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Document 62003TJ0303

Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione) del 7 giugno 2005.
Lidl Stiftung & Co. KG contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).
Marchio comunitario - Procedimento di opposizione - Domanda di marchio denominativo Salvita - Marchio denominativo nazionale anteriore SOLEVITA - Prova dell'uso del marchio nazionale anteriore - Rigetto dell'opposizione.
Causa T-303/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 II-01917

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2005:200

Causa T‑303/03

Lidl Stiftung & Co. KG

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

«Marchio comunitario — Procedimento di opposizione — Domanda di marchio denominativo Salvita — Marchio denominativo nazionale anteriore SOLEVITA — Prova dell’uso del marchio nazionale anteriore — Rigetto dell’opposizione»

Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) 7 giugno 2005 

Massime della sentenza

1.     Marchio comunitario — Osservazioni dei terzi e opposizione — Esame dell’opposizione — Prova dell’uso del marchio anteriore — Uso effettivo — Nozione — Interpretazione alla luce della ratio legis dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94

[Regolamento (CE) del Consiglio n. 40/94, art. 43, nn. 2 e 3]

2.     Marchio comunitario — Osservazioni dei terzi e opposizione — Esame dell’opposizione — Prova dell’uso del marchio anteriore — Uso effettivo — Nozione — Criteri di valutazione — Necessità di elementi di prova concreti e obiettivi

(Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 43, nn. 2 e 3)

3.     Marchio comunitario — Osservazioni dei terzi e opposizione — Esame dell’opposizione — Prova dell’uso del marchio anteriore — Efficacia probatoria degli elementi di prova — Criteri di valutazione

[Regolamento del Consiglio n. 40/94, artt. 43, nn. 2 e 3, e 76, n. 1, lett. f); regolamento (CE) della Commissione n. 2868/95, art. 1, regola 22, n. 3]

4.     Marchio comunitario — Procedura di ricorso — Ricorso dinanzi al giudice comunitario — Presupposti di ricevibilità — Motivi dedotti contro le sole decisioni delle commissioni di ricorso

(Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 63, n. 1)

5.     Marchio comunitario — Procedura di ricorso — Decisione sul ricorso — Rispetto dei diritti della difesa — Portata del principio

(Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 73)

6.     Marchio comunitario — Disposizioni procedurali — Esame d’ufficio dei fatti — Procedura di opposizione — Esame limitato ai motivi dedotti e alle domande presentate — Prove a sostegno — Onere per le parti di produrre tali prove

(Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 74, n. 1)

7.     Marchio comunitario — Osservazioni dei terzi e opposizione — Esame dell’opposizione — Prova dell’uso del marchio anteriore — Ricorso proposto espressamente e tempestivamente dal richiedente — Effetto — Onere della prova a carico dell’opponente — Assenza di contestazione degli elementi dedotti a sostegno dell’opposizione — Difetto di pertinenza

(Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 43, nn. 2 e 3)

1.     Ai fini dell’interpretazione della nozione di uso effettivo, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, occorre considerare che la ratio legis della prescrizione secondo cui il marchio anteriore deve essere stato oggetto di un uso effettivo per essere opponibile ad una domanda di marchio comunitario consiste nel limitare i conflitti fra due marchi, sempreché non vi sia un legittimo motivo economico derivante da una funzione effettiva del marchio sul mercato. Per contro, la detta disposizione non è diretta a valutare il successo commerciale né a controllare la strategia economica di un’impresa né a riservare la tutela dei marchi solamente a loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo.

(v. punto 35)

2.     Sussiste un uso effettivo del marchio, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, allorché questo assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. A tale proposito, il presupposto dell’uso effettivo del marchio richiede che quest’ultimo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno.

Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti ovvero i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio.

Per stabilire l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere a una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Peraltro, la seria utilizzazione di un marchio non può essere dimostrata da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un’utilizzazione effettiva e sufficiente del marchio sul mercato interessato.

(v. punti 36‑38)

3.     Nulla nel regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario né nel regolamento n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94, permette di concludere che l’efficacia probatoria degli elementi che dimostrano l’uso del marchio ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, ivi comprese le dichiarazioni solenni, dovrebbe essere valutata alla luce della normativa nazionale di uno Stato membro. Per valutare l’efficacia probatoria di un documento del genere, si deve innanzi tutto prendere in considerazione la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta. A tal fine si deve in particolare considerare da chi il documento proviene, in quali circostanze è stato elaborato, a chi è destinato e se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile.

(v. punto 42)

4.     Ai sensi dell’art. 63, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, il ricorso dinanzi al giudice comunitario può essere proposto soltanto avverso le decisioni delle commissioni di ricorso. Pertanto, nell’ambito di un tale ricorso, sono ricevibili soltanto i motivi diretti contro la decisione della commissione di ricorso stessa. Deve quindi essere dichiarato irricevibile un motivo vertente sulla violazione di una disposizione del regolamento da parte della decisione di un’unità dell’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) che si pronunci in primo grado.

(v. punti 59‑60)

5.     Quando, nell’ambito di un ricorso proposto contro la decisione di un’unità dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) che si pronunci in primo grado, il ricorrente stesso ha prodotto taluni documenti dinanzi all’Ufficio e ha potuto quindi prendere posizione su di essi nonché sulla loro pertinenza, la commissione di ricorso non è tenuta a sentire il ricorrente in merito alla valutazione degli elementi di fatto sui quali essa ha scelto di fondare la propria decisione.

Infatti, la valutazione dei fatti rientra nell’atto decisionale e il diritto di essere sentiti vale per tutti gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento dell’atto decisionale, ma non per la posizione finale che l’amministrazione intende adottare.

(v. punto 62)

6.     Ai sensi dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, «nel corso della procedura concernente impedimenti relativi alla registrazione, l’esame si limita ai motivi addotti e alle richieste presentate dalle parti». Se è vero che la formulazione di tale disposizione, nella versione francese, non riguarda espressamente la produzione di prove ad opera delle parti, ne risulta tuttavia che incombe alle parti ugualmente l’onere di fornire le prove a sostegno delle proprie domande.

(v. punti 74, 76)

7.     Ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che tale marchio è stato seriamente utilizzato oppure che vi sono legittime ragioni per la sua non utilizzazione. La presentazione di una tale istanza da parte del richiedente produce quindi l’effetto di accollare all’opponente l’onere della prova della seria utilizzazione (ovvero della sussistenza di legittime ragioni per la non utilizzazione) a pena del rigetto dell’opposizione. Perché tale effetto possa prodursi, l’istanza dev’essere proposta dinanzi all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) espressamente e tempestivamente.

Ne consegue che la mancanza della prova dell’uso serio può essere sanzionata attraverso un rigetto dell’opposizione soltanto nel caso in cui una tale prova è stata richiesta, espressamente e in tempo utile, dal richiedente dinanzi all’Ufficio.

Quando tale istanza è stata presentata espressamente ed in tempo utile, e l’opponente non fornisce la prova che gli incombe, legittimamente l’Ufficio respinge la domanda di opposizione, quand’anche non vi sia contestazione, da parte del richiedente del marchio, degli elementi dedotti dall’opponente a sostegno dell’opposizione.

(v. punti 77‑79)




SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

7 giugno 2005 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di marchio denominativo Salvita – Marchio denominativo nazionale anteriore SOLEVITA – Prova dell’uso del marchio nazionale anteriore – Rigetto dell’opposizione»

Nella causa T-303/03,

Lidl Stiftung & Co. KG, con sede in Neckarsulm (Germania), rappresentata dall’avv. P. Groß,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno      (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. U. Pfleghar e G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

REWE-Zentral AG, con sede in Colonia (Germania), rappresentata inizialmente dall’avv. M. Kinkeldey, successivamente dagli avv.ti Kinkeldey e C. Schmitt,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 30 giugno 2003 (procedimento R 408/2002-1) concernente l’opposizione del titolare del marchio nazionale SOLEVITA alla registrazione del marchio comunitario denominativo Salvita,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, F. Dehousse e D. Šváby, giudici,

cancelliere: sig. H. Jung

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2003,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 gennaio 2004,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 gennaio 2004,

in seguito alla trattazione orale del 30 novembre 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Antefatti della lite

1       Il 14 agosto 1997 la REWE-Zentral AG ha depositato una domanda di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1).

2       Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo Salvita.

3       I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nelle classi 5, 29, 30 e 32 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna delle suddette classi, alla seguente descrizione:

–       classe 5: «Infusioni medicinali; gomma da masticare per uso medico; alimenti per neonati; tutti i prodotti citati in vendita esclusivamente nei negozi di alimentari»;

–       classe 29: «Carne, pesce, pollame, selvaggina, molluschi, i prodotti menzionati anche pronti; prodotti a base di salumi, carne, pollame e pesce, caviale; insalate a base di carne, pesce, pollame e selvaggina; pâtè di carne, pollame, selvaggina e pesce, estratti di carne; frutta, ortaggi e legumi (preparati); concentrato di frutta e di verdura; insalate (specialità gastronomiche) di verdure o di insalata in foglia; prodotti di ogni genere a base di patate, ovvero patate fritte, crocchette, arrosto e precotte, frittelle e polpette di patate, “rösti” (piatto svizzero di patate arrosto), frittelle di patate grattugiate, patatine chips e a forma di stick; gnocchi di pane; piatti semicotti e pronti, ovvero minestre (comprese minestre istantanee), specialità con patate, verdure e carne (piatto unico), piatti pronti asciutti e in brodo costituiti da uno o più dei seguenti alimenti: carne, pesce, verdure, frutta mondata, formaggio, paste alimentari, riso; gelatine di carne, di frutta o di verdura, marmellate; uova, latte, prodotti derivati dal latte, ovvero latte da bere, latte acido, latticello, yogurt, yogurt alla frutta, yogurt al cioccolato o con aggiunta di cacao, frappè analcolici, bevande a base di siero di latte, kefir, panna, quark, cibi a base di quark alla frutta e alle erbe, dessert, prevalentemente composti da latte e aromi, con gelatina e/o amido in funzione di agglutinanti, burro, grasso di burro, formaggi e preparati a base di formaggi; “ambrosia” (una sorta di budino di gelatina); salse per insalata; oli e grassi commestibili; salatini, patatine ai cereali, noci salate e non salate ed altri spuntini, compresi nella classe 29; tutti i suddetti prodotti (per quanto possibile) anche come alimenti dietetici non per uso medico; tutti i suddetti prodotti (se possibile) anche surgelati, ovvero conservati, sterilizzati od omogeneizzati»;

–       Classe 30: «Salse, composte, leganti per salse, polveri per salse, ketchup, rafano, capperi; caffè, tè, cacao, prodotti di cacao, cioccolato, prodotti di cioccolato, polveri per bevande a base di cioccolato; bevande al cioccolato, marzapane, nougat, prodotti di marzapane e di nougat; budini, prodotti da spalmare sul pane, composti prevalentemente da zucchero, cacao, nougat, latte e/o grassi; cioccolatini, anche ripieni; zucchero, dolciumi, zucchero vanigliato, caramelle, in particolare caramellate, caramelle alla menta, alla frutta e gommose, lecca-lecca, gomma da masticare non per uso medico; riso, tapioca, succedanei del caffè; pizze; farine e prodotti di mulino a base di cereali per uso alimentare, cereali integrali mondati, ovvero riso, grano, avena, orzo, segala, miglio, mais e grano saraceno, i prodotti menzionati anche sotto forma di miscele e altri preparati, in particolare crusca di grano, germogli di grano, semolino, farina di mais, semolino di mais, semi di lino, müsli e barrette al müsli (costituite prevalentemente da fiocchi di cereali, frutta secca, noci), cereali, pop corn; pane, panini, pasticceria e confetteria; paste alimentari e paste alimentari integrali, in particolare tagliatelle; basi per dolci pronte per l’uso, aromi per dolci, glassa, ghiaccioli, gelato; miele, sciroppo di melassa, lievito, polvere per fare lievitare; preparati in polvere per budini; sale; senape; aceto; spezie, condimenti, grani di pepe; salatini, patatine ai cereali, noci salate e non salate ed altri spuntini, compresi nella classe 30; tutti i suddetti prodotti (per quanto possibile) anche come alimenti dietetici non per uso medico, tutti i suddetti prodotti (per quanto possibile) anche surgelati, ovvero conservati, sterilizzati o omogeneizzati»;

–       classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta, succhi di verdura; sciroppi e altri preparati per fare bevande; bevande a base di latticello; polvere per bevande istantanee».

4       Il 13 luglio 1998 la domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 50/98.

5       Il 13 ottobre 1998 la Lidl Stiftung & Co. KG ha proposto opposizione nei confronti del marchio richiesto, adducendo un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Tale opposizione si basava sull’esistenza del marchio tedesco anteriore SOLEVITA, registrato il 27 giugno 1983, per designare alcuni prodotti compresi nella classe 32 ai sensi dell’Accordo di Nizza. L’opposizione è stata proposta nei confronti di diversi prodotti compresi nelle classi 29, 30 e 32 e specificati nella domanda di marchio comunitario.

6       Con lettera datata 27 ottobre 1999 l’interveniente ha chiesto alla ricorrente di fornire la prova dell’uso del suo marchio conformemente all’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94.

7       Il 18 gennaio 2000 la divisione di opposizione dell’UAMI ha invitato la ricorrente a fornire tale prova entro un termine di due mesi.

8       Il 14 febbraio 2000 la ricorrente ha fornito:

–       una dichiarazione solenne firmata dal direttore degli acquisti internazionali, datata 27 gennaio 2000, concernente il fatturato realizzato nella Repubblica federale di Germania tra il 1993 e il 1999, con i prodotti recanti il marchio SOLEVITA;

–       un elenco dei prodotti commercializzati con il marchio SOLEVITA dal 1993 al 1999, intitolato «Solevita bis 10-1999» (Solevita sino all’ottobre 1999) e recante la menzione «Stand: 23. März 1998 – 27.01.00» (aggiornamento: 23 marzo 1998 – 27.01.00);

–       copie di modelli di imballaggi dei vari succhi di frutta commercializzati con il marchio SOLEVITA, tutti senza data.

9       Il 28 marzo 2002 la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione proposta dalla ricorrente. Per motivare la sua decisione essa ha chiarito, in sostanza, che i documenti prodotti dalla ricorrente non erano sufficienti a provare un uso serio ed effettivo del marchio nazionale anteriore. In particolare, la divisione di opposizione ha osservato che i modelli di imballaggio non riportavano alcuna data, che la dichiarazione solenne aveva un valore probatorio solo relativo in quanto proveniente da un dipendente della ricorrente titolare di un incarico dirigenziale e che, inoltre, tale dichiarazione costituiva soltanto un indizio dell’uso del marchio. Secondo la divisione di opposizione, la ricorrente non avrebbe fornito né fatture né spiegazioni provenienti da terzi, per suffragare o confermare i fatturati dalla stessa dedotti, così che l’esame dei mezzi di prova prodotti ha portato alla conclusione che la prova di un uso serio ed effettivo non era stata fornita. La divisione di opposizione ha precisato, inoltre, che l’opposizione doveva essere respinta in quanto i segni in conflitto non presentavano alcuna somiglianza.

10     Il 10 maggio 2002 la ricorrente ha proposto ricorso contro la decisione della divisione di opposizione. Essa ha ritenuto, in particolare, che nel caso di specie la prova dell’uso del marchio fosse stata fornita. Peraltro, la ricorrente ha reputato che la divisione di opposizione avesse violato il suo diritto di essere sentita, in quanto essa non era stata posta in grado di presentare le sue osservazioni circa la valutazione degli elementi dedotti per provare l’uso effettivo del marchio. La divisione di opposizione avrebbe anche violato il principio «dispositivo», in quanto l’uso del marchio non sarebbe stato contestato dall’interveniente.

11     Con decisione 30 giugno 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso.

12     In sostanza, quanto alla prova dell’uso del marchio, la commissione di ricorso ha osservato che la dichiarazione sull’onore era una dichiarazione unilaterale, redatta dalla parte interessata o da uno dei dirigenti della sua impresa, e che una tale dichiarazione non era sufficiente a provare fatti oggettivi, salvo essere avvalorata da prove aggiuntive quali fatture, cosa che non si era verificata nel caso di specie. Peraltro, poiché le copie dei modelli di imballaggi non contenevano alcuna indicazione sulla durata della commercializzazione, la commissione di ricorso ha ritenuto che esse non potessero confermare i fatturati dedotti, come del resto le altre prove prodotte. La commissione di ricorso ne ha dedotto che la divisione d’opposizione avesse correttamente affermato il carattere insufficiente dei documenti prodotti per provare l’uso del marchio durante il periodo da prendere in considerazione.

13     Quanto al diritto di essere sentiti ai sensi dell’art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94, la commissione di ricorso ha osservato che, in sede di esame del fascicolo, l’UAMI è autorizzato a fare uso di tutte le informazioni fornite da una parte senza doverle dare preventivamente la possibilità di prendere posizione sulle stesse, in quanto la parte interessata si presume essere a conoscenza delle informazioni in questione. Per quanto riguarda il principio «dispositivo», la commissione di ricorso ha ritenuto che la questione dell’uso del marchio fosse soggetta a tale principio soltanto nel senso che il richiedente può ritirare la sua domanda in ogni momento. La divisione di opposizione non avrebbe pertanto violato l’art. 74, n.1, del regolamento n. 40/94.

 Conclusioni delle parti

14     La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–       annullare la decisione impugnata;

–       condannare l’UAMI alle spese.

15     L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–       respingere il ricorso;

–       condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

16     La ricorrente invoca, a sostegno del suo ricorso, tre motivi. Con il primo motivo, essa contesta la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale nel caso di specie non è stata fornita la prova dell’uso del marchio. Con il secondo ed il terzo motivo, la ricorrente deduce una violazione, rispettivamente, del diritto di essere sentiti e del principio «dispositivo».

 Sulla prova dell’uso effettivo del marchio

 Argomenti delle parti

17     Il primo motivo della ricorrente si sviluppa in cinque punti.

18     In primo luogo, richiamando i termini dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 e riferendosi a diverse decisioni emesse dalle commissioni di ricorso dell’UAMI, la ricorrente indica che per uso «serio» si deve intendere un uso effettivo del marchio anteriore sul mercato, inteso a richiamare l’attenzione dei potenziali clienti sui prodotti e servizi contraddistinti da tale segno. L’art. 43, n. 3, del regolamento 40/94 non esigerebbe dunque una prova molto ampia dell’utilizzazione del marchio, a differenza di altre disposizioni, come l’art. 7, n. 3, dello stesso regolamento. Sarebbe sufficiente provare che il marchio anteriore è stato effettivamente utilizzato e che non se ne sia fatto un uso meramente «fittizio» sul mercato.

19     In secondo luogo, la ricorrente evidenzia il fatto che la commissione di ricorso ha rinviato, nella sua decisione, alla sentenza della Corte 11 marzo 2003, causa C‑40/01, Ansul (Racc. pagg. I-2439), e alla sentenza del Tribunale 12 marzo 2003, causa T-174/01, Goulbourn/UAMI – Redcats (Silk Cocoon) (Racc. pagg. II‑789). Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso sembra ritenere che tali due sentenze trattino la questione relativa a quali documenti siano sufficienti a provare un uso effettivo del marchio. Orbene, non sarebbe così nella fattispecie, poiché quelle due sentenze non avrebbero, secondo la ricorrente, alcun rapporto con l’oggetto del presente ricorso.

20     In terzo luogo, riferendosi all’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 ed alla regola 22, nn. 2 e 3, del regolamento della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), la ricorrente contesta l’approccio che sarebbe stato tenuto dalla commissione di ricorso, secondo la quale taluni documenti potrebbero essere sufficienti a qualificare un uso credibile, ai sensi del diritto tedesco, ma non sarebbero sempre sufficienti a provare l’uso ai sensi del regolamento n. 40/94. Tale osservazione concerne in particolare il fatto che sarebbe stato riconosciuto alla dichiarazione solenne un valore probatorio inferiore a quello che abitualmente le viene riconosciuto nel diritto tedesco.

21     In quarto luogo, la ricorrente fa notare che la decisione impugnata sarebbe in contraddizione con la decisione della terza commissione di ricorso dell’UAMI emessa l’11 luglio 2001 nel procedimento R 759/2000-3, Grafenwälder/Grafenwalder. In tale procedimento l’opponente avrebbe fornito una dichiarazione giurata, un riepilogo del fatturato mensile per il periodo in esame, due esempi di prodotti contrassegnati con il proprio marchio nonché un opuscolo pubblicitario. La ricorrente evidenzia il fatto che la commissione di ricorso, invalidando la decisione della divisione di opposizione, ha precisato, in particolare al punto 22 della sua decisione, che «il materiale presentato dall’opponente nel caso di specie è sufficiente a soddisfare tali requisiti, tanto più che la regola [22 del regolamento n. 2868/95] non prescrive che debbano essere forniti cumulativamente tutti i mezzi di prova in essa citati». Secondo la ricorrente, tale opinione giuridica sarebbe inoltre conforme alla decisione della seconda commissione di ricorso emessa l’8 novembre 2000 nel procedimento R 756/1999-2, DOCTORS/DOC & TORS.

22     In quinto luogo, la ricorrente ritiene che i documenti prodotti, presi nel loro insieme, non lascino alcun dubbio sul fatto che il marchio anteriore è stato oggetto di un uso effettivo assai considerevole, per il prodotto in questione e per il periodo da prendere in considerazione in Germania, Stato membro in cui tale marchio è registrato. Per sostenere il suo punto di vista, la ricorrente fa riferimento alla decisione emessa dalla prima commissione di ricorso dell’UAMI il 6 aprile 2001 nel procedimento R 129/2000-1, VISIO/VISION. Essa conclude che, nel caso di specie, la prova di un uso effettivo del marchio, ai sensi dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, è stata fornita.

23     L’UAMI, da parte sua, ritiene che, anche se nell’ambito del procedimento di opposizione non si esige che l’opponente provi che il suo marchio abbia acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, come prevede l’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, non per questo l’opponente sia esente dall’onere della prova che incombe su di essa.

24     Al contrario, in forza dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, l’opponente dovrebbe fornire la prova che il segno è stato oggetto di un uso effettivo nel corso del periodo in questione.

25     Vero è che la regola 22, n. 3, del regolamento n. 2868/95 non esigerebbe che tutte le prove in essa menzionate vengano prodotte cumulativamente. Le prove fornite dall’opponente dovrebbero tuttavia consentire di trarre deduzioni chiare quanto al luogo, al tempo, all’estensione ed alla natura dell’utilizzazione del marchio anteriore, ai sensi del n. 2 della stessa regola.

26     Nel caso di specie, l’UAMI riconosce che i documenti prodotti sono mezzi di prova ammissibili ai sensi dell’art. 76, n. 1, del regolamento n. 40/94 e della regola 22, nn. 2 e 3, del regolamento n. 2868/95. In particolare, precisa che la «dichiarazione solenne» prodotta dall’opponente costituisce una prova ammissibile.

27     L’UAMI ritiene però che il valore probatorio di una tale dichiarazione debba essere apprezzato insieme a tutti gli altri documenti prodotti, tenuto conto del loro contenuto e delle circostanze particolari del caso di specie. Questo esame porterebbe alla conclusione che tale dichiarazione solenne, considerata di per sé o tenuto conto dei prodotti depositati in allegato, non sarebbe sufficiente a provare l’uso effettivo del diritto anteriore.

28     A tale proposito, l’UAMI considera che l’elenco allegato alla dichiarazione solenne non fa che riprodurre le cifre menzionate nella dichiarazione, senza tuttavia provarle. Tali informazioni non sarebbero quindi sufficienti a provare un uso effettivo, in quanto esse non sono suffragate, per esempio, da fatture, cataloghi o inserzioni pubblicitarie. Peraltro, per quanto riguarda le riproduzioni senza data di confezioni di prodotti, esse consentirebbero solo di fare semplici supposizioni e non potrebbero quindi suffragare gli altri mezzi di prova e le dichiarazioni.

29     Per quanto riguarda l’interveniente, anch’essa riconosce che la dichiarazione solenne costituisce un mezzo di prova ammissibile, espressamente previsto all’art. 76, n. 1, lett. f), del regolamento n. 40/94. Spetterebbe tuttavia all’UAMI, e più precisamente alle sue commissioni di ricorso, valutare liberamente e secondo la propria cognizione il valore probatorio di tale dichiarazione solenne.

30     Nel caso di specie, i dati concernenti i pezzi venduti ed il periodo di vendita allegato dei prodotti risulterebbero soltanto dalla dichiarazione giurata del direttore degli acquisti internazionali della ricorrente stessa. Anche la presentazione dei prodotti proverrebbe dalla stessa ricorrente e non sarebbe suffragata da alcun elemento oggettivo. Essa non rafforzerebbe dunque il valore probatorio della dichiarazione solenne. Essa sarebbe in realtà una semplice allegazione scritta di parte, del tutto priva di valore probatorio. Quanto ai modelli di imballaggio, l’interveniente ritiene che essi siano gli unici elementi oggettivi che la richiedente ha presentato. Essi non riporterebbero tuttavia alcuna indicazione della data della loro utilizzazione o del loro periodo di riferimento.

31     L’interveniente precisa inoltre che nemmeno per il diritto tedesco la dichiarazione solenne sarebbe sufficiente a dimostrare un uso e serio ed effettivo, a meno che essa non sia accompagnata e suffragata da altri elementi di prova. Essa rinvia a tale riguardo ad una decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI citata nel ricorso.

 Giudizio del Tribunale

32     L’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 prevede che il richiedente di un marchio comunitario possa chiedere la prova che il marchio anteriore sia stato seriamente utilizzato sul territorio nel quale esso è protetto nei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario che ha formato oggetto di un’opposizione.

33     In forza della regola 22, n. 2, del regolamento n. 2868/95, le informazioni, le prove e i documenti necessari per dimostrare l’utilizzazione del marchio sono costituiti da informazioni relative al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura dell’utilizzazione del marchio anteriore per i prodotti e i servizi per i quali esso è registrato e sui quali si fonda l’opposizione. Secondo la medesima regola, tali informazioni devono essere fornite come «prove a sostegno».

34     A tale riguardo la regola 22, n. 3, del regolamento n. 2868/95 precisa che le prove di utilizzazione del marchio consistono, «in linea di principio», nella presentazione di documenti e campioni, «ad esempio» imballaggi, etichette, listini di prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, inserzioni su giornali e dichiarazioni scritte di cui all’art. 76, n. 1, lett. f), del regolamento n. 40/94, che comprendono, in particolare, le dichiarazioni scritte fatte in forma solenne.

35     Peraltro, ai fini dell’interpretazione della nozione di uso effettivo, occorre considerare che la ratio legis della prescrizione secondo cui il marchio anteriore deve essere stato oggetto di un uso effettivo per essere opponibile ad una domanda di marchio comunitario consiste nel limitare i conflitti fra due marchi, sempreché non vi sia un legittimo motivo economico derivante da una funzione effettiva del marchio sul mercato (sentenza Silk Cocoon, citata supra al punto19, punto 38). Per contro, la detta disposizione non è diretta a valutare il successo commerciale né a controllare la strategia economica di un’impresa né a riservare la tutela dei marchi solamente a loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo [sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T-334/01, MFE Marienfelde/UAMI – Vétoquinol (HIPOVITON), Racc. pag. II-2787, punto 32].

36     Come si evince dalla sentenza Ansul, citata supra al punto 19, relativa all’interpretazione dell’art. 12, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui contenuto normativo corrisponde, in sostanza, a quello dell’art. 43 del regolamento n. 40/94, sussiste un uso effettivo del marchio allorché questo assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio (punto 43). A tale proposito, il presupposto dell’uso effettivo del marchio richiede che quest’ultimo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno (sentenza Silk Cocoon, citata supra al punto 19, punto 39; vedi, in tale senso e per analogia, sentenza Ansul, citata supra al punto 19, punto 37).

37     Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti ovvero i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (sentenza HIPOVITON, citata supra al punto 35, punto 34; v., in tal senso e per analogia, sentenza Ansul, citata supra al punto 19, punto 43).

38     Per stabilire l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere a una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza HIPOVITON, citata supra al punto 35, punto 36). Peraltro, la seria utilizzazione di un marchio non può essere dimostrata da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un’utilizzazione effettiva e sufficiente del marchio sul mercato interessato [sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T-39/01, Kabushiki Kaisha Fernandes/UAMI – Harrison (HIWATT), Racc. pag. II-5233, punto 47].

39     Nel caso di specie, la dichiarazione scritta del direttore degli acquisti internazionali della richiedente, così come l’elenco, sotto forma di tabella, dei prodotti commercializzati contenevano informazioni sull’utilizzo del marchio, relative al luogo (Germania), al tempo (1993-1999), all’estensione (fatturati per anno e per prodotto) e alla natura dei prodotti designati (succhi di frutta in particolare).

40     Per quanto attiene alla dichiarazione scritta del direttore degli acquisti internazionali della ricorrente, occorre ricordare che l’art. 76, n. 1, lett. f), del regolamento n. 40/94 prevede come mezzo di prova dell’utilizzo del marchio, in forza del rinvio della regola 22 del regolamento n. 2868/95, «le dichiarazioni scritte fatte sotto il vincolo del giuramento o in forma solenne, ovvero che, conformemente alle disposizioni del diritto dello Stato in cui viene redatta la dichiarazione, abbiano effetto equivalente». Ne risulta che occorre ricercare nella legislazione dello Stato membro interessato gli effetti di una dichiarazione scritta soltanto nel caso in cui una tale dichiarazione sia stata fatta sotto il vincolo del giuramento o in forma solenne. Nel caso di specie, è pacifico che la dichiarazione scritta del direttore degli acquisti internazionali della ricorrente è una dichiarazione solenne e che è stata dichiarata ammissibile, in quanto tale, dalla commissione di ricorso. Quindi, senza che sia necessario analizzarne gli effetti in diritto tedesco, tale dichiarazione fa parte dei mezzi di prova previsti dall’art. 76, n. 1, lett. f), del regolamento n. 40/94, al quale rinvia la regola 22 del regolamento n. 2868/95.

41     Tuttavia, benché la dichiarazione solenne e l’elenco, sotto forma di tabella, dei prodotti commercializzati dalla ricorrente possano essere considerati come elementi di prova ammissibili, occorre procedere a una valutazione globale degli elementi prodotti, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti, al fine di stabilire se la prova dell’uso effettivo del marchio sia stata fornita. Si deve sottolineare a questo riguardo che, ai sensi della regola 22, n. 3, del regolamento n. 2868/95, diversi mezzi di prova dell’uso del marchio sono a disposizione delle parti. Peraltro, nulla nel regolamento n. 40/94 né nel regolamento n. 2868/95 permette di ritenere che i mezzi di prova dell’uso del marchio, presi insieme o separatamente, debbano indurre necessariamente l’UAMI a concludere che la prova dell’uso effettivo è stata fornita.

42     Nel caso di specie occorre rilevare, in primo luogo, che la dichiarazione solenne e l’elenco, sotto forma di tabella, dei prodotti commercializzati sono stati redatti dalla ricorrente stessa. A tal proposito si deve ricordare che, per valutare l’efficacia probatoria di un documento, si deve innanzi tutto prendere in considerazione la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta. A tal fine si deve in particolare considerare da chi il documento proviene, in quali circostanze è stato elaborato, a chi è destinato e se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T‑68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pagg. II‑491, punto 1838; v. anche conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa C-57/02 P, decisa con sentenza 14 luglio 2005, Acerinox/Commissione, Racc. pag. I-6689, in particolare pag. I-6692, paragrafo 202). Nulla nel regolamento n. 40/94 né nel regolamento n. 2868/95 permette di concludere che l’efficace probatoria degli elementi che dimostrano l’uso del marchio, ivi comprese le dichiarazioni solenni, dovrebbe essere valutata alla luce della normativa nazionale di uno Stato membro.

43     In secondo luogo, la ricorrente non ha mai fornito nel procedimento dinanzi all’UAMI altri elementi che permettessero di suffragare, in particolare, i dati contenuti nella dichiarazione solenne nonché nell’elenco dei prodotti commercializzati.

44     I soli elementi integrativi prodotti erano copie dei modelli di imballaggi dei prodotti considerati, che non riportavano alcuna data. Anche se tali copie potessero suffragare la «natura» (succhi di frutta) ed eventualmente il «luogo» (considerato che tali modelli di imballaggi riportavano diciture in tedesco) dell’uso del marchio, esse non fornivano tuttavia alcun elemento che permettesse di suffragare la durata e l’estensione di tale uso.

45     Occorre rilevare, infine, che gli elementi integrativi che avrebbero potuto permettere di suffragare le informazioni contenute nella dichiarazione solenne – per esempio, fatture, cataloghi o inserzioni nei giornali – non sono tali da non poter essere agevolmente ottenuti dalla ricorrente. Tali elementi avrebbero potuto essere presentati, in particolare, dinanzi alla commissione di ricorso, e ciò a maggior ragione in quanto la decisione della divisione di opposizione menzionava già l’insufficienza di prove dell’uso del marchio.

46     Alla luce di quanto esposto, e tenuto conto di tutti i fattori pertinenti, occorre concludere che la commissione di ricorso non ha commesso nessun errore allorché ha considerato che la prova dell’uso del marchio nazionale anteriore non era stata fornita nel caso di specie.

47     Gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente non possono invalidare tale giudizio.

48     Con riferimento alla circostanza che la commissione di ricorso ha richiamato, nella decisione impugnata, le sentenze Ansul e Silk Cocoon, citata supra al punto 19, che sarebbero irrilevanti nel caso di specie, è sufficiente rilevare, contrariamente a quanto deduce la ricorrente, che la commissione di ricorso non ha affermato che tali sentenze esaminavano quali documenti fossero sufficienti a provare un uso effettivo del marchio. La commissione di ricorso, come risulta chiaramente al punto 15 della decisione impugnata, ha soltanto fatto un richiamo a tali due sentenze nella misura in cui esse definiscono la nozione di «uso effettivo» ai sensi delle norme comunitarie. Tale argomento è dunque infondato in punto di fatto.

49     Quanto alla circostanza che le decisioni anteriori delle commissioni di ricorso dell’UAMI sarebbero in contraddizione con la decisione impugnata, è sufficiente ricordare che la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso deve essere apprezzata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, come interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale anteriore delle stesse [sentenze del Tribunale 9 ottobre 2002, causa T-36/01, Glaverbel/UAMI (Superficie di una lastra di vetro), Racc. pagg. II-3887, punto 35, e 20 novembre 2002, cause riunite T-79/01e T-86/01, Bosch/UAMI (Kit pro e Kit Super Pro), Racc. pagg. II-4881, punto 32]. Tale argomento è dunque inconferente.

50     Per tutti questi motivi, il primo motivo deve essere respinto.

 Sulla violazione del diritto di essere sentiti

 Argomenti delle parti

51     La ricorrente ritiene che, poiché la commissione di ricorso non avrebbe lasciato intendere che dubitava della credibilità della dichiarazione solenne e che le riconosceva soltanto un’efficacia probatoria limitata, essa avrebbe dovuto darle preventivamente la possibilità di presentare osservazioni, conformemente all’art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94. La ricorrente precisa che, tenuto conto della decisione di un’altra commissione di ricorso in un altro procedimento (causa Grafenwälder/Grafenwalder, citata supra al punto 21), essa poteva supporre che i documenti prodotti dinanzi all’UAMI fossero sufficienti a fornire informazioni sul luogo, sul tempo, sull’estensione e sulla natura dell’uso del marchio. In particolare, la ricorrente indica che essa non aveva motivi di ritenere che la commissione di ricorso avrebbe riconosciuto un’efficacia probatoria limitata alla dichiarazione solenne. La ricorrente ritiene, pertanto, che essa avrebbe dovuto essere informata dal «giudice» adito in merito a un’interpretazione giuridica che essa ignorava e sulla quale si sarebbe poi fondata la decisione del detto «giudice». Sulla scorta di tali circostanze, la presente causa si distinguerebbe da quella che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale 5 giugno 2002, causa T-198/00, Hershey Foods/UAMI (Kiss Device with plume) (Racc. pagg. II-2567), alla quale rinvia la decisione impugnata.

52     L’UAMI ritiene, da parte sua, che il diritto di essere sentiti valga per tutti gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento dell’atto decisionale, ma non per la posizione finale che l’amministrazione intende adottare. Sulla scorta di tali circostanze, l’UAMI considera che non vi è stata nessuna violazione del diritto di essere sentiti da parte della divisione di opposizione e che, comunque, la decisione di quest’ultima non può formare oggetto di un ricorso dinanzi al Tribunale.

53     Se, tuttavia, il motivo dedotto dalla ricorrente dovesse riguardare la decisione della commissione di ricorso, l’UAMI considera che la censura relativa al rifiuto del diritto di essere sentiti sarebbe incomprensibile in quanto la commissione di ricorso avrebbe respinto l’opposizione per lo stesso motivo su cui si è fondata la divisione di opposizione.

54     L’interveniente, dal canto suo, considera che l’UAMI può fondare la propria decisione sui soli fatti di cui le due parti erano a conoscenza e in ordine ai quali esse hanno potuto presentare le proprie deduzioni. Valutare in quale misura taluni fatti dedotti siano sufficienti a provare un uso effettivo e serio del marchio costituirebbe una questione di diritto. Non si tratterebbe affatto di una constatazione di fatto, ma di una valutazione giuridica dei documenti prodotti, valutazione che l’UAMI non è tenuta a comunicare preventivamente alle parti. L’interveniente precisa anche che sarebbe contrario al dovere di imparzialità dell’UAMI indurre una parte a fornire più prove dell’uso del marchio.

 Giudizio del Tribunale

55     Preliminarmente, si deve considerare che, con il motivo relativo alla violazione del principio del diritto di essere sentiti, la ricorrente afferma in realtà una violazione dell’art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94, che prevede che le decisioni dell’UAMI debbano essere fondate esclusivamente su motivi in ordine ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni.

56     Peraltro, occorre rilevare che la ricorrente ha indicato, all’udienza, che il presente motivo riguardava tanto il procedimento che ha dato luogo alla decisione della divisione di opposizione quanto il procedimento che ha dato luogo alla decisione impugnata.

57     Per quanto riguarda il procedimento che ha dato luogo alla decisione della divisione di opposizione, il presente motivo è stato sollevato a tale riguardo, per la prima volta, nella fase orale del procedimento.

58     Orbene, ai sensi dell’art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

59     In ogni caso, in forza dell’art. 63, n. 1, del regolamento n. 40/94, il ricorso dinanzi al giudice comunitario può essere proposto soltanto avverso le decisioni delle commissioni di ricorso. Pertanto, occorre considerare che, nell’ambito di un tale ricorso, sono ricevibili soltanto i motivi diretti contro la decisione della commissione di ricorso stessa.

60     Il motivo relativo alla violazione dell’art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94, per quanto riguarda la decisione della divisione di opposizione, deve quindi essere dichiarato irricevibile.

61     Per quanto concerne la decisione impugnata, anche volendo ritenere che la ricorrente rimproveri, in realtà, alla commissione di ricorso di non avere annullato la decisione della divisione di opposizione, nonostante vi fosse un asserito vizio di procedura nella decisione in oggetto, occorre considerare che è stato dichiarato, giustamente, al punto 26 della decisione impugnata, che, in sede di esame del fascicolo, l’UAMI è autorizzato a fare uso di tutte le informazioni fornite da una parte senza darle preventivamente la possibilità di presentare le proprie deduzioni su di esse. Ad ogni modo, la commissione di ricorso non sarebbe stata obbligata a procedere ad un annullamento della decisione della divisione di opposizione a causa di questo unico motivo, in assenza di qualunque illegittimità nel merito. Peraltro, si deve sottolineare che la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, in particolare, per far valere il suo punto di vista in riferimento alla pertinenza degli elementi dedotti al fine di provare l’uso effettivo del marchio nel caso di specie e che essa è stata pertanto sentita a questo riguardo.

62     Quanto al diritto di essere sentiti dinanzi alla commissione di ricorso stessa, si deve ricordare che la valutazione dei fatti rientra nell’atto decisionale. Orbene, il diritto di essere sentiti si riferisce a tutti gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento dell’atto decisionale, ma non alla posizione finale che l’amministrazione intende adottare (v., per analogia, sentenza del Tribunale 21 gennaio 1999, cause riunite T-129/95, T‑2/96 e T-97/96, Neue Maxhütte Stahlwerke e Lech-Stahlwerke/Commissione, Racc. pagg. II-17, punto 231). Inoltre, come è già stato osservato, poiché la ricorrente ha prodotto essa stessa i documenti in questione dinanzi all’UAMI, essa ha potuto, evidentemente, prendere posizione su di essi nonché sulla loro pertinenza. In queste circostanze, la commissione di ricorso non era tenuta a sentire la ricorrente in merito alla valutazione degli elementi di fatto sui quali essa ha scelto di fondare la propria decisione.

63     Per tali ragioni, il motivo vertente sulla violazione dell’art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94 deve essere respinto.

 Sulla violazione del principio «dispositivo»

 Argomenti delle parti

64     Secondo la ricorrente, il principio «dispositivo», che sarebbe previsto all’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, comporta che, nei limiti in cui la commissione di ricorso non abbia dubbi sulla credibilità delle informazioni fornite attraverso la dichiarazione solenne in ragione di un’osservazione dell’interveniente o in ragione di informazioni contraddittorie contenute nei documenti, essa non aveva il diritto di contestare d’ufficio le informazioni e di riconoscere alla dichiarazione solenne soltanto un’efficacia probatoria inferiore.

65     Nel caso di specie, la commissione di ricorso avrebbe ritenuto a torto che non vi fosse stata violazione dell’art. 74, n.1, del regolamento n. 40/94. La commissione di ricorso non avrebbe, in effetti, tratto alcuna conseguenza dall’assenza di contestazioni, da parte dell’interveniente, delle prove fornite quanto all’uso del marchio. Inoltre, la commissione di ricorso non avrebbe tenuto conto del fatto che la natura ed il contenuto di tale prove erano stati tacitamente riconosciuti come probanti, poiché l’interveniente ha limitato l’elenco dei suoi prodotti e, in seguito, anche nel corso del procedimento di ricorso, quest’ultima non si è più espressa se non sulla questione del rischio di confusione. Date tali circostanze, non vi sarebbe stato alcun motivo di dubitare dell’esattezza e della veridicità dei documenti che sono stati prodotti. Secondo la ricorrente, la divisione di opposizione non disponeva dunque di alcun fondamento giuridico, in primo luogo, per ritenere d’ufficio che tali documenti fossero stati oggetto di contestazione, in secondo luogo, per dubitare della credibilità delle informazioni contenute nella dichiarazione solenne e, in terzo luogo, per riconoscere ad essi un valore probatorio inferiore. La decisione impugnata sarebbe, anche soltanto per questo, viziata da un errore di procedura sostanziale.

66     Per quanto riguarda la questione se la prova dell’uso fosse stata fornita, nella misura in cui l’interveniente non ha più contestato tale uso dopo il deposito da parte della ricorrente dei documenti giustificativi ad essa riferiti, l’UAMI afferma che il Tribunale si sarebbe già pronunziato su tale argomento nella sua sentenza 13 giugno 2002, causa T-232/00, Chef Revival USA/UAMI – Massagué Marín (Chef) (Racc. pagg. II-2749). Secondo tale sentenza, risulterebbe dall’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94 che spetta alle parti l’onere di fornire le prove a sostegno delle loro richieste. Tale sentenza non farebbe riferimento a nessuna eccezione a tale principio in caso di mancata contestazione.

67     Quanto alla questione se la mancata reazione potesse essere considerata come un’acquiescenza tacita ai fatti, l’UAMI rileva che né il regolamento n. 40/94 né il regolamento n. 2865/95 farebbero riferimento espresso ad un tale principio. Se il richiedente non presenta nessuna osservazione, l’UAMI potrebbe decidere l’opposizione fondandosi sulle prove di cui dispone. L’UAMI afferma ancora che, anche in mancanza di reazione da parte del richiedente del marchio ad un’opposizione, esso dispone della domanda di quest’ultimo e, in combinazione con l’opposizione, della base necessaria per emettere una decisione.

68     L’UAMI aggiunge che, ai sensi dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, quando il richiedente del marchio ha depositato una richiesta di prova dell’uso del marchio dell’opponente, l’opposizione deve essere respinta quando tale prova non sia stata fornita.

69     Infine, tenuto conto di questi elementi, l’UAMI precisa che l’argomento della ricorrente secondo il quale la limitazione della domanda costituirebbe un riconoscimento implicito non può essere condiviso. Secondo l’UAMI, una limitazione del genere può essere effettuata in ogni momento e non è legata, sotto alcun profilo, al procedimento di opposizione. La conclusione cui perviene la ricorrente sul punto non sarebbe convincente.

70     L’interveniente, da parte sua, afferma che, in forza dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, l’esame dei fatti da parte dell’UAMI si limita ai motivi dedotti e alle domande presentate dalle parti. Un’opposizione non potrebbe dunque essere respinta per il semplice motivo che l’opponente non ha provato l’uso serio ed effettivo, se il richiedente non ha contestato l’uso del marchio sul quale l’opposizione si fonda. Orbene, sempre secondo l’interveniente, se l’uso del marchio sul quale si fonda l’opposizione è contestato in un qualsiasi momento del procedimento, la contestazione sarebbe valida per tutto il procedimento, ivi compreso l’eventuale procedimento di ricorso. Non sarebbe, dunque, necessario reiterare la contestazione, in quanto essa cessa di essere efficace solo se il richiedente del marchio la revoca espressamente, oppure se egli riconosce espressamente l’uso serio ed effettivo del marchio anteriore, il che non sarebbe avvenuto nel caso di specie.

71     L´interveniente aggiunge che, nell’ambito del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, essa ha presentato osservazioni sul mancato uso del marchio. Quanto al fatto che, nel procedimento di opposizione, essa avrebbe solamente addotto l’argomento relativo ad un rischio di confusione tra i marchi, questo non significherebbe che essa avrebbe revocato il suo motivo relativo al mancato uso effettivo e serio. Una tale revoca avrebbe potuto farsi solo espressamente, cosa che non sarebbe avvenuta nel caso di specie.

72     In riferimento alla limitazione dell’elenco dei prodotti ricompresi nella sua domanda di registrazione, l’interveniente considera che tale limitazione non significa che essa abbia implicitamente rinunciato alla sua contestazione dell’uso del marchio. Questa contestazione avrebbe potuto essere revocata soltanto attraverso una dichiarazione espressa all’UAMI. L’interveniente aggiunge che la limitazione dell’elenco dei prodotti e dei servizi concerneva altri fatti ed ha condotto ad altri procedimenti di opposizione.

 Giudizio del Tribunale

73     In via preliminare, si deve considerare che, con il motivo vertente sulla violazione del principio «dispositivo», la richiedente deduce in realtà una violazione dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94.

74     Ai sensi di tale disposizione, «nel corso della procedura concernente impedimenti relativi alla registrazione, l’esame si limita ai motivi addotti e alle richieste presentate dalle parti». Il termine «richieste» comprende, nel caso di specie, la domanda di registrazione del marchio così come la domanda di opposizione quale è stata formulata a questo riguardo. Il termine «motivi» ricomprende gli elementi di diritto e di fatto che sono stati addotti dalle parti a sostegno delle loro domande.

75     Nel caso di specie, l’UAMI era quindi di fronte a due richieste ai sensi dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94. La prima, presentata dall’interveniente, era volta a far registrare il marchio Salvita. La seconda richiesta, presentata dalla ricorrente, mirava ad opporsi a tale registrazione a causa dell’esistenza del marchio anteriore SOLEVITA. Queste due richieste erano sostenute dai motivi adotti dalle parti.

76     Si deve ricordare a questo riguardo che, se è vero che la formulazione dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, nella versione francese, non riguarda espressamente la produzione di prove delle parti, risulta tuttavia da tale disposizione che incombe alle parti ugualmente l’onere di fornire le prove a sostegno delle proprie domande. Tale interpretazione è suffragata dalle analisi di altre versioni linguistiche della stessa disposizione e, in particolare, dalla versione inglese, che fa riferimento a «the facts, evidence and arguments provided by the parties», tedesca, che menziona «das Vorbringen (...) der Beteiligten», e italiana, che si riferisce«[ai] fatti, prove ed argomenti addotti (...) dalle parti» (sentenza Chef, citata supra al punto 66, punto 45).

77     Peraltro, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che tale marchio è stato seriamente utilizzato oppure che vi sono legittime ragioni per la sua non utilizzazione. La presentazione di una tale istanza da parte del richiedente produce quindi l’effetto di accollare all’opponente l’onere della prova della seria utilizzazione (ovvero della sussistenza di legittime ragioni per la non utilizzazione) a pena del rigetto dell’opposizione. Perché tale effetto possa prodursi, l’istanza dev’essere proposta dinanzi all’UAMI espressamente e tempestivamente. Ne consegue che la mancanza della prova dell’uso serio può essere sanzionata attraverso un rigetto dell’opposizione soltanto nel caso in cui una tale prova è stata richiesta, espressamente e in tempo utile, dal richiedente dinanzi all’UAMI [sentenza del Tribunale 17 marzo 2004, cause riunite T-183/02 e T-184/02, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), (Racc. pag. II-965, punti 38 e 39].

78     Nel caso di specie, l’interveniente ha chiesto alla ricorrente, in data 27 ottobre 1999, di fornire la prova dell’uso effettivo del suo marchio, conformemente all’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94. È pacifico che tale richiesta è stata presentata espressamente ed in tempo utile. Essa ha dunque avuto l’effetto di far ricadere sulla ricorrente l’onere di provare l’uso effettivo del proprio marchio.

79     In tali circostanze, tenendo conto del fatto che la domanda di registrazione del marchio Salvita non è stata ritirata dall’interveniente, che incombeva sulla ricorrente la prova dell’uso effettivo del proprio marchio e che tale prova, nel caso di specie, non è stata fornita, occorre concludere che giustamente l’UAMI ha respinto la domanda di opposizione e ciò anche in assenza di contestazioni, da parte dell’interveniente, degli elementi dedotti dalla ricorrente a sostegno della propria opposizione.

80     Quanto all’argomento dedotto dalla ricorrente, secondo il quale l’interveniente avrebbe limitato l’elenco dei prodotti oggetto della sua domanda di registrazione e avrebbe, quindi, implicitamente considerato che la prova dell’uso effettivo del marchio era stata fornita, occorre rilevare che l’interveniente ha chiesto di limitare unicamente l’elenco dei prodotti compresi nella classe 5 della domanda di marchio comunitario. Peraltro, è pacifico che l’opposizione proposta dalla ricorrente riguardava unicamente i prodotti compresi nelle classi 29, 30 e 32 della domanda di marchio comunitario. Ne consegue che la limitazione dell’elenco dei prodotti oggetto della domanda di registrazione non può avere, nel caso di specie, alcuna incidenza sull’opposizione proposta dalla ricorrente. In ogni caso, occorre rilevare che spettava alla ricorrente fornire la prova che il marchio in questione era stato oggetto di un uso effettivo. In mancanza di tale prova e nei limiti in cui la domanda di registrazione del marchio comunitario depositata dalla richiedente non è stata ritirata, l’UAMI era legittimato a respingere l’opposizione proposta dalla ricorrente.

81     Alla luce di quanto precede, il motivo vertente sulla violazione dell’art. 74, n. 1, seconda frase, del regolamento n. 40/94 deve essere respinto e, pertanto, il ricorso deve essere respinto integralmente.

 Sulle spese

82     Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Vilaras

Dehousse

Šváby

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 giugno 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: il tedesco.

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