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Document 62003CC0134

    Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 28 ottobre 2004.
    Viacom Outdoor Srl contro Giotto Immobilier SARL.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Giudice di pace di Genova-Voltri - Italia.
    Libera prestazione di servizi - Concorrenza - Servizi di affissione di messaggi pubblicitari - Normativa nazionale che istituisce un'imposta comunale sulla pubblicità - Fornitura da parte dei comuni di un servizio di pubbliche affissioni - Potere dei comuni di disciplinare la fornitura di servizi di affissione di messaggi pubblicitari - Imposta nazionale non discriminatoria.
    Causa C-134/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-01167

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:676

    Conclusions

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
    JULIANE KOKOTT
    presentate il 28 ottobre 2004(1)



    Causa C-134/03



    Viacom Outdoor Srl
    e
    Giotto Immobilier SARL



    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Giudice di pace di Genova-Voltri)

    «Imposta comunale sulla pubblicità mediante affissione – Imprese pubbliche (art. 86 CE) – Abuso di posizione dominante (art. 82 CE) – Aiuti concessi dagli Stati (artt. 87 CE e 88 CE) – Libera prestazione dei servizi (artt. 49 CE e 50 CE) – Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale (art. 234 CE)»






    I – Introduzione

    1.        Nella presente fattispecie viene esaminata una normativa italiana secondo la quale i comuni applicano imposte sulla pubblicità, adottano determinate disposizioni per l’effettuazione della pubblicità sul loro territorio (tra l’altro, norme relative alla quantità e all’ubicazione degli spazi pubblicitari disponibili) e gestiscono inoltre un proprio servizio delle pubbliche affissioni. Viene in sostanza censurato il fatto che i comuni svolgono un’attività imprenditoriale su un mercato per il quale contemporaneamente stabiliscono le regole del gioco.

    2.        In tale contesto, il Giudice di pace di Genova-Voltri (in prosieguo, anche: il «giudice del rinvio») chiede alla Corte di interpretare le norme del Trattato in materia di concorrenza (artt. 82 CE, 86 CE, 87 CE e 88 CE) e di libera prestazione dei servizi (art. 49 CE). Con le sue questioni pregiudiziali il giudice del rinvio si rivolge per la seconda volta alla Corte, in seguito alla dichiarazione di (manifesta) irricevibilità da parte di quest’ultima, con ordinanza 8 ottobre 2002, di una prima domanda di pronuncia pregiudiziale nella medesima causa  (2) .

    II – Contesto normativo

    A – Diritto comunitario

    3.        Il contesto giuridico comunitario del caso in esame è costituito dagli artt. 49 CE, 50 CE, 82 CE, 86 CE, 87 CE e 88 CE.

    B – Diritto nazionale

    Introduzione

    4.        Dalle osservazioni presentate alla Corte emerge che nei comuni italiani la pubblicità tramite mezzi pubblicitari, ad esempio mediante manifesti, può avvenire, in via di principio, in tre modi diversi. In primo luogo, i privati possono installare i loro mezzi pubblicitari su impianti privati. In secondo luogo, i privati hanno la possibilità di usare gli spazi pubblici (ad esempio, strade o muri di edifici pubblici) per installarvi i loro mezzi pubblicitari (privati). In terzo luogo, i messaggi pubblicitari possono essere affissi su impianti di proprietà comunale, ad esempio su spazi per l’affissione messi a disposizione dai rispettivi comuni; in tal caso i manifesti possono essere affissi dal privato interessato o da un servizio del comune (in prosieguo: il «servizio delle pubbliche affissioni»).

    5.       È sempre dovuta un’ imposta comunale sulla pubblicità ; qualora ci si avvalga del servizio delle pubbliche affissioni tale imposta è tuttavia già compresa nel diritto che va corrisposto a tale servizio.

    Le singole disposizioni nazionali

    6.        Per quanto riguarda il diritto italiano, va innanzi tutto fatto riferimento al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446  (3) (in prosieguo: il «d. lgs. n. 446/97»), il cui art. 52 attribuisce a province e comuni il potere di disciplinare, entro ben determinati limiti, le proprie entrate mediante regolamento.

    7.        Per quanto riguarda la pubblicità su spazi pubblici si applica inoltre il decreto legislativo  (4) del Presidente della Repubblica 15 novembre 1993, n. 507, sulla revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni  (5) (in prosieguo: il «d. lgs. n. 507/93»).

    8.        L’art. 1 del d. lgs. n. 507/93 dispone quanto segue:

    «La pubblicità esterna e le pubbliche affissioni sono soggette (…) ad una imposta ovvero ad un diritto a favore del comune nel cui territorio sono effettuate».

    9.        L’art. 5, primo comma, del d. lgs. n. 507/93 prevede quanto segue:

    «La diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile è soggetta all’imposta sulla pubblicità prevista nel presente decreto».

    Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio l’imposta quindi grava su tutti i messaggi pubblicitari (privati) diffusi nel territorio del comune che percepisce l’imposta.

    10.      A tenore dell’art. 6, primo comma, del d. lgs. n. 507/93, soggetto passivo dell’imposta è «colui che dispone (…) del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso».

    11.      Ai sensi dell’art. 9, settimo comma, del d. lgs. n. 507/93 oltre all’imposta comunale sulla pubblicità possono essere applicate tasse speciali per l’occupazione di spazi pubblici, nonché il pagamento di determinati canoni (ad esempio, di locazione), qualora per la pubblicità vengano utilizzati impianti pubblici.

    12.      Gli artt. 18 e segg. del d. lgs. n. 507/03 prevedono disposizioni particolari relative al servizio comunale delle pubbliche affissioni che deve essere obbligatoriamente istituito nei comuni con una popolazione superiore a tremila abitanti. L’art. 18, primo comma, di tale regolamento così dispone, per quanto qui rileva:

    «Il servizio delle pubbliche affissioni è inteso a garantire specificamente l’affissione, a cura del comune, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti di qualunque materiale costituiti (...)».

    13.      Inoltre l’art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93 prevede quanto segue:

    «Per l’effettuazione delle pubbliche affissioni è dovuto in solido, da chi richiede il servizio e da colui nell’interesse del quale il servizio stesso è richiesto, un diritto, comprensivo dell’imposta sulla pubblicità, a favore del comune che provvede alla loro esecuzione».

    14.      Gli artt. 3 e 22, primo comma, del d. lgs. n. 507/93 obbligano i comuni, da una parte, a disciplinare con maggiore precisione, tramite regolamento, le aliquote d’imposta e i particolari relativi all’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e, dall’altra, ad adottare disposizioni relative ai loro servizi delle pubbliche affissioni. Essi sono inoltre tenuti a disciplinare le modalità di effettuazione della pubblicità e possono stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse. Devono inoltre essere previste disposizioni concernenti i relativi costi e la ripartizione di concessioni nonché un piano generale per gli impianti pubblicitari. Inoltre, va determinato in che proporzione gli spazi pubblici vadano destinati a pubblicità prive di rilevanza economica rispetto a un loro uso per pubblicità di natura commerciale e inoltre quanti spazi pubblicitari debbano rimanere disponibili per le affissioni effettuate direttamente da privati.

    15.      Il 21 dicembre 1998, il Comune di Genova ha adottato un regolamento comunale di attuazione del d. lgs. n. 507/93 (in prosieguo: il «regolamento comunale 1998»)  (6) . Come emerge dagli atti esso prevede, tra l’altro, autorizzazioni obbligatorie (art. 6), disposizioni di sicurezza relative a vie e strade pubbliche (art. 14), limitazioni per motivi di tutela dell’ambiente e dei monumenti (artt. 18 e 19) nonché disposizioni particolareggiate relative al versamento dell’imposta comunale di pubblicità (artt. 23 e segg.) nonché del diritto per il servizio delle pubbliche affissioni (artt. 29 e segg.).

    16.      Il regolamento comunale 1998 è stato abrogato solo dal 1º gennaio 2001 ed è stato sostituito, a partire da tale data, da una nuova disciplina  (7) .

    III – Fatti e procedimento principale

    17.      Dinanzi al Giudice di pace di Genova-Voltri è pendente una controversia tra la Viacom Outdoor Srl  (8) con sede in Milano (Italia) (in prosieguo: la «Viacom»), e la società Giotto Immobilier SARL, con sede in Mentone (Francia) (in prosieguo: la «Giotto»). La Giotto gestisce immobili situati nella Costa Azzurra francese, la Viacom presta servizi nel settore pubblicitario per conto dei suoi clienti.

    18.      La Viacom ha fatturato alla Giotto il corrispettivo per l’affissione pubblicitaria che essa aveva effettuato per conto di quest’ultima, nel territorio comunale di Genova, nell’ottobre del 2000. In tale corrispettivo la Viacom include anche un importo di 439 385 lire italiane (ITL), vale a dire EUR 226,92, come compenso per il pagamento dell’imposta comunale sulla pubblicità dovuta al Comune di Genova. Solo questa parte del corrispettivo è controversa tra le parti.

    19.      La Viacom basa il suo diritto al pagamento su un contratto concluso tra le parti il 9 settembre 2000. Secondo tale contratto, la Giotto deve alla Viacom, per l’affissione pubblicitaria effettuata, un corrispettivo che, oltre al prezzo effettivo della prestazione, include anche un compenso per « oneri specifici e documentati ».

    20.      La Giotto rifiuta però di versare il compenso per il pagamento dell’imposta comunale eccependo la contrarietà al diritto comunitario di quest’ultima. Il giudice del rinvio è dell’avviso che, qualora l’imposta comunale sulla pubblicità dovesse rivelarsi in contrasto col diritto comunitario, il ricorso della Viacom dovrebbe essere respinto.

    IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

    21.      Con ordinanza 10 marzo 2003 il Giudice di pace di Genova-Voltri ha quindi sospeso il procedimento dinanzi ad esso pendente e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    1)       Se il conferimento ad un’impresa pubblica (Comuni) della gestione di un’imposta e di diritti quali quelli considerati in premessa, e relativi ad un mercato che costituisce parte sostanziale del mercato comune e nel quale la stessa impresa pubblica opera in posizione dominante osti:

    2)
    Se la devoluzione alla detta impresa pubblica del gettito derivante dall’imposta e dai diritti in questione osti:

    22.      Nel procedimento dinanzi alla Corte la Viacom e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte e orali, la Giotto e il governo italiano solo osservazioni scritte. La Viacom, la Giotto e il governo italiano hanno inoltre risposto per iscritto ai quesiti della Corte.

    V – Valutazione

    A – Ricevibilità delle questioni pregiudiziali

    23.      L’ordinanza nella causa Viacom I  (9) , con cui è stata dichiarata (manifestamente) irricevibile la prima domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice del rinvio, non osta a che il Giudice di Pace di Genova-Voltri adisca nuovamente la Corte. Secondo la giurisprudenza infatti l’autorità di giudicato inerente alla sentenza (o ordinanza) pronunciata nel procedimento pregiudiziale non osta a che il giudice nazionale destinatario della sentenza (o ordinanza) stessa possa ritenere necessario rivolgersi nuovamente alla Corte prima di dirimere la causa principale  (10) . Va tuttavia chiarito se le questioni ora proposte siano ricevibili.

    24.      Secondo una costante giurisprudenza, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve pronunciarsi sulla stessa, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini dell’adozione della sua sentenza, sia la rilevanza delle questioni che propone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire  (11) . La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione o la valutazione della validità di una disposizione comunitaria non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale oppure qualora il problema sia di natura teorica, oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte  (12) .

    25.      I dubbi relativi alla ricevibilità di tali questioni pregiudiziali sussistono sotto due riguardi: da un lato con riferimento alla loro rilevanza ai fini della decisione della controversia principale e dall’altro in relazione alla descrizione del contesto fattuale e normativo del procedimento principale.

    1. Rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della decisione

    26.      Nel caso di specie, per quanto riguarda la rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della decisione, si pongono sostanzialmente due problemi.

    27.      Da un lato la Commissione ha sollevato la questione se ai fini della decisione della controversia principale rilevi una valutazione del sistema complessivo che è alla base del d. lgs. n. 507/93. Secondo la Commissione potrebbero diventare oggetto del presente procedimento pregiudiziale solo quegli elementi della normativa italiana che si riferiscono concretamente all’imposta comunale sulla pubblicità.

    28.      In relazione alla libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) è forse ancora sufficiente concentrarsi solo sugli effetti dell’imposta comunale sulla pubblicità in quanto tale sul commercio internazionale. Tuttavia una pronuncia utile della Corte sulle norme in materia di concorrenza (artt. 82 CE, 87 CE e 88 CE) già presuppone una considerazione più completa di tutte le circostanze in cui nei comuni italiani vengono diffusi i messaggi pubblicitari. Solo in tal caso può essere infatti sensatamente valutato se i comuni abusino, ad esempio, di una eventuale posizione dominante sul mercato quando agiscono nel settore delle affissioni pubblicitarie al tempo stesso come imprenditori e esercitando la potestà regolamentare. E solo in tal caso si può valutare anche se la devoluzione del gettito derivante dall’imposta comunale sulla pubblicità ad enti territoriali, che agiscono nel contempo imprenditorialmente nel settore delle affissioni pubblicitarie, rappresenti un aiuto di Stato vietato ai sensi dell’art. 87 CE.

    29.      D’altro canto, se la Giotto fosse contrattualmente tenuta a compensare in ogni caso l’imposta comunale sulla pubblicità versata, indipendentemente quindi dalla legittimità o meno di tale imposta, dovrebbe essere negata qualsiasi rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della decisione. In tal caso, infatti, ai fini della soluzione della causa principale sarebbe irrilevante la conformità di tale imposta col diritto comunitario.

    30.      Tuttavia, il problema se sussista un obbligo in tal senso della Giotto è solo una questione di interpretazione del contratto del 9 settembre 2000  (13) nonché del diritto nazionale applicabile e rientra quindi nella competenza esclusiva del giudice del rinvio, non in quella della Corte  (14) .

    31.      Nella sua ordinanza di rinvio il Giudice di pace assume una chiara posizione relativamente a tale problema. Come esso sottolinea, in caso di illegittimità dell’imposta comunale sulla pubblicità le pretese della ricorrente sarebbero prive di fondamento e quindi il ricorso dovrebbe essere respinto  (15) . La Corte da parte sua non può aggiungere altro.

    32.      Ciò premesso, nel caso di specie non sembra che le questioni pregiudiziali difettino di rilevanza ai fini della decisione. Esse, al contrario, sono in relazione con la realtà effettiva e con l’oggetto della causa principale e il problema descritto dal giudice del rinvio non è solo di natura teorica.

    33.      Infine va ancora osservato che nel caso di specie non può nemmeno essere formulata una dichiarazione di irricevibilità per sussistenza di una controversia artificiosa (fittizia).

    34.      A quanto risulta, la Corte ha respinto solo una volta una domanda di pronuncia pregiudiziale per il fatto che essa si basava su una controversia fittizia. In quel caso però dal procedimento dinanzi alla Corte era emerso che le parti, con una «costruzione artificiosa», avevano inserito una determinata clausola nel loro contratto per indurre il giudice nazionale a pronunciarsi su una determinata questione  (16) .

    35.      Nel caso di specie non vi sono indizi sufficienti per una tale ipotesi. In particolare secondo la giurisprudenza il fatto che le parti concordino sull’interpretazione del diritto comunitario, e quindi sul risultato da raggiungere con la domanda di pronuncia pregiudiziale, non incide sull’effettiva sussistenza di una controversia tra le stesse  (17) . Se però dal contesto fattuale descritto dal giudice del rinvio non emerge manifestamente che si tratta in realtà di una causa fittizia, allora le questioni pregiudiziali sono, entro tali limiti, ricevibili  (18) .

    2. Descrizione del contesto fattuale e normativo

    36.      Inoltre, secondo una costante giurisprudenza un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo descriva l’ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o almeno spieghi le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono basate  (19) . In particolare nel settore della concorrenza, che non di rado si distingue per il suo alto grado di complessità, è necessaria una descrizione precisa del contesto fattuale e normativo  (20) . Tale descrizione serve anche a dare ai governi degli Stati membri e alle altre parti del procedimento la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte  (21) . A tal proposito va tenuto conto del fatto che a tali parti vengono notificate solo le domande di pronuncia pregiudiziale  (22) .

    a) Contesto normativo

    37.      Per quanto riguarda il contesto normativo della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio fa riferimento al d. lgs. n. 507/93 e descrive, anche se brevemente, il suo contenuto essenziale. Il testo di tale normativa e quello del d. lgs. n. 446/97 sono allegati all’ordinanza di rinvio. In particolare sono ivi contenute le indicazioni necessarie relative all’imposta comunale sulla pubblicità  (23) e sono esposte in tal sede le differenze con il diritto da versare in caso di ricorso al servizio delle pubbliche affissioni. Inoltre viene menzionato su quali punti i comuni hanno il diritto di adottare disposizioni di attuazione (ad esempio, disciplina delle concessioni, limiti alla pubblicità per esigenze di pubblico interesse, determinazione di spazi destinati all’affissione dei cartelloni, disposizioni relative al servizio delle pubbliche affissioni). Dall’ordinanza di rinvio e dagli atti del procedimento principale emergono così con sufficiente chiarezza le disposizioni italiane vigenti sul territorio nazionale e le informazioni necessarie alla loro comprensione.

    38.      Diversamente accade per le disposizioni di attuazione applicabili nel territorio comunale. Nelle loro risposte scritte ad un quesito della Corte la Viacom e la Giotto hanno concordato nel dichiarare che a Genova, nell’anno 2000 qui rilevante, era applicabile il regolamento comunale 1998  (24) . Il giudice del rinvio nella sua ordinanza fa invece riferimento a due delibere più recenti del Comune di Genova, con cui è stato sostituito il regolamento comunale 1998  (25) . Poiché tali delibere più recenti tuttavia sono state adottate dal Consiglio comunale solo il 26 gennaio 2001 e sono applicabili solo a partire dal 1º gennaio 2001, non è chiaro come possano essere rilevanti per la fattispecie, che riguarda l’anno 2000  (26) . Nell’ordinanza di rinvio non vi sono indicazioni più precise su tale punto.

    39.      Indipendentemente da tale carenza relativa alle disposizioni di attuazione del Comune di Genova, la descrizione del contesto fattuale e normativo può tuttavia essere considerata sufficiente ai fini del presente procedimento pregiudiziale. I vari regolamenti comunali servono infatti solo a precisare meglio un contesto giuridico che viene già stabilito, nei suoi elementi essenziali, sul piano nazionale dal d. lgs. n. 507/93. Tali elementi sono, dal canto loro, descritti e riassunti chiaramente nell’ordinanza di rinvio  (27) .

    b) Contesto fattuale

    40.      Per quanto riguarda la descrizione del contesto fattuale, ai fini della loro valutazione occorre distinguere tra gli specifici requisiti che una domanda di pronuncia pregiudiziale deve soddisfare, da una parte, per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) e, dall’altra, le norme in materia di concorrenza del Trattato (artt. 82 CE, 86 CE, 87 CE e 88 CE).

    41.      Per risolvere la questione sub 1b, relativa alla libera prestazione dei servizi, l’ordinanza di rinvio contiene una descrizione breve ma sufficiente degli elementi essenziali della fattispecie. In sostanza dalla stessa emerge che un’impresa italiana nell’anno 2000 ha effettuato a Genova, per un’impresa francese, servizi di affissione pubblicitaria per i quali ha dovuto versare una tassa comunale.

    42.      Sussistono invece dubbi in relazione alle disposizioni in materia di concorrenza del Trattato (artt. 82 CE, 86 CE, 87 CE e 88 CE). È vero che la Corte proprio in questo settore non dovrebbe stabilire requisiti troppo rigorosi per la redazione delle ordinanze di rinvio dei giudici nazionali, per non rendere loro praticamente impossibile la presentazione di eventuali domande di pronuncia pregiudiziale. L’importanza della cooperazione giudiziaria tra i giudici nazionali e la Corte, infatti, con il regolamento n. 1/2003  (28) è aumentata piuttosto che diminuita. Ma nel contempo una tale cooperazione richiede anche, da parte del giudice nazionale, una particolare cura nella redazione delle ordinanze di rinvio in materia di concorrenza.

    43.      Nel caso di specie nell’ordinanza di rinvio vi è una rilevante carenza di informazioni essenziali sulla fattispecie, alla cui mancanza la Corte aveva del resto già fatto riferimento nella causa Viacom I (29) .

    44.      Orbene, per far sì che la Corte possa risolvere utilmente le questioni relative al diritto della concorrenza, l’ordinanza di rinvio dovrebbe contenere elementi sufficienti per delimitare i mercati merceologici e geografici rilevanti, che costituiscono il punto di partenza per ogni valutazione relativa al diritto della concorrenza, anche e soprattutto per il calcolo delle quote di mercato. I dati contenuti nell’ordinanza di rinvio tuttavia non danno un quadro chiaro della fattispecie principale, né dal punto di vista merceologico né da quello geografico.

    45.     È vero che il mercato merceologico rilevante viene pur tuttavia sinteticamente descritto: si tratterebbe del «servizio di affissione manifesti (messa a disposizione di spazi a fini pubblicitari), quale svolto dai comuni su impianti comunali e dai privati su impianti pubblici o privati»; i servizi svolti dai privati o dai comuni sarebbero «perfettamente intercambiabili». Tuttavia non viene specificato se il tipo di pubblicità, che viene diffusa con l’ausilio di imprenditori privati o del servizio delle pubbliche affissioni, e quindi, in sostanza, i rispettivi clienti siano effettivamente paragonabili. Se, infatti, il servizio delle pubbliche affissioni fosse inteso a garantire soprattutto l’affissione di avvisi ufficiali e di comunicazioni di associazioni ed enti aventi finalità sociali  (30) , mentre gli operatori commerciali, come ad esempio la Giotto, dovessero avvalersi generalmente, per i loro messaggi pubblicitari, dei servizi di operatori privati come la Viacom, ciò sarebbe un indizio a favore di un’individuazione di mercati merceologici diversi.

    46.      Per quanto riguarda la delimitazione dei mercati geografici nell’ordinanza di rinvio viene solo osservato che va considerato mercato geografico rilevante l’«intero territorio comunale», essendo questa l’area dove si svolge la concorrenza tra i comuni e le imprese di affissione. Invece mancano, ad esempio, informazioni sul se, come prevedibile, il contesto giuridico in altri comuni italiani sia paragonabile a quello di Genova, se i prestatori di servizi attivi nel settore delle affissioni pubblicitarie, come la Viacom, operino regolarmente in più comuni o solo a Genova e se le campagne pubblicitarie dei loro clienti abbiano generalmente una portata solo comunale o anche regionale o interregionale  (31) . Ad esempio, sembra del tutto plausibile che una pubblicità come quella della Giotto per gli immobili situati in Costa Azzurra venga diffusa a livello interregionale e non si limiti al solo territorio del Comune di Genova.

    47.      Una esatta comprensione delle questioni pregiudiziali presupporrebbe inoltre che l’ordinanza di rinvio contenesse almeno un accenno al numero dei prestatori di servizi e alla loro posizione sul mercato rilevante, segnatamente alle loro quote di mercato approssimative, e anche a quelle dei comuni stessi qualora operino su tale mercato. Parimenti sarebbero necessarie almeno informazioni sommarie sul numero e sulle dimensioni dei clienti che commissionano l’affissione. Nella domanda di pronuncia pregiudiziale del Giudice di pace di Genova-Voltri mancano entrambi questi elementi. Per questo non si può dire con sufficiente certezza se in una fattispecie come quella di cui alla causa principale si possa partire dal presupposto di una posizione dominante del servizio comunale delle pubbliche affissioni sul mercato (art. 82 CE)  (32) .

    48.      Il Giudice di pace non precisa nemmeno da cosa dovrebbe derivare un abuso di una eventuale posizione dominante da parte dei comuni italiani nel settore delle affissioni pubblicitarie. Esso osserva solo che «appare di estrema evidenza come le disposizioni legislative controverse abbiano posto i comuni in una situazione tale da indurli inevitabilmente ad influenzare il mercato a loro piacimento in violazione dell’art. 82 CE».

    49.      Inoltre dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si può dedurre se e in che misura la normativa italiana abbia effetti sul commercio intracomunitario. Tali informazioni sono indispensabili per la comprensione e la soluzione delle questioni relative agli artt. 82 CE e 87 CE. Sulla base delle descrizioni del giudice del rinvio non è in particolare chiaro in che misura la normativa italiana renda più difficoltoso o meno interessante per i prestatori di servizi stranieri operare sul mercato italiano o per i clienti stranieri avvalersi di servizi di operatori italiani privati.

    50.      Infine, dall’ordinanza di rinvio non emerge nemmeno come i comuni italiani, in particolare il Comune di Genova, organizzino specificamente il loro servizio delle pubbliche affissioni  (33) . Ci si chiede se si tratti di un’impresa comunale giuridicamente autonoma, avente una propria personalità giuridica, o di un servizio dell’amministrazione comunale privo di autonomia rilevante; se il servizio delle pubbliche affissioni abbia un bilancio proprio o se venga finanziato dal bilancio comunale generale  (34) ; se i proventi derivanti dall’imposta comunale sulla pubblicità e quelli derivanti dai diritti per il ricorso al servizio delle pubbliche affissioni vadano esclusivamente a beneficio del servizio delle pubbliche affissioni, o se vengano versati, senza una particolare destinazione, nel bilancio comunale generale. Da informazioni affidabili su tali punti dipende in modo decisivo come debbano essere intese e risolte le questioni relative agli artt. 86 CE, 87 CE e 88 CE.

    3. Conclusione parziale

    51.      A causa dell’insufficiente descrizione del contesto fattuale in cui si collocano le questioni pregiudiziali relative al diritto in materia di concorrenza, ritengo irricevibili la questione sub 1a e la questione sub 2 di cui all’ordinanza di rinvio. Ritengo invece ricevibile la questione sub 1b.

    B – Esame nel merito delle questioni pregiudiziali

    52.      In prosieguo verranno innanzitutto esaminati i problemi giuridici relativi alla libera prestazione dei servizi (artt. 49 CE e 50 CE) (questione sub 1b). Per il caso in cui la Corte dovesse dichiarare ricevibili anche le questioni relative alle norme in materia di concorrenza del Trattato, chiarirò inoltre, in subordine, la mia posizione sulle questioni sub 1 e 2.

    1. Sulla questione sub 1b. Libera prestazione dei servizi (artt. 49 CE e 50 CE)

    53.      Con la sua questione sub 1b il giudice del rinvio vorrebbe sostanzialmente sapere se la libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) osti ad una norma nazionale secondo la quale per le affissioni pubblicitarie su spazi pubblici viene applicata un’imposta comunale sulla pubblicità a beneficio dei comuni che, da parte loro, gestiscono un servizio di pubbliche affissioni.

    54.      Va innanzitutto chiarito che nell’ambito della libera prestazione dei servizi è irrilevante stabilire da chi e a favore di chi venga applicata un’imposta indiretta. Quindi, la circostanza che l’imposta comunale sulla pubblicità venga applicata dai comuni italiani, i quali contemporaneamente gestiscono anche un loro servizio di affissioni, è rilevante tutt’al più nell’ambito delle disposizioni relative alla concorrenza, ma non con riferimento alla libera prestazione dei servizi.

    55.      La libertà di prestazione dei servizi vale sia per il prestatore sia per il destinatario del servizio  (35) . Un’impresa, come la Giotto, che fa effettuare, contro retribuzione, affissioni pubblicitarie in un altro Stato membro da un’impresa ivi stabilita, come la Viacom, si avvale di una prestazione ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE  (36) .

    a) Il divieto di discriminazione

    56.      L’art. 49 CE contiene una forma particolare del divieto generale di discriminazione  (37) . Se di conseguenza l’applicazione di un’imposta ha, ingiustificatamente, effetti più gravi su fattispecie internazionali rispetto a fattispecie puramente interne  (38) , non vi è dubbio che già per questo motivo viene violata la libertà di prestazione dei servizi.

    57.      Nella presente fattispecie non è tuttavia evidente che l’imposta comunale sulla pubblicità possa condurre ad una discriminazione, anche solo indiretta, di prestazioni internazionali di servizi. L’imposta comunale sulla pubblicità grava allo stesso modo sia sulle affissioni pubblicitarie effettuate su incarico di clienti nazionali o stranieri sia su quelle effettuate da operatori nazionali o stranieri. Inoltre non grava solo sulle prestazioni di servizi fornite da privati, ma in pari misura su eventuali prestazioni di servizi offerte dai comuni stessi attraverso i loro servizi delle pubbliche affissioni  (39) . Pertanto, l’imposta comunale sulla pubblicità rappresenta un elemento dell’ordinamento tributario nazionale, che si fonda su criteri oggettivi e non discriminatori e che non ha nemmeno effetti diversi sulle attività nazionali e su quelle internazionali  (40) .

    b) Il divieto di restrizioni

    58.      Inoltre, la lettera dell’art. 49 CE esige l’eliminazione di tutte le restrizioni alla libera prestazione dei servizi – anche qualora valgano indistintamente per i prestatori di servizi nazionali e per quelli di altri Stati membri ‑ qualora siano idonee a impedire, ostacolare o rendere meno interessante prestare o ricevere servizi internazionali  (41) .

    59.      Se il prestatore o il destinatario di un servizio viene assoggettato a un’imposta, qualora tale onere finanziario rappresenti un elemento costitutivo di misure specifiche che il prestatore o il destinatario dei servizi è tenuto ad osservare (ad esempio controlli statali soggetti a tassa, procedure di autorizzazione soggette a tassa, ma anche l’obbligo di avvalersi, a pagamento, di determinati impianti o servizi, ad esempio nei porti) esso costituisce in ogni caso, indubbiamente, una restrizione alla libera prestazione dei servizi  (42) . Un’imposta di tal genere rafforza infatti l’efficacia di misure che, dal canto loro, sono idonee a impedire, ostacolare o rendere meno interessante prestare o ricevere servizi.

    60.      Sinora, nella giurisprudenza, non è stata data una risposta univoca alla questione se invece l’onere di una tassa indistintamente applicabile, ad esempio mediante un’imposta indiretta, possa condurre già di per sé ad una restrizione  (43) . Sono possibili due soluzioni.

    i) La soluzione basata sulla giustificazione: un’imposta nazionale non discriminatoria può costituire una restrizione e va valutata in base alla sua giustificazione.

    61.     È pacifico che anche la semplice introduzione di un’imposta può rendere più dispendiosa e quindi meno interessante un’attività economica. In ogni caso la sentenza De Coster può essere interpretata anche nel senso che essa esamina un’imposta nazionale secondo modalità generalmente applicate alle ipotesi di restrizione  (44) .

    62.      Se ci si basasse su tale punto di vista e si considerassero le imposte nazionali come restrizioni delle libertà fondamentali, allora, in ultima analisi, dovrebbero essere esaminate, sotto il profilo del diritto comunitario, tutti i tipi di imposte; gli Stati membri sarebbero quindi tenuti a dimostrare, in ogni singolo caso, che le loro imposte sono giustificate da esigenze imperative di pubblico interesse, vale a dire che sono adeguate, necessarie e proporzionate allo scopo perseguito. Andrebbe però in tal caso tenuto in considerazione che il fatto di procurarsi risorse di bilancio è un presupposto indispensabile per l’attività statale e rappresenta quindi uno scopo legittimo e ‑ anche per questo – l’applicazione delle imposte viene addirittura presunta in molti punti del Trattato CE (v., ad esempio, gli artt. 90 CE, 93 CE e 175, n. 2, primo trattino, CE). Agli Stati membri dovrebbe essere riconosciuto un ampio potere discrezionale per quanto riguarda sia le loro decisioni generali in materia di politica di bilancio  (45) , sia il tipo e la struttura delle imposte da applicare. Non potrebbe essere compito della Corte sindacare le decisioni in materia di politica di bilancio degli Stati membri.

    63.      Ad ogni modo vi sarebbe una inammissibile restrizione della libera circolazione dei servizi mediante un’imposta non discriminatoria ogniqualvolta tale imposta avesse gli effetti di una proibizione, ed equivalesse quindi, per sua natura, ad un divieto di attività.

    ii) La soluzione basata sulla fattispecie: un’imposta nazionale non discriminatoria non rientra a priori nell’ambito di applicazione della libertà fondamentale.

    64.      Di contro, la Corte, di recente, in una causa relativa alla libera circolazione dei lavoratori (art. 39 CE) si è orientata diversamente. La giustificazione dell’introduzione di un’imposta nazionale non discriminatoria non è stata esaminata alla luce di esigenze imperative di pubblico interesse, come avverrebbe abitualmente nel caso di restrizioni; al contrario la formulazione adottata nella sentenza Weigel  (46) indica che un onere di tal genere dovrebbe essere del tutto escluso dall’ambito di applicazione della libertà fondamentale:

    «Tuttavia, il Trattato non garantisce al lavoratore che il trasferimento delle sue attività in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedeva precedentemente sia neutrale sotto il profilo fiscale. Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia, un simile trasferimento può, secondo i casi, essere più o meno favorevole o sfavorevole per i lavoratori sul piano delle imposte indirette. Ne risulta che, in linea di principio, un eventuale svantaggio rispetto alla situazione in cui il lavoratore esercitava le sue attività prima del trasferimento non è contrario alle disposizioni dell’art. 39 CE (…)» 47  –Sentenza Weigel (cit. alla nota 40, punto 55; il carattere non discriminatorio dell'imposta in quel caso viene chiarito al punto 53 della sentenza); v., inoltre, paragrafo 36 delle conclusioni presentate dall'avvocato generale Tizzano il 3 luglio 2003, nella medesima causa..

    65.      Un argomento a favore di tale soluzione deriva dalla circostanza che, secondo la concezione classica, le restrizioni delle libertà fondamentali sono caratterizzate dal fatto di essere, di regola, vietate e di poter essere giustificate solo in casi eccezionali – ad esempio, per esigenze imperative di pubblico interesse. Di contro, come già osservato, il Trattato CE in una serie di disposizioni addirittura presuppone che gli Stati membri applichino imposte indirette in forza della loro sovranità in materia tributaria (v., ad esempio, artt. 90 CE, 93 CE e 175, n. 2, primo trattino, CE), e ciò certamente non solo in casi eccezionali, da interpretare restrittivamente. Tali disposizioni sono accomunate quindi dalla considerazione che l’applicazione di imposte che rappresentino un elemento dell’ordinamento tributario nazionale, si fondino su criteri obiettivi e non discriminatori e non abbiano effetti diversi sulle attività nazionali e internazionali, non è vietata, ma è di regola autorizzata e non deve essere giustificata in ogni singolo caso; vengono accettate le differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda l’imposizione indiretta, e le stesse possono eventualmente essere eliminate mediante l’armonizzazione qualora ciò sia necessario, ad esempio, al funzionamento del mercato interno (art. 93 CE).

    iii) Adattamento al caso di specie: l’imposta comunale sulla pubblicità

    66.      Per quanto riguarda l’imposta comunale sulla pubblicità controversa in questa sede le due soluzioni conducono al medesimo risultato:

    Se si segue la soluzione basata sulla fattispecie , allora un’imposta indiretta, che rappresenta un elemento dell’ordinamento tributario nazionale, che si fonda su criteri oggettivi e non discriminatori e che non ha nemmeno effetti diversi sulle attività nazionali e su quelle internazionali, non rientra assolutamente nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE. Secondo i dati disponibili l’imposta comunale sulla pubblicità soddisfa tali criteri 48  –Sulla mancanza di una discriminazione, v. anche paragrafo 57 di queste conclusioni..

    Se si segue invece la soluzione basata sulla giustificazione , allora l’imposta comunale sulla pubblicità costituirebbe una restrizione della libera prestazione dei servizi, ma nel contempo potrebbe essere facilmente giustificata: in base a tutte le informazioni fornite tale imposta, di importo modesto, non ha né gli effetti di una proibizione, né è chiaro in che misura i legislatori nazionale e locale, nel fissare l’imposta, possano aver violato il loro ampio margine discrezionale in materia di politica di bilancio 49  –Con riferimento alla giurisprudenza dei giudici amministrativi italiani (Tribunale amministrativo regionale per la Toscana – TAR Toscana-Firenze, sentenza 11 marzo 2002, n. 456) la Commissione osserva, nella sua memoria, che tale imposta è «di ammontare molto modesto»..

    67.      In sintesi, quindi, si può affermare quanto segue: se la riscossione di un’imposta indiretta, come l’imposta comunale sulla pubblicità in Italia, rappresenta un elemento dell’ordinamento tributario nazionale, si fonda su criteri oggettivi e non discriminatori e non ha nemmeno effetti diversi sulle attività nazionali e su quelle internazionali, essa non è in contrasto con l’art. 49 CE.

    2. Divieto di abuso di posizione dominante (combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE)

    68.      Il giudice del rinvio propone complessivamente due questioni relative al combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE, che analizzerò, in prosieguo, in via subordinata  (50) : la questione sub 1a riguarda la potestà del comune di fissare e applicare imposte comunali, mentre la questione sub 2a riguarda la devoluzione del gettito di tali imposte al comune. Entrambe le questioni trattano in sostanza della possibile esistenza di una distorsione della concorrenza a favore del servizio delle pubbliche affissioni e a svantaggio degli operatori privati.

    a) Sulla questione sub 1a: il collegamento tra potestà regolamentari e attività imprenditoriale (combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE)

    69.      Con la sua questione sub 1a il giudice del rinvio vorrebbe sapere, in sostanza, se il combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE osti ad una disposizione nazionale secondo la quale ai comuni, che gestiscono essi stessi un proprio servizio di pubbliche affissioni, sono nel contempo affidati la fissazione e l’applicazione («gestione») di tasse quali l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni.

    70.      Se innanzitutto tale potestà del comune di fissare e applicare determinate imposte comunali viene esaminata di per sé alla luce delle norme del diritto comunitario in materia di concorrenza, emerge quanto segue.

    71.      Il presupposto fondamentale per l’applicazione dell’art. 82 CE (eventualmente in combinato disposto con gli artt. 86, n. 1, CE e 10 CE) sarebbe che un servizio comunale, quando fissa ed applica tali imposte, possa essere considerato come impresa. Nel contesto del diritto della concorrenza, la nozione di impresa va intesa in senso funzionale e comprende qualsiasi ente che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detto ente e dalle modalità del suo finanziamento  (51) .

    72.      Un’attività economica («in qualità di impresa») consiste nell’offrire beni o servizi sul mercato; da ciò si distinguono gli atti d’imperio posti in essere «in qualità di pubblica amministrazione». Decisiva ai fini di detta distinzione è il tipo di attività di volta in volta esercitata. È necessario a tale scopo esaminare le attività esercitate in ogni singolo caso, per determinare a quale categoria esse appartengano  (52) .

    73.      La fissazione e l’applicazione di imposte non è un’attività di tipo economico, bensì costituisce esercizio di una potestà d’imperio. Imposte come l’imposta comunale sulla pubblicità non costituiscono una controprestazione per il ricorso a concreti servizi, usualmente disponibili sul mercato, ma sono destinate, in via del tutto generale, al finanziamento degli enti territoriali  (53) ; un possibile scopo secondario dell’imposta può essere quello di compensare l’utilizzo di luoghi pubblici per i messaggi pubblicitari di privati  (54) , ma un tale scopo secondario non modifica la natura tributaria e non trasforma tale entrata, ad esempio, nel corrispettivo di una prestazione. L’esercizio di una potestà d’imperio, che contraddistingue l’applicazione delle imposte, ha come conseguenza che entro tali limiti le norme in materia di concorrenza non si applicano ai comuni interessati  (55) .

    74.      Quanto al diritto per il ricorso ai servizi delle pubbliche affissioni, occorre effettuare una distinzione tra i suoi due elementi costitutivi.

    Da una parte tale diritto ha un elemento tributario, esso comprende infatti l’imposta comunale sulla pubblicità (art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93); sotto tale profilo, quindi, mediante il diritto viene semplicemente pagata l’imposta comunale sulla pubblicità e per la fissazione e l’applicazione di tale diritto vale quanto osservato per la fissazione e l’applicazione dell’imposta stessa: i comuni agiscono in forza della loro potestà d’imperio e non economicamente.

    Dall’altra tale diritto ha anche un elemento costitutivo che è estraneo all’imposta comunale sulla pubblicità e costituisce un indennizzo per le spese sostenute dal servizio delle pubbliche affissioni ( elemento retributivo ); sotto tale profilo i comuni stabiliscono il corrispettivo per l’effettuazione del loro servizio di pubbliche affissioni 56  –La parola «servizio» viene addirittura espressamente utilizzata dall'art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93. e si comportano quindi come imprese che agiscono sul mercato, vale a dire economicamente 57  –Come emerge dalle osservazioni presentate alla Corte, il servizio delle pubbliche affissioni è a disposizione anche di associazioni ed enti aventi finalità sociali per le loro comunicazioni al pubblico. Si può giungere quindi alla conclusione che l'attività del servizio delle pubbliche affissioni costituisce – almeno parzialmente – una prestazione di servizi di interesse economico generale. Ciò non modifica il carattere economico di tale attività ai sensi delle norme in materia di concorrenza e quindi la correttezza del riferimento al concetto di impresa. Il tipo di servizi può rilevare al limite in una seconda fase, nell'ambito degli artt. 16 CE e 86, n. 2, CE..

    75.      Di conseguenza, un comune o, più esattamente, un servizio comunale agisce economicamente, e può anche essere considerato, eventualmente, imprenditore ai sensi del diritto comunitario in materia di concorrenza solo e soltanto se e in quanto stabilisce l’elemento retributivo del diritto ai sensi dell’art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93, quindi quell’elemento del diritto con cui vengono compensate le prestazioni del suo servizio di pubbliche affissioni.

    76.      Tutt’al più potrebbe quindi costituire un abuso ai sensi del combinato disposto degli artt. 82 CE e 86, n. 1, CE la fissazione da parte di un comune – ipotizzando una posizione dominante del suo servizio delle pubbliche affissioni sul mercato – dell’elemento retributivo del diritto, ai sensi dell’art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93, ed un livello eccessivamente elevato o eccessivamente modesto, in violazione delle norme in materia di concorrenza  (58) . Nel caso di specie non sussistono tuttavia indizi sufficienti di un tale abuso, il cui accertamento richiederebbe un esame complessivo di tutte le circostanze del caso concreto (59) .

    77.      A parte la già rilevata mancanza, in capo al comune, della qualità di imprenditore, la semplice competenza per la fissazione e l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità non dà assolutamente adito, invece, alla preoccupazione che il comune possa commettere abusi ai sensi del combinato disposto degli art. 82 CE e 86, n. 1, CE. Tale imposta, indipendentemente dalla sua struttura e dal suo importo, è neutrale ai fini della concorrenza, in quanto viene applicata sia per il ricorso ai servizi di operatori privati sia per il ricorso al servizio delle pubbliche affissioni (anche nell’ultimo caso, com’è noto, l’imposta è contenuta nel diritto di cui all’art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93)  (60) .

    78.      La Viacom e la Giotto censurano il fatto che i comuni italiani, oltre alla fissazione e applicazione tariffaria di imposte, ulteriormente reso della loro potestà d’imperio, con cui potrebbero sia regolamentare la diffusione di messaggi pubblicitari sul loro territorio, sia influenzare il mercato a favore dei propri servizi delle pubbliche affissioni, ad esempio determinando l’ubicazione e l’ampiezza degli spazi riservati alle affissioni, nonché stabilendo determinate restrizioni della pubblicità per esigenze di pubblico interesse  (61) . Viene censurato, in sostanza, il fatto che i comuni esercitano un’attività imprenditoriale (mediante il loro servizio delle pubbliche affissioni) su un mercato in cui essi stessi stabiliscono le regole del gioco (esercitando la citata potestà d’imperio)  (62) . Tale conflitto d’interessi, a loro avviso, costituisce già di per sé indizio di un abuso, vietato, di posizione dominante sul mercato  (63) .

    79.      Tuttavia, a tale proposito vale innanzitutto quanto già detto sull’imposta comunale sulla pubblicità: quando un comune regolamenta la diffusione di messaggi pubblicitari, vietando o limitando talune forme pubblicitarie per esigenze di pubblico interesse e stabilisce inoltre gli spazi utilizzabili per l’affissione, esso non agisce come imprenditore, ma esercita una potestà d’imperio. Quindi sotto tale profilo non può essergli applicato il diritto della concorrenza.

    80.      Quando i comuni regolamentano la diffusione di messaggi pubblicitari essi rispondono anche a legittime esigenze di pubblico interesse. Cosi, ad esempio, dal punto di vista urbanistico, può essere opportuno vietare la pubblicità in determinati luoghi del territorio comunale, limitare gli spazi per l’affissione o proibire determinate forme di pubblicità. Parimenti, considerazioni ambientali o relative alla sicurezza della circolazione stradale possono giustificare restrizioni. Ai comuni va inoltre attribuito un sufficiente margine discrezionale per la determinazione e la realizzazione dei loro obiettivi urbanistici e di altre esigenze di pubblico interesse.

    81.      Tuttavia può esservi violazione del combinato disposto degli artt. 86, n. 1, CE e 82 CE ed eventualmente dell’art. 10 CE qualora un comune ecceda i limiti del suo potere discrezionale e, nell’esercitare la sua potestà d’imperio, provochi una distorsione della concorrenza a favore della propria impresa comunale, quindi qualora il comune nell’esercitare la propria potestà d’imperio favorisca il servizio delle pubbliche affissioni da esso gestito – ipotizzando una sua posizione dominante sul mercato ‑ rispetto ai privati operanti sullo stesso mercato  (64) . Ciò avverrebbe ad esempio se esso gli attribuisse la maggior parte degli spazi disponibili per le affissioni oppure se, appellandosi ad esigenze di pubblico interesse, assoggettasse l’attività degli operatori privati a restrizioni più rigorose di quelle imposte all’attività del suo servizio delle pubbliche affissioni.

    82.      Tuttavia, se tutto ciò avvenga nel caso di specie è un problema che andrebbe valutato esaminando tutte le circostanze del caso di cui trattasi. In particolare non può essere sufficiente una valutazione meramente numerica degli spazi destinati alle affissioni  (65) e limitarsi a contare quanti di questi sono riservati ad operatori privati e quanti al servizio delle pubbliche affissioni. Come ha correttamente osservato la Commissione in udienza, ciò che rileva è, in modo decisivo, la qualità e l’ubicazione dei rispettivi spazi per l’affissione. Inoltre, va tenuto conto del se e in che misura eventuali restrizioni del comune valgano anche per l’utilizzo di spazi privati. In base alle informazioni a disposizione della Corte non vi sono comunque indizi sufficienti a favore dell’ipotesi di un trattamento di favore dei servizi delle pubbliche affissioni da parte del Comune di Genova.

    83.      Tenuto conto delle circostanze del procedimento principale di cui si è a conoscenza, il combinato disposto degli artt. 82 CE e 86, n. 1, CE, non osta di conseguenza ad una disposizione nazionale secondo cui per l’affissione pubblicitaria viene applicata un’imposta comunale sulla pubblicità o un diritto a favore dei comuni, che nel contempo gestiscono un proprio servizio delle pubbliche affissioni.

    b) Sulla questione sub 2a: devoluzione del gettito dell’imposta sulla pubblicità al servizio delle pubbliche affissioni (combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE)

    84.      Con la sua questione sub 2a il giudice del rinvio vorrebbe sapere in sostanza se il combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE osti ad una disposizione nazionale a norma della quale il gettito derivante da tributi, quali l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, viene devoluto a comuni, che gestiscono essi stessi un servizio delle pubbliche affissioni.

    85.      L’art. 86, n. 1, CE vieta ai comuni, quali espressioni della sovranità statale, di indurre le imprese pubbliche a comportamenti che siano in contrasto con l’art. 82 CE  (66) . Se quindi il comune, ad esempio, mettesse a disposizione del suo servizio delle pubbliche affissioni mezzi derivanti dall’imposta comunale sulla pubblicità, non si potrebbe escludere che ciò conduca a distorsioni della concorrenza a svantaggio degli operatori privati e a favore del servizio delle pubbliche affissioni  (67) .

    86.      Il servizio delle pubbliche affissioni fa tuttavia parte del comune e non vi è alcun elemento da cui risulti che lo stesso abbia una rilevante autonomia organizzativa e, in particolare, un proprio bilancio o una propria contabilità. Si deve al contrario partire dal presupposto che il servizio delle pubbliche affissioni viene finanziato direttamente dal bilancio comunale e le entrate e le uscite di tale servizio vi vengono registrate direttamente alla voce corrispondente  (68) . In assenza di un minimo di separazione organizzativa e di trasparenza  (69) , non si può però assolutamente ricostruire se e in che misura il servizio delle pubbliche affissioni benefici di risorse tributarie, derivanti, in particolare, dall’imposta comunale sulla pubblicità.

    87.      Pur ipotizzando una sufficiente autonomia organizzativa del servizio delle pubbliche affissioni, dalle informazioni fornite non emerge affatto con certezza che il Comune di Genova abbia indotto a commettere abusi a danno di una concorrenza leale.

    88.      A quanto risulta, sinora la Corte ha ipotizzato la creazione di una posizione tale da indurre un’impresa ad abusare della sua posizione dominante sul mercato solo quando lo Stato aveva anche concesso diritti speciali a tale impresa – di regola, una posizione di monopolio – e il tipo di concessione e il conseguente comportamento statale avevano quantomeno «indotto» l’impresa a sfruttare abusivamente la sua posizione  (70) . Era di volta in volta necessaria una specifica correlazione tra i diritti concessi, la posizione creata e lo sfruttamento abusivo della posizione dominante dell’impresa sul mercato.

    89.      Poiché, ad ogni modo, l’art. 86, n. 1, CE vieta agli Stati membri misure di questo tipo non solo nei confronti di imprese cui riconoscono diritti speciali, ma anche nei confronti di imprese pubbliche , s i è indotti a trarre conclusioni paragonabili per tale settore  (71) . Un’impresa pubblica può essere collocata in una posizione tale da indurla ad abusare della sua – presunta ‑ posizione dominante non solo con la concessione di diritti speciali o monopoli, ma anche con lo stanziamento di mezzi finanziari  (72) .

    90.      In tale contesto andrebbe esaminato, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, se il tipo e la portata di un’eventuale devoluzione al servizio delle pubbliche affissioni del gettito dell’imposta comunale sulla pubblicità sia idonea a indurre tale servizio ad un comportamento contrario alla leale concorrenza. Ma già solo a riprova di una tale devoluzione di mezzi non vi sono tuttavia indizi concreti nel caso di specie.

    91.      Tenuto conto delle circostanze del procedimento principale di cui si è a conoscenza, gli artt. 82 CE e 86, n. 1, CE non ostano, di conseguenza, ad una disposizione nazionale ai sensi della quale, per le affissioni pubblicitarie su spazi pubblici, viene applicata un’imposta comunale sulla pubblicità o un diritto a favore dei comuni, che nel contempo gestiscono un proprio servizio delle pubbliche affissioni.

    3. Sulla questione sub 2b: divieto di aiuti di Stato (artt. 87 CE e 88 CE)

    92.      Con la sua questione sub 2b, che esaminerò solo via subordinata  (73) , il giudice del rinvio vorrebbe sapere, in sostanza, se ci si trovi in presenza di un aiuto di Stato (eventualmente vietato) ai sensi dell’art. 87 CE, soggetto inoltre all’obbligo di notifica e al divieto di previa esecuzione ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, quando il gettito di imposte come l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni venga devoluto a comuni che gestiscano essi stessi il servizio delle pubbliche affissioni.

    93.      La Viacom e la Giotto, ma anche il giudice del rinvio, vedono nella devoluzione al comune del gettito dell’imposta comunale sulla pubblicità nonché dei diritti sulle pubbliche affissioni un aiuto di Stato inammissibile. Poiché l’imposta comunale sulla pubblicità violerebbe in tal modo il diritto comunitario, essi ritengono che non sussista un obbligo di versamento della stessa. La censura principale delle parti del procedimento principale e l’essenza della domanda di pronuncia pregiudiziale è quindi sia l’utilizzo, sia già solo la riscossione tanto dell’imposta comunale sulla pubblicità, quanto dei diritti per il ricorso al servizio delle pubbliche affissioni.

    a) L’imposta comunale sulla pubblicità

    94.      Per quanto riguarda l’imposta comunale sulla pubblicità, in base alle informazioni fornite alla Corte vi sono diversi motivi che portano a escludere l’applicazione delle disposizioni del Trattato CE in materia di aiuti di Stato.

    95.      Già se si dovesse presumere, come fanno il giudice del rinvio e le parti del procedimento principale, che il comune vada considerato complessivamente come un’impresa, ciò non porterebbe all’applicabilità delle disposizioni relative agli aiuti di Stato. Infatti, se si dovesse partire da tale ipotesi mancherebbe il presupposto della provenienza statale dei mezzi, dato che in questo caso l’imposta comunale sulla pubblicità dovrebbe essere considerata come prestazione in denaro da parte di un’impresa privata (dell’operatore pubblicitario, ad esempio la Viacom) ad un’altra impresa (il comune). In mancanza di un trasferimento di mezzi statali non vi potrebbe essere, di conseguenza, un aiuto; anche la circostanza che l’obbligo di pagamento dell’imposta comunale sulla pubblicità si basa su disposizioni giuridiche vincolanti non potrebbe incidere su ciò  (74) .

    96.      Di conseguenza, l’unica ipotesi in cui si può porre la questione relativa alla natura di aiuto di Stato dell’imposta comunale sulla pubblicità è quella di un rapporto triangolare, in cui innanzitutto il comune applichi d’imperio l’imposta e poi eroghi un aiuto, derivante dal gettito di tale imposta, ad un servizio delle pubbliche affissioni sufficientemente autonomo. Ma come è già stato rilevato, né l’ordinanza di rinvio, né le osservazioni delle parti contengono indizi sufficienti che il servizio delle pubbliche affissioni goda di una sufficiente autonomia organizzativa e in particolare di bilancio o contabile  (75) . Se manca però un «rapporto esterno», che solo potrebbe rendere possibile l’ipotesi di una devoluzione speciale di risorse tributarie, allora manca un destinatario autonomo degli aiuti: un comune non si può sovvenzionare da solo.

    97.      Pur ipotizzando però l’autonomia organizzativa necessaria del servizio delle pubbliche affissioni, il divieto di aiuti di Stato di cui all’art. 87 CE, nonché l’obbligo di notifica e il divieto di previa esecuzione di cui all’art. 88, n. 3, CE, non riguarderebbero in ogni caso già la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità. Al contrario, a tale scopo dovrebbero essere soddisfatti presupposti ulteriori  (76) , e in particolare dovrebbe sussistere un collegamento diretto e inscindibile tra l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e una devoluzione concreta, eventualmente finanziata mediante la stessa, da parte del comune al suo servizio delle pubbliche affissioni  (77) . Solo in presenza di un tale collegamento diretto l’eventuale illegittimità di un aiuto può avere riflessi sulla riscossione delle tasse e il diritto in materia di aiuti di Stato può riguardare già l’esazione delle imposte.

    98.      Nella fattispecie non vi sono indizi né di un aiuto (illegittimo), la cui esistenza sarebbe in ogni caso un presupposto, né del necessario collegamento diretto e inscindibile tra l’aiuto e l’applicazione dell’imposta. In particolare, sulla base delle informazioni fornite si deve partire dall’idea che l’imposta comunale sulla pubblicità viene versata al bilancio comunale per un utilizzo generale e non, ad esempio, ad un fondo speciale destinato specificamente a finanziare il servizio delle pubbliche affissioni.

    b) Il diritto sulle pubbliche affissioni

    99.      Quanto al diritto sulle pubbliche affissioni, esso è composto, come già osservato, da un elemento tributario e da un elemento retributivo collegato alla prestazione del servizio delle pubbliche affissioni  (78) .

    100.    Per quanto riguarda l’elemento tributario, valga quanto osservato prima  (79) .

    101.    Quanto all’elemento retributivo non si può trattare a priori di un aiuto: il suo pagamento non avviene con risorse statali, ma con risorse private dei clienti del servizio delle pubbliche affissioni  (80) e costituisce una controprestazione per i servizi di questo. Non si tratta proprio di un vantaggio economico che il servizio delle pubbliche affissioni non avrebbe potuto ottenere in condizioni normali di mercato  (81) .

    c) Conclusione parziale

    102.    Tenuto conto di circostanze quali quelle di cui si è a conoscenza per il procedimento principale, il combinato disposto degli artt. 87 CE e 88 CE non osta di conseguenza ad una disposizione nazionale, secondo cui per le affissioni pubblicitarie su spazi pubblici viene applicata un’imposta comunale sulla pubblicità o un diritto a favore dei comuni, che nel contempo gestiscono un proprio servizio delle pubbliche affissioni.

    VI – Conclusione

    103.    In base alle considerazioni che precedono propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali ad essa proposte come segue:

    1)
    Se la riscossione di un’imposta indiretta, come l’imposta comunale sulla pubblicità in Italia, rappresenta un elemento dell’ordinamento tributario nazionale, si fonda su criteri oggettivi e non discriminatori e non ha nemmeno effetti diversi sulle attività nazionali e su quelle internazionali, essa non è in contrasto con l’art. 49 CE.

    2)
    Per il resto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile.

    In subordine, propongo alla Corte di risolvere le questioni sub 1a e sub 2 come segue:

    Tenuto conto di circostanze quali quelle di cui si è a conoscenza per il procedimento principale, né l’art. 82 CE, né gli artt. 87 CE e 88 CE, eventualmente in combinato disposto con l’art. 86, n. 1, CE, ostano ad una disposizione nazionale, secondo cui per le affissioni pubblicitarie su spazi pubblici viene applicata un’imposta comunale sulla pubblicità o un diritto a favore dei comuni e a tali comuni, che gestiscono del resto un proprio servizio delle pubbliche affissioni, è nel contempo affidata la fissazione e la riscossione dell’imposta.


    1
    Lingua originale: il tedesco.


    2
    Ordinanza 8 ottobre 2002, causa C 190/02, Viacom I (Racc. pag. I‑8289).


    3
    GURI del 23 dicembre 1997, n. 298, S.O.


    4
    Nota irrilevante per la versione italiana.


    5
    Il titolo di tale decreto legislativo inizia così: «Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni» ed è pubblicato nella GURI del 9 dicembre 1993, n. 288, S.O. Nel caso di specie si applica nella versione modificata con decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1998, n. 43, e con decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.


    6
    Nuovo regolamento per l'applicazione dell'imposta sulla pubblicità e per l'effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni. Tale regolamento comunale è stato modificato negli anni 1999 e 2000.


    7
    Art. 39 del regolamento comunale 26 marzo 2001 (delibera del Comune di Genova n. 36/2001).


    8
    Già Società Manifesti Affissioni SpA.


    9
    Cit. alla nota 2.


    10
    Ordinanza 5 marzo 1986, causa 69/85, Wünsche III (Racc. pag. 947, punto 15).


    11
    V. solo sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman (Racc. pag. I‑4921, punto 59); 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I‑2099, punto 38), 10 dicembre 2002, causa C‑153/00, Der Weduwe (Racc. pag. I‑11319, punto 31), 4 dicembre 2003, causa C‑448/01, EVN AG e Wienstrom (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 74), e 25 marzo 2004, cause riunite C‑480/00, C‑481/00, C‑482/00, C‑484/00, C‑489/00, C‑490/00, C‑491/00, C‑497/00, C‑498/00 e C‑499/00, Ribaldi (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto‑72).


    12
    Sentenze Bosman (punto 61), Preussen Elektra (punto 39), e Ribaldi (punto 72); analogamente sentenze EVN AG e Wienstrom (punto 76), nonché Der Weduwe (punto 33), tutte cit. alla nota 11.


    13
    Come menzionato, la Giotto è tenuta contrattualmente al rimborso di «oneri specifici e documentati » .


    14
    In un procedimento ai sensi dell'art. 234 CE, che si basa su una chiara ripartizione di competenze fra giudice nazionale e Corte, per ogni esame del contesto fattuale concreto e per l'interpretazione del diritto nazionale è competente esclusivamente il giudice del rinvio. V., in tal senso, ad esempio, sentenze 16 settembre 2004, causa C‑386/02, Baldinger (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 14), 25 ottobre 2001, causa C‑475/99, Ambulanz Glöckner (Racc. pag. I‑8089, punto 10), e 16 luglio 1998, causa C‑235/95, Dumon e Froment (Racc. pag. I‑4531, punto 25, con ulteriori riferimenti).


    15
    Pag. 3 dell'ordinanza di rinvio, Sezione B (II). È compito specifico del giudice nazionale interpretare un contratto di diritto civile secondo le norme rilevanti del suo diritto nazionale. In tal senso la presente causa si differenzia ad esempio dalla causa Der Weduwe, in cui un giudice belga ha basato la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, senza una motivazione esauriente, su una supposizione meramente ipotetica, cioè su un'interpretazione non consolidata del diritto lussemburghese, vale a dire di un diritto straniero che non era il suo (sentenza cit. alla nota 11, punti 37-39).


    16
    Sentenza 11 marzo 1980, causa 104/79, Foglia I (Racc. pag. 745, punto 10).


    17
    Sentenza 9 febbraio 1995, causa C‑412/93, Leclerc-Siplec (Racc. pag. I‑179, punto 14).


    18
    In questo senso anche sentenza 21 settembre 1988, causa 267/86, Van Eycke (Racc. pag. 4769, punto 12).


    19
    Sentenze 26 gennaio 1993, cause riunite da C‑320/90 a C‑322/90, Telemarsicabruzzo e a. (Racc. pag. I‑393, punto 6), e 13 aprile 2000, causa C‑176/96, Lehtonen e Castors Braine (Racc. pag. I‑2681, punto 22), nonché ordinanze 19 marzo 1993, causa C‑157/92, Banchero (Racc. pag. I‑1085, punto 4), 30 giugno 1997, causa C‑66/97, Banco de Fomento e Exterior (Racc. pag. I‑3757, punto 7), e 28 giugno 2000, causa C‑116/00, Laguillaumie (Racc. pag. I‑4979, punto 15); v. inoltre l'ordinanza Viacom I (cit. alla nota 2, punto 15).


    20
    Sentenza Lehtonen e Castors Braine (cit. alla nota 19, punto 22) nonché ordinanze Banchero (cit. alla nota 19, punto 5), Laguillaumie (cit. alla nota 19, punto 19) e Viacom I (cit. alla nota 2, punto 22).


    21
    Sentenza Ribaldi (cit. alla nota 11, punto 73), ordinanza 11 febbraio 2004, cause riunite C‑438/03, C‑439/03, C‑509/03 e C‑2/04, Cannito e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 6-8, con ulteriori riferimenti), sentenza Telemarsicabruzzo (cit. alla nota 19, punto 6) e ordinanza Viacom I (cit. alla nota 2, punto 14).


    22
    Sentenza 1º aprile 1982, cause riunite 141/81‑143/81, Holdijk e a. (Racc. pag. 1299, punto 6), ordinanza Banco de Fomento e Exterior (cit. alla nota 19, punto 7), sentenza Lethonen e Castors Braine (cit. alla nota 19, punto 23), ordinanza Laguillaumie (cit. alla nota 19, punto 14) e ordinanza Viacom I (cit. alla nota 2, punto 14).


    23
    Quanto ai requisiti, v., per i particolari, i punti 19 e 20 dell'ordinanza Viacom I (cit. alla nota 2).


    24
    V., a tal proposito, i paragrafi 15 e 16 di queste conclusioni.


    25
    Si tratta della delibera n. 35/2001, recante un regolamento per l’applicazione del canone per l’istallazione di mezzi pubblicitari, nonché della delibera n. 36/2001, recante un regolamento per l’applicazione del diritto e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni.


    26
    Il regolamento allegato alla delibera del Comune di Genova 26 marzo 2001, n. 36, all'art. 39, stabilisce come data della sua entrata in vigore il 1º gennaio 2001 e prevede per lo stesso giorno l'abrogazione del regolamento 1998. Restano, tuttavia, espressamente esclusi da tale abrogazione i rapporti di diritto tributario riferiti al periodo precedente al 1º gennaio 2001. Parimenti, l'art. 19 del regolamento allegato alla delibera del Comune di Genova 26 marzo 2001, n. 35, stabilisce come data della sua entrata in vigore il 1º gennaio 2001.


    27
    V. paragrafo 37 di queste conclusioni. Talune informazioni complementari sono inoltre state fornite dalle parti del procedimento principale e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte e orali.


    28
    Regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).


    29
    Ordinanza Viacom I (cit. alla nota 2, punti 21 e 22).


    30
    Questo viene rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte. A tal proposito essa rinvia anche alla giurisprudenza dei giudici amministrativi italiani, in particolare alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (TAR Lombardia-Milano) 17 aprile 2002, n. 1490, da cui emergerebbe che l'obiettivo e il senso del servizio delle pubbliche affissioni è quello di rendere concretamente realizzabile il diritto fondamentale, costituzionalmente garantito, alla libera manifestazione del pensiero.


    31
    V., ad esempio, quanto esposto dalla Commissione nella sua decisione 14 settembre 2001 nel procedimento di controllo di una concentrazione COMP/M.2529 – JCD/RCS/Publitransport/IGP (punto 10).


    32
    Al contrario la Commissione nelle sue osservazioni scritte e orali rimanda ad esempio a diverse decisioni di autorità garanti della concorrenza, dalle quali si potrebbe dedurre che nel settore delle affissioni pubblicitarie in Italia vi è una concorrenza effettiva. Si tratta della già cit. decisione della Commissione 14 settembre 2001 (v. nota 31, in particolare punto 15) nonché delle decisioni dell' Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana 2 dicembre 1999, n. 7781 (C3738), 10 febbraio 2000, n. 8019 (C3843), 6 luglio 2000, n. 8463 (C4047), 27 novembre 2002, n. 11442 (C5428), e 30 ottobre 2003, n. 12561 (I583).


    33
    Dall'ordinanza di rinvio emerge, a tal proposito, solo che il Comune di Genova per il suo servizio delle pubbliche affissioni, tra l'altro, «si avvale di responsabili del servizio, uffici tecnici, manodopera di dipendenti a livello operaio strumenti ed impianti tecnici ecc. Dispone cioè di organizzazione molto simile a quella delle imprese private del settore sue concorrenti». Il servizio delle pubbliche affissioni verrebbe esercitato dal comune con una precisa organizzazione di mezzi finanziari e strumentali non attinenti ai suoi compiti istituzionali, ma all'esecuzione di un'attività imprenditoriale diretta a conseguire profitti.


    34
    Secondo la tesi della Viacom, emersa dalle sue osservazioni scritte e orali, si tratta di un servizio privo di una rilevante autonomia e senza un bilancio proprio.


    35
    Sentenze 13 luglio 2004, causa C‑262/02, Commissione/Francia (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22), e causa C‑429/02, Bacardi France (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31).


    36
    Analogamente, ad esempio, sentenza 24 ottobre 1978, causa 15/78, Koestler (Racc. pag. 1971, punto 3, in relazione ai servizi bancari).


    37
    V. sentenze 28 ottobre 1999, causa C‑55/98, Vestergaard (Racc. pag. I‑7641, punti 16 e 17), e 11 dicembre 2003, causa C-289/02, AMOK (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 25 e 26).


    38
    Così, ad esempio, è avvenuto secondo le sentenze 13 dicembre 1989, causa C‑49/89, Corsica Ferries France (Racc. pag. 4441, punto 7), 5 ottobre 1994, causa C‑381/93, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑5145, punti 17‑21), 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster (Racc. pag. I‑9445, punti 30‑35), e 21 marzo 2002, causa C‑451/99, Cura Anlagen (Racc. pag. I‑3193, punti 65‑69).


    39
    Ai sensi dell'art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93 infatti, nel caso in cui ci si avvalga del servizio delle pubbliche affissioni, «è dovuto (…) un diritto, comprensivo dell’imposta sulla pubblicità , a favore del comune che provvede alla loro esecuzione» (il corsivo è mio).


    40
    Quanto al problema analogo della tassazione dei prodotti (art. 90 CE), v. sentenze 7 maggio 1987, causa 193/85, Co-Frutta (Racc. pag. 2085, punti 10 e segg.), e 9 settembre 2004, causa C‑72/03, Carbonati Apuani (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17). V. anche sentenza 29 aprile 2004, causa C‑387/01, Weigel (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 55 in fine).


    41
    V. anche sentenze 18 giugno 1998, causa C‑266/96, Corsica Ferries France (Racc. pag. I‑3949, punto 56), 20 febbraio 2001, causa C‑205/99, Analir e a. (Racc. pag. I‑1271, punto 21), e 13 giugno 2002, cause riunite C‑430/99 e C‑431/99, Sea-Land Service (Racc. pag. I‑5235, punto 32). Analogamente le sentenze, cit. alla nota 35, Commissione/Francia (punto 22) e Bacardi France (punto 31).


    42
    V., in tal senso, ad esempio, sentenze, cit. nella nota 41, Corsica Ferries France (punti 3, 4 e 60) e Sea-Land Service (punti 38 e 42), nonché paragrafo 25 delle conclusioni da me presentate il 22 giugno 2004 nella causa C‑189/03, Commissione/Paesi Bassi (non ancora pubblicate nella Raccolta).


    43
    Le sentenze cit. alla nota 38 riguardavano tutte imposte discriminatorie.


    44
    Sentenza 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster (Racc. pag. I‑9445, punti 26, 29, 37 e 38). Tuttavia in quel caso l'imposta era, in aggiunta, anche discriminatoria (v. punti 31‑35 della sentenza).


    45
    Ovviamente ciò vale solo nei limiti consentiti dal Titolo VII del Trattato CE sulla politica economica e monetaria.


    46
    Sentenza cit. alla nota 40.


    47
    Sentenza Weigel (cit. alla nota 40, punto 55; il carattere non discriminatorio dell'imposta in quel caso viene chiarito al punto 53 della sentenza); v., inoltre, paragrafo 36 delle conclusioni presentate dall'avvocato generale Tizzano il 3 luglio 2003, nella medesima causa.


    48
    Sulla mancanza di una discriminazione, v. anche paragrafo 57 di queste conclusioni.


    49
    Con riferimento alla giurisprudenza dei giudici amministrativi italiani (Tribunale amministrativo regionale per la Toscana – TAR Toscana-Firenze, sentenza 11 marzo 2002, n. 456) la Commissione osserva, nella sua memoria, che tale imposta è «di ammontare molto modesto » .


    50
    V. paragrafi 51 e 52 di queste conclusioni.


    51
    Sentenze 16 marzo 2004, cause riunite C‑264/01, C‑306/01, C‑354/01 e C‑355/01, AOK Bundesverband e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46), 22 gennaio 2002, causa C‑218/00, Cisal (Racc. pag. I691, punto 22), e 23 aprile 1991, causa C‑41/90, Höfner e Elser (Racc. pag. I‑1979, punto 21).


    52
    Sentenze 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 2599, punto 7), e 18 marzo 1997, causa C‑343/95, Calì (Racc. pag. I‑1547, punti 16 e 18). Anche nella sentenza 4 maggio 1988, causa 30/87, Bodson (Racc. pag. 2479, punto 8) viene fatto riferimento ad una distinzione simile tra attività imprenditoriale e potestà d'imperio dei comuni.


    53
    Diversamente dalla sentenza 17 maggio 2001, causa C‑340/99, TNT Traco (Racc. pag. I‑4109; v., in particolare, punto 47), l'imposta comunale sulla pubblicità non costituisce un compenso a favore del comune per una prestazione di servizi non effettuata direttamente dallo stesso.


    54
    In tal senso la Commissione nella sua memoria con riferimento alla giurisprudenza dei giudici amministrativi italiani (Tribunale amministrativo regionale per la Toscana – TAR Toscana-Firenze, sentenze 11 marzo 2002, nn. 456 e 457).


    55
    Sentenza Calì (cit. alla nota 52, punti 16, 18 e 23).


    56
    La parola «servizio» viene addirittura espressamente utilizzata dall'art. 19, primo comma, del d. lgs. n. 507/93.


    57
    Come emerge dalle osservazioni presentate alla Corte, il servizio delle pubbliche affissioni è a disposizione anche di associazioni ed enti aventi finalità sociali per le loro comunicazioni al pubblico. Si può giungere quindi alla conclusione che l'attività del servizio delle pubbliche affissioni costituisce – almeno parzialmente – una prestazione di servizi di interesse economico generale. Ciò non modifica il carattere economico di tale attività ai sensi delle norme in materia di concorrenza e quindi la correttezza del riferimento al concetto di impresa. Il tipo di servizi può rilevare al limite in una seconda fase, nell'ambito degli artt. 16 CE e 86, n. 2, CE.


    58
    Sia un diritto eccessivamente elevato, sia uno eccessivamente modesto possono avere in certi casi effetti negativi per il cliente. Nel primo caso i clienti dovrebbero pagare prezzi più alti al comune, il secondo caso potrebbe portare a distorsioni della concorrenza nonché all'eliminazione degli operatori privati dal mercato e quindi, in ultima analisi, ad un'offerta di servizi troppo ridotta per i clienti.


    59
    La domanda di pronuncia preguidiziale non contiene alcuna indicazione sull'importo del diritto per il ricorso al servizio delle pubbliche affissioni del Comune di Genova. Nemmeno le parti hanno fornito informazioni complementari a tal proposito, nonostante l'esplicita richiesta della Corte in tal senso.


    60
    Sotto tale profilo, la fattispecie si differenzia da quella di cui alla sentenza 17 luglio 1997, causa C‑242/95, GT-Link (Racc. pag. I‑4449, punti 14 e 41), in cui, tra l'altro, è stata trattata l'esenzione delle imprese pubbliche da imposte che altri erano tenuti a versare.


    61
    La Viacom e la Giotto si sono espresse, del resto, analogamente in relazione alla libera prestazione dei servizi (art. 49 CE).


    62
    In tal modo le parti effettuano, in definitiva, un parallelismo con la fattispecie che era alla base della sentenza 13 dicembre 1991, causa C‑18/88, RTT/GB-Inno-BM (Racc. pag. I‑5941, punti 25 e 26).


    63
    Nell'udienza dinanzi alla Corte il rappresentante della Viacom ha inoltre fatto riferimento alle fattispecie di cui alle sentenze TNT Traco (cit. alla nota 53) e 18 giugno 1991, causa C‑260/89, ERT (Racc. pag. I‑2925).


    64
    V. sentenze 5 ottobre 1995, causa C‑96/94, Centro Servizi Spediporto Srl (Racc. pag. I‑2883, punto 20), 29 gennaio 1985, causa 231/83, Cullet/Leclerc (Racc. pag. 305, punto 16), 10 gennaio 1985, causa 229/83, Leclerc/Thouars (Racc. pag. 1, punto 14), nonché sentenza Höfner e Elser (cit. alla nota 51, punti 26‑29).


    65
    Nel procedimento dinanzi alla Corte la Viacom e la Giotto hanno osservato che il Comune di Genova avrebbe previsto m 2 17 000 di spazi a fini pubblicitari per gli operatori privati, mentre avrebbe previsto circa m 2 24 000 per il proprio servizio delle pubbliche affissioni. Come però ha osservato in udienza lo stesso rappresentante della Viacom, una parte degli spazi assegnati al servizio delle pubbliche affissioni è riservata agli avvisi ufficiali o di interesse pubblico.


    66
    V. le sentenze Leclerc/Thouars (cit. alla nota 64, punto 14), Cullet/Leclerc (cit. alla nota 64, punto 16), nonché Höfner e Elser (cit. alla nota 51, punti 26‑29).


    67
    V. sentenza 27 novembre 2003, cause riunite da C‑34/01 a C 38/01, Enirisorse e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 48‑52), e paragrafi 72‑84 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Stix-Hackl il 7 novembre 2002 nella medesima causa.


    68
    In tal senso si è espresso, in udienza, lo stesso rappresentante della Viacom.


    69
    Un obbligo di garantire la trasparenza nelle relazioni finanziarie tra i comuni e il loro servizio delle pubbliche affissioni potrebbe derivare dalla direttiva della Commissione 25 giugno 1980, 80/723/CEE, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (GU L 195, pag. 35; da ultimo modificata dalla direttiva della Commissione 26 luglio 2000, 2000/52/CE, GU L 193, pag. 75), ma fatte salve le deroghe contenute al suo art. 4, n. 1.


    70
    V. sentenze nelle cause ERT (cit. alla nota 63, punti 35‑37), Höfner e Elser (cit. alla nota 51, punti 27‑31), GT-Link (cit. alla nota 60, punti 33‑35), 10 dicembre 1991, causa C‑179/90, Merci Convenzionali Porto di Genova (Racc. pag. I‑5889, punti 17‑19), 11 dicembre 1997, causa C‑55/96, Job Centre (Racc. pag. I‑7119, punti 28‑31), 12 febbraio 1998, causa C‑163/96, Raso e a. (Racc. pag. I‑533, punti 27‑31), 25 giugno 1998, causa C‑203/96, Dusseldorp e a. (Racc. pag. I‑4075, punti 61 e 62), 12 settembre 2000, cause riunite da C‑180/98 a C‑184/98, Pavel Pavlov e a. (Racc. pag. I‑6451, punti 127 e 128), TNT Traco (cit. alla nota 53, punto 44), Ambulanz Glöckner (cit. alla nota 14, punti 39 e 40), e 22 maggio 2003, causa C‑462/99, Connect Austria (Racc. pag. I‑5197, punti 80‑84).


    71
    In tal senso anche l'avvocato generale Stix-Hackl ai paragrafi 72‑84 delle conclusioni da lei presentate nella causa Enirisorse (cit. alla nota 67).


    72
    V. anche sentenza Enirisorse (cit. alla nota 67, punti 48‑52) e le conclusioni presentate dall'avvocato generale Stix-Hackl in tale causa (cit. alla nota 67, paragrafi 72‑84).


    73
    V. paragrafi 51 e 52 di queste conclusioni.


    74
    Sentenza PreussenElektra (cit. alla nota 11, punti 58, 59 e 61).


    75
    V. a tal proposito anche paragrafo 86 e nota 69 di queste conclusioni.


    76
    V., in particolare, sentenza 21 ottobre 2003, cause riunite C‑261/01 e C‑262/01, Van Calster e Cleeren (Racc. pag. I‑12249, punto 49) e sentenza Enirisorse (cit. alla nota 67, punti 43‑45). Ai paragrafi 32 e segg. delle conclusioni presentate dall'avvocato generale Geelhoed il 4 marzo 2004 nelle cause riunite C‑174/02 e C‑175/02, Streekgewest Westelijk Noord-Brabant e a. (non ancora pubblicate nella Raccolta), viene esaminata approfonditamente tale problematica.


    77
    V. anche paragrafi 34 e segg. delle conclusioni presentate dall'avvocato generale Geelhoed nella causa Streekgewest Westelijk Noord-Brabant (cit. alla nota 76).


    78
    V. paragrafo 74 di queste conclusioni.


    79
    V. paragrafi 94‑98 di queste conclusioni.


    80
    V., in tal senso, sentenza PreussenElektra (cit. alla nota 11, punti 58, 59 e 61).


    81
    In sostanza anche la sentenza 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Racc. pag. I‑7747, punti 84 e segg.) nega – anche se in un contesto parzialmente diverso – la sussistenza di un aiuto ove ad una prestazione corrisponda una controprestazione.

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