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Document 62005CJ0137

Sentenza della Corte (grande sezione) del 18 dicembre 2007.
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord contro Consiglio dell'Unione europea.
Regolamento (CE) n. 2252/2004 - Passaporti e documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri - Norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici - Validità.
Causa C-137/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-11593

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:805

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C‑137/05,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 21 marzo 2005,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalle sig.re C. Jackson e C. Gibbs, in qualità di agenti, assistite dal sig. A. Dashwood, barrister,

ricorrente,

sostenuto da:

Irlanda, rappresentata dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dai sigg. A. Collins, SC, e P. McGarry, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Repubblica slovacca, rappresentata dai sigg. R. Procházka e J. Čorba, nonché dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di agenti,

intervenienti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. J. Schutte e R. Szostak, nonché dalla sig.ra G. Giglio, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno di Spagna, rappresentato dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente,

Commissione delle Comunità europee , rappresentata dalla sig.ra C. O’Reilly, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e A. Tizzano, presidenti di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), J. N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. J.‑C. Bonichot, T. von Danwitz, A. Arabadjiev e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 marzo 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 luglio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con il suo ricorso il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede alla Corte, da un lato, di annullare il regolamento (CE) del Consiglio 13 dicembre 2004, n. 2252, relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri (GU L 385, pag. 1), e, dall’altro, di mantenerne gli effetti fino all’adozione di un nuovo regolamento che lo sostituisca, tranne laddove le disposizioni del detto regolamento n. 2252/2004 abbiano l’effetto di escludere il Regno Unito dalla partecipazione all’applicazione del regolamento stesso.

Contesto normativo

Il Protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda

2. Il titolo IV della terza parte del Trattato CE (in prosieguo: il «titolo IV») stabilisce le basi giuridiche che consentono l’adozione di misure in materia di visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone.

3. Il protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, inserito dal Trattato di Amsterdam quale allegato al Trattato UE e al Trattato CE (in prosieguo: il «protocollo sul titolo IV»), ha ad oggetto la partecipazione dei due detti Stati membri all’adozione di misure proposte a norma delle disposizioni contenute nel titolo IV.

4. L’art. 1 del protocollo sul titolo IV stabilisce che, fatto salvo l’art. 3 di tale protocollo, il Regno Unito e l’Irlanda non partecipano all’adozione delle misure proposte a norma del titolo IV, mentre l’art. 2 del medesimo protocollo dispone che tali misure non vincolano i detti Stati membri e non sono applicabili nei loro confronti.

5. L’art. 3 del protocollo sul titolo IV prevede quanto segue:

«1. Il Regno Unito o l’Irlanda possono notificare per iscritto al presidente del Consiglio, entro tre mesi dalla presentazione di una proposta o un’iniziativa al Consiglio, a norma del titolo IV (...), che desiderano partecipare all’adozione ed applicazione di una delle misure proposte; una volta effettuata detta notifica tali Stati sono abilitati a partecipare. (…)

(...)

2. Se una misura di cui al paragrafo 1 non può essere adottata entro un congruo periodo di tempo con la partecipazione del Regno Unito o dell’Irlanda, essa può essere adottata dal Consiglio a norma dell’articolo 1 senza la partecipazione del Regno Unito o dell’Irlanda. In tal caso si applica l’articolo 2».

6. L’art. 4 del protocollo sul titolo IV conferisce al Regno Unito e all’Irlanda il diritto di aderire, in qualsiasi momento, a misure già adottate nell’ambito del titolo IV. In tal caso si applica, con gli opportuni adattamenti, la procedura prevista dall’art. 11, n. 3, CE.

7. Ai sensi dell’art. 7 del protocollo sul titolo IV, «[g]li articoli 3 e 4 non pregiudicano il protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea».

Il protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea

8. A norma dell’art. 1 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, allegato dal Trattato di Amsterdam al Trattato UE e al Trattato CE (in prosieguo: il «protocollo di Schengen»), tredici Stati membri dell’Unione europea sono autorizzati ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nell’ambito di applicazione dell’acquis di Schengen, quale definito nell’allegato del detto protocollo.

9. In particolare, rientrano nell’acquis di Schengen così definito l’Accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen (Lussemburgo) il 14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13; in prosieguo: l’«accordo di Schengen»), nonché la Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»), firmata anch’essa a Schengen il 19 giugno 1990. Tali due atti costituiscono congiuntamente gli «accordi di Schengen».

10. L’art. 4 del protocollo di Schengen recita:

«L’Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, i quali non sono vincolati dall’acquis di Schengen, possono, in qualsiasi momento, chiedere di partecipare, in tutto o in parte, alle disposizioni di detto acquis.

Il Consiglio decide in merito a tale richiesta all’unanimità dei suoi membri di cui all’articolo 1 e del rappresentante del governo dello Stato interessato».

11. L’art. 5 del protocollo di Schengen così dispone:

«1. Le proposte e le iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen sono soggette alle pertinenti disposizioni dei trattati.

In tale contesto, laddove l’Irlanda o il Regno Unito, o entrambi, non abbiano notificato per iscritto al presidente del Consiglio, entro un congruo periodo di tempo, che desiderano partecipare, l’autorizzazione di cui all’articolo 11 del Trattato che istituisce la Comunità europea o all’articolo 40 del Trattato sull’Unione europea si considera concessa agli Stati membri di cui all’articolo 1 nonché all’Irlanda e al Regno Unito, laddove uno di essi desideri partecipare ai settori di cooperazione in questione.

2. Le pertinenti disposizioni dei trattati di cui al paragrafo 1, primo comma, si applicano anche nel caso in cui il Consiglio non abbia adottato le misure di cui all’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma».

12. L’art. 8 del protocollo di Schengen così dispone:

«Ai fini dei negoziati relativi all’adesione di nuovi Stati membri all’Unione europea, l’acquis di Schengen e le ulteriori misure adottate dalle istituzioni nell’ambito del suo campo di applicazione sono considerati un acquis che deve essere accettato integralmente da tutti gli Stati candidati all’adesione».

Le dichiarazioni relative al protocollo di Schengen

13. Nella dichiarazione n. 45, relativa all’art. 4 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, le Alte Parti contraenti invitano il Consiglio a chiedere il parere della Commissione delle Comunità europee prima di decidere su una richiesta formulata a norma del detto art. 4. Esse «si impegnano inoltre ad adoperarsi per consentire all’Irlanda o al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, qualora intendano farlo, di avvalersi delle disposizioni dell’articolo 4 di detto protocollo, in modo che il Consiglio sia in grado di adottare le decisioni previste in tale articolo alla data di entrata in vigore del protocollo stesso o, successivamente, in qualsiasi momento».

14. Ai termini della dichiarazione n. 46, relativa all’art. 5 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, le Alte Parti contraenti «si impegnano ad adoperarsi per rendere possibile l’azione tra tutti gli Stati membri nei settori dell’acquis di Schengen, in particolare quando l’Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord abbiano accettato, in tutto o in parte, le disposizioni di tale acquis, a norma dell’articolo 4 del [protocollo di Schengen]».

La decisione 2000/365/CE

15. A norma dell’art. 4, secondo comma, del protocollo di Schengen, il Consiglio ha adottato, in data 29 maggio 2000, la decisione 2000/365/CE, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen (GU L 131, pag. 43).

16. L’art. 1 della detta decisione elenca le disposizioni dell’acquis di Schengen alle quali il Regno Unito partecipa.

17. L’art. 8, n. 2, della decisione 2000/365 così dispone:

«A decorrere dalla data di adozione della presente decisione si considera [...] che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord abbia notificato [irrevocabilmente] al presidente del Consiglio, ai sensi dell’articolo 5 del protocollo Schengen, che desidera partecipare a tutte le proposte e iniziative basate sull’acquis di Schengen di cui all’articolo 1. Tale partecipazione riguarda i territori di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2 rispettivamente, nella misura in cui le proposte e iniziative siano basate sulle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui detti territori sono vincolati».

Il regolamento n. 2252/2004

18. Come risulta dal suo preambolo, il regolamento n. 2252/2004 è stato adottato sulla base dell’art. 62, punto 2, lett. a), CE.

19. Il secondo, il terzo e il quarto ‘considerando’ del detto regolamento sono così formulati:

«(2) Le norme minime di sicurezza per i passaporti sono state introdotte dalla risoluzione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 17 ottobre 2000 (...). È ora opportuno aggiornare tale risoluzione con un provvedimento comunitario, per rafforzare e uniformare le norme di sicurezza dei passaporti e dei documenti di viaggio onde tutelarli dalla falsificazione. Al contempo dovrebbero essere introdotti nei passaporti o nei documenti di viaggio identificatori biometrici, onde creare un collegamento affidabile tra il legittimo titolare e il documento.

(3) L’armonizzazione delle caratteristiche di sicurezza e l’inserimento di identificatori biometrici costituiscono una tappa importante verso l’utilizzo di nuovi elementi, in prospettiva di futuri sviluppi a livello europeo, atti a rendere più sicuro il documento di viaggio e a creare un collegamento più affidabile tra il titolare e il passaporto e il documento di viaggio, in quanto contribuiscono in maniera significativa alla protezione contro l’uso fraudolento. Dovrebbero essere tenute in considerazione le specifiche dell’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile (ICAO) e, in particolare, quelle di cui al documento 9303 sui documenti di viaggio leggibili a macchina.

(4) Il presente regolamento si limita ad armonizzare le caratteristiche di sicurezza[, compresi gli] identificatori biometrici[, dei] passaporti e [dei] documenti di viaggio [rilasciati dagli] Stati membri. La designazione delle autorità e degli organismi autorizzati ad accedere ai dati contenuti nel supporto di memorizzazione dei documenti è di competenza nazionale, fatte salve eventuali pertinenti disposizioni di diritto comunitario, di diritto dell’Unione europea o di accordi internazionali».

20. Dal decimo, dall’undicesimo e dal dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2252/2004 risulta che quest’ultimo costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen, con la conseguenza che:

– il Regno di Danimarca, che non partecipa all’adozione del detto regolamento e che non è da esso vincolato né è soggetto alla sua applicazione, dispone di un termine di sei mesi a partire dall’adozione del regolamento stesso per decidere se recepirlo o no nel proprio ordinamento interno;

– l’Irlanda e il Regno Unito non partecipano all’adozione del detto regolamento, e non sono ad esso vincolati né sono soggetti alla sua applicazione.

21. L’undicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2252/2004, riguardante il Regno Unito, è formulato nei seguenti termini:

«Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen alle quali il Regno Unito non partecipa ai sensi della decisione 2000/365 (...). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato e non è soggetto alla sua applicazione».

22. L’art. 1 del regolamento n. 2252/2004 così dispone:

«1. I passaporti e i documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri sono conformi alle norme minime di sicurezza specificate nell’allegato.

2. I passaporti e i documenti di viaggio hanno un supporto di memorizzazione che contiene un’immagine del volto. Gli Stati membri aggiungono inoltre le impronte digitali in formato interoperativo. I dati debbono essere protetti e il supporto di memorizzazione è dotato di capacità sufficiente e della capacità di garantire l’integrità, l’autenticità e la riservatezza dei dati.

3. Il presente regolamento si applica ai passaporti e ai documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri. Non si applica alle carte di identità rilasciate dagli Stati membri ai loro cittadini, o a passaporti e documenti di viaggio temporanei di validità pari o inferiore a 12 mesi».

23. L’art. 2 del detto regolamento stabilisce quanto segue:

«Le specifiche tecniche complementari per i passaporti e i documenti di viaggio, relative ai punti elencati in prosieguo, sono fissate secondo la procedura di cui all’articolo 5, paragrafo 2:

a) ulteriori caratteristiche e requisiti di sicurezza, comprese le norme atte a rafforzare la protezione contro la contraffazione e la falsificazione;

b) specifiche tecniche relative al supporto di memorizzazione delle caratteristiche biometriche e alla relativa sicurezza, compresa la prevenzione di un accesso non autorizzato;

c) requisiti qualitativi e norme comuni relativi all’immagine del volto e alle impronte digitali».

24. L’art. 3 del regolamento n. 2252/2004 prescrive:

«1. Secondo la procedura di cui all’articolo 5, paragrafo 2, può essere deciso che le specifiche menzionate nell’articolo 2 siano segrete e non destinate alla pubblicazione. In tal caso esse sono comunicate solo agli organismi designati dagli Stati membri come responsabili della stampa e alle persone debitamente autorizzate da uno Stato membro o dalla Commissione.

2. Ciascuno Stato membro designa un organismo responsabile della stampa dei passaporti e dei documenti di viaggio. Esso comunica il nome dell’organismo alla Commissione e agli altri Stati membri. Lo stesso organismo può essere designato a tal fine da due o più Stati membri. Ogni Stato membro conserva la facoltà di cambiare l’organismo da esso designato, provvedendo a informarne la Commissione e gli altri Stati membri».

Fatti all’origine del ricorso

25. Il 18 febbraio 2004 la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta di regolamento riguardante le norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti rilasciati dagli Stati membri ai cittadini dell’Unione.

26. Il 19 maggio 2004 il Regno Unito ha informato il Consiglio della propria intenzione di partecipare all’adozione del regolamento n. 2252/2004. Il detto Stato membro ha fatto riferimento, in tale contesto, alla procedura di notifica prevista dall’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen, nonché a quella stabilita nel protocollo sul titolo IV.

27. Il 13 dicembre 2004 il Consiglio ha adottato il regolamento n. 2252/2004. Malgrado la notifica del 19 maggio 2004, il Regno Unito non è stato ammesso a partecipare all’adozione di tale regolamento a motivo del fatto che quest’ultimo costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen alle quali il detto Stato membro non partecipa ai sensi della decisione 2000/365.

28. Ritenendo che il rifiuto del Consiglio di ammetterlo a partecipare all’adozione del regolamento n. 2252/2004 costituisse una violazione dell’art. 5 del protocollo di Schengen, il Regno Unito ha proposto il presente ricorso.

Conclusioni delle parti

29. Il Regno Unito chiede che la Corte voglia:

– annullare il regolamento n. 2252/2004;

– decidere, in applicazione dell’art. 231 CE, che, a seguito dell’annullamento del regolamento n. 2252/2004 e in attesa dell’adozione di una nuova normativa in materia, le disposizioni del detto regolamento continueranno ad applicarsi, tranne laddove esse abbiano l’effetto di escludere il Regno Unito dalla partecipazione all’applicazione del regolamento stesso;

– condannare il Consiglio alle spese.

30. Il Consiglio conclude chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna del Regno Unito alle spese del procedimento.

31. Con ordinanza del presidente della Corte 8 settembre 2005, l’Irlanda e la Repubblica slovacca sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno Unito, mentre il Regno di Spagna, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione delle Comunità europee sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio .

Sul ricorso

Argomenti delle parti

32. In via principale, il Regno Unito fa valere che il Consiglio, nell’escludere esso Stato membro dalla procedura di adozione del regolamento n. 2252/2004, si è basato su un’interpretazione errata del protocollo di Schengen ed ha violato l’art. 5 di quest’ultimo.

33. A suo avviso, infatti, non è lecito ritenere che il sistema istituito dall’art. 5 del protocollo di Schengen sia subordinato a quello previsto dall’art. 4 del medesimo protocollo. Gli artt. 4 e 5 del protocollo sarebbero indipendenti l’uno dall’altro, sicché il Regno Unito, per poter partecipare a misure adottate sulla base di tale art. 5, non dovrebbe per forza essere stato preventivamente ammesso, a norma del citato art. 4, a prendere parte all’acquis di Schengen corrispondente.

34. A sostegno delle proprie tesi, il Regno Unito fa valere in particolare che l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen sostenuta dal Consiglio risulta contraddetta dall’economia sistematica e dal tenore letterale delle due disposizioni in questione, e che essa travisa la natura stessa del meccanismo istituito dal detto art. 5 ed è altresì incompatibile con la dichiarazione n. 46, relativa all’art. 5 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea.

35. Inoltre, secondo il detto Stato membro, tale interpretazione priverebbe l’art. 5 del protocollo di Schengen del suo effetto utile, consistente, in particolare, nel garantire la massima partecipazione del Regno Unito e dell’Irlanda alle misure basate sull’acquis di Schengen, e non sarebbe necessaria né per salvaguardare l’effetto utile dell’art. 7 del protocollo sul titolo IV né per preservare l’integrità dell’acquis di Schengen. Ad ogni modo, un’interpretazione di questo tipo avrebbe effetti ampiamente sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito e – vista la nozione «estesa ed imprecisa» che il Consiglio ha di ciò che occorre intendere per «proposte e iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen», come confermerebbe la sua prassi attuale – avrebbe come conseguenza che il meccanismo previsto dal succitato art. 5 potrebbe funzionare in modo incompatibile con il principio di certezza del diritto nonché con i principi fondamentali che disciplinano le cooperazioni rafforzate.

36. In via subordinata, il Regno Unito fa valere che, se l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen propugnata dal Consiglio fosse esatta, l’espressione «proposte e iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen» di cui all’art. 5, n. 1, primo comma, del detto protocollo dovrebbe essere intesa come riguardante soltanto le misure intrinsecamente connesse all’acquis di Schengen (misure «integralmente Schengen»), qual è il caso delle misure che modificano disposizioni rientranti nel detto acquis e alle quali il Regno Unito non potrebbe aderire senza aver previamente accettato le disposizioni che danno luogo a modifica. Per contro, non rientrerebbero nell’ambito di applicazione della detta disposizione le misure semplicemente «connesse a Schengen», vale a dire quelle che, seppur concepite per sviluppare o completare taluni obiettivi dell’acquis di Schengen, non sono connesse a tale acquis in maniera così stretta che l’integrità del medesimo ne risulterebbe pregiudicata qualora uno Stato membro non partecipante ad esso potesse comunque prendere parte all’adozione di misure siffatte. Ne conseguirebbe che, in sede di adozione di misure rientranti in quest’ultima categoria, la posizione del Regno Unito non sarebbe disciplinata dalle disposizioni del detto protocollo, bensì, a seconda dei casi, da quelle del protocollo sul titolo IV o dalle pertinenti disposizioni del «terzo pilastro». Orbene, poiché il regolamento n. 2252/2004 dovrebbe essere considerato come rientrante in questa stessa categoria di misure, al Regno Unito non avrebbe dovuto essere impedita la partecipazione alla sua adozione.

37. Il Consiglio sostiene, in primo luogo, che l’obiettivo dell’art. 5 del protocollo di Schengen non è, contrariamente a quanto sostenuto dal Regno Unito, di riconoscere un diritto a quest’ultimo, bensì di garantire agli Stati membri che partecipano alla totalità dell’acquis di Schengen che le loro azioni non verranno rimesse in discussione a motivo della riluttanza degli altri Stati membri a prendere parte a queste ultime. Il tenore letterale della detta disposizione confermerebbe d’altronde tale interpretazione in quanto, a differenza delle formulazioni utilizzate all’art. 4 del medesimo protocollo e all’art. 3 del protocollo sul titolo IV, non riconoscerebbe espressamente un diritto siffatto.

38. Ad avviso del Consiglio, l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, del protocollo di Schengen sostenuta dal Regno Unito è idonea a svuotare del suo effetto utile la procedura di autorizzazione prevista dall’art. 4 del medesimo protocollo, in quanto, nel caso in cui ad uno Stato membro fosse stato rifiutato, ai sensi di tale norma, il diritto di partecipare all’adozione di una determinata misura, tale Stato potrebbe comunque prendere parte a qualsiasi provvedimento per lo sviluppo del settore in questione facendo ricorso alla procedura prevista dal detto art. 5. In tal modo, l’integrità dell’acquis di Schengen non sarebbe più garantita e anche l’art. 7 del protocollo sul titolo IV – ai sensi del quale gli artt. 3 e 4 di tale protocollo vanno intesi senza pregiudizio delle disposizioni del protocollo di Schengen – verrebbe privato di effetto utile.

39. In secondo luogo, il Consiglio fa valere che la distinzione operata dal Regno Unito tra le misure «integralmente Schengen» e le sedicenti misure semplicemente «connesse a Schengen» non trova alcun riscontro né nel diritto primario né nel diritto derivato. A questo proposito, la detta istituzione osserva che la definizione proposta dal Regno Unito per quanto riguarda le misure «connesse a Schengen» è fondata su un falso intendimento di ciò che potrebbe costituire una minaccia per l’integrità dell’acquis di Schengen, e che la distinzione in questione crea un’incertezza giuridica inutile, determinando una divergenza del significato da attribuire all’espressione «misura di sviluppo dell’acquis di Schengen», a seconda che si tratti di adottare una misura applicabile alla Repubblica d’Islanda e al Regno di Norvegia oppure al Regno Unito e all’Irlanda.

40. In terzo luogo, il Consiglio sottolinea che la sua posizione è perfettamente compatibile con il principio di proporzionalità nonché con le norme applicabili in materia di cooperazione rafforzata. Infatti, da un lato, gli autori del Trattato non sarebbero vincolati al principio di proporzionalità. Dall’altro, le disposizioni dei Trattati UE e CE che disciplinano le cooperazioni rafforzate si intenderebbero senza pregiudizio per quelle del protocollo di Schengen.

41. L’Irlanda ritiene che l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen propugnata dal Regno Unito sia conforme al tenore letterale di tali disposizioni e corrisponda alla prassi attuale del Consiglio per quanto riguarda le misure relative all’acquis di Schengen alle quali il Regno Unito e l’Irlanda sono stati ammessi a partecipare. Tale interpretazione sarebbe d’altronde corroborata dalle varie dichiarazioni relative al protocollo di Schengen allegate all’atto finale del Trattato di Amsterdam. Inoltre, il Consiglio non sarebbe in grado di dimostrare il rischio concreto di pregiudizio per l’acquis di Schengen in caso di partecipazione del Regno Unito all’adozione del regolamento n. 2252/2004.

42. Secondo la Repubblica slovacca, il diritto del Regno Unito di partecipare all’adozione del regolamento n. 2252/2004 dipende dall’assenza di minaccia per l’integrità e la coerenza dell’acquis di Schengen già applicato. Spetterebbe al Consiglio, una volta che esso neghi tale diritto al Regno Unito, fornire la prova che la partecipazione di tale Stato membro all’applicazione del detto regolamento costituisce una minaccia siffatta. Orbene, nel caso di specie, tale minaccia non sussisterebbe.

43. Il Regno di Spagna afferma che il ricorso del Regno Unito è privo di fondamento. Infatti, da un lato, la domanda principale del Regno Unito si fonderebbe sull’attribuzione a quest’ultimo di un ipotetico diritto conferito da un articolo del protocollo di Schengen che quest’ultimo non gli riconoscerebbe. L’interpretazione sostenuta dal Regno Unito implicherebbe un rischio certo per le misure già adottate grazie alla cooperazione rafforzata istituita dal detto protocollo, in quanto essa metterebbe in pericolo l’integrità e la coerenza dell’acquis di Schengen. Dall’altro lato, la domanda proposta in via subordinata dal Regno Unito trascurerebbe il fatto che è compito del Consiglio stabilire quali sono le misure da considerarsi basate sull’acquis di Schengen e che non spetta ad uno Stato membro non aderente agli accordi di Schengen procedere a tale determinazione.

44. Il Regno dei Paesi Bassi fa valere che il protocollo di Schengen tiene conto della particolare situazione in cui si trovano il Regno Unito e l’Irlanda rispetto all’acquis di Schengen, prevedendo, all’art. 4, la possibilità per tali Stati membri di partecipare in futuro a tale acquis e garantendo, attraverso l’art. 5, n. 1, secondo comma, che tale partecipazione non possa successivamente dar luogo ad un ristagno dello sviluppo dell’acquis in questione. Non esistendo alcun argomento che consenta di sostenere validamente che la partecipazione, ai sensi dell’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen, del Regno Unito o dell’Irlanda ad una misura di sviluppo dell’acquis di Schengen sia subordinata ad una procedura meno gravosa rispetto a quella prevista dall’art. 4 del medesimo protocollo, che disciplina la partecipazione di tali due Stati membri alle disposizioni dell’acquis stesso, occorrerebbe interpretare il detto art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen nel senso propugnato dal Consiglio.

45. La Commissione sottolinea che la caratteristica principale della cooperazione rafforzata in generale e dell’acquis di Schengen in particolare è la loro integrità. La salvaguardia e la protezione di tale integrità nonché la coerenza dell’acquis di Schengen sarebbero dunque esigenze essenziali. Il protocollo di Schengen contemplerebbe invero una partecipazione parziale di uno Stato membro non aderente agli accordi di Schengen, ma non si spingerebbe fino a prevedere una scelta «à la carte» degli Stati membri interessati, implicante un miscuglio di cooperazioni e di obblighi.

46. Secondo la Commissione, l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen propugnata dal Regno Unito è contraria all’economia sistematica e alla logica di tale protocollo ed è dannosa per la coerenza e l’integrità dell’acquis di Schengen.

47. La detta istituzione ritiene inoltre che l’espressione «che si baseranno sull’acquis di Schengen», contenuta all’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen, non comporti una nozione «estesa ed imprecisa» delle misure che possono essere adottate dagli Stati membri partecipanti ad un’azione di cooperazione rafforzata, mentre la decisione consistente nel qualificare una proposta come «misura basata sull’acquis di Schengen» non si distinguerebbe affatto da quella intesa a determinare la base giuridica appropriata per l’adozione di un atto giuridico comunitario.

48. Infine, quanto al regolamento n. 2252/2004, la Commissione ricorda che l’obiettivo di quest’ultimo è di rendere più sicuri i passaporti e di creare un collegamento più affidabile tra questi ed il loro titolare, procedendo all’armonizzazione delle loro caratteristiche di sicurezza ed all’inserimento di identificatori biometrici. Orbene, tale obiettivo sarebbe intimamente connesso al controllo delle frontiere esterne, il rafforzamento delle quali costituisce il nucleo stesso della cooperazione istituita dagli accordi di Schengen. Il detto regolamento si inserirebbe perfettamente in tale logica, in quanto consente di accrescere l’efficacia e l’armonizzazione dei controlli alle frontiere esterne.

Giudizio della Corte

49. Al fine di statuire sugli argomenti addotti in via principale dal Regno Unito, occorre verificare se l’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen debba essere interpretato nel senso che può applicarsi soltanto alle proposte e alle iniziative fondate su un settore dell’acquis di Schengen al quale il Regno Unito e/o l’Irlanda sono stati ammessi a partecipare a norma dell’art. 4 del medesimo protocollo, oppure se, al contrario, le due disposizioni in questione debbano essere considerate, così come sostenuto dal primo Stato membro suindicato, indipendenti l’una dall’altra.

50. A questo proposito, occorre rilevare che, come risulta dal punto 68 della sentenza della Corte in data odierna, causa C‑77/05, Regno Unito/Consiglio (Racc. pag. I‑11459), l’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen deve essere interpretato nel senso che può applicarsi soltanto alle proposte e alle iniziative basate su un settore dell’acquis di Schengen al quale il Regno Unito e/o l’Irlanda sono stati ammessi a partecipare a norma dell’art. 4 del medesimo protocollo.

51. Ne consegue che l’argomentazione addotta in via principale dal Regno Unito a sostegno del presente ricorso di annullamento deve essere respinta perché infondata.

52. Quanto agli argomenti dedotti in subordine dal Regno Unito, occorre anzitutto rilevare come la distinzione operata da tale Stato membro tra le misure che esso qualifica come «integralmente Schengen» e quelle che esso ritiene semplicemente «connesse a Schengen» non trovi alcun fondamento né nei Trattati CE e UE, né nel diritto comunitario derivato.

53. Occorre poi rilevare come lo stesso Regno Unito, pur contestando la qualificazione operata dal Consiglio, riconosca che il regolamento n. 2252/2004 presenta un collegamento con disposizioni dell’acquis di Schengen, in quanto ritiene che si tratti comunque di una misura «connessa a Schengen».

54. Malgrado tali considerazioni, e a dispetto della circostanza che, nel caso di specie, la qualificazione asseritamente erronea addebitata al Consiglio non è direttamente connessa alla scelta della base giuridica utilizzata per l’adozione del regolamento n. 2252/2004, vale a dire l’art. 62, punto 2, lett. a), CE, occorre constatare che, come avviene nel caso della scelta della base giuridica di un atto comunitario, la qualificazione, da parte del Consiglio, del regolamento n. 2252/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen ha avuto un’incidenza diretta sulla determinazione delle disposizioni che disciplinano la procedura di adozione di tale regolamento e, di conseguenza, anche sulla possibilità per il Regno Unito di partecipare a tale procedura.

55. Infatti, dato che l’esercizio da parte del Regno Unito della facoltà di partecipare all’adozione di una proposta presentata ai sensi delle disposizioni del titolo IV non è subordinato, in forza dell’art. 3, n. 1, del protocollo sul titolo IV, al rispetto di altre condizioni oltre a quella del termine di notifica previsto da quest’ultima disposizione, la qualificazione del regolamento n. 2252/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen ha avuto un’incidenza diretta sui diritti riconosciuti al detto Stato membro.

56. Alla luce di tale constatazione, e per analogia con i principi vigenti in materia di scelta della base giuridica di un atto comunitario, occorre affermare che, in una situazione quale quella presente, la qualificazione di un atto comunitario come proposta o iniziativa basata sull’acquis di Schengen ai sensi dell’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale, tra i quali rientrano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v. sentenze 11 giugno 1991, causa C‑300/89, Commissione/Consiglio, detta «Diossido di titanio», Racc. pag. I‑2867, punto 10; 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑7879, punto 45, e 23 ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑9097, punto 61).

57. È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene il Regno Unito, il Consiglio fosse privo della legittimazione a qualificare il regolamento n. 2252/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen.

58. Quanto alla finalità del regolamento n. 2252/2004, dal secondo e dal terzo ‘considerando’ di quest’ultimo, nonché dal suo art. 4, n. 3, risulta che esso mira a contrastare la falsificazione e l’utilizzazione fraudolenta dei passaporti e degli altri documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri.

59. Al fine di realizzare tale obiettivo, il regolamento n. 2252/2004 procede, come risulta dai suoi artt. 1 e 2, all’armonizzazione ed al miglioramento delle norme minime di sicurezza alle quali debbono rispondere i passaporti e i documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri, e prevede l’inserimento, in tali documenti, di un certo numero di elementi biometrici riguardanti i titolari dei documenti stessi.

60. In tale contesto occorre ricordare che, come statuito dalla Corte al punto 84 della citata sentenza Regno Unito/Consiglio, i controlli sulle persone alle frontiere esterne degli Stati membri e, di conseguenza, l’efficace attuazione delle norme comuni in materia di criteri e procedure relativi a tali controlli devono essere considerati come elementi rientranti nell’ambito dell’acquis di Schengen.

61. Ai sensi del combinato disposto delle norme di cui all’art. 6, n. 2, lett. b) e c), della CAAS, il quale detta i principi uniformi che disciplinano i controlli alle frontiere esterne degli Stati membri, tutte le persone devono subire per lo meno un controllo che consenta di accertarne l’identità in base alla presentazione o all’esibizione dei documenti di viaggio, ed occorre, se del caso, sottoporrle ad un controllo approfondito comprendente l’individuazione e la prevenzione di minacce per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico degli Stati membri firmatari della CAAS.

62. Le modalità del controllo previsto dalla CAAS sono fissate nel manuale comune adottato dal comitato esecutivo istituito da tale convenzione (GU 2002, C 313, pag. 97), il quale fa parte dell’acquis di Schengen quale definito all’art. 1 del protocollo di Schengen.

63. All’interno della parte II di tale manuale comune, intitolata «Controllo alle frontiere», il punto 1.3.1. stabilisce che il controllo minimo per l’accertamento dell’identità, ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. b), della CAAS, consiste nell’accertare l’identità della persona in base ai documenti di viaggio presentati o esibiti e nel verificare in modo semplice e rapido la validità del documento che consente di attraversare la frontiera e la presenza di indizi di falsificazione o di contraffazione.

64. Risulta dal punto 1.3.2.1. della detta parte del manuale comune, relativo alle modalità del controllo approfondito ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. c), della CAAS, che tale controllo comporta un esame approfondito della validità e dell’autenticità del documento di viaggio presentato al passaggio della frontiera.

65. Pertanto, atteso che la verifica dell’autenticità dei passaporti e degli altri documenti di viaggio costituisce l’elemento principale dei controlli sulle persone alle frontiere esterne, le misure che consentono un accertamento più facile e sicuro di tale autenticità e dell’identità del titolare del documento in questione debbono essere considerate idonee a garantire e a migliorare l’efficacia di tali controlli e, dunque, della gestione integrata delle frontiere esterne istituita dall’acquis di Schengen.

66. Tenuto conto della finalità e del contenuto del regolamento n. 2252/2004, come analizzati ai punti 58 e 59 della presente sentenza, occorre in conclusione affermare che il detto regolamento costituisce una misura basata sull’acquis di Schengen ai sensi dell’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen.

67. Stanti tali premesse, il Consiglio ha correttamente qualificato il regolamento n. 2252/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen.

68. Ne consegue che neppure gli argomenti addotti in via subordinata dal Regno Unito possono essere accolti.

69. Pertanto, le conclusioni del Regno Unito intese ad ottenere l’annullamento del regolamento n. 2252/2004 non possono essere accolte e, di conseguenza, non vi è luogo per una pronuncia della Corte sulla domanda del detto Stato membro riguardante il mantenimento degli effetti di tale regolamento.

70. Alla luce di tali premesse, occorre respingere il ricorso proposto dal Regno Unito.

Sulle spese

71. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il Regno Unito, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 4, primo comma, dello stesso regolamento, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti in giudizio sopportano le proprie spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

3) Il Regno di Spagna, l’Irlanda, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica slovacca, nonché la Commissione delle Comunità europee, sopportano le proprie spese.

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