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Document 62004CJ0463

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 dicembre 2007.
    Federconsumatori e altri (C-463/04) e Associazione Azionariato Diffuso dell’AEM SpA e altri (C-464/04) contro Comune di Milano.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Italia.
    Art. 56 CE - Libera circolazione dei capitali - Restrizioni - Imprese privatizzate - Disposizione nazionale in virtù della quale lo statuto di una società per azioni può conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni nel capitale di quest’ultima il diritto di nominare direttamente uno o più membri del consiglio di amministrazione.
    Cause riunite C-463/04 e C-464/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-10419

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:752

    Parti
    Motivazione della sentenza
    Dispositivo

    Parti

    Nei procedimenti riuniti C‑463/04 e C‑464/04,

    aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con decisioni 29 settembre 2004, pervenute in cancelleria il 2 novembre 2004, nelle cause

    Federconsumatori,

    Adiconsum,

    ADOC,

    Ercole Pietro Zucca (C‑463/04)

    e

    Associazione Azionariato Diffuso dell’AEM SpA,

    Filippo Cuccia,

    Giacomo Fragapane,

    Pietro Angelo Puggioni,

    Annamaria Sanchirico,

    Sandro Sartorio (C‑464/04)

    contro

    Comune di Milano,

    con l’intervento di:

    AEM SpA (C‑463/04 e C‑464/04),

    Edison SpA (C‑463/04),

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. K. Lenaerts, J.N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič e E. Levits, giudici,

    avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

    cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 29 giugno 2006,

    considerate le osservazioni presentate:

    – per la Federconsumatori, l’Adiconsum e l’ADOC, dagli avv.ti V. Angiolini, F. Besostri, R. Maia e P. Saba;

    – per l’Associazione Azionariato Diffuso dell’AEM SpA, per la sig.ra Sanchirico, nonché per i sigg. Cuccia, Fragapane, Puggioni e Sartorio, dagli avv.ti S. Nespor e A. L. De Cesaris;

    – per il Comune di Milano, dagli avv.ti M. Surano, A. Santa Maria, C. Croff e B. Libonati;

    – per l’AEM SpA, dall’avv. C. Croff;

    – per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;

    – per il governo polacco, dal sig. T. Nowakowski, in qualità di agente;

    – per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e C. Loggi, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 settembre 2006,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza

    1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 56 CE.

    2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie fra varie associazioni di tutela dei consumatori e di piccoli azionisti nonché azionisti individuali, vale a dire, rispettivamente, la Federconsumatori, l’Adiconsum, l’ADOC ed il sig. Zucca (causa C‑463/04), nonché l’Associazione Azionariato Diffuso dell’AEM SpA, la sig.ra Sanchirico, i sigg. Cuccia, Fragapane, Puggioni e Sartorio (causa C‑464/04), da una parte, e il Comune di Milano, dall’altra, riguardo ad una disposizione nazionale in virtù della quale lo statuto di una società per azioni può conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni in tale società il diritto di nominare direttamente uno o più membri del consiglio di amministrazione di quest’ultima.

    La normativa nazionale

    3. L’art. 2449 del codice civile italiano (in prosieguo: il «codice civile») recita:

    «Società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici

    Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza.

    Gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati a norma del comma precedente possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati.

    Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali».

    4. L’art. 2, primo e terzo comma, del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, in seguito a modifiche, nella legge 30 luglio 1994, n. 474, come modificata dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 (GURI del 27 dicembre 2003, n. 474; in prosieguo: la «legge n. 474/1994»), stabilisce quanto segue:

    «1. Tra le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato operanti nel settore della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e degli altri pubblici servizi, sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e finanze, di intesa con il Ministro delle attività produttive, nonché con i Ministri competenti per settore, previa comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, quelle nei cui statuti, prima di ogni atto che determini la perdita del controllo, deve essere introdotta con deliberazione dell’assemblea straordinaria una clausola che attribuisca al Ministro dell’economia e delle finanze la titolarità di uno o più dei seguenti poteri speciali da esercitare di intesa con il Ministro delle attività produttive:

    (...)

    d) nomina di un amministratore senza diritto di voto.

    3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle società controllate, direttamente o indirettamente da enti pubblici, anche territoriali ed economici, operanti nel settore dei trasporti e degli altri servizi pubblici e individuate con provvedimento dell’ente pubblico partecipante, al quale verranno riservati altresì i poteri previsti al comma 1».

    5. L’art. 4, comma 1, della legge n. 474/94, che disciplina il voto di lista, dispone quanto segue:

    «Le società [quali quelle di cui alle controversie principali] nei cui statuti sia previsto un limite di possesso azionario introducono negli statuti apposita clausola, immodificabile sintanto che permanga la previsione del limite stesso, per l’elezione degli amministratori mediante voto di lista. (…); le liste potranno essere presentate dagli amministratori uscenti o da soci che rappresentino almeno l’1 per cento delle azioni aventi diritto di voto nell’assemblea ordinaria (…); alle liste di minoranza dovrà essere riservato complessivamente almeno un quinto degli amministratori non nominati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d), con arrotondamento, in caso di numero frazionario inferiore all’unità, all’unità superiore (…)».

    Controversie principali e questioni pregiudiziali

    6. L’AEM SpA (Azienda Elettrica Milanese SpA; in prosieguo: l’«AEM»), società costituita dal Comune di Milano nel 1996, opera nel settore dei servizi pubblici di distribuzione del gas e dell’energia elettrica affidatile in gestione da tale Comune. Nel 1998 è stata quotata in borsa e vi è stata una prima cessione di azioni in forza della quale il Comune di Milano deteneva il 51% del capitale di tale società.

    7. Proseguendo il processo di privatizzazione dell’AEM, il consiglio comunale di Milano (in prosieguo: il «consiglio comunale»), con delibera 17 febbraio 2004, n. 4, ha deciso di ridurre la propria partecipazione al capitale dell’AEM al 33,4%. Esso ha tuttavia subordinato tale cessione di azioni alla preventiva modifica dello statuto dell’AEM.

    8. Con delibera 8 marzo 2004, n. 5, il consiglio comunale ha deciso «di individuare, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 3, della legge n. 474/94, l’AEM (…) come società oggetto di privatizzazione nel cui Statuto inserire modifiche in ossequio a quanto prescritto dalla medesima legge n. 474/1994». Inoltre, con la stessa delibera esso ha deciso di modificare lo statuto dell’AEM, in particolare le disposizioni relative alla modalità di nomina dei membri del consiglio di amministrazione di tale società.

    9. In data 29 aprile 2004 l’assemblea straordinaria degli azionisti dell’AEM ha adottato le misure necessarie per modificare lo statuto in senso conforme alla delibera comunale n. 5/04 introducendo, in particolare, il diritto esclusivo a favore del Comune di Milano di procedere alla nomina diretta di un numero di amministratori, proporzionato all’entità della propria partecipazione, nei limiti di un quarto dei membri del consiglio di amministrazione di detta società. D’altra parte, lo statuto dell’AEM, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 474/94, conferisce a detto Comune il diritto di partecipare all’elezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati dal Comune stesso.

    10. L’effetto combinato della riserva di nomina diretta di amministratori e del diritto di partecipare al voto di lista per la designazione degli altri membri del consiglio di amministrazione dell’AEM consente al Comune di Milano, secondo quanto constatato dal giudice del rinvio, di conservare sempre la maggioranza assoluta nel suddetto consiglio di amministrazione, sebbene esso, successivamente alla cessione dei titoli, sia destinato a divenire socio di maggioranza relativa.

    11. Le ricorrenti nelle due cause principali hanno impugnato le delibere nn. 4/04 e 5/04 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, chiedendone l’annullamento e la sospensione degli effetti. Esse addebitano in particolare al meccanismo descritto al punto precedente di scoraggiare gli investitori dall’acquisire partecipazioni nell’AEM, ed eventualmente dal controllare quest’ultima, con inevitabile pregiudizio della loro partecipazione in tale società, che verrebbe necessariamente deprezzata.

    12. Con ordinanza cautelare 10 giugno 2004 il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha disposto la sospensione degli effetti della delibera n. 5/04 con la motivazione che le disposizioni relative al meccanismo di nomina degli amministratori dell’AEM apparivano, allo stato, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di poteri speciali.

    13. Con ordinanza cautelare 10 agosto 2004 il Consiglio di Stato ha riformato l’ordinanza citata, respingendo pertanto l’istanza cautelare proposta, in particolare per il fatto che la giurisprudenza comunitaria sulla quale si fonda la detta ordinanza attiene a fattispecie riguardanti l’azione che conferisce poteri speciali, la cosiddetta «golden share», nozione profondamente diversa da quella oggetto delle cause per le quali detta giurisdizione è chiamata a pronunciarsi, le quali sono incentrate sui poteri speciali di cui può disporre uno degli azionisti ai sensi della normativa civilistica.

    14. Il giudice del rinvio s’interroga tuttavia sulla conformità dell’art. 2449 del codice civile con l’art. 56 CE, così come interpretato dalla Corte, in quanto la sua applicazione, combinata con il sistema del voto di lista di cui all’art. 4 della legge n. 474/94, introdurrebbe una severa limitazione alla possibilità di partecipazione effettiva alla gestione ed al controllo reale di una società per azioni al di fuori degli ambiti di esercizio legittimo dei poteri speciali.

    15. Alla luce di ciò, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, le quali sono formulate in termini identici nelle due cause C‑463/04 e C‑464/04:

    «1) Se l’art. 2449 del codice civile, così come applicato nella vicenda per cui è causa, possa ritenersi conforme all’art. 56 del Trattato CE come interpretato con le sentenze 23 maggio 2000, causa C‑58/99, [Commissione/Italia]; 4 giugno 2002, cause C‑503/99 e C‑483/99, [Commissione/Belgio e Commissione/Francia]; 13 maggio 2003, cause C‑98/01 e C‑463/00, [Commissione/Regno Unito e Commissione/Spagna], allorquando ad avvalersene sia un ente pubblico che, pur avendo perso il controllo di diritto della società per azioni, conservi una partecipazione rilevante (pari, nel caso di specie, al 33,4%) quale socio di maggioranza relativa, così ottenendo uno sproporzionato potere di controllo;

    2) se l’art. 2449 del codice civile, applicato congiuntamente all’art. 4 del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito nella legge 30 luglio 1994, n. 474, possa ritenersi conforme all’art. 56 del Trattato CE come interpretato con le sentenze della Corte di Giustizia 23 maggio 2000, causa C‑58/99, [Commissione/Italia]; 4 giugno 2002, cause C‑503/99 e C‑483/99, [Commissione/Belgio e Commissione/Francia]; 13 maggio 2003, cause C‑98/01 e C‑463/00, [Commissione/Belgio e Commissione/Francia]; allorquando ad avvalersene sia un ente pubblico che, pur avendo perso il controllo di diritto della società per azioni, conservi una partecipazione rilevante (pari, nel caso di specie, al 33,4%) quale socio di maggioranza relativa, così ottenendo uno sproporzionato potere di controllo;

    3) se l’art. 2449 del codice civile possa ritenersi conforme all’art. 56 del Trattato CE come interpretato con le sentenze della Corte di Giustizia 23 maggio 2000, causa C‑58/99, [Commissione/Italia]; 4 giugno 2002, cause C‑503/99 e C‑483/99, [Commissione/Belgio e Commissione/Francia]; 13 maggio 2003, cause C‑98/01 e C‑463/00, [Commissione/Belgio e Commissione/Francia,] nella misura in cui, così come concretamente applicato, realizza un effetto in contrasto con altra disposizione di legge nazionale (e segnatamente con l’art. 2, comma 1, lett. d) del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332 convertito nella legge 30 luglio 1994, n. 474) a sua volta conforme all’art. 56 del Trattato CE e comunque riproduttiva, quanto a condizioni di esercizio ed a presupposti applicativi, dei principi affermati dalle citate sentenze della Corte di Giustizia in materia di poteri speciali».

    16. Con ordinanza del Presidente della Corte 18 gennaio 2005, le cause C‑463/04 e C‑464/04 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale e della sentenza.

    Sulle questioni pregiudiziali

    17. In via preliminare, si deve constatare che le questioni sottoposte dal giudice del rinvio si basano sul presupposto che la regola stabilita dall’art. 2449 del codice civile, pur rientrando nella disciplina generale del diritto societario contenuta nel codice civile, costituisce una deroga al diritto societario comune nella misura in cui quest’ultimo non prevede un’identica regola valida per tutti gli azionisti, segnatamente per gli azionisti privati. Tenuto conto di tale premessa, spetta alla Corte procedere all’interpretazione richiesta.

    18. Le questioni del giudice del rinvio, che devono essere esaminate congiuntamente, sono in sostanza dirette a chiarire se l’art. 56 CE vada interpretato nel senso che osta ad una disposizione nazionale, quale l’art. 2449 del codice civile, in virtù della quale lo statuto di una società per azioni può conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni nel capitale di tale società la facoltà di nominare direttamente uno o più membri del consiglio di amministrazione, la quale, di per sé o, come nelle cause principali, unitamente ad una disposizione, quale l’art. 4 della legge n. 474/1994, che conferisce allo Stato o all’ente pubblico in parola il diritto di partecipare all’elezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati da esso stesso, è tale da consentire a detto Stato o a detto ente di disporre di un potere di controllo sproporzionato rispetto alla sua partecipazione nel capitale di detta società.

    19. Secondo una costante giurisprudenza, l’art. 56, n. 1, CE vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (v., segnatamente, sentenze 28 settembre 2006, cause riunite C‑282/04 e C‑283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑9141, punto 18 e giurisprudenza ivi citata, nonché 23 ottobre 2007, causa C‑112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑8995, punto 17).

    20. In assenza di definizione, nell’ambito del Trattato CE, della nozione di «movimenti di capitali» ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, la Corte ha in precedenza riconosciuto un valore indicativo alla nomenclatura allegata alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’art. 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). Costituiscono quindi movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, in particolare, gli investimenti diretti, vale a dire, come emerge da tale nomenclatura e dalle relative note esplicative, gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica. Con riferimento a partecipazioni in imprese nuove o esistenti, come confermano tali note esplicative, l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo, a norma delle disposizioni di legge nazionali sulle società per azioni o altrimenti, la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

    21. Con riferimento a tale forma di investimenti, la Corte ha precisato che devono essere qualificate come «restrizioni» ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE misure nazionali idonee a impedire o a limitare l’acquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dall’investire nel capitale di queste ultime (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

    22. È giocoforza constatare che una disposizione nazionale quale l’art. 2449 del codice civile costituisce una tale restrizione.

    23. Detto articolo, infatti, consente agli azionisti pubblici di beneficiare della possibilità di partecipare all’attività del consiglio di amministrazione di una società per azioni con maggiore rilievo rispetto a quanto sarebbe loro normalmente concesso dalla loro qualità di azionisti (v., per analogia, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 62).

    24. Viene così messo a disposizione di detti azionisti pubblici uno strumento che fornisce la possibilità di esercitare un’influenza che va al di là dei loro investimenti. Corrispettivamente, l’influenza degli altri azionisti può risultare ridotta rispetto ai loro investimenti (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 64).

    25. Si deve rilevare, in particolare, che, come sottolineato dal giudice del rinvio, l’art. 2449 del codice civile non prevede alcun limite per quanto riguarda il numero degli amministratori che possono essere direttamente nominati dallo Stato o da un ente pubblico che hanno partecipazioni nel capitale di una società per azioni.

    26. Per quanto riguarda il caso dell’AEM, non è pertinente la circostanza che il diritto di nominare direttamente amministratori in applicazione della detta disposizione sia stato riservato al Comune di Milano solamente in proporzione alla sua partecipazione nel capitale di tale società e nel limite di un quarto dei membri del consiglio d’amministrazione di quest’ultima.

    27. Infatti, come correttamente rilevato dal giudice a quo, il diritto di nomina diretta di cui trattasi si aggiunge al diritto del Comune di Milano, in forza dell’art. 4 della legge n. 474/1994, di partecipare normalmente all’elezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati da quest’ultimo, di modo che esso può disporre della maggioranza assoluta in detto consiglio, e ciò anche nel caso, come considerato nelle ordinanze di rinvio, in cui esso detenga solo una maggioranza relativa del capitale, vale a dire una partecipazione pari al 33,4% in quest’ultimo.

    28. Pertanto, nonostante la circostanza che il diritto di nomina diretta attribuito al Comune di Milano sia proporzionale all’entità della sua partecipazione nel capitale dell’AEM e benché tale diritto sia esercitabile nel limite di un quarto dei membri del consiglio di amministrazione di questa società, l’art. 2449 del codice civile, in combinato con l’art. 4 della legge n. 474/1994, consente al Comune in parola di garantirsi la possibilità di partecipare all’attività di tale consiglio con maggiore rilievo rispetto a quanto sarebbe ad esso normalmente concesso dalla sua qualità di azionista.

    29. Fornendo agli azionisti pubblici uno strumento che permette loro di limitare la possibilità degli altri azionisti di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, una normativa nazionale quale quella di cui trattasi nelle cause principali è idonea a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dall’investire nel capitale della società (v., in questo senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 66).

    30. L’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali non può essere rimessa in discussione dagli argomenti del Comune di Milano e del governo italiano secondo i quali, da un lato, l’art. 2449 del codice civile rientra nell’ambito del quadro normativo societario di diritto comune e, dall’altro, il diritto del Comune in parola di nominare direttamente amministratori gli sarebbe stato attribuito volontariamente dall’assemblea dei soci dell’AEM e in forza della normale applicazione di tale diritto societario comune.

    31. In primo luogo, infatti, si deve constatare che l’art. 2449 del codice civile consente allo statuto di una società per azioni di conferire la facoltà di nominare direttamente uno o più amministratori solamente allo Stato o ad enti pubblici che hanno partecipazioni in una tale società. Tenuto conto che, come rilevato al punto 17 della presente sentenza, il giudice a quo si basa sul presupposto secondo cui la regola stabilita dall’art. 2449 del codice civile deroga al diritto societario comune, non occorre esaminare il caso in cui quest’ultimo offrirebbe una possibilità di nomina identica a qualunque azionista, segnatamente agli azionisti privati.

    32. La sola circostanza che il legislatore nazionale inserisca una misura diretta specificamente a conferire poteri speciali allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni in una società per azioni nelle disposizioni del codice civile che disciplinano tali società non può sottrarre detta misura all’ambito di applicazione dell’art. 56 CE.

    33. In secondo luogo, anche se il diritto di nomina non è attribuito direttamente allo Stato o all’ente pubblico dall’art. 2449 del codice civile, ma, in applicazione di tale articolo, è necessaria una decisione dell’assemblea generale degli azionisti della società interessata, conformemente al meccanismo previsto dalla legge per la formazione della volontà dei soci, ciò non di meno siffatta circostanza non priva la disciplina di cui è causa del suo carattere restrittivo.

    34. Infatti, indipendentemente dalla questione se l’azionista pubblico disponga di per sé della maggioranza necessaria per fare inserire nello statuto della società interessata il suo diritto di nomina diretta di amministratori di quest’ultima, o se, come sembra verificarsi nelle cause principali, può conseguire tale modifica solo con il concorso di altri azionisti, occorre constatare che è solo in forza della disciplina di cui trattasi nelle cause principali, la quale deroga al diritto societario comune, che l’azionista pubblico, a differenza di un azionista privato, può ottenere che gli sia concesso il diritto di partecipare all’attività del consiglio d’amministrazione con maggiore rilievo rispetto a quanto gli sarebbe normalmente concesso dalla sua qualità di azionista.

    35. Anche se un tale diritto di nomina, una volta inserito nello statuto, non è immutabile, dato che, in via di principio, può essere oggetto di modifica in occasione di un’ulteriore revisione dello statuto medesimo, esso tuttavia gode di una protezione relativamente intensa. L’azionista pubblico, infatti, può trarre profitto dalla garanzia di continuità di cui beneficia lo statuto di una società per azioni, in quanto per la modifica di quest’ultimo è di norma necessaria una maggioranza qualificata degli azionisti. Così, anche quando l’azionista pubblico non dispone più successivamente, da solo o con il concorso di altri azionisti, della maggioranza necessaria per ottenere l’attribuzione di un diritto di nomina diretta degli amministratori, segnatamente perché, nel frattempo, ha ridotto la sua partecipazione al capitale della società interessata, esso può tuttavia continuare a godere di un tale diritto.

    36. Un investitore potrà avere la certezza di riuscire ad abrogare il diritto di nomina diretta degli amministratori di una società per azioni solamente qualora l’investimento effettuato sia di una rilevanza tale da assicurargli la maggioranza necessaria per modificare lo statuto di detta società, il che può richiedere un investimento ben al di là di quello che, in assenza dell’inserimento del diritto di nomina di cui trattasi nello statuto, gli consentirebbe di partecipare alla società interessata con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo.

    37. A tale proposito si deve rilevare che, nel caso dell’AEM, come constatato dal giudice del rinvio e confermato dalle osservazioni della società in questione nel corso dell’udienza, per un investitore è impossibile abrogare il diritto di nomina diretta di amministratori conferito al Comune di Milano fino a quando quest’ultimo conservi la sua partecipazione del 33,4%.

    38. Benché, dunque, da un punto di vista formale, sia la decisione dell’assemblea degli azionisti dell’AEM ad aver istituito il diritto di nomina di cui trattasi, tale decisione, in circostanze quali quelle delle cause di cui è investito il giudice a quo, dev’essere considerata come un semplice strumento che il Comune di Milano ha potuto utilizzare solo in virtù dell’esistenza della normativa in questione nelle cause principali.

    39. Tuttavia, la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustifichino per le ragioni di cui all’art. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 72 e giurisprudenza citata).

    40. In mancanza di tale armonizzazione comunitaria, spetta in linea di principio agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela di tali legittimi interessi, nonché il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Essi non possono tuttavia farlo se non nei limiti indicati dal Trattato e, in particolare, nel rispetto del principio di proporzionalità, che richiede che le misure adottate siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

    41. A tale riguardo, occorre ricordare in particolare che, secondo la giurisprudenza della Corte, non possono essere negate le preoccupazioni che, a seconda delle circostanze, possono giustificare che gli Stati membri conservino una certa influenza sulle imprese inizialmente pubbliche e successivamente privatizzate, qualora tali imprese operino nei settori dei servizi di interesse generale o strategici (sentenza 13 maggio 2003, causa C‑463/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑4581, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

    42. Tuttavia, si deve constatare che, come rilevato dal giudice a quo, l’art. 2449 del codice civile non sottopone l’inserimento nello statuto di una società per azioni di un diritto per lo Stato o per un ente pubblico che hanno partecipazioni in quest’ultima di nominare direttamente uno o più membri del consiglio di amministrazione a nessuna condizione, e pertanto siffatta disposizione non può essere considerata giustificata.

    43. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sottoposte che l’art. 56 CE dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione nazionale, quale l’art. 2449 del codice civile, secondo cui lo statuto di una società per azioni può conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni nel capitale di tale società la facoltà di nominare direttamente uno o più amministratori, la quale, di per sé o, come nelle cause principali, in combinato con una disposizione, quale l’art. 4 della legge n. 474/1994, che conferisce allo Stato o all’ente pubblico in parola il diritto di partecipare all’elezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati da esso stesso, è tale da consentire a detto Stato o a detto ente di godere di un potere di controllo sproporzionato rispetto alla sua partecipazione nel capitale delle detta società.

    Sulle spese

    44. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Dispositivo

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

    L’art. 56 CE dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione nazionale, quale l’art. 2449 del codice civile italiano, secondo cui lo statuto di una società per azioni può conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni nel capitale di tale società la facoltà di nominare direttamente uno o più amministratori, la quale, di per sé o, come nelle cause principali, in combinato con una disposizione, quale l’art. 4 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, in seguito a modifiche, nella legge 30 luglio 1994, n. 474, come modificata dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, che conferisce allo Stato o all’ente pubblico in parola il diritto di partecipare all’elezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati da esso stesso, è tale da consentire a detto Stato o a detto ente di godere di un potere di controllo sproporzionato rispetto alla sua partecipazione nel capitale di detta società.

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