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Document 62005CJ0077

Sentenza della Corte (grande sezione) del 18 dicembre 2007.
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord contro Consiglio dell'Unione europea.
Regolamento (CE) n. 2007/2004 - Istituzione dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea - Validità.
Causa C-77/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-11459

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:803

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C‑77/05,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 14 febbraio 2005,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord , rappresentato dalle sig.re E. O’Neill e C. Gibbs, in qualità di agenti, assistite dal sig. A. Dashwood, barrister,

ricorrente,

sostenuto da:

Irlanda , rappresentata dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dai sigg. A. Collins, SC, e P. McGarry, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Repubblica di Polonia , rappresentata dal sig. J. Pietras, in qualità di agente,

Repubblica slovacca , rappresentata dai sigg. R. Procházka e J. Čorba, nonché dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di agenti,

intervenienti,

contro

Consiglio dell’Unione europea , rappresentato dai sigg. J. Schutte e R. Szostak, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno di Spagna , rappresentato dal sig. J. M. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Commissione delle Comunità europee , rappresentata dalla sig.ra C. O’Reilly, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e A. Tizzano, presidenti di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), J. N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. J.‑C. Bonichot, T. von Danwitz, A. Arabadjiev e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 marzo 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 luglio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con il suo ricorso il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede alla Corte, da un lato, di annullare il regolamento (CE) del Consiglio 26 ottobre 2004, n. 2007, che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 349, pag. 1), e, dall’altro, di mantenerne gli effetti fino all’adozione di un nuovo regolamento che lo sostituisca, tranne laddove le disposizioni del detto regolamento n. 2007/2004 abbiano l’effetto di escludere il Regno Unito dalla partecipazione all’applicazione del regolamento stesso.

Contesto normativo

Il Protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda

2. Il titolo IV della terza parte del Trattato CE (in prosieguo: il «titolo IV») stabilisce le basi giuridiche che consentono l’adozione di misure in materia di visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone.

3. Il protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, inserito dal Trattato di Amsterdam quale allegato al Trattato UE e al Trattato CE (in prosieguo: il «protocollo sul titolo IV»), ha ad oggetto la partecipazione dei due detti Stati membri all’adozione di misure proposte a norma delle disposizioni contenute nel titolo IV.

4. L’art. 1 del protocollo sul titolo IV stabilisce che, fatto salvo l’art. 3 di tale protocollo, il Regno Unito e l’Irlanda non partecipano all’adozione delle misure proposte a norma del titolo IV, mentre l’art. 2 del medesimo protocollo dispone che tali misure non vincolano i detti Stati membri e non sono applicabili nei loro confronti.

5. L’art. 3 del protocollo sul titolo IV prevede quanto segue:

«1. Il Regno Unito o l’Irlanda possono notificare per iscritto al presidente del Consiglio, entro tre mesi dalla presentazione di una proposta o un’iniziativa al Consiglio, a norma del titolo IV (...), che desiderano partecipare all’adozione ed applicazione di una delle misure proposte; una volta effettuata detta notifica tali Stati sono abilitati a partecipare. (…)

(...)

2. Se una misura di cui al paragrafo 1 non può essere adottata entro un congruo periodo di tempo con la partecipazione del Regno Unito o dell’Irlanda, essa può essere adottata dal Consiglio a norma dell’articolo 1 senza la partecipazione del Regno Unito o dell’Irlanda. In tal caso si applica l’articolo 2».

6. L’art. 4 del protocollo sul titolo IV conferisce al Regno Unito e all’Irlanda il diritto di aderire, in qualsiasi momento, a misure già adottate nell’ambito del titolo IV. In tal caso si applica, con gli opportuni adattamenti, la procedura prevista dall’art. 11, n. 3, CE.

7. Ai sensi dell’art. 7 del protocollo sul titolo IV, «[g]li articoli 3 e 4 non pregiudicano il protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea».

Il protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea

8. A norma dell’art. 1 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, allegato dal Trattato di Amsterdam al Trattato UE e al Trattato CE (in prosieguo: il «protocollo di Schengen»), tredici Stati membri dell’Unione europea sono autorizzati ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nell’ambito di applicazione dell’acquis di Schengen, quale definito nell’allegato del detto protocollo.

9. In particolare, rientrano nell’acquis di Schengen così definito l’Accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen (Lussemburgo) il 14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13; in prosieguo: l’«accordo di Schengen»), nonché la Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»), firmata anch’essa a Schengen il 19 giugno 1990. Tali due atti costituiscono congiuntamente gli «accordi di Schengen».

10. L’art. 4 del protocollo di Schengen recita:

«L’Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, i quali non sono vincolati dall’acquis di Schengen, possono, in qualsiasi momento, chiedere di partecipare, in tutto o in parte, alle disposizioni di detto acquis.

Il Consiglio decide in merito a tale richiesta all’unanimità dei suoi membri di cui all’articolo 1 e del rappresentante del governo dello Stato interessato».

11. L’art. 5 del protocollo di Schengen così dispone:

«1. Le proposte e le iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen sono soggette alle pertinenti disposizioni dei trattati.

In tale contesto, laddove l’Irlanda o il Regno Unito, o entrambi, non abbiano notificato per iscritto al presidente del Consiglio, entro un congruo periodo di tempo, che desiderano partecipare, l’autorizzazione di cui all’articolo 11 del Trattato che istituisce la Comunità europea o all’articolo 40 del Trattato sull’Unione europea si considera concessa agli Stati membri di cui all’articolo 1 nonché all’Irlanda e al Regno Unito, laddove uno di essi desideri partecipare ai settori di cooperazione in questione.

2. Le pertinenti disposizioni dei trattati di cui al paragrafo 1, primo comma, si applicano anche nel caso in cui il Consiglio non abbia adottato le misure di cui all’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma».

12. L’art. 8 del protocollo di Schengen così dispone:

«Ai fini dei negoziati relativi all’adesione di nuovi Stati membri all’Unione europea, l’acquis di Schengen e le ulteriori misure adottate dalle istituzioni nell’ambito del suo campo di applicazione sono considerati un acquis che deve essere accettato integralmente da tutti gli Stati candidati all’adesione».

Le dichiarazioni relative al protocollo di Schengen

13. Nella dichiarazione n. 45, relativa all’art. 4 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea (in prosieguo: la «dichiarazione n. 45»), le Alte Parti contraenti invitano il Consiglio a chiedere il parere della Commissione delle Comunità europee prima di decidere su una richiesta formulata a norma del detto art. 4. Esse «si impegnano inoltre ad adoperarsi per consentire all’Irlanda o al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, qualora intendano farlo, di avvalersi delle disposizioni dell’articolo 4 di detto protocollo, in modo che il Consiglio sia in grado di adottare le decisioni previste in tale articolo alla data di entrata in vigore del protocollo stesso o, successivamente, in qualsiasi momento».

14. Ai termini della dichiarazione n. 46, relativa all’art. 5 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea (in prosieguo: la «dichiarazione n. 46»), le Alte Parti contraenti «si impegnano ad adoperarsi per rendere possibile l’azione tra tutti gli Stati membri nei settori dell’acquis di Schengen, in particolare quando l’Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord abbiano accettato, in tutto o in parte, le disposizioni di tale acquis, a norma dell’articolo 4 del [protocollo di Schengen]».

La decisione 2000/365/CE

15. A norma dell’art. 4, secondo comma, del protocollo di Schengen, il Consiglio ha adottato, in data 29 maggio 2000, la decisione 2000/365/CE, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen (GU L 131, pag. 43).

16. L’art. 1 della detta decisione elenca le disposizioni dell’acquis di Schengen alle quali il Regno Unito partecipa.

17. L’art. 8, n. 2, della decisione 2000/365 così dispone:

«A decorrere dalla data di adozione della presente decisione si considera [...] che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord abbia notificato [irrevocabilmente] al presidente del Consiglio, ai sensi dell’articolo 5 del protocollo Schengen, che desidera partecipare a tutte le proposte e iniziative basate sull’acquis di Schengen di cui all’articolo 1. Tale partecipazione riguarda i territori di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2 rispettivamente, nella misura in cui le proposte e iniziative siano basate sulle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui detti territori sono vincolati».

Il regolamento n. 2007/2004

18. Come risulta dal suo preambolo, il regolamento n. 2007/2004 è stato adottato sulla base degli artt. 62, punto 2, lett. a), CE e 66 CE.

19. I primi quattro ‘considerando’ del detto regolamento sono così formulati:

«(1) La politica comunitaria nel settore delle frontiere esterne dell’Unione europea mira a una gestione integrata atta a garantire un livello elevato e uniforme del controllo e della sorveglianza, necessario corollario alla libera circolazione delle persone nell’ambito dell’Unione europea nonché componente essenziale di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. A tal fine è prevista l’istituzione di norme comuni in materia di criteri e procedure relativi al controllo delle frontiere esterne.

(2) L’efficace attuazione delle norme comuni rende necessario un maggiore coordinamento della cooperazione operativa tra gli Stati membri.

(3) Tenendo conto delle esperienze maturate dall’organo comune di esperti in materia di frontiere esterne, nell’ambito del Consiglio, dovrebbe essere istituito un organismo specializzato incaricato di migliorare il coordinamento della cooperazione operativa tra gli Stati membri nel settore della gestione delle frontiere esterne in veste di Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (in seguito denominata [l’“Agenzia”].

(4) Il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne ricade sotto la responsabilità degli Stati membri. L’Agenzia [mira a] semplificare l’applicazione delle misure comunitarie presenti e future in materia di gestione delle frontiere esterne, garantendo il coordinamento delle [corrispondenti] azioni intraprese dagli Stati membri nell’attuare tali misure».

20. Dal ventitreesimo e dal ventiseiesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2007/2004 risulta che quest’ultimo costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen, con la conseguenza che:

– le delegazioni della Repubblica d’Islanda e del Regno di Norvegia debbono essere associate, in qualità di membri, al consiglio di amministrazione dell’Agenzia, sebbene con un diritto di voto limitato;

– il Regno di Danimarca, che non partecipa all’adozione del detto regolamento e che non è da esso vincolato né è soggetto alla sua applicazione, dispone di un termine di sei mesi a partire dall’adozione del regolamento stesso per decidere se recepirlo o no nel proprio ordinamento interno;

– il Regno Unito e l’Irlanda non partecipano all’adozione del detto regolamento, e non sono ad esso vincolati né sono soggetti alla sua applicazione.

21. Il venticinquesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2007/2004, riguardante il Regno Unito, è formulato nei seguenti termini:

«Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen [alle] qual[i] il Regno Unito non partecipa, ai sensi della decisione 2000/365 (...). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato e non è soggetto alla sua applicazione».

22. L’art. 1 del regolamento n. 2007/2004 dispone quanto segue:

«1. È istituita un’Agenzia (...) onde migliorare la gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea.

2. Fatta salva la competenza degli Stati membri in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne, l’Agenzia semplifica e rende più efficace l’applicazione delle misure comunitarie vigenti e future relative alla gestione delle frontiere esterne garantendo il coordinamento delle azioni intraprese dagli Stati membri ai fini dell’applicazione di tali misure, contribuendo in tal modo a un livello efficace, elevato e uniforme di controllo delle persone e di sorveglianza delle frontiere esterne degli Stati membri [dell’Unione europea].

3. L’Agenzia fornisce inoltre alla Commissione e agli Stati membri il sostegno tecnico e le conoscenze specialistiche necessari per la gestione delle frontiere esterne e promuove la solidarietà tra gli Stati membri.

4. Ai fini del presente regolamento, per frontiere esterne degli Stati membri s’intendono le frontiere terrestri e marittime degli Stati membri e i loro aeroporti e porti marittimi, cui si applicano le disposizioni del diritto comunitario in materia di attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone».

23. L’art. 2 del regolamento n. 2007/2004 precisa i compiti principali dell’Agenzia, che consistono, in particolare, nel coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne, nell’assistere gli Stati membri in materia di formazione del corpo nazionale delle guardie di confine, anche per quanto riguarda la definizione di standard comuni di formazione, nel seguire gli sviluppi della ricerca nei settori che presentano un interesse ai fini del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne, nell’aiutare gli Stati membri in circostanze che richiedono un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne, nonché nell’offrire agli Stati membri il supporto necessario per l’organizzazione di operazioni di rimpatrio congiunte.

24. A norma del paragrafo 2 del medesimo art. 2, fatte salve le competenze dell’Agenzia, gli Stati membri possono continuare a collaborare a livello operativo con altri Stati membri e/o con paesi terzi alle frontiere esterne, qualora tale cooperazione completi l’azione dell’Agenzia. Gli Stati membri debbono tuttavia astenersi da qualsiasi attività che possa mettere a repentaglio il funzionamento dell’Agenzia o il raggiungimento dei suoi obiettivi e debbono riferire a quest’ultima in merito alle attività operative alle frontiere esterne che si collocano al di fuori del quadro dell’Agenzia stessa.

25. In conformità dell’art. 3 del regolamento n. 2007/2004, l’Agenzia deve inoltre valutare, approvare e coordinare le proposte degli Stati membri relative ad operazioni congiunte e a progetti pilota e può essa stessa avviare tali iniziative in cooperazione con gli Stati membri. Essa può altresì decidere di cofinanziare operazioni congiunte e progetti pilota.

26. Ai sensi dell’art. 5 del medesimo regolamento, l’Agenzia crea e sviluppa una base comune per la formazione delle guardie di confine e offre formazione a livello europeo per gli istruttori del corpo nazionale delle guardie di confine degli Stati membri. L’Agenzia deve inoltre offrire agli agenti dei servizi nazionali competenti degli Stati membri corsi e seminari di formazione supplementari su temi riguardanti il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne e il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi.

27. Ai sensi dell’art. 7 del regolamento n. 2007/2004, l’Agenzia crea e conserva a livello centrale un registro delle attrezzature tecniche, utilizzate per il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne, di proprietà degli Stati membri, che questi sono disposti a mettere volontariamente e temporaneamente a disposizione di altri Stati membri previa analisi del fabbisogno e dei rischi effettuata dall’Agenzia.

28. L’art. 12 del detto regolamento così dispone:

«1. L’Agenzia, per quanto attiene alle attività da essa svolte e nella misura necessaria per l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 2, paragrafo 1, agevola la cooperazione operativa tra gli Stati membri e l’Irlanda e il Regno Unito.

2. Il supporto che l’Agenzia deve offrire in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), comprende l’organizzazione [delle] operazioni di rimpatrio congiunte [effettuate dagli] Stati membri [alle quali partecipano] anche l’Irlanda o il Regno Unito o entrambi.

3. L’applicazione del presente regolamento alle frontiere di Gibilterra è sospesa fino alla data di conclusione di un accordo sulla portata delle disposizioni in materia di attraversamento, da parte delle persone, delle frontiere esterne degli Stati membri».

29. L’art. 21, n. 3, del regolamento n. 2007/2004 stabilisce quanto segue:

«I paesi associati all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen prendono parte all’Agenzia, ciascuno con un rappresentante e relativo supplente [in seno] al consiglio di amministrazione. In base alle pertinenti disposizioni dei rispettivi accordi di associazione, saranno elaborati accordi che specificano, tra l’altro, la natura, l’estensione e le modalità particolareggiate di partecipazione di questi paesi ai lavori dell’Agenzia, comprese le disposizioni sui contributi finanziari e sul personale».

Fatti all’origine del ricorso

30. L’11 novembre 2003 la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta di regolamento per l’istituzione dell’Agenzia.

31. L ’11 febbraio 2004 il Regno Unito ha informato il Consiglio della propria intenzione di partecipare all’adozione del regolamento n. 2007/2004. Il detto Stato membro ha fatto riferimento, in tale contesto, alla procedura di notifica prevista dall’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen, nonché a quella stabilita nel protocollo sul titolo IV.

32. Il 26 ottobre 2004 il Consiglio ha adottato il regolamento n. 2007/2004. Malgrado la notifica dell’11 febbraio 2004, il Regno Unito non è stato ammesso a partecipare all’adozione del detto regolamento a motivo del fatto che quest’ultimo costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen alle quali il detto Stato membro non partecipa ai sensi della decisione 2000/365.

33. Ritenendo che il rifiuto del Consiglio di ammetterlo a partecipare all’adozione del regolamento n. 2007/2004 costituisse una violazione dell’art. 5 del protocollo di Schengen, il Regno Unito ha proposto il presente ricorso.

Conclusioni delle parti

34. Il Regno Unito chiede che la Corte voglia:

– annullare il regolamento n. 2007/2004;

– decidere, in applicazione dell’art. 231 CE, che, a seguito dell’annullamento del regolamento n. 2007/2004 e in attesa dell’adozione di una nuova normativa in materia, le disposizioni del detto regolamento continueranno ad applicarsi, tranne laddove esse abbiano l’effetto di escludere il Regno Unito dalla partecipazione all’applicazione del regolamento stesso;

– condannare il Consiglio alle spese.

35. Il Consiglio conclude chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna del Regno Unito alle spese del procedimento.

36. Con ordinanza del presidente della Corte 17 agosto 2005, l’Irlanda, la Repubblica di Polonia e la Repubblica slovacca sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno Unito, mentre il Regno di Spagna e la Commissione delle Comunità europee sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

37. In via principale, il Regno Unito fa valere che il Consiglio, nell’escludere esso Stato membro dalla procedura di adozione del regolamento n. 2007/2004, si è basato su un’interpretazione errata del protocollo di Schengen ed ha violato l’art. 5 di quest’ultimo.

38. A suo avviso, infatti, non è lecito ritenere che il sistema istituito dall’art. 5 del protocollo di Schengen sia subordinato a quello previsto dall’art. 4 del medesimo protocollo. Gli artt. 4 e 5 del protocollo sarebbero indipendenti l’uno dall’altro, sicché il Regno Unito, per poter partecipare a misure adottate sulla base di tale art. 5, non dovrebbe per forza essere stato preventivamente ammesso, a norma del citato art. 4, a prendere parte all’acquis di Schengen corrispondente.

39. A sostegno delle proprie tesi, il Regno Unito fa valere in particolare che l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen sostenuta dal Consiglio risulta contraddetta dall’economia sistematica e dal tenore letterale delle due disposizioni in questione, e che essa travisa la natura stessa del meccanismo istituito dal detto art. 5 ed è altresì incompatibile con la dichiarazione n. 46.

40. Inoltre, secondo il detto Stato membro, l’interpretazione suddetta priverebbe l’art. 5 del protocollo di Schengen del suo effetto utile, consistente, in particolare, nel garantire la massima partecipazione del Regno Unito e dell’Irlanda alle misure basate sull’acquis di Schengen, e non sarebbe necessaria né per salvaguardare l’effetto utile dell’art. 7 del protocollo sul titolo IV né per preservare l’integrità dell’acquis di Schengen. Ad ogni modo, un’interpretazione di questo tipo avrebbe effetti ampiamente sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito e – vista la nozione «estesa ed imprecisa» che il Consiglio ha di ciò che occorre intendere per «proposte e iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen», come confermerebbe la sua prassi attuale – avrebbe come conseguenza che il meccanismo previsto dal succitato art. 5 potrebbe funzionare in modo incompatibile con il principio di certezza del diritto nonché con i principi fondamentali che disciplinano le cooperazioni rafforzate.

41. In via subordinata, il Regno Unito fa valere che, se l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen propugnata dal Consiglio fosse esatta, l’espressione «proposte e iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen» di cui all’art. 5, n. 1, primo comma, del detto protocollo dovrebbe essere intesa come riguardante soltanto le misure intrinsecamente connesse all’acquis di Schengen (misure «integralmente Schengen»), qual è il caso delle misure che modificano disposizioni rientranti nel detto acquis e alle quali il Regno Unito non potrebbe aderire senza aver previamente accettato le disposizioni che danno luogo a modifica. Per contro, non rientrerebbero nell’ambito di applicazione della detta disposizione le misure semplicemente «connesse a Schengen», vale a dire quelle che, seppur concepite per sviluppare o completare taluni obiettivi dell’acquis di Schengen, non sono connesse a tale acquis in maniera così stretta che l’integrità del medesimo ne risulterebbe pregiudicata qualora uno Stato membro non partecipante ad esso potesse comunque prendere parte all’adozione di misure siffatte. Ne conseguirebbe che, in sede di adozione di misure rientranti in quest’ultima categoria, la posizione del Regno Unito non sarebbe disciplinata dalle disposizioni del detto protocollo, bensì, a seconda dei casi, da quelle del protocollo sul titolo IV o dalle pertinenti disposizioni del «terzo pilastro». Orbene, poiché il regolamento n. 2007/2004 dovrebbe essere considerato come rientrante in questa stessa categoria di misure, al Regno Unito non avrebbe dovuto essere impedita la partecipazione alla sua adozione.

42. Il Consiglio sostiene, in primo luogo, che l’obiettivo dell’art. 5 del protocollo di Schengen non è, contrariamente a quanto sostenuto dal Regno Unito, di riconoscere un diritto a quest’ultimo, bensì di garantire agli Stati membri che partecipano alla totalità dell’acquis di Schengen che le loro azioni non verranno rimesse in discussione a motivo della riluttanza degli altri Stati membri a prendere parte a queste ultime. Il tenore letterale della detta disposizione confermerebbe d’altronde tale interpretazione in quanto, a differenza delle formulazioni utilizzate all’art. 4 del medesimo protocollo e all’art. 3 del protocollo sul titolo IV, non riconoscerebbe espressamente un diritto siffatto.

43. Ad avviso del Consiglio, l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, del protocollo di Schengen sostenuta dal Regno Unito è idonea a svuotare del suo effetto utile la procedura di autorizzazione prevista dall’art. 4 del medesimo protocollo, in quanto, nel caso in cui ad uno Stato membro fosse stato rifiutato, ai sensi di tale norma, il diritto di partecipare all’adozione di una determinata misura, tale Stato potrebbe comunque prendere parte a qualsiasi provvedimento per lo sviluppo del settore in questione facendo ricorso alla procedura prevista dal detto art. 5. In tal modo, l’integrità dell’acquis di Schengen non sarebbe più garantita e anche l’art. 7 del protocollo sul titolo IV – ai sensi del quale gli artt. 3 e 4 di tale protocollo vanno intesi senza pregiudizio delle disposizioni del protocollo di Schengen – verrebbe privato di effetto utile.

44. In secondo luogo, il Consiglio fa valere che la distinzione operata dal Regno Unito tra le misure «integralmente Schengen» e le sedicenti misure semplicemente «connesse a Schengen» non trova alcun riscontro né nel diritto primario né nel diritto derivato. A questo proposito, la detta istituzione osserva che la definizione proposta dal Regno Unito per quanto riguarda le misure «connesse a Schengen» è fondata su un falso intendimento di ciò che potrebbe costituire una minaccia per l’integrità dell’acquis di Schengen, e che la distinzione in questione crea un’incertezza giuridica inutile, determinando una divergenza del significato da attribuire all’espressione «misura di sviluppo dell’acquis di Schengen», a seconda che si tratti di adottare una misura applicabile alla Repubblica d’Islanda e al Regno di Norvegia oppure al Regno Unito e all’Irlanda.

45. In terzo luogo, il Consiglio sottolinea che la sua posizione è perfettamente compatibile con il principio di proporzionalità nonché con le norme applicabili in materia di cooperazione rafforzata. Infatti, da un lato, gli autori del Trattato non sarebbero vincolati al principio di proporzionalità. Dall’altro, le disposizioni dei Trattati UE e CE disciplinanti le cooperazioni rafforzate si intenderebbero senza pregiudizio per quelle del protocollo di Schengen.

46. L’Irlanda ritiene che l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen propugnata dal Regno Unito sia conforme al tenore letterale di tali disposizioni e corrisponda alla prassi attuale del Consiglio per quanto riguarda le misure relative all’acquis di Schengen alle quali il Regno Unito e l’Irlanda sono stati ammessi a partecipare. Tale interpretazione sarebbe d’altronde corroborata dalle varie dichiarazioni relative al protocollo di Schengen allegate all’atto finale del Trattato di Amsterdam. Inoltre, il Consiglio non sarebbe in grado di dimostrare il rischio concreto di pregiudizio per l’acquis di Schengen in caso di partecipazione del Regno Unito all’adozione del regolamento n. 2007/2004.

47. Ad avviso della Repubblica di Polonia, in considerazione dell’imprecisione della nozione di «acquis di Schengen», non è possibile stabilire chiaramente se il regolamento n. 2007/2004 rientri nell’ambito di tale acquis oppure costituisca semplicemente uno sviluppo del medesimo. Tuttavia, il detto Stato membro ritiene che tale regolamento configuri piuttosto una misura di sviluppo di tale acquis. Orbene, il diritto del Regno Unito a partecipare a misure di sviluppo dell’acquis di Schengen discenderebbe direttamente dall’art. 5 del protocollo di Schengen e non sarebbe subordinato alla previa applicazione dell’art. 4 del medesimo protocollo. Nulla d’altronde impedirebbe di ammettere il Regno Unito a partecipare all’adozione del detto regolamento, posto che tale partecipazione non costituirebbe una minaccia né per l’integrità né per il funzionamento dell’acquis di Schengen, e neppure per l’attuazione di quest’ultimo.

48. Secondo la Repubblica slovacca, il diritto del Regno Unito a partecipare all’adozione del regolamento n. 2007/2004 dipende dall’assenza di minaccia per l’integrità e la coerenza dell’acquis di Schengen già applicato. Spetterebbe al Consiglio, una volta che esso neghi tale diritto al Regno Unito, fornire la prova che la partecipazione di tale Stato membro all’applicazione del detto regolamento costituisce una minaccia siffatta. Orbene, nel caso di specie, tale minaccia non sussisterebbe.

49. Il Regno di Spagna afferma che il ricorso del Regno Unito è privo di fondamento. Infatti, da un lato, la domanda principale del Regno Unito si fonderebbe sull’attribuzione a quest’ultimo di un ipotetico diritto conferito da un articolo del protocollo di Schengen che quest’ultimo non gli riconoscerebbe. L’interpretazione sostenuta dal Regno Unito implicherebbe un rischio certo per le misure già adottate grazie alla cooperazione rafforzata istituita dal detto protocollo, in quanto essa metterebbe in pericolo l’integrità e la coerenza dell’acquis di Schengen. Dall’altro lato, la domanda proposta in via subordinata dal Regno Unito trascurerebbe il fatto che è compito del Consiglio stabilire quali sono le misure da considerarsi basate sull’acquis di Schengen e che non spetta ad uno Stato membro non aderente agli accordi di Schengen procedere a tale determinazione.

50. La Commissione sottolinea che la caratteristica principale della cooperazione rafforzata in generale e dell’acquis di Schengen in particolare è la loro integrità. La salvaguardia e la protezione di tale integrità nonché la coerenza dell’acquis di Schengen sarebbero dunque esigenze essenziali. Il protocollo di Schengen contemplerebbe invero una partecipazione parziale di uno Stato membro non aderente agli accordi di Schengen, ma non si spingerebbe fino a prevedere una scelta «à la carte» degli Stati membri interessati, implicante un miscuglio di cooperazioni e di obblighi.

51. Secondo la Commissione, l’interpretazione degli artt. 4 e 5 del protocollo di Schengen propugnata dal Regno Unito è contraria all’economia sistematica e alla logica di tale protocollo ed è dannosa per la coerenza e l’integrità dell’acquis di Schengen.

52. La detta istituzione ritiene inoltre che l’espressione «che si baseranno sull’acquis di Schengen», contenuta all’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen, non comporti una nozione «estesa ed imprecisa» delle misure che possono essere adottate dagli Stati membri partecipanti ad un’azione di cooperazione rafforzata, mentre la decisione consistente nel qualificare una proposta come «misura basata sull’acquis di Schengen» non si distinguerebbe affatto da quella intesa a determinare la base giuridica appropriata per l’adozione di un atto giuridico comunitario.

53. Infine, la Commissione rileva che, considerata la natura particolare dell’Agenzia, l’istituzione di quest’ultima è una misura «integralmente Schengen», nel senso in cui il Regno Unito intende tale espressione, e che l’istituzione di tale organismo è intrinsecamente connessa all’acquis di Schengen. Inoltre, l’Agenzia sarebbe collegata a un settore del detto acquis al quale il Regno Unito avrebbe deciso di non prendere parte. Sarebbe dunque legittimo che tale Stato membro non venga ammesso a partecipare all’adozione del regolamento n. 2007/2004.

Giudizio della Corte

54. Al fine di statuire sugli argomenti addotti in via principale dal Regno Unito, occorre verificare se l’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen debba essere interpretato nel senso che può applicarsi soltanto alle proposte e alle iniziative fondate su un settore dell’acquis di Schengen al quale il Regno Unito e/o l’Irlanda sono stati ammessi a partecipare a norma dell’art. 4 del medesimo protocollo, oppure se, al contrario, le due disposizioni in questione debbano essere considerate, così come sostenuto dal primo Stato membro suindicato, indipendenti l’una dall’altra.

55. A tal fine, è importante tener conto non soltanto del tenore letterale delle disposizioni di cui trattasi, ma anche della loro economia sistematica, del contesto in cui si inseriscono, della finalità da esse perseguita, nonché del loro effetto utile.

56. Nel caso di specie, occorre constatare che l’art. 1 del protocollo di Schengen ha autorizzato tredici Stati membri ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nei settori rientranti nell’ambito di applicazione dell’acquis di Schengen, così come vincolante per i detti Stati membri. Risulta inoltre dall’art. 2 del detto protocollo che tutte le misure adottate in attuazione di tale cooperazione rafforzata debbono essere considerate come parte integrante dell’acquis suddetto, il quale peraltro, in forza dell’art. 8 del medesimo protocollo, deve essere accettato integralmente dagli Stati candidati all’adesione.

57. Il Regno Unito e l’Irlanda, essendo risultati gli unici Stati membri che non hanno preso parte agli accordi di Schengen che costituiscono il fondamento della suddetta cooperazione rafforzata, si trovavano collocati in una posizione particolare di cui il protocollo di Schengen ha tenuto conto sotto un duplice profilo.

58. Da un lato, così come previsto dall’art. 4 del protocollo di Schengen, tale norma ri serva ai detti due Stati membri la facoltà di chiedere, in qualsiasi momento, di partecipare ad una parte soltanto delle disposizioni dell’acquis come vigente alla data di tale richiesta. Dall’altro lato, il medesimo protocollo riserva ai due Stati membri in questione, ai sensi del suo art. 5, n. 1, secondo comma, la facoltà di non partecipare alle proposte e alle iniziative basate sul detto acquis.

59. Se dunque è pur vero che tali due disposizioni riguardano due aspetti differenti dell’acquis di Schengen, non può tuttavia validamente desumersi da questa singola constatazione che esse debbano essere lette in modo indipendente l’una dall’altra.

60. Infatti, come risulta dall’impiego dell’espressione «proposte e iniziative che si baseranno sull’acquis di Schengen» di cui all’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen, le misure contemplate da tale disposizione si fondano sull’acquis di Schengen, ai sensi dell’art. 4 del medesimo protocollo, del quale esse costituiscono soltanto un’attuazione ovvero uno sviluppo successivo.

61. Orbene, logicamente, misure di questo tipo devono essere conformi alle disposizioni cui esse danno attuazione o di cui costituiscono uno sviluppo, motivo per cui esse presuppongono l’accettazione tanto di tali disposizioni quanto dei principi che ne costituiscono il fondamento.

62. Ne consegue che la partecipazione di uno Stato membro all’adozione di una misura in applicazione dell’art. 5, n. 1, del protocollo di Schengen è ipotizzabile soltanto a condizione che tale Stato abbia aderito al settore dell’acquis di Schengen nel quale si inserisce la misura da adottare o del quale quest’ultima costituisce uno sviluppo.

63. Stanti tali premesse, considerato che l’art. 4 del protocollo di Schengen prevede la possibilità per il Regno Unito e l’Irlanda di aderire all’acquis de Schengen, tali Stati membri non possono essere ammessi a partecipare all’adozione di una misura ai sensi dell’art. 5, n. 1, del medesimo protocollo senza essere stati previamente autorizzati dal Consiglio ad aderire al settore dell’acquis nel quale la detta misura trova il proprio fondamento.

64. Peraltro, l’interpretazione di cui sopra è conforme alla finalità perseguita tanto dall’art. 4 quanto dall’art. 5 del protocollo di Schengen ed è idonea a garantire pienamente l’effetto utile di ciascuna di queste due disposizioni.

65. Infatti, l’interpretazione suddetta non pregiudica in alcun modo la possibilità, attribuita al Regno Unito e all’Irlanda dall’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen, di scegliere – quand’anche i detti Stati membri fossero stati ammessi ad aderire in tutto o in parte all’acquis di Schengen – di non partecipare all’adozione di misure di attuazione o di sviluppo delle parti dell’acquis alle quali essi sono stati ammessi a partecipare.

66. Inoltre, un’interpretazione siffatta consente di tener conto tanto del tenore letterale quanto della finalità dell’art. 4 del protocollo di Schengen, posto che la flessibilità così offerta dall’art. 5 del protocollo medesimo ai due Stati membri in questione quanto alla loro libertà di scegliere se aderire o no alle misure di attuazione e di sviluppo dell’acquis di Schengen è idonea a far venir meno la riluttanza che tali Stati, in assenza di tale scelta, potrebbero mostrare nell’accettare determinate disposizioni dell’acquis di Schengen, e dunque ad incoraggiarli a far uso quanto più possibile della facoltà loro concessa dal suddetto art. 4.

67. Al contrario, l’interpretazione sostenuta dal Regno Unito avrebbe come conseguenza di privare di qualsiasi effetto utile l’art. 4 del protocollo di Schengen, nella misura in cui il Regno Unito e l’Irlanda potrebbero partecipare a tutte le proposte e le iniziative basate sull’acquis di Schengen ai sensi dell’art. 5, n. 1, del detto protocollo, pur non avendo aderito alle pertinenti disposizioni dell’acquis o non essendo stati ammessi a parteciparvi a norma dell’art. 4, secondo comma, del medesimo protocollo. Orbene, come risulta dalla dichiarazione n. 45, il detto art. 4 riveste un’importanza essenziale nell’ambito del sistema istituito dal protocollo di Schengen, in quanto mira a garantire la massima partecipazione all’acquis di Schengen di tutti gli Stati membri.

68. Alla luce di tali considerazioni, occorre concludere che l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen sostenuta dal Regno Unito non può essere accolta, e che tale disposizione deve essere intesa nel senso che può applicarsi soltanto alle proposte e alle iniziative basate su un settore dell’acquis di Schengen al quale il Regno Unito e/o l’Irlanda sono stati ammessi a partecipare a norma dell’art. 4 del medesimo protocollo.

69. Tale interpretazione è peraltro corroborata dall’art. 8, n. 2, della decisione 2000/365, dal quale ugualmente risulta che la partecipazione alle proposte e alle iniziative basate sull’acquis di Schengen è ipotizzabile soltanto qualora le disposizioni di quest’ultimo alle quali tali proposte o iniziative si ricollegano trovino applicazione nello Stato membro intenzionato a partecipare, ciò che presuppone che quest’ultimo abbia previamente aderito all’acquis suddetto.

70. Nel caso di specie, è pacifico che il Regno Unito non ha aderito al settore dell’acquis di Schengen nel quale si inscrive il regolamento n. 2007/2004, vale a dire quello relativo al passaggio delle frontiere esterne.

71. Stanti tali premesse, occorre constatare che il Consiglio, negando al Regno Unito il diritto di partecipare all’adozione del regolamento n. 2007/2004 per il fatto che tale Stato membro non era stato previamente ammesso a partecipare al settore di cooperazione nel quale si inscrive tale regolamento, non ha effettuato un’interpretazione ed un’applicazione erronee dell’art. 5, n. 1, secondo comma, del protocollo di Schengen.

72. Ne consegue che l’argomentazione addotta in via principale dal Regno Unito a sostegno del presente ricorso di annullamento deve essere respinta perché infondata.

73. Quanto agli argomenti dedotti in subordine dal Regno Unito, occorre anzitutto rilevare come la distinzione operata da tale Stato membro tra le misure che esso qualifica come «integralmente Schengen» e quelle che esso ritiene semplicemente «connesse a Schengen» non trovi alcun fondamento né nei Trattati UE e CE, né nel diritto comunitario derivato.

74. Occorre poi rilevare come lo stesso Regno Unito, pur contestando la qualificazione operata dal Consiglio, riconosca che il regolamento n. 2007/2004 presenta un collegamento con disposizioni dell’acquis di Schengen, in quanto ritiene che si tratti comunque di una misura «connessa a Schengen».

75. Malgrado tali considerazioni, e a dispetto della circostanza che, nel caso di specie, la qualificazione asseritamente erronea addebitata al Consiglio non è direttamente connessa alla scelta della base giuridica utilizzata per l’adozione del regolamento n. 2007/2004, vale a dire gli artt. 62, punto 2, lett. a), CE e 66 CE, occorre constatare che, come avviene nel caso della scelta della base giuridica di un atto comunitario, la qualificazione, da parte del Consiglio, del regolamento n. 2007/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen ha avuto un’incidenza diretta sulla determinazione delle disposizioni che disciplinano la procedura di adozione di tale regolamento e, di conseguenza, anche sulla possibilità per il Regno Unito di partecipare a tale procedura.

76. Infatti, dato che l’esercizio da parte del Regno Unito della facoltà di partecipare all’adozione di una proposta presentata ai sensi delle disposizioni del titolo IV non è subordinato, in forza dell’art. 3, n. 1, del protocollo sul titolo IV, al rispetto di altre condizioni oltre a quella del termine di notifica previsto da quest’ultima disposizione, la qualificazione del regolamento n. 2007/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen ha avuto un’incidenza diretta sui diritti riconosciuti al detto Stato membro.

77. Alla luce di tale constatazione, e per analogia con i principi vigenti in materia di scelta della base giuridica di un atto comunitario, occorre affermare che, in una situazione quale quella presente, la qualificazione di un atto comunitario come proposta o iniziativa basata sull’acquis di Schengen ai sensi dell’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale, tra i quali rientrano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v. sentenze 11 giugno 1991, causa C‑300/89, Commissione/Consiglio, detta «Diossido di titanio», Racc. pag. I‑2867, punto 10; 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑7879, punto 45, e 23 ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑9097, punto 61).

78. È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene il Regno Unito, il Consiglio fosse privo della legittimazione a qualificare il regolamento n. 2007/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen.

79. Quanto alla finalità del regolamento n. 2007/2004, risulta dai suoi primi tre ‘considerando’ nonché dal suo art. 1, nn. 1 e 2, che esso mira a migliorare la gestione integrata delle frontiere esterne nonché a rendere più facile ed efficace l’applicazione delle norme comuni in materia di criteri e procedure per il controllo di tali frontiere.

80. Per quanto riguarda il contenuto del regolamento n. 2007/2004, occorre rilevare che l’Agenzia istituita da quest’ultimo ha segnatamente il compito – così come risulta dal terzo ‘considerando’ e dall’art. 2 del regolamento medesimo – di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne, di assistere gli Stati membri nella formazione del corpo nazionale delle guardie di confine e di prestare agli Stati suddetti, nelle situazioni che lo richiedono, un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne.

81. A questo riguardo, da un lato, è giocoforza constatare che le norme comuni cui il regolamento n. 2007/2004 fa riferimento e che debbono essere messe ad applicazione nell’ambito della gestione integrata delle frontiere esterne sono state fissate nel manuale comune adottato dal comitato esecutivo istituito dalla CAAS (GU 2002, C 313, pag. 97).

82. Orbene, come risulta dal primo ‘considerando’ del regolamento (CE) del Consiglio 24 aprile 2001, n. 790, che conferisce al Consiglio competenze esecutive per quanto concerne talune disposizioni dettagliate e modalità pratiche relative all’esecuzione dei controlli e della sorveglianza alla frontiera (GU L 116, pag. 5), il detto manuale è stato predisposto al fine di attuare le disposizioni del capitolo II del titolo II della CAAS, intitolato «Passaggio delle frontiere esterne», e fa parte dell’acquis di Schengen quale definito all’art. 1 del protocollo di Schengen, in conformità dell’art. 1 della decisione del Consiglio 20 maggio 1999, 1999/435/CE, che definisce l’acquis di Schengen ai fini della determinazione, in conformità del Trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull’Unione europea, della base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l’acquis (GU L 176, pag. 1).

83. D’altro lato, è importante ricordare che risulta tanto dall’intitolazione quanto dal quarto comma del preambolo dell’accordo di Schengen nonché dall’art. 17 di quest’ultimo che tale accordo ha come obiettivo principale di sopprimere i controlli sulle persone alle frontiere comuni degli Stati membri trasferendoli alle loro frontiere esterne. L’importanza di tale obiettivo nell’ambito degli accordi di Schengen è sottolineata dal posto che le disposizioni relative al passaggio delle frontiere esterne occupano nella CAAS, nonché dal fatto che, conformemente agli artt. 6 e 7 di tale convenzione, i controlli alle frontiere esterne debbono essere effettuati secondo principi uniformi, con obbligo degli Stati membri di attuare una cooperazione stretta e permanente al fine di assicurare l’efficace esecuzione di tali controlli.

84. Ne consegue che i controlli sulle persone alle frontiere esterne degli Stati membri e, di conseguenza, l’efficace attuazione delle norme comuni in materia di criteri e procedure relativi a tali controlli devono essere considerati come elementi rientranti nell’ambito dell’acquis di Schengen.

85. Considerato che, come risulta dai punti 79 e 80 della presente sentenza, tanto la finalità quanto l’oggetto del regolamento n. 2007/2004 consistono nel miglioramento dei controlli suddetti, deve ritenersi che tale regolamento costituisca una misura basata sull’acquis di Schengen ai sensi dell’art. 5, n. 1, primo comma, del protocollo di Schengen.

86. Stanti tali premesse, il Consiglio ha correttamente qualificato il regolamento n. 2007/2004 come misura di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen.

87. Ne consegue che non possono essere accolti neppure gli argomenti addotti in via subordinata dal Regno Unito.

88. Pertanto, le conclusioni del Regno Unito intese ad ottenere l’annullamento del regolamento n. 2007/2004 non possono essere accolte e, di conseguenza, non vi è luogo per una pronuncia della Corte sulla domanda del detto Stato membro riguardante il mantenimento degli effetti di tale regolamento.

89. Alla luce di tali premesse, occorre respingere il ricorso proposto dal Regno Unito.

Sulle spese

90. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il Regno Unito, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 4, primo comma, dello stesso regolamento, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti in giudizio sopportano le proprie spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

3) Il Regno di Spagna, l’Irlanda, la Repubblica di Polonia, la Repubblica slovacca e la Commissione delle Comunità europee sopportano le proprie spese.

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