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Document 62004CJ0413
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 28 November 2006.#European Parliament v Council of the European Union.#Directive 2003/54/EC - Common rules for the internal market in electricity - Directive 2004/85/EC - Temporary derogations in favour of Estonia - Legal basis.#Case C-413/04.
Sentenza della Corte (grande sezione) del 28 novembre 2006.
Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea.
Direttiva 2003/54/CE - Norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica -Direttiva 2004/85/CE - Deroghe provvisorie a favore dell'Estonia - Fondamento normativo.
Causa C-413/04.
Sentenza della Corte (grande sezione) del 28 novembre 2006.
Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea.
Direttiva 2003/54/CE - Norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica -Direttiva 2004/85/CE - Deroghe provvisorie a favore dell'Estonia - Fondamento normativo.
Causa C-413/04.
Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-11221
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:741
Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo
Nella causa C‑413/04,
avente ad oggetto un ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 23 settembre 2004,
Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. A. Baas e U. Rösslein, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
sostenuto da
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Sack e P. Van Nuffel, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
interveniente,
contro
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. A. Lopes Sabino e M. Bishop, in qualità di agenti,
convenuto,
sostenuto da
Repubblica di Estonia, rappresentata dal sig. L. Uibo, in qualità di agente,
Repubblica di Polonia, rappresentata dalla sig.ra M. Węglarz nonché dai sigg. T. Nowakowski e T. Krawczyk, in qualità di agenti,
intervenienti
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, R. Schintgen, P. Kūris e E. Juhász, presidenti di sezione, dai sigg. K. Schiemann (relatore), J. Makarczyk, G. Arestis, A. Borg Barthet, A. Ó Caoimh e L. Bay Larsen, giudici,
avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 marzo 2006,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 1º giugno 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede l’annullamento della direttiva del Consiglio 28 giugno 2004, 2004/85/CE, che modifica la direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’applicazione di talune disposizioni all’Estonia (GU L 236, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva impugnata»).
2. La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 19 dicembre 1996, 96/92/CE, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU 1997, L 27, pag. 20), è entrata in vigore il 19 febbraio 1997. Essa doveva essere trasposta nel diritto nazionale entro il 19 febbraio 1999.
3. Il trattato relativo all’adesione all’Unione europea di dieci nuovi Stati membri, tra cui la Repubblica di Estonia, è stato firmato il 16 aprile 2003 (GU 2003, L 236, pag. 17; in prosieguo: il «trattato di adesione del 2003»). Come emerge dall’art. 1, n. 2, del detto trattato, le condizioni di tale ammissione e gli adattamenti che ne derivano per i trattati sui quali è fondata l’Unione europea sono contenuti nell’atto unito a tale trattato che costituisce parte integrante di quest’ultimo (in prosieguo: l’«atto di adesione del 2003»).
4. L’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 prevede misure transitorie a favore della Repubblica di Estonia in particolare per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 96/92.
5. La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/54/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92 (GU L 176, pag. 37) è stata adottata in base agli artt. 47, n. 2, CE, 55 CE e 95 CE.
6. Per ritardare transitoriamente l’applicazione di talune disposizioni della direttiva 2003/54 per quanto riguarda la Repubblica di Estonia, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la direttiva impugnata. Tale direttiva è stata adottata sulla base dell’art. 57 dell’atto di adesione del 2003.
7. A sostegno del suo ricorso, il Parlamento europeo asserisce, da una parte, che la direttiva impugnata non poteva essere validamente adottata sulla base del detto art. 57 e, dall’altra, che essa non soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 253 CE.
8. Con ordinanze del presidente della Corte 21 dicembre 2004 e 9 marzo 2005, la Commissione delle Comunità europee, la Repubblica di Estonia e la Repubblica di Polonia sono state ammesse ad intervenire nel presente procedimento, la prima a sostegno del Parlamento e le altre due del Consiglio.
Contesto giuridico
Trattato di adesione del 2003
9. L’art. 2, nn. 2 e 3, del trattato di adesione del 2003 stabilisce che:
«2. Il presente trattato entra in vigore il 1° maggio 2004 (...).
3. In deroga al paragrafo 2, le istituzioni dell’Unione possono adottare prima dell’adesione le misure di cui all’articolo 6, paragrafo 2, secondo comma, paragrafo 6, secondo comma, (…) agli articoli (…) 38, 39, 41, 42, 55, 56 e 57 dell’atto di adesione, agli allegati da III a XIV di tale atto (…). Queste misure prendono effetto con riserva dell’entrata in vigore del presente trattato e alla data di quest’ultima».
10. L’art. 20 dell’atto di adesione del 2003 prevede:
«Gli atti elencati nell’allegato II del presente atto formano oggetto degli adattamenti specificati in tale allegato».
11. Secondo l’art. 21 di tale medesimo atto:
«Gli adattamenti degli atti elencati nell’allegato III del presente atto, resi necessari dall’adesione, sono effettuati conformemente agli orientamenti enunciati in detto allegato e secondo la procedura e alle condizioni di cui all’articolo 57».
12. L’art. 24 del detto atto dispone:
«Gli atti elencati negli allegati V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV del presente atto si applicano nei confronti dei nuovi Stati membri alle condizioni previste in tali allegati».
13. L’art. 55 dell’atto di adesione del 2003 prevede:
«Dietro richiesta debitamente circostanziata di uno dei nuovi Stati membri, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione può, entro il 1º maggio 2004, adottare misure consistenti in deroghe temporanee ad atti delle istituzioni adottati tra il 1º novembre 2002 e la data della firma del trattato di adesione».
14. L’art. 57 del detto atto enuncia:
«1. Quando gli atti delle istituzioni anteriori all’adesione richiedono adattamenti in conseguenza dell’adesione e gli adattamenti necessari non sono contemplati nel presente Atto o nei suoi allegati, detti adattamenti sono effettuati secondo la procedura di cui al paragrafo 2. Essi entrano in vigore dalla data di adesione.
2. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, o la Commissione, a seconda che gli atti iniziali siano stati adottati dall’una o dall’altra di queste due istituzioni, redigono i testi a tal fine necessari».
15. Occorre immediatamente precisare che benché la versione francese del detto art. 57 suggerisca che gli adattamenti effettuati in forza di questa disposizione vanno compiuti «avant l’adhésion» («anterior[mente] all’adesione»), il detto limite temporale non riguarda, in realtà e come emerge dalle altre versioni linguistiche di tale disposizione, la possibilità di far ricorso all’art. 57, bensì la data di adozione degli atti da modificare [v., in tal senso, a proposito della disposizione identica contenuta nell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’ Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21; in prosieguo: l’«atto di adesione del 1994»), sentenza 2 ottobre 1997, causa C‑259/95, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑5303, punti 12‑22].
16. L’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 contiene la precisazione seguente:
«In Estonia, l’art. 19, n. 2, della direttiva 96/92/CE non si applica fino al 31 dicembre 2008».
17. Allegata all’atto finale del trattato di adesione del 2003, la dichiarazione n. 8 comune ai 15 Stati membri intitolata «Dichiarazione sull’argillite petrolifera, il mercato interno dell’energia elettrica e la direttiva 96/92/CE (…) (direttiva sull’energia elettrica): Estonia» (in prosieguo: la «dichiarazione n. 8») enuncia che:
«L’Unione presterà particolare attenzione al rispetto da parte dell’Estonia dei suoi impegni, in particolare riguardo all’ulteriore preparazione al mercato interno dell’energia (ristrutturazione del settore dell’argillite petrolifera, ristrutturazione del settore dell’energia elettrica, legislazione, rafforzamento dell’Ispettorato del mercato dell’energia, ecc.).
L’Unione richiama l’attenzione dell’Estonia sulle conclusioni dei Consigli europei di Lisbona e Barcellona relative all’accelerazione dell’apertura dei mercati, fra cui quello dell’energia elettrica e del gas, con l’obiettivo di ottenere in tali settori un mercato interno pienamente operativo; essa prende atto delle precedenti dichiarazioni fatte al riguardo dall’Estonia il 27 maggio 2002, nel contesto dei negoziati di adesione. Fatta salva la necessità di una rapida attuazione di un mercato interno dell’energia elettrica operativo, l’Unione prende atto che l’Estonia si riserva di assumere una posizione riguardo ai futuri sviluppi legislativi in questo settore. L’Unione riconosce a questo proposito la situazione specifica correlata alla ristrutturazione del settore dell’argillite petrolifera che richiederà particolari sforzi fino alla fine del 2012, nonché la necessità di un’apertura graduale del mercato estone dell’energia elettrica per i clienti non domestici sino a tale data.
L’Unione prende atto che, in vista della limitazione delle potenziali distorsioni di concorrenza nel mercato interno dell’energia elettrica, potrebbe rivelarsi necessaria l’applicazione di meccanismi di salvaguardia, quali la clausola di reciprocità di cui alla direttiva 96/92/CE.
La Commissione seguirà con attenzione lo sviluppo della produzione di elettricità e gli eventuali cambiamenti nel mercato dell’energia elettrica in Estonia e nei paesi limitrofi.
Fatto salvo quanto precede, ciascuno Stato membro può, a partire dal 2009, chiedere alla Commissione di valutare lo sviluppo dei mercati dell’energia elettrica della regione del Mar Baltico. In base a tale valutazione e nella piena consapevolezza del carattere unico dell’argillite petrolifera e delle implicazioni sociali ed economiche legate alla sua estrazione, produzione e consumo in Estonia, nonché tenendo conto degli obiettivi della Comunità riguardo al mercato dell’energia elettrica, la Commissione riferisce al Consiglio con raccomandazioni adeguate».
Diritto derivato
18. L’art. 19 della direttiva 96/92 disponeva:
«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare un’apertura dei loro mercati dell’energia elettrica, che consenta di concludere contratti alle condizioni di cui agli articoli 17 e 18 almeno fino ad un livello significativo, da notificare annualmente alla Commissione.
La quota del mercato nazionale è calcolata sulla base della quota comunitaria di energia elettrica consumata dai clienti finali il cui consumo sia superiore a 40 GWh l’anno (su una base di consumo per località, compresa l’autoproduzione).
La quota media comunitaria è calcolata dalla Commissione sulla base delle informazioni regolarmente fornitele dagli Stati membri. La Commissione pubblica questa quota media comunitaria, che determina il grado di apertura del mercato, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee anteriormente al mese di novembre di ogni anno, con tutte le opportune informazioni per chiarire il calcolo.
2. La quota del mercato nazionale di cui al paragrafo 1 sarà progressivamente aumentata durante un periodo di sei anni. Questo aumento sarà calcolato procedendo a una riduzione del limite di consumo comunitario di 40 GWh, di cui al paragrafo 1, ossia da 40 GWh ad un livello di consumo annuale di energia elettrica di 20 GWh tre anni dopo l’entrata in vigore della direttiva e ad un livello di consumo annuale di energia elettrica di 9 GWh sei anni dopo l’entrata in vigore della presente direttiva.
3. Gli Stati membri indicano i clienti che, all’interno del loro territorio, rappresentano le quote di cui ai paragrafi 1 e 2 e che hanno la capacità giuridica di concludere contratti di fornitura di energia elettrica, a norma degli articoli 17 e 18, fermo restando che ogni cliente finale il cui consumo superi 100 GWh all’anno (su una base di consumo per località, compresa l’autoproduzione) dev’essere incluso nella categoria di cui sopra.
Qualora non siano già indicate come clienti idonei ai sensi del presente paragrafo, le imprese di distribuzione avranno la capacità giuridica di concludere contratti alle condizioni di cui agli articoli 17 e 18, per il volume di energia elettrica consumato dai loro clienti designati come idonei nell’ambito della loro rete di distribuzione, per approvvigionare tali clienti.
4. Gli Stati membri pubblicano entro il 31 gennaio di ogni anno i criteri per la definizione dei clienti idonei, che sono in grado di concludere contratti alle condizioni di cui agli articoli 17 e 18 (…)».
19. Il trentatreesimo ‘considerando’ della direttiva 2003/54 precisa che «[t]enuto conto della portata delle modifiche alla direttiva 96/92/CE sarebbe opportuno, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione».
20. L’art. 29, secondo comma, della detta direttiva dispone a tal riguardo che «[l]a direttiva 96/92/CE è abrogata a decorrere dal 1º luglio 2004, fermi restando gli obblighi degli Stati membri circa i termini del recepimento e dell’applicazione di detta direttiva. I riferimenti alla direttiva abrogata s’intendono fatti alla presente direttiva e dovrebbero essere interpretati secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato B». Secondo la detta tavola di concordanza, l’art. 21 della direttiva 2003/54 corrisponde all’art. 19 della direttiva 96/92.
21. L’art. 21 della direttiva 2003/54 è formulato come segue:
«Apertura del mercato e reciprocità
1. Gli Stati membri provvedono affinché i clienti idonei siano:
a) fino al 1º luglio 2004, i clienti idonei di cui all’articolo 19, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 96/92/CE. Entro il 31 gennaio di ogni anno, gli Stati membri pubblicano i criteri per la definizione di tali clienti idonei;
b) a partire dal 1º luglio 2004, al più tardi, tutti i clienti non civili;
c) dal 1º luglio 2007, tutti i clienti.
(...)».
22. Secondo l’art. 30, n. 1, di questa direttiva, le disposizioni necessarie per conformarvisi devono essere messe in vigore dagli Stati membri entro il 1º luglio 2004.
Direttiva impugnata
23. Facendo riferimento all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003, la Repubblica di Estonia, con lettera 17 settembre 2003, ha presentato alla Commissione una richiesta di modifica della direttiva 2003/54 in modo da tener conto sia delle deroghe concesse a tale Stato membro dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 per quanto riguarda l’art. 19, n. 2, della direttiva 96/92 sia della dichiarazione n. 8.
24. Il 27 aprile 2004, la Commissione ha formulato una proposta di direttiva diretta a ritardare transitoriamente l’attuazione di talune disposizioni della direttiva 2003/54 per quanto riguarda la Repubblica di Estonia (COM/2004/318 def.). Tale proposta era basata sugli artt. 47, n. 2, CE, 55 CE e 95 CE.
25. Pur confermando la detta proposta di cui essa riproduce essenzialmente i termini, la direttiva impugnata è stata adottata dal Consiglio, in data 28 giugno 2004, in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003. Il Parlamento è stato informato di tale adozione dal segretario generale del Consiglio con lettera 9 luglio 2004.
26. Detta lettera precisava che «[considerato] il nesso tra il trattato di adesione e [questa] proposta (…) e considerata la necessità di adottare [questo] atto in tempo utile, e in ogni caso prima del 1º luglio 2004, (…) data di attuazione della direttiva 2003/54 (…), il Consiglio ha deciso di adottare l’art. 57 dell’[atto di adesione del 2003] come fondamento normativo (…), fondamento che non richiede la partecipazione del Parlamento europeo al processo legislativo».
27. L’art. 1 della direttiva impugnata prevede l’aggiunta all’art. 26 della direttiva 2003/54 di un n. 3 formulato come segue:
«L’Estonia beneficia di una deroga temporanea dall’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, lettere b) e c), fino al 31 dicembre 2012. L’Estonia adotta i provvedimenti necessari atti ad assicurare l’apertura del suo mercato dell’energia elettrica. Tale apertura è effettuata in modo graduale durante il periodo di riferimento per giungere a un’apertura completa entro il 1° gennaio 2013. Il 1° gennaio 2009 l’apertura del mercato deve rappresentare almeno il 35 % del consumo. L’Estonia comunica annualmente alla Commissione le soglie di consumo che danno diritto all’ammissibilità per il consumatore finale».
28. I ‘considerando’ dal primo al quarto, settimo e ottavo della direttiva impugnata precisano che:
«(1) Durante il negoziato di adesione l’Estonia ha invocato le specificità del suo settore elettrico per sollecitare un periodo transitorio per l’applicazione della direttiva 96/92/CE (…).
(2) Nell’allegato VI dell’atto di adesione [del 2003] all’Estonia è stato accordato un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2008 per l’applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2, della direttiva 96/92/CE, relativo all’apertura graduale del mercato.
(3) Nella dichiarazione n. 8 (…) si riconosce peraltro che la situazione specifica relativa alla riforma del settore dell’argillite petrolifera in Estonia avrebbe richiesto sforzi particolari fino alla fine del 2012.
(4) La direttiva 96/92/CE è stata sostituita dalla direttiva 2003/54/CE, che deve essere realizzata entro il 1° luglio 2004 ed è finalizzata ad accelerare l’apertura del mercato dell’energia elettrica.
(...)
(7) L’argillite petrolifera costituisce l’unica vera risorsa energetica indigena dell’Estonia. La produzione nazionale rappresenta quasi l’84 % della produzione mondiale, mentre il 90 % dell’elettricità prodotta nel paese proviene da questo combustibile solido. Si tratta pertanto di un settore strategico per la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Estonia.
(8) La concessione di una deroga complementare per il periodo 2009-2012 garantirà la sicurezza degli investimenti nelle centrali di produzione, nonché la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Estonia consentendo, al tempo stesso, di risolvere i gravi problemi ambientali creati da queste centrali».
Sul ricorso
29. Il Parlamento fa valere due motivi a sostegno del suo ricorso relativi, il primo, all’erroneità del fondamento normativo della direttiva impugnata e, il secondo, ad una violazione dell’obbligo di motivazione.
Sul primo motivo
30. Con il suo primo motivo, il Parlamento sostiene che la direttiva impugnata, che istituisce deroghe transitorie per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2003/54, non poteva essere adottata validamente in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003 e che avrebbe dovuto essere adottata secondo il procedimento legislativo ordinario previsto dal Trattato CE, vale a dire, nella fattispecie, in base agli artt. 47, n. 2, CE, 55 CE e 95 CE che hanno costituito il fondamento normativo per l’adozione della direttiva 2003/54. Il detto art. 57 consentirebbe infatti solo adattamenti destinati a permettere la piena applicabilità degli atti delle istituzioni nei confronti degli Stati aderenti e non la concessione di deroghe transitorie a questi.
31. A tal proposito, va osservato che, come è stato sottolineato dal Parlamento, dalla formulazione dell’art. 57 dell’atto di adesione del 2003, risulta che questa disposizione autorizza l’adozione degli «adattamenti» che si sono resi «necessari» in conseguenza dell’adesione ma che non sono stati previsti nell’atto di adesione o nei suoi allegati.
32. Come ha fatto valere correttamente la Commissione, dagli artt. 20 e 21 dell’atto di adesione del 2003, che formano insieme il titolo I, intitolato «Adattamenti degli atti delle istituzioni», della terza parte del detto atto, essa stessa intitolata «Disposizioni permanenti», emerge che gli «adattamenti» a cui si riferiscono i detti articoli corrispondono in linea di principio a modifiche necessarie per assicurare la piena applicabilità degli atti delle istituzioni ai nuovi Stati membri e che sono destinati, in questa prospettiva, a completare durevolmente i detti atti.
33. «Adattamenti» di questo tipo non comprendono invece normalmente le deroghe temporanee all’applicazione di atti comunitari che sono oggetto, dal canto loro, dell’art. 24 dell’atto di adesione del 2003, che figura al titolo I, intitolato «Misure transitorie», della quarta parte del detto atto intitolata «Disposizioni temporanee».
34. Orbene, non vi sono elementi che consentano di ritenere che la nozione di «adattamento» debba avere un’accezione diversa a seconda che sia utilizzata nell’ambito degli artt. 20 o 21 dell’atto di adesione del 2003 o in quello dell’art. 57 del medesimo atto. Il detto art. 21 rinvia peraltro esso stesso alle disposizioni dell’art. 57 per quanto riguarda il procedimento e le condizioni a cui gli adattamenti che esso prevede devono essere stabiliti, mentre l’art. 57 che si riferisce a adattamenti che «non sono stati previsti nell’atto di adesione o nei suoi allegati» suggerisce a sua volta che gli adattamenti da adottare in base a questa disposizione sono dello stesso tipo di quelli previsti, in particolare, dagli artt. 20 e 21 del detto atto.
35. Inoltre, la concessione di deroghe temporanee nella prospettiva dell’adesione prossima costituisce, come hanno sottolineato correttamente il Parlamento e la Commissione, l’oggetto specifico di un’altra disposizione dell’atto di adesione del 2003, vale a dire del suo art. 55, ed è difficilmente comprensibile a tal riguardo che i firmatari del detto atto abbiano inteso prevedere due disposizioni distinte allo scopo di permettere l’adozione di un medesimo atto.
36. Ciò vale a maggior ragione in quanto il detto art. 55 assoggetta la concessione di tali deroghe temporanee a condizioni nettamente più restrittive di quelle previste dall’art. 57 per l’adozione di misure di adattamento. Da una parte, infatti, questo art. 55 autorizza deroghe solo per quanto riguarda atti comunitari che sono stati adottati tra il 1º novembre 2002 (data di chiusura dei negoziati di adesione) ed il 16 aprile 2003 (data della firma del trattato di adesione del 2003). Dall’altra una concessione di questo tipo è assoggettata alla condizione dell’unanimità nell’ambito del Consiglio.
37. Risulta da quanto precede che le misure che possono essere adottate in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003 si limitano, in linea di principio, ad adattamenti destinati a rendere gli atti comunitari anteriori applicabili nei nuovi Stati membri, escludendo qualsiasi altra modifica (v., in un senso analogo, a proposito della disposizione identica contenuta nell’atto di adesione del 1994, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punti 14 e 19), e, in particolare, deroghe provvisorie.
38. Ne consegue che deroghe provvisorie all’applicazione delle disposizioni di un atto comunitario, che abbiano come unico oggetto e scopo di ritardare temporaneamente l’applicazione effettiva dell’atto comunitario interessato nei confronti di un nuovo Stato membro, non possono essere qualificate, in linea di principio, come «adattamenti» ai sensi dell’art. 57 del detto atto.
39. Nella fattispecie, tuttavia, va osservato che sebbene la direttiva impugnata abbia certamente lo scopo di ritardare temporaneamente l’applicazione effettiva di talune disposizioni della direttiva 2003/54 nei confronti della Repubblica di Estonia, alcune misure che essa comporta in tale prospettiva rivestono peraltro anche il carattere di misure di adattamento necessarie per assicurare la piena applicabilità della direttiva 2003/54 per quanto riguarda tale Stato membro.
40. Ciò avviene per le misure volte a tener conto, nel contesto istituito dalla direttiva 2003/54, della misura transitoria precedentemente accordata alla Repubblica di Estonia dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 per quanto riguarda la direttiva 96/92. Le considerazioni seguenti giustificano tale conclusione.
41. Da una parte, come hanno fatto valere correttamente il governo estone e la Commissione, e contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, la deroga transitoria contenuta nell’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 per quanto riguarda la direttiva 96/92 non è stata caducata dall’abrogazione di tale direttiva dalla direttiva 2003/54.
42. Occorre infatti ricordare, in primo luogo, che l’art. 10 dell’atto di adesione del 2003 prevede che l’applicazione dei trattati e degli atti adottati dalle istituzioni è oggetto, transitoriamente, delle disposizioni derogatorie previste dal detto atto. L’art. 24 del medesimo atto precisa, a tal riguardo, che le misure transitorie elencate nei diversi allegati a cui si riferisce tale disposizione, tra cui l’allegato VI, sono applicabili per quanto riguarda i nuovi Stati membri alle condizioni definite ai detti allegati. Quanto all’art. 60 del medesimo atto, esso conferma che gli allegati al detto atto costituiscono parte integrante di quest’ultimo
43. Le disposizioni che figurano all' allegato VI dell’atto di adesione del 2003 costituiscono pertanto oggetto dell’ accordo fra gli Stati membri e gli Stati aderenti e costituiscono disposizioni di diritto primario (v., in tal senso, sentenza 28 aprile 1988, cause riunite 31/86 e 35/86, LAISA e CPC España/Consiglio, Racc. pag. 2285, punto 12).
44. In secondo luogo, emerge dal trentatreesimo ‘considerando’ e dall’art. 29 della direttiva 2003/54 che essa deve essere considerata la continuazione della direttiva 96/92 di cui essa opera la rifusione, a causa della portata delle modifiche che essa apporta a quest’ultima in un’ottica di chiarezza e di razionalizzazione, senza pregiudicare tuttavia le date limite per la trasposizione e per l’applicazione che erano previste dalla direttiva 96/92.
45. Tenuto conto di quanto precede, occorre considerare che la deroga transitoria prevista dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003, come ha sostenuto correttamente il governo estone, continua ad essere pienamente applicabile nel nuovo contesto legislativo costituito dalla direttiva 2003/54.
46. D’altra parte, e ciò premesso, sempre correttamente il detto governo ha fatto valere che, in caso di mancata adozione dell’art. 21 della direttiva 2003/54 al fine di tener pienamente conto della deroga transitoria sopra menzionata, vi sarebbe stato un rischio di contraddizione tra gli effetti derivanti da tale deroga e i requisiti che derivano per gli Stati membri dal detto art. 21.
47. Infatti, emerge dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 che la Repubblica di Estonia è dispensata, sino al 31 dicembre 2008, dall’assicurare l’apertura del suo mercato dell’energia elettrica alle condizioni previste all’art. 19, n. 2, della direttiva 96/92. Ciò significa in particolare che sotto la vigenza di quest’ultima disposizione, l’obbligo degli Stati membri di garantire alle condizioni da essa previste un grado di apertura del loro mercato dell’energia elettrica vicino al 35 % [v., a tal proposito, la Comunicazione della Commissione del 19 dicembre 2003 relativa al calcolo della quota media comunitaria di apertura del mercato dell’energia elettrica, definito nella direttiva 96/92/CE (GU C 321, pag. 51)] veniva differito, per quanto riguarda la Repubblica di Estonia, sino al 31 dicembre 2008.
48. Poiché l’art. 21, n. 1, lett. a), della direttiva 2003/54 si limitava a ricordare i requisiti già risultanti per gli Stati membri dall’apertura parziale del mercato realizzata dall’art. 19 della direttiva 96/92, si intende che la deroga prevista relativamente a quest’ultima disposizione a favore della Repubblica di Estonia dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 si applica pienamente per quanto riguarda tale nuovo art. 21, n. 1, lett. a).
49. Invece, le disposizioni dell’art. 21, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2003/54 prevedono che gli Stati membri saranno inoltre tenuti ad aprire i loro mercati rispettivi, a partire dal 1º luglio 2004, per quanto riguarda tutti i clienti non civili e a partire dal 1º luglio 2007, per quanto riguarda tutti i clienti. L’apertura progressiva imposta dal detto art. 21, n. 1, lett. b) e c), deve dunque intervenire entro il 1º gennaio 2009 e, come ha sostenuto il governo estone senza essere contraddetto, detta apertura eccede, inoltre, in ciascuno dei due casi indicati da tale disposizione, ampiamente il 35 % del consumo.
50. Ciò premesso, non si può contestare che la presa in considerazione dell’acquis che costituisce per la Repubblica di Estonia la deroga transitoria relativa alla direttiva 96/92, contenuta nell’allegato VI dell’atto di adesione del 2003, prevedeva, anche solo a titolo di considerazioni elementari di certezza del diritto, un adattamento dell’art. 21, n. 1, lett. b) e c) della direttiva 2003/54 per assicurare l’applicabilità coerente di tale disposizione a questo Stato membro.
51. Un adattamento di tale tipo richiederebbe così, perlomeno, una sospensione dell’applicazione delle disposizioni dell’art. 21, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2003/54 sino al 31 dicembre 2008 per quanto riguarda la Repubblica di Estonia in modo da conservare a vantaggio di tale Stato membro la dispensa dall’apertura del suo mercato dell’energia elettrica entro il 1º gennaio 2009, di cui beneficiava nei termini previsti all’allegato VI dell’atto di adesione del 2003.
52. Risulta da quanto precede che, in quanto la direttiva impugnata ha previsto una tale sospensione dell’applicazione dell’art. 21, lett. b) e c), della direttiva 2003/54 sino al 31 dicembre 2008, essa poteva validamente essere adottata in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003.
53. Tuttavia è giocoforza constatare che la direttiva impugnata non si è limitata ad una tale misura. Essa ha infatti concesso alla Repubblica di Estonia un periodo transitorio complementare, che va oltre il 31 dicembre 2008, sino alla fine del 2012, per quanto riguarda l’attuazione dell’art. 21, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2003/54, prevedendo a tal riguardo che l’apertura del mercato debba intervenire progressivamente per raggiungere il 35 % del mercato il 1º gennaio 2009 ed una apertura totale per la fine del 2012 introducendo a tale scopo, a carico della Repubblica di Estonia, l’obbligo di comunicare annualmente alla Commissione le soglie di consumo che danno diritto all’ammissibilità del consumatore finale (in prosieguo, assieme: le «deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata »).
54. Orbene, deroghe complementari di tale tipo non potevano, dal canto loro, essere concesse in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003.
55. Certo, non si può sostenere, come ha fatto il Parlamento, che una tale concessione derogherebbe all’atto di adesione stesso perché quest’ultimo avrebbe previsto a favore dell’Estonia solo un periodo transitorio che scade alla fine del 2008.
56. È infatti evidente, come ha sottolineato correttamente il governo estone, che la deroga contenuta nell’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 si inserisce in un contesto legislativo in cui solo una apertura parziale del mercato era ancora prevista dalla direttiva 96/92 e che è con riferimento a questa sola apertura parziale che la data del 31 dicembre 2008 è stata giudicata idonea a prendere in considerazione le esigenze derivanti dalla situazione particolare del settore dell’energia elettrica di tale nuovo Stato membro. In tal modo, non si sono affatto pregiudicate le disposizioni che potrebbero dover essere adottate in funzione di tali stesse esigenze in caso di evoluzione successiva del detto contesto legislativo, in particolare verso una apertura totale del mercato interessato.
57. È vero, peraltro, che il periodo transitorio complementare così accordato all’Estonia dalla direttiva impugnata è manifestamente in linea, come sottolineato dal governo estone, con la dichiarazione n. 8. Detta dichiarazione si riferisce, infatti, ad una prossima accelerazione dell’apertura dei mercati nel settore dell’energia elettrica e riconosce segnatamente, in questa prospettiva, la situazione particolare di tale nuovo Stato membro legata alla ristrutturazione del settore dell’argillite petrolifera che richiederà sforzi specifici fino alla fine del 2012.
58. Tuttavia, una tale presa di posizione contenuta in una dichiarazione comune agli Stati membri dell’Unione allegata all’atto finale del trattato di adesione del 2003 non può, contrariamente a quanto ha sostenuto il governo estone, essere idonea a determinare il fondamento normativo a cui si deve ricorrere per concedere deroghe quali le deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata.
59. Orbene, occorre constatare che le dette deroghe complementari non rispondono alla nozione di adattamento ai sensi dell’art. 57 dell’atto di adesione del 2003 quale precisata ai punti 31‑38 della presente sentenza.
60. Tali deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata costituiscono, infatti, misure che, come la maggior parte delle deroghe temporanee, hanno come unico oggetto e finalità di ritardare temporaneamente l’applicazione effettiva dell’atto comunitario interessato, la cui adozione implica quindi una valutazione di ordine politico. A differenza della deroga di cui trattasi ai punti 39‑52 della presente sentenza e che, da parte sua, è destinata a integrare nel contesto legislativo proprio della direttiva 2003/54 l’acquis che costituisce per la Repubblica di Estonia la deroga prevista all’allegato VI dell’atto di adesione del 2003, le dette deroghe complementari non possono essere ritenute indispensabili per assicurare la piena applicabilità della detta direttiva nei confronti di tale nuovo Stato membro.
61. Ne consegue che le deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata non hanno potuto essere validamente adottate in base all’art. 57 dell’ atto di adesione del 2003.
62. Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, non ne deriva tuttavia un vuoto normativo a tal riguardo. Una volta firmato il trattato di adesione del 2003, e fatta salva l’applicazione delle procedure particolari che tale trattato prevede per decidere taluni tipi di misure transitorie quali, ad esempio, quelle istituite dagli artt. 41 o 42 dell’atto di adesione del 2003, non esiste, infatti, alcuna obiezione di principio a che atti comunitari adottati successivamente a tale firma e precedentemente all’entrata in vigore del detto trattato di adesione e contenenti deroghe temporanee a favore di un futuro Stato membro aderente siano adottati direttamente in base alle disposizioni del Trattato CE.
63. Infatti, disposizioni derogatorie di tale tipo che siano destinate a trovare applicazione solo con riserva dell’entrata in vigore effettiva del trattato di adesione del 2003 e alla data di quest’ultima, non possono, contrariamente a quanto ha sostenuto il Consiglio, violare né gli artt. 249, nn. 2 e 3, CE e 299 CE, secondo cui gli atti adottati dalle istituzioni si applicano agli Stati membri, né l’art. 2, nn. 2 e 3, del detto trattato di adesione.
64. Da una parte, disposizioni specifiche di tale tipo, come del resto gli atti in cui esse sono incluse e/o a cui derogano, si applicheranno nei confronti degli Stati aderenti solo alla data in cui l’adesione diviene effettiva, data in cui questi ultimi acquisiscono la qualità di Stato membro.
65. D’altra parte, la circostanza che l’art. 2, n. 2, del trattato di adesione del 2003 disponga che il detto trattato entri in vigore solo il 1º maggio 2004 e che il n. 3 di questo medesimo articolo preveda che, in deroga a questo principio, talune disposizioni del detto trattato possono trovare applicazione in anticipo, non pregiudica la possibilità di prevedere, in atti adottati non a titolo di tale trattato ma sulla base del Trattato CE stesso, le condizioni in cui atti di tale tipo adottati tra la firma del trattato di adesione e la sua entrata in vigore si applicheranno ai futuri Stati membri una volta divenuta effettiva l’adesione.
66. Si deve rilevare, al contrario, che per gli atti che devono essere in tal modo adottati durante il periodo intercorrente tra la data di firma del trattato di adesione e quella in cui la detta adesione è diventata effettiva, le istituzioni comunitarie sono perfettamente al corrente dell’imminente adesione dei nuovi Stati membri laddove questi dispongono della possibilità di far valere, in caso di necessità, i propri interessi, in particolare tramite la procedura di informazione e di consultazione (v., in tal senso, sentenza 16 febbraio 1982, cause riunite 39/81, 43/81, 85/81 e 88/81, Halyvourgiki e Helleniki Halyvourgia/Commissione, Racc. pag. 593, punto 10).
67. È dunque, in linea di principio, nell’ambito della detta procedura così come facendo uso dello status di osservatore di cui beneficiano nell’ambito del Consiglio e grazie alle possibilità di dialogo e cooperazione concesse da tali meccanismi specifici che i futuri Stati membri, una volta informati dell’adozione futura di nuovi atti comunitari, possono far valere il loro interesse a ottenere le deroghe transitorie necessarie tenuto conto, ad esempio, dell’impossibilità in cui si troverebbero di assicurare l’applicazione immediata dei detti atti al momento dell’adesione o di problemi di ordine socio-economico maggiori di quelli che una tale applicazione potrebbe causare.
68. È grazie a meccanismi di questo tipo che gli interessi particolari così invocati potranno segnatamente essere bilanciati in modo adeguato con l’interesse generale della Comunità e che le considerazioni relative ai principi di uguaglianza, di lealtà o di solidarietà tra gli Stati membri attuali e futuri invocati dal governo polacco saranno eventualmente chiamate a svolgere un ruolo.
69. L’esistenza di tali meccanismi specifici, propri del processo di adesione istituito, conferma quindi che in linea di principio è mediante il procedimento legislativo ordinario previsto dal trattato e non nell’ambito del procedimento speciale previsto dall’art. 57 dell’atto di adesione del 2003 che le deroghe complementari introdotte dalla direttiva avrebbero dovuto essere adottate.
70. Parimenti, non si può ammettere l’argomento che il Consiglio trae dall’urgenza che vi sarebbe stata di adottare deroghe complementari di tale tipo sulla base del detto art. 57 prima della data in cui dovevano essere attuate le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 2003/54 piuttosto che seguendo la procedura legislativa di codecisione che richiede tempi molto più lunghi, per evitare di creare un’incertezza del diritto e di pregiudicare i legittimi interessi degli operatori attivi sul mercato estone dell’energia elettrica.
71. Da una parte, infatti, come è stato sottolineato ai punti 66-68 della presente sentenza, quando la Comunità prevede di adottare un atto legislativo nel periodo intercorrente tra la firma del trattato di adesione del 2003 e la sua entrata in vigore, la procedura di informazione e di consultazione può sfociare nella concessione di eventuali deroghe transitorie a favore di uno Stato aderente per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni dell’atto la cui adozione viene così prevista.
72. Su tale punto, nessuna parte ha peraltro fornito indicazioni che consentano di ritenere che la detta procedura di informazione e consultazione non sia stata seguita regolarmente e che il governo estone non sia stato in grado di far valere i suoi interessi con riferimento alla proposta di direttiva che ha portato all’adozione della direttiva 2003/54, conformemente a quanto prevede tale procedura (v., in un senso analogo, sentenza Halyvourgiki e Helleniki Halyvourgia/Commissione, cit., punto 15).
73. D’altra parte, e come ha ricordato il Parlamento, una volta che al Consiglio sia stata presentata una proposta della Commissione, esso dispone all’occorrenza della possibilità di attirare l’attenzione del Parlamento sull’urgenza che vi potrebbe essere di adottare un atto particolare. La procedura di codecisione prevista dall’art. 251 CE non esclude, infatti, per nulla l’adozione relativamente rapida di un testo legislativo, particolarmente in assenza di divergenze di opinioni rilevanti tra il Parlamento ed il Consiglio.
74. Per quanto riguarda l’incertezza del diritto che può eventualmente risultare dalla scadenza del termine inerente alla procedura legislativa normale, vi potrebbe essere posto rimedio, come ha correttamente sostenuto la Commissione, solo con la concessione di un eventuale effetto retroattivo alla deroga transitoria chiesta qualora quest’ultima sia decisa.
75. Risulta, a tal proposito, dalla giurisprudenza della Corte che benché, in linea di massima, il principio della certezza del diritto osti a che l’efficacia, nel tempo, di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga è possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (v. sentenze 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 45, e Parlamento/Consiglio, cit., punto 21).
76. Occorre rilevare, inoltre, che è certamente possibile, come ha sostenuto in particolare il governo polacco, che l’assenza di una disposizione generale nell’atto di adesione del 2003 che consenta di decidere deroghe transitorie per quanto riguarda l’applicazione ai nuovi Stati membri di atti adottati tra la firma del trattato di adesione del 2003 e quella della sua entrata in vigore e la sola esistenza a tali fini della procedura di informazione e di consultazione siano a posteriori apparse insoddisfacenti. È anche possibile che tale circostanza sia all’origine del fatto che l’art. 55 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione europea della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2005, L 157, pag. 203), invocato da diverse parti e il cui oggetto è simile a quello dell’art. 55 dell’atto di adesione del 2003, prevede espressamente che la competenza del Consiglio per adottare deroghe temporanee si estende anche agli atti delle istituzioni adottati tra la data della firma del trattato di adesione e quella dell’adesione. Tuttavia, le imperfezioni eventuali che l’atto di adesione del 2003 celerebbe a tal riguardo non possono autorizzare il ricorso ad un fondamento normativo erroneo.
77. Risulta da tutto quanto precede che le deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata e di cui trattasi al punto 53 della presente sentenza non potevano essere validamente adottate in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003.
78. Ne consegue che il primo motivo è fondato nella parte in cui è diretto a denunciare l’illegittimità delle dette deroghe complementari.
Sul secondo motivo
79. Poiché l’esame del primo motivo ha consentito di giungere solo ad un accertamento di illegittimità parziale della direttiva impugnata, occorre esaminare il secondo motivo relativo ad una mancanza di motivazione della detta direttiva per verificare se questa non sia completamente viziata da illegittimità in base a questo secondo capo di conclusioni.
80. Con il secondo motivo, il Parlamento fa valere che la direttiva controversa non spiega se, e in che misura, essa effettua un adattamento dovuto all’adesione, né le ragioni di un ricorso al fondamento normativo eccezionale costituito dall’art. 57 dell’atto di adesione del 2003 che deroga alla procedura legislativa normale. Il preambolo della detta direttiva non sarebbe stato peraltro modificato rispetto a quello contenuto nella proposta della Commissione di cui al punto 24 della presente sentenza, laddove questa è fondata sugli artt. 47, n. 2, CE, 55 CE e 95 CE, e non sarebbe stata fornita alcuna spiegazione per questa differenza.
81. Al riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve essere adattata alla natura dell’atto controverso. Anche se tale motivazione deve far apparire in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione comunitaria da cui promana l’atto, per consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e per permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo, non si richiede tuttavia che la motivazione contenga tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Infatti, per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i criteri dell’art. 253 CE esso va valutato con riferimento non solo alla sua formulazione, ma anche al suo contesto e all’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (v., in particolare, sentenza 10 luglio 2003, causa C‑15/00, Commissione/BEI, Racc. pag. I‑7281, punto 174).
82. Nella fattispecie, come hanno correttamente sostenuto il Consiglio e il governo estone, il preambolo della direttiva impugnata che si riferisce alla domanda della Repubblica di Estonia, alla deroga transitoria relativa alla direttiva 96/92 prevista a favore di tale Stato membro dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003, alla dichiarazione n. 8, all’acceleramento dell’apertura del mercato dell’energia elettrica operata dalla direttiva 2003/54, e, infine, alle particolarità del settore dell’argillite petrolifera estone nonché alle difficoltà che tale settore incontrerebbe in assenza delle misure transitorie previste dalla direttiva impugnata, può permettere agli interessati di avere una sufficiente conoscenza delle giustificazioni delle dette misure transitorie e al giudice competente di esercitare il suo controllo.
83. Tali elementi consentono in particolare alla Corte di effettuare un controllo della correttezza del fondamento normativo adottato dal legislatore comunitario senza che la scelta di tale fondamento, che è stato espressamente identificato dai ‘visto’ della direttiva impugnata nell’articolo 57 dell’atto di adesione del 2003, non richieda una motivazione più dettagliata. Nemmeno il fatto che il Consiglio non abbia adottato il fondamento normativo proposto dalla Commissione richiede una motivazione più specifica al riguardo.
84. Ciò premesso, il secondo motivo deve essere dichiarato infondato.
Sull’annullamento parziale della direttiva impugnata
85. Come emerge dai punti 77 e 78 della presente sentenza, il primo motivo è stato dichiarato parzialmente fondato in quanto le deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata non potevano essere validamente adottate in base all’art. 57 dell’atto di adesione del 2003.
86. A tal riguardo, va ricordato che, come risulta da costante giurisprudenza, l’annullamento parziale di un atto comunitario è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto (v., in particolare, sentenza 24 maggio 2005, causa C‑244/03, Francia/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I‑4021, punto 12, e giurisprudenza citata).
87. Orbene, nella fattispecie, le deroghe complementari introdotte dalla direttiva impugnata possono essere separate dal resto della direttiva che, come emerge dal suo art. 1 letto alla luce del suo secondo e ottavo ‘considerando’ persegue un doppio obiettivo, vale a dire, da una parte, la presa in considerazione nel contesto del regime previsto dalla direttiva 2003/54 del periodo transitorio precedentemente accordato alla Repubblica di Estonia dall’allegato VI dell’atto di adesione del 2003 a proposito della direttiva 96/92 e, dall’altra, la concessione, per il periodo 2009‑2012, di una deroga complementare accompagnata da un obbligo di attuazione progressiva dell’art. 21 della direttiva 2003/54.
88. Ne consegue che la direttiva impugnata deve essere annullata in quanto essa prevede a favore dell’Estonia una deroga all’applicazione dell’art. 21, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2003/54, che va oltre il 31 dicembre 2008, nonché un obbligo correlativo di garantire un’apertura solo parziale del mercato rappresentante il 35 % del consumo al 1º gennaio 2009 e un obbligo di comunicazione annuale delle soglie di consumo che danno diritto all’ammissibilità per il consumatore finale.
Sugli effetti nel tempo dell’annullamento
89. Invocando l’art. 231, n. 2, CE e la necessità di evitare una situazione di incertezza per gli operatori economici e gli investitori nel settore dell’energia elettrica in Estonia, nonché per i lavoratori interessati, il Consiglio, sostenuto in questo dal governo estone e dalla Commissione, ha chiesto alla Corte, nel caso in cui essa dovesse annullare la direttiva impugnata, di conservare gli effetti del detto atto fino all’adozione di una nuova direttiva.
90. Sottolineando che il suo ricorso non riguarda la fondatezza materiale della richiesta di deroga proposta dalla Repubblica di Estonia, ma solo il fondamento normativo su cui è stata adottata la direttiva impugnata, il Parlamento ha affermato di non volersi pronunciare su tale richiesta del Consiglio.
91. A tal riguardo, va rilevato che la detta domanda è stata formulata nella prospettiva di un eventuale annullamento totale della direttiva impugnata dalla Corte.
92. Orbene, nella fattispecie la direttiva impugnata è oggetto solo di un annullamento parziale nella misura precisata al punto 88 della presente sentenza, mentre la deroga temporanea all’art. 21, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2003/54, che era contenuta nella direttiva impugnata viene conservata sino al 31 dicembre 2008. Ciò premesso, non occorre pronunciarsi sulla domanda soprammenzionata del Consiglio.
Sulle spese
93. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, secondo l’art. 69, n. 3, primo comma, dello stesso regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Poiché nella fattispecie il Parlamento ha concluso per la condanna del Consiglio e quest’ultimo è rimasto soccombente nella parte essenziale di suoi motivi, esso va condannato alle spese. Conformemente all’art. 69, n. 4, primo comma, dello stesso regolamento, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Estonia e la Commissione, che sono intervenute nella causa, sopportano le proprie spese.
Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) La direttiva del Consiglio 28 giugno 2004, 2004/85/CE, che modifica la direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’applicazione di talune disposizioni all’Estonia, è annullata in quanto prevede a favore dell’Estonia una deroga all’applicazione dell’art. 21, n. 1, lett. b) e c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/54/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE, che va oltre il 31 dicembre 2008 nonché un obbligo correlativo di garantire un’apertura solamente parziale del mercato rappresentante il 35 % del consumo al 1º gennaio 2009 ed un obbligo di comunicazione annuale delle soglie di consumo che danno diritto all’ammissibilità per il consumatore finale.
2) Il ricorso è respinto per il resto.
3) Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.
4) La Repubblica di Polonia, la Repubblica di Estonia e la Commissione delle Comunità europee sopportano le proprie spese.