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Document 62004CJ0308

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 29 giugno 2006.
SGL Carbon AG contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Concorrenza - Intesa - Elettrodi di grafite - Art. 81, n. 1, CE - Ammende - Orientamenti per il calcolo dell'importo delle ammende - Comunicazione sulla cooperazione - Principio del non bis in idem.
Causa C-308/04 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-05977

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:433

Causa C‑308/04 P

SGL Carbon AG

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Concorrenza — Intesa — Elettrodi di grafite — Art. 81, n. 1, CE — Ammende — Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende — Comunicazione sulla cooperazione — Principio del ne bis in idem»

Massime della sentenza

1.        Concorrenza — Ammende — Sanzioni comunitarie e sanzioni inflitte in uno Stato terzo per violazione del diritto nazionale della concorrenza

[Art. 3, n. 1, lett. g) CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15]

2.        Concorrenza — Ammende — Importo — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

3.        Concorrenza — Ammende — Orientamenti per il calcolo delle ammende

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

4.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione dell’importo di base in funzione dell’infrazione stessa

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

5.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Importo massimo

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

6.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa

7.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Situazione finanziaria dell’impresa interessata

[Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 5, lett. b)]

8.        Concorrenza — Ammende — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

1.        Il principio del ne bis in idem, sancito anche dall’art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario del quale il giudice garantisce il rispetto.

Nel caso di un’intesa che si inquadri in un contesto internazionale caratterizzato, segnatamente, dall’intervento, sui rispettivi territori, di ordinamenti giuridici di Stati terzi, l’esercizio dei poteri da parte delle autorità dei detti Stati incaricati della tutela della libera concorrenza, nel contesto della loro competenza territoriale, risponde ad esigenze proprie dei detti Stati. Infatti, gli elementi sottesi agli ordinamenti giuridici di altri Stati nel settore della concorrenza non solo comportano finalità ed obiettivi specifici, ma sfociano egualmente nell’adozione di norme sostanziali particolari nonché in conseguenze giuridiche estremamente differenziate nel settore amministrativo, penale o civile, quando le autorità dei detti Stati abbiano accertato l’esistenza di infrazioni alle norme applicabili in materia di concorrenza.

Ne consegue che, quando la Commissione sanziona il comportamento illegittimo di un’impresa, ancorché esso tragga origine in un’intesa di carattere internazionale, intende salvaguardare la libera concorrenza all’interno del mercato comune che costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), CE, un obiettivo fondamentale della Comunità. Infatti, a causa della specificità del bene giuridico tutelato a livello comunitario, le valutazioni operate dalla Commissione, in forza delle sue competenze in materia, possono divergere considerevolmente da quelle effettuate dalle autorità di Stati terzi.

Pertanto, il principio del ne bis in idem non si applica a situazioni in cui gli ordinamenti giuridici e le autorità della concorrenza di Stati terzi sono intervenuti nel contesto di competenze proprie.

(v. punti 26‑29, 31‑32)

2.        Ogni considerazione attinente all’esistenza di ammende inflitte dalle autorità di uno Stato terzo può rilevare solo nel contesto del potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia di fissazione di ammende per le infrazioni al diritto comunitario della concorrenza. Di conseguenza, anche se non può escludersi che la Commissione tenga conto, per ragioni di proporzionalità o di equità, di ammende anteriormente inflitte dalle autorità di Stati terzi, essa non può esservi tuttavia obbligata.

Infatti, l’obiettivo di dissuasione che la Commissione può legittimamente perseguire nel determinare l’importo di un’ammenda è volto ad assicurare il rispetto, da parte delle imprese, delle norme sulla concorrenza fissate dal Trattato ai fini dello svolgimento delle loro attività nell’ambito del mercato comune. Di conseguenza, nel valutare il carattere dissuasivo di un’ammenda da infliggere per una violazione delle dette norme, la Commissione non è tenuta a tener conto di eventuali sanzioni inflitte ad un’impresa in ragione della violazione delle norme sulla concorrenza di Stati terzi.

(v. punti 36‑37)

3.        La Commissione beneficia di un ampio margine discrezionale quanto al metodo di calcolo delle ammende inflitte per infrazione alle regole di concorrenza e può, in tale contesto, tener conto di diversi elementi, sempre nel rispetto del tetto relativo al volume d’affari di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

Il metodo di calcolo circoscritto dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 15 del regolamento n. 17.

(v. punti 46‑47)

4.        Mentre l’importo di base dell’ammenda per infrazione alle regole di concorrenza è fissato in ragione dell’infrazione, la gravità di questa va accertata in funzione di molti altri elementi, in ordine ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità. Il fatto di tener conto di circostanze aggravanti, in sede di fissazione dell’ammenda, risponde al compito della Commissione di garantire la conformità del comportamento delle imprese alle norme sulla concorrenza.

(v. punto 71)

5.        Solo l’importo finale dell’ammenda inflitta per un’infrazione alle regole di concorrenza deve rispettare il limite massimo del 10% previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Di conseguenza, tale articolo non vieta alla Commissione di pervenire, nel corso delle varie operazioni di calcolo, ad un importo intermedio superiore al detto limite, purché l’importo definitivo dell’ammenda inflitta non lo superi.

(v. punti 81‑82)

6.        In qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’inflizione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, in cui il rispetto del diritto alla difesa costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa, la mera assenza di comunicazione di un documento costituisce una violazione di tale diritto solo se l’impresa interessata può dimostrare, in primo luogo, che la Commissione si è fondata su tale documento al fine di supportare la propria censura relativa all’esistenza di un’infrazione e, in secondo luogo, che tale censura poteva essere provata solo mediante riferimento al documento medesimo.

All’impresa interessata spetta dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella decisione controversa sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico fosse stato eliminato un documento non comunicato all’impresa medesima, sul quale la Commissione si è basata per accertare l’infrazione.

(v. punti 94, 97‑98)

7.        La Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda che infligge ad un’impresa, a prendere in considerazione la sua situazione finanziaria deficitaria, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato.

Tale principio non è affatto rimesso in discussione dal punto 5, lett. b), degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, ai sensi del quale occorre prendere in considerazione la capacità contributiva reale di un’impresa. Infatti, tale capacità assume rilievo soltanto nel suo «contesto sociale particolare», costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda comporterebbe, in particolare, in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa interessata.

(v. punti 105‑106)

8.        I poteri di cui la Commissione è investita in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 comprendono la facoltà di determinare la data di esigibilità delle ammende e quella relativa al decorso degli interessi di mora, nonché di fissare il tasso di tali interessi e di stabilire dettagliatamente le modalità di esecuzione della sua decisione. In assenza di tale potere della Commissione, infatti, le imprese potrebbero essere messe in condizione di trarre vantaggio dal ritardo nel pagamento, indebolendo così l’effetto delle sanzioni.

La Commissione può pertanto legittimamente adottare un valore di riferimento più elevato del tasso medio di mercato, offerto a un operatore medio, nella misura necessaria per scoraggiare comportamenti dilatori con riguardo al pagamento dell’ammenda.

(v. punti 113‑115)




SENTENZA DELLA CORTE

29 giugno 2006 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Intesa – Elettrodi di grafite – Art. 81, n. 1, CE – Ammende – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende – Comunicazione sulla cooperazione – Principio del ne bis in idem»

Nel procedimento C‑308/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 19 luglio 2004,

SGL Carbon AG, con sede in Wiesbaden (Germania), rappresentata dagli avv.ti M. Klusmann e K. Beckmann, Rechtsanwälte,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Bouquet e M. Schneider nonché dalla sig.ra H. Gading, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Tokai Carbon Co. Ltd, con sede in Tokyo (Giappone),

Nippon Carbon Co. Ltd, con sede in Tokyo,

Showa Denko KK, con sede in Tokyo,

GrafTech International Ltd, già UCAR International Inc., con sede in Wilmington (Stati Uniti),

SEC Corp., con sede in Amagasaki (Giappone),

The Carbide/Graphite Group Inc., con sede in Pittsburgh (Stati Uniti),

ricorrenti in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione)

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. P. Kūris, G. Arestis e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 settembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 gennaio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il presente ricorso, la SGL Carbon AG (in prosieguo: la «SGL Carbon») chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 29 aprile 2004 nelle cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione (Racc. pag. II‑1181; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), nella parte in cui ha respinto il ricorso avverso gli artt. 3 e 4 della decisione della Commissione 18 luglio 2001, 2002/271/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE – Caso COMP/E-1/36.490 – Elettrodi di grafite (GU 2002, L 100, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

 Il regolamento n. 17

2        L’art. 15 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 104), dispone quanto segue:

«1.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni d’imprese ammende varianti da cento a cinquemila unità di conto quando intenzionalmente o per negligenza:

(…)

b)      forniscano informazioni inesatte in risposta a una domanda rivolta a norma dell’articolo 11, paragrafi 3 e 5 (…)

         (…)

2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81, paragrafo 1, CE] o dell’articolo [82 CE], (…)

(…)

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

(…)».

 Gli orientamenti

3        La comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), enuncia nel suo preambolo:

«I principi indicati negli orientamenti (...) dovrebbero consentire di assicurare la trasparenza ed il carattere obiettivo delle decisioni della Commissione, di fronte sia alle imprese che alla Corte di giustizia, ponendo l’accento, nel contempo, sul margine discrezionale lasciato dal legislatore alla Commissione nella fissazione delle ammende, entro il limite del 10% del volume d’affari globale delle imprese. La Commissione intende tuttavia inquadrare tale margine in una linea politica coerente e non discriminatoria, che sia funzionale agli obiettivi perseguiti con la repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza.

La nuova metodologia applicabile per la determinazione dell’ammontare dell’ammenda si baserà ormai sullo schema seguente, che consiste nella fissazione di un importo di base, al quale si applicano maggiorazioni in caso di circostanze aggravanti e riduzioni in caso di circostanze attenuanti».

 La comunicazione sulla cooperazione

4        La comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione») definisce le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare.

5        Ai sensi del punto A, n. 5, della detta comunicazione:

«La cooperazione di un’impresa è soltanto uno dei vari elementi di cui la Commissione tiene conto nel determinare l’ammontare di un’ammenda. (...)».

 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

6        L’art. 4 del protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, così recita:

«Diritto a non essere giudicato o punito due volte

Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dai giudici dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.

Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta.

Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione».

 Fatti all’origine della controversia e decisione controversa

7        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto come segue i fatti relativi alla controversia:

«1.      Con decisione 2002/271/CE (…) la Commissione ha accertato la partecipazione di varie imprese ad una serie di accordi e di pratiche concordate, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo [2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), in prosieguo: l’«accordo SEE»] nel settore degli elettrodi di grafite.

2.      Gli elettrodi di grafite sono utilizzati prevalentemente nella produzione d’acciaio in forni elettrici ad arco. La produzione d’acciaio mediante tali forni è sostanzialmente un processo di riciclaggio, nel quale rottami d’acciaio sono trasformati in acciaio nuovo, contrariamente al procedimento classico di produzione a partire dal minerale di ferro negli altiforni ad ossigeno. Per fondere i rottami d’acciaio si utilizzano nove elettrodi, raggruppati in colonne di tre. Per l’intensità del processo di fusione, si consuma all’incirca un elettrodo ogni otto ore. La produzione di un elettrodo richiede circa due mesi. Non esistono prodotti che possano sostituire gli elettrodi di grafite nell’ambito di questo processo produttivo.

3.      La domanda di elettrodi di grafite è direttamente legata alla produzione d’acciaio nei forni elettrici ad arco; i clienti sono prevalentemente produttori d’acciaio, che rappresentano [circa] l’85% della domanda. Nel 1998, la produzione mondiale d’acciaio grezzo è stata pari a 800 milioni di tonnellate, 280 milioni delle quali sono state prodotte in forni elettrici ad arco (…).

(…)

5.      Durante gli anni Ottanta, i progressi tecnologici hanno determinato una sostanziale riduzione del consumo di elettrodi per ogni tonnellata d’acciaio prodotto. Nello stesso periodo, anche l’industria siderurgica ha attraversato una fase di profonda ristrutturazione. La riduzione della domanda di elettrodi ha cagionato un processo di ristrutturazione dell’industria mondiale degli elettrodi. Molte fabbriche sono state chiuse.

6.      Nel 2001, nove produttori occidentali hanno rifornito il mercato europeo di elettrodi di grafite: (…).

7.      Il 5 giugno 1997, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 (…), taluni funzionari della Commissione hanno condotto, contemporaneamente e senza preavviso, accertamenti presso i locali di [taluni produttori di elettrodi di grafite] (…).

8.      Lo stesso giorno, agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) hanno effettuato negli Stati Uniti perquisizioni presso le sedi di numerosi produttori. A seguito di tali accertamenti è stata avviata un’azione penale nei confronti della SGL (…) per intesa illecita. Tutti gli imputati si sono riconosciuti colpevoli e hanno accettato di pagare le ammende, stabilite in una somma pari a USD 135 milioni per la SGL (…).

(…)

10.      Negli Stati Uniti sono state intentate azioni civili di risarcimento danni (triple damages) nei confronti della SGL (…) per conto di un gruppo di acquirenti.

11.      In Canada (…). [n]el luglio 2000 la SGL ha ammesso la sua colpevolezza e ha accettato di pagare un’ammenda di CAD 12,5 milioni per (…) infrazione [alla legge canadese sulla concorrenza]. Azioni civili sono state intentate nel giugno 1998 in Canada da alcuni produttori d’acciaio nei confronti della SGL (…) per intesa illecita.

12.      Il 24 gennaio 2000 la Commissione ha inviato alle imprese censurate una comunicazione degli addebiti. Il procedimento amministrativo ha portato all’adozione, il 18 luglio 2001, della Decisione [controversa], con la quale si contesta alle imprese ricorrenti (…) di aver fissato i prezzi su scala mondiale e di aver ripartito i mercati nazionali e regionali del prodotto di cui trattasi secondo il principio del «produttore nazionale»: (…) la SGL (…) [era responsabile per talune aree] dell’Europa, (…)

13.      Sempre secondo la Decisione [controversa], i principi direttivi dell’intesa erano i seguenti:

–        i prezzi degli elettrodi di grafite dovevano essere fissati a livello mondiale;

–        le decisioni relative ai prezzi di ciascuna società dovevano essere prese esclusivamente dai presidenti o dai direttori generali;

–        il «produttore nazionale» doveva fissare il prezzo di mercato all’interno del suo «territorio», e gli altri produttori si sarebbero adeguati;

–        per i mercati «non nazionali», cioè i mercati sui quali non era presente un produttore «nazionale», i prezzi sarebbero stati decisi di comune accordo;

–        i produttori «non nazionali» non dovevano farsi una concorrenza aggressiva e si ritiravano dai mercati «nazionali» degli altri;

–        non doveva esserci alcuna espansione della capacità (i produttori giapponesi avrebbero dovuto ridurre la propria);

–        non si doveva procedere a trasferimenti di tecnologia al di fuori della cerchia di produttori partecipanti al cartello.

14.      La decisione [controversa] prosegue esponendo che tali principi direttivi sono stati applicati mediante riunioni dell’intesa che si svolgevano a vari livelli: riunioni degli «alti dirigenti» e riunioni «di lavoro», riunioni del gruppo dei produttori europei (senza le imprese giapponesi), riunioni nazionali o regionali dedicate a mercati specifici e a contatti bilaterali tra le imprese.

(…)

16.      In base agli accertamenti fattuali e alle valutazioni giuridiche di cui alla decisione [controversa], la Commissione ha condannato le imprese censurate al pagamento di ammende il cui importo è stato calcolato in conformità al metodo esposto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’art. 65, paragrafo 5 del trattato CECA (…), nonché nella comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (…).

17.      L’art. 3 del dispositivo della decisione [controversa] infligge le seguenti ammende:

SGL: EUR 80,2 milioni;

(…)

18.      L’art. 4 del dispositivo ingiunge alle imprese interessate di pagare le ammende entro tre mesi dalla data di notifica della Decisione [controversa], sotto pena di pagamento degli interessi pari all’8,04%».

 Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

8        La SGL Carbon e altre imprese destinatarie della decisione contestata proponevano dinanzi al Tribunale ricorso diretto all’annullamento della detta decisione.

9        Nella sentenza impugnata, il Tribunale dichiarava, inter alia, quanto segue:

«(…).

2)      Nella causa T- 239/01, SGL Carbon/Commissione:

–        l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dall’art. 3 della Decisione 2002/271 è stabilito in EUR 69 114 000;

–        il ricorso è respinto per il resto;

(…)»

 Le conclusioni formulate dalle parti

10      La SGL Carbon chiede che la Corte voglia:

–        annullare parzialmente la sentenza impugnata nella causa T‑239/01, nella parte in cui ha respinto il ricorso avverso gli artt. 3 e 4 della decisione controversa;

–        in subordine, ridurre l’ammenda inflitta alla ricorrente dall’art. 3 della detta decisione, nonché gli interessi di mora fissati dal successivo art. 4 nel combinato disposto con la lettera della Commissione 23 luglio 2001;

–        sempre in subordine, rimettere la controversia al Tribunale di primo grado per una nuova decisione che tenga conto degli orientamenti giurisprudenziali della Corte;

–        condannare la Commissione alle spese.

11      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sulla domanda di riapertura della fase orale

12      Con lettera pervenuta alla Corte in data 24 febbraio 2006, la SGL Carbon ha chiesto, in forza dell’art. 61 del regolamento di procedura della Corte, la riapertura della fase orale.

13      A sostegno della detta domanda, la SGL Carbon fa valere che le conclusioni presentate dall’avvocato generale nell’ambito del presente giudizio di impugnazione non riprodurrebbero sempre correttamente l’esposizione dei fatti delle parti nonché i rilievi del Tribunale. Tali conclusioni conterrebbero, del pari, motivi e presunzioni non sollevati sino ad ora dalle parti nelle loro rispettive memorie e che non avrebbero costituito l’oggetto dell’udienza. Tali conclusioni, pertanto, non potrebbero costituire una preparazione sufficiente alla decisione, bensì richiederebbero, eccezionalmente, osservazioni supplementari prima che la Corte decida definitivamente.

14      In proposito, occorre ricordare, anzitutto, che lo Statuto della Corte di giustizia e il regolamento di procedura della medesima non prevedono, per le parti, la possibilità di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v., in particolare, ordinanza 4 febbraio 2000, causa C‑17/98, Emesa Sugar, Racc. pag. I‑665, punto 2).

15      Per quanto riguarda il motivo dedotto dalla SGL Carbon, occorre ricordare che la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, o anche su domanda delle parti, ordinare la riapertura della fase orale, ai sensi dell’art. 61 del suo regolamento di procedura, se ritiene che siano necessari ulteriori chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto tra le parti (v., in particolare, sentenze 13 novembre 2003, causa C‑209/01, Schilling e Fleck-Schilling, Racc. pag. I‑13389, punto 19, nonché 17 giugno 2004, causa C‑30/02, Recheio – Cash & Carry, Racc. pag. I-6051, punto 12).

16      Nella fattispecie, la Corte ritiene di essere sufficientemente istruita in ordine a tutti gli elementi ad essa necessari ai fini della decisione del presente ricorso.

17      La Corte ritiene, pertanto, che non occorra ordinare la riapertura della fase orale.

 Sull’impugnazione

18      La SGL deduce sette motivi a sostegno del ricorso: la violazione dell’obbligo di tener conto delle sanzioni precedentemente inflitte nella medesima controversia (principio del ne bis in idem), l’erronea fissazione dell’importo di base nel contesto della determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, la maggiorazione erroneamente confermata da istruzioni telefoniche anteriori all’indagine del 1997, l’erronea mancata presa in considerazione del limite massimo dell’ammenda pari al 10% del volume d’affari generalmente consolidato in virtù dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la violazione del diritto alla difesa della ricorrente per insufficiente accesso agli atti di causa, l’illegittima mancata presa in considerazione della assente capacità contributiva della ricorrente, nonché l’illegittimità degli interessi di mora fissati.

 Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’obbligo di tener conto delle sanzioni precedentemente inflitte da autorità di Stati terzi: il principio del ne bis in idem

 Argomenti delle parti

19      La SGL Carbon lamenta il fatto che il Tribunale avrebbe erroneamente messo in discussione l’applicabilità del principio del ne bis in idem nei rapporti tra gli Stati Uniti d’America e il Canada, da un canto, e la Comunità, dall’altro, deducendo tre argomenti erronei, esposti ai punti 134, 136, 137, 140, 142 e 143 della sentenza impugnata.

20      A sostegno di tale argomento, la ricorrente si richiama, in particolare, alla sentenza della Corte 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer Mannheim/Commissione (Racc. pag. 1281).

21      La SGL Carbon precisa che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la necessaria unitarietà del bene giuridico tutelato ricorre nella specie. Inoltre, l’esistenza o meno di una normativa convenzionale in materia sarebbe irrilevante alla luce dell’obbligo di tener conto delle sanzioni già inflitte.

22      Secondo la ricorrente, il Tribunale, anche ammettendo che abbia correttamente escluso l’applicazione del principio del ne bis in idem nelle controversie connesse con Stati terzi, avrebbe dovuto tener conto delle pene precedentemente inflitte in tali Stati, conformemente ai principi di proporzionalità e di equità.

23      La Commissione sostiene che la ricorrente non poteva invocare il divieto del cumulo delle sanzioni. Il principio del ne bis in idem, infatti, non sarebbe trasponibile a controversie nelle quali anche Stati terzi abbiano inflitto sanzioni.

24      A parere della Commissione, in materia di diritto della concorrenza gli Stati Uniti e la Comunità non perseguirebbero i medesimi obiettivi. Inoltre, le relative legislazioni non tutelerebbero la concorrenza come istituzione mondiale. La normativa americana in materia riguarderebbe la concorrenza sul mercato degli Stati Uniti, mentre le norme in vigore nella Comunità avrebbero lo scopo di impedire che la concorrenza sia falsata nel mercato comune.

25      La Commissione conclude che il Tribunale ha correttamente ritenuto che il principio del ne bis in idem non fosse applicabile nella specie.

 Giudizio della Corte

26      Si deve ricordare, in limine, che il principio del ne bis in idem, sancito anche dall’art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, del quale il giudice garantisce il rispetto (v., segnatamente, sentenze 5 maggio 1966, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione CEEA, Racc. pag. 141, in particolare pag. 163, e 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commisssione, Racc. pag. I‑8375, punto 59).

27      Al fine di esaminare la fondatezza del motivo attinente alla violazione di tale principio, occorre parimenti rilevare che il Tribunale ha correttamente rilevato, al punto 140 della sentenza impugnata, che la Corte non ha ancora risolto la questione se la Commissione sia tenuta ad imputare la sanzione irrogata dalle autorità di uno Stato terzo nell’ipotesi in cui i fatti contestati ad un’impresa da parte di tale istituzione e delle dette autorità siano identici. Al contrario, la Corte ha considerato l’identicità dei fatti censurati dalla Commissione e dalle autorità di uno Stato quale condizione preliminare per poter sollevare la detta questione.

28      Con riguardo alla sfera di applicazione del principio del ne bis in idem quanto a situazioni in cui siano intervenute le autorità di uno Stato terzo, in forza del potere sanzionatorio nel settore del diritto della concorrenza applicabile nel territorio del detto Stato, si deve ricordare che l’intesa controversa si inquadra in un contesto internazionale caratterizzato, segnatamente, dall’intervento, sui rispettivi territori, di ordinamenti giuridici di Stati terzi.

29      A tal riguardo, occorre rilevare che l’esercizio di poteri da parte delle autorità dei detti Stati incaricati della tutela della libera concorrenza, nel contesto della loro competenza territoriale, risponde ad esigenze proprie dei detti Stati. Infatti, gli elementi sottesi agli ordinamenti giuridici di altri Stati nel settore della concorrenza non solo comportano finalità ed obiettivi specifici, ma sfociano egualmente nell’adozione di norme sostanziali particolari nonché in conseguenze giuridiche estremamente differenziate nel settore amministrativo, penale o civile, quando le autorità dei detti Stati abbiano accertato l’esistenza di infrazioni alle norme applicabili in materia di concorrenza.

30      Per contro, del tutto diversa è la situazione giuridica in cui un’impresa sia interessata, in materia di concorrenza, esclusivamente dall’applicazione del diritto comunitario e dal diritto di uno o più Stati membri, vale a dire la situazione in cui un’intesa riguardi esclusivamente l’ambito della sfera di applicazione territoriale dell’ordinamento giuridico della Comunità europea.

31      Ne consegue che, quando la Commissione sanziona il comportamento illegittimo di un’impresa, ancorché esso tragga origine in un’intesa di carattere internazionale, intende salvaguardare la libera concorrenza all’interno del mercato comune che costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), del Trattato CE, un obiettivo fondamentale della Comunità. Infatti, a causa della specificità del bene giuridico tutelato a livello comunitario, le valutazioni operate dalla Commissione, in forza delle sue competenze in materia, possono divergere considerevolmente da quelle effettuate dalle autorità di Stati terzi.

32      Il Tribunale, pertanto, ha correttamente ritenuto, al punto 134 della sentenza impugnata, che il principio del ne bis in idem non si applichi a situazioni in cui gli ordinamenti giuridici e le autorità della concorrenza di Stati terzi sono intervenuti nel contesto di competenze proprie.

33      Il Tribunale, peraltro, ha parimenti correttamente ritenuto che non sussistesse un altro principio di diritto tale da obbligare la Commissione a tener conto delle indagini e delle sanzioni della ricorrente in Stati terzi.

34      A tal riguardo, si deve rilevare che, come correttamente osservato dal Tribunale al punto 136 della sentenza impugnata, non esiste alcun principio di diritto internazionale pubblico che vieti ad autorità pubbliche, ivi compresi i giudici, di Stati diversi di perseguire e condannare una persona fisica o giuridica per gli stessi fatti per i quali la persona medesima sia già stata giudicata in un altro Stato. Inoltre, non esiste un testo convenzionale di diritto internazionale pubblico in forza del quale la Commissione potrebbe essere obbligata, in sede di fissazione di un’ammenda ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a tener conto delle ammende inflitte, da parte delle autorità di uno Stato terzo, nel contesto delle loro competenze in materia di diritto della concorrenza.

35      Si deve aggiungere che gli accordi conclusi tra le Comunità ed il governo degli Stati Uniti d’America il 23 settembre 1991 e il 4 giugno 1998 in merito all’applicazione dei principi della «comitas gentium» attiva nell’applicazione delle loro regole di concorrenza (GU 1995, L 95, pag. 47, e GU 1998, L 173, pag. 28) si limitano a questioni pratiche di procedura, quali lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità della concorrenza e non riguardano in alcun modo l’imputazione o la considerazione delle sanzioni inflitte da una delle parti dei detti accordi.

36      Infine, con riguardo alla violazione, da parte del Tribunale, dei principi di proporzionalità e di equità, dedotta in subordine dalla ricorrente, si deve rilevare che di ogni considerazione attinente all’esistenza di ammende inflitte dalle autorità di uno Stato terzo si può tener conto solo nel contesto del potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia di fissazione di ammende per le infrazioni al diritto comunitario della concorrenza. Di conseguenza, anche se non può escludersi che la Commissione tenga conto di ammende anteriormente inflitte dalle autorità di Stati terzi, essa non può esservi tuttavia obbligata.

37      Infatti, l’obiettivo di dissuasione che la Commissione può legittimamente perseguire nel determinare l’importo di un’ammenda è volto ad assicurare il rispetto, da parte delle imprese, delle norme sulla concorrenza fissate dal Trattato CE ai fini dello svolgimento delle loro attività nell’ambito del mercato comune (v., in tal senso, sentenza 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punti 173-176). Di conseguenza, nel valutare il carattere dissuasivo di un’ammenda da infliggere per una violazione delle dette norme, la Commissione non ha l’obbligo di tener conto di eventuali sanzioni inflitte ad un’impresa in ragione della violazione delle norme sulla concorrenza da parte di Stati terzi.

38      Il Tribunale, pertanto, ai punti 144-148 della sentenza impugnata, non è incorso in alcun errore di diritto nel ritenere legittima la fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta.

39      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo deve essere respinto in toto.

 Sul secondo motivo, attinente all’erronea fissazione dell’importo di base nel contesto della determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente

 Argomenti delle parti

40      Secondo la SGL Carbon, nell’ambito del calcolo dell’ammenda, il Tribunale avrebbe operato un’applicazione erronea dei criteri di determinazione dell’importo di base, il che costituirebbe una violazione del principio di parità di trattamento ovvero un errore di valutazione.

41      La ricorrente precisa che il ragionamento seguito dal Tribunale al riguardo è inficiato da errore sotto tre profili. In primo luogo, il calcolo effettuato dal Tribunale, nell’ambito di una categoria di imprese, nel cui contesto vengono aggiunte, in un primo momento, quote di mercato e volumi d’affari di vari operatori per individuare, successivamente, un volume d’affari o una quota di mercato medi, non si giustificherebbe. In secondo luogo, le differenze tra le quote di mercato rilevate dal Tribunale sarebbero così rilevanti che quest’ultimo non avrebbe potuto ragionevolmente considerare le imprese in oggetto in modo uniforme all’interno della medesima categoria. In terzo luogo, per le altre imprese destinatarie della decisione controversa, il Tribunale avrebbe qualificato quale «ragione imperativa» differenze di quote di mercato molto meno rilevanti, che giustificherebbero l’imposizione di un’ammenda maggiormente graduale e proporzionale senza applicare i medesimi rilievi alla ricorrente.

42      La SGL Carbon ne trae la conclusione di essere stata specificamente svantaggiata dalle valutazioni compiute dal Tribunale nella trasposizione matematica dei principi di calcolo delle ammende. Di conseguenza, a causa di tali errori di calcolo, l’ammenda confermata dal Tribunale dovrebbe essere ulteriormente ridotta, a seconda del metodo di calcolo utilizzato, di un ulteriore importo, in misura compresa tra 5,1 e 12,2 milioni di euro.

43      La Commissione ricorda che, secondo costante giurisprudenza, nella fissazione dell’importo dell’ammenda sussiste un potere discrezionale che osta all’applicazione di una formula matematica precisa. Qualora, come nella fattispecie in esame, l’infrazione sia stata commessa da diverse imprese, occorrerebbe valutare l’importanza relativa della partecipazione di ciascuna di esse all’intesa.

44      Secondo la Commissione, il Tribunale ha correttamente esercitato il proprio controllo giurisdizionale al riguardo, segnatamente, a beneficio della ricorrente. Il Tribunale, infatti, avrebbe affermato che la Commissione, quando suddivide i membri di un’intesa in categorie, non è tenuta a basarsi esclusivamente e matematicamente sulla cifra d’affari di ogni impresa. In particolare, il Tribunale avrebbe ritenuto legittima la suddivisione dei membri dell’intesa in più categorie, che ha determinato la forfettizzazione dell’importo di base fissato per le imprese appartenenti alla medesima categoria.

45      La Commissione, infine, rileva che nemmeno il principio di parità di trattamento è stato violato dai rilievi operati dal Tribunale in ordine al metodo di calcolo delle ammende.

 Giudizio della Corte

46      Si deve ricordare che, come risulta da costante giurisprudenza (v., segnatamente, sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 240 243 nonché giurisprudenza ivi citata), la Commissione beneficia di un ampio margine discrezionale quanto al metodo di calcolo delle ammende e che può, in tale contesto, tener conto di diversi elementi, sempre nel rispetto del tetto relativo al volume d’affari di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

47      La Corte ha parimenti sottolineato che il metodo di calcolo delineato dagli orientamenti prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 15 del regolamento n. 17, come interpretato dalla Corte (v. sentenza Dansk Rørindustrie e a./Commissione, cit., punto 267).

48      Spetta tuttavia alla Corte verificare se il Tribunale abbia correttamente valutato l’esercizio, da parte della Commissione, del detto potere discrezionale.

49      A tal riguardo, occorre rilevare che il Tribunale ha esaminato dettagliatamente la questione se i limiti quantitativi di demarcazione tra le tre categorie di imprese ai fini della fissazione degli importi di base delle ammende erano stati determinati in modo coerente ed obiettivo.

50      Come precisato dal Tribunale ai punti 217-219 della sentenza impugnata, nel ripartire le imprese partecipanti all’intesa in tre categorie e nel fissare diversi importi di base, la Commissione si è basata sui volumi d’affari reali e sulle quote di mercato conseguite dai membri dell’intesa mediante la vendita dei prodotti di cui trattasi sul mercato mondiale durante il periodo preso in considerazione dalla decisione controversa.

51      Il Tribunale ha concluso, ai punti 224-226 della sentenza impugnata, che l’individuazione degli importi di base, giungendo ad un importo di 40 milioni di euro per le imprese appartenenti alla prima categoria, in cui era stata ricompresa la SGL Carbon, non era arbitraria e non eccedeva i limiti del potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia.

52      A tal riguardo, si deve rilevare che, con il suo ragionamento, la ricorrente intende contestare il sistema di classificazione accolto dalla Commissione e avallato dal Tribunale, dal momento che, a suo avviso, ogni differenza tra le imprese interessate quanto al volume d’affari o alla quota di mercato dovrebbe tradursi in una distinta categoria per ogni impresa partecipante all’intesa e, pertanto, in un importo di base differenziato.

53      Tale argomento non può essere accolto.

54      Come emerge dai rilievi del Tribunale precedentemente richiamati, quest’ultimo ha verificato se la Commissione aveva applicato il proprio metodo di classificazione delle imprese nonché la fissazione dei limiti quantitativi per ogni categoria in modo regolare e coerente. Il Tribunale ha parimenti esaminato se il gruppo di imprese, nell’ambito della medesima categoria, era sufficientemente coerente ed obiettivo rispetto alle altre categorie.

55      Si deve aggiungere che la circostanza che altri membri dell’intesa fossero stati classificati, in funzione di circostanze specifiche di ciascuno di essi, in altre categorie non può inficiare la fondatezza delle valutazioni del Tribunale con riguardo alla classificazione della ricorrente.

56      Ne consegue che la ripartizione in categorie operata dalla Commissione e avallata dal Tribunale è parimenti conforme al principio di parità di trattamento.

57      Ciò premesso, la sentenza impugnata non è inficiata da errori di diritto su tale punto.

58      Il secondo motivo non può quindi essere accolto.

 Sul terzo motivo, attinente all’aumento del 25% dell’importo di base

 Argomenti delle parti

59      La SGL Carbon afferma che la maggiorazione specifica, confermata dal Tribunale, del 25% dell’importo di base, equivalente a EUR 15,5 milioni, in considerazione degli avvertimenti rivolti dalla detta società ad altre imprese quanto all’imminenza di un controllo della Commissione, non era giustificata. Le valutazioni del Tribunale al riguardo sarebbero infatti erronee, poiché la ricorrente si sarebbe vista contestare alcuni fatti non provati che non le erano mai stati precedentemente contestati, né nella comunicazione degli addebiti, né nella decisione della Commissione.

60      La SGL Carbon contesta al Tribunale di non aver correttamente valutato le comunicazioni telefoniche da essa effettuate, e questo per tre ragioni. In primo luogo, il Tribunale non avrebbe riconosciuto la circostanza che il comportamento della ricorrente non era vietato e che, pertanto, non avrebbe dovuto essere sanzionato, in virtù del principio nulla poena sine lege. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe violato il principio in dubio pro reo, in quanto avrebbe presupposto l’esistenza di fatti non supportati né da accertamenti della Commissione, né dalle proprie constatazioni. In terzo luogo, il Tribunale avrebbe violato il principio di parità di trattamento.

61      La Commissione deduce che il primo ed il terzo argomento della ricorrente, vale a dire la violazione del principio nulla poena sine lege e la violazione del principio di parità di trattamento, sono irricevibili, dal momento che tali censure erano state già dedotte in primo grado e che la SGL Carbon si limita a ripetere, nel contesto dell’impugnazione, i medesimi argomenti. In ogni caso, le censure dedotte sarebbero destituite di fondamento.

62      La Commissione osserva che l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale avrebbe presunto l’esistenza di argomenti sfavorevoli nei confronti della SGL Carbon non è pertinente. Infatti, in sede di determinazione dell’importo delle ammende, la Commissione disporrebbe di un margine discrezionale senza essere vincolata da una precisa formula matematica.

63      Secondo la Commissione, il Tribunale, nell’ambito del proprio sindacato sull’esercizio di tale potere, ha correttamente confermato che gli avvertimenti della ricorrente avevano costituito un grave ostacolo all’indagine e che, nel detto contesto, non sarebbe stato necessario interrogarsi in ordine alle motivazioni specifiche che avevano indotto tale partecipante all’intesa a formulare i detti avvertimenti.

 Giudizio della Corte

64      Si deve ricordare che il Tribunale ha rilevato, al punto 312 della sentenza impugnata, che il fatto che la ricorrente avesse avvertito altre imprese dell’imminenza delle verifiche della Commissione poteva essere qualificato come circostanza aggravante e che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non si trattava qui di un’infrazione specifica ed autonoma alle norme comunitarie in materia di concorrenza, bensì di un comportamento aggravante rispetto all’infrazione iniziale. Il Tribunale ha parimenti rilevato, al medesimo punto della sentenza impugnata, che, mediante tali avvertimenti rivolti ad altre imprese, la SGL Carbon intendeva, infatti, dissimulare l’esistenza dell’intesa e mantenerla operante, il che peraltro è stato realizzato con successo fino al marzo del 1998.

65      Al punto 313 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato che il riferimento della ricorrente all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 17 non era pertinente, dal momento che tale norma contempla atti di ostruzionismo quali infrazioni autonome e indipendenti dall’esistenza di un cartello, mentre nella specie gli avvertimenti forniti dalla SGL Carbon miravano a garantire la continuazione di un cartello che rappresentava evidentemente una flagrante violazione del diritto comunitario della concorrenza.

66      Infine, al punto 315 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, essendo rivolti ad altre imprese, tali avvertimenti andavano al di là della sfera puramente interna della SGL Carbon e miravano al fallimento dell’indagine della Commissione nel suo complesso, così da garantire la continuazione dell’intesa.

67      Si deve rilevare che, con le suesposte considerazioni, il Tribunale ha compiuto una serie di valutazioni di fatto relative al comportamento della ricorrente.

68      A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, solo il Tribunale è competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui un’inesattezza materiale delle sue affermazioni risulti dagli atti di causa sottopostigli, e, dall’altro, a valutare questi fatti. La valutazione dei fatti non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova sottopostigli, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nel contesto di un ricorso avverso una pronuncia del Tribunale di primo grado (v., in particolare, sentenza 29 aprile 2004, causa C‑470/00 P, Parlamento/Ripa di Meana e a., Racc. pag. I‑4167, punto 40 nonché giurisprudenza ivi richiamata).

69      Quanto all’argomento della ricorrente relativo all’asserita violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, si deve ricordare che il Tribunale, ai punti 309 e 310 della sentenza impugnata, ha ritenuto che la maggiorazione dell’ammenda inflitta alla SGL Carbon per aver avvertito altre imprese non sembrava sproporzionata o discriminatoria ed ha avallato la qualifica della Commissione di tali avvertimenti come atti di ostruzionismo della SGL Carbon intesi a dissimulare l’esistenza del cartello e come circostanza aggravante, tale da giustificare la maggiorazione dell’ammenda inflitta.

70      Tali valutazioni del Tribunale non sono inficiate da errori di diritto.

71      Dalla giurisprudenza emerge, infatti (v., segnatamente, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punti 240-242), che, mentre l’importo di base dell’ammenda è fissato in ragione dell’infrazione, la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di molti altri elementi, in ordine ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità. Il fatto di tener conto di circostanze aggravanti, in sede di fissazione delle ammende, risponde al compito della Commissione di garantire la conformità alle norme sulla concorrenza.

72      Il terzo motivo va dunque respinto in toto.

 Sul quarto motivo, attinente alla mancata presa in considerazione del limite massimo della sanzione, quale previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

 Argomenti delle parti

73      La SGL Carbon osserva che il Tribunale non ha riconosciuto che l’ammenda determinata dalla Commissione supera il limite massimo della sanzione, quale previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Il ragionamento del Tribunale a tal riguardo, inoltre, sarebbe inficiato da difetto di motivazione.

74      In primo luogo, la SGL Carbon fa valere un errore di valutazione del Tribunale con riguardo al volume d’affari preso in considerazione ai fini del calcolo delle ammende. Il Tribunale, infatti, non avrebbe risolto la questione se la Commissione avesse dovuto basarsi sul volume d’affari dell’esercizio 1999 ovvero su quello dell’esercizio 2000.

75      In secondo luogo, la SGL Carbon contesta al Tribunale la violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 nonché del principio nulla poena sine lege. Il Tribunale, infatti, non avrebbe tenuto conto del fatto che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in quanto disposizione sanzionatoria, deve rispettare il principio di legalità. Tale principio troverebbe applicazione sia con riguardo agli importi intermedi sia con riguardo all’importo definitivo della sanzione inflitta.

76      In terzo luogo, secondo la ricorrente il Tribunale avrebbe violato il principio di parità di trattamento. A tal riguardo, il Tribunale stesso avrebbe rilevato che la Commissione poteva prendere in considerazione vari elementi al fine di determinare l’importo definitivo dell’ammenda. Tuttavia, qualora la Commissione scelga un determinato metodo di calcolo, deve applicarlo in modo coerente e non discriminatorio.

77      La SGL Carbon deduce, infine, la violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE. Il Tribunale, infatti, avrebbe ignorato l’obbligo incombente alla Commissione di esporre le ragioni per cui l’istituzione non aveva operato una riduzione dell’ammenda nei confronti della ricorrente, che si trovava in una situazione comparabile a quella di un’altra impresa. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la decisione controversa avrebbe dovuto contenere la motivazione relativa alla riduzione dell’ammenda di cui ha beneficiato l’altra impresa.

78      Replicando a tutti gli argomenti formulati nel contesto del detto motivo, la Commissione fa valere che il Tribunale ha correttamente respinto gli argomenti posti a fondamento del motivo medesimo, i quali, peraltro, erano già stati dedotti in primo grado. Infatti, né l’importo definitivo dell’ammenda inflitta dalla Commissione, né quello ridotto dal Tribunale supererebbero il 10% del volume d’affari globale della ricorrente.

79      Secondo la Commissione, il Tribunale ha correttamente confermato la presa in considerazione del volume d’affari realizzato con i prodotti oggetto dell’intesa. L’istituzione precisa che tale volume d’affari era stato utilizzato, unitamente ad altri criteri di fatto, al fine di determinare la capacità della ricorrente di influire, mediante l’infrazione commessa, sul mercato degli elettrodi di grafite.

80      Con riguardo alla natura del tetto previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione rileva che, essendo considerevole il volume d’affari attualmente conseguito dalle grandi imprese multinazionali, solo un tetto flessibile, che tenga conto delle dimensioni dell’impresa, consente di verificare che le ammende inflitte in ragione di un’infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza producano un effetto dissuasivo. La detta disposizione, inoltre, sarebbe sufficientemente precisa al riguardo, in modo da consentire alle imprese destinatarie di determinare agevolmente l’importo dell’ammenda che possono conseguire.

 Giudizio della Corte

81      Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza (v., segnatamente, sentenze 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punti 117-119, e Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 257), il limite massimo del 10% previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 si riferisce al volume d’affari complessivo dell’impresa interessata, in quanto solo tale elemento offre un’indicazione quanto all’importanza ed all’influenza di un’impresa sul mercato.

82      Inoltre, dalla giurisprudenza emerge (v., in particolare, sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commisssione, cit., punti 592 e 593, e Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 278) che solo l’importo finale dell’ammenda inflitta deve rispettare tale limite. Di conseguenza, l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non vieta alla Commissione di pervenire, nel corso delle operazioni di calcolo intermedie, ad un importo superiore al detto limite, purché l’importo definitivo dell’ammenda inflitta non lo superi.

83      Quanto alla presente controversia, si deve rilevare che, come emerge dal punto 367 della sentenza impugnata, l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione rientra nel detto limite massimo.

84      Con riguardo all’argomento della ricorrente relativo ad una violazione, da parte del Tribunale, del principio di parità di trattamento e del suo obbligo di motivazione quanto all’importo dell’ammenda, è sufficiente rilevare che, come il Tribunale ha correttamente rilevato ai punti 367-370 della sentenza impugnata, la Commissione è abilitata a determinare tale importo in funzione di molteplici elementi, tenendo conto, in particolare, della gravità e della durata delle infrazioni commesse, nonché delle caratteristiche di ogni impresa che fa parte di un cartello.

85      Ne consegue che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale relativo al metodo di calcolo delle ammende, la Commissione è tenuta ad effettuare valutazioni individuali ai fini dell’applicazione di tale metodo alle singole imprese.

86      Da tutte le suesposte considerazioni discende quindi che il Tribunale ha correttamente ritenuto che, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda di cui trattasi, la posizione della ricorrente non era analoga a quella di altre imprese e che, pertanto, la Commissione aveva applicato il metodo di calcolo dell’ammenda controversa in modo coerente e non discriminatorio.

87      Il quarto motivo va pertanto respinto.

 Sul quinto motivo, attinente alla violazione del diritto alla difesa

 Argomenti delle parti

88      Secondo la SGL Carbon, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere che la Commissione avesse consentito un sufficiente accesso agli atti della pratica.

89      La ricorrente sottolinea che le affermazioni del Tribunale al riguardo sono contraddittorie in quanto, da una parte, il Tribunale ha rilevato che la Commissione aveva acclarato che i documenti relativi alla cooperazione delle imprese non facevano parte dei suoi atti interni, bensì degli atti istruttori ai quali le imprese avevano accesso e, dall’altra, ha rilevato che i documenti interni contenevano informazioni pertinenti per la difesa della ricorrente, dal momento che riguardavano la collaborazione delle imprese e che incidevano, effettivamente, sulla determinazione dell’ammenda.

90      Secondo la SGL Carbon, il Tribunale avrebbe parimenti a torto affermato che il consigliere-uditore è tenuto a comunicare al collegio dei membri della Commissione solamente le censure rilevanti ai fini della valutazione della legittimità dello svolgimento del procedimento amministrativo, vale a dire solo le censure fondate.

91      La Commissione fa valere che l’argomento secondo cui la ricorrente non avrebbe goduto di un sufficiente accesso agli atti è irricevibile, dal momento che esso non verte su un punto di diritto, bensì su constatazioni in fatto compiute dal Tribunale. Orbene, la Corte non sarebbe competente quanto all’esame di tali rilievi, né delle prove assunte dal Tribunale a fondamento dei fatti medesimi. In ogni caso, il motivo dedotto sarebbe infondato.

92      La Commissione ricorda che la ricorrente stessa ha riconosciuto di aver partecipato all’intesa sugli elettrodi di grafite, che il Tribunale ha dichiarato che la SGL Carbon era stata uno dei membri del cartello e che la detta impresa aveva riconosciuto l’infrazione. La ricorrente non solo non avrebbe messo in discussione le affermazioni effettuate dalla Commissione al riguardo nella decisione controversa, ma avrebbe anche beneficiato delle norme della comunicazione sulla cooperazione.

93      La Commissione, infine, osserva che l’argomento della ricorrente relativo alla relazione del consigliere-uditore deve essere respinto in quanto irricevibile, non sussistendo nuovi elementi al riguardo.

 Giudizio della Corte

94      Occorre ricordare che il rispetto del diritto alla difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’inflizione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (v., in particolare, sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I‑10821, punto 30).

95      Quanto all’argomento della ricorrente relativo all’accesso agli atti della pratica, è sufficiente rilevare che quest’ultima non fa valere una questione di diritto, ma si fonda su rilievi in fatto. Orbene, il Tribunale ha accertato, ai punti 39-41 della sentenza impugnata, che la domanda di accesso di cui trattasi non aveva ad oggetto un elenco ovvero una sintesi non confidenziale di documenti. Inoltre, le valutazioni operate dal Tribunale ai detti punti della sentenza impugnata, relative al trattamento di taluni documenti nel corso della procedura amministrativa, non sono contraddittorie.

96      Con riguardo all’argomento della ricorrente relativo alla relazione definitiva del consigliere-uditore, è sufficiente rilevare che quest’ultimo, all’epoca pertinente, non era tenuto a verificare se la classificazione dei documenti interni fosse o meno corretta e se la Commissione fosse tenuta a concedere l’accesso ai suoi documenti interni ovvero a fornire un elenco o una sintesi di documenti confidenziali.

97      Infatti, secondo costante giurisprudenza, la mera assenza di comunicazione di un documento costituisce una violazione del diritto di difesa solo se l’impresa interessata può dimostrare, in primo luogo, che la Commissione si è fondata su tale documento al fine di supportare la propria censura relativa all’esistenza di un’infrazione e, in secondo luogo, che tale censura poteva essere provata solo mediante riferimento al documento medesimo (v., in particolare, sentenze 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punti 24-30, e 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punti 7‑9).

98      La Corte ha parimenti precisato a tal riguardo che all’impresa interessata spetta dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella decisione controversa sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato all’impresa medesima sul quale la Commissione si è basata per accertare l’infrazione (v. sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 73).

99      Da tutte le suesposte considerazioni risulta che nemmeno le valutazioni del Tribunale relative alla relazione del consigliere-uditore, di cui ai punti 50-54 della sentenza impugnata, presentano errori di diritto.

100    Il quinto motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul sesto motivo, attinente alla mancata presa in considerazione della capacità contributiva della ricorrente

 Argomenti delle parti

101    La SGL Carbon deduce che il Tribunale, ai punti 370-372 della sentenza impugnata, non ha tenuto conto del fatto che la ricorrente ha visto la propria capacità contributiva considerevolmente indebolita dalle elevate ammende inflitte da altre autorità di regolamentazione della concorrenza nonché dai considerevoli risarcimenti dei danni e dagli interessi che ha dovuto versare in Stati terzi. Di conseguenza, l’imposizione di un’altra ammenda di importo considerevole condurrebbe l’impresa alle soglie del fallimento.

102    Secondo la ricorrente, nell’avallare l’approccio della Commissione al riguardo, il Tribunale avrebbe violato il principio di proporzionalità nonché la tutela dei diritti dell’impresa che discendono dalla libera iniziativa economica e dalla tutela del diritto di proprietà. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la Commissione sarebbe stata tenuta a esaminare e prendere in considerazione la capacità contributiva della ricorrente.

103    La Commissione ritiene di aver esercitato correttamente il potere discrezionale di cui gode al fine di determinare l’importo dell’ammenda e che non vi era alcuna ragione per ridurre l’importo dell’ammenda inflitta.

104    La Commissione aggiunge che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto nel ritenere di non essere obbligato, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda controversa, a tener conto della situazione finanziaria dell’impresa interessata e della sua capacità contributiva.

 Giudizio della Corte

105    Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato (v. sentenze 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punti 54 e 55, nonché Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 327).

106    Occorre parimenti rilevare che tale giurisprudenza non è affatto rimessa in discussione dal punto 5, lett. b), degli orientamenti, ai sensi del quale occorre prendere in considerazione la capacità contributiva reale di un’impresa. Infatti, tale capacità assume rilievo soltanto nel suo «contesto sociale particolare», costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda comporterebbe, in particolare, in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte ed a valle dell’impresa interessata.

107    Orbene, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento tale da fondare l’esistenza di un siffatto contesto.

108    Con riguardo all’argomento della ricorrente relativo alla libertà di iniziativa economica e al diritto di proprietà, è sufficiente rilevare che tali principi sono soggetti a limiti di interesse generale e che essi non possono essere presi in considerazione nel contesto della fissazione di un’ammenda per violazioni del diritto comunitario della concorrenza.

109    Ciò premesso, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la Commissione non fosse incorsa in alcun errore di diritto nel respingere il motivo attinente alla precaria situazione finanziaria della ricorrente.

110    Il sesto motivo deve essere pertanto respinto.

 Sul settimo motivo, attinente all’illegittimità della fissazione degli interessi di mora

 Argomenti delle parti

111    Secondo la SGL Carbon, il Tribunale non ha esaminato l’argomento relativo alla fissazione del tasso degli interessi di mora. La sentenza sarebbe, pertanto, incompleta e non potrebbe legittimare il rigetto del motivo dedotto in proposito.

112    La Commissione osserva che il Tribunale ha correttamente confermato la decisione relativa agli interessi di mora e che ha motivato in modo circostanziato le relative valutazioni. Il Tribunale, in particolare, avrebbe richiamato la costante giurisprudenza relativa al potere della Commissione di determinare tali interessi.

 Giudizio della Corte

113    Occorre ricordare che il Tribunale, nel rispondere al motivo dedotto, ha fatto riferimento, ai punti 475 e 478 della sentenza impugnata, alla giurisprudenza consolidata secondo cui i poteri di cui la Commissione è investita in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 comprendono la facoltà di determinare la data di esigibilità delle ammende e quella relativa al decorso degli interessi di mora, nonché di fissare il tasso di tali interessi e di stabilire dettagliatamente le modalità di esecuzione della sua decisione.

114    In assenza di tale potere della Commissione, infatti, le imprese potrebbero essere messe in condizione di trarre vantaggio dal ritardo nel pagamento, indebolendo così l’effetto delle sanzioni.

115    Il Tribunale, pertanto, ha correttamente ritenuto che la Commissione potesse legittimamente adottare un valore di riferimento più elevato del tasso medio di mercato, offerto a un operatore medio, nella misura necessaria per scoraggiare comportamenti dilatori con riguardo al pagamento dell’ammenda.

116    Il Tribunale ha concluso, infine, che la Commissione non aveva oltrepassato il suo potere discrezionale nel fissare il tasso di interesse contestato.

117    Si deve rilevare che tali valutazioni del Tribunale non sono inficiate da qualsivoglia errore in diritto.

118    Il settimo motivo deve pertanto essere respinto.

119    Dalle considerazioni che precedono risulta che il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado dev’essere respinto integralmente.

 Sulle spese

120    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto dell’art. 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo la SGL Carbon rimasta soccombente e avendone la Commissione chiesto la condanna alle spese, essa dev’essere pertanto condannata alle spese del presente giudizio.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La SGL Carbon AG è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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