Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62003CC0320

    Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed del 14 luglio 2005.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria.
    Inadempimento di uno Stato - Artt. 28 CE - 30 CE - Libera circolazione delle merci - Artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) n. 881/92 - Artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) n. 3118/93 - Trasporti - Divieto settoriale di circolazione dei camion di più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci - Qualità dell'aria - Tutela della salute e dell'ambiente - Principio di proporzionalità.
    Causa C-320/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-09871

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:459

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    GEELHOED

    presentate il 14 luglio 2005 1(1)

    Causa C-320/03

    Commissione delle Comunità europee

    contro

    Repubblica d’Austria

    [Inadempimento di uno Stato – Artt. 28-30 CE – Artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri, e artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro – Divieto di transito per gli autoveicoli pesanti adibiti al trasporto su strada di massa superiore a 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci su un tratto dell’autostrada A 12, «Inntalautobahn»]





    I –    Introduzione

    1.     Il 27 maggio 2003, il governatore della regione del Tirolo ha adottato un regolamento che vieta il trasporto di determinate merci mediante autocarri di massa superiore alle 7,5 tonnellate su un tratto dell’autostrada A 12 che attraversa la valle austriaca dell’Inn (in prosieguo: la «Inntal»). Tale provvedimento, inteso a ridurre le emissioni di biossido di azoto degli autocarri nella suddetta area, avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° agosto 2003. In tale contesto, la Commissione ha rapidamente avviato una procedura d’infrazione in forza dell’art. 226 CE, facendo valere che il provvedimento contravveniva ai regolamenti comunitari in materia di servizi di trasporto, nonché alle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci.

    2.     La controversia solleva importanti questioni di principio relative alla compatibilità delle misure di tutela dell’ambiente con le disposizioni del Trattato concernenti l’istituzione e il funzionamento del mercato interno. Entrambi costituiscono obiettivi fondamentali della Comunità, fissati all’art. 2 CE ed enunciati in molte disposizioni concrete del Trattato.

    3.     Le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi, compresi i servizi di trasporto, hanno condotto ad un’elevata specializzazione geografica all’interno della Comunità. Quale parziale conseguenza di tale processo, i trasporti sono aumentati più rapidamente rispetto al prodotto interno lordo: per ogni punto percentuale di crescita economica, i trasporti sono aumentati all’incirca dell’uno e mezzo per cento. Nel settore dei trasporti, il settore dei trasporti su strada, oggetto, fino alla metà degli anni ‘80, di normative nazionali restrittive in alcuni Stati membri, ha tratto vantaggio da tale crescita sproporzionata. Mentre, in termini assoluti, il trasporto di merci su rotaia è rimasto stagnante o è addirittura diminuito e il trasporto per vie navigabili è aumentato solo lievemente, in ragione della disponibilità limitata di infrastrutture necessarie per la moderna navigazione interna su larga scala, il trasporto su strada si è espanso rapidamente. Ogni successivo allargamento della Comunità ha fornito ulteriori impulsi a tale espansione.

    4.     Tuttavia, il rapido aumento del trasporto di merci su strada presenta anche un aspetto negativo: congestione del traffico sulla rete stradale della Comunità, soprattutto sui principali assi di trasporto tra i centri di attività economica; più rapida usura delle infrastrutture stradali, che ha determinato un aumento dei costi di manutenzione; impatto sull’ambiente di rumore ed emissioni che inquinano l’aria, e, infine, rischi per la sicurezza e la salute umana causati dalla congestione e dall’inquinamento ambientale.

    5.     Negli ultimi 25 anni, la maggior parte degli Stati membri ha adottato molte misure intese a limitare e ad incanalare gli effetti collaterali negativi dell’aumento del traffico su strada. Sono stati infatti introdotti pedaggi speciali per coprire i costi infrastrutturali imputabili al trasporto su strada. Il traffico di transito su strada viene normalmente deviato intorno alle aree densamente popolate e alle aree vulnerabili sotto il profilo della gestione del paesaggio e dell’ambiente naturale. Vari paesi di transito limitano l’uso delle loro infrastrutture stradali da parte degli autocarri nei fine settimana o nelle ore notturne. Infine, si tenta di influenzare la scelta della modalità di trasporto per i trasporti verso destinazioni più lontane mediante l’introduzione di sussidi selettivi, oneri selettivi e misure regolamentari vincolanti.

    6.     Tali misure sono sempre più strettamente connesse con l’obbligo degli Stati membri di conformarsi alle disposizioni comunitarie adottate per ridurre l’impatto di varie attività sull’ambiente, al fine di tutelare quest’ultimo nonché la salute degli uomini, degli animali e dei vegetali.

    7.     Nella fattispecie, gli sviluppi che ho brevemente riassunto vengono in esame congiuntamente. Ciò riflette il contrasto tra l’espansione economica del trasporto di merci su strada e la tutela di altri interessi dagli effetti collaterali nocivi di tale sviluppo.

    II – Disposizioni pertinenti

    A –    Diritto comunitario

    8.     Le disposizioni relative al trasporto di merci su strada nella Comunità sono fissate dai regolamenti nn. 881/92 (2) e 3118/93 (3).

    9.     Ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 881/92, per effettuare trasporti internazionali di merci nella Comunità è necessaria una licenza comunitaria. Detta licenza è rilasciata da uno Stato membro a qualsiasi trasportatore di merci su strada che sia stabilito nel suo territorio e sia abilitato in detto Stato membro ad effettuare trasporti internazionali di merci su strada.

    10.   Inoltre, l’art. 1, n. 1, del regolamento n. 3118/93 dispone quanto segue:

    «Qualsiasi trasportatore di merci su strada per conto terzi che sia titolare della licenza comunitaria di cui al regolamento (CEE) n. 881/92 e il cui conducente, se cittadino di un paese terzo, è munito di un attestato di conducente alle condizioni previste da tale regolamento, è ammesso – alle condizioni fissate dal presente regolamento – ad effettuare, a titolo temporaneo, trasporti nazionali di merci su strada per conto terzi in un altro Stato membro, qui di seguito denominati rispettivamente “trasporti di cabotaggio” e “Stato membro ospitante”, senza che disponga di una sede o di un altro stabilimento».

    11.   La disciplina comunitaria relativa alla tutela della qualità dell’aria figura nella direttiva 96/62, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (4), nonché nella direttiva 1999/30, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (5) (in prosieguo: le «direttive sulla qualità dell’aria»). Entrambe le direttive sono state adottate sul fondamento dell’art. 130 S, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 175, n. 1, CE).

    12.   Conformemente all’art. 1 della direttiva 96/62, l’obiettivo generale della direttiva è definire i principi di base di una strategia comune volta a:

    –       definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente nella Comunità europea al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso;

    –       valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri in base a metodi e criteri comuni;

    –       disporre di informazioni adeguate sulla qualità dell’aria ambiente e far sì che siano rese pubbliche, tra l’altro mediante soglie d’allarme;

    –       mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove è buona, e migliorarla negli altri casi.

    13.   L’art. 4 della direttiva 96/62 prevede la fissazione, da parte del Consiglio e su proposta della Commissione, di valori limite per gli inquinanti elencati nell’allegato I della medesima direttiva.

    14.   L’art. 7 della direttiva 96/62 fissa i requisiti generali per il miglioramento della qualità dell’aria ambiente. I nn. 1 e 3 di detta disposizione così recitano:

    «1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite.

    (…).

    3. Gli Stati membri predispongono piani d’azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d’allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. Tali piani possono prevedere, a seconda dei casi, misure di controllo e, ove necessario, di sospensione delle attività, ivi compreso il traffico automobilistico, che contribuiscono al superamento dei valori limite».

    15.   L’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 prevede misure applicabili nelle zone in cui i livelli superano i valori limite. Il n. 3 di detta disposizione prevede quanto segue:

    «Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 [ossia quelli in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di superamento] gli Stati membri adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.

    Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all’allegato IV».

    16.   L’art. 4 della direttiva 1999/30 fornisce la base per i valori limite del biossido di azoto (NO2):

    «1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di biossido di azoto e, ove possibile, degli ossidi di azoto nell’aria, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato II, a decorrere dalle date ivi indicate.

    I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato II si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE.

    2. La soglia di allarme per le concentrazioni di biossido di azoto nell’aria ambiente è indicata nella sezione II dell’allegato II».

    17.   L’allegato II della direttiva 1999/30 stabilisce i seguenti valori limite per il biossido di azoto ai fini della tutela della salute umana:

    –       il valore limite orario è fissato in 200 µg/m3, che non deve essere superato per oltre 18 volte nell’anno solare, maggiorato di una percentuale digressiva fino al 1° gennaio 2010;

    –       il valore limite annuo per il 2002, compreso il margine di tolleranza previsto, è fissato in 56 µg/m3.

    B –    Normativa austriaca

    18.   Il provvedimento controverso è stato adottato sul fondamento degli artt. 10, 11 e 14 della Immissionsschutzgesetz-Luft (legge per la tutela contro le immissioni – Aria; in prosieguo: la «IG‑L»), che recepisce nel diritto austriaco le direttive 96/62 e 1999/30. L’art. 10 dell’IG‑L prevede la pubblicazione di un catalogo delle misure adottabili laddove venga accertato il superamento di un valore limite. L’art. 11 stabilisce i principi che vanno rispettati in tale contesto, quali il principio «chi inquina paga» e il principio di proporzionalità. L’art. 14 contiene disposizioni specificamente applicabili al settore dei trasporti.

    III – Fatti e procedimento

    19.   In seguito a misurazioni che registravano la presenza di biossido di azoto in eccesso rispetto ai valori limite fissati dall’IG‑L, il 1° ottobre 2002 veniva istituito un divieto temporaneo di transito notturno per gli autocarri su un tratto dell’autostrada A 12 «Inntalautobahn». Il valore limite annuo di 56 μg/m3 fissato dalla IG‑L veniva nuovamente superato nel 2002. Di conseguenza, il divieto di transito notturno veniva dapprima prorogato e successivamente sostituito, con effetto dal 1° giugno 2003, da un divieto permanente di transito notturno per gli autocarri di massa superiore a 7,5 tonnellate, applicabile per tutto l’anno.

    20.   In seguito, sul fondamento normativo dell’IG-L, il 27 maggio 2003 il governatore del Tirolo adottava il provvedimento controverso. Quest’ultimo imponeva, con effetto dal 1° agosto 2003, un divieto totale di transito su un tratto dell’autostrada A 12 «Inntalautobahn» per autocarri adibiti al trasporto di determinate merci. Ai sensi dell’art. 1 del provvedimento, il divieto è inteso a ridurre le emissioni connesse ad attività umane, contribuendo in tal modo al miglioramento della qualità dell’aria al fine di garantire durevolmente la tutela, tra l’altro, della salute dell’uomo, nonché della fauna e della flora.

    21.   Nell’art. 2 del provvedimento viene individuata una cosiddetta «zona di risanamento», costituita da un tratto di circa 46 km dell’autostrada A 12 tra i comuni di Kundl e Ampass. Ai sensi dell’art. 3 del provvedimento, nella suddetta zona è vietato il transito agli autocarri di peso complessivo superiore a 7,5 tonnellate per il trasporto delle seguenti categorie di merci: tutti i rifiuti elencati nel catalogo europeo dei rifiuti (6), cereali, legname in tronchi e sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, pietrame, terra, autoveicoli e rimorchi, nonché acciaio da costruzione. Il divieto sarebbe stato direttamente applicabile a decorrere dal 1° agosto 2003 senza necessità di ulteriori interventi da parte delle autorità. L’art. 4 del provvedimento prevede una deroga al divieto per i veicoli pesanti qualora le merci trasportate provengano da o siano destinate alla città di Innsbruck o ai distretti di Kufstein, Schwaz o Innsbruck‑Land. Ulteriori deroghe sono previste dalla stessa IG‑L. Quest’ultima esenta direttamente dal divieto di transito diverse categorie di veicoli, tra cui i mezzi per la manutenzione stradale, i mezzi adibiti alla raccolta di rifiuti e i veicoli per uso agricolo e forestale. Infine, per altri tipi di veicoli può essere richiesta un’autorizzazione caso per caso qualora sussistano un interesse pubblico o un rilevante motivo personale.

    22.   In esito ad un primo scambio di informazioni in merito alla compatibilità del provvedimento con il diritto comunitario, il 25 giugno 2003 la Commissione inviava alla Repubblica d’Austria una lettera di diffida, invitandola a presentare le sue osservazioni entro sette giorni. Il governo austriaco rispondeva il 3 luglio 2003. Il 9 luglio 2003, la Commissione notificava un parere motivato alla Repubblica d’Austria, concedendole un nuovo termine di sette giorni per presentare osservazioni. La Repubblica d’Austria rispondeva al parere motivato con lettera 18 luglio 2003.

    23.   Non essendo persuasa che il provvedimento controverso fosse compatibile con il diritto comunitario, la Commissione, con atto introduttivo del 23 luglio 2003, ha avviato un procedimento per infrazione dinanzi alla Corte di giustizia in forza dell’art. 226 CE. La Commissione chiede che la Corte voglia:

    –       dichiarare che l’istituzione di un divieto di circolazione su un tratto dell’autostrada A 12 «Inntalautobahn» tra il chilometro 20,359 nel territorio del comune di Kundl e il chilometro 66,780 nel territorio del comune di Ampass per autocarri di massa complessiva superiore a 7,5 tonnellate, che trasportano determinate merci, è incompatibile con gli obblighi che incombono alla Repubblica d’Austria in virtù degli artt. 1 e 3 del regolamento n. 881/92, degli artt. 1 e 6 del regolamento n. 3118/93 e degli artt. 28-30 CE;

    –       condannare la Repubblica d’Austria alle spese.

    24.   La Commissione ha presentato al Presidente della Corte una domanda di provvedimenti urgenti ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, intesa ad ottenere che alla Repubblica d’Austria fosse ingiunto di adottare le misure necessarie per sospendere l’esecuzione del divieto istituito dal provvedimento controverso fino a che la Corte non avesse statuito sul ricorso principale (7).

    25.   Con ordinanza 30 luglio 2003, il Presidente della Corte, su richiesta presentata dalla Commissione in forza dell’art. 84, n. 2, del regolamento di procedura, ha ordinato alla Repubblica d’Austria, al fine di mantenere lo status quo, di astenersi dall’introdurre il divieto sancito dal provvedimento controverso sino alla pronuncia dell’ordinanza conclusiva del procedimento sommario (8).

    26.   Con ordinanza 2 ottobre 2003 (9), il Presidente della Corte ha disposto la proroga della sospensione dell’esecuzione del provvedimento controverso fino al 30 aprile 2004 e, con ordinanza 27 aprile 2004 (10), fino a che la Corte abbia statuito sul ricorso principale.

    27.   Con ordinanze 16 settembre 2003 e 21 gennaio 2004, il Presidente della Corte ha consentito, in un primo tempo alla Repubblica federale di Germania e alla Repubblica italiana, e successivamente al Regno dei Paesi Bassi, di presentare osservazioni a sostegno delle conclusioni della Commissione.

    IV – Sulla ricevibilità

    28.   Il governo austriaco contesta la ricevibilità del ricorso proposto dalla Commissione in ragione dell’estrema brevità dei termini concessigli durante il procedimento precontenzioso per predisporre le risposte alla diffida e al parere motivato della Commissione. L’Austria afferma di non avere potuto preparare adeguatamente la propria difesa e che pertanto le è stato negato il diritto ad un procedimento equo e corretto. Essa ha inoltre espresso dubbi sul fatto che i servizi della Commissione abbiano esaminato con la dovuta attenzione le osservazioni dedotte in risposta agli argomenti svolti dalla medesima Commissione.

    29.   L’Austria afferma altresì che la Commissione avrebbe dovuto applicare la procedura prevista dal regolamento n. 2679/98, sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (11).

    30.   La Commissione ammette che i termini da essa fissati erano effettivamente molto brevi, ma ritiene che essi fossero giustificati in quanto il provvedimento controverso avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° agosto 2003.

    31.   La Corte ha precisato ripetutamente che il procedimento precontenzioso ha lo scopo di dare allo Stato membro interessato l’opportunità di conformarsi agli obblighi che gli derivano dal diritto comunitario o di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (12). Alla luce di tale duplice scopo, gli Stati membri devono disporre di un termine ragionevole per rispondere alla lettera di diffida, conformarsi al parere motivato o, eventualmente, preparare la loro difesa. La Corte ha inoltre dichiarato che per valutare la ragionevolezza del termine impartito, si deve tener conto del complesso delle circostanze caratterizzanti la fattispecie e che termini molto brevi possono ammettersi in situazioni specifiche, in particolare quando vi sia l’urgenza di porre rimedio ad un inadempimento o quando lo Stato membro interessato sia pienamente a conoscenza del punto di vista della Commissione ben prima che venga avviato il procedimento (13).

    32.   Le modalità con cui è stato condotto il procedimento precontenzioso vanno esaminate alla luce delle circostanze del caso di specie. In seguito ad una denuncia pervenutale il 6 maggio 2003 la Commissione ha chiesto alle autorità austriache di fornirle informazioni in merito al provvedimento, all’epoca ancora allo stadio di progetto, e di indicare i motivi che lo giustificavano. Le autorità austriache hanno risposto il 13 giugno 2003. Nel frattempo, il provvedimento controverso era stato adottato ed avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° agosto 2003. Ne sarebbe conseguita una situazione che, a parere della Commissione, avrebbe costituito una violazione degli obblighi incombenti alla Repubblica d’Austria in forza del diritto comunitario e probabilmente avrebbe anche prodotto conseguenze irreparabili sul settore dei trasporti. Per evitare che si verificasse tale situazione, la Commissione è stata costretta, viste le circostanze, imputabili in larga misura ai termini stabiliti dalle autorità austriache per l’entrata in vigore del provvedimento controverso, a svolgere rapidamente il procedimento precontenzioso, in modo da soddisfare i requisiti procedurali cui è subordinata la domanda di provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 243 CE.

    33.   Inoltre, la posizione della Commissione era nota alle autorità austriache già prima dell’avvio del procedimento precontenzioso e prima dell’adozione del provvedimento controverso.

    34.   Ritengo pertanto che la Commissione non avesse altra scelta che condurre in tal modo il procedimento precontenzioso e che, in tale contesto, i termini non possano essere considerati irragionevoli. Dichiarare irricevibile il ricorso proposto dalla Commissione contro uno Stato membro in circostanze quali quelle della fattispecie ora in esame comprometterebbe gravemente la funzione assegnata a detta Istituzione dall’art. 211 CE, ossia vigilare sull’adempimento, da parte degli Stati membri, degli obblighi loro incombenti in forza del diritto comunitario e, se necessario, avviare procedimenti ex art. 226 CE.

    35.   Va respinta anche la tesi del governo austriaco secondo cui la Commissione avrebbe dovuto applicare il procedimento istituito dal regolamento n. 2679/98. Tale regolamento è inteso a rimuovere rapidamente gli ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato interno, quali definiti all’art. 1 del medesimo atto. Senza che occorra addentrarsi nei dettagli di tale procedimento, che è stato ispirato in primo luogo da situazioni determinatesi in seguito ad azioni intraprese da privati, quali quelle che hanno dato origine alle sentenze della Corte nelle cause Commissione/Francia (14) e Schmidberger (15), anche se non è limitato ad esse, basti rilevare come non può ritenersi che tale procedimento ponga una condizione preliminare che la Commissione è tenuta a soddisfare prima di avviare il procedimento precontenzioso ai sensi dell’art. 226 CE, e che esso non sostituisce quest’ultimo procedimento. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, «nonostante gli altri poteri conferitile dal Trattato per far osservare il diritto comunitario, la Commissione valuta liberamente l’opportunità di proporre o no un ricorso per inadempimento senza dover giustificare la propria scelta, dato che le considerazioni che determinano tale scelta non possono avere alcuna incidenza sulla ricevibilità del ricorso» (16). Pertanto, i poteri attribuiti alla Commissione dall’art. 226 CE non possono essere condizionati o limitati da atti di diritto comunitario derivato (17). Tuttavia, voglio aggiungere che, qualora si fosse effettivamente dovuto seguire tale procedimento, l’art. 5 del regolamento avrebbe imposto al governo austriaco di rispondere alla richiesta della Commissione entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento della comunicazione. Benché il contesto sia diverso da quello di un procedimento precontenzioso, è curioso che il governo austriaco consideri accettabile tale termine, ancorché implicitamente mediante richiamo al regolamento.

    36.   Alla luce di tali considerazioni, il ricorso della Commissione dev’essere dichiarato ricevibile.

    V –    Nel merito

    A –    Posizione della Commissione e dei governi tedesco, italiano e olandese

    37.   Come si è già rilevato, la Commissione afferma che il provvedimento controverso contravviene alle disposizioni comunitarie relative alla libera prestazione dei servizi di trasporto, sancita dai regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, e alla libera circolazione delle merci, garantita dagli artt. 28 CE e 30 CE. Prima di esaminare tali questioni, la Commissione analizza gli immediati effetti pratici ed economici dell’introduzione del provvedimento controverso.

    38.   Il tratto dell’autostrada A 12 cui dev’essere applicato il provvedimento è soggetto ad un transito intenso in quanto costituisce il punto di incontro del traffico nord-sud tra la Germania e l’Italia con il traffico est-ovest all’interno dell’Austria. Secondo le statistiche del Tirolo, in media 5200 autocarri transitano quotidianamente sull’autostrada A 12 tra Wörgl e Hall. Esaminando più attentamente i trasporti interessati dal provvedimento e tenendo conto delle deroghe per il traffico locale, si calcola che in definitiva risulterebbero interessati, su base giornaliera, 610 veicoli stranieri e 130 veicoli austriaci. Poiché il tratto dell’autostrada A 12 può essere aggirato solo effettuando ampie deviazioni, il provvedimento costituisce effettivamente un divieto di transito per tutto il traffico stradale costituito da autocarri che trasportano le merci indicate nel medesimo provvedimento. Il governo tedesco osserva inoltre che il ricorso a percorsi alternativi determinerebbe un inquinamento dell’aria ancora maggiore e sposterebbe semplicemente il problema.

    39.   Il provvedimento determina conseguenze economiche rilevanti non solo per il settore dei trasporti, ma anche per i produttori delle merci interessate, in quanto essi dovrebbero affrontare costi di trasporto superiori e problemi logistici alla ricerca di percorsi alternativi per consegnare i loro prodotti alla clientela. La Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni rilevano che sarebbero minacciate soprattutto le piccole e medie imprese di trasporti, molte delle quali sono specializzate nel trasporto delle merci di cui trattasi.

    40.   La Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni evidenziano tutti che il trasferimento su rotaia dei trasporti in questione non può essere considerato un’alternativa realistica nel breve periodo. Ciò vale per i tre possibili trasferimenti su rotaia dei prodotti di cui trattasi: trasporto su rotaia, trasporto non accompagnato e trasporto accompagnato (Rollende Landstrasse). A parte il fatto che l’attività dei vettori su strada non consiste nel trasporto delle merci su rotaia, tale opzione non può ancora essere considerata una possibile alternativa al traffico su strada, date le capacità limitate della ferrovia del Brennero e visti i limiti tecnici, i ritardi e la mancanza di affidabilità e puntualità. Inoltre, non sarebbe possibile aumentare sufficientemente le suddette capacità nel breve periodo. L’ampliamento di capacità progettato nel contesto del programma Brennero 2005 è inteso a soddisfare l’attuale domanda e potrebbe non rispondere alle ulteriori esigenze determinate dal divieto sancito dal provvedimento controverso. Il trasferimento su rotaia renderebbe meno vantaggioso il trasporto delle merci in questione.

    41.   Alla luce di questi effetti, la Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni sostengono che il provvedimento controverso costituisce anche una palese restrizione alla libera prestazione dei servizi di trasporto, in violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93 e alla libera circolazione delle merci di cui trattasi, in violazione degli artt. 28 CE e 30 CE. I governi italiano e olandese aggiungono che esso contrasta anche con il diritto al libero transito attraverso il territorio di uno Stato membro, riconosciuto dalla Corte nella sentenza SIOT (18).

    42.   Inoltre, sebbene il provvedimento sia redatto in termini neutrali, esso di fatto incide principalmente sul traffico di transito. Le statistiche dimostrano che l’80% di tale traffico riguarda imprese di trasporti non austriache, mentre l’80% dei trasporti esentati dal provvedimento viene effettuato da imprese austriache. Il provvedimento, pertanto, determina una discriminazione (indiretta) tra imprese di trasporto nazionali e straniere. Di conseguenza, esso non può essere giustificato da motivi attinenti alla tutela dell’ambiente.

    43.   Nel caso in cui la Corte pervenisse ad una conclusione diversa, la Commissione afferma, in subordine, che il provvedimento controverso non può essere giustificato in forza delle direttive sulla qualità dell’aria. Da un lato, un divieto settoriale di transito indefinito non può essere fondato sull’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62. Dall’altro, la Commissione ammette che sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 8, n. 3, della direttiva, in quanto nel 2002 è stato chiaramente superato il valore limite per il biossido di azoto, compreso il margine di tolleranza. Tuttavia, il catalogo delle misure di cui all’art. 10 della IG‑L non contiene gli elementi prescritti dalla suddetta disposizione e dall’allegato IV della direttiva. I governi che hanno presentato osservazioni sollevano dubbi anche per quanto riguarda il metodo applicato per misurare i livelli di inquinamento e la tesi secondo cui l’emissione di biossido di azoto va imputata in particolare ad una sola categoria di veicoli pesanti.

    44.   Sebbene il governo austriaco tenti di giustificare il provvedimento controverso per motivi attinenti sia alla salute pubblica che alla tutela dell’ambiente, secondo la Commissione è evidente che il secondo obiettivo è preponderante. La giustificazione per motivi di tutela della salute pubblica ai sensi dell’art. 30 CE è ammissibile solo qualora i prodotti interessati costituiscano una minaccia diretta e dimostrabile per la salute. È evidente che nella fattispecie non sussiste tale condizione.

    45.   Inoltre, il provvedimento controverso non è conforme al principio di proporzionalità, potendosi ricorrere ad altre misure meno restrittive della libera circolazione delle merci e dei servizi di trasporto. A tale proposito, la Commissione, sostenuta dai governi che hanno presentato osservazioni, fa riferimento alla possibilità di introdurre gradualmente il divieto contenuto nel provvedimento controverso per le varie categorie di autocarri inquinanti (EURO‑0, 1 e 2, nonché, in futuro, EURO‑3). Essa rileva inoltre che il sistema di ecopunti istituito dal Protocollo n. 9, concernente il trasporto su strada, ferroviario e combinato in Austria, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all’Unione europea e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (in prosieguo: il «Protocollo n. 9») ha già contribuito in misura significativa a conciliare il traffico pesante con le esigenze di tutela dell’ambiente. Tra le altre possibili misure rientrano le restrizioni al traffico pesante durante le ore di punta, un divieto di transito notturno per gli autocarri, sistemi di pedaggio in base al valore inquinante dei veicoli e limiti di velocità. Tali misure, che sarebbero maggiormente in linea con il principio di correzione, alla fonte, delle azioni dannose per l’ambiente e con il principio «chi inquina paga», riguarderebbero anche il traffico locale e ridurrebbero l’inquinamento provocato da veicoli non interessati dal provvedimento controverso. In ogni caso, le parti sopra menzionate affermano che sarebbe prematuro introdurre un nuovo divieto di transito per gli autocarri prima che siano disponibili i dati relativi all’ampliamento del divieto notturno.

    46.   Il governo tedesco osserva inoltre che non è chiaro il motivo per cui il trasporto su strada delle merci elencate nel provvedimento controverso contribuirebbe in modo particolare all’inquinamento dell’aria. Detto governo afferma che la scelta delle merci è arbitraria e iniqua. Il governo olandese aggiunge che il provvedimento si applica solo ad una delle varie fonti di inquinamento nella zona interessata ed inoltre limita il transito di autocarri relativamente puliti (EURO‑3). Il governo italiano rileva che il diritto comunitario sancisce un diritto di transito per i veicoli cui sono stati assegnati ecopunti.

    47.   Il governo tedesco ritiene che l’art. 10 CE imponesse alle autorità austriache di consultarsi con gli Stati membri interessati e con la Commissione, prima di introdurre una misura così radicale. La Commissione afferma che il provvedimento controverso, se proprio doveva essere adottato, avrebbe dovuto essere introdotto gradualmente onde consentire ai settori interessati di prepararsi al mutamento delle circostanze.

    48.   Infine, la Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni deducono che è inammissibile qualsiasi condizione imposta al trasporto di merci non prevista da regolamenti relativi alla libera prestazione dei servizi di trasporto. Poiché le osservazioni fondate sull’art. 28 CE dimostrano che il provvedimento non è giustificabile, quest’ultimo costituisce anche una violazione degli artt. 1 e 3 del regolamento n. 881/92, nonché degli artt. 1 e 6 del regolamento n. 3118/93.

    B –    Posizione della Repubblica d’Austria

    49.   Il governo austriaco sostiene che il provvedimento controverso è compatibile con il diritto comunitario. Esso rileva come la Commissione non contesti che nel 2002, alla stazione di rilevamento di Vomp/Raststätte, fosse stato superato il valore limite, compreso il margine di tolleranza, di 56 μg/m3, e che tale valore limite fosse stato ancora ampiamente superato nel 2003 (68 μg/m3). In tali circostanze, gli artt. 7 e 8 della direttiva 96/62 impongono ad uno Stato membro di adottare misure per garantire il rispetto del valore limite. Queste sono le condizioni in cui è stato adottato il provvedimento controverso.

    50.   Il governo austriaco contesta con forza la tesi della Commissione secondo cui i valori limite stabiliti nelle direttive concernenti la qualità dell’aria non si applicano agli ecopunti ancora validi. Pur ammettendo che il protocollo n. 9, che prevede il sistema degli ecopunti, contempla deroghe espresse al diritto comunitario derivato, detto governo sostiene che queste ultime devono essere considerate esaustive e non riguardano le direttive sulla qualità dell’aria.

    51.   Poiché studi scientifici dimostrano chiaramente che le emissioni di biossido di azoto legate al transito dei veicoli pesanti costituiscono un’importante fonte di inquinamento nella zona interessata dal provvedimento controverso, sussiste chiaramente l’esigenza di limitare il numero di trasporti effettuati mediante tali veicoli. Per mantenere al minimo gli effetti di un divieto di transito sul tratto considerato dell’autostrada A 12 sono state scelte merci per le quali il trasporto su rotaia costituisce un’alternativa concreta e praticabile, sia sotto il profilo tecnico che sotto quello economico. Al contrario di quanto affermano la Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni, dai rilievi svolti da varie imprese ferroviarie pubbliche e private, sia austriache che straniere, emergerebbe che esiste una capacità sufficiente a soddisfare l’aumento di domanda derivante dall’introduzione del provvedimento controverso. Ciò varrebbe per il trasporto combinato non accompagnato, per il trasporto di veicoli completi e per il cosiddetto Rollende Landstrasse. Inoltre, esisterebbero anche percorsi stradali alternativi. Infatti, quasi metà del traffico di transito lungo il corridoio del Brennero potrebbe essere deviato su un percorso più breve o quanto meno equivalente a quello attraverso il Brennero. Sarebbe infondata la tesi della Commissione secondo cui i mezzi di trasporto interessati dovrebbero effettuare deviazioni attraverso la Svizzera o attraverso i Tauern.

    52.   Il governo austriaco contesta gli argomenti fondati sugli effetti economici del provvedimento sul settore dei trasporti, che è caratterizzato da una sovraccapacità strutturale e da margini di profitto estremamente modesti. Il fatto che il provvedimento possa aggravare tali problemi non potrebbe costituire un motivo per dichiararne l’illegittimità.

    53.   Quanto al presunto carattere discriminatorio del provvedimento controverso, il governo austriaco evidenzia che esso non si applica esclusivamente alle merci straniere. Il divieto colpisce tutti i veicoli pesanti, compresi quelli austriaci, che transitano lungo l’intero tratto dell’autostrada A 12 per trasportare le merci elencate nel provvedimento. Le merci sarebbero state scelte in base alla possibilità di trasferirne agevolmente il trasporto su rotaia (Bahnaffinität, affinità alla rotaia) al fine di limitare gli effetti del provvedimento sulla libera circolazione delle merci. Infatti, una percentuale considerevole delle merci in questione sarebbe già trasportata su rotaia. Se la Commissione afferma che il provvedimento è discriminatorio in quanto i trasporti con destinazione o origine nell’area indicata sono esclusi dal divieto, il governo austriaco replica che tale situazione non può essere equiparata al traffico di transito. L’unico confronto possibile andrebbe effettuato tra i veicoli in ingresso e quelli in uscita dalla zona in questione. L’esenzione per il traffico locale sarebbe giustificata in quanto il trasferimento su rotaia all’interno dell’area comporterebbe viaggi più lunghi verso le stazioni ferroviarie, il che sarebbe controproducente rispetto allo scopo del provvedimento di ridurre l’inquinamento dell’aria.

    54.   Nel caso in cui la Corte dichiarasse, nonostante questi rilievi, che il provvedimento costituisce effettivamente una discriminazione indiretta nei confronti delle merci provenienti da altri Stati membri, esso andrebbe ritenuto giustificato da motivi attinenti alla tutela della salute pubblica, ai sensi dell’art. 30 CE, e alla tutela dell’ambiente. A tale proposito, il governo austriaco osserva che i valori limite previsti dalle direttive sulla qualità dell’aria sono stati fissati ad un livello ritenuto necessario per tutelare durevolmente la salute umana e per proteggere gli ecosistemi e la vegetazione. Di conseguenza, non occorrerebbe dimostrare che ogni caso di superamento dei valori limite pone a rischio la salute umana e ha effetti nocivi sull’ambiente.

    55.   Il divieto istituito dal provvedimento sarebbe adeguato, necessario e proporzionato per conseguire lo scopo perseguito. Il governo austriaco non concorda sul fatto che le alternative proposte dalla Commissione e dai governi che hanno presentato osservazioni costituirebbero sistemi più proporzionati per raggiungere l’obiettivo del provvedimento controverso. Il divieto per determinate classi di veicoli EURO sarebbe insufficiente (divieto per gli EURO‑0 e 1) o sproporzionato (divieto per gli EURO‑0, 1 e 2). Quest’ultimo riguarderebbe meno del 50% del traffico pesante e non terrebbe conto della trasferibilità su rotaia. Il governo austriaco osserva inoltre che i valori limite verrebbero superati nonostante l’applicazione del sistema di ecopunti e che nel predisporre il provvedimento si è tenuto conto del divieto di transito notturno per gli autocarri. Il divieto contenuto nel provvedimento controverso non andrebbe considerato come una misura isolata. Esso dovrebbe essere esaminato congiuntamente ad altre misure strutturali adottate al fine di ridurre l’inquinamento dell’aria, quale il miglioramento dell’infrastruttura ferroviaria.

    56.   Infine, il governo austriaco ritiene infondata la censura della Commissione relativa alla presunta violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, dal momento che essa non specifica i motivi di tale violazione e si limita a richiamarsi agli argomenti dedotti in relazione alla presunta violazione dell’art. 28 CE. Di conseguenza, non sarebbero soddisfatte le condizioni fissate dall’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte.

    C –    Osservazioni generali: il problema in un contesto più ampio

    57.   Nell’introduzione delle presenti conclusioni, ho rilevato che la fattispecie ora in esame ha tratto origine da un problema più radicato, connesso alla necessità di conciliare l’aumento nell’uso delle infrastrutture stradali con le esigenze di tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Prima di esaminare le questioni giuridiche strictu sensu, occorre collocare la controversia nel suo contesto più ampio, al fine di individuare una soluzione equilibrata che tenga conto dei dati del problema sollevato.

    58.   In primo luogo, occorre prestare particolare attenzione all’ambito geografico di applicazione del provvedimento controverso. Le Alpi formano una barriera naturale che divide la Francia e la Germania – e gli Stati membri situati ancora più a nord – dall’Italia e da talune parti dei Balcani, fra cui la Slovenia. Tale barriera è attraversata da vari corridoi, costituiti da passi o tunnel o da una combinazione degli stessi, che sono stati resi accessibili al trasporto su strada. Il transito transalpino su strada si concentra in questi corridoi. Il rapido aumento del trasporto intracomunitario su strada ha condotto ad un maggiore utilizzo dell’infrastruttura stradale su questi percorsi e, di conseguenza, ad una maggiore pressione sull’ambiente nei corridoi e nelle loro immediate vicinanze.

    59.   Il cuore della regione delle Alpi è costituito, a nord e a est, da due paesi relativamente piccoli, Svizzera e Austria, e a ovest dalla zona di frontiera tra Francia e Italia. Esistono alcuni corridoi di transito in quest’ultima zona di confine, quali le strade che attraversano il tunnel del Monte Bianco e il tunnel del Frejus. Gli altri corridoi passano attraverso Svizzera e Austria. Data questa configurazione geografica, tutte le misure adottate da Svizzera o Austria intese a limitare, incanalare o influenzare le modalità di trasporto incidono necessariamente sul trasporto su strada con origine in altri Stati membri in misura relativamente maggiore rispetto a quello interno. Analoghe misure adottate nella zona di confine tra Francia e Italia producono tale effetto su scala molto minore.

    60.   Poiché queste diversità tra le conseguenze dei provvedimenti nazionali intesi a limitare gli effetti esterni negativi del trasporto di merci su strada attraverso i corridoi sono interamente imputabili ai confini naturali e nazionali, la questione se tali misure siano direttamente o indirettamente discriminatorie va analizzata con cautela e precisione.

    61.   In secondo luogo, una delle caratteristiche dei provvedimenti nazionali intesi ad incanalare i flussi di trasporto o ad influenzare le modalità di trasporto è che, per motivi connessi con la vitalità delle economie locali o regionali, essi devono prevedere deroghe per i trasporti con destinazione o origine in tali regioni. Questo è un aspetto che non sfugge all’attenzione degli utenti accorti delle principali arterie stradali europee. Se Stati di transito relativamente piccoli, come Svizzera o Austria, adottano misure intese ad influenzare o a limitare i flussi di trasporto, le deroghe per il traffico con origine o destinazione nell’area interessata arrecano vantaggio, pressoché inevitabilmente, ai vettori nazionali più a che a quelli di altri Stati membri. Tale effetto, che discende anch’esso dalla configurazione delle frontiere nazionali, non può essere qualificato semplicemente come una forma di discriminazione, come suggeriscono la Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni.

    62.   In terzo luogo, occorre analizzare in modo più approfondito la natura del problema ambientale oggetto del provvedimento controverso.

    63.   Le parti sembrano concordare sul fatto che negli ultimi anni l’inquinamento della valle dell’Inn dovuto alle emissioni di NOx e NO2 è aumentato e ha superato i limiti ritenuti ammissibili dal diritto comunitario e nazionale con maggiore frequenza, per periodi più lunghi e in misura maggiore. Inoltre, i valori massimi consentiti si riducono sempre di più con il passare del tempo.

    64.   Limiti più elevati di inquinamento ammissibile dell’ambiente, come quello in discussione nella presente causa, creano per così dire uno «spazio» corrispondente alla capacità dell’ambiente di assorbire l’inquinamento dell’aria prodotto da varie fonti all’interno della zona considerata. Nell’ambito di tale spazio, si ritengono accettabili le emissioni provenienti da fonti diverse, come il traffico stradale, le lavorazioni industriali e i riscaldamenti domestici. Qualora sussista un rischio di superamento dei limiti di tale «spazio», occorre adottare provvedimenti per limitare le attività inquinanti.

    65.   Nel valutare il provvedimento controverso, si deve esaminare, da un lato, se esso sia idoneo a conseguire l’obiettivo di tutela dell’ambiente perseguito e, dall’altro, se esso incida in maniera sproporzionata su altri interessi protetti dal diritto comunitario. L’idoneità del provvedimento va valutata tenendo conto di vari aspetti, quali l’efficacia della misura (il provvedimento è atto a realizzare la prevista limitazione delle emissioni in un ragionevole lasso di tempo?), la questione se essa sia fattibile in pratica (il provvedimento costituisce uno strumento sufficiente per raggiungere lo scopo perseguito?) e se sia attuabile (si possono obbligare gli operatori economici ad adeguare i loro comportamenti nel modo desiderato?). La proporzionalità del provvedimento va valutata tenendo conto di aspetti quali la disponibilità di possibili alternative al trasporto su strada delle merci considerate e, in connessione con questa, il principio dell’efficacia del provvedimento in relazione ai suoi costi. Infine, nell’esaminare l’adeguatezza e la proporzionalità della misura, può essere importante valutare se esse siano mirate alle fonti più dinamiche, ossia le fonti da cui deriva un aumento delle emissioni relativamente elevato e che contribuiscono quindi in misura relativamente maggiore all’aumento complessivo delle emissioni.

    66.   È evidente che, vista la diversità degli elementi e degli interessi da prendere in considerazione, si può prospettare più di una combinazione di provvedimenti che risulterebbe adeguata e proporzionata in una data situazione. Pertanto, occorre andare cauti nell’ammettere che «altre» misure sarebbero «più efficaci», «più proporzionate» o «meno restrittive». Benché ciò possa essere vero nel caso in cui si esaminino tali misure alla luce di un unico interesse, la situazione potrebbe mutare qualora le si considerasse tenendo conto di altri interessi.

    67.   È anche per promuovere la trasparenza del processo decisionale nella scelta delle politiche in questo settore che gli artt. 7, n. 3, e 8, n. 3, della direttiva 96/62 impongono agli Stati membri di predisporre, nelle situazioni indicate in tali disposizioni, «piani» o «programmi» destinati a ridurre le emissioni menzionate nelle direttive sulla qualità dell’aria.

    68.   In quarto luogo, va rilevato che tutte le misure intese ad influenzare i flussi e le modalità di trasporto si ripercuotono sull’attuale struttura del settore dei trasporti. Tali misure incidono inevitabilmente sulla struttura dei costi delle imprese di trasporti interessate e, soprattutto quando mirano a determinare un uso diverso delle modalità di trasporto, esse influenzano le logistiche di trasporto. Alcune categorie di imprese di trasporti sono meglio equipaggiate rispetto ad altre per adeguarsi alla nuova situazione. Infine, una combinazione di misure, il cui obiettivo per alcune categorie di carichi è determinare una sostituzione del trasporto su strada con il trasporto su rotaia, per definizione provoca notevoli mutamenti nella struttura della concorrenza all’interno dei vari mercati dei trasporti e tra di essi. Si tratta di una conseguenza inevitabile, e in alcuni casi anche voluta, di tali misure.

    69.   Alla luce di quanto precede, non si possono accettare incondizionatamente gli argomenti che la Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni traggono dall’impatto economico del provvedimento controverso su alcuni segmenti del settore dei trasporti. Tali argomenti sono validi solo nei limiti in cui gli effetti in questione derivano da elementi irragionevoli o sproporzionati delle misure considerate. Se così non fosse, non sarebbero consentite neanche le misure necessarie e proporzionate intese a ridurre le emissioni dei veicoli pesanti adibiti al trasporto delle merci. Ritengo che la posizione della Commissione su questo punto, data la sua unilateralità, sia controproducente. Ritornerò sulla questione più avanti.

    D –    Analisi giuridica: impostazione

    70.   Benché il principale argomento della Commissione sia che il provvedimento controverso contravviene ai regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, l’analisi giuridica svolta nel ricorso è incentrata sulla presunta incompatibilità con l’art. 28 CE. La questione della compatibilità con le direttive sulla qualità dell’aria viene esaminata in quanto aspetto della possibile giustificazione del provvedimento per motivi connessi alla tutela dell’ambiente. L’asserita violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93 viene analizzata molto brevemente soltanto in seguito.

    71.   Ritengo che tale impostazione non sia del tutto corretta sotto il profilo sistematico. Poiché il governo austriaco afferma che il provvedimento controverso si fonda sulla IG-L, che recepisce nel diritto austriaco le direttive sulla qualità dell’aria, occorre esaminare anzitutto se e in quale misura esso sia giustificato dalle disposizioni pertinenti di tali direttive. Qualora le direttive sulla qualità dell’aria non costituiscano un fondamento normativo adeguato per tale provvedimento, occorre verificare se, per quanto riguarda la presunta restrizione alla libera circolazione delle merci, esso sia compatibile con gli artt. 28 CE e 30 CE. Infine, per quanto attiene al problema della restrizione alla libera prestazione dei servizi di trasporto, occorre esaminare l’asserita violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93.

    E –    Sulla compatibilità con le direttive concernenti la qualità dell’aria

    72.   Il principale strumento per conseguire gli obiettivi indicati all’art. 1 della direttiva 96/62 consiste nel fissare valori limite per vari inquinanti dell’aria, al fine di poter valutare la qualità dell’aria ambiente ed individuare le azioni preventive e correttive da intraprendere. Tali valori limite sono stabiliti, per quanto riguarda il biossido di azoto (NO2) e gli ossidi di azoto (NOx), dalla direttiva 1999/30. L’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, prevede che, qualora sussista il «rischio di un superamento dei valori limite», gli Stati membri «predispongono piani d’azione (…) al fine di ridurre il rischio». Secondo la medesima disposizione, tali piani d’azione possono comportare la «sospensione delle attività, ivi compreso il traffico automobilistico». Qualora si accerti che i livelli degli inquinanti sono superiori ai valori limite, oltre al margine di tolleranza, l’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 stabilisce che gli Stati membri «adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito». Tali piani o programmi devono essere messi a disposizione del pubblico e devono contenere le informazioni elencate nell’allegato IV della direttiva 96/62.

    73.   Tale è, in sostanza, il quadro in cui occorre valutare la compatibilità del provvedimento controverso con le direttive sulla qualità dell’aria. Tenuto conto degli argomenti dedotti dalla Commissione e dal governo austriaco, la valutazione dev’essere incentrata su due aspetti principali: 1) la questione se le direttive sulla qualità dell’aria impongano agli Stati membri di agire in caso di superamento di un valore limite e 2) la questione relativa alla portata di tale azione, ossia il tipo di misure da adottare.

    74.   In primo luogo, rilevo che la Commissione non contesta il superamento del valore limite annuo relativo al NO2, compreso il margine di tolleranza, di 56 μg/m3, nel 2002 e nel 2003 alla stazione di rilevamento di Vomp/Raststätte. Benché il metodo di misurazione dei livelli di NO2 sia stato criticato dai governi tedesco e italiano, la Commissione non ha sollevato tale questione. Questa circostanza è stata confermata anche dal Presidente della Corte nell’ordinanza 2 ottobre 2003 (19). Pertanto, ai fini del presente procedimento, si può ammettere che vi sia consenso quanto al contesto di fatto del provvedimento controverso.

    75.   Come seconda osservazione preliminare del presente capo, va rilevato come sia pacifico che la IG-L recepisce correttamente le direttive sulla qualità dell’aria.

    76.   La questione se le autorità austriache fossero tenute a prendere provvedimenti dopo aver accertato il superamento del valore limite annuale di NO2, come sostiene il governo austriaco, può essere risolta alla luce della chiara formulazione degli artt. 7, n. 3, e 8, n. 3, della direttiva 96/62. Entrambe le disposizioni sono redatte in termini imperativi e dispongono che quando si verificano gli eventi ivi descritti, gli Stati membri «predispongono» l’azione prescritta.

    77.   Benché, come hanno osservato la Commissione e il governo tedesco, i valori limite di NO2 debbano essere rispettati solo a partire dal 2010, ciò non significa che tale limite, una volta fissato, non produca effetti giuridici. Al contrario, qualora una direttiva prescriva un risultato chiaramente definito che per sua natura può essere conseguito solo gradualmente, gli Stati membri devono attivarsi per raggiungere tale risultato entro il termine stabilito. Qualora la mancata adozione dei provvedimenti necessari rendesse più difficile o perfino illusorio il conseguimento dell’obiettivo entro il termine fissato dalle direttive sulla qualità dell’aria, tale omissione costituirebbe un inadempimento degli obblighi incombenti agli Stati membri in forza del combinato disposto degli artt. 10 CE e 249, terzo comma, CE (20). Pertanto, dalla circostanza che i valori limite stabiliti dall’allegato II della direttiva 1999/30 per lo NO2 e gli NOx devono essere raggiunti solo entro il 2010 non può desumersi che gli artt. 7, n. 3, e 8, n. 3, della direttiva 96/62 non prescrivono un obbligo di agire qualora tali valori vengano superati prima di tale data.

    78.   Le autorità austriache potevano quindi legittimamente ritenere di essere tenute ad agire, in forza della direttiva 96/62, una volta accertato il superamento dei valori limite annui di NO2 indicati nell’allegato II della direttiva 1999/30.

    79.   Si pone quindi la questione se il provvedimento controverso sia giustificabile in base agli artt. 7, n. 3, e 8, n. 3, della direttiva 96/62. Come si è già rilevato, la direttiva 96/62 formula una distinzione tra, da un lato, la situazione in cui esiste un rischio di superamento dei valori limite e, dall’altro, la situazione in cui il livello degli inquinanti eccede il valore limite oltre il margine di tolleranza. Nella fattispecie, dato che le autorità austriache hanno accertato il superamento del valore limite annuo di NO2, è evidente che il provvedimento controverso va valutato alla luce dell’art. 8, n. 3, e non dell’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62. Più in particolare, la questione da risolvere è se il provvedimento controverso vada considerato quale misura di attuazione di un piano o di un programma ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62, il che implica che gli artt. 10, 11 e 14 della IG-L costituiscono un piano o programma di questo tipo.

    80.   In generale, la nozione di piano o programma comporta che un determinato problema sia stato identificato e analizzato e che siano state indicate le misure ritenute necessarie per risolverlo, unitamente ad un calendario per la loro attuazione. Nel contesto equiparabile della lotta all’inquinamento dell’acqua, ho definito un piano d’azione come un documento che funge da cornice globale unificante per una serie di misure previste, dirette al conseguimento di un determinato fine secondo un determinato calendario, e presuppone che le dette misure siano adeguate a tale fine e siano sufficientemente coerenti. Ciò che è rilevante è che un programma d’azione forma una cornice indipendente e riconoscibile per un complesso di misure con le quali deve essere conseguito uno dei fini della politica (21). Tale punto di vista è stato concisamente ripreso dalla Corte, laddove ha dichiarato che un programma d’azione deve costituire «un sistema organizzato e coerente destinato a perseguire un obiettivo specifico» (22).

    81.   Il fatto che la nozione di piani o programmi di cui all’art. 8, n. 3, della direttiva sia intesa in questo senso è confermato dall’allegato IV della direttiva, che indica espressamente le informazioni da fornire in tali piani o programmi. Tali informazioni comprendono i dati concernenti il luogo in cui il superamento del valore limite è stato rilevato, l’origine dell’inquinamento, l’analisi della situazione nonché i provvedimenti esistenti e i progetti di provvedimento. Infatti, i provvedimenti da adottare nel contesto di un programma di questo tipo possono risultare efficaci al fine di raggiungere un determinato valore limite solo qualora siano specificamente intesi a ridurre i livelli di determinati inquinanti, tenendo conto di tutte le pertinenti caratteristiche locali e geografiche della regione interessata.

    82.   Occorre distinguere tra la normativa nazionale che consente alle autorità competenti di adottare certi tipi di provvedimenti in caso di superamento dei valori limite, da un lato, e i piani o i programmi che indicano le misure adeguate ed efficaci al fine di ridurre i livelli di taluni inquinanti nelle particolari circostanze naturali e geografiche della zona interessata, dall’altro. La prima fornisce la base formale e le condizioni per l’adozione dei provvedimenti, mentre i secondi sono incentrati sulla misura concreta da adottare in una determinata situazione.

    83.   Il catalogo delle misure elencate all’art. 10 della IG-L, nonché i principi stabiliti all’art. 11 e le specifiche disposizioni relative al trasporto di cui all’art. 14 della medesima legge, sono troppo generici per poter essere qualificati come piano o programma, quali definiti all’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 e ulteriormente precisati nell’allegato IV della direttiva 96/62. Essi non sono collegati di per sé ad alcuna situazione di fatto. Benché il provvedimento controverso sia stato adottato sul fondamento delle suddette disposizioni della IG-L e possa costituire in quanto tale un elemento di un piano o di un programma, è evidente che esso non è stato adottato nell’ambito di una serie coerente di misure, quale definita al paragrafo 80, diretta alla riduzione dell’ossido di azoto nella zona interessata.

    84.   Concludo quindi su questo punto che il provvedimento controverso non può essere fondato sull’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62.

    85.   Tuttavia, l’art. 176 CE consente agli Stati membri di prendere provvedimenti per la tutela dell’ambiente più rigorosi rispetto a quelli adottati ai sensi dell’art. 175 CE. Tali provvedimenti devono essere compatibili con le altre disposizioni del Trattato CE. Di conseguenza, occorre ora esaminare la compatibilità del provvedimento controverso con le disposizioni relative alla libera circolazione delle merci e alla libera prestazione dei servizi.

    F –    Sulla compatibilità con gli artt 28 CE e 30 CE

    86.   Gli artt. 28-30 CE garantiscono la libera circolazione delle merci all’interno della Comunità, che comporta non solo la libertà di importare ed esportare prodotti da e verso altri Stati membri, ma anche il libero transito delle merci sul territorio degli Stati membri. Come ha dichiarato la Corte nella sentenza SIOT (23), «[s]i deve (…) riconoscere, come conseguenza dell’unione doganale e nel reciproco interesse degli Stati membri, l’esistenza di un principio generale di libertà di transito delle merci nell’ambito della Comunità» (24). Sono vietati tutti gli ostacoli (non tariffari) a tali libertà, salvo che siano giustificati da motivi ammessi dall’art. 30 CE o dalla giurisprudenza della Corte. Nella fattispecie, i motivi di giustificazione invocati dal governo austriaco sono la tutela della salute umana e la protezione dell’ambiente. Quand’anche potessero farsi valere tali obiettivi per giustificare il provvedimento controverso, quest’ultimo potrebbe essere considerato compatibile con le disposizioni relative alla libera circolazione delle merci solo qualora non ostacolasse il libero flusso dei prodotti in misura superiore a quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti.

    1.      Restrizione?

    87.   Imponendo un divieto assoluto al trasporto di specifiche categorie di merci mediante autocarri di massa superiore a 7,5 tonnellate su un tratto di una delle più importanti rotte stradali tra la Germania meridionale e l’Italia settentrionale, il provvedimento controverso ostacola chiaramente la libera circolazione e il libero transito di tali merci. Il divieto obbliga i vettori e i produttori delle merci in questione a cercare rotte alternative o altre modalità di trasporto, il che determina un aumento dei costi e, in alcuni casi, può condurre alla perdita di mercati nel caso in cui l’esportazione dei prodotti non risulti più vantaggiosa. Considerate le tesi e le statistiche diametralmente opposte dedotte dalla Commissione e dal governo austriaco in merito alla capacità delle attuali strutture ferroviarie di assorbire l’aumento di domanda conseguente al divieto sancito dal provvedimento controverso, non è chiaro se le merci in questione possano essere agevolmente trasferite su rotaia nel breve termine. Gli effetti del provvedimento sono aggravati dall’entrata in vigore del divieto appena due mesi dopo l’adozione e la pubblicazione del provvedimento, il che rende impossibile per i settori interessati trovare alternative per il trasporto delle merci di cui trattasi entro termini ragionevoli.

    88.   Gli Stati membri hanno una particolare responsabilità per garantire il libero flusso delle merci sulle vie nodali di transito all’interno della Comunità, come la Corte ha evidenziato nella sentenza Schmidberger in relazione all’autostrada del Brennero in una fattispecie riguardante azioni intraprese da privati (25). Ciò significa che, in linea di principio, occorre garantire il trasporto fisico delle merci sui principali assi dell’infrastruttura stradale della Comunità nel contesto del transito tra Stati membri. Un divieto totale al trasporto di determinate categorie di merci su tali vie di comunicazione costituisce effettivamente un blocco equivalente a quelli in discussione nelle cause Commissione/Francia (26) e Schmidberger. Considerata l’interpretazione estensiva data dalla Corte alla nozione di misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni (27), si tratta indubbiamente di una misura del tipo vietato dall’art. 28 CE.

    2.      Discriminazione?

    89.   Occorre quindi stabilire se il provvedimento controverso abbia carattere discriminatorio. Ciò è rilevante al fine di individuare i motivi che possono essere invocati per giustificarlo. Secondo l’approccio generalmente adottato dalla Corte per quanto riguarda le possibili giustificazioni delle restrizioni al commercio intracomunitario, solo le misure indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli importati da altri Stati membri possono essere giustificate in base a motivi cogenti di interesse generale, ivi compresa la tutela dell’ambiente. Qualora debba essere considerata indirettamente discriminatoria, la misura può essere giustificata solo in base ai motivi elencati all’art. 30 CE.

    90.   Secondo costante giurisprudenza, una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (28).

    91.   Si è affermato che la discriminazione causata dal provvedimento controverso consiste nel fatto che esso colpisce gli autotrasportatori di altri Stati membri in misura notevolmente superiore rispetto a quelli austriaci. Mentre l’80% del traffico di transito legato al trasporto delle merci in questione attraverso la zona di risanamento è riferibile agli autotrasportatori di altri Stati membri, l’esenzione per il traffico locale e i trasporti delle merci interessate aventi origine o destinazione nella zona di risanamento riguarda principalmente (per l’80%) gli autotrasportatori austriaci. La questione è se tale differenza tra gli effetti sugli autotrasportatori austriaci e quelli stranieri che trasportano le merci interessate costituisca una discriminazione indiretta.

    92.   La Corte ha esaminato una questione analoga nella causa Commissione/Austria (29), che verteva su pedaggi differenziati riscossi per il transito sull’autostrada del Brennero. In detta causa, gli oneri imposti ai veicoli con più di tre assi che percorrevano completamente l’autostrada del Brennero erano, in media, notevolmente superiori a quelli gravanti sulla stessa categoria di veicoli che compievano percorsi parziali. Poiché la grande maggioranza dei veicoli che effettuavano un percorso completo non erano immatricolati in Austria, mentre la grande maggioranza di quelli che compievano percorsi parziali erano immatricolati in tale paese e si riteneva che le due categorie di veicoli si trovassero in situazioni analoghe, la Corte ha dichiarato che le modifiche tariffarie considerate avevano l’effetto di favorire gli autotrasportatori austriaci (30). Tale constatazione era confermata dalla genesi legislativa delle modifiche tariffarie, da cui emergeva la necessità «di tutelare i trasportatori nazionali a fronte degli oneri drastici derivanti da tali modifiche tariffarie» (31).

    93.   A differenza dei pedaggi in discussione nel caso dell’autostrada del Brennero, il provvedimento oggetto della presente causa non discrimina tra le varie categorie di veicoli in modo da favorire direttamente i trasporti di merci effettuati con veicoli austriaci. Il divieto si applica indistintamente a tutti gli autocarri di massa superiore a 7,5 tonnellate che trasportino le merci elencate nel provvedimento. Benché sia vero che il divieto sancito dal provvedimento colpisce il traffico degli autocarri tra la Germania meridionale e l’Italia settentrionale più dei trasporti effettuati con veicoli austriaci, la questione è se tale circostanza sia di per sé sufficiente per concludere che il provvedimento è indirettamente discriminatorio nei confronti dei primi. Sorge inoltre la questione se la deroga a favore dei trasporti con origine o destinazione nella zona di risanamento, che avvantaggia maggiormente le imprese di trasporti austriache, conduca alla stessa conclusione.

    94.   Come ho rilevato ai paragrafi 58 e segg. delle presenti conclusioni, per valutare se il provvedimento controverso sia (indirettamente) discriminatorio nei confronti degli autotrasportatori stranieri occorre esaminarlo alla luce dello specifico contesto geografico in cui dev’essere applicato. A tale proposito, ritengo sia eccessivamente semplicistico e formalistico concentrare l’attenzione su un confronto tra gli effetti immediati del provvedimento sulle varie categorie di trasportatori interessati. Dato l’obiettivo soggiacente al provvedimento, ossia trasferire il trasporto di determinate merci dalla strada alla rotaia, il criterio applicato per selezionare i prodotti soggetti al divieto di trasporto risulta neutrale. Il provvedimento dev’essere considerato come una misura composita che non riguarda esclusivamente il trasporto mediante determinati veicoli in quanto tali o le merci interessate in quanto tali. Esso riguarda la combinazione di due elementi che va spiegata con la presunta fattibilità e trasferibilità di tali trasporti su rotaia. Poiché è diretto ad influenzare le modalità di trasporto, e data la particolare posizione geografica dell’Austria, il provvedimento incide naturalmente, inevitabilmente e intrinsecamente più sul transito estero che sul trasporto nazionale delle merci interessate. Inoltre, è inerente a tale misura che le deroghe riguardino i trasporti con destinazione od origine nella zona di risanamento.

    95.   Considerato nel complesso ed esaminato nel suo contesto generale, ritengo che il provvedimento controverso non possa essere considerato (indirettamente) discriminatorio.

    3.      Giustificazione?

    96.   Il provvedimento controverso è stato espressamente adottato al fine di tutelare l’ambiente e la salute nella zona di risanamento. Poiché ritengo che il provvedimento non sia discriminatorio, entrambi i motivi, in linea di principio, possono essere invocati dal governo austriaco per giustificare la restrizione alla libera circolazione delle merci determinata da tale provvedimento.

    97.   Nella fattispecie, è pacifico che il valore limite di NO2, compreso il margine di tolleranza, è stato superato in due anni successivi. In casi del genere, come ho rilevato al precedente paragrafo 78, gli Stati membri sono tenuti, in forza dell’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62, ad attivarsi per correggere la situazione e ad adottare provvedimenti nell’ambito di un piano o di un programma volto a garantire il raggiungimento dei valori limite. Benché abbia concluso che il provvedimento fondato sulla IG-L non risponde ai requisiti di cui all’art. 8, n. 3, della direttiva, ritengo che esso sia in linea con l’obiettivo della direttiva di tutelare la qualità dell’aria, in particolare, e di proteggere la qualità dell’ambiente nella zona interessata, più in generale. Il fatto che, come ha osservato il governo olandese, il provvedimento controverso si applichi solo ad una fonte d’inquinamento dell’aria e non incida sulle altre fonti non esclude la possibilità di giustificarlo in base a motivi di tutela dell’ambiente. Benché sia probabilmente vero che il problema ambientale può essere affrontato con successo solo mediante un’azione ampia e più strutturale, ciò non può costituire una condizione per giustificare le misure individuali adottate a tale scopo.

    98.   Il governo austriaco tenta anche di giustificare il provvedimento controverso in base a motivi di tutela della salute ai sensi dell’art. 30 CE. A tale proposito, si deve osservare che, secondo costante giurisprudenza, le deroghe alla regola della libera circolazione delle merci prevista da tale disposizione devono essere interpretate restrittivamente. Le autorità nazionali che invocano il motivo concernente la tutela della salute e della vita umana, animale e vegetale devono dimostrare in ciascun caso che i prodotti in questione, alla luce delle loro caratteristiche, creano direttamente un rischio per salute (32). È evidente che i prodotti oggetto del provvedimento controverso non presentano alcun rischio di questo tipo. Poiché la protezione dell’ambiente è connessa, in misura minore o maggiore, con la tutela della salute, quest’ultimo aspetto dev’essere considerato parte integrante dell’obiettivo di tutela dell’ambiente. Il fatto che la politica ambientale sia volta a preservare la salute umana in questo senso più ampio trova conferma nella descrizione degli obiettivi comunitari in questo settore contenuta all’art. 174, n. 1, CE. Se il provvedimento controverso è stato adottato anche per motivi di tutela della salute, ciò è avvenuto in questo senso più ampio e indiretto, e ritengo che, nelle circostanze del caso di specie, la tutela della salute non rivesta un ruolo autonomo.

    99.   Tuttavia, la questione più importante che si pone nella fattispecie è se il provvedimento controverso possa essere ritenuto giustificato per motivi di tutela dell’ambiente, nel caso in cui la Corte dichiari, contrariamente alla mia opinione su questo punto, che esso determina una discriminazione indiretta sui veicoli pesanti che trasportano le merci elencate originarie di altri Stati membri.

    100. La Corte ha esaminato tale questione in varie occasioni, a partire dai primi anni ‘90. Nella sua giurisprudenza, essa affronta tale problema con un’impostazione che si discosta dai criteri applicati normalmente per verificare se possano invocarsi obiettivi di pubblico interesse non elencati all’art. 30 CE al fine di giustificare restrizioni alla libera circolazione delle merci.

    101. Così, nella sentenza sui rifiuti della Vallonia (33), dopo avere anzitutto dichiarato che le esigenze imperative possono essere invocate solo quando si tratta di misure indistintamente applicabili ai prodotti nazionali ed a quelli importati, la Corte ha dichiarato che «per valutare il carattere discriminatorio o no dell’ostacolo in causa [in sostanza, un divieto di importare rifiuti da regioni al di fuori della Vallonia], si deve tener conto della peculiarità dei rifiuti» (34). In base, tra l’altro, al principio stabilito dall’art. 174, n. 2, CE, secondo cui i danni all’ambiente devono essere corretti anzitutto alla fonte, la Corte ha concluso che «tenuto conto delle differenze tra i rifiuti prodotti da un luogo ad un altro e del loro legame col luogo della loro produzione, le misure contestate non possono considerarsi discriminatorie» (35). In questo caso, la Corte ha semplicemente ridefinito il carattere della misura in questione in modo che rispondesse alle condizioni cui è subordinata la possibilità di far valere esigenze imperative per giustificare una restrizione all’importazione.

    102. La causa Aher-Waggon (36) riguardava una misura tedesca che subordinava la prima immatricolazione in Germania di aeromobili già immatricolati in un altro Stato membro all’osservanza di norme sonore più severe di quelle stabilite in una direttiva, mentre esentava da tali norme gli aeromobili già immatricolati nel territorio nazionale prima della messa in vigore della direttiva. Sebbene tale misura fosse chiaramente discriminatoria, in quanto trattava gli aeromobili più vecchi in maniera diversa, in funzione dello Stato membro di immatricolazione, la Corte non ha esaminato tale aspetto e ha dichiarato che «[q]uesto ostacolo può (…) giustificarsi con considerazioni di sanità pubblica e di tutela dell’ambiente» (37).

    103. La misura in discussione nella causa Preussen Elektra (38) obbligava le imprese tedesche ad acquistare a prezzi minimi energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e coinvolgeva i gestori di rete nel finanziamento senza contropartita. Poiché tale misura favoriva chiaramente i produttori nazionali di energia elettrica «verde», non poteva essere qualificata come misura applicabile indistintamente all’energia elettrica nazionale e a quella importata. Tuttavia, senza considerare, neanche in questo caso, la natura del provvedimento, la Corte ha dichiarato che «per valutare se un obbligo di acquisto di tal genere sia comunque compatibile con l’art. 30 del Trattato, occorre tener conto dell’obiettivo della disciplina in oggetto e delle peculiarità del mercato dell’energia elettrica» (39). Avendo constatato, tra l’altro, che la misura era intesa a proteggere l’ambiente contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, che rientrano tra le principali cause dei cambiamenti climatici che la Comunità europea e gli Stati membri si sono impegnati a contrastare nel contesto di accordi internazionali, quale il Protocollo di Kyoto, e che, conformemente all’art. 174, n. 2, CE e in seguito all’art. 6 CE, le esigenze in tema di tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle altre politiche della Comunità, la Corte ha dichiarato che, «allo stato attuale del diritto comunitario relativo al mercato dell’energia elettrica», la misura controversa non era incompatibile con l’art. 28 CE (40). È significativo il fatto che la Corte non abbia esaminato la proporzionalità dell’obbligo di acquisto alla luce del suo obiettivo in materia ambientale.

    104. Dalle tre cause relative all’art. 28 CE sembra emergere che la Corte riconosce l’esigenza di favorire le misure adottate a fini di tutela dell’ambiente, anche nel caso in cui esse producano un effetto maggiormente restrittivo sul commercio di prodotti importati che su quello dei prodotti nazionali. Tuttavia, essa non ha ancora espressamente indicato le condizioni in cui i provvedimenti che non sono applicabili indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati possono comunque essere giustificati per motivi di tutela dell’ambiente. A tale proposito, la giurisprudenza rimane poco chiara e frammentaria.

    105. Nelle conclusioni relative alla causa Preussen Elektra, l’avvocato generale Jacobs ha esaminato anche tale questione e ha invitato la Corte a chiarire la propria posizione per garantire la necessaria certezza del diritto. Egli ha rilevato che sussistono due motivi specifici per cui la Corte dovrebbe adottare un’impostazione più flessibile nell’applicare le condizioni imperative in materia di tutela ambientale. In primo luogo, a partire dal Trattato di Amsterdam, la protezione dell’ambiente ha assunto nel contesto del Trattato CE un ruolo più importante rispetto a quello che rivestiva in precedenza. L’art. 6 CE impone di tenere conto della tutela dell’ambiente nella definizione delle politiche comunitarie di cui all’art. 3 CE, compreso il mercato interno. In secondo luogo, le misure nazionali per la protezione dell’ambiente «possono senz’altro operare distinzioni in base alla natura e all’origine della causa del danno, e pertanto possono essere dichiarate discriminatorie» (41).

    106. Condivido i rilievi formulati su questo punto dall’avvocato generale Jacobs. A partire dall’adozione dell’Atto unico europeo del 1986, la tutela dell’ambiente è divenuta sempre più un obiettivo primario della politica comunitaria, espresso non solo nel principio dell’integrazione politica di cui all’art. 6 CE, ma anche nella dichiarazione degli obiettivi contenuta all’art. 2 CE. Esso è stato inoltre riconosciuto quale motivo di giustificazione di misure restrittive, non già all’art. 30 CE, bensì agli artt. 95, nn. 4 e 5 CE, laddove uno Stato membro desideri mantenere o adottare misure più restrittive rispetto a quelle di armonizzazione. È vero che, ai sensi dell’art. 95, n. 6, CE, la Commissione deve verificare se le misure costituiscano o meno uno strumento di discriminazione arbitraria o una discriminazione dissimulata nel commercio. Rilevo come quest’ultimo criterio non escluda che una misura di questo tipo produca effetti diversi sui prodotti nazionali e su quelli importati che, in determinate condizioni, potrebbero essere giustificati.

    107. Qualora una misura adottata per motivi inerenti alla tutela dell’ambiente incida maggiormente sui prodotti stranieri che su quelli nazionali, quest’unica circostanza di per sé non può bastare per concludere che la misura è (indirettamente) discriminatoria. Si deve anche esaminare se tali effetti costituiscano la conseguenza necessaria ed inevitabile dell’obiettivo ambientale del provvedimento. In altre parole, si tratta della questione se l’obiettivo della misura possa essere conseguito senza incidere maggiormente sui prodotti stranieri rispetto a quelli nazionali. Pertanto, ritengo che una siffatta misura interna possa essere giustificata per motivi connessi con la tutela dell’ambiente, purché risulti chiaramente che essa non favorisce né protegge i prodotti nazionali e non è intesa a conseguire tale risultato.

    108. Al paragrafo 94 ho dimostrato che il fatto che il provvedimento controverso incida maggiormente nei confronti degli autotrasportatori stranieri delle merci interessate che nei confronti di quelli austriaci costituisce una conseguenza inevitabile dell’applicazione di tale misura nel contesto geografico che le è proprio. Inoltre, detto provvedimento non è diretto in alcun modo a favorire i secondi. Ritengo pertanto che il divieto settoriale istituito dal provvedimento controverso possa essere giustificato in base a motivi connessi con la tutela dell’ambiente, nonostante i diversi effetti sul traffico straniero e su quello austriaco in transito nella zona di risanamento. Di conseguenza, occorre esaminare se, rispetto a tale obiettivo, il provvedimento sia adeguato, necessario e proporzionato.

    4.      Proporzionalità?

    109. Gli argomenti delle parti e dei governi che hanno presentato osservazioni sono incentrati principalmente sulla proporzionalità della misura controversa rispetto all’obiettivo di ridurre le emissioni di NO2 nella zona di risanamento. A tale proposito, sono stati evidenziati tre aspetti principali. Il primo riguarda la possibilità di trasportare le merci in questione con mezzi diversi, su rotaia o attraverso percorsi via terra differenti. Il secondo aspetto attiene alla possibilità di raggiungere l’obiettivo di ridurre l’emissione di inquinanti dell’aria mediante altre misure, quali l’introduzione di limiti di velocità o sistemi di pedaggio per le classi di autocarri inquinanti. Il terzo aspetto riguarda il rapporto tra il provvedimento controverso e le misure esistenti dirette a ridurre l’inquinamento dell’aria in Austria, quale il sistema degli ecopunti.

    110. Poiché nella fattispecie vengono in esame entrambi gli interessi, la libera circolazione delle merci all’interno della Comunità e la tutela dell’ambiente, si deve esaminare se il provvedimento controverso effettui un bilanciamento tra tali interessi (42).

    111. A tale proposito, si deve osservare che dalla varietà delle misure esistenti e configurabili menzionate dalla Commissione e dai governi intervenienti quali alternative al divieto sancito dal provvedimento controverso emerge che le scelte politiche da adottare per ridurre le emissioni di NO2 a livelli accettabili (ossia a livelli corrispondenti ai valori limite stabiliti dalla direttiva 1999/30) sono estremamente complesse. Non è stato dimostrato che una di tali misure sarebbe altrettanto efficace per raggiungere questo risultato pur ostacolando in misura minore la libera circolazione delle merci. È più probabile che l’obiettivo di ridurre l’inquinamento dell’aria nella zona interessata richieda una combinazione delle misure alternative proposte.

    112. Nel presente procedimento, la Corte deve stabilire se il provvedimento controverso sia proporzionato o meno ai fini degli obiettivi per i quali è stato adottato, e non indicare quali specifiche misure alternative potrebbero risultare più appropriate. In tali circostanze, la prova della proporzionalità dev’essere incentrata sulla questione se la misura sia o meno irragionevole in quanto, prima facie, può essere considerata efficace, fattibile dal punto di vista pratico ed attuabile (43). Inoltre, ritengo che il principio di proporzionalità imponga di preparare ed applicare le misure intese a determinare modifiche strutturali nei flussi e nelle modalità di trasporto in un modo che tenga adeguatamente conto dell’importanza delle operazioni di transizione. Sotto quest’ultimo profilo, ritengo che il provvedimento controverso sia sproporzionato.

    113. La prima questione riguarda la preparazione della misura. Prima di adottare un provvedimento così radicale come un divieto totale di trasportare determinate merci mediante autocarri su un tratto di autostrada che costituisce un collegamento fondamentale tra Stati membri, è essenziale che sia stata presa in considerazione la possibilità di adottare misure meno restrittive e che si sia dimostrato che esse risulterebbero inadeguate. In particolare visto che il provvedimento controverso mirava a garantire il trasferimento delle merci in oggetto dalla strada alla ferrovia, si sarebbe dovuto accertare in anticipo che esistevano capacità ferroviarie sufficienti e adeguate a questo trasferimento. Ciò rappresenta anche uno degli obiettivi dei piani e programmi previsti dall’art. 7, n. 3, e 8, n. 3, della direttiva 96/62. Dagli argomenti sottoposti alla Corte e dal fascicolo non emerge che le autorità austriache, nel preparare il provvedimento controverso, abbiano tenuto conto della questione se l’obiettivo di ridurre l’emissione di inquinanti potesse essere conseguito mediante altre misure meno restrittive e se esistesse un’alternativa realistica costituita dal trasporto delle merci interessate con modalità diverse o attraverso altri percorsi via terra.

    114. In secondo luogo, prima di adottare un provvedimento avente tali conseguenze strutturali sul trasporto delle merci attraverso il territorio austriaco, che impone drastici adeguamenti ai settori interessati, dall’obbligo di cui all’art. 10 CE discende che gli Stati membri maggiormente interessati e la Commissione devono essere informati e consultati. Tali consultazioni non hanno avuto luogo prima dell’adozione del provvedimento controverso.

    115. In terzo luogo, e soprattutto, considerate le conseguenze strutturali che il provvedimento controverso produce su un ampio numero di settori economici, i settori interessati devono poter avere il tempo di adeguarsi alle nuove circostanze in cui debbono operare. Una misura di questo tipo, diretta a determinare una variazione strutturale nelle modalità di trasporto di determinati prodotti, può essere introdotta solo gradualmente. Un periodo transitorio di durata sufficiente è necessario non solo per consentire agli operatori economici di adeguarsi, ma anche per garantire che l’infrastruttura disponibile sia idonea ad assorbire l’aumento di domanda. Tale periodo transitorio potrebbe avere una durata di alcuni anni. Il termine di due mesi previsto dalle autorità austriache per l’introduzione del divieto settoriale è palesemente insufficiente e quindi sproporzionato.

    116. Per tali motivi, ritengo che il modo in cui è stato preparato e doveva essere applicato il provvedimento controverso contravvenga al principio di proporzionalità. Esso, pertanto, è incompatibile con l’art. 28 CE.

    G –    Sulla compatibilità con i regolamenti nn. 881/92 e 3118/93

    117. Nel ricorso, la Commissione si limita ad affermare che condizioni alla libera circolazione delle merci diverse da quelle previste in detti regolamenti sono inammissibili, che da tale affermazione discende che la restrizione ai sensi dell’art. 28 CE non è giustificabile e che sono stati violati gli artt. 1 e 3 del regolamento n. 881/92, nonché gli artt. 1 e 6 del regolamento n. 3118/93.

    118. Entrambi i regolamenti sono intesi a dare accesso al mercato del trasporto di merci su strada eliminando, nei confronti del prestatore di servizi, le restrizioni basate sulla nazionalità o sul fatto di essere stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui la prestazione dev’essere fornita (44). Lo strumento per raggiungere tale obiettivo è costituito da un’unica autorizzazione comunitaria rilasciata dallo Stato membro di stabilimento. Inoltre, l’art. 6 del regolamento n. 3118/93 stabilisce che i trasporti di cabotaggio sono soggetti alle normative nazionali in determinate materie, compresi i prezzi e le condizioni che disciplinano il contratto di trasporto, i pesi e le dimensioni dei veicoli stradali, nonché i requisiti relativi al trasporto di talune categorie di merci.

    119. A tale proposito rilevo che, a mio parere, la Commissione non ha dimostrato in alcun modo che il provvedimento controverso contravviene a disposizioni del regolamento n. 881/92 o del regolamento n. 3118/93. Più in particolare, essa non ha provato che il provvedimento è in contrasto con il sistema della licenza unica istituito dai regolamenti né che esso limita il diritto degli autotrasportatori di accedere al mercato.

    120. In questo caso è importante distinguere tra le condizioni di accesso al mercato e quelle relative alla prestazione dei servizi di trasporto negli Stati membri. Poiché i regolamenti si limitano a garantire l’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada, essi di per sé non limitano il potere degli Stati membri di adottare misure relative all’uso della loro infrastruttura stradale per motivi attinenti alla tutela dell’ambiente o al miglioramento della sicurezza stradale.

    121. Come ha osservato il governo olandese, è irrilevante la circostanza che l’art. 6 del regolamento n. 3118/93 non menzioni misure del tipo in discussione nel presente procedimento. Oltre al fatto che il regolamento riguarda esclusivamente i servizi di cabotaggio, gli aspetti disciplinati dalla suddetta disposizione sono chiaramente connessi con il cabotaggio in quanto tale e non escludono l’adozione di misure di natura più generale relative al transito sulle strade degli Stati membri. A tale proposito, basti rilevare che la disposizione non fa riferimento alle misure adottate in materia di sicurezza stradale.

    122. Pertanto, ritengo che questa parte dell’argomento della Commissione sia priva di fondamento.

    VI – Sulle spese

    123. Ai sensi dell’art. 89, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente va condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna alle spese della Repubblica d’Austria, quest’ultima, rimasta soccombente, va condannata alle spese. Conformemente all’art. 69, n. 4, gli Stati membri che hanno presentato osservazioni a sostegno della Commissione devono sopportare le proprie spese.

    VII – Conclusione

    124. Ritengo quindi che la Corte debba:

    –       dichiarare che il divieto di circolazione su un tratto dell’autostrada A 12 Inntal tra il chilometro 20 359 nel territorio del comune di Kundl e il chilometro 66 780 nel territorio del comune di Ampass, per autoveicoli di massa complessiva superiore a 7,5 tonnellate, che trasportano determinate merci, considerati i vizi nella preparazione, l’adozione senza previa consultazione degli Stati membri e il termine estremamente ridotto per la sua attuazione, è incompatibile con gli obblighi che incombono alla Repubblica d’Austria in virtù degli artt. 28-30 CE;

    –       condannare la Repubblica d’Austria alle spese;

    –       disporre che la Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana e il Regno dei Paesi Bassi sopportino le proprie spese.


    1 – Lingua originale: l’inglese.


    2– Regolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU L 95, pag. 1), come modificato dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 1° marzo 2002, n. 484 (GU L 76, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 881/92»).


    3 – Regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro (GU L 279, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 484/2002 (in prosieguo: il «regolamento n. 3118/93»).


    4 – Direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE (GU L 296, pag. 55; in prosieguo: la «direttiva 96/62»).


    5 – Direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE (GU L 163, pag. 41; in prosieguo: la «direttiva 1999/30»).


    6 – Decisione della Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio (GU L 226, pag. 3), nella versione risultante dalla decisione del Consiglio 23 luglio 2001, 2001/573/CE, che modifica l’elenco dei rifiuti (GU L 203, pag. 18).


    7 – Causa C‑320/03 R, Commissione/Repubblica d’Austria.


    8 – Racc. 2003 pag. I‑7929.


    9 – Racc. 2003 pag. I‑11665.


    10 – Racc. 2004 pag. I-2593.


    11 – Regolamento (CE) del Consiglio 7 dicembre 1998, n. 2679 (GU L 337, pag. 8; in prosieguo: il «regolamento n. 2679/98»).


    12 – Sentenze 13 dicembre 2001, causa C‑1/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑9989, punto 64); 28 ottobre 1999, causa C‑328/96, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑747, punto 34), e 2 febbraio 1988, causa 293/85, Commissione/Belgio (Racc. pag. 305, punto 14).


    13 – V. le sentenze citate alla nota precedente: Commissione/Francia, punto 65, Commissione/Austria, punto 51, e Commissione/Belgio, punto 14.


    14 – Sentenza 9 dicembre 1997, causa C‑265/95, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑6959).


    15 – Sentenza 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger (Racc. pag. I‑5659).


    16 – Sentenza 26 giugno 2001, causa C-70/99, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑4845, punto 17).


    17 – Sentenza 2 giugno 2005, causa C-394/02, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-4713, punti 27 e 28 e giurisprudenza ivi citata).


    18 – Sentenza 16 marzo 1983, causa 266/81 (Racc. pag. 731).


    19 – Citata alla nota 9, punto 57.


    20 – V. sentenza 18 dicembre 1997, causa C-129/96, Inter-Environnement Wallonie (Racc. pag. I‑7411, punti 44 e 45).


    21 – V. le mie conclusioni nella causa C‑396/01, Commissione/Irlanda (Racc. 2003 pag. I‑2315, paragrafi 16 e 17).


    22 – Causa C-396/01, decisa con sentenza 11 marzo 2004, punto 60.


    23 – Citata alla nota 18.


    24 – Punto 16.


    25 – Citata alla nota 15, punti 62 e 63.


    26 – Citata alla nota 14.


    27 – Sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837). Secondo il punto 5 della sentenza, la detta disposizione riguarda «[o]gni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari». V. anche sentenza Schmidberger, citata alla nota 15, punto 56.


    28 – Sentenza 26 settembre 2000, causa C-205/98, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑7367, punto 70).


    29 – Citata alla nota precedente.


    30 – V., in particolare, punti 79 e 88.


    31 – V. punto 81.


    32 – V., ad es., sentenza 2 dicembre 2005, causa C‑41/02, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑11375, punto 47).


    33 – Sentenza 9 luglio 1992, causa C‑2/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑4431).


    34 – Punto 34.


    35 – Punto 36.


    36 – Sentenza 14 luglio 1998, causa C‑389/96 (Racc. pag. I‑4473).


    37 – Punto 19.


    38 – Sentenza 13 marzo 2001, causa C-379/98 (Racc. pag. I‑2099).


    39 – Punto 72.


    40 – V. punti 73-81.


    41 – Citato nella nota a piè di pagina n. 38 delle conclusioni del 26 ottobre 2000 (Racc. pag. I‑2103, paragrafi 229-233).


    42 – V. sentenza Schmidberger, citata alla nota 15, punto 81.


    43 – V. i precedenti paragrafi 65 e 66.


    44 – V. secondo ‘considerando’ dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93.

    Top