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Document 62003CJ0220

Sentenza della Corte (Prima Sezione) dell'8 dicembre 2005.
Banca centrale europea contro Repubblica federale di Germania.
Protocollo sui privilegi e le immunità delle Comunità europee - Accordo sulla sede della Banca centrale europea- Clausola compromissoria - Immobili presi in locazione dalla BCE - Imposte indirette che si ripercuotono sui prezzi dei canoni di locazione.
Causa C-220/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-10595

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:748

Causa C-220/03

Banca centrale europea

contro

Repubblica federale di Germania

«Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee — Accordo sulla sede della Banca centrale europea — Clausola compromissoria — Immobili presi in locazione dalla BCE — Imposte indirette che si ripercuotono sui prezzi dei canoni di locazione»

Conclusioni dell’avvocato generale sig.ra C. Stix-Hackl, presentate il 13 settembre 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 8 dicembre 2005 

Massime della sentenza

1.     Privilegi e immunità delle Comunità europee — Immunità fiscale delle Comunità — Accordo sulla sede della Banca centrale europea — Rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari occasionata da cessioni di beni e prestazioni diverse nell’ambito di operazioni destinate all’uso ufficiale della Banca — Presupposto — Fatturazione separata — Condizione chiara e precisa

(Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, art. 3, secondo comma)

2.     Privilegi e immunità delle Comunità europee — Immunità fiscale delle Comunità — Rimborso delle imposte indirette e delle imposte sulla vendita dei beni — Applicazione all’imposta sulla cifra d’affari occasionata da cessioni di beni e prestazioni diverse — Presupposto — Fatturazione separata — Ammissibilità — Margine di manovra delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri nella conclusione di accordi di attuazione in materia di rimborso

(Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, art. 3, secondo comma)

1.     L’art. 8, n. 1, dell’Accordo 18 settembre 1998 concluso tra il governo della Repubblica federale di Germania e la Banca centrale europea sulla sede di tale istituzione subordina il rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari, occasionata da cessioni di beni e prestazioni diverse nell’ambito di operazioni destinate all’uso ufficiale della Banca, espressamente e senza ambiguità alla condizione che tale imposta sia stata «fatturata separatamente» alla Banca. Sebbene l’interpretazione di una disposizione di un Accordo «alla luce» del contesto giuridico in cui essa si inserisce sia in linea di principio possibile per risolvere un’ambiguità di redazione, un’interpretazione di questo tipo non può avere il risultato di privare di qualsiasi effetto utile la formulazione chiara e precisa di tale disposizione.

(v. punto 31)

2.     La condizione di cui all’art. 8, n. 1, dell’Accordo 18 settembre 1998 concluso tra il governo della Repubblica federale di Germania e la Banca centrale europea sulla sede di tale istituzione, secondo cui l’imposta sulla cifra d’affari, occasionata da cessione di beni e prestazione diverse nell’ambito di operazioni destinate all’uso ufficiale della Banca, sia stata «fatturata separatamente» alla Banca per essere rimborsata dallo Stato membro non è incompatibile né con gli obiettivi né con la formulazione dell’art. 3, secondo comma, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, che prevede l’abbuono o il rimborso da parte degli Stati membri dei diritti indiretti e delle tasse sulla vendita compresi nei prezzi degli acquisti considerevoli effettuati dalle Comunità per il loro uso ufficiale. Tale disposizione prevede esclusivamente l’adozione di «disposizioni adeguate» alla luce del rimborso delle imposte, e ciò solo per quanto riguarda «acquisti importanti» e solo «ogni volta che (…) è possibile». Un certo margine di manovra è quindi concesso alle istituzioni comunitarie nonché agli Stati membri nella conclusione di accordi riguardanti l’attuazione del detto art. 3, secondo comma, del Protocollo.

(v. punto 32)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

8 dicembre 2005 (*)

«Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee – Accordo sulla sede della Banca centrale europea – Clausola compromissoria – Immobili presi in locazione dalla BCE – Imposte indirette che si ripercuotono sui prezzi dei canoni di locazione»

Nel causa C‑220/03,

avente ad oggetto un ricorso proposto, ai sensi dell’art. 238 CE, il 21 maggio 2003,

Banca centrale europea, rappresentata dalla sig.ra C. Zilioli e dal sig. M. Benisch, in qualità di agenti, assistiti dai sigg. H.‑G. Kamann e M. Selmayr, Rechtsanwälte, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. U. Forsthoff, in qualità di agente, assistito dal sig. W. Hölters, Rechtsanwalt,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann (relatore), K. Lenaerts, E. Juhász e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix‑Hackl

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 9 giugno 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La Banca centrale europea (BCE), con il suo ricorso, chiede in sostanza alla Corte di dichiarare che la Repubblica federale di Germania è tenuta a rimborsarle, per tutte le forniture di beni e le prestazioni di servizi di cui ha bisogno per la sua attività ufficiale in Germania, e in particolare per tutte le locazioni di immobili, gli importi dell’imposta sulla cifra d’affari in merito ai quali può essere provato, o rispetto ai quali un’analisi economica porta a concludere che essi rientrano nel prezzo pagato da tale istituzione. Oltre a tale dichiarazione di principio, la BCE chiede che il detto Stato membro venga condannato a rimborsarle gli importi di EUR 8 794 023,37 a titolo dell’imposta summenzionata compresa nei canoni di locazione da essa pagati e di EUR 1 925 689,23 per la medesima imposta inclusa in spese accessorie e in diversi lavori relativi alle stesse locazioni.

 Contesto normativo

2       La BCE fonda le sue domande, formulate in forza di una clausola compromissoria contenuta nell’Accordo 18 settembre 1998, concluso tra la Repubblica federale di Germania e la Banca centrale europea sulla sede di tale istituzione (BGBl. 1998 II, pag. 2745; in prosieguo: l’«Accordo sulla sede»), sull’art. 8, n. 1, di tale Accordo, interpretato alla luce degli artt. 3, secondo comma, e 23, primo comma, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee 8 aprile 1965 (GU 1967, n. 152, pag. 13; in prosieguo: il «Protocollo»).

3       L’art. 291 CE così recita:

«La Comunità gode, sul territorio degli Stati membri, delle immunità e dei privilegi necessari all’assolvimento dei suoi compiti, alle condizioni definite dal protocollo dell’8 aprile 1965 sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee. Lo stesso vale per la Banca centrale europea, per l’Istituto monetario europeo e per la Banca europea per gli investimenti».

 Il Protocollo

4       L’art. 3, secondo comma, del Protocollo prevede quanto segue:

«I governi degli Stati membri adottano, ogni qualvolta sia loro possibile, le opportune disposizioni per l’abbuono o il rimborso dell’importo dei diritti indiretti e delle tasse sulla vendita compresi nei prezzi dei beni immobili o mobili, quando le Comunità effettuino, per loro uso ufficiale, acquisti considerevoli il cui prezzo comprenda diritti e tasse di tale natura. Tuttavia l’applicazione di tali disposizioni non deve avere per effetto di falsare la concorrenza all’interno della Comunità».

5       L’art. 23, primo comma, del Protocollo stabilisce che esso si applica alla BCE.

 L’Accordo sulla sede

6       L’Accordo sulla sede, ai sensi del quinto ‘considerando’ del suo preambolo, ha lo scopo di «stabilire i privilegi e le immunità della Banca centrale europea all’interno della Repubblica federale di Germania in conformità con quanto previsto nel Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee».

7       L’art. 8, n. 1, dell’Accordo sulla sede stabilisce quanto segue:

«In applicazione dell’art. 3, n. 2, del protocollo, il Bundesamt für Finanzen [Ufficio federale delle finanze] dal gettito complessivo dell’imposta sulla cifra d’affari rimborsa, su richiesta, l’imposta sulla cifra d’affari separatamente fatturata dalle imprese alla BCE per cessioni di beni e altre prestazioni effettuate a favore della BCE, qualora tali operazioni siano destinate all’uso ufficiale della BCE, e sempre che l’importo dell’imposta dovuto per tali operazioni superi, nel singolo caso, i cinquanta marchi tedeschi e sia stato effettivamente pagato dalla BCE alle imprese (…)».

8       L’art. 21 dell’Accordo sulla sede contiene la seguente clausola compromissoria:

«Ciascuna delle parti contraenti, conformemente all’art. 35, n. 4, dello Statuto del SEBC [Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea], può sottoporre alla Corte di giustizia delle Comunità europee le controversie sorte tra il governo e la BCE, relative all’interpretazione o all’applicazione del presente Accordo, che non hanno potuto essere risolte direttamente dalle parti dell’Accordo».

 Lo Statuto del SEBC

9       L’art. 35, n. 4, del Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, allegato al Trattato CE (in prosieguo: lo «Statuto del SEBC») è formulato nel modo seguente:

«La Corte di giustizia è competente a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto privato o di diritto pubblico stipulato dalla BCE o per suo conto».

 Le disposizioni riguardanti l’imposta sulla cifra di affari

10     La legge sull’assoggettamento all’imposta sul fatturato (Umsatzsteuergesetz), la cui versione rilevante per la presente controversia è quella del 9 giugno 1999 (BGBl. 1999 I, pag. 1270; in prosieguo: l’«UStG»), è diretta a trasporre in diritto tedesco le disposizioni della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

11     In forza dell’art. 4, n. 12, lett. a), dell’UStG, che è fondato sull’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, la locazione di beni immobili è esentata dall’imposta sulla cifra di affari. Tale esenzione si estende a tutte le prestazioni accessorie alle locazioni e, in particolare, alle spese che il locatore fattura al locatario in forza del contratto di locazione.

12     L’art. 9, n. 1, dell’UStG, che è fondato sull’art. 13, parte C, della sesta direttiva, prevede la possibilità di trattare come operazione imponibile un’operazione che sarebbe normalmente esentata in forza dell’art. 4, n. 12, lett. a), di questa stessa legge qualora tale operazione sia effettuata a vantaggio di un imprenditore che compie operazioni assoggettate all’imposta sulla cifra d’affari e che permettono la deduzione dell’imposta pagata a monte.

13     La BCE non ha la qualità di imprenditore ai sensi del diritto tributario tedesco e i locatori di immobili che essa prende in locazioni non beneficiano, di conseguenza, della possibilità prevista all’art. 9, n. 1, dell’UStS di trattare come operazioni assoggettate alla detta imposta le locazioni di immobili a tale istituzione e le prestazioni di servizi accessorie a tali operazioni. Tale possibilità di assoggettamento è anch’essa esclusa dal diritto tributario tedesco, poiché la BCE, come le banche e le compagnie di assicurazione del settore privato, effettua solo le operazioni che escludono la deduzione dell’imposta a monte.

14     In forza dell’art. 15, n. 1, dellUStG, che è fondato sull’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, gli imprenditori che effettuano operazioni assoggettate all’imposta sulla cifra d’affari che è loro assegnata possono dedurre da essa l’importo di quella che hanno pagato a monte ai loro fornitori per le prestazioni intermedie. Tuttavia, tale possibilità non è loro consentita per le operazioni esentate, quali sono, in forza dell’art. 4, n. 12, lett. a), dell’UStG, la locazione di immobili e la prestazione di servizi accessori a tale locazione, poiché, in tal caso, non è prelevata alcuna imposta sulla cifra d’affari e quindi non è possibile alcuna deduzione.

 Il contesto di fatto

15     La BCE ha in locazione diversi immobili a Francoforte (Germania), città in cui si trova la sua sede. I due immobili principali sono:

–       l’edificio Eurotower, situato in Kaiserstraße 29 (in prosieguo: l’«Eurotower»), e

–       l’edificio Eurotheum, situato nella Neue Mainzer Straße e la Junghofstraße (in prosieguo: l’«Eurotheum»).

16     È pacifico che, in applicazione dell’art. 4, n. 12, lett. a), dell’UStG, la locazione di tali immobili è esentata dall’imposta sulla cifra d’affari. Analogamente, in base al principio secondo cui le prestazioni accessorie seguono lo stesso regime della prestazione principale, le spese riguardanti tali locazioni (spese di manutenzione, elettricità, acqua, assicurazione ecc.; in prosieguo: le «spese») sono anch’esse esentate da tale imposta. Di conseguenza, i locatori che danno in affitto degli immobili alla BCE e gestiscono le spese relative ad essi non fatturano a tale istituzione l’imposta sulla cifra d’affari per le dette operazioni.

17     I locatori sono essi stessi assoggettati all’imposta sulla cifra d’affari per quanto riguarda tutte le prestazioni accessorie collegate agli immobili che danno in locazione (lavori di costruzione, di rinnovo, di manutenzione, nonché spese per l’elettricità, l’acqua e l’assicurazione ecc.; in prosieguo: le «operazioni a monte»). Se la locazione effettuata da un locatore fosse assoggettata a tale imposta, è pacifico che quest’ultimo, in applicazione dell’art. 15, n. 1, dell’UStG, potrebbe dedurre dall’imposta di cui è debitore per le sue operazioni tassabili l’importo dell’imposta da lui pagata sulle operazioni effettuate a monte (in prosieguo: l’«imposta a monte»). In tal modo egli potrebbe recuperare tale importo.

18     Per tale ragione, i locatori hanno interesse a esercitare l’opzione, che è loro conferita in applicazione dell’art. 9, n. 1, dell’UStG, per considerare una locazione che sarebbe normalmente esentata da tale imposta come un’operazione assoggettata all’imposta sulla cifra d’affari. Nel caso in cui il locatore abbia la possibilità di beneficiare di tale opzione, e cioè quando le locazioni sono effettuate a vantaggio di locatari che hanno la qualità di imprenditori e che realizzano essi stessi operazioni tassabili, il locatario può successivamente dedurre egli stesso l’importo dell’imposta sulla cifra d’affari riscossa sulla locazione da quella di cui è debitore a titolo delle operazioni che realizza. Così il locatario può, in linea di principio, recuperare l’importo dell’imposta pagata sull’importo della locazione e il fatto che il locatore abbia optato per l’assoggettamento non comporta alcuna conseguenza finanziaria negativa rispetto al detto locatario.

19     Secondo la BCE, tale sistema di esenzioni avrebbe il risultato di obbligarla a pagare ai suoi locatori gli importi dell’imposta sulla cifra d’affari pagata da questi ultimi sulle operazioni a monte. Infatti, i locatori calcolerebbero i canoni di locazione in funzione del loro margine di profitto e, di conseguenza, imporrebbero canoni di locazione più elevati a locatari come la BCE, a cui l’imposta a monte non può essere nuovamente fatturata. Benché tali importi non compaiano separatamente sulle fatture, sarebbe possibile, secondo tale istituzione, provare che essi rientrano nel prezzo del canone di locazione e delle spese che le vengono fatturati. Quest’ultima ne deduce che essa sopporta in modo indiretto un’imposta sulla cifra d’affari.

20     La Repubblica federale di Germania contesta che gli importi dell’imposta sulla cifra d’affari rientrino nel prezzo del canone di locazione e delle spese pagate dalla BCE. Essa afferma che numerosi altri locatari, in particolare le banche e le compagnie di assicurazione del settore privato, si trovano nella stessa posizione fiscale della BCE. I prezzi dei canoni di locazione e delle spese sarebbero fissati dal mercato e quest’ultima non avrebbe fornito la prova che i canoni di locazione e le spese corrispondono effettivamente a quelli dell’imposta a monte pagata dai locatori per le loro operazioni tassabili in rapporto con la locazione.

21     In una lettera in data 9 aprile 2001, il Finanzamt Wiesbaden, che è il competente centro locale delle imposte, ha rifiutato di accogliere la domanda della BCE diretta ad ottenere il rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari compresa, secondo quest’ultima, nelle fatture relative ai canoni di locazione e alle spese che le erano state inviate dai suoi locatori. La BCE ha contestato tale rifiuto, invocando l’art. 8, n. 1, della Accordo sulla sede e l’art. 3, secondo comma, del Protocollo. Poiché il disaccordo tra le autorità fiscali tedesche e la BCE continuava a sussistere, quest’ultima ha proposto il presente ricorso.

 Sulla ricevibilità del ricorso

22     La Repubblica federale di Germania contesta la ricevibilità del ricorso sia con riferimento al Protocollo sia in forza dell’Accordo sulla sede.

23     In primo luogo, secondo la Repubblica federale di Germania, la clausola compromissoria compresa all’art. 21 dell’Accordo sulla sede si applica espressamente ed esclusivamente alle controversie riguardanti l’interpretazione o l’applicazione «di tale Accordo». Pertanto, essa ritiene che la Corte non sia competente per quanto riguarda l’interpretazione e l’applicazione del Protocollo, in particolare per quanto riguarda l’applicazione diretta dell’art. 3, secondo comma, di esso, e che il ricorso sia, sotto questo aspetto, irricevibile.

24     Per quanto riguarda tale punto, è sufficiente constatare, come la BCE ha fatto valere in udienza, che il ricorso non è diretto ad ottenere un’interpretazione o un’applicazione diretta dell’art. 3, secondo comma, del Protocollo, ma ha solamente ad oggetto l’applicazione dell’art. 8, n. 1, dell’Accordo sulla sede, che deve essere interpretato alla luce dell’art. 3, secondo comma, del Protocollo, di cui il detto art. 8, n. 1, costituisce l’attuazione specifica nel presente contesto. La Corte è competente, in forza della clausola compromissoria enunciata all’art. 21 dell’Accordo sulla sede, ad interpretare ed applicare l’art. 8, n. 1, di tale Accordo alla luce del contesto giuridico in cui quest’ultimo si inserisce.

25     In secondo luogo, la Repubblica federale di Germania sostiene che la clausola compromissoria, che è, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, di stretta interpretazione, non è applicabile alla presente controversia, poiché non esiste alcun «disaccordo riguardante l’interpretazione e l’applicazione dell’Accordo sulla sede». Infatti, essa stessa e la BCE sarebbero d’accordo nel ritenere che l’art. 8, n. 1, di tale Accordo prevede, secondo la sua formulazione, esclusivamente il rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari fatturata separatamente e tale disposizione non sarebbe quindi applicabile poiché non si tratta, nella fattispecie, di un caso di rimborso di tale imposta.

26     A tale proposito, la BCE rileva a buon diritto che, evidentemente, esiste un disaccordo tra essa la Repubblica federale di Germania riguardante l’interpretazione e l’applicazione dell’art. 8, n. 1, dell’Accordo sulla sede, in particolare con riguardo alla questione se un’interpretazione più estensiva di tale disposizione si imponga alla luce dell’art. 3, secondo comma, del Protocollo, in modo tale che il detto Stato membro sarebbe tenuto a restituire alla BCE l’imposta sulla cifra d’affari non solo nel caso in cui essa viene fatturata separatamente, come prevede il disposto del summenzionato art. 8, n. 1, ma anche quando è possibile stabilire, persino in assenza di una fatturazione separata, che tale imposta è stata effettivamente pagata dalla BCE.

27     Alla luce di tali considerazioni, occorre respingere le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Repubblica federale di Germania e dichiarare che la Corte è competente in forza dell’art. 21 dell’Accordo sulla sede, letto in combinato disposto con gli artt. 238 CE e 35, n. 4, dello Statuto del SEBC, a pronunciarsi sul ricorso della BCE.

 Sul merito

28     È pacifico che l’art. 8, n. 1, dell’Accordo sulla sede prevede, secondo la stessa formulazione di tale disposizione, esclusivamente il rimborso dell’imposta sulla cifra di affari «fatturata separatamente (…) per le forniture di beni e le prestazioni diverse» fornite alla BCE. E’ altresì pacifico che su tali forniture e prestazioni non è riscossa alcuna imposta e che, di conseguenza, non potrebbe essere fatturata separatamente alcuna imposta «per» le forniture e prestazioni in parola.

29     Tuttavia la BCE afferma che l’art. 8, n. 1, dell’Accordo sulla sede, letto alla luce dell’art. 3, secondo comma, del Protocollo, prevede non solo il rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari, fatturata separatamente, ma anche quello di qualsiasi imposta sulla cifra d’affari che rientra nei prezzi pagati dalla BCE e, di conseguenza, dell’imposta sulla cifra d’affari sopportata indirettamente da tale istituzione a causa del ripercuotersi di tale imposta sul prezzo dei canoni di locazione fatturati dai suoi locatori, e ciò indipendentemente dal fatto che tale fatturazione sia o meno stata effettuata separatamente. Ciò risulterebbe dal fatto che l’art. 3, secondo comma, del Protocollo prevede espressamente un rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari da parte degli Stati membri «ogni volta che è loro possibile» ed esige inoltre, in generale, il rimborso «dell’importo dei diritti indiretti (…) rientranti nei prezzi dei beni immobili o mobili».

30     Tale argomento non può essere accolto.

31     L’art. 8, n. 1, dell’Accordo sulla sede subordina il rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari espressamente e senza ambiguità alla condizione, non soddisfatta nel caso di specie, che tale imposta sia stata «fatturata separatamente». Sebbene l’interpretazione di una disposizione di un Accordo «alla luce» del contesto giuridico in cui essa si inserisce sia in linea di principio possibile per risolvere un’ambiguità di redazione, un’interpretazione di questo tipo non può avere il risultato di privare di qualsiasi effetto utile la formulazione chiara e precisa di tale disposizione.

32     Inoltre, la condizione che l’imposta sia stata «fatturata separatamente» non è contraria né agli obiettivi né alla formulazione dell’art. 3, secondo comma, del Protocollo. Tale disposizione prevede esclusivamente l’adozione di «disposizioni adeguate» alla luce del rimborso delle imposte, e ciò solo per quanto riguarda «acquisti importanti» e solo «ogni volta che (…) è possibile». Un certo margine di manovra è quindi concesso alle istituzioni comunitarie nonché agli Stati membri nella conclusione di accordi riguardanti l’attuazione del detto art. 3, secondo comma, del Protocollo.

33     L’esclusione del rimborso delle imposte che non sono fatturate alla BCE, ma che sono pagate a monte dalle sue controparti contrattuali e possono così influire sui prezzi che le vengono fatturati non va oltre tale margine di manovra. Lo stesso accade per la soglia di DEM 50, fissata dall’Accordo sulla sede per la possibilità di rimborso delle tasse. Quindi, tali condizioni sono conformi al Protocollo.

34     D’altronde, la condizione summenzionata rispetta l’interesse finanziario della Comunità europea e dello Stato membro ospitante, in quanto evita che i fondi pubblici siano destinati all’attuazione di procedure di rimborso dettagliate e complesse destinate a provare che una parte delle spese sopportate dalla BCE corrisponde, in realtà, ad un’imposta pagata a monte da una delle sue controparti contrattuali.

35     Infine occorre aggiungere che l’ordinanza 17 dicembre 1968, causa 2/68, Ufficio Imposte di Consumo di Ispra/Commissione (Racc. pag. 635), invocata dalla BCE, è priva di qualsiasi pertinenza rispetto alla presente fattispecie, poiché tale ordinanza è stata pronunciata in merito ad una situazione in cui la Commissione delle Comunità europee, in un accordo concluso con il governo italiano, aveva cercato di ridurre i diritti e le garanzie di cui beneficiavano in forza del Protocollo alcuni terzi che non erano parti in tale accordo.

36     Alla luce di tale considerazioni, occorre respingere il ricorso della BCE.

 Sulle spese

37     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica federale di Germania ne ha fatto domanda, la BCE, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Banca centrale europea è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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