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Document 62004TO0291

Ordinanza del presidente del Tribunale del 10 febbraio 2005.
Enviro Tech Europe Ltd e Enviro Tech International, Inc. contro Commissione delle Comunità europee.
Procedimento sommario - Direttive 67/548/CEE e 2004/73/CE.
Causa T-291/04 R.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 II-00475

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2005:39

Causa T‑291/04 R

Enviro Tech Europe Ltd e Enviro Tech International, Inc.

contro

Commissione delle Comunità europee

«Procedimento sommario — Direttive 67/548/CEE e 2004/73/CE»

Ordinanza del presidente del Tribunale 10 febbraio 2005 

Massime dell’ordinanza

1.     Procedimento sommario — Condizioni di ricevibilità — Ricevibilità del ricorso principale — Irrilevanza — Limiti

(Artt. 242 CE e 243 CE; regolamento di procedura del Tribunale, art. 104, n. 1)

2.     Procedimento sommario — Sospensione dell’esecuzione — Provvedimenti provvisori — Presupposti per la concessione — Urgenza — Danno grave e irreparabile — Onere della prova

(Artt. 242 CE e 243 CE; regolamento di procedura del Tribunale, art. 104, n. 2)

3.     Procedimento sommario — Sospensione dell’esecuzione — Provvedimenti provvisori — Presupposti per la concessione — Danno grave e irreparabile — Danno economico — Situazione tale da mettere in pericolo l’esistenza della società ricorrente o che modifica in modo irrimediabile la sua posizione sul mercato

(Artt. 242 CE e 243 CE; regolamento di procedura del Tribunale, art. 104, n. 2)





ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

10 febbraio 2005 (*)

«Procedimento sommario – Direttive 67/548/CEE e 2004/73/CE»

Nel procedimento T‑291/04 R,

Enviro Tech Europe Ltd, con sede in Surrey (Regno Unito),

Enviro Tech International, Inc., con sede in Chicago, Illinois (Stati Uniti),

rappresentate dagli avv.ti C. Mereu e K. Van Maldegem,

richiedenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. X. Lewis e dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

resistente,

avente ad oggetto la domanda diretta, da un lato, a che venga sospesa l’inclusione del bromuro di n-propilene nella direttiva della Commissione 29 aprile 2004, 2004/73/CE recante 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva del Consiglio 67/548/CE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose (GU L 152, pag. 1), e, dall’altro, a che vengano disposti altri provvedimenti provvisori,


IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE,


ha emesso la seguente

Ordinanza

 Contesto normativo

 Contesto normativo generale

1       La direttiva del Consiglio 27 giugno 1967, 67/548/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose (GU 1967, n. 196, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 30 aprile 1992, 92/32/CEE, recante settima modifica della direttiva 67/548 (GU L 154, pag. 1), stabilisce le regole relative alla commercializzazione di talune «sostanze», definite come «gli elementi chimici ed i loro composti, allo stato naturale o ottenuti mediante qualsiasi procedimento di produzione, contenenti gli additivi necessari per preservare la stabilità del prodotto e le impurità derivanti dal procedimento impiegato, esclusi i solventi che possono essere separati senza incidere sulla stabilità della sostanza e senza modificare la sua composizione».

2       Successivamente alla sua adozione, la direttiva 67/548 è stata modificata più volte e, da ultimo, dalla direttiva della Commissione 29 aprile 2004, 2004/73/CE, recante 29° adattamento al progresso tecnico della direttiva 67/548 (GU L 152, pag. 1).

3       L’art. 4 della direttiva 67/548, come modificata, stabilisce che le sostanze sono classificate in base alle loro proprietà intrinseche, secondo le categorie di cui all’art. 2, n. 2. La classificazione di una sostanza chimica come «pericolosa» impone l’applicazione sul suo imballaggio di un’etichettatura adeguata comprendente in particolare simboli di pericolo, frasi tipo che menzionano i rischi specifici derivanti dai pericoli dell’uso della sostanza («frasi R») nonché frasi tipo contenenti i consigli di prudenza relativi all’uso della sostanza («frasi S»).

4       Ai sensi dell’art. 2, n. 2, della direttiva 67/548, come modificata, sono «pericolosi» le sostanze ed i preparati che sono, in particolare, «estremamente infiammabili», «facilmente infiammabili», «infiammabili» o «tossici per il ciclo riproduttivo».

5       Con riferimento alle prove che possono essere effettuate per classificare le sostanze, l’art. 3 della direttiva, come modificata, dispone quanto segue:

«1.      Le prove relative ai prodotti chimici realizzate nell’ambito della presente direttiva sono di norma effettuate conformemente ai metodi definiti nell’allegato V. La determinazione delle proprietà fisico-chimiche delle sostanze è effettuata conformemente ai metodi previsti dall’allegato V A (…)».

6       L’allegato V, punto A.9, della direttiva 67/548, come modificata, fissa i metodi per la determinazione dei punti di infiammabilità.

7       L’art. 4, n. 2, della direttiva 67/548 come modificata stabilisce che i principi generali riguardanti la classificazione e l’etichettatura delle sostanze e dei preparati sono applicati secondo i criteri previsti dall’allegato VI, salvo disposizioni contrarie relative ai preparati pericolosi contenute in direttive specifiche.

8       L’allegato VI, punto 4.2.3, della direttiva 67/548 come modificata menziona i criteri applicabili agli effetti tossici per la riproduzione e suddivide le sostanze che hanno tali effetti in tre categorie:

–       categoria 1: «sostanze che danneggiano la fertilità negli esseri umani» e «sostanze con effetti tossici sullo sviluppo umano»;

–       categoria 2: «sostanze che dovrebbero essere considerate in grado di danneggiare la fertilità negli esseri umani» e «sostanze che dovrebbero essere considerate in grado di provocare effetti tossici sullo sviluppo umano»;

–       categoria 3: «sostanze che potrebbero avere effetti sulla fertilità umana» e «sostanze che potrebbero produrre alterazioni negli esseri umani a causa dei loro probabili effetti tossici sullo sviluppo».

 Adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico

9       L’art. 28 della direttiva 67/548 come modificata stabilisce:

«Le modifiche necessarie per adeguare gli allegati al progresso tecnico sono adottate conformemente alla procedura di cui all’articolo 29»:

10     Nelle sue osservazioni la Commissione ha indicato che, in pratica, allorché elabora un primo progetto di misure di adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico, essa consulta il gruppo di lavoro sulla classificazione e l’etichettatura (in prosieguo: il «gruppo di lavoro»). Questo gruppo è composto di esperti in tossicologia e in classificazione delegati dagli Stati membri, di rappresentanti dell’industria chimica nonché di rappresentanti del settore dell’industria più specificamente interessato dai prodotti di cui trattasi. Dopo consultazione del gruppo di lavoro, la Commissione sottopone il progetto di misure al comitato istituito dall’art. 29 della direttiva 67/548 (in prosieguo: il «comitato di regolamentazione»).

11     L’art. 29 della direttiva 67/548, come modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 14 aprile 2003, n. 807, recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti del Consiglio adottati secondo la procedura di consultazione (unanimità) (GU L 122, pag. 36), stabilisce quanto segue:

«1.      La Commissione è assistita da un comitato.

2.      Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi».

12     L’art. 5 della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), stabilisce:

«1.      La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2.      Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’articolo 205, paragrafo 2, del Trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita all’articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.

3.      La Commissione adotta, fatto salvo l’articolo 8, le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.

(…)».

 Fatti e procedimento

13     Il bromuro di n-propilene (in prosieguo: l’«nPB») è un solvente organico volatile utilizzato in particolare per la pulizia industriale.

14     La Enviro Tech Europe Ltd e la Enviro Tech International Inc. (in prosieguo: le «richiedenti») hanno come unica attività la produzione e la vendita di un prodotto fabbricato a base di nPB e denominato «Ensolv». La prima di queste società è la filiale europea della seconda ed è titolare di una licenza esclusiva per la vendita dell’Ensolv in Europa.

15     In seguito all’adozione della direttiva della Commissione 1° marzo 1991, 91/325/CEE, recante dodicesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548 (GU L 180, pag. 1), l’nPB è stato classificato nell’allegato I della direttiva 67/548 come sostanza irritante e infiammabile.

16     Nella riunione del gruppo di lavoro tenutasi dal 16 al 18 gennaio 2002, il direttore dell’Health & Safety Executive (Ufficio per la salute e la sicurezza del Regno Unito; in prosieguo: l’«HSE») ha proposto che l’nPB fosse classificato come sostanza tossica per la riproduzione di categoria 2.

17     Successivamente, nell’aprile 2002, l’HSE ha proposto di classificare l’nPB come sostanza facilmente infiammabile, basandosi sui risultati di un nuovo esperimento scientifico.

18     Successivamente, le richiedenti hanno protestato ripetutamente contro questo progetto di classificazione dinanzi all’HSE, all’Ufficio europeo delle sostanze chimiche nonché dinanzi al gruppo di lavoro e hanno sottoposto loro a tal riguardo dati e argomenti scientifici a sostegno della loro posizione.

19     Nella sua riunione del gennaio 2003 il gruppo di lavoro ha deciso di raccomandare la classificazione dell’nPB come sostanza facilmente infiammabile e tossica per la riproduzione di categoria 2. Dopo l’adozione di questa decisione, le richiedenti hanno inutilmente tentato di convincere il gruppo di lavoro a riaprire la discussione sull’nPB.

20     Il 29 agosto e il 29 settembre 2003, rispettivamente, le richiedenti hanno inviato due lettere alla Commissione con le quali chiedevano in particolare a quest’ultima di adottare i provvedimenti necessari al fine di correggere gli errori che, a loro parere, erano alla base delle raccomandazioni del gruppo di lavoro relativamente all’nPB.

21     Con due lettere 3 novembre 2003 la Commissione ha indicato alle richiedenti che gli argomenti dedotti nelle loro lettere 29 agosto e 29 settembre 2003 non giustificavano una modifica della classificazione dell’nPB raccomandata dal gruppo di lavoro (in prosieguo: le «risposte della Commissione»).

22     Con atto registrato nella cancelleria il 23 dicembre 2003 le richiedenti hanno presentato un ricorso in annullamento contro gli atti impugnati nonché un ricorso per risarcimento.

23     Poco tempo dopo la presentazione del ricorso principale, alle richiedenti è stato comunicato che si era tenuta una riunione del comitato di regolamentazione, in data 15 gennaio 2004, al fine di approvare il 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548.

24     Con separato atto, registrato il 30 dicembre 2003 presso la cancelleria del Tribunale, le richiedenti hanno presentato al giudice dell’urgenza, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di provvedimenti provvisori diretti a che venga sospesa l’esecuzione delle risposte della Commissione e a che venga ingiunto alla Commissione di non proporre la riclassificazione dell’nPB nell’ambito del 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548 in occasione della successiva riunione del comitato di regolamentazione, prevista per il 15 gennaio 2004.

25     Con ordinanza 3 febbraio 2004, causa T‑422/03 R (Enviro Tech Europe ed Enviro Tech International/Commissione (Racc. pag. II‑469), il presidente del Tribunale ha respinto la detta domanda di provvedimenti provvisori.

26     Con atto 5 aprile 2004 registrato presso la cancelleria del Tribunale in pari data, le richiedenti hanno presentato una nuova domanda di provvedimenti provvisori ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, diretti a che il giudice dell’urgenza ordini la sospensione «dell’inclusione da parte della Commissione dell’nPB nel 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548». In tale domanda le richiedenti facevano presente che la riunione del comitato di regolamentazione prevista per l’adozione della proposta di 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva67/548 doveva svolgersi il 14 aprile 2004.

27     Il 29 aprile 2004 la Commissione ha formalmente adottato la direttiva 2004/73, che classifica l’nPB quale sostanza facilmente infiammabile (R 11) e tossica per la fertilità di categoria 2 (R 60).

28     Con ordinanza 2 luglio 2004, causa T‑422/03 R II, Enviro Tech Europe ed Enviro Tech International/Commissione (Racc. pag. II‑2003), il presidente del Tribunale ha respinto la seconda domanda di provvedimenti provvisori.

29     Con atto registrato in cancelleria il 20 luglio 2004, le richiedenti hanno proposto ricorso diretto all’annullamento parziale della direttiva 2004/73 con contestuale domanda di risarcimento del danno.

30     Con separato atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 settembre 2004, la resistente ha sollevato eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale. Le richiedenti hanno depositato le loro osservazioni in ordine a tale eccezione il 25 ottobre seguente.

31     Con separato atto, registrato il 3 novembre 2004 presso la cancelleria del Tribunale, le richiedenti hanno proposto la presente domanda di provvedimenti urgenti, con cui chiedono al giudice dell’urgenza di pronunciarsi ai sensi dell’art. 105, n. 2, del regolamento di procedura, prima che la Commissione presenti le proprie osservazioni.

32     Il 15 novembre 2004 la Commissione ha presentato osservazioni in merito alla domanda di provvedimenti urgenti.

 Conclusioni

33     Con la presente domanda le richiedenti chiedono che il giudice dell’urgenza voglia:

–       «dichiarare la presente domanda ricevibile e fondata»;

–       «accertare la necessità di disporre provvedimenti provvisori al fine di impedire un danno irreparabile per le richiedenti»;

–       «sospendere l’inclusione, da parte della Commissione, dell’nPB nella direttiva [2004/73] sino alla decisione sul ricorso principale»;

–       «ordinare alla Commissione di notificare agli Stati membri la sospensione dell’esecuzione al fine di impedire, sino alla decisione della causa principale, che essi procedano alla riclassificazione dell’nPB»;

–       «condannare la Commissione alle spese».

34     La Commissione, dal canto suo, chiede che il giudice dell’urgenza voglia:

–       respingere la domanda di provvedimenti provvisori;

–       condannare le richiedenti alle spese.

 In diritto

35     L’art. 104, n. 2, del regolamento di procedura stabilisce che le domande di provvedimenti provvisori devono precisare l’oggetto della causa, i motivi di urgenza e gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima face (fumus boni iuris) l’adozione del provvedimento provvisorio richiesto. Questi presupposti sono cumulativi, di modo che i provvedimenti provvisori devono essere negati qualora manchi uno dei suddetti presupposti [ordinanza del presidente della Corte 14 ottobre 1996, causa C‑268/96 P(R), SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. I‑4971, punto 30]. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco (ordinanza del presidente della Corte 23 febbraio 2001, causa C‑445/00 R, Austria/Consiglio, Racc. pag. I‑1461, punto 73).

36     Inoltre, nell’ambito di siffatta valutazione globale, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vanno accertate le varie condizioni in parola nonché l’ordine in cui condurre tale esame, dato che nessuna disposizione di diritto comunitario gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanza del presidente della Corte 19 luglio 1995, causa C‑149/95 P(R), Commissione/Atlantic Container Line e a., Racc. pag. I‑2165, punto 23].

37     È alla luce dei principi summenzionati che deve essere valutata la presente domanda di provvedimenti provvisori.

 Argomenti delle parti

 Sulla ricevibilità

38     Nelle sue osservazioni la Commissione afferma che il ricorso principale e, conseguentemente, la domanda di provvedimenti urgenti sono manifestamente irricevibili. La Commissione sostiene, infatti, che la direttiva 2004/73 costituisce un atto di portata generale e che le richiedenti non sono individualmente interessate.

39     Parimenti, per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno proposta dalle richiedenti, la Commissione sostiene che, quando una domanda di provvedimenti provvisori è accessoria ad un ricorso per responsabilità ai fini della riparazione delle conseguenze di un atto che non può costituire oggetto di un ricorso di annullamento, il richiedente può far valere un legittimo interesse a che vengano disposti i provvedimenti provvisori solo in presenza di circostanze del tutto particolari (ordinanza del presidente del Tribunale 12 dicembre 1995, causa T‑203/95 R, Connolly/Commissione, Racc pag. II‑2919). Orbene, le richiedenti non avrebbero fornito indicazioni quanto alla sussistenza di circostanze di tal genere nella specie.

40     Le richiedenti, per contro, sostengono di essere legittimate ad agire contro la direttiva 2004/73 ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE per un triplice ordine di motivi.

41     In primo luogo, la giurisprudenza comunitaria avrebbe affermato che il ricorso di annullamento può essere proposto contro tutti gli atti delle istituzioni destinati a produrre effetti giuridici, indipendentemente dalla loro forma o natura.

42     In secondo luogo, le richiedenti sarebbero individualmente interessate dalla direttiva 2004/73, avendo partecipato alla valutazione amministrativa dell’nPB, la quale sarebbe cosa distinta rispetto al procedimento legislativo di adozione della direttiva 2004/73. La partecipazione delle richiedenti alla valutazione amministrativa dell’nPB sarebbe conseguenza, quantomeno, della consolidata prassi della Commissione e, quindi, dell’uso, il che conferirebbe alle richiedenti una posizione particolare. Inoltre, nel corso della valutazione amministrativa dell’nPB, la Commissione non avrebbe adempiuto al proprio obbligo di esaminare con diligenza ed imparzialità i dati e le denunce delle richiedenti, inadempimento che potrebbe costituire oggetto di sindacato giurisdizionale (v. sentenza del Tribunale 30 gennaio 2002, causa T-54/99, max.mobil/Commissione, Racc. pag. II‑313).

43     In terzo luogo, le richiedenti sostengono di essere titolari di diritti di brevetto preesistenti che le autorizzano ad utilizzare l’Ensolv, il che le distinguerebbe individualmente (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorniu/Consiglio, Racc. pag. I‑1853). Le richiedenti precisano, inoltre, che il «diritto di proprietà (intellettuale)» e quello di esercitare un’attività commerciale costituiscono diritti fondamentali.

44     Infine, le richiedenti aggiungono di aver proposto ricorso per il risarcimento del danno riguardo al quale esse risponderebbero ai relativi requisiti di interesse ad agire.

 Sul fumus boni iuris

45     Secondo le richiedenti, il ricorso principale è, prima facie, fondato. Le richiedenti sostengono che la Commissione, adottando la direttiva 2004/73, ha, in primo luogo, fatto propria la raccomandazione del gruppo di lavoro, in secondo luogo, è venuta meno all’obbligo di fondare le proprie decisioni sui più recenti sviluppi scientifici, in terzo luogo, non ha esaminato con diligenza e imparzialità i documenti trasmessi dalle richiedenti e, in quarto luogo, ha negato loro il diritto ad essere sentite.

46     Conseguentemente, la direttiva 2004/73 sarebbe manifestamente illegittima in quanto, in primo luogo, si fonderebbe su un manifesto errore di valutazione e violerebbe gli artt. 3, 4, 5, nonché l’allegato V, punto A.9, l’allegato VI, punto 4.2.3, e l’allegato VI, punto 1.1, della direttiva 67/548. In secondo luogo, la direttiva 2004/73 si porrebbe in contrasto con le legittime aspettative delle richiedenti ad un esame dei loro dati condotto con diligenza, imparzialità e nel rispetto delle disposizioni pertinenti della direttiva 67/548. In terzo luogo, la direttiva 2004/73 si porrebbe in contrasto con l’art. 95, n. 3, CE. In quarto luogo, essa violerebbe il principio di prudenza. In quinto luogo, le richiedenti sostengono che la Commissione non era competente ad adottare la direttiva 2004/73 e che tale atto viola i principi della certezza del diritto, della tutela del legittimo affidamento, dell’eccellenza e dell’indipendenza dei pareri scientifici, di proporzionalità, di parità di trattamento, del divieto di sviamenti di potere, nonché i doveri di sorveglianza e di sana amministrazione. Con l’emanazione della direttiva 2004/73, la Commissione avrebbe parimenti violato il diritto delle richiedenti ad essere sentite nonché il proprio obbligo di procedere ad un esame diligente e imparziale.

 Sull’urgenza

47     Nella loro domanda le richiedenti affermano l’urgenza di impedire la trasposizione della direttiva 2004/73 e di impedire così le relative irreparabili conseguenze sul piano commerciale e normativo.

48     Anzitutto, la classificazione dell’nPB quale sostanza facilmente infiammabile obbligherebbe le richiedenti a soddisfare una serie di regole e di requisiti in materia di sicurezza che impedirebbero loro di continuare a fornire i propri prodotti alla propria clientela. I composti quali l’Ensolv dovrebbero essere classificati sulla base della classificazione delle loro componenti conformemente al combinato disposto della direttiva 67/548 e della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 maggio 1999, 1999/45/CE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi (GU L 200, pag. 1). Le richiedenti aggiungono che, come previsto al punto 2.2.5 dell’allegato IV della direttiva 67/548, i preparati contenenti sostanze infiammabili devono essere classificati come tali qualora il preparato non possa «in alcun modo alimentare una combustione». Orbene, tale deroga non riguarderebbe le sostanze facilmente infiammabili e non potrebbe quindi più trovare applicazione successivamente alla riclassificazione dell’nPB. Ne deriverebbero effetti pregiudizievoli sulla possibilità per le richiedenti di proseguire la commercializzazione del loro solo ed unico prodotto, il che metterebbe in pericolo la loro sopravvivenza.

49     Le richiedenti sarebbero in particolare obbligate a modificare il proprio materiale promozionale. Inoltre, le richiedenti dovrebbero modificare le loro «schede di dati di sicurezza», predisposte in applicazione della direttiva della Commissione 5 marzo 1991, 91/155/CEE, che definisce e fissa, in applicazione dell’articolo 10 della direttiva 88/379/CEE del Consiglio, le modalità del sistema di informazione specifica concernente i preparati pericolosi (GU L 76, pag. 35). Esse sarebbero parimenti costrette a modificare i loro processi di produzione e di trasporto e ad informare i loro clienti sulla necessità di modificare in modo significativo le loro abitudini di magazzinaggio, di manipolazione e di trasporto. Secondo le richiedenti, a fronte di tali nuovi oneri e dei relativi costi, risultanti, in particolare, da rilevanti aumenti dei premi assicurativi, l’Ensolv non sarà più considerato come un prodotto interessante sostitutivo di altre sostanze più pericolose, con conseguente azzeramento del suo vantaggio commerciale. Orbene, considerato che le attività delle richiedenti si fonderebbero unicamente su tale prodotto, la loro sopravvivenza ne risulterebbe minacciata.

50     Inoltre, a parere delle richiedenti, la classificazione dell’nPB quale sostanza tossica per la fertilità di categoria 2 garantirà il ritiro dal mercato dell’nPB, quindi dell’Ensolv, nei tempi più brevi possibili per effetto della direttiva del Consiglio 11 marzo 1999, 1999/13/CE, sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovuti all’uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti (GU L 85, pag. 1). Tale nuova classificazione implicherebbe parimenti una variazione del regime di autorizzazione dell’nPB nell’ambito del futuro «regolamento REACH».

51     Infine, la riclassificazione dell’nPB produrrebbe l’effetto che il composto brevettato delle richiedenti «non garantirà più, o (…) non potrà più garantire per effetto del divieto, la propria funzione commerciale e risulterà, quindi, svuotato del proprio oggetto». Il brevetto delle richiedenti relativo all’Ensolv e alla tecnologia di pulitura mediante sgrassaggio a vapore sulla quale il detto prodotto si fonda dipenderebbe dalle proprietà di non infiammabilità e di non pericolosità dell’nPB, come descritte nel menzionato brevetto. La riclassificazione priverebbe il prodotto de quo di qualsiasi valore tecnico, «annientando in tal modo la posizione di mercato delle richiedenti connessa a tale brevetto». Le richiedenti aggiungono che, qualora l’nPB venisse ritirato progressivamente ovvero non venisse più acquistato in considerazione di taluni vincoli normativi ed economici, esse cesserebbero la loro attività, ragion per cui le perdite e il danno futuro in questione non sarebbero né quantificabili né riparabili.

52     Replicando a tali argomenti, la Commissione ritiene che le richiedenti hanno enfatizzato il danno che subirebbero e che questo può essere risarcito mediante concessione di una compensazione economica.

53     In primo luogo, le richiedenti non fornirebbero precisazioni sufficienti quanto all’effetto della direttiva 2004/73 sul loro brevetto. Da un lato, il brevetto non fornirebbe alcuna indicazione sulle proprietà infiammabili dell’nPB stesso. Dall’altro, mentre l’nPB sarebbe stato classificato come infiammabile dal 1991, la domanda di brevetto risalirebbe al 23 dicembre 1996 ed il brevetto sarebbe stato concesso il 29 settembre 1999. La Commissione non comprenderebbe nemmeno sotto quale profilo la classificazione dell’nPB quale prodotto tossico per la fertilità di categoria 2 produrrebbe effetti sul brevetto di cui trattasi. Le richiedenti non avrebbero peraltro dimostrato che la nuova classificazione dell’nPB produrrebbe effetti sul metodo di pulitura coperto dal brevetto medesimo né che sarebbe impossibile sostituire l’nPB con un altro solvente.

54     In secondo luogo, la Commissione dubita della validità della tesi delle richiedenti quanto agli effetti combinati delle direttive 67/548 e 1999/45, per quanto attiene, in particolare, alla necessità di riclassificare l’Ensolv, invece del solo nPB, quale composto facilmente infiammabile.

55     In terzo luogo, la Commissione sostiene che la riclassificazione dell’nPB quale sostanza tossica per la fertilità di categoria 2 non produce innanzi tutto l’inevitabile conseguenza del ritiro dell’nPB per effetto della direttiva 1999/13.

56     Inoltre, l’argomento delle richiedenti relativo ai possibili effetti della «normativa REACH» sarebbe di natura speculativa e si fonderebbe su una congettura, tenuto conto che, da un lato, tale normativa non è stata ancora emanata e, dall’altro, che sarebbe impossibile valutare anticipatamente i risultati delle prove che dovranno essere effettuate in tale contesto.

57     La Commissione rileva, inoltre, che il fatto che le richiedenti abbiano proposto ricorso per responsabilità extracontrattuale senza aver peraltro chiesto il versamento anticipato di una somma o di un risarcimento dimostra che le richiedenti stesse ritengono che una compensazione economica potrebbe costituire un sufficiente risarcimento.

58     Peraltro, anche ammesso che le richiedenti perdano quote di mercato, esse non hanno dimostrato che ostacoli di natura strutturale o giuridica impedirebbero loro di riconquistare una congrua parte di tali quote in seguito all’adozione, in particolare, di misure di pubblicità appropriate [ordinanza del presidente della Corte 11 aprile 2001, causa C‑471/00 P(R), Commissione/Cambridge Healthcare Supplies, Racc. pag.  I‑2865, punti 110 e 111].

59     Infine, le richiedenti non avrebbero dimostrato di poter essere indotte, per effetto della direttiva 2004/73, a cessare la loro attività. La Commissione aggiunge che la mancata prova di tale danno è tanto più significativa considerato che, da un lato, è poco probabile che la direttiva 2004/73 produca effetti prima della sua scadenza ultima di trasposizione, vale a dire il 31 ottobre 2005, e, dall’altro, che, al momento, nessuno Stato membro ha notificato alla Commissione di aver proceduto alla trasposizione.

 Giudizio del giudice dell’urgenza

60     Atteso che le osservazioni scritte delle parti contengono tutte le informazioni necessarie per potersi pronunciare sulla domanda di provvedimenti provvisori, non appare necessario sentire le osservazioni orali.

61     Secondo costante giurisprudenza, il problema della ricevibilità del ricorso di merito non deve, in via di principio, essere esaminato nell’ambito di un procedimento sommario se non si vuole pregiudicare la decisione nel merito. Può nondimeno apparire necessario, quando si tratti, come nella specie, dell’irricevibilità manifesta del ricorso di merito sul quale si innesta la domanda di provvedimenti provvisori, accertare la sussistenza di determinati elementi che consentano di concludere, prima facie, per la ricevibilità del ricorso stesso (ordinanze del presidente del Tribunale 15 febbraio 2000, causa T‑1/00 R, Hölzl e a./Commissione, Racc. pag. II‑251, punto 21, e 8 agosto 2002, causa T‑155/02 R, VVG International e a./Commissione, Racc. pag. II‑3239, punto 18).

62     A termini dell’art. 230, quarto comma, CE, «qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (…) un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente ed individualmente». Orbene, ancorché l’art. 230, quarto comma, CE non riguardi espressamente la ricevibilità di ricorsi di annullamento proposti da singoli avverso una direttiva, emerge comunque dalla giurisprudenza che quest’unica circostanza non è sufficiente a dichiarare irricevibili tali ricorsi (sentenza del Tribunale 17 giugno 1998, causa T‑135/96, UEAPME/Consiglio, Racc. pag. II‑2335, punto 63, e ordinanza del Tribunale 10 settembre 2002, causa T‑223/01, Japan Tabacco e JT International/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑3259, punto 28).

63     Secondo costante giourisprudenza, un atto riveste portata generale qualora si applichi a situazioni determinate oggettivamente e spieghi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo astratto (sentenza del Tribunale 10 luglio 1996, causa T‑482/93, Weber/Commissione, Racc. pag. II‑609, punto 55, e ordinanza del Tribunale 15 dicembre 2000, causa T‑113/99, Galileo e Galileo International/Consiglio, Racc. pag. II‑4141, punto  48).

64     Nella specie, la modificazione delle norme di classificazione e di etichettatura dell’nPB, risultante dalla direttiva 2004/73, produce taluni effetti sui produttori ed utilizzatori dell’nPB nella Comunità. Conseguentemente, la direttiva 2004/73 si applica, prima facie, a situazioni determinate oggettivamente e produce effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale ed astratto. In considerazione della sua natura e della sua portata, la detta direttiva riveste quindi, prima facie, carattere generale.

65     Non è tuttavia escluso che una disposizione che possieda, per sua natura e per sua portata, carattere generale possa riguardare individualmente una persona fisica o giuridica, incidendo su di essa in ragione di determinate sue qualità peculiari o di una circostanza di fatto che la distingua da qualsiasi altro e la identifichi in modo analogo al destinatario (sentenze della Corte 16 maggio 1991, causa C‑358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I‑2501, punto 13; Codorniu/Consiglio, citata, punto 19, e 22 novembre 2001, causa C‑451/98, Antillean Rice Mills/Consiglio, Racc. pag. I‑8949, punto 49).

66     Nella specie, in considerazione degli argomenti dedotti dalle richiedenti, sorgono seri dubbi quanto alla possibilità che esse siano individualmente interessate dalla direttiva 2004/73.

67     Infatti, in primo luogo, la circostanza che un soggetto intervenga, indipendentemente dalle modalità, nel procedimento che conduce all’emanazione di un atto comunitario costituisce elemento idoneo a contraddistinguere tale soggetto, rispetto all’atto di cui trattasi, solamente qualora siano state previste per tale soggetto garanzie procedurali dalla pertinente normativa comunitaria (ordinanze del Tribunale 3 giugno 1997, causa T‑60/96, Merck e a./Commissione, Racc. pag. II‑849, punto 73, e 15 settembre 1998, causa T‑109/97, Molkerei Großbraunshain e Bene Nahrungsmittel/Commissione, Racc. pag. II‑3533, punti 67 e 68).

68     Nella specie, non sembra, prima facie, che le disposizioni dedotte dalle richiedenti nella domanda di provvedimenti provvisori attribuiscano loro diritti procedurali applicabili nell’ambito del processo di adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico. In particolare, il punto 1.2 dell’allegato VI della direttiva 67/548, a termini del quale il detto allegato «è destinato a tutti gli interessati ai metodi di classificazione e di etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi, ovvero, fabbricanti, importatori o autorità nazionali», non può essere inteso nel senso che esso attribuisce ai richiedenti garanzie procedurali di tal genere. Analoghe considerazioni valgono, prima facie, per i punti 1.7.2 e 4.1 del medesimo allegato VI. A prima vista tali disposizioni attribuiscono unicamente ai fabbricanti, importatori o distributori la facoltà o l’obbligo di trasmettere talune informazioni o proposte agli Stati membri, senza conferire loro peraltro prerogative procedurali particolari nell’ambito del processo di adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico.

69     Le richiedenti sembrano peraltro invocare a sostegno delle loro tesi il fatto di aver partecipato ad una «procedura amministrativa» distinta dalla «procedura legislativa» che ha condotto all’emanazione della direttiva 2004/73. Si deve tuttavia necessariamente rilevare, prima facie, che tale distinzione non fa che sottolineare l’assenza di incidenza individuale nei confronti delle richiedenti rispetto all’atto infine emanato, quantomeno in assenza di garanzie procedurali specificamente previste, a loro favore, in vista dell’emanazione dell’atto medesimo. Orbene, in ordine a quest’ultimo punto, gli elementi dedotti dalle richiedenti nella domanda di provvedimenti provvisori non consentono di dimostrare, prima facie, che le richiedenti fossero individualmente interessate dalla direttiva 2004/73 per effetto di un diritto attribuito dalla prassi della Commissione ovvero dagli «usi», il che avrebbe loro consentito di partecipare alla «procedura amministrativa» preliminare all’emanazione della direttiva 2004/73. Parimenti, le richiedenti si richiamano inutilmente, prima facie, all’obbligo della Commissione di esaminare con diligenza ed imparzialità le loro lettere 29 agosto e 29 settembre 2003. Infatti, prima facie, tale obbligo non imponeva alla Commissione di prendere in considerazione la situazione particolare delle richiedenti ai fini dell’emanazione della direttiva 2004/73 ovvero di associarle in modo specifico al processo di emanazione di tale atto.

70     In secondo luogo, contrariamente a quanto sostengono le richiedenti, non sembra prima facie che le richiedenti si trovino, riguardo alla licenza che esse detengono in ordine al brevetto dell’Ensolv, in posizione analoga a quella della richiedente nella causa da cui è scaturita la sentenza Codorniu/Consiglio (citata supra al punto 43). Infatti, in quest’ultima causa, la disposizione controversa, riservando il diritto di utilizzare la menzione «crémant» ai soli produttori francesi e lussemburghesi, aveva impedito alla Codorniu di utilizzare un marchio figurativo da essa usato sin dal 1924. Orbene, prima facie, gli elementi dedotti dalle richiedenti non consentono di dimostrare che la direttiva 2004/73 impedisca loro di utilizzare i propri diritti esclusivi o, viceversa, le privi dei diritti medesimi.

71     Si deve quindi seriamente dubitare che le richiedenti possano essere individualmente interessate dalla direttiva 2004/73. Nondimeno, il giudice dell’urgenza non ritiene necessario, nella specie, proseguire l’esame della ricevibilità prima facie del ricorso di annullamento. Non appare nemmeno necessario pronunciarsi sugli argomenti dedotti dalla Commissione in ordine all’irricevibilità della domanda e relativi al fatto che quest’ultima è accessoria ad un ricorso per il risarcimento del danno proposto ai fini della riparazione delle conseguenze di un atto che non può costituire oggetto di un ricorso di annullamento. Infatti, le richiedenti non hanno dimostrato, in ogni caso, che fosse urgente disporre dei provvedimenti provvisori richiesti.

72     Si deve ricordare, in proposito, che il carattere urgente di una domanda di provvedimenti provvisori dev’essere valutato sotto il profilo della necessità di statuire in via provvisoria per evitare che la parte che chiede il provvedimento provvisorio subisca un danno grave ed irreparabile (ordinanza del presidente della Corte 6 febbraio 1986, causa 310/85 R, Deufil/Commissione, Racc. pag. 537, punto 15, e ordinanza del presidente del Tribunale 30 giugno 1999, causa T‑13/99 R, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑1961, punto 134). Incombe a quest’ultima provare di non poter attendere l’esito della causa principale senza dover subire un danno che comporterebbe conseguenze di tal genere (ordinanza del presidente della Corte 8 maggio 1991, causa C‑356/90 R, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑2423, punto 23, e ordinanza del presidente del Tribunale 15 novembre 2001, causa T‑151/01 R, Duales System Deutschland/Commissione, Racc. pag. II‑3295, punto 187).

73     Non è necessario che l’imminenza del pregiudizio venga accertata con certezza assoluta, bensì è sufficiente che il danno medesimo sia prevedibile con un sufficiente grado di probabilità, in particolare quando il suo verificarsi dipende dalla sussistenza di un complesso di fattori [ordinanza del presidente della Corte 14 dicembre 1999, causa C‑335/99 P(R), HFB e a./Commissione, Racc. pag. I‑8705, punto 67]. Il richiedente resta tuttavia tenuto a comprovare i fatti sui quali sia basata la prospettiva di tale danno grave ed irreparabile (v. ordinanza HFB e a./Commissione, citata supra, punto 67).

74     Infine, ancorché sia assodato che un danno di carattere pecuniario non può essere considerato, salvo circostanze eccezionali, irreparabile o anche solo difficilmente riparabile, dal momento che può essere oggetto di successiva compensazione finanziaria (ordinanza del presidente della Corte 18 ottobre 1991, causa C‑213/91 R, Abertal e a./Commissione, Racc. pag. I-5109, punto 24, e ordinanza del presidente del Tribunale 28 maggio 2001, causa T-53/01 R, Poste italiane/Commissione, Racc. pag. II‑1479, punto 19), è altresì assodato che un provvedimento provvisorio è giustificato qualora risulti che, in mancanza di tale provvedimento, la parte richiedente si trovi in una situazione tale da porre in pericolo la sua stessa esistenza o da modificare in modo irrimediabile la sua posizione sul mercato (v., in tal senso, ordinanze del presidente del Tribunale 20 luglio 2000, causa T‑169/00 R, Racc. pag. II‑2951, punto 45, e 27 luglio 2004, causa T‑148/04 R, TQ3 Travel Solutions Belgium/Commissione, Racc. pag. II‑3027, punto 46).

75     Nella specie, occorre esaminare se le richiedenti abbiano dimostrato in modo sufficientemente valido che la nuova classificazione dell’nPB, risultante dalla direttiva 2004/73, sia tale da pregiudicare i loro interessi al punto tale da causare loro un danno grave e irreparabile prima della pronuncia del Tribunale nel merito.

76     A tale riguardo, occorre analizzare in modo distinto, in primo luogo, gli effetti della classificazione dell’nPB quale sostanza facilmente infiammabile sulla situazione commerciale e finanziaria delle richiedenti, in secondo luogo, gli effetti della classificazione dell’nPB quale sostanza tossica per la fertilità di categoria 2 sulla medesima situazione commerciale e finanziaria e, in terzo luogo, gli effetti derivanti da tali due classificazioni sui diritti che le richiedenti detengono sul brevetto dell’Ensolv.

77     Per quanto attiene, in primo luogo, alla classificazione dell’nPB quale sostanza facilmente infiammabile, le richiedenti deducono essenzialmente che, in considerazione del combinato disposto della direttiva 67/548, come modificata, e della direttiva 1999/45, l’Ensolv deve essere classificato quale preparato facilmente infiammabile. Tale classificazione produrrebbe l’effetto di imporre alle richiedenti di cambiare il proprio materiale promozionale, le loro «schede di dati di sicurezza» e i loro processi di produzione e di trasporto. Peraltro, in considerazione degli inconvenienti connessi alla classificazione dell’Ensolv, quest’ultimo non sarebbe più differenziato dagli altri prodotti e la sua utilizzazione implicherebbe costi proibitivi, il che annienterebbe il vantaggio commerciale acquisito nel corso degli ultimi anni.

78     Anche ammettendo, tuttavia, che la classificazione dell’nPB quale sostanza facilmente infiammabile comporti effettivamente una classificazione, cosa di cui la Commissione dubita, si deve necessariamente rilevare che le richiedenti non hanno prodotto, in ogni caso, elementi di prova che consentano di dimostrare che un siffatto cambiamento rischierebbe di produrre conseguenze gravi e irreparabili sulla loro situazione finanziaria e commerciale.

79     Anzitutto, le richiedenti non deducono elementi probatori che consentano di valutare gli oneri finanziari cui esse si troverebbero esposte per effetto della necessità di modificare il loro materiale promozionale, le loro «schede di dati di sicurezza» e dei loro processi di produzione e di trasporto.

80     Inoltre, la tesi e gli elementi di prova prodotti dalle richiedenti nella loro domanda di provvedimenti provvisori sono troppo imprecisi ed al tempo stesso insufficienti per valutare la realtà e la gravità dei vincoli cui i loro clienti si potrebbero trovare esposti per effetto dell’eventuale classificazione dell’Ensolv quale prodotto facilmente infiammabile. Questi stessi elementi sono peraltro insufficienti per valutare le caratteristiche del mercato sul quale l’Ensolv si colloca, quali le caratteristiche dei prodotti in concorrenza con il medesimo, e, a maggior ragione, per dimostrare che la nuova classificazione dell’nPB e, eventualmente, dell’Ensolv, implicherebbe una riduzione grave e irreparabile del fatturato delle richiedenti o delle loro quote di mercato.

81     A tale riguardo, la dichiarazione giurata rilasciata da uno dei dirigenti dell’Envirotech Europe, allegata alla domanda di provvedimenti provvisori, non può essere considerata sufficientemente probatoria per dimostrare gli effetti pretesi.

82     Non può essere nemmeno considerata sufficientemente probante la dichiarazione rilasciata da uno dei distributori delle richiedenti, parimenti allegata alla domanda di provvedimenti provvisori. Infatti, in tale dichiarazione, il distributore de quo afferma che, qualora i suoi clienti cesseranno di acquistare l’Ensolv, egli stesso porrà termine alle commesse presso le richiedenti. Tuttavia, da un lato, le dichiarazioni rilasciate da tale distributore sono insufficienti per dimostrare l’effettività delle reazioni da parte dei clienti finali e, eventualmente, la gravità degli effetti che esse produrrebbero per le richiedenti. Dall’altro, le richiedenti non precisano la quota delle loro vendite complessive corrispondenti agli acquisti di tale distributore, il quale sembra d’altronde operare unicamente nel Regno Unito ed in Irlanda.

83     Inoltre, anche ammesso che le richiedenti abbiano dimostrato in modo sufficientemente valido che esse subirebbero una grave diminuzione delle quote di mercato per effetto della riclassificazione dell’nPB, esse non avrebbero peraltro dimostrato l’esistenza di ostacoli di natura strutturale o giuridica che impedirebbero loro di riconquistare una frazione apprezzabile delle quote di mercato medesime a seguito, in particolare, di idonee misure pubblicitarie (v., per analogia, ordinanza Commissione/Cambridge Healthcare Supplies, citata supra al punto 58, punto 111).

84     Infine, anche ammesso che le richiedenti abbiano dimostrato che, per effetto del mantenimento in vigore della direttiva 2004/73, non realizzerebbero più alcuna vendita dell’Ensolv sul territorio della Comunità, esse non avrebbero peraltro dimostrato che ciò pregiudicherebbe, di per sé, la loro esistenza.

85     Infatti, in primo luogo, le richiedenti, anche se affermano di commercializzare un unico prodotto, vale a dire l’Ensolv, non forniscono alcuna indicazione in ordine alla percentuale del loro fatturato totale corrispondente alle loro vendite di tale prodotto nella Comunità. Non risulta quindi dimostrato che le richiedenti non realizzino, al di fuori del territorio della Comunità, vendite che consentano loro di sopravvivere fino alla decisione del Tribunale nel merito.

86     In secondo luogo, le richiedenti non forniscono alcun elemento probatorio in ordine alla loro attuale situazione economica. In assenza di siffatti elementi, non sussiste alcun elemento dal quale risulti che, anche nell’ipotesi in cui esse dovessero cessare completamente le loro attività sul territorio della Comunità, non disporrebbero di riserve economiche che consentano loro di sopravvivere sino alla decisione del Tribunale nel merito.

87     Alla luce degli elementi risultanti dagli atti, la classificazione dell’nPB quale sostanza facilmente infiammabile non può essere quindi considerata produttiva di conseguenze gravi ed irreparabili sulla situazione economica e commerciale delle richiedenti.

88     Per quanto attiene, in secondo luogo, alle conseguenze derivanti dalla classificazione dell’nPB quale prodotto tossico per la fertilità di categoria 2, le richiedenti affermano, sostanzialmente, che tale classificazione implicherebbe il ritiro dell’nPB e dell’Ensolv dal mercato. Senza necessità di pronunciarsi sull’effettività di tali conseguenze, si deve anzitutto rilevare che, per le ragioni già precedentemente esposte (v. supra punti 84-86), le richiedenti non hanno dimostrato che esse subirebbero un danno grave e irreparabile anche nell’ipotesi in cui dovessero cessare completamente le vendite dell’Ensolv sul territorio della Comunità.

89     Inoltre, nella parte in cui le richiedenti sostengono che la classificazione dell’nPB quale sostanza tossica per la fertilità di categoria 2 potrebbe causare loro una perdita di quote di mercato, esse non hanno dimostrato in modo sufficientemente valido né l’effettività di tale perdita né la sua gravità, né che sussisterebbero ostacoli di natura strutturale o giuridica che impediscano loro di riconquistare una frazione apprezzabile delle quote di mercato che esse potrebbero perdere (v. supra, punto 83).

90     Infine, per quanto attiene agli effetti della nuova procedura di autorizzazione che sarà applicabile nell’ambito del «programma REACH», si deve rilevare che i regolamenti invocati dalle richiedenti non sono stati ancora emanati e che il pregiudizio che potrebbe derivarne è, conseguentemente, puramente ipotetico. Orbene, un pregiudizio di tale natura non può giustificare la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti (v., in tal senso, ordinanze del presidente del Tribunale 15 luglio 1998, causa T‑73/98 R, Prayon-Rupel/Commissione, Racc. pag. II‑2769, punti 22, 26 e 38; 8 dicembre 2000, causa T‑237/99 R, BP Nederland e a./Commissione, Racc. pag. II‑3849, punti 57 e 66, e 15 gennaio 2001, causa T‑241/00 R, Le Canne/Commissione, Racc. pag. II‑37, punto 37).

91     Alla luce degli elementi risultanti dagli atti, la riclassificazione dell’nPB quale sostanza tossica per la fertilità di categoria 2 non può essere quindi considerata produttiva di conseguenze gravi ed irreparabili sulla situazione economica e commerciale delle richiedenti.

92     Infine, in terzo luogo, si deve necessariamente rilevare che l’argomento delle richiedenti, secondo cui la riclassificazione dell’nPB renderebbe il brevetto dell’Ensolv «privo di oggetto» è troppo vaga per dimostrare la prospettiva di un danno grave ed irreparabile. Laddove le richiedenti cercano di dimostrare che la riclassificazione dell’nPB potrebbe ledere, sotto il profilo giuridico, i loro diritti esclusivi, si tratta di argomenti non sufficientemente precisi, dettagliati e provati per dimostrare la probabilità, gravità ed irreparabilità di tali effetti. Peraltro, laddove con i loro argomenti le richiedenti tentano di dimostrare che il mantenimento in vigore della direttiva 2004/73 produrrebbe effetti pregiudizievoli sul valore commerciale della loro licenza, in assenza di elementi probatori relativi alla loro situazione finanziaria, non risulta nemmeno provata, in primo luogo, la gravità di tale danno (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte 23 maggio 1990, cause riunite C‑51/90 R e C‑59/90 R, Comos-Tank e a./Commissione, Racc. pag. I‑2167, punto 26), in secondo luogo, che l’esistenza delle richiedenti potrebbe risultare compromessa (v. supra, punti 85 e 86) e, in terzo luogo, che tale danno non potrà costituire oggetto di compensazione economica.

93     Le richiedenti non hanno quindi dimostrato di essere esposte al rischio di subire un danno grave ed irreparabile dal mantenimento in vigore della direttiva 2004/73. Conseguentemente, senza necessità di esaminare il presupposto relativo al fumus boni iuris ed alla ponderazione degli interessi in gioco, la domanda di provvedimenti provvisori deve essere respinta.

Per questi motivi,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

Così provvede:

1)      La domanda di provvedimenti provvisori è respinta.

2)      Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 10 febbraio 2005

Il cancelliere

 

       Il presidente

H. Jung

 

       B. Vesterdorf


* Lingua processuale: l'inglese.

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