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Document 62004CJ0170

    Sentenza della Corte (grande sezione) del 5 giugno 2007.
    Klas Rosengren e altri contro Riksåklagaren.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Högsta domstolen - Svezia.
    Libera circolazione delle merci -Artt. 28 CE, 30 CE e 31 CE - Normativa nazionale recante divieto per i privati di importare bevande alcoliche - Norma relativa all’esistenza e al funzionamento del monopolio svedese sul commercio delle bevande alcoliche -Valutazione - Misura contrastante con l’art. 28 CE - Giustificazione in base alla tutela della salute e della vita delle persone - Controllo della proporzionalità.
    Causa C-170/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-04071

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:313

    Causa C-170/04

    Rosengren e altri

    contro

    Riksåklagaren

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Högsta domstolen)

    «Libera circolazione delle merci — Artt. 28 CE, 30 CE e 31 CE – Normativa nazionale recante divieto per i privati di importare bevande alcoliche — Norma relativa all’esistenza e al funzionamento del monopolio svedese sul commercio delle bevande alcoliche — Valutazione — Misura contrastante con l’art. 28 CE — Giustificazione in base alla tutela della salute e della vita delle persone — Controllo della proporzionalità»

    Conclusioni dell’avvocato generale A. Tizzano, presentate il 30 marzo 2006 

    Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 30 novembre 2006 

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) 5 giugno 2007 

    Massime della sentenza

    1.     Monopoli nazionali a carattere commerciale — Disposizioni del Trattato — Ambito di applicazione

    (Artt. 28 CE e 31 CE)

    2.     Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative — Nozione

    (Art. 28 CE)

    3.     Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative

    (Artt. 28 CE e 30 CE)

    1.     Le norme relative all’esistenza e al funzionamento di un monopolio nazionale al quale è stato conferito un diritto di esclusiva per la vendita al dettaglio delle bevande alcoliche nel territorio di uno Stato membro devono essere esaminate alla luce delle disposizioni dell’art. 31 CE, specificamente applicabili all’esercizio, da parte di un monopolio nazionale di natura commerciale, dei suoi diritti di esclusiva. Invece, l’incidenza sugli scambi intracomunitari delle altre disposizioni della legge nazionale che istituisce tale monopolio, che sono scindibili dal funzionamento del monopolio pur avendo un’incidenza su quest’ultimo, dev’essere esaminata alla luce dell’art. 28 CE.

    Una disposizione nazionale che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, contenuta in una legge che ha anche istituito un monopolio di carattere commerciale la cui funzione specifica consiste nel riservare a quest’ultimo l’esclusiva nello Stato membro della vendita al dettaglio di bevande alcoliche ai consumatori, fatta eccezione per il settore della ristorazione, mentre tale esclusiva non si estende alle importazioni di tali bevande, non riguarda l’esercizio da parte del monopolio della sua funzione specifica e non può pertanto essere considerata relativa all’esistenza stessa di quest’ultimo. Una siffatta misura di divieto non disciplina veramente neanche il funzionamento del monopolio, poiché non si riferisce alle modalità della vendita al dettaglio delle bevande alcoliche nel territorio dello Stato membro interessato. Ne consegue che un divieto del genere deve essere valutato alla luce dell’art. 28 CE e non dell’art. 31 CE.

    (v. punti 16-18, 20, 22, 24, 27, dispositivo 1)

    2.     Una norma contenuta in una legge nazionale che ha istituito un monopolio di carattere commerciale che vieta ai privati di importare bevande alcoliche direttamente, senza provvedere personalmente al loro trasporto, costituisce una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell’art. 28 CE anche se la detta legge incarica il titolare del monopolio di vendita al dettaglio di fornire le bevande di cui trattasi e dunque, se necessario, di importarle su richiesta, giacché i consumatori, quando si rivolgono al titolare del monopolio per procurarsi bevande alcoliche da importare, si trovano ad affrontare diversi inconvenienti cui non dovrebbero far fronte ove procedessero essi stessi a tale importazione.

    (v. punti 33-34, 36, dispositivo 2)

    3.     Una misura nazionale che vieti ai privati di importare bevande alcoliche non può essere considerata giustificata, in forza dell’art. 30 CE, da motivi di tutela della salute e della vita delle persone, qualora sia inadatta a conseguire l’obiettivo di limitare in generale il consumo di alcol, poiché, secondo la legge nazionale, il consumatore può sempre chiedere al titolare del monopolio di fornirgli questi prodotti, e sia sproporzionata ai fini del conseguimento dell’obiettivo di proteggere i più giovani dalle conseguenze nocive del detto consumo.

    A tale riguardo, poiché un divieto del genere costituisce una deroga al principio della libera circolazione delle merci, incombe alle autorità nazionali l’onere di dimostrare che esso è conforme al principio di proporzionalità, ossia è necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e che quest’ultimo non potrebbe essere raggiunto attraverso divieti o limitazioni di minore portata o che colpiscano in minor misura il commercio intracomunitario. Orbene, un divieto d’importazione che si applica a tutti, a prescindere dall’età, eccede manifestamente quanto necessario alla luce dell’obiettivo perseguito volto alla tutela dei più giovani dalle conseguenze nocive del consumo di alcol.

    (v. punto 45, 50-51, 58, dispositivo 3)







    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    5 giugno 2007 (*)

    «Libera circolazione delle merci – Artt. 28 CE, 30 CE e 31 CE – Normativa nazionale recante divieto per i privati di importare bevande alcoliche – Norma relativa all’esistenza e al funzionamento del monopolio svedese sul commercio delle bevande alcoliche – Valutazione – Misura contrastante con l’art. 28 CE – Giustificazione in base alla tutela della salute e della vita delle persone – Controllo della proporzionalità»

    Nel procedimento C‑170/04,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Högsta domstolen (Svezia), con ordinanza 26 marzo 2004, pervenuta in cancelleria il 6 aprile 2004, nella causa tra

    Klas Rosengren,

    Bengt Morelli,

    Hans Särman,

    Mats Åkerström,

    Åke Kempe,

    Anders Kempe,

    Mats Kempe,

    Björn Rosengren,

    Martin Lindberg,

    Jon Pierre,

    Tony Staf

    e

    Riksåklagaren,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta dal sig. P. Jann, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas, R. Schintgen, J. Klučka, presidenti di sezione, dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. M. Ilešič, J. Malenovský (relatore), U. Lõhmus, E. Levits, A. Ó Caoimh e L. Bay Larsen, giudici,

    avvocato generale: sig. A. Tizzano, in seguito sig. P. Mengozzi

    cancelliere: sig.ra C. Strömholm, in seguito sig. J. Swedenborg, amministratori

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 30 novembre 2005,

    considerate le osservazioni presentate:

    –       per i sigg. K. Rosengren, B. Morelli, H. Särman, M. Åkerström, Å. Kempe, A. Kempe, M. Kempe, B. Rosengren, M. Lindberg, J. Pierre e T. Staf, dal sig. C. von Quitzow, juris doktor, e dal sig. U. Stigare, advokat;

    –       per il governo svedese, dal sig. A. Kruse e dalla sig.ra K. Wistrand, in qualità di agenti;

    –       per il governo finlandese, dalla sig.ra A. Guimaras-Purokoski, in qualità di agente;

    –       per il governo norvegese, dal sig. T. Nordby e dalla sig.ra I. Djupvik, in qualità di agenti;

    –       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra L. Ström van Lier e dal sig. A. Caeiros, in qualità di agenti;

    –       per l’Autorità di vigilanza AELS, dai sigg. N. Fenger e A.T. Andersen, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale Tizzano, presentate all’udienza del 30 marzo 2006,

    vista l’ordinanza di riapertura della fase orale del 14 giugno 2006 e in seguito alla trattazione orale del 19 settembre 2006,

    considerate le osservazioni presentate:

    –       per i sigg. K. Rosengren, B. Morelli, H. Särman, M. Åkerström, Å. Kempe, A. Kempe, M. Kempe, B. Rosengren, M. Lindberg, J. Pierre e T. Staf, dal sig. C. von Quitzow, juris doktor, e dal sig. U. Stigare, advokat;

    –       per il governo svedese, dal sig. A. Kruse e dalla sig.ra K. Wistrand, in qualità di agenti;

    –       per il governo finlandese, dalle sig.re A. Guimaras‑Purokoski e E. Bygglin, in qualità di agenti;

    –       per il governo norvegese, dal sig. T. Nordby, nonché dalle sig.re I. Djupvik e K. Fløistad, in qualità di agenti;

    –       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra L. Ström van Lier e dal sig. A. Caeiros, in qualità di agenti;

    –       per l’Autorità di vigilanza AELS, dai sigg. N. Fenger e A.T. Andersen, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi, presentate all’udienza del 30 novembre 2006,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 28 CE, 30 CE e 31 CE.

    2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede i sigg. K. Rosengren, B. Morelli, H. Särman, M. Åkerström, Å. Kempe, A. Kempe, M. Kempe, B. Rosengren, M. Lindberg, J. Pierre e T. Staf contrapposti al Riksåklagaren (procuratore del Regno) in merito alla confisca di casse di vino che sarebbero state importate in violazione della legge 16 dicembre 1994 sulle bevande alcoliche (alkohollagen) (SFS 1994, n. 1738; in prosieguo: la «legge sull’alcol»).

     Contesto normativo nazionale

    3       Nel suo capitolo 1, intitolato «Disposizioni preliminari», la legge sull’alcol dispone che essa si applica alla produzione, alla promozione pubblicitaria e all’importazione di bevande alcoliche, nonché allo smercio di tali prodotti.

    4       Ai sensi dell’art. 8 di tale capitolo 1:

    «(…) Si intende per vendita ogni forma di fornitura di bevande dietro corrispettivo.

    La vendita al consumatore è chiamata vendita al dettaglio o, se riguarda il consumo sul posto, un servizio nell’ambito della ristorazione. Ogni altra vendita è designata con l’espressione “commercio all’ingrosso”».

    5       Il capitolo 4 della legge sull’alcol, intitolato «Commercio all’ingrosso», dispone, agli artt. 1 e 2 quanto segue:

    «Articolo 1 – Il commercio all’ingrosso di bevande alcoliche, di vino o di birra forte può essere esercitato unicamente dai depositari autorizzati o dagli operatori registrati in quanto destinatari di merci di tale natura in conformità degli artt. 9 o 12 della legge relativa all’imposta sull’alcol [del 15 dicembre 1994 (SFS 1994, n. 1564)]. Ne consegue che il diritto ad esercitare il commercio all’ingrosso si applica unicamente alla bevanda oggetto dell’autorizzazione di deposito o della registrazione in quanto destinatario conformemente alle disposizioni della legge relativa all’imposta sull’alcol.

    Oltre ai casi previsti dalle disposizioni del primo comma, il commercio all’ingrosso delle bevande alcoliche, del vino e della birra forte può essere esercitato dalla società di vendita al dettaglio in conformità con le disposizioni del capitolo 5, art. 1, terzo comma.

    Fatte salve le disposizioni del primo comma, i titolari di un’autorizzazione di spaccio possono vendere individualmente le merci oggetto di detta autorizzazione alle persone autorizzate a praticare il commercio all’ingrosso di dette merci.

    Articolo 2 – Le bevande alcoliche, il vino e la birra forte possono essere importati in Svezia unicamente dai soggetti autorizzati, conformemente all’art. 1, primo comma, a esercitare il commercio all’ingrosso di dette merci, nonché dalla società di vendita al dettaglio al fine di rispettare l’obbligo ad essa incombente in forza del capitolo 5, art. 5.

    Fatte salve le disposizioni del primo comma, le bevande alcoliche, il vino e la birra forte possono essere importati:

    (…)

    2.      da viaggiatori di almeno venti anni d’età o da persone che lavorino su un mezzo di trasporto e che abbiano raggiunto tale età, per il loro consumo personale o quello della loro famiglia, o a titolo di dono per un parente, per il consumo personale di questi o quello della sua famiglia;

    (…).

    4.      da privati, o da un corriere professionista che agisca per conto di questi, aventi almeno venti anni d’età, che si rechino in Svezia, qualora le bevande siano destinate al loro consumo personale o a quello della loro famiglia;

    5.      da privati, o da un corriere professionista che agisca per conto di questi, aventi almeno venti anni d’età, che abbiano ricevuto le bevande a titolo di successione, qualora siano destinate al loro consumo personale o a quello della loro famiglia;

    6.      a titolo di singolo dono inviato mediante corriere professionista da un privato residente in un altro paese ad un privato residente in Svezia, avente almeno venti anni d’età, per il suo consumo personale o quello della sua famiglia.

    (…)».

    6       Al capitolo 5, intitolato «Vendita al dettaglio», la legge sull’alcol incarica una società pubblica, appositamente costituita, di provvedere alla vendita al dettaglio in Svezia di vino, birra forte e bevande alcoliche. La società designata a tale scopo è la Systembolaget Aktiebolag (in prosieguo: la «Systembolaget»), società per azioni interamente controllata dello Stato svedese.

    7       L’attività, la gestione e le modalità di controllo di tale società sono stabilite mediante una convenzione stipulata con lo Stato.

    8       L’art. 5 del medesimo capitolo 5 così dispone:

    «Gli alcolici, il vino o la birra forte non detenuti in deposito saranno acquistati su richiesta, sempre che la società di vendita al dettaglio non vi opponga obiezioni».

    9       Al capitolo 10 della legge sull’alcol, l’art. 10 prevede che le importazioni illecite di bevande alcoliche siano sanzionate in conformità con la legge sul contrabbando (lagen om straff för smuggling) del 30 novembre 2000 (SFS 2000, n. 1225), la quale prevede che il vino importato fraudolentemente dev’essere confiscato a meno che siffatta misura non sia manifestamente sproporzionata.

     Controversia nella causa principale e questioni pregiudiziali

    10     I ricorrenti nella causa principale hanno ordinato, per corrispondenza e senza intermediario, a partire dal proprio luogo di residenza in Svezia, casse di bottiglie di vino prodotto in Spagna.

    11     Tali casse, introdotte in Svezia senza essere state dichiarate in dogana, sono state confiscate in quanto oggetto di un’importazione illecita ai sensi della legge sull’alcol.

    12     Con sentenza 3 gennaio 2002, il Göteborgs tingsrätt (tribunale di primo grado di Göteborg) ha convalidato la confisca delle merci. Lo Hovrätten för Västra Sverige (Corte d’appello della Svezia occidentale) ha respinto l’appello proposto dai ricorrenti nella causa principale contro tale sentenza.

    13     I ricorrenti nella causa principale hanno quindi presentato ricorso in cassazione dinanzi allo Högsta domstolen (Corte suprema). Quest’ultimo ha ritenuto che la sua decisione dipendesse dalla compatibilità della normativa svedese con il Trattato CE, in quanto si trattava del divieto di principio, imposto ad ogni residente, di importare direttamente bevande alcoliche nel territorio svedese, senza effettuare personalmente il trasporto.

    14     Alla luce di quanto sopra, lo Högsta domstolen ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se il divieto delle importazioni [dirette, mediante ordinazioni di privati,] possa essere considerato facente parte del sistema di funzionamento del monopolio della vendita al dettaglio e se, per tale motivo, debba essere ammesso ai sensi dell’art. 28 CE e se possa essere valutato solamente riguardo all’art. 31 CE.

    2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione, se detto divieto (…) sia compatibile con le condizioni previste dall’art. 31 CE, relative ai monopoli nazionali a carattere commerciale.

    3)      In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’art. 28 CE debba essere interpretato nel senso che osta in via di principio a [detto divieto], nonostante l’obbligo per la Systembolaget di acquistare su richiesta le bevande alcoliche che non detenga in deposito.

    4)      In caso di soluzione affermativa della terza questione, se tale divieto (…) possa essere considerato giustificato e proporzionato ai fini della tutela della salute e della vita delle persone».

     Sulle questioni pregiudiziali

     Sulla prima questione

    15     Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, per verificarne la compatibilità con il diritto comunitario, una disposizione nazionale che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sull’alcol, debba essere valutata alla luce dell’art. 31 CE, relativo ai monopoli nazionali che presentano un carattere commerciale, o dell’art. 28 CE, che vieta ogni restrizione quantitativa alle importazioni o ogni misura di effetto equivalente.

    16      È pacifico che la misura nazionale controversa nella causa principale costituisce una delle disposizioni della legge sull’alcol, la quale ha anche istituito un monopolio di carattere commerciale, cui è stato attribuito un diritto di esclusiva per la vendita al dettaglio di bevande alcoliche in Svezia. Tale monopolio è stato affidato alla Systembolaget.

    17     Tenendo conto della giurisprudenza della Corte, occorre esaminare le norme relative all’esistenza e al funzionamento di detto monopolio alla luce delle disposizioni dell’art. 31 CE, specificamente applicabili all’esercizio, da parte di un monopolio nazionale di natura commerciale, dei suoi diritti di esclusiva (v. sentenze 17 febbraio 1976, causa 91/75, Miritz, Racc. pag. 217, punto 5; 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, cosiddetta «Cassis de Dijon», Racc. pag. 649, punto 7; 13 marzo 1979, causa 91/78, Hansen, Racc. pag. 935, punti 9 e 10; 14 dicembre 1995, causa C‑387/93, Banchero, Racc. pag. I‑4663, punto 29, e 23 ottobre 1997, causa C‑189/95, Franzén, Racc. pag. I‑5909, punto 35).

    18     Invece, l’incidenza sugli scambi intracomunitari delle altre disposizioni della legge nazionale, che sono scindibili dal funzionamento del monopolio pur avendo un’incidenza su quest’ultimo, dev’essere esaminata alla luce dell’art. 28 CE (v. sentenza Franzén, cit. supra, punto 36).

    19     È pertanto importante verificare se la misura di divieto oggetto della causa principale costituisca una norma relativa all’esistenza o al funzionamento del monopolio.

    20     Si deve rammentare, anzitutto, che la funzione specifica assegnata al monopolio dalla legge sull’alcol consiste nel riservare a quest’ultimo l’esclusiva in Svezia della vendita al dettaglio di bevande alcoliche ai consumatori, fatta eccezione per il settore della ristorazione. È pacifico che tale esclusiva non si estende alle importazioni di dette bevande.

    21     Anche se, nel regolamentare l’importazione delle bevande alcoliche nel territorio del Regno di Svezia, la misura controversa nella causa principale incide sulla libera circolazione delle merci in seno alla Comunità europea, essa non disciplina, in quanto tale, l’esercizio, da parte di tale monopolio, del suo diritto di esclusiva per la vendita al dettaglio delle bevande alcoliche nel territorio svedese.

    22     Tale misura, la quale non riguarda dunque l’esercizio da parte del monopolio della sua funzione specifica, non può pertanto essere considerata relativa all’esistenza stessa di quest’ultimo.

    23     Risulta poi dagli elementi forniti alla Corte che, in applicazione del capitolo 5, art. 5, della legge sull’alcol, la Systembolaget è tenuta, in linea di principio, ad importare qualsiasi bevanda alcolica su richiesta e a spese del consumatore. Pertanto, il divieto per i privati di importare bevande alcoliche, derivante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sull’alcol, consegue l’effetto di dirigere così verso il monopolio i consumatori che intendono acquistare siffatte bevande e può, a tale titolo, avere un’incidenza sul funzionamento di detto monopolio.

    24     Tuttavia, una siffatta misura di divieto non disciplina veramente il funzionamento del monopolio poiché essa non si riferisce alle modalità della vendita al dettaglio delle bevande alcoliche nel territorio svedese. In particolare, essa non mira a disciplinare né il sistema di scelta dei prodotti da parte del monopolio, né la sua rete di vendita, né l’organizzazione della commercializzazione o della pubblicità dei prodotti distribuiti da detto monopolio.

    25     Inoltre, tale misura discende dalle disposizioni della legge sull’alcol incluse nel suo capitolo 4 dedicato al commercio all’ingrosso. La Corte ha già considerato che le norme di tale capitolo, le quali riservano le importazioni di bevande alcoliche ai titolari di licenze di commercio all’ingrosso, non rientravano tra le misure che disciplinano il funzionamento del monopolio (v., in tal senso, sentenza Franzén, cit. supra, punti 34, 67 e 70).

    26     Di conseguenza, un simile divieto non può essere considerato come una norma relativa all’esistenza o al funzionamento del monopolio. Ai fini della verifica della compatibilità di una siffatta misura con il diritto comunitario, in particolare con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, l’art. 31 CE è, quindi, privo di pertinenza.

    27     Di conseguenza si deve risolvere la prima questione nel senso che una disposizione nazionale che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sull’alcol, deve essere valutata alla luce dell’art. 28 CE e non dell’art. 31 CE.

     Sulla seconda questione

    28     La seconda questione è proposta soltanto nel caso in cui la Corte consideri che il divieto controverso nella causa principale debba essere valutato con riferimento all’art. 31 CE.

    29     Alla luce della soluzione fornita alla prima questione, non occorre esaminare tale seconda questione.

     Sulla terza questione

    30     Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se una misura che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dalla legge sull’alcol, costituisca una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell’art. 28 CE, anche se la detta legge incarica il titolare del monopolio sulla vendita al dettaglio di fornire, e dunque, se necessario, di importare, su richiesta, le bevande di cui trattasi.

    31     Occorre ricordare al riguardo che la libera circolazione delle merci è un principio fondamentale del Trattato che trova la sua espressione nel divieto, sancito all’art. 28 CE, delle restrizioni quantitative all’importazione tra gli Stati membri nonché di ogni misura di effetto equivalente (sentenza 10 gennaio 2006, causa C‑147/04, De Groot en Slot Allium e Bejo Zaden, Racc. pag. I‑245, punto 70).

    32     Il divieto delle misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative, enunciato all’art. 28 CE, riguarda qualsiasi normativa degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5; 23 settembre 2003, causa C‑192/01, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑9693, punto 39; 2 dicembre 2004, causa C‑41/02, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑11375, punto 39, e De Groot en Slot Allium e Bejo Zaden, cit. supra, punto 71).

    33     Nel caso di specie occorre anzitutto rilevare che le stesse disposizioni del capitolo 5, art. 5, della legge sull’alcol, nella loro versione in vigore all’epoca dei fatti della causa principale, accordavano alla Systembolaget la facoltà di opporsi alla richiesta di un consumatore volta ad ottenere la fornitura e, dunque, se necessario, l’importazione di bevande non figuranti nell’assortimento proposto dal monopolio. Pertanto, costituisce una restrizione quantitativa alle importazioni il divieto per i privati di importare in Svezia bevande di tal genere direttamente, senza provvedere personalmente al loro trasporto, divieto non compensato da un obbligo, incombente in ogni caso al monopolio, di importarle qualora gli interessati lo richiedano.

    34     Infatti, e indipendentemente dalla facoltà rammentata al punto precedente, è pacifico che i consumatori, quando si rivolgono alla Systembolaget per procurarsi bevande alcoliche da importare, si trovano ad affrontare diversi inconvenienti cui non dovrebbero far fronte ove procedessero essi stessi a tale importazione.

    35     In particolare, risulta, alla luce delle informazioni fornite durante la fase scritta e in udienza, che i consumatori interessati devono compilare un ordinativo in un negozio del monopolio, tornare per firmarlo nel momento in cui l’offerta del fornitore è stata accettata e in seguito ritirare i prodotti dopo la loro importazione. Un siffatto ordinativo è inoltre accettato unicamente se ha ad oggetto una quantità minima di bottiglie da importare. Il consumatore non ha il controllo sulle condizioni di trasporto né sulle modalità d’imballaggio delle bevande ordinate e non può scegliere il tipo di bottiglie che desidera ordinare. Risulta inoltre che, per ogni importazione, il prezzo richiesto all’acquirente comprende, oltre al costo delle bevande fatturato dal fornitore, il rimborso delle spese amministrative e di trasporto sostenute dalla Systembolaget, nonché un margine del 17% che non sarebbe in linea di principio a carico dell’acquirente se egli importasse direttamente tali prodotti.

    36     Pertanto, si deve risolvere la terza questione nel senso che una misura che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sull’alcol, costituisce una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell’art. 28 CE anche se la detta legge incarica il titolare del monopolio di vendita al dettaglio di fornire le bevande di cui trattasi e dunque, se necessario, di importarle su richiesta.

     Sulla quarta questione

    37     Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se una misura che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sull’alcol, possa essere considerata giustificata, in forza dell’art. 30 CE, da motivi di tutela della salute e della vita delle persone.

    38     È certo che misure che costituiscono restrizioni quantitative alle importazioni ai sensi dell’art. 28 CE possono essere giustificate, in particolare, come previsto dall’art. 30 CE, da motivi di tutela della salute e della vita delle persone (v., in tal senso, sentenza Franzén, cit. supra, punto 75).

    39     Secondo una giurisprudenza costante, tra i beni o gli interessi protetti dall’art. 30 CE, la salute e la vita delle persone occupano il primo posto e spetta agli Stati membri, entro i limiti imposti dal Trattato, stabilire il livello al quale essi intendono assicurarne la tutela (v. sentenza 11 dicembre 2003, causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband, Racc. pag. I‑14887, punto 103 e giurisprudenza citata).

    40     La Corte ha già dichiarato che una normativa avente come obiettivo di orientare il consumo di alcol in modo da prevenire gli effetti dannosi causati dalle sostanze alcoliche alla salute delle persone e alla società e mirante quindi a combattere l’abuso di alcol risponde a preoccupazioni di salute e di ordine pubblico riconosciute dall’art. 30 CE (v. sentenza 28 settembre 2006, causa C‑434/04, Ahokainen e Leppik, Racc. pag. I‑9171, punto 28).

    41     È nondimeno necessario, come impone l’art. 30 CE, che la misura di cui trattasi non costituisca un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.

    42     Su tale punto occorre osservare che nessun elemento a disposizione della Corte consente di ritenere che le ragioni di sanità pubblica invocate dalle autorità svedesi, alle condizioni precisate ai punti 44 e 48 della presente sentenza, siano state distolte dal loro fine e usate in maniera da creare discriminazioni nei confronti di merci originarie di altri Stati membri o da proteggere indirettamente taluni prodotti nazionali (sentenza 8 marzo 2001, causa C‑405/98, Gourmet International Products, Racc. pag. I‑1795, punto 32 e giurisprudenza citata).

    43     Inoltre, una normativa o una prassi nazionale che può avere un effetto restrittivo o che ha un simile effetto sulle importazioni è compatibile con il Trattato solo se è necessaria per un’efficace tutela della salute e della vita delle persone. Una normativa o una prassi nazionale non fruisce della deroga di cui all’art. 30 CE qualora la salute e la vita delle persone possano venire protette in modo altrettanto efficace con provvedimenti meno restrittivi per gli scambi intracomunitari (v., in tal senso, sentenza Deutscher Apothekerverband, cit. supra, punto 104).

    44     A tale proposito il governo svedese intende anzitutto giustificare la misura di divieto controversa nella causa principale con la necessità di limitare in generale il consumo di alcol.

    45     Si deve tuttavia constatare che, se è vero che il divieto ai privati di importare direttamente bevande alcoliche riduce le fonti di offerta al consumatore e può contribuire, in una certa misura, a causa della difficoltà di approvvigionamento, a prevenire gli effetti nocivi di dette bevande, è nondimeno vero che, ai sensi del capitolo 5, art. 5, della legge sull’alcol, il consumatore può sempre chiedere alla Systembolaget di fornirgli tali prodotti.

    46     È vero che, come emerge dal punto 33 della presente sentenza, ai sensi del capitolo 5, art. 5, della legge sull’alcol, nella sua versione in vigore all’epoca dei fatti della causa principale, l’obbligo di fornire bevande alcoliche su ordinazione era associato alla facoltà, per la Systembolaget, di opporsi a tale ordinazione. Tuttavia, detto articolo non precisava su quali motivi poteva basarsi un’opposizione del genere. Non risulta, in ogni caso, dagli elementi d’informazione di cui dispone la Corte che la Systembolaget abbia, in pratica, rifiutato una siffatta fornitura in considerazione di un determinato limite quantitativo massimo di alcol ordinato o almeno di un limite massimo di tale tipo per le bevande a maggiore gradazione alcolica.

    47     Pertanto, il divieto ai privati di importare direttamente bevande alcoliche appare come un modo di privilegiare un canale di distribuzione di tali prodotti, centralizzando, verso la Systembolaget, la domanda di bevande da importare. Per contro, in considerazione dell’obiettivo asserito, cioè la limitazione generale del consumo di alcol in uno scrupolo di tutela della salute e della vita delle persone, detto divieto deve essere considerato, a causa del carattere alquanto marginale dei suoi effetti in tal senso, inidoneo al conseguimento di detto obiettivo.

    48     Il governo svedese sostiene inoltre che la misura di divieto controversa nella causa principale, orientando la domanda verso la Systembolaget, risponderebbe all’obiettivo volto a proteggere i più giovani contro le conseguenze nocive del consumo di alcol in quanto la Systembolaget, che ha l’obbligo di verificare l’età dei richiedenti, può fornire bevande alcoliche unicamente a persone di almeno venti anni d’età. Peraltro il capitolo 4, art. 2, secondo comma, della legge sull’alcol vieta altresì che tali persone, a differenza di quelle di età maggiore, possano importare alcol in Svezia in quanto viaggiatori.

    49     È incontestabile che, se il divieto di cui trattasi nella causa principale risulta così essere un mezzo per evitare effettivamente che i più giovani diventino acquirenti di bevande alcoliche, e quindi per ridurre il rischio che ne diventino consumatori, esso deve essere considerato giustificato alla luce dell’obiettivo di tutela della sanità pubblica previsto all’art. 30 CE.

    50     Tuttavia, poiché un divieto come quello risultante dalla normativa nazionale controversa nella causa principale costituisce una deroga al principio della libera circolazione delle merci, incombe alle autorità nazionali l’onere di dimostrare che la detta normativa è conforme al principio di proporzionalità, ossia è necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e che quest’ultimo non potrebbe essere raggiunto attraverso divieti o limitazioni di minore portata o che colpiscano in minor misura il commercio intracomunitario (v., in tal senso, sentenze 14 luglio 1994, causa C‑17/93, Van der Veldt, Racc. pag. I‑3537, punto 15; sentenza Franzén, cit. supra, punti 75 e 76, nonché Ahokainen e Leppik, cit. supra, punto 31).

    51     Orbene, il divieto d’importazione di cui trattasi nella causa principale si applica a tutti, a prescindere dall’età. Esso eccede dunque manifestamente quanto necessario alla luce dell’obiettivo perseguito volto alla tutela dei più giovani contro le conseguenze nocive del consumo di alcol.

    52     In merito alla necessità del controllo dell’età occorre rilevare che, riservando, a seguito del divieto controverso nella causa principale, la vendita di bevande alcoliche importate ai negozi della Systembolaget, la normativa nazionale mira ad assoggettare la distribuzione di tali bevande ad un dispositivo centralizzato e coerente che deve consentire agli impiegati del monopolio, in conformità con l’obiettivo perseguito, di verificare in modo conseguente che i prodotti siano consegnati unicamente a persone di età superiore ai venti anni.

    53     Ciò premesso, emerge dalle informazioni di cui dispone la Corte che, se è vero che la Systembolaget ricorre in linea di principio a tali modalità di distribuzione dei prodotti e di controllo dell’età degli acquirenti, esistono altre modalità di distribuzione delle bevande alcoliche che conferiscono di conseguenza a terzi la responsabilità di detto controllo. In particolare, è pacifico che la Systembolaget accetta che la verifica dell’età possa essere effettuata al momento della consegna delle bevande alcoliche da vari addetti, al di fuori dei locali del monopolio, ad esempio nei negozi alimentari o nelle stazioni di servizio. Inoltre, la stessa esistenza di un siffatto controllo non è chiaramente provata e verificabile nel caso in cui le bevande alcoliche siano consegnate dalla Systembolaget in particolare, come indicato dal governo svedese, «mediante spedizione postale o con ogni altro mezzo di comunicazione adeguato alla stazione o alla fermata di autobus più vicina».

    54     In tale contesto, non sembra pienamente garantita la perfetta efficacia, in ogni circostanza, del controllo dell’età delle persone alle quali sono consegnate dette bevande e l’obiettivo perseguito dal sistema attuale è realizzato quindi solo in modo imperfetto.

    55     Resta da risolvere la questione se, per tendere alla realizzazione di tale obiettivo di tutela della salute dei più giovani con un’efficacia di livello almeno equivalente, possano essere previsti altri dispositivi meno pregiudizievoli per il principio della libera circolazione delle merci e atti a sostituire quello controverso.

    56     A tale proposito, la Commissione delle Comunità europee sostiene, senza essere contraddetta al riguardo, che la verifica dell’età potrebbe essere operata mediante una dichiarazione con la quale il destinatario delle bevande importate attesti, su un formulario di accompagnamento delle merci accluso al momento della loro importazione, di avere più di venti anni. Le uniche informazioni in possesso della Corte non consentono di ritenere che un tale dispositivo, unitamente a sanzioni penali adeguate in caso di inosservanza, sarebbe necessariamente meno efficace di quello messo in atto dalla Systembolaget.

    57     Non è pertanto dimostrato che il divieto controverso nella causa principale sia proporzionato ai fini del conseguimento dell’obiettivo di proteggere i più giovani contro le conseguenze nocive del consumo di alcol.

    58     Pertanto si deve risolvere la quarta questione nel senso che una misura che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sull’alcol, in quanto

    –       inadatta a conseguire l’obiettivo di limitare in generale il consumo di alcol e

    –       sproporzionata ai fini del conseguimento dell’obiettivo di proteggere i più giovani dalle conseguenze nocive del detto consumo,

    non può essere considerata giustificata, in forza dell’art. 30 CE, da motivi di tutela della salute e della vita delle persone.

     Sulle spese

    59     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

    1)      Una disposizione nazionale che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge 16 dicembre 1994 sulle bevande alcoliche (alkohollagen), deve essere valutata alla luce dell’art. 28 CE e non dell’art. 31 CE.

    2)      Una misura che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella risultante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sulle bevande alcoliche, costituisce una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell’art. 28 CE anche se la detta legge incarica il titolare del monopolio di vendita al dettaglio di fornire le bevande di cui trattasi e dunque, se necessario, di importarle su richiesta.

    3)      Una misura che vieti ai privati di importare bevande alcoliche, come quella derivante dal capitolo 4, art. 2, primo comma, della legge sulle bevande alcoliche, in quanto

    –      inadatta a conseguire l’obiettivo di limitare in generale il consumo di alcol e

    –      sproporzionata ai fini del conseguimento dell’obiettivo di proteggere i più giovani dalle conseguenze nocive del detto consumo,

    non può essere considerata giustificata, in forza dell’art. 30 CE, da motivi di tutela della salute e della vita delle persone.

    Firme


    * Lingua processuale: lo svedese.

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