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Document 62003CJ0228

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 17 marzo 2005.
    The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy contro LA-Laboratories Ltd Oy.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Korkein oikeus - Finlandia.
    Marchi - Direttiva 89/104/CEE - Art. 6, n. 1, lett. c) - Limiti della tutela conferita dal marchio - Utilizzo da parte di un terzo del marchio quando esso sia necessario per indicare la destinazione di un prodotto o di un servizio.
    Causa C-228/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-02337

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:177

    Arrêt de la Cour

    Causa C‑228/03

    The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy

    contro

    LA-Laboratories Ltd Oy

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein oikeus)

    «Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Art. 6, n. 1, lett. c) — Limitazione della tutela conferita dal marchio — Utilizzo da parte di un terzo del marchio quando esso sia necessario per indicare la destinazione di un prodotto o di un servizio»

    Conclusioni dell’avvocato generale A. Tizzano, presentate il 9 dicembre 2004 

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) 17 marzo 2005. 

    Massime della sentenza

    1.     Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Limitazione degli effetti del marchio — Uso del marchio da parte di un terzo per indicare la destinazione di un prodotto — Condizione di liceità — Carattere necessario dell’uso — Criteri di valutazione — Verifica da parte del giudice nazionale — Applicazione agli accessori e pezzi di ricambio degli stessi criteri applicabili alle altre categorie di destinazioni possibili

    [Direttiva del Consiglio 89/104/CEE, art. 6, n. 1, lett. c)]

    2.     Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Limitazione degli effetti del marchio — Uso del marchio da parte di un terzo per indicare la destinazione di un prodotto — Condizione di liceità — Uso conforme agli usi consueti di lealtà in materia industriale e commerciale — Criteri di valutazione — Verifica da parte del giudice nazionale

    [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 6, n. 1, lett. c)]

    3.     Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 – Limitazione degli effetti del marchio — Uso del marchio da parte di un terzo per indicare la destinazione di un prodotto — Commercializzazione non soltanto di pezzi di ricambio o di accessori, ma anche del prodotto principale — Condizione di liceità — Carattere necessario e conformità con gli usi consueti di lealtà in materia industriale e commerciale dell’uso del marchio

    [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 6, n. 1, lett. c)]

    1.     La liceità dell’uso di un marchio da parte di un terzo per indicare la destinazione di un prodotto o di un servizio, ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della prima direttiva 89/104 sui marchi, dipende dalla circostanza se tale uso sia necessario per indicare la destinazione del prodotto. Ciò si verifica quando tale uso costituisce in pratica il solo mezzo per fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale condizione sia soddisfatta, tenendo conto della natura del pubblico cui è destinato il prodotto messo in commercio dal terzo in questione.

    Poiché la detta disposizione non effettua del resto alcuna distinzione tra le destinazioni possibili dei prodotti all’atto di valutare la liceità dell’uso del marchio, i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio, non sono dunque diversi da quelli applicabili alle altre categorie di destinazioni possibili dei prodotti.

    (v. punto 39, dispositivo 1)

    2.     Il requisito degli «usi consueti di lealtà» ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 sui marchi costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà con riferimento ai legittimi interessi del titolare del marchio.

    L’uso del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, in particolare quando:

    - avvenga in modo tale da far pensare che esista un legame commerciale fra i terzi e il titolare del marchio;

    - pregiudichi il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà;

    - arrechi discredito o denigrazione a tale marchio;

    - o quando il terzo presenti il suo prodotto come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante il marchio di cui egli non è il titolare.

    Il fatto che un terzo usi il marchio di cui non è titolare per indicare la destinazione del prodotto che mette in commercio non significa necessariamente che egli presenti tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto recante tale marchio. Una presentazione di questo tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della causa.

    L’eventualità di una presentazione del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui marchio viene usato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione quando verifica se tale uso avviene conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    (v. punto 49, dispositivo 2)

    3.     Nel caso in cui un terzo che usa un marchio di cui non è titolare metta in commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto stesso con cui l’uso del pezzo di ricambio o dell’accessorio è previsto, un tale uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 sui marchi purché esso sia necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da detto terzo e avvenga conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    (v. punto 53, dispositivo 3)




    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
    17 marzo 2005(1)


    «Marchi – Direttiva 89/104/CEE  –  Art. 6, n. 1, lett. c)  –  Limitazione della tutela conferita dal marchio  –  Utilizzo da parte di un terzo del marchio quando esso sia necessario per indicare la destinazione di un prodotto o di un servizio»

    Nel procedimento C‑228/03,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Korkein oikeus (Finlandia) con decisione 23 maggio 2003, pervenuta in cancelleria il 26 maggio 2003, nella causa tra

    The Gillette Company, Gillette Group Finland Oy

    e

    LA-Laboratories Ltd Oy,



    LA CORTE (Terza Sezione),,



    composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, S. von Bahr, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh (relatore), giudici,

    avvocato generale: sig. A. Tizzano
    cancelliere: sig. R. Grass

    vista la fase scritta del procedimento ed in seguito alla trattazione orale del
    21 ottobre 2004,
    viste le osservazioni presentate:

    per la The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy, dai sigg. R. Hilli e T. Groop, asianajajat;

    per la LA‑Laboratories Ltd Oy, dal sig. L. Latikka, hallituksen puheenjohtaja;

    per il governo finlandese, dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agente;

    per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra C. Jackson, in qualità di agente, assistita dal sig. M. Tappin, barrister;

    per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Huttunen e N.B. Rasmussen, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 9 dicembre 2004,

    ha pronunciato la seguente



    Sentenza



    1
    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).

    2
    Questa domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra le società The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy (in prosieguo: la «Gillette Company», la «Gillette Group Finland» e, congiuntamente, le «società Gillette») e la società LA‑Laboratories Ltd Oy (in prosieguo: la «LA‑Laboratories») relativa all’apposizione da parte di quest’ultima dei marchi Gillette e Sensor sulle confezioni dei prodotti che essa mette in commercio.


    Contesto normativo

    Le disposizioni comunitarie

    3
    Secondo il primo ‘considerando’ della direttiva 89/104, le legislazioni degli Stati membri relative ai marchi d’impresa presentano disparità che possono ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune. In virtù di tale ‘considerando’, nella prospettiva dell’instaurazione e del funzionamento del mercato interno è dunque necessario ravvicinare le legislazioni degli Stati membri. Il terzo ‘considerando’ di questa direttiva precisa che non appare attualmente necessario procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi.

    4
    Il decimo ‘considerando’ della detta direttiva ricorda, segnatamente, che lo scopo della tutela accordata dal marchio registrato è in particolare quello di garantire la funzione d’origine del marchio.

    5
    L’art. 5, n. 1, della medesima direttiva dispone che:

    «Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

    a)
    un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

    b)
    un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa».

    6
    L’art. 5, n. 3, lett. a) e b), della direttiva 89/104 prevede che:

    «Si può in particolare vietare, se le condizioni menzionate al paragrafo 1 e 2 sono soddisfatte:

    a)
    di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento;

    b)
    di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, (…)».

    7
    L’art. 6 della detta direttiva, intitolato «Limitazione degli effetti del marchio di impresa», dispone quanto segue:

    «Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l’uso nel commercio:

    (…)

    c)
    del marchio di impresa se esso è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio,

    purché l’uso sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    (…)».

    8
    La direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU L 250, pag. 17), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE (GU L 290, pag. 18), ai sensi del suo art. 1 ha lo scopo di tutelare il consumatore e le persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, nonché gli interessi del pubblico in generale, dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa.

    9
    Ai sensi dell’art. 3 bis, n. 1, della detta direttiva:

    «Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa

    (…)

    d)
    non ingeneri confusione sul mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente;

    e)
    non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazione commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;

    (…)

    g)
    non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o a altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;

    h)
    non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati».

    Le disposizioni nazionali

    10
    In Finlandia il diritto dei marchi è disciplinato dalla tavaramerkkilaki (legge in materia di marchi) (7/1964) 10 gennaio 1964, come modificata dalla legge 25 gennaio 1993, 39/1993 (in prosieguo: la «tavaramerkkilaki»).

    11
    L’art. 4, n. 1, della tavaramerkkilaki, relativo al contenuto dei diritti esclusivi del titolare del marchio, cosi recita:

    «Il diritto sui marchi d’impresa ai sensi degli artt. 1-3 della presente legge implica che nessun soggetto, diverso dal titolare del marchio, possa, nell’esercizio di un’attività commerciale, usare come segno distintivo delle proprie merci un segno confondibile con il marchio, apponendolo sul prodotto o sulla sua confezione, utilizzandolo nella propria pubblicità o in documenti commerciali o in altri modi, ivi compresa anche la menzione orale (…)».

    12
    Ai sensi del n. 2 del detto articolo:

    «Si considera come uso abusivo, ai sensi del n. 1, fra l’altro il fatto che siano messi in commercio pezzi di ricambio, accessori o altri prodotti dello stesso tipo compatibili con un prodotto fabbricato o venduto da un terzo che ne menzionino il marchio d’impresa in modo tale da far credere che la merce posta in commercio provenga dal titolare del marchio o che questi abbia dato il suo consenso all’uso del marchio».


    Causa principale e questioni pregiudiziali

    13
    La Gillette Company ha fatto registrare in Finlandia i marchi Gillette e Sensor per i prodotti rientranti nella classe 8 ai sensi dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, ossia utensili e strumenti azionati manualmente; articoli di coltelleria; forchette e cucchiai; armi bianche; rasoi. La Gillette Group Finland, che detiene il diritto esclusivo di usare tali marchi in Finlandia ha commercializzato in tale Stato membro apparecchi per rasatura, in particolare rasoi composti da un’impugnatura e da una lametta sostituibile, nonché le medesime lamette sciolte.

    14
    Anche la LA‑Laboratories vende in Finlandia rasoi composti da un’impugnatura e da una lametta sostituibile, nonché lamette sciolte, simili a quelli messi in commercio dalla Gillette Group Finland. Tali lamette sono vendute con il marchio Parason Flexor e sulle loro confezioni è incollata un’etichetta su cui figura la scritta «per questa lametta vanno bene tutte le impugnature Parason Flexor e Gillette Sensor».

    15
    Dall’ordinanza di rinvio emerge che la LA‑Laboratories non era autorizzata da una licenza di marchio o da un qualsiasi altro contratto a fare uso dei marchi di cui è titolare la Gillette Company.

    16
    Le società Gillette hanno presentato un ricorso dinanzi allo Helsingin käräjäoikeus (Tribunale di primo grado di Helsinki) (Finlandia) in cui hanno fatto valere che la LA‑Laboratories aveva arrecato pregiudizio ai marchi registrati Gillette e Sensor. Secondo tali società, le pratiche della LA‑Laboratories creavano nella mente dei consumatori un collegamento tra i prodotti messi in commercio da quest’ultima e quelli delle società Gillette o facevano pensare che tale società fosse autorizzata, in virtù di una licenza o per un altro motivo, a usare i marchi Gillette e Sensor, circostanza non rispondente al vero.

    17
    Nella sua sentenza 30 marzo 2000, lo Helsingin käräjäoikeus ha considerato che, ai sensi dell’art. 4, n. 1, della tavaramerkkilaki, le società Gillette avevano il diritto esclusivo di far uso dei marchi d’impresa Gillette e Sensor sui prodotti, sulle loro confezioni e nella pubblicità. Di conseguenza, applicando in bella evidenza sulle confezioni dei suoi prodotti i detti marchi, la LA‑Laboratories aveva violato tale diritto esclusivo. Peraltro, secondo lo Helsingin käräjäoikeus l’art. 4, n. 2, della tavaramerkkilaki, che prevede una deroga a tale principio di esclusività, deve essere interpretato restrittivamente alla luce dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104. Infatti, tale disposizione non riguarda le parti essenziali di un prodotto, ma solo i pezzi di ricambio, gli accessori e gli altri prodotti di questo genere compatibili con i prodotti fabbricati o messi in commercio da altri.

    18
    Tale giudice ha ritenuto che sia l’impugnatura sia la lametta dovevano essere considerate parti essenziali del rasoio e non pezzi di ricambio o accessori di questo. Esso, di conseguenza, ha affermato che la deroga prevista all’art. 4, n. 2, della tavaramerkkilaki non si applicava. Per tali motivi, il detto giudice ha deciso di vietare alla LA-Laboratories di continuare o di rinnovare il pregiudizio arrecato ai diritti detenuti dalle società Gillette sui marchi Gillette e Sensor e l’ha condannata, da una parte, a rimuovere e distruggere le etichette usate in Finlandia menzionanti tali marchi e, dall’altra, a versare alle società Gillette una somma complessiva di FIM 30 000 a titolo di risarcimento dei danni subiti da queste ultime.

    19
    In appello lo Helsingin hovioikeus (Corte d’appello di Helsinki) (Finlandia) in una pronuncia del 17 marzo 2001 ha considerato, in primo luogo, che essendo il rasoio di tipo corrente in questione nella causa principale costituito da un’impugnatura e da una lametta, il consumatore poteva sostituire quest’ultima parte procurandosi una nuova lametta, venduta separatamente. Questa, sostituendosi ad una vecchia parte del rasoio, poteva quindi essere assimilata ad un pezzo di ricambio ai sensi dell’art. 4, n. 2, della tavaramerkkilaki.

    20
    In secondo luogo, tale giudice ha ritenuto che l’indicazione figurante sull’etichetta apposta sulla confezione delle lamette per rasoi messe in commercio dalla LA‑Laboratories, secondo cui, oltre ad essere compatibili con le impugnature Parason Flexor, le dette lamette erano compatibili anche con quelle messe in commercio dalle società Gillette, poteva presentare un’utilità per il consumatore e che, quindi, la LA‑Laboratories poteva provare la necessità di menzionare i marchi Gillette e Sensor sulla detta etichetta.

    21
    In terzo luogo, lo Helsingin hovioikeus ha affermato che le confezioni delle lame per rasoi messe in commercio dalla LA‑Laboratories recavano in modo visibile i segni distintivi Parason e Flexor che indicavano chiaramente l’origine del prodotto. Peraltro, tale giudice ha ammesso che la menzione dei marchi Gillette e Sensor in caratteri standard di piccole dimensioni su etichette di dimensioni relativamente modeste apposte sulla parte esterna delle dette confezioni non aveva potuto, in alcun caso, far pensare che esistesse un nesso commerciale tra le società Gillette e LA‑Laboratories e che quest’ultima aveva quindi menzionato i detti marchi in condizioni ammesse dall’art. 4, n. 2, della tavaramerkkilaki. Lo Helsingin hovioikeus ha annullato, per tale motivo, la sentenza dello Helsingin käräjäoikeus e ha respinto l’appello proposto dalle società Gillette.

    22
    Le società Gillette hanno proposto impugnazione dinanzi al Korkein oikeus, il quale ha ritenuto che la causa principale sollevasse questioni di interpretazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 per quanto riguarda i criteri che consentono di determinare se un prodotto è, per sua natura, assimilabile o no ad un pezzo di ricambio o ad un accessorio, il requisito secondo cui l’uso di un marchio appartenente ad altri deve essere necessario per indicare la destinazione di un prodotto e la nozione di usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, l’interpretazione di tali disposizioni dovendo prendere in considerazione anche la direttiva 84/450.

    23
    Ciò premesso il Korkein oikeus ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «Si desidera sapere,

    quando si applica l’art. 6, n. 1, lett. c), della [prima] direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa:

    1)
    quali siano i criteri:

    a)
    che permettono di determinare se un prodotto vada considerato pezzo di ricambio o accessorio; e

    b)
    che permettono di determinare quali prodotti, diversi dai pezzi di ricambio e dagli accessori, possano rientrare nella sfera di applicazione della summenzionata disposizione.

    2)
    Se la liceità dell’uso di un marchio altrui debba essere valutata diversamente secondo che il prodotto sia assimilabile a un pezzo di ricambio o a un accessorio oppure che si tratti di un prodotto idoneo a rientrare per qualsiasi altra ragione nella sfera di applicazione della summenzionata disposizione.

    3)
    Come bisogna interpretare il requisito che l’uso del marchio sia “necessario” per contraddistinguere la destinazione di un prodotto. Se il criterio della necessità possa risultare soddisfatto, quando sarebbe di per sé possibile contraddistinguere detta destinazione senza menzionare specificamente il marchio altrui, limitandosi a menzionare, per esempio, il principio tecnico di funzionamento del prodotto. Quale rilevanza abbia a questo riguardo il fatto che per il consumatore la maniera di presentare il prodotto possa risultare meno chiara per la mancata menzione espressa del marchio altrui.

    4)
    Di quali fattori occorra tener conto nel valutare il rispetto degli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale. Se la menzione di un marchio altrui nel contesto della vendita dei propri prodotti implichi l’affermazione che detti prodotti sono equivalenti, per qualità e caratteristiche tecniche o d’altro genere, ai prodotti venduti dal titolare del marchio.

    5)
    Se rilevi per la liceità dell’uso del marchio altrui il fatto che l’operatore economico che fa riferimento al marchio altrui venda, oltre a pezzi di ricambio e ad accessori, anche gli stessi prodotti insieme ai quali tali pezzi di ricambio e accessori devono essere usati».


    Sulla prima, seconda e terza questione

    24
    Con la prima, la seconda e la terza questione, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, in base a quali criteri debba essere interpretato il requisito secondo cui l’uso, da parte di un terzo, del marchio di cui egli non è il titolare deve essere necessario per indicare la destinazione di un prodotto, ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104. Tale giudice chiede inoltre, da una parte, in base a quali criteri taluni prodotti debbano essere considerati come accessori o pezzi di ricambio, ai sensi della detta disposizione e, dall’altra, se i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio per quanto riguarda questi ultimi prodotti siano diversi da quelli applicabili agli altri prodotti.

    25
    Occorre ricordare, in via preliminare, che il diritto di marchio costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato CE intende introdurre e conservare. In un sistema del genere le imprese devono essere in grado di attirare la clientela con la qualità delle loro merci o dei loro servizi, il che è possibile solo grazie all’esistenza di segni distintivi che consentano di identificarli (v., in particolare, sentenze 17 ottobre 1990, causa C‑10/89, HAG, Racc. pag. I‑3711, punto 13; 4 ottobre 2001, causa C‑517/99, Merz & Krell, Racc. pag. I‑6959, punto 21, e 12 novembre 2002, causa C‑206/01, Arsenal Football Club, Racc. pag. I‑10273, punto 47).

    26
    In tale prospettiva, la funzione essenziale del marchio consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendogli di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa. Infatti, per poter svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende introdurre e conservare, il marchio deve costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità (v., in particolare, sentenze 23 maggio 1978, causa 102/77, Hoffmann-La Roche, Racc. pag. 1139, punto 7; 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips, Racc. pag. I‑5475, punto 30, e Arsenal Football Club, cit., punto 48).

    27
    L’art. 5 della direttiva 89/104 definisce i «[d]iritti conferiti dal marchio di impresa» e l’art. 6 della medesima contiene norme relative alla «[l]imitazione degli effetti del marchio di impresa».

    28
    Secondo l’art. 5, n. 1, prima frase, della direttiva 89/104, il marchio di impresa registrato conferisce un diritto esclusivo al titolare. Ai sensi del medesimo n. 1, lett. a), quest’ultimo ha il diritto di vietare a terzi, senza il suo consenso, di usare nel commercio un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato. L’art. 5, n. 3, della direttiva elenca in modo non tassativo i tipi di uso che il titolare può vietare ai sensi del n. 1 di tale articolo.

    29
    Occorre rilevare che, limitando gli effetti dei diritti di cui il titolare di un marchio gode ai sensi dell’art. 5 della direttiva 89/104, l’art. 6 della direttiva medesima mira a conciliare gli interessi fondamentali della tutela dei diritti di marchio con quelli della libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei servizi nel mercato comune, in modo tale che il diritto di marchio possa svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende introdurre e conservare (v., in particolare, sentenza 23 febbraio 1999, causa C‑63/97, BMW, Racc. pag. I‑905, punto 62, e 7 gennaio 2004, causa C‑100/02, Gerolsteiner Brunnen, Racc. pag. I‑691, punto 16).

    30
    A tale riguardo, in primo luogo, secondo l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, il titolare di un marchio non può vietare a terzi l’uso nel commercio del marchio di impresa se esso è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.

    31
    Occorre rilevare che tale disposizione non stabilisce criteri diretti a determinare se una data destinazione di un prodotto rientri nel suo ambito di applicazione, ma richiede solo che l’uso del marchio sia necessario per indicare una tale destinazione.

    32
    Peraltro, poiché la destinazione dei prodotti in quanto accessori o pezzi di ricambio è data solo a titolo di esempio, trattandosi probabilmente di situazioni correnti in cui è necessario utilizzare un marchio per indicare la destinazione di un prodotto, l’applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 non è limitata a tali situazioni, come rilevato correttamente dal governo del Regno Unito e dalla Commissione delle Comunità europee. Di conseguenza, nelle circostanze della causa principale, non è necessario determinare se un prodotto debba essere considerato un accessorio o un pezzo di ricambio.

    33
    In secondo luogo, occorre rilevare, da una parte, che la Corte ha già constatato che l’uso di un marchio al fine di informare il pubblico che l’operatore pubblicitario è specializzato (o specialista) nella vendita, o che egli assicura la riparazione e la manutenzione dei prodotti recanti tale marchio immessi in commercio con tale marchio dal suo titolare o con il suo consenso, costituisce un uso che indica la destinazione di un prodotto o di un servizio ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 (v. sentenza BMW, cit. punti 54 e 58‑63). Tale informazione è necessaria per preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto o di tale servizio.

    34
    Lo stesso accade nella causa principale, in quanto i marchi di cui è titolare la Gillette Company sono usati da un terzo per fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa sulla destinazione del prodotto che esso mette in commercio, vale a dire sulla compatibilità del medesimo con quello recante i detti marchi.

    35
    D’altra parte, basta rilevare che un tale uso di un marchio è necessario nel caso in cui la detta informazione non può in pratica essere comunicata al pubblico da un terzo senza che venga fatto uso del marchio di cui quest’ultimo non è il titolare (v., in tal senso, sentenza BMW, cit., punto 60). Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 64 e 71 delle sue conclusioni, questo uso deve in pratica essere il solo mezzo per fornire un’informazione di tale tipo.

    36
    A tale riguardo, per accertarsi se possano essere utilizzati altri mezzi per fornire un’informazione del genere, è necessario prendere in considerazione, ad esempio, l’eventuale esistenza di standard tecnici o di norme generalmente usate per il tipo di prodotto messo in commercio dal terzo e note al pubblico al quale è destinato questo tipo di prodotto. Tali norme, o altre caratteristiche, devono essere idonee a fornire al detto pubblico un’informazione comprensibile e completa sulla destinazione del prodotto messo in commercio da detto terzo per preservare il sistema della concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto.

    37
    Spetta al giudice del rinvio verificare se, nelle circostanze della causa principale, l’uso del marchio sia necessario, tenendo conto dei requisiti menzionati ai punti 33‑36 della presente sentenza nonché della natura del pubblico cui è destinato il prodotto messo in commercio dalla LA‑Laboratories.

    38
    In terzo luogo, l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione tra le destinazioni possibili dei prodotti al momento della valutazione della liceità dell’uso di un marchio. I criteri di valutazione della liceità dell’uso di un marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio, non sono quindi diversi da quelli applicabili alle altre categorie di destinazioni possibili.

    39
    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima, la seconda e la terza questione nel senso che la liceità dell’uso del marchio ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 dipende dalla circostanza se tale uso sia necessario per indicare la destinazione di un prodotto.

    L’uso del marchio da parte di un terzo che non ne è il titolare è necessario per indicare la destinazione di un prodotto messo in commercio da tale terzo quando tale uso costituisce in pratica il solo mezzo per fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto.

    Spetta al giudice del rinvio verificare se, nella causa principale, un uso di questo tipo sia necessario, tenendo conto della natura del pubblico cui è destinato il prodotto messo in commercio dal terzo in questione.

    Poiché l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione tra le destinazioni possibili dei prodotti all’atto di valutare la liceità dell’uso del marchio, i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio, non sono dunque diversi da quelli applicabili alle altre categorie di destinazioni possibili dei prodotti.


    Sulla quarta questione

    40
    Con la prima parte della quarta questione, il giudice del rinvio chiede come debba essere interpretato il requisito di cui all’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, secondo cui l’uso del marchio da parte di un terzo ai sensi di tale disposizione è fatto conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale. Con il secondo aspetto di tale questione, il giudice del rinvio chiede se l’uso del marchio da parte di un terzo costituisca un’indicazione secondo cui i prodotti messi in commercio da tale terzo sono equivalenti, per qualità e caratteristiche tecniche o d’altro genere, ai prodotti recanti il detto marchio.

    41
    Per quanto riguarda la prima parte di tale questione, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il requisito degli «usi consueti di lealtà», ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 89/104, costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà nei confronti dei legittimi interessi del titolare del marchio (citate sentenze BMW, punto 61, e Gerolsteiner Brunnen, punto 24). Un obbligo di questo tipo è analogo a quello cui è soggetto il rivenditore quando impiega il marchio altrui per annunciare la rivendita di prodotti recanti tale marchio (sentenze 4 novembre 1997, causa C‑337/95, Parfums Christian Dior, Racc. pag. I‑6013, punto 45, e BMW, cit., punto 61).

    42
    A tale riguardo, l’utilizzo del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, anzitutto quando avviene in modo tale da poter dare l’impressione che esista un legame commerciale fra il terzo e il titolare del marchio (sentenza BMW, cit., punto 51).

    43
    Inoltre, un uso di tale tipo non deve compromettere il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà (sentenza BMW, cit., punto 52).

    44
    Peraltro, come rilevato correttamente dal governo del Regno Unito nonché dalla Commissione nelle loro osservazioni, l’utilizzo del marchio non avviene conformemente all’art. 6, n. 1), lett. c), della direttiva 89/104 qualora causi discredito o denigrazione a tale marchio.

    45
    Infine, nel caso in cui il terzo presenti il suo prodotto come imitazione o contraffazione del prodotto recante il marchio di cui non è il titolare, un uso siffatto del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà, ai sensi del detto art. 6, n. 1, lett. c).

    46
    Spetta al giudice del rinvio verificare se, nella causa principale, l’utilizzo del marchio di cui è titolare la Gillette Company sia avvenuto conformemente agli usi consueti di lealtà, tenendo conto, in particolare, delle condizioni ricordate ai punti 42‑45 della presente sentenza. A tale riguardo, occorre prendere in considerazione la presentazione complessiva del prodotto messo in commercio dal terzo, segnatamente in che modo il marchio di cui il terzo non è il titolare è evidenziato in tale presentazione, in che modo tale marchio e il marchio o il segno del terzo sono stati differenziati nonché lo sforzo fatto da tale terzo per garantire che i consumatori distinguano i suoi prodotti da quelli di cui egli non è titolare.

    47
    Per quanto riguarda la seconda parte di tale questione, come è stato fatto valere correttamente dal governo del Regno Unito nelle sue osservazioni, il fatto che un terzo utilizzi il marchio di cui non è il titolare per indicare la destinazione del suo prodotto non significa necessariamente che egli presenti tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto recante il detto marchio. Una rappresentazione di questo tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della causa principale.

    48
    Peraltro, l’eventualità di una presentazione del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui il marchio viene utilizzato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione quando verifica se tale utilizzo sia avvenuto conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    49
    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la quarta questione nel senso che il requisito degli «usi consueti di lealtà» ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà con riferimento ai legittimi interessi del titolare del marchio.

    L’uso del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, in particolare, quando:

    avvenga in modo tale da far pensare che esista un legame commerciale fra i terzi e il titolare del marchio;

    pregiudichi il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà;

    arrechi discredito o denigrazione a tale marchio,

    o quando il terzo presenti il suo prodotto come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante il marchio di cui egli non è il titolare.

    Il fatto che un terzo usi il marchio di cui non è il titolare per indicare la destinazione del prodotto che mette in commercio non significa necessariamente che egli presenti tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto recante tale marchio. Una presentazione di questo tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della causa principale.

    L’eventualità di una presentazione del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui marchio viene utilizzato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione quando verifica se tale utilizzo avviene conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.


    Sulla quinta questione

    50
    Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede se l’impossibilità per il titolare del marchio di vietare ad un terzo l’uso dello stesso, previsto all’art. 6, n. 1, lett. c) della direttiva 89/104, trovi applicazione nel caso in cui detto terzo metta in commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto stesso con il quale va usato il pezzo di ricambio o l’accessorio.

    51
    Occorre rilevare che, come hanno fatto valere il governo finlandese e quello del Regno Unito nelle loro osservazioni, nessuna disposizione della detta direttiva esclude che, in un tale caso, un terzo possa invocare il detto art. 6, n. 1, lett. c). Tuttavia, l’utilizzo del marchio da parte di tale terzo deve essere necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da parte di questo e deve essere realizzato conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    52
    La questione se l’utilizzo di un marchio da parte di un terzo nelle circostanze descritte sopra sia necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da questo e se tale utilizzo sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale è una questione di fatto che spetta al giudice nazionale valutare in funzione delle circostanze specifiche di ogni fattispecie.

    53
    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la quinta questione nel senso che, nel caso in cui un terzo che usa un marchio di cui non è il titolare metta in commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto stesso con cui l’uso del pezzo di ricambio o dell’accessorio è previsto, un tale uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 purché esso sia necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da detto terzo e avvenga conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.


    Sulle spese

    54
    Nei confronti delle parti della causa principale, il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

    1)
    La liceità dell’uso del marchio ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dipende dalla circostanza se tale uso sia necessario per indicare la destinazione di un prodotto.

    L’uso del marchio da parte di un terzo che non ne è il titolare è necessario per indicare la destinazione di un prodotto messo in commercio da detto terzo quando tale uso costituisce in pratica il solo mezzo per fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto.

    Spetta al giudice del rinvio verificare se, nella causa principale, un uso di questo tipo sia necessario, tenendo conto della natura del pubblico cui è destinato il prodotto messo in commercio dal terzo in questione.

    Poiché l’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 non effettua alcuna distinzione tra le destinazioni possibili dei prodotti all’atto di valutare la liceità dell’uso del marchio, i criteri di valutazione della liceità dell’uso del marchio, in particolare per quanto riguarda gli accessori o i pezzi di ricambio, non sono dunque diversi da quelli applicabili alle altre categorie di destinazioni possibili dei prodotti.

    2)
    Il requisito degli «usi consueti di lealtà» ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà con riferimento ai legittimi interessi del titolare del marchio.

    L’uso del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, in particolare quando:

    avvenga in modo tale da far pensare che esista un legame commerciale fra i terzi e il titolare del marchio;

    pregiudichi il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà;

    arrechi discredito o denigrazione a tale marchio;

    o quando il terzo presenti il suo prodotto come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante il marchio di cui egli non è il titolare.

    Il fatto che un terzo usi il marchio di cui non è il titolare per indicare la destinazione del prodotto che mette in commercio non significa necessariamente che egli presenti tale prodotto come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto recante tale marchio. Una presentazione di questo tipo dipende dai fatti del caso di specie e spetta al giudice del rinvio valutarne l’eventuale esistenza in funzione delle circostanze della causa principale.

    L’eventualità di una presentazione del prodotto messo in commercio dal terzo come avente pari qualità o caratteristiche equivalenti a quelle del prodotto il cui marchio viene usato costituisce un elemento che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione quando verifica se tale uso avviene conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    3)
    Nel caso in cui un terzo che usa un marchio di cui non è il titolare metta in commercio non solo un pezzo di ricambio o un accessorio, ma anche il prodotto stesso con cui l’uso del pezzo di ricambio o dell’accessorio è previsto, un tale uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 purché esso sia necessario per indicare la destinazione del prodotto messo in commercio da detto terzo e avvenga conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

    Firme


    1
    Lingua processuale: il finlandese.

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