— Giudizio del Tribunale
23 |
L’art. 230 CE consente agli Stati membri di impugnare, con lo strumento del ricorso di annullamento, ogni atto decisorio della Commissione, senza escludere quelli relativi ai rapporti tra detta istituzione e i suoi funzionari ed agenti. |
24 |
È pur vero che si è affermato che l’art. 236 CE, in forza del quale il giudice comunitario è competente a pronunciarsi su qualsiasi controversia tra la Comunità e gli agenti di questa, nei limiti e alle condizioni determinati dallo Statuto o risultanti dal regime applicabile a questi ultimi, deve essere inteso nel senso che si applica, in modo esclusivo, a coloro che abbiano lo status di funzionari di ruolo o di agenti diversi da quelli locali e a coloro che rivendichino tale status. Di conseguenza, tali soggetti devono basare il proprio ricorso di annullamento di un atto lesivo nei loro confronti non sull’art. 230 CE, ma sull’art. 91 dello Statuto (v. ordinanza del Tribunale 2 maggio 2001, causa T-208/00, Barleycorn Mongolue e Boixader Rivas/Parlamento e Consiglio, Racc. PI pagg. I-A-103 e II-479, punti 26-28, e la giurisprudenza ivi citata). |
25 |
Tuttavia, l’art. 236 CE riguarda esclusivamente le controversie «tra la Comunità e gli agenti di questa». Orbene, un ricorso introdotto da uno Stato membro sulla base dell’art. 230 CE non dà luogo ad una controversia di tal genere. |
26 |
Inoltre, la Corte ha avuto modo di affermare che, se è pur vero che il ricorso di cui all’art. 91 può essere proposto solo dai funzionari e dagli agenti comunitari e non da un’associazione professionale di funzionari, tuttavia tale associazione, se risponde a determinate condizioni, può presentare, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, un ricorso volto ad ottenere l’annullamento delle decisioni di cui essa risulti destinataria a norma del predetto articolo (sentenza della Corte 8 ottobre 1974, causa 175/73, Union syndicale e a./Consiglio, Racc. pag. 917, punti 17-20). |
27 |
Ne consegue che, se sono soddisfatti i requisiti per l’applicazione dell’art. 230 CE, tale disposizione può servire da fondamento a un ricorso di annullamento degli atti della Commissione relativi al settore della funzione pubblica europea, introdotto da ricorrenti non ricompresi nell’art. 91 dello Statuto, vale a dire ricorrenti che non siano né funzionari né agenti comunitari né candidati ad un impiego nella funzione pubblica europea. |
28 |
Orbene, nel caso di specie, fatto salvo quanto si esporrà nel prosieguo in merito alla qualificazione come atti impugnabili della Decisione e dell’avviso di posto vacante, il diritto di uno Stato membro di introdurre un ricorso di annullamento, fondato sull’art. 230 CE, contro gli atti decisori della Commissione non può essere messo in discussione sostenendo che tali atti vertono su questioni relative alla funzione pubblica europea. |
29 |
La sentenza Spagna/Eurojust, citata supra al punto 20, invocata dalla Commissione, non può portare ad una conclusione contraria. In tale sentenza, la Corte ha respinto in quanto irricevibile il ricorso del Regno di Spagna, proposto sulla base dell’art. 230 CE, dichiarando che gli atti impugnati con quel ricorso non rientravano nel novero degli atti di cui la Corte può verificare la legittimità ai sensi di detta disposizione e che, peraltro, l’art. 41 UE non prevede che l’art. 230 CE si applichi alle disposizioni relative alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale di cui al titolo VI del Trattato sull’Unione europea, in cui ricade Eurojust, ove la competenza della Corte in questa materia è precisata all’art. 35 UE, cui rinvia l’art. 46, lett. b), UE (sentenza Spagna/Eurojust, citata supra al punto 20, punti 36-40). |
30 |
I punti di tale sentenza ai quali la Commissione rinvia riguardano l’argomento del Regno di Spagna relativo al diritto alla tutela giurisdizionale effettiva nell’ambito di una comunità di diritto. È per rispondere a tale argomento che la Corte ha ricordato come gli atti impugnati in tale controversia non fossero sottratti a qualsiasi controllo giurisdizionale, atteso che i principali interessati, cioè i candidati ai vari posti figuranti negli inviti a presentare candidature impugnati, potevano adire il giudice comunitario alle condizioni previste all’art. 91 dello Statuto e che, nell’ipotesi di un tale ricorso, gli Stati membri avrebbero potuto presentare istanza di intervento e, eventualmente, proporre un ricorso contro la sentenza del Tribunale (sentenza Spagna/Eurojust, citata supra al punto 20, punti 41-43). |
31 |
Non può concludersi, sulla scorta di queste sole considerazioni, che, riguardo agli atti della Commissione — i quali, a differenza degli atti di Eurojust, sono indicati all’art. 230 CE —, gli Stati membri non sono legittimati a proporre un ricorso di annullamento sulla base di tale articolo, ma devono limitarsi a intervenire nelle controversie tra la Commissione e i suoi funzionari ed agenti. |
32 |
Alla luce delle suesposte considerazioni, non si giustifica alcun dubbio quanto all’applicabilità dell’art. 230 CE nel caso di specie. |
Sulla qualificazione della Decisione e dell’avviso di posto vacante come atti impugnabili ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE
— Argomenti delle parti
33 |
La Commissione nutre seri dubbi circa la natura di atto impugnabile della Decisione, ai sensi dell’art. 230 CE. La Decisione non sarebbe di per sé stessa destinata a produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti dei terzi, idonei a incidere immediatamente sui loro interessi modificandone in maniera rilevante la posizione giuridica. Essa parrebbe, al contrario, costituire una semplice dichiarazione d’intenti mediante la quale la Commissione manifesta il proposito di seguire una determinata linea di condotta riguardo ad alcuni avvenimenti futuri, vale a dire la pubblicazione di avvisi di posto vacante. Secondo la giurisprudenza, un atto del genere, di natura puramente informativa, non sarebbe di per sé idoneo a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi né sarebbe inteso a spiegare simili effetti. Gli interessi dei terzi potrebbero essere concretamente pregiudicati soltanto dai provvedimenti effettivamente adottati in applicazione dell’orientamento enunciato nella Decisione. L’affermazione della ricorrente secondo la quale la pubblicazione dell’avviso di posto vacante concretizzerebbe la lesione degli interessi giuridicamente tutelati dei ricorrenti derivata dalla Decisione confermerebbe tale tesi. |
34 |
La Commissione aggiunge che, se la Decisione fosse ritenuta un provvedimento produttivo di effetti giuridici vincolanti e, pertanto, idoneo ad essere impugnato in via autonoma ai sensi dell’art. 230 CE, i singoli avvisi di posto vacante, successivamente pubblicati sulla base della Decisione medesima, costituirebbero provvedimenti di carattere meramente esecutivo, privi di autonoma rilevanza rispetto alla Decisione stessa, e dunque non impugnabili. La stessa Repubblica italiana, nel ricorso, avrebbe definito l’avviso di posto vacante come atto esecutivo o applicativo della Decisione. La Commissione, di conseguenza, ritiene che in tale ipotesi il ricorso, nella parte relativa all’avviso di posto vacante, debba essere dichiarato irricevibile. |
35 |
La Repubblica italiana riconosce che non può dirsi con certezza che la Decisione produca effetti giuridici vincolanti nei confronti dei terzi, dal momento che si potrebbe sostenere che essa non è rivolta verso l’esterno, ma riguarda esclusivamente la stessa Commissione e che solo la pubblicazione di uno specifico avviso di posto vacante potrebbe incidere sugli interessi di soggetti estranei alla Commissione. |
36 |
Tuttavia, la Repubblica italiana ritiene che esistano argomenti a favore della tesi secondo cui la Decisione costituirebbe un atto impugnabile. Da una parte, la Decisione stabilirebbe il regime linguistico da applicarsi per il futuro a tutti gli avvisi di posto vacante per posti di inquadramento superiore ed eserciterebbe fin d’ora un’influenza sugli interessi dei soggetti estranei alla Commissione, in particolare sugli interessi degli Stati membri le cui lingue ufficiali non sono prese in considerazione. Gli Stati membri interessati potrebbero quindi rivolgersi immediatamente al Tribunale, senza attendere la pubblicazione di un avviso di posto vacante solo nelle tre lingue previste nella Decisione. D’altra parte, il fatto che la Decisione non si presenti come un atto preparatorio di una decisione finale bensì si configuri essa stessa come una decisione finale sarebbe a favore della tesi secondo cui la Decisione costituisce un atto impugnabile. |
37 |
La Repubblica italiana aggiunge che, se non fosse venuta accidentalmente a conoscenza della Decisione, avrebbe potuto impugnare solo gli avvisi di posto vacante pubblicati e tale impugnazione sarebbe stata sufficiente, nel caso di specie, a ripristinare una situazione di legalità. Tuttavia, l’interesse di uno Stato membro, differenziato da quello del singolo candidato ad un posto nell’amministrazione comunitaria, sarebbe garantito in modo migliore dall’annullamento della Decisione stessa, in quanto un annullamento siffatto dispenserebbe lo Stato membro interessato dalla necessità di impugnare singolarmente tutti gli avvisi di posto vacante non pubblicati nella propria lingua ufficiale. |
38 |
Il Regno di Spagna si associa agli argomenti della Repubblica italiana, aggiungendo che la Decisione e l’avviso di posto vacante non sono separabili, ma costituiscono giuridicamente un tutt’uno. La Decisione produrrebbe effetti giuridici di importanza e gravità eccezionali, in quanto violerebbe, in particolare, il principio del rispetto della pluralità linguistica, che costituisce uno dei principi basilari sui quali si fonda l’Unione europea, nonché i principi della competenza delle istituzioni, della non discriminazione in base alla lingua e all’identità nazionale. L’avviso di posto vacante costituirebbe un semplice atto di esecuzione e applicazione della Decisione, sicché, se il Tribunale dovesse annullare la Decisione, l’avviso di posto vacante verrebbe annullato di conseguenza. |
— Giudizio del Tribunale
39 |
Secondo costante giurisprudenza, il ricorso d’annullamento ai sensi dell’art. 230 CE deve potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura e dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici (sentenze della Corte 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 263, punto 42; 16 giugno 1993, causa C-325/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I-3283, punto 9; 20 marzo 1997, causa C-57/95, Francia/Commissione, Racc. pag. I-1627, punto 7, e 1o dicembre 2005, causa C-301/03, Italia/Commissione, Racc. pag. I-10217, punto 19). |
40 |
Per stabilire se un atto o una decisione produca tali effetti, occorre tener conto del suo contenuto sostanziale (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9; v. sentenza del Tribunale 22 marzo 2000, cause riunite T-125/97 e T-127/97, Coca-Cola/Commissione, Racc. pag. II-1733, punto 78, e la giurisprudenza ivi citata). |
41 |
Non costituisce un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE una misura adottata da un’istituzione che si limiti a rendere manifesta l’intenzione di quest’ultima, o di uno dei suoi uffici, di seguire, in un ambito determinato, una certa linea di condotta (sentenze della Corte 27 settembre 1988, causa 114/86, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. 5289, punto 13, e 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-2265, punto 28). Tali orientamenti interni, che indicano le linee generali in base alle quali l’istituzione si propone, in applicazione delle previsioni pertinenti, di adottare successivamente singole decisioni la cui legittimità potrà essere contestata secondo il procedimento di cui all’art. 230 CE, non possono essere considerati come diretti a produrre effetti giuridici (sentenza della Corte 6 aprile 2000, causa C-443/97, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-2415, punti 33 e 34). |
42 |
Occorre inoltre ricordare che l’art. 29, n. 2, dello Statuto autorizza ogni istituzione ad adottare una procedura diversa da quella del concorso per l’assunzione del personale di inquadramento superiore. |
43 |
Secondo la giurisprudenza, il potere discrezionale nella valutazione dei meriti dei diversi candidati ad un posto determinato, di cui dispone un’istituzione, deve essere esercitato nel pieno rispetto di tutte le regolamentazioni pertinenti, vale a dire non solo dell’avviso di posto vacante, ma anche di eventuali norme di procedura di cui sia dotata l’istituzione di cui è causa (sentenza del Tribunale 18 settembre 2003, causa T-73/01, Pappas/Comitato delle regioni, Racc. PI pagg. I-A-207 e II-1011, punto 53). Tali norme sono parte del contesto normativo che detta istituzione deve rispettare rigorosamente nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale (sentenza del Tribunale 4 luglio 2006, causa T-88/04, Tzirani/Commissione, Racc. FP pag. II-A-2-703, punto 78). L’istituzione interessata non può discostarsi dalle norme interne sull’assunzione che essa stessa si è data senza modificare formalmente le norme medesime (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2007, causa T-113/05, Angelidis/Parlamento, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 75). |
44 |
Ne consegue che le norme sulla procedura di assunzione che un’istituzione adotta, ai sensi dell’art. 29, n. 2, dello Statuto, per l’assunzione del personale di inquadramento superiore sono cogenti per l’istituzione stessa e, in tal senso, producono effetti giuridici, ai sensi della giurisprudenza relativa all’applicazione dell’art. 230 CE. |
45 |
È pur vero che tali norme possono, in forza della summenzionata disposizione dello Statuto, essere adottate caso per caso, per ogni posto previsto dalla disposizione stessa, resosi vacante nell’ambito di un’istituzione. Se un’istituzione decide di seguire un approccio del genere, nulla osta a che essa adotti orientamenti interni che indichino semplicemente le linee generali in forza delle quali essa fisserà, ogniqualvolta si renda necessario, le norme di procedura da seguire per l’assunzione ad un posto al quale sia applicabile l’art. 29, n. 2, dello Statuto. In applicazione della giurisprudenza richiamata supra, al punto 41, si deve concludere che, in un’ipotesi siffatta, tali orientamenti interni non producono, di per sé, effetti giuridici vincolanti e non possono pertanto costituire oggetto di un ricorso di annullamento. Un ricorso siffatto, in tale ipotesi, potrebbe essere proposto solo contro l’avviso di posto vacante o qualsiasi altro atto che fissi definitivamente le norme di procedura da seguire per provvedere all’assegnazione di un posto determinato. |
46 |
Tutttavia, né l’art. 29, n. 2, dello Statuto né alcuna altra disposizione impediscono ad un’istituzione di adottare, precedentemente all’avvio di una procedura concreta per l’assegnazione di un posto di inquadramento superiore, norme di applicazione generale, che fissino in modo definitivo quantomeno alcuni aspetti della procedura da seguire per l’assunzione del personale di inquadramento superiore nell’ambito dell’istituzione stessa. Dette norme producono effetti giuridici vincolanti in quanto l’istituzione interessata non può, fintantoché esse non siano modificate o abrogate, discostarsene all’atto dell’assunzione per un posto determinato di detta categoria. In tal caso, un ricorrente privilegiato, come uno Stato membro, può immediatamente contestare con un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE la legittimità di tali norme, senza dover attendere la loro attuazione in un caso concreto. |
47 |
Nel caso di specie, occorre pertanto determinare, in primo luogo, se la Decisione si limiti a tradurre l’intenzione della Commissione di seguire un certo orientamento ovvero una linea di condotta durante le procedure di assunzione del personale di inquadramento superiore o se, piuttosto, la Decisione fissi, sin da ora e in modo definitivo, un aspetto della procedura da seguire pro futuro per provvedere all’assegnazione di tutti i posti di inquadramento superiore che ricadono nella sua sfera di applicazione. |
48 |
In considerazione del contenuto della Decisione, quale emerge sia dal documento allegato dalla Repubblica italiana al ricorso sia da quelli prodotti dalla Commissione all’udienza, occorre accogliere la seconda di tali opzioni. Redatta in termini chiari e non equivoci, la Decisione non contiene semplici orientamenti, ma fissa già, in modo definitivo, un aspetto delle procedure di assunzione di portata cogente dirette ad assegnare i posti di inquadramento superiore nell’ambito della Commissione, per quanto riguarda le lingue di pubblicazione dei relativi avvisi di posto vacante, e questo almeno sino al 1o gennaio 2007, data in cui dovrebbe concludersi il periodo transitorio di applicazione della Decisione. Ciò trova conferma nel fatto che, da un canto, l’atto impugnato fa uso delle espressioni «la Commissione ha deciso», «la Commissione decide» e del termine «decisione», nonché nella circostanza che, d’altro canto, l’avviso di posto vacante è stato pubblicato solo in tedesco, inglese e francese, vale a dire in piena conformità con le relative modalità di pubblicazione fissate dalla Decisione (v., a contrario, sentenze Italia/Commissione, citata supra al punto 39, punti 21-24, e sentenza 27 settembre 1988, citata supra al punto 41, Regno Unito/Commissione, punto 14). |
49 |
La Decisione vincola quindi la Commissione, che non può discostarsene senza modificarla formalmente. Peraltro, in considerazione del suo contenuto, essa deve essere considerata produttiva di effetti giuridici vincolanti e, dunque, idonea a costituire oggetto di un ricorso di annullamento fondato sull’art. 230 CE, introdotto da un ricorrente privilegiato, quale uno Stato membro. |
50 |
In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento della Commissione secondo il quale, nell’ipotesi in cui la Decisione dovesse essere considerata un atto produttivo di effetti giuridici, il ricorso dovrebbe essere dichiarato irricevibile nella parte in cui è diretto contro l’avviso di posto vacante in quanto, in tal caso, quest’ultimo costituirebbe solo un atto di mera esecuzione della Decisione. |
51 |
Secondo la giurisprudenza, tra gli atti che non producono effetti giuridici vincolanti idonei a incidere sugli interessi del singolo sono ricompresi, in particolare, gli atti meramente esecutivi che, di conseguenza, non costituiscono atti impugnabili ai sensi dell’art. 230 CE (sentenze della Corte 1o dicembre 2005, causa C-46/03, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-10167, punto 25; 12 settembre 2006, causa C-131/03 P, Reynolds Tobacco e a./Commissione, Racc. pag. I-7795, punto 55, e 6 dicembre 2007, causa C-516/06 P, Commissione/Ferriere Nord, Racc. pag. I-10685, punto 29). |
52 |
Per atti meramente esecutivi si intendono, in particolare, le misure che, senza costituire diritti ed obblighi in capo a terzi, mirano soltanto ad attuare materialmente un atto decisorio anteriore, ovvero le misure adottate in esecuzione di decisioni precedenti che producono effetti giuridici solo nella sfera interna dell’amministrazione, senza incidere sugli interessi di terzi (sentenze della Corte 25 febbraio 1988, causa 190/84, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1017, punto 8, e 1o dicembre 2005, Regno Unito/Commissione, citata supra al punto 51, punti 1 e 25; v. anche, nello stesso senso, sentenza 17 luglio 1959, causa 20/58, Phoenix-Rheinrohr/Alta Autorità, Racc. pag. 157, in particolare pag. 173). |
53 |
In tal senso sono stati qualificati come atti meramente esecutivi, non impugnabili in base all’art. 230 CE, in particolare, l’atto di disimpegno dal bilancio di una somma che la Commissione aveva deciso, precedentemente, di disimpegnare (sentenza 1o dicembre 2005, Regno Unito/Commissione, citata supra al punto 51, punti 1 e 25), gli atti di impegno, di liquidazione, di ordinazione e di pagamento di spese adottati in seguito a decisioni relative alla ripartizione e all’uso di crediti (sentenza Les Verts/Parlamento, citata supra al punto 52, punto 8) nonché l’esecuzione, mediante l’escussione di una garanzia bancaria, di una decisione anteriore della Commissione che aveva inflitto ad un’impresa un’ammenda a causa della sua partecipazione a diverse infrazioni previste dall’art. 81, n. 1, CE (sentenza Commissione/Ferriere Nord, citata supra al punto 51, punti 28 e 29). |
54 |
Nel caso di specie, contrariamente a quanto fa valere la Commissione, non può sostenersi che l’avviso di posto vacante costituisca un atto meramente esecutivo della Decisione ai sensi della giurisprudenza richiamata supra, ai punti 51-53. |
55 |
Infatti, come è stato costantemente dichiarato, gli avvisi di posto vacante determinano, definendo i requisiti relativi all’accesso all’impiego, quali siano i soggetti la cui candidatura può essere presa in considerazione e costituiscono, pertanto, atti lesivi rispetto ai potenziali candidati la cui candidatura sia esclusa da tali requisiti (sentenze della Corte 19 giugno 1975, causa 79/74, Küster/Parlamento, Racc. pag. 725, punti 5-8, e 11 maggio 1978, causa 25/77, De Roubaix/Commissione, Racc. pag. 1081, punti 7-9; sentenza del Tribunale 16 settembre 1993, causa T-60/92, Noonan/Commissione, Racc. pag. II-911, punto 21). |
56 |
Peraltro, il carattere di atto lesivo e, dunque, di atto impugnabile, ai sensi dell’art. 230 CE, di un avviso di posto vacante non può essere messo in discussione argomentando che esso è conforme, quanto ad un aspetto specifico, ai requisiti già definiti in una norma giuridica o in una precedente decisione delle istituzioni di portata generale, o che esso riprende alcuni di tali requisiti — che costituiscono il fondamento normativo di detto avviso di posto vacante — in quanto è proprio l’avviso di posto vacante che dà concretezza alla situazione giuridica complessiva di tutti i ricorrenti potenziali e consente loro di sapere in modo inequivoco e certo come e in qual misura i loro specifici interessi siano lesi. |
57 |
Ne consegue che l’argomento della Commissione secondo cui l’avviso di posto vacante, in quanto è stato pubblicato solo nelle tre lingue definite nella Decisione, dovrebbe essere considerato un atto meramente esecutivo, come tale non impugnabile, deve essere respinto. |
Sui termini per la presentazione di un ricorso contro la Decisione
— Argomenti delle parti
58 |
La Commissione sostiene che, poiché la Decisione non è stata né pubblicata né notificata, il termine per la presentazione di un ricorso di annullamento avverso la stessa può decorrere, conformemente all’art. 230, quinto comma, CE, solo dal momento in cui la Repubblica italiana ha avuto conoscenza esatta del contenuto e della motivazione della Decisione. |
59 |
Orbene, la Repubblica italiana si sarebbe limitata a indicare, al punto 11 del suo ricorso, di aver avuto conoscenza della Decisione «in occasione della pubblicazione del bando di concorso», senza tuttavia precisare né la data esatta di tale presa di conoscenza, né se aveva adempiuto all’obbligo di richiedere, entro un termine ragionevole, il testo integrale della Decisione una volta conosciutane l’esistenza, come previsto da costante giurisprudenza in materia di termini di impugnazione di atti non pubblicati né notificati. Nella replica, la Repubblica italiana si sarebbe parimenti limitata ad affermare di aver acquisito piena conoscenza del contenuto della Decisione «solo alla fine del mese di marzo» del 2005, senza ulteriori precisazioni. |
60 |
La Commissione riconosce che la data in cui si è avuta conoscenza della Decisione e quella della pubblicazione dell’avviso di posto vacante non coincidono, data l’esigenza di tener conto anche della durata dell’esame dell’avviso di posto vacante e delle ricerche volte a verificare l’esistenza di una precedente decisione amministrativa e ad acquisire una piena conoscenza del suo contenuto. Tuttavia, tenuto conto, in primo luogo, dell’atteggiamento della Repubblica italiana di cui al punto 59 supra, in secondo luogo, dell’assenza di comunicazione della Decisione ai sensi del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), e, infine, della mancanza di spiegazioni su come essa abbia ottenuto il testo della Decisione con altri mezzi, a nulla varrebbe obiettare, come fa la Repubblica italiana, che la Commissione non ha fornito la prova del fatto che le autorità italiane avessero piena conoscenza della Decisione prima o in occasione della pubblicazione dell’avviso di posto vacante, in quanto, nel caso di specie, l’onere della prova graverebbe sulla parte ricorrente. |
61 |
Tale atteggiamento della Repubblica italiana non sarebbe conforme ai criteri della giurisprudenza e farebbe sorgere un ragionevole dubbio quanto al rispetto del termine per la presentazione del ricorso nella parte in cui quest’ultimo è rivolto contro la Decisione. In tali circostanze, la Commissione ritiene che la data in cui la Repubblica italiana ha avuto conoscenza dell’esatto contenuto della Decisione dovrebbe essere di poco posteriore alla data di pubblicazione dell’avviso di posto vacante e che, pertanto, il termine per l’introduzione del ricorso avverso la Decisione, avvenuta soltanto il 3 maggio 2005 unitamente all’impugnazione dell’avviso di posto vacante, sarebbe probabilmente da considerare già infruttuosamente decorso a tale data. |
62 |
La Repubblica italiana osserva, nel ricorso, di aver avuto conoscenza della Decisione solo «in occasione della pubblicazione del bando di concorso». Nella replica, la Repubblica italiana precisa che, poiché l’avviso di posto vacante non cita la Decisione, il dies a quo del termine di ricorso per l’impugnazione di quest’ultima non potrebbe coincidere con la data di pubblicazione dell’avviso di posto vacante. Si dovrebbe tener conto del tempo necessario all’esame dell’avviso di posto vacante e alle ricerche dirette a confermare l’esistenza della Decisione e a conoscerne il contenuto. Tali ricerche sarebbero state tanto più difficili per via del carattere transitorio del provvedimento di autoorganizzazione presupposto adottato con la Decisione. I ritardi causati da tali ricerche avrebbero consentito alla Repubblica italiana di avere piena conoscenza della Decisione solo alla fine del mese di marzo 2005. La Commissione non avrebbe fornito la prova che tale conoscenza risalirebbe a una data precedente alla fine del mese di marzo 2005 o alla pubblicazione dell’avviso di posto vacante. |
63 |
Peraltro, poiché sarebbe ragionevole, nel caso di specie, fissare il giorno a partire dal quale calcolare il tempo necessario per venire a conoscenza della Decisione alla data di pubblicazione dell’avviso di posto vacante, e tenuto conto della proroga forfettaria, in ragione della distanza, del termine processuale per l’impugnazione della Decisione, pari a dieci giorni, ai sensi dell’art. 102, n. 2, del regolamento di procedura, tale impugnazione non potrebbe essere ritenuta tardiva. Di conseguenza, la Repubblica italiana ritiene che l’impugnazione sia stata proposta nei termini. |
64 |
Il Regno di Spagna aderisce agli argomenti della Repubblica italiana e aggiunge che il giorno di pubblicazione dell’avviso di posto vacante non può essere considerato come «dies a quo» ai fini del calcolo del termine per l’impugnazione della Decisione da parte della Repubblica italiana, dal momento che tale avviso non è stato pubblicato nella versione italiana della Gazzetta ufficiale e che non si può fare obbligo alle autorità italiane di leggere un’altra versione della Gazzetta ufficiale. In merito ai brevi annunci pubblicati, segnatamente, su due quotidiani italiani (v. supra, punto 9), essi non possono essere equiparati a una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e, pertanto, non possono essere presi in considerazione ai fini del calcolo del termine di ricorso. |
— Giudizio del Tribunale
65 |
Ai sensi dell’art. 230, quinto comma, CE, i ricorsi di annullamento devono essere proposti nel termine di due mesi. Tale termine decorre, secondo i casi, dalla pubblicazione dell’atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza. |
66 |
Dalla formulazione stessa di questa disposizione emerge che il criterio della data in cui si è avuta conoscenza dell’atto come dies a quo del termine di ricorso è sussidiario rispetto a quello della pubblicazione o della notifica dell’atto (sentenza della Corte 10 marzo 1998, causa C-122/95, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-973, punto 35; v. anche sentenza del Tribunale 27 novembre 2003, causa T-190/00, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. II-5015, punto 30, e la giurisprudenza ivi citata). |
67 |
Secondo la giurisprudenza, spetta alla parte che fa valere la tardività di un ricorso fornire la prova della data in cui si è verificato l’evento a partire dal quale decorre il termine (v. ordinanza del Tribunale 13 aprile 2000, causa T-263/97, GAL Penisola Sorrentina/Commissione, Racc. pag. II-2041, punto 47, e la giurisprudenza ivi citata). |
68 |
Risulta parimenti dalla giurisprudenza che, in mancanza di pubblicazione o di notificazione, spetta a colui che ha conoscenza dell’esistenza di un atto che lo riguarda chiederne il testo integrale entro un termine ragionevole, ma che, con tale riserva, il termine per la presentazione del ricorso può iniziare a decorrere solo dal momento in cui il terzo interessato ha una conoscenza esatta del contenuto e della motivazione dell’atto di cui trattasi, in modo da poter esercitare il proprio diritto di ricorso (sentenze della Corte 6 luglio 1988, causa 236/86, Dillinger Hüttenwerke/Commissione, Racc. pag. 3761, punto 14, e 19 febbraio 1998, causa C-309/95, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-655, punto 18; sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, causa T-17/02, Olsen/Commissione, Racc. pag. II-2031, punto 73, e ordinanza del Tribunale 21 novembre 2005, causa T-426/04, Tramarin/Commissione, Racc. pag. II-4765, punto 48). |
69 |
Inoltre, secondo costante giurisprudenza, i termini per la presentazione di un ricorso, ai sensi dell’art. 230 CE, sono di ordine pubblico, essendo stati istituiti per garantire la chiarezza e la certezza delle situazioni giuridiche ed evitare qualsiasi discriminazione o trattamento arbitrario nell’amministrazione della giustizia, e spetta al giudice comunitario verificare, anche d’ufficio, se siano stati rispettati (sentenza della Corte 23 gennaio 1997, causa C-246/95, Coen, Racc. pag. I-403, punto 21; sentenza del Tribunale 18 settembre 1997, cause riunite T-121/96 e T-151/96, Mutual Aid Administration Services/Commissione, Racc. pag. II-1355, punti 38 e 39). |
70 |
Tuttavia, quando non è possibile stabilire con certezza la data a partire dalla quale il ricorrente ha avuto una conoscenza esatta del contenuto e della motivazione dell’atto che impugna, si deve ritenere che il termine di ricorso abbia iniziato a decorrere, al più tardi, il giorno in cui può essere provato che il ricorrente aveva già tale conoscenza (sentenza della Corte 10 gennaio 2002, causa C-480/99 P, Plant e a./Commissione e South Wales Small Mines, Racc. pag. I-265, punto 49). |
71 |
Nel caso di specie, è pacifico che la Decisione non è stata né pubblicata né notificata alla Repubblica italiana. Né sussiste alcun dubbio quanto al fatto che la Repubblica italiana abbia avuto, precedentemente all’introduzione del ricorso, conoscenza esatta del contenuto e della motivazione della Decisione. Infatti, ancorché la versione della Decisione allegata dalla Repubblica italiana al ricorso sia redatta in termini lievemente differenti da quelli adoperati nei documenti prodotti dalla Commissione all’udienza, è pacifico che il tenore delle due versioni della Decisione di cui dispone il Tribunale è esattamente lo stesso. |
72 |
Occorre, pertanto, accertare quale sia la data esatta in cui la Repubblica italiana ha avuto la copia della Decisione allegata al ricorso, atteso che è da tale data che ha iniziato a decorrere, per la Repubblica italiana, il termine per la proposizione del ricorso avverso la Decisione. Si deve anche rilevare come da un semplice calcolo risulti che, affinché il ricorso avverso la Decisione non sia tardivo, la Repubblica italiana non deve essere venuta a conoscenza della Decisione precedentemente al 23 febbraio 2005. |
73 |
Poiché la Repubblica italiana non aveva fornito, nei suoi scritti, indicazioni chiare sulla data in cui ha ottenuto la copia della Decisione allegata al ricorso, il Tribunale l’ha invitata, nel contesto di una misura di organizzazione del procedimento, a indicare, con le relative prove, in che data esatta, da quale fonte e in che modo avesse avuto la copia della Decisione che figurava in allegato al ricorso. |
74 |
In una prima risposta, depositata presso la cancelleria il 12 giugno 2008, la Repubblica italiana ha richiamato una lettera che il suo rappresentante permanente presso l’Unione europea aveva inviato, il 10 marzo 2005, al Segretario generale della Commissione, per protestare contro la mancata pubblicazione dell’avviso di posto vacante anche in italiano, nonché le risposte a tale lettera del vicepresidente e del Segretario generale della Commissione, entrambe datate 6 aprile 2005. La Repubblica italiana ha prodotto copie di queste tre lettere ed ha affermato che a seguito di dette lettere essa è venuta a conoscenza del documento interno della Commissione 26 maggio 2004, SEC(2004) 638/6, vale a dire di un documento diverso dalla Decisione, ancorché richiamato da questa. |
75 |
In una risposta integrativa, depositata presso la cancelleria il 23 giugno 2008, la Repubblica italiana ha aggiunto di aver avuto copia della Decisione allegata al ricorso in modo «occasionale», grazie ad un’associazione per la valorizzazione della lingua italiana, senza tuttavia precisare la data in cui l’associazione in questione le aveva fatto pervenire detta copia. |
76 |
Per quanto censurabile possa essere l’imprecisione delle risposte della Repubblica italiana, il Tribunale rileva che non solo la Commissione non ha fornito la prova del fatto che la Repubblica italiana sia venuta a conoscenza della Decisione precedentemente al 23 febbraio 2005, ma che, anzi, negli atti di causa sussistono taluni elementi che depongono a favore dell’ipotesi secondo cui, a tale data, la Repubblica italiana non avrebbe ancora avuto alcuna conoscenza dell’esistenza e del contenuto della Decisione. |
77 |
In tal senso, in primo luogo, nella lettera del 10 marzo 2005, il rappresentante permanente della Repubblica italiana presso l’Unione europea ha protestato vivamente contro la mancata pubblicazione in italiano dell’avviso di posto vacante, ma non ha fatto alcun riferimento alla Decisione. Orbene, si può logicamente presumere che tale protesta avrebbe riguardato anche la Decisione se la Repubblica italiana avesse già avuto conoscenza della sua esistenza e del suo contenuto alla data della suddetta lettera. |
78 |
In secondo luogo, la lettera del Segretario generale del 6 aprile 2005, inviata in risposta alla lettera del 10 marzo 2005, ha solamente evocato una «prassi» consistente nella pubblicazione degli avvisi di posto vacante per i posti di inquadramento superiore in sole tre lingue «applicata fin dal novembre scorso», senza rivelare che tale prassi si fondava sulla Decisione. |
79 |
Quanto alla lettera, datata anch’essa 6 aprile 2005, del vicepresidente della Commissione, nemmeno essa ha rivelato l’esistenza della Decisione, ma si è limitata ad affermare, in modo quantomeno ambiguo, che la prassi consistente nella pubblicazione di detti avvisi in sole tre lingue discendeva dal documento della Commissione SEC (2004) 638/6, del mese di maggio 2004. |
80 |
Infine, quanto all’affermazione della Repubblica italiana nel ricorso, secondo cui essa sarebbe venuta a conoscenza della Decisione «in occasione della pubblicazione del bando di concorso», non può essere intesa nel senso che la Repubblica italiana ha avuto conoscenza dell’esistenza e del contenuto della Decisione il giorno di detta pubblicazione (9 febbraio 2005), dato che, come afferma correttamente la Repubblica italiana, l’avviso di posto vacante non fa alcun riferimento alla Decisione. |
81 |
Ciò premesso, detta affermazione deve essere intesa nel senso che è a seguito della pubblicazione dell’avviso di posto vacante che la Repubblica italiana ha svolto le ricerche che l’hanno portata ad avere copia della Decisione riportata nell’allegato al ricorso, ad una data successiva, che non può essere determinata con certezza. Tuttavia, nessun elemento degli atti di causa consente di concludere nel senso che tale data sia anteriore al 23 febbraio 2005. |
82 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre ritenere che il ricorso sia stato introdotto tempestivamente, sia nella parte in cui è rivolto contro la Decisione, sia in quella diretta contro l’avviso di posto vacante, ove la sua introduzione tempestiva, riguardo a quest’ultimo atto, è incontestabile. |
Nel merito
83 |
La Repubblica italiana deduce un unico motivo riguardante la violazione dell’art. 12 CE, dell’art. 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU 2000, C 364, pag. 1), degli artt. 1, 3, 4 e 5 del regolamento n. 1, dell’art. 1 quinquies, n. 1, e dell’art. 27 dello Statuto, dell’art. 18 del regolamento interno della Commissione, nonché dei principi di non discriminazione in base alla nazionalità e al rispetto della diversità linguistica. |
Argomenti delle parti
84 |
La Repubblica italiana sostiene che, prevedendo, nella Decisione, che gli avvisi di posto vacante per i posti di inquadramento superiore non siano redatti in lingua italiana e omettendo di pubblicare l’avviso di posto vacante in italiano, la Commissione avrebbe violato gli artt. 1, 3, 4 e 5 del regolamento n. 1, nonché l’art. 12 CE. La Commissione avrebbe parimenti violato l’art. 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a termini del quale l’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica. Infatti, secondo la giurisprudenza, nella prospettiva di una Comunità fondata sulla libera circolazione delle persone, un’importanza particolare rivestirebbe la tutela dei diritti e delle prerogative dei singoli in materia linguistica, così che dovrebbe essere vietata qualsiasi forma di discriminazione indiretta fondata sulle conoscenze linguistiche (sentenze della Corte 11 luglio 1985, causa 137/84, Mutsch, Racc. pag. 2681, punto 11; 28 novembre 1989, causa C-379/87, Groener, Racc. pag. 3967, punto 13, e 24 novembre 1998, causa C-274/96, Bickel e Franz, Racc. pag. I-7637, punti 19 e 23). |
85 |
La Repubblica italiana aggiunge che il principio della tutela della diversità linguistica della Comunità si impone come esigenza fondamentale nei confronti di tutti gli organi e le istituzioni della stessa. L’applicazione del regime linguistico delle istituzioni dell’Unione europea non può essere dissociata da tale principio. Detto regime garantirebbe il riconoscimento dei diritti linguistici degli individui aventi accesso diretto alle istituzioni comunitarie. Esso deriverebbe dalla particolare natura dei rapporti che legano la Comunità europea ai propri cittadini e dovrebbe, quindi, essere considerato quale diretta espressione della diversità linguistica dell’Unione europea. |
86 |
Certo, il principio della tutela della diversità linguistica dovrebbe essere conciliato con le necessità della vita istituzionale e amministrativa che potrebbero, nella pratica, giustificare alcune restrizioni a tale principio. Tali restrizioni, tuttavia, dovrebbero essere limitate e giustificate da necessità imperiose della vita istituzionale e amministrativa e non potrebbero pregiudicare la sostanza del principio che impone alle istituzioni il rispetto e l’uso di tutte le lingue ufficiali della Comunità. |
87 |
Al riguardo, la Repubblica italiana distingue tre diverse situazioni che sarebbero considerate dal regolamento n. 1. |
88 |
In primo luogo, nell’ambito delle comunicazioni fra le istituzioni e i cittadini dell’Unione, il principio del rispetto della diversità linguistica richiederebbe la massima protezione. Infatti, in tal caso, tale principio si ricollegherebbe a un principio democratico fondamentale il cui rispetto esigerebbe, in particolare, che i soggetti di diritto della Comunità, Stati membri e cittadini europei, possano accedere agevolmente alla legislazione della Comunità e alle istituzioni che ne sono autrici. Difficoltà tecniche, che un’istituzione efficiente potrebbe e dovrebbe superare, non potrebbero contrapporsi al rispetto della diversità linguistica. |
89 |
In secondo luogo, nell’ambito dei procedimenti amministrativi, sarebbe anche essenziale che gli interessati, Stati membri o cittadini, possano comprendere l’istituzione o l’organo con il quale sono in relazione. È questo il motivo per il quale l’art. 3 del regolamento n. 1 impone l’uso della lingua dell’interessato come lingua di comunicazione. Certamente, in tale contesto, i diritti linguistici degli interessati potrebbero soggiacere a talune restrizioni dovute ad esigenze dell’amministrazione (sentenza della Corte 9 settembre 2003, causa C-361/01 P, Kik/UAMI, Racc. pag. I-8283, punti 92-94). Tuttavia, ai sensi dell’art. 290 CE, soltanto il Consiglio, e non la Commissione, può istituire un trattamento differenziato delle lingue ufficiali, effettuando una scelta adeguata e proporzionata in grado di evitare discriminazioni ingiustificate fra i cittadini europei. |
90 |
In terzo luogo, nell’ambito del funzionamento interno delle istituzioni e degli organi della Comunità, l’art. 6 del regolamento n. 1 autorizzerebbe un’istituzione a scegliere e imporre ai propri agenti l’utilizzo di una determinata lingua veicolare. Tuttavia, se elementari esigenze di efficacia del lavoro amministrativo possono giustificare l’imposizione di un numero ristretto di lingue di lavoro, il regime linguistico interno non potrebbe essere totalmente dissociato dal regime delle comunicazioni esterne delle istituzioni. Di conseguenza, la scelta di una o più lingue di lavoro a livello interno sarebbe ammissibile soltanto se fondata su considerazioni oggettive e funzionali e a condizione che non crei ingiustificate differenze di trattamento fra i cittadini della Comunità. Quindi, i procedimenti di assunzione del personale di un’istituzione dovrebbero consentire la partecipazione di tutti coloro che possiedono le competenze necessarie per i posti da assegnare. |
91 |
Nel caso di specie, la pubblicazione in sole tre lingue degli avvisi di posto vacante per l’accesso a posti di inquadramento superiore della Commissione costituirebbe una violazione non solo del regolamento n. 1, ma anche dell’art. 18, ultimo comma, del regolamento interno della Commissione, nonché dell’art. 1 quinquies, n. 1, e dell’art. 27 dello Statuto. |
92 |
La Commissione avrebbe giustificato tale provvedimento con le difficoltà connesse alla traduzione di tali avvisi nelle nove lingue ufficiali degli Stati membri che hanno aderito alla Comunità il 1o maggio 2004. Orbene, tali difficoltà, di natura puramente amministrativa e organizzativa, non possono giustificare l’assenza di traduzioni nelle lingue ufficiali degli altri Stati membri, tanto più che la capacità di traduzione verso le loro lingue non avrebbe posto alcun problema nel passato. |
93 |
La mancata traduzione degli avvisi di posto vacante in questione verso le lingue dei nuovi Stati membri avrebbe potuto trovare giustificazione, a titolo provvisorio e transitorio, se i potenziali candidati provenienti da tali Stati fossero stati messi in grado di giungere utilmente a conoscenza di detti avvisi con altri mezzi. A tale riguardo, la Repubblica italiana ritiene che tali candidati debbano essere considerati come persone qualificate, che beneficiano di risorse cognitive materiali che possono consentire loro di essere sufficientemente informate. Pertanto, la pubblicazione nella stampa nazionale dei nuovi Stati membri di un annuncio relativo alla pubblicazione di un avviso di posto vacante non tradotto verso la lingua dei suddetti Stati o un’informazione in tal senso inviata dalla Commissione alle autorità nazionali dei medesimi Stati avrebbe consentito di sopperire alla temporanea violazione del regime linguistico dell’Unione europea. |
94 |
Tuttavia, la scelta della Commissione di eliminare le traduzioni degli avvisi di posto vacante verso tutte le lingue ufficiali, eccetto tre, risulterebbe essere un provvedimento irrazionale in quanto, al fine di evitare una discriminazione verso le lingue dei nuovi Stati membri, la Commissione avrebbe aggiunto un’altra discriminazione a danno della maggior parte delle lingue ufficiali dei vecchi Stati membri. Quindi, l’iniziativa di porre rimedio ad una situazione di discriminazione con ampliamento dei soggetti e delle lingue discriminati avrebbe l’effetto di aggravare il problema invece di risolverlo. |
95 |
La medesima scelta irrazionale avrebbe parimenti violato il principio di proporzionalità, in quanto accorderebbe un vantaggio e un rango privilegiato a un gruppo ristretto di lingue, ossia il tedesco, l’inglese e il francese. Certamente l’art. 6 del regolamento n. 1 consentirebbe alle istituzioni di determinare le modalità di applicazione del regime linguistico della Comunità nei propri regolamenti interni. Tuttavia, non esisterebbe alcuna norma scritta che indichi le tre lingue summenzionate come lingue di lavoro interne della Commissione. Inoltre, gli avvisi di posto vacante ai sensi dell’art. 29, n. 2, dello Statuto nulla avrebbero a che fare con il regime linguistico interno di un’istituzione. Di conseguenza, l’eventuale utilizzo da parte della Commissione di un numero limitato di lingue per le sue procedure interne non potrebbe avere ripercussioni sul regime linguistico della Comunità, come fissato dal Consiglio in applicazione dell’art. 290 CE, né sulle modalità di assunzione del personale delle istituzioni. |
96 |
Nella replica, la Repubblica italiana aggiunge che la situazione creatasi in seguito all’allargamento dell’Unione, il 1o maggio 2004, non può giustificare un abbassamento del livello del trattamento giuridico delle lingue degli Stati membri in base ad un provvedimento di autoorganizzazione. Tale allargamento, al più, avrebbe potuto giustificare nei confronti delle lingue dei nuovi Stati membri un trattamento differenziato, di stretta efficacia transitoria e mediante deliberazione del Consiglio adottata all’unanimità ai sensi dell’art. 290 CE. In assenza di una tale previa deliberazione del Consiglio, il provvedimento controverso della Commissione sarebbe viziato da difetto assoluto di competenza e dovrebbe dunque essere dichiarato illegittimo. La sola circostanza che la Decisione sia stata adottata dal Collegio dei commissari e non da una Direzione generale della Commissione non può legittimarla, in quanto, nel caso di specie, non si discuterebbe della competenza dell’uno o dell’altro organo della Commissione, ma della competenza di attribuzione della Commissione stessa. |
97 |
Il Regno di Spagna deduce, in primo luogo, l’incompetenza della Commissione, in quanto il Consiglio non avrebbe adottato alcun provvedimento che consenta alla Commissione di adottare la Decisione e di applicarla. Le gravi conseguenze che deriverebbero dalla Decisione non potrebbero essere accettate senza una preventiva deliberazione del Consiglio, che costituirebbe il fondamento normativo delle misure adottate dalla Commissione. |
98 |
In secondo luogo, il Regno di Spagna deduce l’insufficienza di motivazione della Decisione. Al pari della Repubblica italiana, il Regno di Spagna ritiene che i problemi di capacità di traduzione verso le lingue dei nuovi Stati membri non possano giustificare la soppressione della traduzione degli avvisi di posto vacante verso tutte le lingue, eccetto tre. Esso aggiunge che, se è stato necessario tradurre tali avvisi, ancorché parzialmente, verso tutte le lingue, ai fini della pubblicazione di annunci sulla stampa, non si frapponeva alcun ostacolo alla pubblicazione dei suddetti avvisi, in tutte le lingue, anche nella Gazzetta ufficiale. Infine, il Regno di Spagna ricorda che, nel caso di specie, l’avviso di posto vacante era rivolto ai candidati provenienti da tutti gli Stati membri, e non solo a quelli provenienti dai nuovi Stati membri. |
99 |
In terzo luogo, il Regno di Spagna condivide gli argomenti della Repubblica italiana, in base ai quali la pubblicazione degli avvisi di posto vacante interessati dalla Decisione soltanto in tre lingue accorderebbe a tali lingue un rango privilegiato, in violazione dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. Tanto più che, secondo il Regno di Spagna, la Commissione non ha addotto alcuna giustificazione circa la scelta delle tre lingue in questione. |
100 |
Infine, il Regno di Spagna ritiene che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non si possa stabilire alcun parallelismo tra la presente fattispecie e quella sfociata nella sentenza Spagna/Eurojust, citata supra al punto 20. Infatti, gli inviti di Eurojust a presentare candidature, oggetto di contestazione in quest’ultima causa, sarebbero stati pubblicati in tutte le lingue. Tutti gli interessati sarebbero stati pertanto collocati su un piano di parità, indipendentemente dalla loro cittadinanza. Per contro, nel caso di specie, uno spagnolo che avesse voluto concorrere al posto di Direttore generale dell’OLAF sarebbe stato costretto a leggere, un giorno ben preciso, un certo quotidiano spagnolo, poiché non si può esigere da nessuno di consultare le versioni della Gazzetta ufficiale nelle lingue diverse dalla propria lingua madre. Infatti, secondo il Regno di Spagna, la pubblicazione dell’avviso di posto vacante nelle sole versioni tedesca, inglese e francese della Gazzetta ufficiale sarebbe di per sé sufficiente per comportare il suo annullamento. Inoltre, Eurojust non avrebbe avanzato alcuna giustificazione per le differenze di ordine linguistico che i suoi inviti a presentare candidature comportavano. Al contrario, nel caso di specie, le esclusioni linguistiche decise dalla Commissione si giustificherebbero per mancanza di capacità disponibile di traduzione degli avvisi di posto vacante verso le lingue dei nuovi Stati membri. Tuttavia, tale giustificazione non basterebbe a ritenere adeguato o proporzionato il provvedimento contestato. |
101 |
La Repubblica di Lettonia aderisce all’argomentazione svolta dalla Repubblica italiana e afferma che la Decisione viola il principio della certezza del diritto, il principio di non discriminazione e quello di proporzionalità. |
102 |
In primo luogo, la Repubblica di Lettonia sostiene che, tenuto conto degli artt. 4 e 5 del regolamento n. l, coloro che intendano candidarsi a posti di inquadramento superiore della Commissione possono legittimamente confidare nel fatto che gli avvisi di posto vacante pertinenti siano pubblicati nella Gazzetta ufficiale in tutte le lingue ufficiali. Orbene, la Decisione stessa non sarebbe stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale per informare i potenziali candidati di lingua madre diversa dal tedesco, dall’inglese o dal francese che, da allora in poi, avrebbero potuto consultare gli avvisi di posto vacante per posti di inquadramento superiore solo nelle versioni della Gazzetta ufficiale pubblicate nelle suddette tre lingue. Tale situazione rappresenterebbe una violazione del principio di certezza del diritto. |
103 |
In secondo luogo, la Repubblica di Lettonia sostiene che la pubblicazione degli avvisi di posto vacante della Commissione per i posti di inquadramento superiore nelle sole lingue inglese, francese e tedesca attribuisce un indebito vantaggio ai cittadini di alcuni Stati membri in violazione del principio di non discriminazione. A tal proposito, la Repubblica di Lettonia afferma che, sebbene né il diritto comunitario fondamentale né la giurisprudenza facciano riferimento, in maniera diretta, a un principio di uguaglianza delle lingue, tale principio, in quanto forma particolare del divieto di discriminazione in base alla nazionalità, discende dall’art. 12 CE, dato che la conoscenza di una lingua è strettamente connessa all’appartenenza nazionale. Inoltre, l’esistenza del principio di uguaglianza delle lingue non sarebbe stata esclusa nella sentenza Kik/UAMI, citata supra al punto 89, e deriverebbe parimenti dall’art. 1 del regolamento n. 1, nonché dall’art. 314 CE. |
104 |
In terzo luogo, la Repubblica di Lettonia ritiene che considerazioni di natura finanziaria o eventuali problemi di capacità di traduzione non possano giustificare una discriminazione tra le lingue. Peraltro, gli argomenti della Commissione sui costi sarebbero discutibili, in quanto risorse umane e finanziarie equivalenti sono state indispensabili per tradurre e pubblicare gli annunci sulla stampa nazionale degli Stati membri. Per di più, la Commissione avrebbe potuto evitare un sovraccarico dei suoi servizi di traduzione scegliendo di non tradurre verso tutte le lingue altri testi meno importanti, quali le decisioni individuali che riguardano un solo soggetto. Infine, la Commissione, tenendo conto dell’esperienza acquisita in occasione di precedenti allargamenti dell’Unione, avrebbe dovuto prepararsi in tempo utile al fine di garantire e aumentare i mezzi necessari per affrontare eventuali problemi di capacità di traduzione in seguito all’allargamento del 2004. |
105 |
Infine, la Repubblica di Lettonia ritiene che, nel caso di specie, sia stato parimenti violato il principio di proporzionalità. La Commissione non avrebbe fatto tutto il possibile per ridurre l’inconveniente risultante dalla mancata pubblicazione degli avvisi di posto vacante in questione in tutte le lingue ufficiali. A tal riguardo, né la scelta, ai fini della pubblicazione dei suddetti avvisi nella Gazzetta ufficiale, delle tre lingue più usate nell’Unione, né la pubblicazione nelle altre lingue degli annunci sulla stampa nazionale risulterebbero sufficienti. La stampa nazionale non può essere assimilata alla Gazzetta ufficiale. Unitamente alla pubblicazione degli annunci sui giornali degli Stati membri sarebbe stato possibile, quantomeno, pubblicare nelle altre versioni della Gazzetta ufficiale una descrizione generale di ogni posto da assegnare, precisando che le relative informazioni erano accessibili nelle edizioni in lingua inglese, francese e tedesca. |
106 |
La Commissione osserva che l’argomentazione avanzata dalla Repubblica italiana riprende, in maniera pressoché identica, alcune considerazioni contenute nelle conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Spagna/Eurojust, citata supra al punto 20 (Racc. pag. I-2079). La Commissione sottolinea la differenza sostanziale esistente fra tale causa e il caso di specie, poiché, contrariamente al caso oggetto delle conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Spagna/Eurojust, citate supra, la Decisione e l’avviso di posto vacante impugnati non contengono alcuna indicazione relativa alla necessaria conoscenza di determinate lingue comunitarie. Resta tuttavia il fatto, secondo la Commissione, che una lettura attenta e globale delle conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Spagna/Eurojust, citate supra, mostrerebbe che l’approccio seguito dalla Commissione nel caso di specie, sufficientemente limitato nel tempo e del tutto coerente con il regime linguistico applicabile alla Commissione, sia da considerare conforme al principio della diversità linguistica e, pertanto, giustificato, adeguato e proporzionato. |
107 |
La Commissione fa valere che la pubblicazione di un avviso di posto vacante per un posto di inquadramento superiore ha essenzialmente l’obiettivo di portare a conoscenza di un limitato numero di candidati particolarmente qualificati l’esistenza di tale posto vacante, che richiede determinate competenze specifiche e una notevole esperienza professionale. Tale avviso sarebbe indubbiamente rivolto verso l’esterno e costituirebbe altresì atto impugnabile da parte di candidati esterni. Tuttavia, sarebbe da considerarsi al tempo stesso come un provvedimento adottato nell’interesse del servizio e che si riferisce più direttamente all’organizzazione interna della Commissione. In tal senso, esso costituirebbe la proiezione verso l’esterno di misure interne di carattere amministrativo che la Commissione adotta ai fini del suo buon funzionamento. Di conseguenza, tale categoria di avvisi non riguarderebbe le relazioni della Commissione con il mondo esterno. |
108 |
Ne consegue, secondo la Commissione, che né la Decisione né l’avviso di posto vacante appartengono alla categoria di atti per i quali l’art. 4 del regolamento n. 1 impone la pubblicazione in tutte le lingue ufficiali. Più in generale, dalla giurisprudenza risulterebbe che il regolamento n. 1 non è applicabile ai rapporti intercorrenti fra le istituzioni ed i loro agenti. La Commissione ritiene che tale conclusione si possa estendere parimenti ai candidati ai concorsi organizzati da un’istituzione, dal momento che detti candidati sono sempre stati equiparati, dalla giurisprudenza, ai funzionari e agli agenti delle istituzioni. |
109 |
A parere della Commissione, il regime linguistico interno alle istituzioni, di cui provvedimenti come gli avvisi di posto vacante costituiscono l’emanazione esteriore, non prevede, nel contesto dei rapporti professionali intercorrenti con l’istituzione interessata, il diritto all’uso della lingua prescelta dal funzionario o dal candidato a una procedura di selezione. Ciò che invece assumerebbe una particolare rilevanza, in termini di comunicazione dell’istituzione con il suo personale o con i candidati esterni, sarebbe la possibilità, per i suddetti funzionari o candidati, di venire utilmente a conoscenza dei provvedimenti che li riguardano. |
110 |
La particolare situazione nella quale si troverebbero i potenziali candidati ai quali è rivolto un bando di concorso o un avviso di posto vacante del tipo di quello impugnato giustifica, secondo la Commissione, l’uso nelle procedure di selezione di lingue veicolari determinate dall’istituzione interessata. A tale proposito, la necessaria esistenza di un legame tra le lingue utilizzate e le competenze richieste per l’esercizio delle funzioni in questione nonché l’assenza di un eccessivo pregiudizio agli interessi giuridici dei potenziali candidati costituirebbero il limite al potere discrezionale dell’istituzione. |
111 |
La Commissione osserva che, nell’esercizio del suo potere discrezionale, un’istituzione può anche richiedere ai candidati ad un posto la conoscenza di determinate lingue ufficiali, in funzione delle oggettive esigenze di servizio. Tuttavia, ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie, dal momento che l’avviso di posto vacante non detterebbe alcuna condizione particolare circa la conoscenza di una delle tre lingue veicolari della Commissione nelle quali è avvenuta la pubblicazione. Tale avviso si sarebbe limitato a richiedere che i documenti di candidatura fossero redatti in una di tali lingue. L’avviso di posto vacante non sarebbe dunque, di per sé, idoneo ad arrecare alcun pregiudizio agli interessi di potenziali candidati riguardo alle loro conoscenze linguistiche. A parere della Commissione, alla luce della natura delle funzioni e dei compiti del direttore generale dell’OLAF, che esigerebbero l’attitudine a lavorare in un ambiente multiculturale complesso, essa sarebbe stata perfettamente legittimata a richiedere ai candidati la conoscenza di una delle tre lingue utilizzate per comunicare all’interno dell’istituzione. Infatti, sarebbe chiaramente ravvisabile l’esistenza di un legame tra l’uso di queste tre lingue e le specifiche competenze richieste per l’esercizio delle funzioni in questione, così come descritte nell’avviso di posto vacante. |
112 |
In ogni caso, la Commissione ritiene che non esista alcuna prova di un reale pregiudizio subito dai candidati interessati dall’avviso di posto vacante per via della sua pubblicazione soltanto in tre lingue. Tale pubblicazione sarebbe stata effettuata nell’intero territorio dell’Unione europea, ivi incluso quello italiano, e pertanto qualsiasi cittadino italiano in possesso dei requisiti richiesti dall’avviso di posto vacante avrebbe potuto presentare la propria candidatura. Infatti, i cittadini italiani sarebbero molto ben rappresentati in termini numerici tra le candidature ricevute, dal momento che costituiscono circa il 14% del numero totale dei candidati e che solo i candidati di un altro paese dell’Unione sarebbero, di poco, più numerosi rispetto a loro. Inoltre, i candidati italiani sarebbero non solo assai più numerosi dei candidati di lingua tedesca, ma rappresenterebbero addirittura più del triplo del numero di quelli di lingua inglese. La Commissione deduce da tali dati che il fattore linguistico non abbia affatto inciso sulla presentazione delle candidature e che esso non abbia potuto produrre un effetto dissuasivo nei confronti di cittadini europei di madrelingua diversa da quelle in cui è stato pubblicato l’avviso di posto vacante. Inoltre, la Commissione non avrebbe ricevuto alcun reclamo riguardo al regime linguistico prescelto, il che consentirebbe di concludere che i candidati interessati dall’avviso di posto vacante non avrebbero subito alcuna discriminazione sulla base della loro lingua o della loro nazionalità. |
113 |
Infine, considerate le difficoltà, ben note, in materia di traduzione, la Commissione ritiene che l’approccio pragmatico seguito nel caso di specie sia fortemente ispirato da considerazioni legate all’efficienza e al buon funzionamento dell’istituzione, mentre non sembrerebbe discostarsi troppo da quello descritto ai punti 92-94 della sentenza Kik/UAMI, citata supra al punto 89. |
Giudizio del Tribunale
114 |
In primo luogo, il Tribunale ricorda che la Decisione si applica esclusivamente alle pubblicazioni esterne, nella Gazzetta ufficiale, degli avvisi di posto vacante per posti di inquadramento superiore della Commissione. |
115 |
In secondo luogo, occorre rilevare che non sussistono né disposizioni né principi di diritto comunitario che impongano che dette pubblicazioni siano effettuate sistematicamente in tutte le lingue ufficiali. |
116 |
Vero è che posti siffatti sono tali da interessare, potenzialmente, candidati che provengono da ogni Stato membro. Tuttavia, come la Corte ha già avuto modo di affermare, i numerosi riferimenti nel Trattato CE all’uso delle lingue nell’Unione europea, tra i quali, segnatamente, gli artt. 290 CE e 314 CE, invocati dalla Repubblica italiana e dagli intervenienti, non possono essere considerati come la manifestazione di un principio generale di diritto comunitario che garantisce ad ogni cittadino il diritto a che tutto ciò che potrebbe incidere sui suoi interessi sia redatto in ogni caso nella sua lingua (sentenza Kik/UAMI, citata supra al punto 89, punto 82). |
117 |
Un principio del genere, che implichi l’obbligo da parte delle istituzioni di pubblicare sistematicamente nella Gazzetta ufficiale gli avvisi di posto vacante in esame in tutte le lingue ufficiali, non può nemmeno dedursi dal regolamento n. 1. In tal senso, si è statuito che detto regolamento non è applicabile ai rapporti tra le istituzioni e i loro funzionari e agenti, in quanto fissa unicamente il regime linguistico applicabile tra le istituzioni della Comunità europea ed uno Stato membro o una persona che ricade nella giurisdizione di uno degli Stati membri (sentenza del Tribunale 5 ottobre 2005, causa T-203/03, Rasmussen/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-279 e II-1287, punto 60). |
118 |
I funzionari e gli altri agenti delle Comunità, nonché i candidati a tali posti, riguardo all’applicazione delle disposizioni dello Statuto, ivi comprese quelle relative all’assunzione nell’ambito di un’istituzione, sono soggetti unicamente alla giurisdizione comunitaria. Inoltre, l’art. 6 del regolamento n. 1 consente espressamente alle istituzioni di stabilire le modalità di applicazione del regime linguistico nei propri regolamenti interni (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7 febbraio 2001, causa T-118/99, Bonaiti Brighina/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-25 e II-97, punto 13). |
119 |
L’equiparazione dei candidati a tali posti, in materia di regime linguistico applicabile, ai funzionari e agli altri agenti delle Comunità trova giustificazione nella circostanza che tali candidati si rapportano ad un’istituzione comunitaria unicamente al fine di ottenere un posto di funzionario o agente, per il quale, come si esporrà nel prosieguo, talune conoscenze linguistiche sono necessarie e possono essere imposte dalle disposizioni comunitarie applicabili per assegnare il posto di cui è causa. |
120 |
Nemmeno l’art. 18 del regolamento interno della Commissione, parimenti invocato dalla Repubblica italiana, impone un obbligo di pubblicazione sistematica degli avvisi relativi ai posti vacanti nell’ambito della Commissione in tutte le lingue. Tale articolo non è rilevante nel caso di specie, essendo applicabile, secondo il suo stesso disposto, ai soli atti indicati dagli artt. 249 CE e 161 EA e non agli atti, come gli avvisi di posto vacante, che la Commissione adotta in quanto autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»), ai sensi delle pertinenti disposizioni dello Statuto. |
121 |
Infine, lo Statuto, da una parte, non contiene alcuna disposizione che impone la pubblicazione degli avvisi di posto vacante in tutte le lingue ufficiali e, dall’altra, autorizza l’APN, con il suo art. 29, n. 2, ad adottare la procedura che le sembri più adeguata per l’assunzione del personale di inquadramento superiore. |
122 |
Pertanto, nel caso di specie la Commissione poteva legittimamente adottare la Decisione al fine di disciplinare, nel contesto del potere riconosciutole dall’art. 6 del regolamento n. 1 e dall’art. 29, n. 2, dello Statuto, la questione delle lingue di pubblicazione esterna degli avvisi di posto vacante per il personale di inquadramento superiore, questione che costituisce, come si è già rilevato, un aspetto particolare delle procedure di assunzione del personale ricompreso in tale categoria. Erroneamente, pertanto, la Repubblica italiana e le parti intervenienti fanno valere l’incompetenza della Commissione ad adottare la Decisione. |
123 |
Per quanto riguarda, in terzo luogo, il carattere asseritamente insufficiente della motivazione della Decisione, questione sollevata dal Regno di Spagna ma che, in ogni caso, il Tribunale è tenuto ad esaminare anche d’ufficio, occorre ricordare che la portata dell’obbligo di motivazione dipende dalla natura dell’atto di cui trattasi e che, nel caso di atti destinati ad un’applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto all’adozione dell’atto in questione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge (sentenze della Corte 13 marzo 1968, causa 5/67, Beus, Racc. pag. 114, in particolare pag. 130, e 19 novembre 1998, causa C-284/94, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-7309, punto 28). |
124 |
È giocoforza rilevare che, nel caso di specie, la Decisione è conforme ai suddetti requisiti di motivazione, atteso che essa indica la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e gli obiettivi generali che si propone di conseguire, facendo riferimento alla capacità di traduzione disponibile nell’ambito della Direzione generale della traduzione della Commissione. Dalla lettura della Decisione e dei documenti ai quali essa rinvia (v. supra, punti 5-7, 14 e 15) risulta chiaramente che essa intende, in considerazione della scarsità di risorse di traduzione, ridurre le domande di traduzione al fine di non eccedere le capacità disponibili. |
125 |
Erroneamente la Repubblica italiana e gli intervenienti invocano, a tal riguardo, un’asserita incoerenza tra la scarsità delle capacità di traduzione verso le lingue dei nuovi Stati membri e la mancanza di traduzione degli avvisi di posto vacante per il personale di inquadramento superiore verso tutte le lingue dei vecchi Stati membri. |
126 |
Infatti, la versione della Decisione allegata al ricorso e il documento PERS (2004) 203 della Commissione, al quale rinvia la versione della Decisione di cui al verbale della riunione della 1678a riunione della Commissione, si riferiscono, in termini generici, rispettivamente, «alla capacità di traduzione della Direzione generale della Traduzione» o al «sovraccarico di lavoro attuale» di tale direzione generale, e non esclusivamente alla capacità di traduzione verso le nuove lingue. Il riferimento, nei due documenti summenzionati, al documento 26 maggio 2004, SEC(2004) 638/6, che concerne le capacità di traduzione verso le nuove lingue ufficiali, non può portare ad una conclusione di segno opposto, dal momento che non si tratta dell’unico elemento di giustificazione della misura adottata dalla Decisione. |
127 |
In quarto luogo, occorre rilevare che, se è vero che la Commissione può legittimamente adottare le misure che le sembrano adeguate al fine di disciplinare gli aspetti della procedura di assunzione del proprio personale di inquadramento superiore, ciò non toglie che tali misure non possono sfociare in una discriminazione fondata sulla lingua tra i candidati a un determinato posto. |
128 |
Da una parte, una siffatta discriminazione è vietata expressis verbis dall’art. 1 quinquies, n. 1, dello Statuto, mentre il n. 6 dello stesso articolo prevede che, nel rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, qualsiasi limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale. |
129 |
Dall’altra parte, l’art. 27 dello Statuto osta, anch’esso, a che l’APN esiga da parte dei candidati ad un posto la conoscenza perfetta di una determinata lingua ufficiale, allorché tale requisito linguistico ha l’effetto di riservare detto posto ad una nazionalità determinata senza che ciò sia giustificato da motivi inerenti al buon funzionamento del servizio (sentenza della Corte 4 marzo 1964, causa 15/63, Lassalle/Parlamento, Racc. pag. 59, in particolare pagg. 72 e 73). |
130 |
Pertanto, se la Commissione decide di pubblicare nella Gazzetta ufficiale il testo integrale di un avviso di posto vacante per un posto di inquadramento superiore unicamente in alcune lingue, essa deve, al fine di evitare una discriminazione fondata sulla lingua tra i candidati potenzialmente interessati da tale avviso, adottare misure adeguate al fine di informare l’insieme di tali candidati dell’esistenza dell’avviso di posto vacante di cui trattasi e delle edizioni in cui esso è stato pubblicato integralmente. |
131 |
Nella misura in cui tale requisito risulti soddisfatto, la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale di un avviso di posto vacante della categoria prevista dalla Decisione in un numero limitato di lingue non è tale da provocare una discriminazione tra i diversi candidati se è pacifico che essi possiedono una sufficiente padronanza di almeno una di queste lingue, tale da consentire loro di prendere utilmente conoscenza del contenuto dell’avviso. |
132 |
A tale riguardo, occorre ricordare la giurisprudenza secondo la quale la circostanza che documenti indirizzati dall’amministrazione ad uno dei suoi funzionari siano redatti in una lingua diversa dalla lingua madre di tale funzionario o dalla prima lingua straniera scelta dallo stesso non costituisce alcuna violazione dei diritti di tale funzionario, se egli possiede una padronanza della lingua utilizzata dall’amministrazione tale da consentirgli di prendere effettivamente e facilmente conoscenza del contenuto dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenza Rasmussen/Commissione, citata supra al punto 117, punti 62-64). Tale conclusione è parimenti valida riguardo ad un atto indirizzato all’insieme dei funzionari o dei candidati a una procedura di selezione, quale l’avviso di posto vacante. |
133 |
Occorre parimenti ricordare che, alla luce dell’art. 28, lett. f), dello Statuto, il candidato ad una procedura di assunzione deve dimostrare una conoscenza approfondita di una delle lingue delle Comunità e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua delle Comunità nella misura necessaria alle funzioni che è chiamato a svolgere. Si tratta delle conoscenze linguistiche minime necessarie ai fini dell’assunzione dei funzionari comunitari, fermo restando che le istituizoni possono eventualmente fissare requisiti linguistici più restrittivi per l’assunzione ad un posto determinato (v., in tal senso, sentenza Pappas/Comitato delle regioni, citata supra al punto 43, punto 85). |
134 |
Infatti, quando le necessità del servizio o quelle dell’impiego lo esigono, l’istituzione interessata può legittimamente specificare le lingue di cui è richiesta la conoscenza approfondita o soddisfacente (v., a contrario, sentenza Lassalle/Parlamento, citata supra al punto 129, pagg.72 e 73; v. anche le conclusioni dell’avvocato generale Lagrange relativamente a tale sentenza, Racc. pag. 77, in particolare pag. 94). In quest’ultimo caso, la circostanza che il testo del rispettivo avviso di posto vacante sia unicamente disponibile in tali lingue non è tale da provocare una discriminazione tra candidati, dal momento che essi devono, tutti, avere la padronanza quantomeno di una di queste lingue. |
135 |
Per contro, la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del testo dell’avviso di posto vacante unicamente in alcune lingue comunitarie, quando invece anche soggetti che conoscano solo altre lingue comunitarie potrebbero presentare la loro candidatura, è tale da condurre, in assenza di altre misure intese a consentire a quest’ultima categoria di candidati potenziali di prendere utilmente conoscenza del contenuto di tale avviso, ad una discriminazione a loro danno. |
136 |
In tale ipotesi, infatti, i candidati di cui è causa si troverebbero in una posizione meno favorevole rispetto agli altri candidati, dato che non sarebbero in grado di prendere utilmente conoscenza delle qualifiche richieste dall’avviso di posto vacante nonché dei requisiti e delle regole della procedura di assunzione. Orbene, una siffatta conoscenza costituisce un presupposto necessario per la migliore presentazione possibile della loro candidatura, al fine di potersi giovare delle più ampie possibilità di essere scelti per il posto di cui è causa. |
137 |
Nel caso di specie, la Decisione prevede che le pubblicazioni esterne nella Gazzetta ufficiale degli avvisi di posto vacante per i posti di inquadramento superiore debbano essere effettuate, da quel momento, esclusivamente in tedesco, inglese e francese. Essa esclude pertanto la pubblicazione, nelle edizioni della Gazzetta ufficiale pubblicate nelle altre lingue comunitarie, del testo integrale degli avvisi di posto vacante di cui è causa, mentre non prevede né la pubblicazione in tali altre edizioni di un annuncio che informi dell’esistenza di detto avviso e rinvii alle edizioni tedesca, inglese e francese per averne il testo integrale, né l’adozione di altre misure equivalenti. |
138 |
In considerazione anche della circostanza che la Decisione stessa non è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale, al fine di avvertire i lettori delle edizioni diverse da quella tedesca, inglese e francese dell’importante cambiamento di prassi così introdotto, sussiste il serio rischio che i candidati potenziali la cui lingua madre sia diversa dalle tre lingue indicate nella Decisione non siano nemmeno informati dell’esistenza di un avviso di posto vacante che potrebbe interessarli. Anche se tali candidati avessero la padronanza quantomeno di una delle lingue tedesca, inglese o francese, non può presumersi che consulteranno un’edizione della Gazzetta ufficiale diversa da quella pubblicata nella loro lingua madre. |
139 |
Inoltre, occorre rilevare che la Decisione si riferisce, in termini generici, a tutte le procedure di assunzione a posti di inquadramento superiore della Commissione. In mancanza di indicazioni in tal senso nella Decisione o nell’avviso di posto vacante, non può presumersi che la conoscenza delle lingue tedesca, francese o inglese sia sempre indispensabile per occupare tali posti. A riprova di ciò, l’avviso di posto vacante, che riguarda proprio un posto di tale categoria, richiede solo «una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione europea e una conoscenza soddisfacente di un’altra di tali lingue». |
140 |
La circostanza, dedotta dalla Commisione, che il documento SEC(2004) 638/6 e l’avviso di posto vacante prevedano che le procedure di selezione per i posti di inquadramento superiore si svolgano esclusivamente nelle lingue tedesca, inglese o francese non può portare ad una conclusione di segno opposto. Infatti, se la Commissione ritiene che, per ragioni legittime, legate al buon funzionamento del servizio, la padronanza di almeno una delle lingue summenzionate sia necessaria, è tenuta a includere una disposizione in tal senso negli avvisi di posto vacante per tali posti. Poiché ciò non si è verificato nel caso di specie, occorre respingere detto argomento, senza che sia necessario pronunciarsi in ordine alle conseguenze, ai fini della regolarità delle procedure di selezione, della limitazione delle lingue da utilizzare nelle procedure stesse. |
141 |
Orbene, riguardo agli avvisi di posto vacante per posti di inquadramento superiore che non richiedono la conoscenza di almeno una delle tre suddette lingue, la Decisione non prevede alcuna misura che consenta ai potenziali candidati che non abbiano la padronanza di almeno una di tali lingue di prendere utilmente conoscenza del contenuto di tali avvisi, disponibili solo nelle tre lingue in questione. Né è previsto che detti candidati abbiano la possibilità di rivolgersi alla Commissione al fine di ottenere una traduzione dell’avviso di posto vacante di cui è causa. |
142 |
Risulta dalle suesposte considerazioni che l’applicazione della Decisione è idonea a sfociare in una discriminaizone fondata sulla lingua tra i candidati ad una procedura di selezione. |
143 |
Tuttavia, la Commissione fa valere, in sostanza, che l’eventualità di una discriminazione siffatta è piuttosto teorica. Le tre lingue scelte dalla Commissione sarebbero le lingue di lavoro interne della Commissione e almeno una di esse sarebbe, senza dubbio, conosciuta dagli interessati ai posti in oggetto, che sarebbero necessariamente persone altamente qualificate. Peraltro, in considerazione della scarsità delle capacità di traduzione, l’adozione della Decisione si ispirerebbe a considerazioni legate all’efficacia e al buon funzionamento della Commissione. |
144 |
Tale argomento non può essere accolto. Riguardo, anzitutto, alla circostanza che le tre lingue scelte dalla Decisione sarebbero le lingue interne di lavoro della Commissione, dalla giurisprudenza emerge che un’istituzione non può limitarsi a inviare a un funzionario una decisione individuale redatta in una di queste lingue di lavoro, ma deve accertarsi che detto funzionario abbia una sufficiente padronanza della lingua utilizzata, mentre in caso contrario spetta all’istituzione procuragli una traduzione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 23 marzo 2000, causa T-197/98, Rudolph/Commissione Racc. PI pagg. I-A-55 e II-241, punti 45-47, e Bonaiti Brighina/Commissione, citata supra al punto 118, punti 20 e 21). |
145 |
Alla luce di tale giurisprudenza, applicabile per analogia ai candidati a una procedura di assunzione, un’istituzione non può limitarsi a far uso, per gli avvisi relativi ai posti vacanti di cui dispone, delle lingue interne di lavoro, ma deve assicurarsi che tutti i candidati potenziali siano posti in grado di prendere utilmente conoscenza dell’esistenza e del contenuto degli avvisi di posto vacante in questione. |
146 |
In ogni caso, occorre ricordare che la Decisione concerne solo le pubblicazioni esterne nella Gazzetta ufficiale che, per loro stessa natura, si rivolgono parimenti a persone esterne alla Commissione, per le quali la circostanza che le lingue scelte per la pubblicazione siano le lingue interne di lavoro della Commissione è irrilevante. |
147 |
Occorre poi rilevare che è certamente esatto che i posti di inquadramento superiore sono destinati necessariamente a candidati particolarmente qualificati e che è pertanto probabile che vari candidati di lingua madre diversa dal tedesco, dall’inglese o dal francese possiedano una conoscenza soddisfacente dell’una o dell’altra di tali tre lingue, la cui conoscenza è piuttosto diffusa in Europa. Tuttavia, tale circostanza non è sufficiente a giustificare la misura adottata con la Decisione. |
148 |
Infatti, anche se tale ipotesi si verificasse nella specie, ciò non significa che detti candidati consultino le edizioni della Gazzetta ufficiale in queste tre lingue e non nella propria lingua madre. In ogni caso, la conoscenza delle lingue tedesca, inglese o francese non può presumersi da parte di tutti coloro che possiedono le qualifiche necessarie per i posti di inquadramento superiore. |
149 |
Infine, l’argomento relativo all’efficacia e al buon funzionamento della Commissione dev’essere anch’esso respinto. Considerazioni siffatte non possono giustificare una discriminazione vietata dallo Statuto. Come emerge dall’art. 1 quinquies, n. 6, dello Statuto, solo gli «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale», come le misure relative all’età pensionabile obbligatoria o all’età minima per beneficiare di una pensione di anzianità, di cui alla seconda frase di tale disposizione, sono idonei a giustificare una lesione dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. Orbene, la buona gestione delle capacità di traduzione non è ricompresa nella politica del personale, ai sensi dello Statuto. |
150 |
Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che, adottando la Decisione, la Commissione ha violato l’art. 1 quinquies dello Statuto. Del resto, essa ha parimenti violato, indirettamente, l’art. 27 dello Statuto, atteso che la misura adottata è tale da favorire, nell’ambito delle procedure di assunzione del personale di inquadramento superiore, candidati di alcune nazionalità, vale a dire quelli provenienti dai paesi in cui si parlano le lingue tedesca, inglese e francese come lingua madre, e da danneggiare quantomeno una parte dei candidati cittadini di altri Stati membri. |
151 |
Alla luce di quanto sopra, la Decisione deve essere annullata. L’avviso di posto vacante, pubblicato secondo le modalità previste nella Decisione, va anch’esso annullato. Certamente, la Commissione ha pubblicato nella stampa nazionale degli Stati membri annunci redatti in tutte le altre lingue, al fine di informare gli interessati della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’avviso di posto vacante, cui si faceva rinvio per più ampie informazioni. |
152 |
Anche a voler ritenere che la pubblicazione dei suddetti annunci sia sufficiente ad informare i candidati di lingua madre diversa dal tedesco, dall’inglese o dal francese dell’esistenza dell’avviso di posto vacante, deve necessariamente rilevarsi che la Commissione ha omesso di adottare misure per consentire a coloro che, di essi, non abbiano padronanza di alcune di queste tre lingue di prendere egualmente conoscenza del contenuto esatto di detto avviso. Le sole circostanze di fatto, invocate dalla Commissione, che l’istituzione non abbia ricevuto alcun reclamo di un candidato a tal riguardo, o che i cittadini italiani siano numericamente molto ben rappresentati tra le candidature ricevute non sono, di per sé, sufficienti per concludere nel senso che la suddetta omissione della Commissione non era idonea a ledere i diritti di alcuni candidati. |
153 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve accogliere il ricorso e annullare la Decisione e l’avviso di posto vacante. |
Sulle spese
154 |
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Peraltro, ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, di detto regolamento, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. |
155 |
Nel caso di specie, la Commissione è rimasta soccombente. Tuttavia, la Repubblica italiana non ha formulato alcuna domanda in ordine alle spese. Ciò premesso, occorre disporre che ciascuna parte sopporti le proprie spese. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Quinta Sezione) dichiara e statuisce: |
|
|
|
Vilaras Prek Ciucă Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 novembre 2008. Firme |
Indice
Contesto normativo |
|
Fatti |
|
Procedimento e conclusioni delle parti |
|
In diritto |
|
Sulla ricevibilità |
|
Sul diritto degli Stati membri di proporre un ricorso ai sensi dell’art. 230 CE contro gli atti delle istituzioni riguardanti i rapporti con i loro funzionari ed agenti |
|
— Argomenti delle parti |
|
— Giudizio del Tribunale |
|
Sulla qualificazione della Decisione e dell’avviso di posto vacante come atti impugnabili ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE |
|
— Argomenti delle parti |
|
— Giudizio del Tribunale |
|
Sui termini per la presentazione di un ricorso contro la Decisione |
|
— Argomenti delle parti |
|
— Giudizio del Tribunale |
|
Nel merito |
|
Argomenti delle parti |
|
Giudizio del Tribunale |
|
Sulle spese |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.