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Document 62002TJ0217

Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione ampliata) del 23 novembre 2006.
Ter Lembeek International NV contro Commissione delle Comunità europee.
Aiuti di Stato - Aiuti a favore del gruppo belga Beaulieu - Rinuncia ad un credito.
Causa T-217/02.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 II-04483

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2006:361

Causa T-217/02

Ter Lembeek International NV

contro

Commissione delle Comunità europee

«Aiuti di Stato — Aiuti a favore del gruppo belga Beaulieu — Rinuncia ad un credito»

Massime della sentenza

1.      Ricorso di annullamento — Motivi — Motivi che possono essere dedotti nei confronti di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato

(Artt. 88, n. 2, CE e 230 CE)

2.      Aiuti concessi dagli Stati — Nozione

(Art. 87, n. 1, CE)

3.      Aiuti concessi dagli Stati — Lesione della concorrenza

4.      Aiuti concessi dagli Stati — Pregiudizio per gli scambi tra Stati membri

(Regolamento del Consiglio n. 659/1999, art. 14)

5.      Aiuti concessi dagli Stati — Esame da parte della Commissione

6.      Aiuti concessi dagli Stati — Decisione della Commissione con cui viene constatata l’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune — Obbligo di motivazione — Portata

(Artt. 87, n. 1, CE e 253 CE)

1.      Nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto a norma dell’art. 230 CE, la legittimità di un atto comunitario dev’essere valutata in funzione delle informazioni esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato. In particolare, le complesse valutazioni operate dalla Commissione devono essere esaminate alla luce dei soli elementi di cui essa disponeva quando le ha effettuate.

A tal riguardo, non può essere addebitato alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali informazioni che potevano esserle presentate nel corso del procedimento amministrativo, ma che non lo sono state, non avendo la Commissione l’obbligo di esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali elementi potessero esserle sottoposti.

Ne consegue che non sono ricevibili gli argomenti in fatto addotti da un ricorrente, che abbia partecipato al procedimento d’indagine formale di cui all’art. 88, n. 2, CE, che siano ignoti alla Commissione e che esso non abbia segnalato a quest’ultima nel corso del procedimento d’indagine formale. Per contro, nulla impedisce all’interessato di dedurre, avverso la decisione definitiva, un motivo di diritto non sollevato in sede di procedimento amministrativo.

Questa soluzione può, salvo casi assolutamente eccezionali, essere estesa all’ipotesi in cui un’impresa non abbia partecipato al procedimento d’esame previsto dall’art. 88, n. 2, CE.

Essa si applica anche ad un ricorrente che, nonostante la perfetta conoscenza dell’avvio di un procedimento d’indagine formale concernente, in particolare, una rinuncia ad un credito di cui ha beneficiato e della necessità ed importanza per lui di fornire certe informazioni, a causa dei dubbi già formulati dalla Commissione quanto alla compatibilità di tale rinuncia al credito con il diritto comunitario, abbia deciso di non partecipare al procedimento d’indagine formale, senza però affermare che la decisione di avvio del procedimento d’indagine formale non fosse motivata in modo tale da permettergli di esercitare utilmente i suoi diritti.

(v. punti 82-85, 90, 104)

2.      Allorché un ente territoriale, titolare di un credito certo ed esigibile nei confronti di un’impresa, ha rinunciato a tale credito in cambio di azioni nel capitale di una società il cui valore era pari a zero all’epoca di tale operazione e la detta impresa non ha dimostrato che, a seguito di tale rinuncia al credito, essa abbia trasferito tale somma nel capitale di un’altra società che ne sarebbe quindi stata la beneficiaria, si deve considerare che la detta impresa, che ha mantenuto nel proprio patrimonio tale somma, abbia beneficiato di un trasferimento di risorse pubbliche ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

(v. punti 169-170)

3.      Gli aiuti diretti ad alleviare a un’impresa le spese ch’essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza.

Nel momento in cui un’autorità pubblica favorisce un’impresa che opera in un settore contrassegnato da un’intensa concorrenza concedendole un’agevolazione, si verifica una distorsione della concorrenza o il rischio di una tale distorsione.

Ciò avviene, ad esempio, allorché un ente territoriale rinuncia senza un’effettiva contropartita ad un credito di cui esso era titolare verso un’impresa che esercita la sua attività in un settore totalmente aperto alla concorrenza.

(v. punti 177-180)

4.      Allorché un aiuto finanziario concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto.

In tal senso, allorché una holding beneficia di un aiuto, quest’ultimo si traduce in un beneficio finanziario sul mercato in cui operano le società da essa controllate, rafforzando la sua posizione nei confronti delle altre imprese e permettendole di accrescere le sue esportazioni.

La richiesta di recupero del valore di un aiuto del genere non può perciò essere considerata come una violazione del principio di proporzionalità e dell’art. 14 del regolamento n. 659/1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE.

(v. punti 181, 184, 198-199)

5.      Non può essere addebitata alla Commissione una discriminazione risultante dal diverso trattamento applicato a situazioni analoghe per il fatto che, in occasione della determinazione dell’importo di un aiuto di Stato, essa ha valutato in base a metodi diversi il valore da prendere in considerazione per i titoli che una società aveva successivamente acquistato e ceduto, in quanto tale valutazione riguardava i valori in date diverse e in contesti differenti, caratterizzati l’uno dall’esistenza di un prezzo fissato da una normativa statale e l’altro dalla determinazione del valore sulla base della realtà economica.

(v. punti 201, 207-211, 218)

6.      L’obbligo di motivazione di cui all’art. 253 CE costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Sotto questo profilo, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo.

Inoltre, tale requisito dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone che quest’ultimo concerna direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuata una valutazione alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia.

Applicato alla qualificazione di un provvedimento di aiuto, tale principio impone che siano indicate le ragioni per le quali la Commissione considera che il provvedimento di aiuto in esame rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

Anche ipotizzando che un aiuto sia stato concesso, la Commissione deve inoltre esporre in modo sufficientemente chiaro i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nella logica della decisione, come quelli, in particolare, che consentono alla ricorrente e al giudice comunitario di conoscere le ragioni per cui l’istituzione ha considerato che l’operazione controversa comportasse una distorsione della concorrenza e pregiudicasse il commercio all’interno dell’Unione.

(v. punti 234-236, 246)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

23 novembre 2006 (*)

«Aiuti di Stato − Aiuti a favore del gruppo belga Beaulieu − Rinuncia ad un credito»

Nella causa T‑217/02,

Ter Lembeek International NV, con sede in Wielsbeke (Belgio), rappresentata dagli avv.ti J.P. Vande Maele, F. Wijckmans e F. Tuytschaever,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. G. Rozet e H. van Vliet, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto l’annullamento degli artt. 1 e 2 della decisione della Commissione 24 aprile 2002, 2002/825/CE, relativa all’aiuto di Stato al quale il Belgio ha dato esecuzione in favore del gruppo Beaulieu (Ter Lembeek International) (GU L 296, pag. 60),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, dai sigg. F. Dehousse, D. Šváby e dalla sig.ra K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 febbraio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Normativa comunitaria

1        L’art. 87, n. 1, CE così dispone:

«Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

2        Ai sensi dell’art. 88 CE:

«1.      La Commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune.

2.      Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato comune, in deroga alle disposizioni dell’articolo 87 o ai regolamenti di cui all’articolo 89, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

3.      Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».

3        L’art. 7 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE (GU L 83, pag. 1), intitolato «Decisioni della Commissione che concludono il procedimento d’indagine formale», così dispone:

«1.      Fatto salvo l’articolo 8, il procedimento d’indagine formale si conclude con una decisione ai sensi dei paragrafi da 2 a 5 del presente articolo.

2.      La Commissione, se constata, eventualmente dopo che lo Stato membro interessato vi abbia apportato modifiche, che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.

3.      La Commissione, se constata, eventualmente dopo che lo Stato membro interessato vi abbia apportato modifiche, che i dubbi relativi alla compatibilità della misura notificata con il mercato comune non sussistono più, decide che l’aiuto è compatibile con il mercato comune (in seguito denominata “decisione positiva”). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del trattato.

4.      La Commissione può subordinare una decisione positiva a condizioni che consentano di considerare l’aiuto compatibile con il mercato comune e ad obblighi che consentano di controllare il rispetto della decisione stessa (in seguito denominata “decisione condizionale”).

5.      La Commissione, se constata che l’aiuto notificato non è compatibile con il mercato comune, decide che all’aiuto in questione non può essere data esecuzione (in seguito denominata “decisione negativa”).

6.      Le decisioni adottate a norma dei paragrafi 2, 3, 4 e 5 devono intervenire non appena risultino eliminati i dubbi di cui all’articolo 4, paragrafo 4. Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio della procedura. Questo termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.

7.      Una volta scaduto il termine di cui al paragrafo 6, e se lo Stato membro interessato ne fa richiesta, la Commissione, entro 2 mesi, prende una decisione in base alle informazioni in suo possesso. Se del caso, qualora le informazioni fornite non siano sufficienti per stabilire la compatibilità, la Commissione prende una decisione negativa».

4        L’art. 13 del regolamento n. 659/1999, intitolato «Decisioni della Commissione», dispone quanto segue:

«1.      L’esame di presunti aiuti illegali dà luogo ad una decisione a norma dell’articolo 4, paragrafi 2, 3 o 4. Nel caso di decisioni di avvio del procedimento d’indagine formale, il procedimento si conclude con una decisione a norma dell’articolo 7. In caso di mancato rispetto, da parte d’uno Stato membro, dell’ingiunzione di fornire informazioni, tale decisione è adottata in base alle informazioni disponibili.

2.      Nel caso di presunti aiuti illegali, fatto salvo l’articolo 11, paragrafo 2, la Commissione non è vincolata al rispetto del termine stabilito agli articoli 4, paragrafo 5, 7, paragrafo 6, e 7, paragrafo 7.

3.      L’articolo 9 si applica per quanto compatibile».

5        L’art. 14 del regolamento n. 659/1999, che concerne il recupero degli aiuti, precisa che:

«1.      Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (in seguito denominata “decisione di recupero”). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.

2.      All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero.

3.      Fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee emanata ai sensi dell’articolo [242] del trattato, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario».

 Normativa nazionale

6        Il regio decreto 7 maggio 1985, relativo all’emissione di azioni privilegiate senza diritto di voto da parte di società per azioni appartenenti a settori nazionali (Moniteur Belge 11 maggio 1985, pag. 6873, in prosieguo: il «r.d. 1985»), così dispone, nel suo art. 1:

«Le società per azioni appartenenti [a certi settori] possono, alle condizioni stabilite nel presente decreto, emettere azioni rappresentative del loro capitale e non accompagnate da diritto di voto, in prosieguo denominate come le “azioni privilegiate senza diritto di voto”».

7        L’art. 2 del r.d. 1985 prevede, in particolare, che la Società nazionale di riorganizzazione dei settori nazionali (in prosieguo: la «SNRSN») possa sottoscrivere tali azioni privilegiate senza diritto di voto.

8        L’art. 3 del r.d. 1985 dispone quanto segue:

«Fatte salve le condizioni previste dal presente decreto, le regole di emissione di azioni privilegiate senza diritto di voto, le sue condizioni e le sue modalità, così come i diritti connessi a tali azioni sono oggetto di un accordo, concluso tra la società emittente e le persone giuridiche di cui all’art. 2 che sottoscrivono tali azioni, e sono iscritte nello statuto della società emittente. L’accordo precisa, inoltre, a quali condizioni le azioni privilegiate senza diritto di voto possono essere riscattate dalla società emittente o comprate da terzi. Il prezzo non può essere inferiore all’80% del prezzo di emissione.

L’accordo di cui al primo comma deve essere preliminarmente approvato dal Ministro delle Finanze, dal Ministro degli Affari economici e dal Ministro del Bilancio».

9        L’art. 4 del r.d. 1985 precisa quanto segue:

«L’emissione di azioni privilegiate senza diritto di voto è sottoposta alle seguenti condizioni:

1)      le azioni privilegiate senza diritto di voto sono e restano nominative;

2)      esse non possono rappresentare più del 49% del capitale sottoscritto;

3)      in caso di ripartizione degli utili, esse danno diritto, nonostante qualunque disposizione contraria contenuta nello statuto (…), ad un dividendo privilegiato del 2% del loro prezzo di emissione effettivamente versato;

4)      esse accordano, a dispetto di qualunque disposizione contraria contenuta nello statuto, un privilegio nel rimborso del conferimento, fatto salvo il diritto che può venir loro accordato dallo statuto nella distribuzione dell’attivo risultante dalla liquidazione.

(…)»

 Fatti

 Il gruppo Verlipack e il gruppo Beaulieu

10      Fino al 18 gennaio 1999, data di dichiarazione del suo fallimento, il gruppo Verlipack era il maggiore produttore belga di vetro cavo da imballaggio, con una quota di mercato del 20% in Belgio e del 2% nell’Unione europea. Il detto gruppo impiegava 735 persone nei suoi stabilimenti di Ghlin, Jumet e Mol (Belgio).

11      Il gruppo Beaulieu, che costituisce la denominazione di una holding belga di società operanti nel settore dei tappeti e delle fibre sintetiche, è il secondo produttore mondiale di tappeti e, di gran lunga, il primo produttore europeo. Il gruppo fa capo alla holding Ter Lembeek International NV.

 Periodo precedente all’ingresso del gruppo Beaulieu nell’azionariato del gruppo Verlipack: accordo del 30 aprile 1985 tra il gruppo De Backer (Adsum) e la SNRSN

12      Nel 1985, la Verlipack è fallita e il suo patrimonio, valutato in una cifra pari a 410 milioni di franchi belgi (BEF), è stato acquisito dalla SA Adsum, società del gruppo De Backer che non ha alcun legame con la ricorrente.

13      In virtù di un accordo del 30 aprile 1985, la Adsum ha conferito tale patrimonio in tre società di nuova costituzione, la NV Verlipack Mol, la SA Verlipack Jumet e la SA Verlipack Ghlin, nel cui capitale entrava anche la SNRSN a concorrenza di un importo di BEF 620 020 000. Quest’ultima riceveva come contropartita del suo conferimento nel capitale sociale azioni dette «di categoria B», senza diritto di voto e con un valore nominale di BEF 10 000 ciascuna, e, come contropartita di un conferimento al di fuori del capitale sociale, azioni di godimento dette «di categoria I» e «di categoria II». Nel 1985, la SNRSN deteneva una partecipazione del 49% nel capitale del gruppo, corrispondente unicamente alle azioni di categoria B (art. 3, n. 1, lett. a), dell’accordo del 30 aprile 1985). Tale partecipazione ha ricevuto l’approvazione della Commissione.

14      Ai sensi di una legge speciale 15 gennaio 1989, la Regione vallona acquisiva i titoli senza diritto di voto dei siti di Ghlin e di Jumet, che sono situati all’interno del suo territorio linguistico, e la Regione fiamminga quelli del sito di Mol.

15      L’accordo del 30 aprile 1985 prevedeva, nel suo art. 10, quanto segue:

«La Adsum si impegna a indurre le società a concordare con la [SNRSN] che esse presenteranno ogni anno, e per la prima volta cinque anni dopo la conclusione del presente accordo, un’offerta per acquistare almeno il 10% delle azioni di categoria B e il 10% delle azioni di godimento di categoria I, nella misura consentita dagli utili riportati e dalle riserve disponibili delle società.

Il prezzo di acquisto sarà uguale al valore nominale di dette azioni e sarà di BEF 10 000 per azione di godimento di categoria I.

In mancanza di tali accordi tra le società e la SNRSN, la Adsum eseguirà in ogni caso le obbligazioni previste dal presente articolo».

16      Tale accordo prevedeva ugualmente, al suo art. 11, che:

«La Adsum si impegna ad accordare a ciascuna società un’opzione di acquisto sulle azioni di categoria B e sulle azioni di godimento di categoria I. A tal fine, essa si impegna a concludere con ciascuna di esse un accordo che riproduca il contenuto dell’allegato 1 al presente accordo».

17      L’art. 14, secondo comma, dell’accordo del 30 aprile 1985 precisava:

«Qualora una cessione da parte della Adsum delle azioni che essa detiene nelle società comporti un cambiamento nel controllo e/o nella direzione delle società, tale cessione necessita l’accordo della [SNRSN]».

18      L’art. 16 dell’accordo del 30 aprile 1985 disponeva quanto segue:

«Gli statuti delle società [Verlipack] sono modificati per tenere conto delle clausole del presente accordo».

19      La ricorrente precisa, senza essere contraddetta su tale punto dalla Commissione, di non aver partecipato all’elaborazione dell’accordo del 30 aprile 1985, in quanto essa non era azionista delle società del gruppo Verlipack in tale momento, contrariamente a quanto menzionato al punto 7 della decisione [24 aprile 2002,] 2002/825/CE, relativa all’aiuto di Stato al quale il Belgio ha dato esecuzione in favore del gruppo Beaulieu (Ter Lembeek International) (GU L 296, pag. 60; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Ingresso del gruppo Beaulieu nell’azionariato del gruppo Verlipack e clausola addizionale del 18 novembre 1987 all’accordo del 30 aprile 1985

20      Nel corso del periodo 1985-1987, la Adsum ha ceduto le sue partecipazioni (pari al 51%) nelle tre società Verlipack ad un’altra delle sue controllate, la Imcour NV, la quale ha aderito all’accordo del 30 aprile 1985 ed è stata messa in liquidazione il 25 giugno 1987 al fine della sua scissione in tre società, la Imcour Holding NV, la Imcour Lease NV e la Patrimcour NV. Le azioni delle società Verlipack Jumet, Verlipack Ghlin e Verlipack Mol sono entrate nel patrimonio della Imcour Holding.

21      Al momento della scissione dell’Imcour nel 1987, il gruppo Beaulieu ha comprato dal gruppo De Backer le azioni della Imcour Holding al prezzo di BEF 425 milioni ed è quindi divenuto proprietario indiretto delle società Verlipack Jumet, Verlipack Ghlin e Verlipack Mol.

22      Inoltre, con clausola addizionale del 18 novembre 1987 all’accordo del 30 aprile 1985, e conformemente all’art. 14, secondo comma, dell’accordo del 30 aprile 1985, la SNRSN ha approvato la cessione (indiretta) delle tre società Verlipack al gruppo Beaulieu, a condizione che la Imcour Holding e il sig. De Clerck aderissero all’accordo del 30 aprile 1985. La SNRSN ha inoltre preteso che il gruppo Beaulieu si impegnasse anche a mantenere le tre società Verlipack in attività per un periodo aggiuntivo di due anni. Tale clausola addizionale è stata firmata da tutte le parti interessate, ovvero la Adsum, la SNRSN, la Imcour Holding, il sig. De Clerck e il sig. De Backer.

23      Ai sensi dell’art. 3 della clausola addizionale del 18 novembre 1987:

«A partire dal 1° ottobre 1987, i sottoscritti Imcour NV e sig. R. De Clerck si impegnano irrevocabilmente ad assumersi e ad eseguire ogni diritto e obbligo esistente a tale data in capo alla Adsum NV e al sig. De Backer, come descritti nell’accordo del 30 aprile 1985 e in allegato».

24      L’art. 4 di tale clausola addizionale enunciava che:

«Visti gli artt. 1 e 3, occorre, a partire dal 1° ottobre 1987, intendere, nell’accordo del 30 aprile 1985 e allegato, “Imcour NV” al posto di “Adsum NV” e “sig. R. De Clerck” al posto di “sig. W. De Backer” (…)».

25      L’art. 5 di detta clausola addizionale precisava quanto segue:

«Il diritto di opzione d’acquisto sussiste, secondo le modalità previste nell’allegato all’accordo del 30 aprile 1985, riguardo alle società per azioni Verlipack Ghlin, Mol e Jumet».

 Obbligo di acquisto delle azioni e delle azioni di godimento della SNRSN da parte delle tre società Verlipack contenuto nell’accordo del 30 aprile 1985

26      Il 1° maggio 1990, poiché era scaduto il periodo di cinque anni previsto dall’art. 10 dell’accordo del 30 aprile 1985, è entrato in vigore l’obbligo di acquisto annuale del 10% delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I. Secondo la ricorrente, e senza che essa venga contraddetta su tale punto dalla Commissione, le autorità pubbliche belghe hanno preteso dalle tre società Verlipack l’esecuzione dell’obbligo di acquisto delle loro azioni di categoria B e delle loro azioni di godimento di categoria I. A causa della loro difficile situazione finanziaria, il gruppo Beaulieu ha dovuto procedere all’acquisto secondo un calendario molto preciso. Tra l’aprile 1991 e l’aprile 1994, il gruppo Beaulieu ha versato, a cinque scadenze (aprile 1991, maggio 1991, aprile 1992, aprile 1993 e aprile 1994), BEF 213 100 000 all’azionista pubblico.

27      A seguito di tale acquisizione, la SNRSN (divenuta, per la Regione vallona, la società di gestione delle partecipazioni della Regione vallona in società commerciali, in prosieguo: la «Sowagep») deteneva ancora 5 087 azioni di categoria B senza diritto di voto e 3 937 azioni di godimento di categoria I della SA Verlipack Ghlin, ovvero un totale di 9 024 titoli che dovevano essere acquistati in un periodo di cinque anni al prezzo nominale unitario di BEF 10 000 previsto nell’accordo del 30 aprile 1985, ovvero per un prezzo totale di BEF 90 240 000, nonché 2 923 azioni di categoria B senza diritto di voto e 2 267 azioni di godimento di categoria I della SA Verlipack Jumet, ovvero un totale di 5 190 titoli che dovevano essere acquistati, in un periodo di cinque anni, al prezzo nominale unitario di BEF 10 000 previsto nell’accordo del 30 aprile 1985, ovvero per un prezzo totale di BEF 51 900 000. Il prezzo totale di tali 14 214 azioni e azioni di godimento era pari quindi alla somma di BEF 142 140 000.

28      In seguito a vari aumenti di capitale realizzati dall’azionista privato (la Imcour Holding, divenuta la SA Imcopack Wallonie, detentrice dei siti di Ghlin e Jumet, e la NV Imcopack Vlaanderen, detentrice del sito di Mol), la quota di finanziamento pubblico nel gruppo Verlipack si è progressivamente ridotta al punto che, al termine del progressivo disimpegno, le autorità pubbliche detenevano solo il 20,7% del capitale di detto gruppo.

 Aiuti del 1992 al gruppo Verlipack

29      Nel 1992, il gruppo Verlipack ha beneficiato della concessione di due aiuti all’investimento per un importo complessivo di BEF 502 122 500 in applicazione di un regime a finalità regionale. Peraltro, la concessione di un prestito partecipativo convertibile di BEF 500 milioni da parte della Société régionale d’investissement (società regionale d’investimento, istituita con la legge 2 aprile 1962), prestito che non è poi stato erogato, era stata oggetto di una decisione della Commissione di non sollevare obiezioni, adottata il 25 novembre 1992 (GU 1993, C 83, pag. 3).

30      Secondo le spiegazioni del governo belga, fornite nel corso del procedimento che ha portato alla decisione 4 ottobre 2000, 2001/856/CE, relativa agli aiuti di Stato in favore di Verlipack – Belgio (GU 2001, L 320, pag. 28), il gruppo Verlipack aveva problemi dovuti alla qualità dei suoi amministratori e, soprattutto, a quella della sua produzione, di modo che il gruppo Beaulieu non poteva assumere da solo l’onere e la gestione del suo programma di investimenti di BEF 5 500 milioni. Ciò spiegherebbe in particolare perché la Regione vallona non ha versato gli aiuti che erano stati autorizzati.

 Ingresso del gruppo Heye-Glas nell’azionariato del gruppo Verlipack

31      Nel 1996, le perdite delle tre società Verlipack continuavano ad accumularsi. Ciò non avrebbe permesso loro di onorare le scadenze del rimborso dei prestiti bancari della fine del 1996. In tali condizioni, il gruppo Beaulieu ha deciso di ristrutturare l’azionariato e di negoziare con il gruppo tedesco Heye-Glas (in prosieguo: la «Heye»), uno dei principali produttori tedeschi di vetro.

32      Il 1° settembre 1996, il gruppo Verlipack e la Heye hanno firmato un accordo di cooperazione tecnica che è stato esteso, l’11 aprile 1997, ad un’assistenza amministrativa e finanziaria, con la quale la Heye veniva implicata direttamente nella gestione e nella direzione del gruppo Verlipack.

 Accordo del 18 dicembre 1996

33      Con un accordo del 18 dicembre 1996, concluso tra la ricorrente e la Sowagep, le azioni e le azioni di godimento detenute dalla Sowagep nelle società Verlipack Ghlin e Verlipack Jumet sono state acquistate dal gruppo Beaulieu. Infatti, ai sensi di tale accordo, la ricorrente ha acquistato dalla Sowagep le seguenti partecipazioni: 5 087 azioni di categoria B senza diritto di voto e 3 937 azioni di godimento di categoria I della società Verlipack Ghlin in cambio del pagamento della somma di BEF 72 192 000, così come 2 923 azioni di categoria B senza diritto di voto e 2 267 azioni di godimento di categoria I della società Verlipack Jumet quale corrispettivo del pagamento della somma di BEF 41 520 000, ovvero un totale di 14 214 azioni e azioni di godimento rappresentanti un importo di BEF 113 712 000, pagabili alla Sowagep «il 31 dicembre 2001 al netto, senza interessi».

 Costituzione della Verlipack Holding I e della Verlipack Holding II

34      Il gruppo Beaulieu e la Heye hanno costituito, il 24 gennaio 1997, una holding centrale, la Verlipack Holding I. Il capitale sociale della Verlipack Holding I era pari a BEF 1 030 500 000, costituito da BEF 515 500 000 conferiti dalla Heye, mentre la parte restante era costituita dalle attrezzature dei tre insediamenti conferite dal gruppo Beaulieu e stimate pari a BEF 515 milioni. L’11 aprile 1997 è stata costituita una seconda holding, chiamata Verlipack Holding II, dotata di un capitale di BEF 1 230 500 000 (in cui la Verlipack Holding I deteneva 100 000 azioni, per un importo pari a BEF 1 030 500 000, e la Sowagep deteneva 19 408 azioni, rappresentanti un importo pari a BEF 200 milioni). Gli organi di gestione dell’insieme del nuovo gruppo industriale erano concentrati a livello della Verlipack Holding II, in cui la Heye deteneva la maggioranza, mentre le direzioni dei vari servizi erano uniche per tutto il gruppo.

 Situazione delle società del gruppo Verlipack nel 1997

35      I risultati annunciati dalla Heye e dalla Verlipack sono peggiorati in maniera significativa nel 1997. Alla data del 30 novembre 1997 dalla situazione consolidata provvisoria, non sottoposta a verifica contabile, emergeva una perdita netta per tale anno pari a BEF 828 592 044.

 Accordo di rilancio (Heads of Agreement) del 5 giugno 1998

36      Il 5 giugno 1998 è stato concluso un accordo di rilancio (Heads of Agreement) tra i soci (banche, gruppo Beaulieu, Heye e Sowagep) a causa del peggioramento della situazione delle società del gruppo Verlipack. Tale accordo prevedeva, per ciò che riguarda la Heye, un conferimento di capitale di BEF 200 milioni e, per ciò che riguarda la Regione vallona, da un lato, la conversione in capitale del prestito partecipativo di BEF 150 milioni, concesso alla Verlipack Holding II da detta regione nel 1997, e, dall’altro, un aumento del capitale della Verlipack Holding II pari a BEF 100 milioni, per la quale la Regione vallona doveva trovare un investitore privato. Secondo le autorità belghe (lettera dell’11 gennaio 2001, registrata il 15 gennaio seguente), riguardo alla ricerca di un nuovo investitore e affinché il piano di rilancio potesse essere immediatamente attuato, il gruppo Beaulieu ha proposto di realizzare esso stesso questo impegno «a condizione che questo intervento sia solo temporaneo, e che esso gli venga rimborsato dal nuovo investitore che la Sowagep deve cercare». Esse aggiungono che era nel pieno interesse del gruppo Beaulieu, per il quale gli «Heads of Agreement» prevedevano una rinuncia a un credito di BEF 600 milioni, che il piano di rilancio desse i risultati sperati.

37      Secondo il verbale dell’assemblea straordinaria degli azionisti della Verlipack Holding II del 26 giugno 1998, è stato deciso un aumento di capitale con un conferimento, da parte della Heye, di BEF 200 milioni per 19 408 nuove azioni e un conferimento di BEF 100 milioni da parte della Worldwide Investors Luxembourg (in prosieguo: la «Worldwide Investors») per 9 704 nuove azioni. Secondo il governo del Belgio, la Worldwide Investors, che era stata trovata dal gruppo Beaulieu, avrebbe realizzato tale aumento per conto di tale gruppo.

 Clausola addizionale del 20 novembre 1998 all’accordo del 18 dicembre 1996

38      Il 20 novembre 1998, poiché il nuovo piano di rilancio non era riuscito a raggiungere i risultati sperati, e poiché la Regione vallona non aveva quindi potuto trovare un nuovo investitore privato, quest’ultima e il gruppo Beaulieu hanno deciso di modificare i termini dell’accordo del 18 dicembre 1996 con una clausola addizionale (in prosieguo: la «clausola addizionale del 20 novembre 1998»), la quale prevede che il pagamento delle azioni delle società Verlipack Ghlin e Verlipack Jumet, acquistate dalla Beaulieu in esecuzione dell’accordo del 18 dicembre 1996 per un importo di BEF 113 712 000, «potrà essere effettuato con un versamento sul conto [della Regione vallona] o mediante dazione in pagamento di 9 704 azioni ordinarie della SA Verlipack Holding II», al più tardi alla data del 31 dicembre 2001.

39      In data 21 dicembre 1998, la Worldwide Investors ha ceduto al gruppo Beaulieu 9 704 azioni della società Verlipack Holding II. In cambio, il gruppo Beaulieu ha ceduto 9 704 azioni della società Verlipack Holding I alla società Worldwide Investors. Il gruppo Beaulieu ha successivamente ceduto alla Regione vallona, fra il 21 e il 31 dicembre 1998, 9 704 azioni della Verlipack Holding II «in cambio della rinuncia al credito della Regione vallona sul gruppo Beaulieu».

40      Tale ultima cessione, che è stata oggetto della clausola addizionale del 20 novembre 1998, è intervenuta qualche settimana prima del deposito dei libri contabili da parte della Verlipack, in forma di una dazione in pagamento ad estinzione del debito del gruppo Beaulieu con la Regione vallona, risultante dall’acquisizione da parte di tale gruppo delle azioni Verlipack detenute da quest’ultima nel dicembre 1996, valutate pari a BEF 113 712 000 e il cui rimborso senza interessi doveva iniziare soltanto dal 31 dicembre 2001.

41      L’8 gennaio 1999 la Verlipack ha chiesto il concordato per gli stabilimenti di Jumet e Ghlin ed ha annunciato la cessazione delle attività nello stabilimento di Mol. L’11 gennaio 1999, il Tribunal de commerce de (Tribunale commerciale di) Turnhout (Belgio) ha dichiarato il fallimento del sito Verlipack di Mol e, in data 18 gennaio 1999, il Tribunal de commerce de Mons (Belgio) ha dichiarato il fallimento delle sei società del gruppo vetrario Verlipack (i siti di Jumet e Ghlin, Verlipack Belgium, Verlipack Engineering, Verlimo e Imcour Lease).

42      L’11 febbraio 1999 la Verlipack Holding II, avendo constatato che non disponeva più di liquidità né di un attivo sufficiente a pagare i propri debiti, ha dichiarato fallimento presso il Tribunal de commerce de Mons, e ha precisato che lo stato di insolvenza risaliva al giugno 1998. La Sowagep è intervenuta dinanzi a tale tribunale dichiarando che non avrebbe chiesto il recupero del suo credito, il che aveva come effetto di accordare un credito alla sua debitrice. Di conseguenza, il Tribunal de commerce de Mons ha constatato, il 31 maggio 1999, che le condizioni del fallimento non ricorrevano nel caso della Verlipack Holding II, anche se l’attività futura della società si fosse ridotta alla sua messa in liquidazione per il venir meno del suo oggetto sociale.

 Decisione 2001/856 e procedimento d’indagine formale che ha portato alla decisione impugnata

43      Con la decisione 2001/856, la Commissione ha deciso di chiudere il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE avviato nei confronti di taluni aiuti accordati dal Regno del Belgio in favore del gruppo Verlipack. Con la stessa decisione, la Commissione ha revocato la propria decisione 16 settembre 1998, con la quale aveva deciso di non formulare obiezioni riguardo ad una parte di tali aiuti (GU 1999, C 29, pag. 13), poiché essa era fondata su informazioni inesatte, ha dichiarato una parte di tali aiuti incompatibili con il mercato comune e ha imposto il loro recupero.

44      Il Regno del Belgio ha proposto ricorso di annullamento contro tale decisione dinanzi alla Corte, che lo ha respinto con sentenza 3 luglio 2003, causa C‑457/00, Belgio/Commissione (Racc. pag. I‑6931).

45      In sede di esame dell’aiuto che ha portato alla decisione 2001/856, la Commissione è stata informata di altre misure che potevano costituire aiuti a favore del gruppo Verlipack o del gruppo Beaulieu.

46      Nell’ambito della sua risposta all’apertura del procedimento d’indagine formale che ha portato all’adozione della decisione 2001/856, il Regno del Belgio, con lettera datata 28 settembre 1999, aveva informato la Commissione che la dazione in pagamento intervenuta nel dicembre 1998 in estinzione dei debiti del gruppo Beaulieu verso la Regione vallona poteva essere considerata come «un nuovo aumento di capitale di Verlipack, finanziato da Beaulieu, che è stato rimborsato attraverso l’estinzione del suo debito verso la Regione vallona».

47      Con lettera datata 5 luglio 2000 indirizzata al Regno del Belgio, la Commissione ha affermato, in particolare, di nutrire dubbi riguardo ad un eventuale aiuto accordato dalla Regione vallona in favore del gruppo Beaulieu, dato che tale gruppo, in occasione dell’acquisizione delle quote dei siti di Jumet e Ghlin nel dicembre 1996, aveva ottenuto condizioni di pagamento che non sarebbero state accettabili per un istituto finanziario privato. La Commissione si chiedeva inoltre se la dazione in pagamento, intervenuta a qualche settimana dal deposito dei libri contabili della Verlipack, non costituisse un aiuto in favore del gruppo Beaulieu.

48      Alla luce di ciò, la Commissione ha chiesto al Regno del Belgio di fornirle informazioni sui seguenti aspetti: «Le attività di Worldwide Investors; le attività di ricerca di un investitore privato da parte della Sowagep; l’utilizzo di BEF 100 milioni sottoscritti dalla Worldwide Investors nel giugno 1998; una spiegazione sulla differenza in valore delle 14 214 azioni acquistate nel 1996 dal gruppo Beaulieu; una spiegazione sulla non conoscenza, da parte del gruppo tedesco Heye, di queste transazioni comportanti l’intervento delle autorità vallone; una spiegazione sulla scadenza di quattro anni senza interessi accordata dalla Regione vallona al gruppo Beaulieu per il pagamento delle 14 214 azioni, nonché sulle circostanze che, a qualche settimana dalla presentazione dei libri contabili dei siti di Verlipack, e quindi con perfetta conoscenza della situazione deficitaria di Verlipack, hanno portato la Regione vallona ad accettare il rimborso anticipato di questo debito». Nella stessa lettera la Commissione si interrogava sulla determinazione del reale beneficiario dell’aumento di capitale della Verlipack, sottoscritto nel giugno 1998 dalla Worldwide Investors.

49      In mancanza di risposta da parte delle autorità belghe a tale lettera del 5 luglio 2000, la Commissione ha inviato, il 29 settembre 2000, un richiamo. Poiché il Regno del Belgio non ha fornito le informazioni richieste nel termine impartito, la Commissione, con lettera del 19 gennaio 2001, gli ha formalmente ingiunto, ai sensi dell’art. 10, n. 3, del regolamento n. 659/1999, di fornirle tutti i documenti, informazioni e dati necessari al fine di permetterle di valutare la compatibilità delle misure adottate in favore della Verlipack o del gruppo Beaulieu con l’art. 87 CE.

50      Tuttavia, prima di tale notifica, il Regno del Belgio, con lettera datata 11 gennaio 2001, registrata il 15 gennaio seguente, ha risposto alla lettera della Commissione del 5 luglio 2000 dichiarando che, nonostante i cattivi risultati della Verlipack nel 1997, dal marzo 1998 si era osservata una diminuzione delle perdite grazie ad un incremento significativo della produttività. Le autorità belghe hanno anche affermato che, con accordo (Heads of Agreement) del 5 giugno 1998, i soci privati e pubblici avevano deciso di adottare un nuovo piano di rilancio. Le stesse autorità hanno precisato che la loro risposta alla richiesta della Commissione era necessariamente incompleta per mancanza di collaborazione da parte del gruppo Beaulieu.

51      Alla luce delle informazioni disponibili, la Commissione concludeva, il 6 giugno 2001, che la summenzionata rinuncia al credito comportava un trasferimento di risorse pubbliche imputabile allo Stato belga, che configurava prima facie un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE. La Commissione riteneva inoltre che sussistessero dubbi sulla compatibilità con l’art. 87 CE e con l’art. 61 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo degli aiuti di cui avevano beneficiato il gruppo Verlipack o il gruppo Beaulieu, di modo che essa avviava il procedimento d’indagine formale previsto dall’art. 88, n. 2, CE nei confronti di tali aiuti. Il Regno del Belgio veniva informato di ciò con lettera dell’8 giugno 2001. La Commissione invitava gli interessati a presentarle le loro osservazioni (GU 2001, C 313, pag. 2).

52      Hanno formulato osservazioni il «Collectif de défense des travailleurs licenciés» (collettivo di difesa dei lavoratori licenziati) della Verlipack a Jumet e a Ghlin, con lettera datata 3 dicembre 2001, il Regno Unito, con lettera del 7 dicembre 2001, e il Regno del Belgio, con lettera pervenuta alla Commissione il 16 gennaio 2002.

53      Con lettera datata 23 luglio 2001, il difensore della ricorrente veniva informato della decisione di apertura del procedimento d’indagine formale. La Commissione non riceveva alcuna osservazione da parte della ricorrente.

54      Con lettera pervenuta alla Commissione il 26 luglio 2001, il Regno del Belgio rispondeva alla Commissione riproponendo le osservazioni che aveva presentato a seguito della richiesta di informazioni che aveva ricevuto.

55      Il 24 aprile 2002, la Commissione adottava la decisione impugnata.

 Decisione impugnata

56      Nella decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che, «indipendentemente dalla complessità del dispositivo giuridico-finanziario sotteso all’intervento del giugno 1998 della società lussemburghese di partecipazioni finanziarie Worldwide Investors, (…) il gruppo Beaulieu nel dicembre 1998 [aveva] saldato un debito di 113 712 000 BEF con la Regione vallona dando in pagamento 9 704 azioni di Verlipack Holding II il cui valore nominale era di 100 milioni di BEF, mentre quello reale doveva essere notevolmente inferiore, tenuto conto della situazione patrimoniale di detta società».

57      Riguardo al prezzo a cui la ricorrente ha acquistato, con l’accordo del 18 dicembre 1996, alcune azioni delle società Verlipack detenute dalla Regione vallona, la Commissione ha considerato in particolare che, nel caso di un’acquisizione siffatta, l’obbligo di fissare un prezzo equivalente all’80% del prezzo di emissione era un obbligo di legge imposto indistintamente a tutti coloro che desiderassero acquistare questo tipo di azioni privilegiate.

58      La Commissione ne ha dedotto che «il debito di 113 712 000 BEF del gruppo Beaulieu con la Regione vallona era un debito certo il cui rimborso non era assolutamente legato alla situazione finanziaria del gruppo Verlipack».

59      La Commissione ha pertanto considerato che, accettando azioni della società Verlipack Holding II, che avevano un valore nullo, in estinzione di un debito certo di BEF 113 712 000, la Regione vallona aveva rinunciato a un credito pari a detto importo nei confronti del gruppo Beaulieu.

60      Il Regno del Belgio ha tuttavia sostenuto che il gruppo Beaulieu non aveva tratto alcun vantaggio economico da tale operazione poiché esso, con questa rinuncia al credito, avrebbe accordato al gruppo Beaulieu una compensazione per «l’apporto di capitale effettuato nel giugno 1998».

61      La Commissione ha peraltro sottolineato, nella decisione impugnata, che gli «Heads of Agreements» del 5 giugno 1998 prevedevano unicamente che le autorità vallone si impegnassero a presentare un investitore e non a conferire BEF 100 milioni nel capitale della Verlipack Holding II.

62      La Commissione ha inoltre constatato che il Regno del Belgio non aveva dimostrato, in primo luogo, l’esistenza di un accordo in virtù del quale il gruppo Beaulieu avrebbe rilevato l’impegno, assunto dalla Regione vallona, di trovare un investitore che effettuasse un conferimento di BEF 100 milioni e, in secondo luogo, l’esistenza di un secondo accordo, distinto e di portata più ampia del primo, in virtù del quale la Regione vallona avrebbe garantito al gruppo Beaulieu il rimborso dei BEF 100 milioni che avrebbe dovuto conferire l’investitore privato.

63      La Commissione ha considerato che l’unico elemento indubbio fosse il fatto che la Regione vallona aveva rinunciato, il 20 novembre 1998, a un credito certo di BEF 113 712 000 nei confronti del gruppo Beaulieu in cambio di 9 704 azioni di una società, la Verlipack Holding II, la cui situazione era ulteriormente peggiorata al punto di giustificare un nuovo piano di rifinanziamento nel giugno 1998, in occasione del quale non era stato possibile trovare un investitore privato che accettasse di effettuare un conferimento di BEF 100 milioni nel capitale sociale. La Commissione ha rilevato che l’11 febbraio 1999 il capitale di tale società era stato valutato pari a BEF 1.

64      Riguardo all’eventuale compatibilità dell’aiuto di Stato con il mercato comune, benché nessun motivo di compatibilità sia stato invocato dal Regno del Belgio, la Commissione ha nondimeno esaminato tale punto e ha concluso, in sostanza, che l’aiuto concesso al gruppo Beaulieu fosse solo un aiuto al funzionamento che liberava il gruppo Beaulieu dai costi che esso avrebbe dovuto sostenere da solo nelle normali condizioni della sua gestione corrente o delle sue attività. Essa ha rilevato che un tale aiuto era incompatibile con le norme comunitarie dal momento che i siti di produzione del gruppo Beaulieu non erano situati in una delle regioni contemplate all’art. 87, n. 3, lett. a), CE.

65      Infine la Commissione, dopo aver ricordato le disposizioni dell’art. 14 del regolamento n. 659/99, ha considerato che, «[p]er ripristinare le condizioni economiche che l’impresa avrebbe dovuto affrontare se non le fosse stato accordato l’aiuto incompatibile, le autorità belghe [avrebbero dovuto] (…) recuperar[e quest’ultimo] presso il beneficiario».

66      L’art. 1 della decisione impugnata così dispone:

«L’aiuto di Stato al quale il Belgio ha dato esecuzione in favore del gruppo Beaulieu (Ter Lembeek International) nella forma di una rinuncia a un credito per un importo di 113 712 000 BEF è incompatibile con il mercato comune».

67      L’art. 2 della decisione impugnata prevede quanto segue:

«1.      Il Belgio prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare dal beneficiario l’aiuto di cui all’articolo 1, già posto illegalmente a sua disposizione.

2.      Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto interno a condizione che queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della presente decisione. L’aiuto da recuperare comprende gli interessi, che decorrono dalla data in cui l’aiuto è divenuto disponibile per il beneficiario fino alla data del recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale».

 Procedimento e conclusioni delle parti

68      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

69      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso di annullamento ricevibile e fondato;

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento.

70      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile o respingerlo;

–        condannare la ricorrente alle spese.

71      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata a partire dal nuovo anno giudiziario, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione. La presente causa è stata pertanto attribuita alla Quinta Sezione ampliata.

72      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale senza procedere ad istruttoria. Tuttavia, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha domandato alla Commissione di depositare alcuni documenti, così come la lista dei documenti in suo possesso nell’ambito del procedimento che aveva dato luogo alla presente causa. La Commissione ha ottemperato a tale richiesta nel termine impartito.

73      Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza svoltasi il 21 febbraio 2006.

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

74      In via preliminare, la Commissione evidenzia che la ricorrente non ha mai formulato osservazioni, né nell’ambito del procedimento d’indagine formale che ha portato alla decisione impugnata, né nell’ambito di quello che ha portato alla decisione 2001/856, benché quest’ultima avesse già annunciato un’istruttoria concernente l’aiuto in questione.

75      La Commissione sostiene che tutti i motivi sollevati dalla ricorrente sono irricevibili, poiché si fondano su allegazioni di fatto che questa non ha mai sostenuto nell’ambito del procedimento d’indagine formale e poiché una gran parte dei documenti allegati al ricorso, salvo indicazione esplicita in senso contrario, non erano conosciuti dalla Commissione al momento in cui essa ha adottato la decisione impugnata. Riguardo alle affermazioni di fatto relative al primo motivo, ciò sarebbe vero in primo luogo per quella secondo cui la ricorrente sarebbe stata «costretta» dalla Regione vallona a concludere l’accordo del 18 dicembre 1996, di modo che la rinuncia de facto a tale credito attraverso la clausola addizionale del 20 novembre 1998 non costituirebbe un aiuto di Stato. Lo stesso varrebbe anche per l’affermazione secondo cui la ricorrente non sarebbe la beneficiaria dell’aiuto, poiché essa avrebbe detenuto le azioni solo per un tempo limitato. In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’argomento della ricorrente, con cui questa contesta l’interpretazione effettuata del r.d. 1985, sarebbe irricevibile, dal momento che non sarebbe stata dedotta nell’ambito del procedimento d’indagine formale. In terzo luogo, la ricorrente non potrebbe contestare la decisione impugnata per ciò che riguarda il fatto che l’aiuto in questione sarebbe atto ad incidere sugli scambi, in particolare nel settore tessile, e a falsare la concorrenza, in quanto tali elementi sarebbero stati esplicati nella decisione d’apertura del procedimento d’indagine formale. Riguardo al secondo motivo, la Commissione eccepisce la sua irricevibilità in quanto esso si fonderebbe sulla tesi erronea secondo cui l’aiuto sarebbe servito a compensare la pretesa perdita connessa ad un acquisto d’azioni che si pretende imposto. Quanto al terzo motivo, la Commissione conclude ugualmente che esso sia irricevibile, poiché esso corrisponderebbe ad affermare che la clausola addizionale del 20 novembre 1998 non avrebbe procurato alcun vantaggio alla ricorrente, giacché avrebbe costituito solo una sorta di compensazione per l’acquisto forzoso di azioni e di azioni di godimento nel 1996.

76      Riguardo ai documenti allegati al ricorso, la Commissione precisa che, ad eccezione dello statuto dell’impresa e del mandato conferito agli avvocati, e così come risulta dalla sua lettera datata 20 dicembre 2002, essa non aveva a sua disposizione undici allegati al ricorso, ovvero gli allegati n. 4, 4 bis, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 18, 20 bis e 21. Ne conseguirebbe che i motivi e gli argomenti della ricorrente, qualora fondati su detti allegati, dovrebbero essere dichiarati irricevibili.

77      Inoltre, contrariamente a ciò che pretenderebbe la ricorrente, alcuni documenti che non erano a disposizione della Commissione al momento dell’adozione della decisione rivestirebbero una certa importanza per la linea argomentativa della ricorrente. Ciò varrebbe anche per gli allegati relativi all’accordo del 29 settembre 1987 concluso tra i sigg. De Backer e De Clerck (punto 11 del ricorso), al conferimento del gruppo Beaulieu alla Verlipack (punti 17 e 18 del ricorso), all’acquisto annuale da parte del gruppo Beaulieu (punto 20 del ricorso), così come all’accordo del 26 dicembre 1996 concluso tra, da un lato, la Imcopack Vlaanderen NV e la Imcopack Wallonie e, dall’altro lato, la Heye (punto 30 del ricorso). Secondo la Commissione, è quindi sbagliato affermare che tali documenti concernono esclusivamente aspetti secondari della cronistoria della presente causa.

78      La ricorrente sostiene che i motivi da essa dedotti sono ricevibili in quanto si fondano esclusivamente su documenti di cui la Commissione aveva conoscenza al momento dell’adozione della decisione impugnata e che, benché la Commissione non esponga nella decisione impugnata la totalità dei fatti rilevanti, essenziali ad un’analisi corretta della presente causa riguardo alla normativa in materia di aiuti di Stato, essa possiede una conoscenza approfondita dei fatti che si riferiscono al fascicolo in questione che è all’origine della decisione 2001/856 e allegherebbe addirittura documenti che non sono a disposizione della ricorrente, quale l’allegato IV al controricorso.

79      La ricorrente precisa che, con lettera del 6 dicembre e per posta elettronica dell’11 dicembre 2002, essa ha richiesto un elenco dei documenti in possesso della Commissione al momento dell’adozione della decisione impugnata, così come precisazioni sulle affermazioni di fatto che non erano state presentate al momento della fase precontenziosa. Con lettera del 20 dicembre 2002, riguardo alle affermazioni di fatto, la Commissione le avrebbe risposto che essa non doveva svolgere il lavoro degli avvocati della ricorrente e, riguardo ai documenti, essa si sarebbe accontentata di menzionare vagamente, tra i documenti elencati dalla ricorrente, quelli che non erano in suo possesso, senza fornirle un elenco. Orbene, spetterebbe alla Commissione dimostrare che essa non aveva tali dati poiché, avendo fornito, nella sua lettera del 20 dicembre 2002, con la quale avrebbe rifiutato di divulgare il suo fascicolo, una risposta incompleta alla domanda della ricorrente, la Commissione avrebbe messo tanto la ricorrente, quanto il Tribunale nell’impossibilità di determinare se, considerati i dati di fatto di cui essa disponeva, essa potesse o meno adottare la decisione impugnata.

80      Riguardo ai documenti che la Commissione dichiara espressamente di non aver avuto in suo possesso al momento dell’adozione della decisione impugnata, la ricorrente sostiene che, ad eccezione di quelli che si limitano ad illustrare e oggettivare un certo numero di aspetti accessori, legati alla ricostruzione della presente causa (come il verbale dell’assemblea generale della Imcour o i differenti prestiti accordati dal gruppo Beaulieu al gruppo Verlipack), tutti i documenti che essa ha depositato in udienza erano a disposizione della Commissione al momento dell’adozione della decisione impugnata, di modo che essa non potrebbe avvalersi dell’irricevibilità dei motivi dedotti dalla ricorrente.

81      Per ciò che riguarda le affermazioni di fatto di cui la Commissione dichiara di non aver avuto conoscenza al momento dell’adozione della decisione impugnata, la ricorrente constata che, ad eccezione dell’affermazione secondo cui la Sowagep avrebbe promesso, nel dicembre 1997, un nuovo conferimento in capitale di BEF 100 milioni alla Verlipack, la quale non avrebbe peraltro alcuna incidenza nella presente causa, la Commissione lamenta di non essere stata a conoscenza di una sola delle affermazioni in fatto, ovvero quella secondo cui l’acquisto delle azioni e delle azioni di godimento per mezzo dell’accordo del 18 dicembre 1996 non sarebbe stato volontario. La ricorrente sostiene che, nonostante considerazioni di natura economica dimostrino già il carattere imposto di tale acquisto, tale costrizione all’acquisto delle azioni deriva espressamente dalla nota della Regione vallona del 25 maggio 1998, indirizzata alla Commissione e, dunque, in suo possesso.

 Giudizio del Tribunale

82      Riguardo al problema di decidere, da un lato, se il beneficiario di un aiuto possa avvalersi di fatti e documenti che non sarebbero stati portati a conoscenza della Commissione prima dell’adozione della sua decisione e, dall’altro, se motivi fondati su tali fatti e documenti siano o meno ricevibili, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto a norma dell’art. 230 CE, la legittimità di un atto comunitario dev’essere valutata in funzione delle informazioni esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato. In particolare, le complesse valutazioni operate dalla Commissione devono essere esaminate alla luce dei soli elementi di cui essa disponeva quando le ha effettuate (sentenze della Corte 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia /Commissione, Racc. pag. 321, punto 7; 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 16; 26 settembre 1996, causa C‑241/94, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑4551, punto 33, e 11 settembre 2003, causa C‑197/99 P, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑8461, punto 86; sentenze del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T‑371/94 e T‑394/94, British Airways e a. e British Midland Airways/Commissione, Racc. pag. II‑2405, punto 81; 15 settembre 1998, cause riunite T‑126/96 e T‑127/96, BFM e EFIM/Commissione, Racc. pag. II‑3437, punto 88; 6 ottobre 1999, causa T‑110/97, Kneissl Dachstein/Commissione, Racc. pag. II‑2881, punto 47, e causa T‑123/97, Salomon/Commissione, Racc. pag. II‑2925, punto 48, e 11 maggio 2005, cause riunite T‑111/01 e T‑133/01, Saxonia Edelmetalle e ZEMAG/Commissione, Racc. pag. II‑1579, punto 67).

83      A tal riguardo, non può essere addebitato alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali informazioni che potevano esserle presentate nel corso del procedimento amministrativo, ma che non lo sono state, non avendo la Commissione l’obbligo di esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali elementi potessero esserle sottoposti (v., in tal senso, sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 60, e 11 settembre 2003, Belgio/Commissione, citata al punto 82 supra, punto 87; sentenza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T‑109/01, Fleuren Compost/Commissione, Racc. pag. II‑127, punto 49).

84      Il Tribunale ne ha dedotto che non sono ricevibili gli argomenti in fatto addotti da un ricorrente, che abbia partecipato al procedimento d’indagine formale di cui all’art. 88, n. 2, CE, che siano ignoti alla Commissione e che esso non abbia segnalato a quest’ultima nel corso del procedimento d’indagine formale. Per contro, nulla impedisce all’interessato di dedurre, avverso la decisione definitiva, un motivo di diritto non sollevato in sede di procedimento amministrativo (v. sentenza Saxonia Edelmetalle e ZEMAG/Commissione, citata al punto 82 supra, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

85      Tale giurisprudenza può, salvo casi assolutamente eccezionali, essere estesa all’ipotesi, quale quella di cui alla presente fattispecie, in cui un’impresa non abbia partecipato al procedimento d’esame previsto dall’art. 88, n. 2, CE (v., in tal senso, sentenza Saxonia Edelmetalle e ZEMAG/Commissione, citata al punto 82 supra, punto 69).

86      Infatti, è pacifico che la ricorrente non ha fatto uso del suo diritto di partecipare al procedimento d’indagine formale anche quando, così come risulta dalla lettera datata 11 gennaio 2001 indirizzata alla Commissione da parte del Regno del Belgio e registrata il 15 gennaio seguente, le autorità vallone l’avevano specificamente invitata a collaborare attivamente alla preparazione della loro risposta alla richiesta di informazioni inviata dalla Commissione al Regno del Belgio il 5 luglio 2000. Inoltre, a dispetto delle reiterate richieste e in assenza di ogni risposta alla domanda della Commissione, il difensore del Regno del Belgio aveva domandato, con lettera del 28 settembre 2000, alla ricorrente di fornirgli informazioni al fine di poter rispondere in modo utile alla Commissione. I due ultimi paragrafi di tale lettera sono redatti come segue:

«Tenuto conto di quanto precede, la mia cliente attira l’attenzione della vostra sul rischio che, nella sua prossima decisione, la Commissione europea condanni verosimilmente le autorità belghe a recuperare presso la vostra cliente la somma di BEF 113 712 000, più gli interessi.

Nonostante la scadenza del termine, sarebbe tuttavia davvero auspicabile che la vostra cliente collabori con urgenza all’istruzione del fascicolo, fornendo tutti gli elementi che le sono domandati. Ciò permetterà forse alla Regione vallona di poter ancora sostenere la sua posizione presso la Commissione europea prima di una decisione».

87      Inoltre, nella summenzionata lettera dell’11 gennaio 2001, le autorità vallone hanno informato la Commissione del fatto che il loro difensore aveva insistito, presso il difensore del gruppo Beaulieu, riguardo all’importanza del procedimento avviato dalla Commissione e ai rischi per tale gruppo inerenti a un tale procedimento, e ciò senza alcun successo, e che la loro risposta alla richiesta di informazioni della Commissione sarebbe stata incompleta fintantoché esse non avessero ottenuto la collaborazione del gruppo Beaulieu.

88      Per di più, con lettera del 23 luglio 2001, il difensore della ricorrente è stato informato della decisione 6 giugno 2001, di apertura del procedimento d’indagine formale da parte della Commissione, di cui ha ricevuto copia.

89      Infine, è pacifico che la ricorrente era espressamente nominata nella decisione di apertura del procedimento d’indagine formale – in particolare al titolo II.2, che concerne specificamente il gruppo Beaulieu il quale, così come precisato al punto 20, fa capo alla ricorrente – e che tale decisione sollevava, in particolare nei suoi punti 29‑43 e 70‑75, così come nella nota a pié di pagina n. 4, perplessità quanto al fatto che la Regione vallona avesse rinunciato, il 20 novembre 1998, ad un credito certo per un importo di BEF 113 712 000 verso il gruppo Beaulieu in cambio di 9 704 azioni della Verlipack Holding II, la cui situazione era così peggiorata che l’11 febbraio 1999 il suo attivo era valutato pari a BEF 1.

90      Orbene, nonostante la perfetta conoscenza da parte della ricorrente dell’avvio di un procedimento d’indagine formale concernente, in particolare, la rinuncia al credito in questione, e della necessità ed importanza per essa di fornire certe informazioni, a causa dei dubbi già formulati dalla Commissione quanto alla compatibilità di tale rinuncia al credito con il diritto comunitario, la ricorrente ha deciso di non partecipare al procedimento d’indagine formale, senza aver affermato peraltro che la decisione di avvio del procedimento d’indagine formale non fosse motivata in modo tale da permetterle di esercitare utilmente i suoi diritti (v., in tal senso, sentenza Fleuren Compost/Commissione, citata al punto 83 supra, punto 46).

91      Risulta da tutto quanto precede che, da un lato, la ricorrente non può avvalersi per la prima volta dinanzi al Tribunale di informazioni non conosciute dalla Commissione al momento in cui questa ha adottato la decisione impugnata. Ciò è ancor più vero riguardo, in particolare, ad argomenti di fatto avanzati dalla ricorrente che sono, secondo quest’ultima, essenziali ad un’analisi corretta della presente causa riguardo al diritto in materia di aiuti di Stato.

92      Dall’altro, il beneficiario di un aiuto non può dedurre, a pena di irricevibilità, un motivo fondato unicamente su informazioni che non erano conosciute dalla Commissione al momento in cui essa ha adottato la decisione impugnata, dal momento che la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata in funzione delle informazioni di cui poteva disporre la Commissione al momento in cui l’ha adottata.

93      Tuttavia, è giocoforza constatare che i motivi sollevati dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso si fondano su informazioni di cui la Commissione era a conoscenza al momento dell’adozione della decisione impugnata.

94      Nell’ambito del suo primo motivo, la ricorrente afferma, in primo luogo, di essere stata oggetto, al momento dell’acquisto, in virtù della convenzione del 18 dicembre 1996, delle 14 214 azioni di categoria B e azioni di godimento di categoria I nel capitale della Verlipack mediante il pagamento dell’importo di BEF 113 712 000, di una costrizione da parte delle autorità vallone ai fini di tale acquisto. Secondo la ricorrente, la circostanza che essa sia stata oggetto di tale costrizione costituisce un fatto di cui la Commissione avrebbe dovuto tener conto per determinare se fossero soddisfatte le condizioni relative, da un lato, all’esistenza di un aiuto a favore di talune imprese e, dall’altro, in caso affermativo, al fatto che la ricorrente fosse l’impresa beneficiaria, il che non sarebbe successo nella presente fattispecie.

95      A sostegno del suo argomento relativo alla costrizione, la ricorrente si avvale della nota del 25 maggio 1998, inviata dalla Regione vallona alla Commissione, nella quale è indicato che, «poiché la Regione vallona ha perso la fiducia nel gruppo Beaulieu, essa ha imposto, come condizione per l’approvazione dell’operazione di costituzione delle due holdings, l’acquisto delle sue azioni nei siti di produzione Verlipack Ghlin e Verlipack Jumet».

96      Riguardo all’irricevibilità dell’argomento della costrizione, occorre constatare che, così come risulta dal fascicolo e dai quesiti posti dal Tribunale in udienza su tale punto, da un lato, la Commissione non nega di aver avuto conoscenza della nota del 25 maggio 1998 al momento dell’adozione della decisione impugnata. Dall’altro, le parti della controversia sono in disaccordo solo riguardo alla portata di tale nota e all’interpretazione che occorre dare all’utilizzo del verbo «imporre» e al suo contenuto, ma non sull’elemento di fatto costituito dall’acquisto, da parte della ricorrente, delle azioni detenute dalla Regione vallona. L’argomento della ricorrente relativo alla costrizione è diretto quindi in realtà a censurare la Commissione per aver commesso un errore nella valutazione del contenuto di tale nota, di modo che un tale argomento dev’essere dichiarato ricevibile.

97      In secondo luogo, per ciò che riguarda l’argomento della ricorrente con cui essa contesta il fatto che la sopravalutazione del prezzo delle azioni e delle azioni di godimento in questione, determinata nell’accordo del 18 dicembre 1996, sarebbe stata giustificata dal r.d. 1985, è ugualmente giocoforza constatare che una tale informazione era conosciuta dalla Commissione al momento dell’adozione della decisione impugnata, così come si desume, segnatamente, dai punti 62-64 e dalla nota a piè di pagina n. 21 della decisione di apertura del procedimento d’indagine formale. Inoltre, nella lettera dell’11 gennaio 2001 indirizzata alla Commissione, e registrata il 15 gennaio 2001, le autorità vallone hanno scritto quanto segue:

«Occorre ricordare che il prezzo totale di BEF 113 712 000 per le azioni privilegiate senza diritto di voto e per le azioni di godimento della Verlipack Ghlin e della Verlipack Jumet, detenute dalla Regione vallona, rappresentava all’epoca l’80% del valore di tali azioni e azioni di godimento sulla base del loro prezzo di emissione.

Infatti, il r.d. 7 maggio 1985 (art. 3) relativo all’emissione di azioni privilegiate senza diritto di voto da parte di società per azioni appartenenti a settori nazionali impone che “il prezzo non può essere inferiore all’80% del prezzo di emissione” in caso di vendita delle azioni privilegiate senza diritto di voto alla società emittente o a terzi.

Orbene, tenuto conto della situazione finanziaria del gruppo Verlipack, in fase di completa ristrutturazione all’epoca, tale prezzo non corrispondeva senza dubbio al valore reale delle azioni e delle azioni di godimento, ma è stato determinato per rispettare la citata legislazione belga, ciò che il gruppo Beaulieu ha accettato.

(…)

Quindi, le parti hanno fissato una scadenza di rimborso di quattro anni senza interessi per il debito del gruppo Beaulieu per compensare in parte il costo aggiuntivo risultante dall’applicazione della normativa (mediante attualizzazione al giorno del pagamento), in relazione al valore economico del bene».

98      Questa stessa informazione è anche ripresa, in sostanza, al punto 2 della lettera, datata 26 luglio 2001, del Regno del Belgio, indirizzata alla Commissione.

99      In ogni caso, l’argomento relativo al r.d. 1985 non può essere considerato come un elemento che non possa essere sottoposto alla valutazione del Tribunale, visto che si tratta di una questione d’interpretazione del detto decreto.

100    In terzo luogo, riguardo all’irricevibilità dell’argomento della ricorrente, secondo cui la decisione impugnata sarebbe succinta ed erronea quanto all’analisi delle due condizioni relative al pregiudizio per la concorrenza e all’incidenza sugli scambi tra Stati membri, è giocoforza constatare che la ricorrente non deduce alcuna informazione che non fosse a disposizione della Commissione al momento dell’adozione della decisione impugnata, ma si accontenta di criticare l’analisi contenuta ai punti 70‑72 della decisione impugnata, fondata sulla posizione del gruppo Beaulieu nel settore tessile, mentre invece essa sarebbe coinvolta come azionista delle società del gruppo Verlipack e non in quanto fabbricante di prodotti tessili.

101    Da quanto precede risulta che la censura di irricevibilità sollevata dalla Commissione contro il primo motivo dev’essere respinta.

102    Il secondo motivo, con cui la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe violato il principio di proporzionalità imponendo il recupero dell’aiuto, laddove l’acquisto, che si sostiene forzoso, delle azioni e delle azioni di godimento in questione non le avrebbe procurato alcun beneficio, si fonda sulle stesse informazioni dedotte nell’ambito del primo motivo e di cui la Commissione aveva conoscenza al momento dell’adozione della decisione impugnata. La censura di irricevibilità dedotta contro tale motivo dev’essere quindi anch’essa respinta.

103    Il terzo motivo, con cui la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento, mette in causa il metodo di calcolo del valore delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I, il momento del calcolo del loro valore così come la determinazione del beneficiario dell’aiuto, fondandosi sul fatto che la clausola addizionale del 20 novembre 1998 avrebbe costituito solo una sorta di compensazione per l’acquisto forzoso di dette azioni e azioni di godimento nel 1996. Così facendo, la ricorrente si fonda nuovamente su informazioni di cui la Commissione disponeva al momento dell’adozione della decisione impugnata. La censura di irricevibilità dedotta contro tale motivo non può essere dunque accolta.

104    Quanto ai documenti che la ricorrente ha dedotto a sostegno della sua domanda e che sono menzionati al punto 76 della presente sentenza, di cui alcuni non farebbero altro, a suo parere, che illustrare alcuni aspetti accessori della presente causa, occorre rilevare, da un lato, che essi non possono essere ammessi, conformemente alla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 82-84. Dall’altro, così come si desume dal fascicolo e dai quesiti posti dal Tribunale a tal riguardo durante il dibattimento, nessun motivo o argomento dedotto dalla ricorrente è fondato su documenti di cui la Commissione affermi di non essere stata in possesso al momento dell’adozione della decisione impugnata, né nel fascicolo che ha portato alla decisione impugnata, né in un fascicolo connesso.

105    Infine, riguardo all’argomento della ricorrente, fondato sull’allegato 18 al ricorso, secondo cui la Sowagep avrebbe promesso, nel dicembre 1997, un nuovo conferimento in capitale di BEF 100 milioni alla Verlipack, è sufficiente constatare che è la ricorrente stessa che sostiene che esso non ha alcuna incidenza nella presente causa.

106    Da tutto quanto precede risulta, da un lato, che la ricorrente non può avvalersi dei documenti menzionati al punto 76 della presente sentenza, che quindi non possono essere ammessi, e, dall’altro, che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione dev’essere respinta.

 Nel merito

107    A sostegno del suo ricorso, la società ricorrente deduce quattro motivi relativi rispettivamente alla violazione, il primo, dell’art. 87, n. 1, CE e degli artt. 7 e 13 del regolamento n. 659/1999, il secondo, del principio di proporzionalità e dell’art. 14 del regolamento n. 659/1999, il terzo, del principio della parità di trattamento, e il quarto, dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE e del combinato disposto degli artt. 7 e 13 del regolamento n. 659/1999

108    La ricorrente divide il primo motivo dedotto in tre parti relative, in primo luogo, all’esistenza di aiuti a favore di certe imprese, poi, al fatto che, qualora fosse stato conferito un beneficio, la ricorrente non potrebbe essere considerata come l’impresa favorita ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, e, infine, al pregiudizio per la concorrenza e all’incidenza sul commercio intracomunitario.

 Sulla prima parte, relativa all’esistenza di aiuti a favore di certe imprese

–       Argomenti delle parti

109    La ricorrente considera, in primo luogo, che il ragionamento contenuto nella decisione impugnata, ovvero che la ricorrente avrebbe avuto un debito certo ed esigibile pari a BEF 113 712 000, rimborsato con la cessione di 9 704 azioni della società Verlipack Holding II che essa deteneva, il cui valore era inferiore se non addirittura pari a zero, sarebbe semplicistico. Infatti, un ragionamento di tal genere sarebbe interamente fondato su una presa in considerazione in abstracto del credito di BEF 113 712 000 e non terrebbe minimamente in considerazione i fatti o la realtà economica. La decisione impugnata tratterebbe tale debito come se si trattasse di un obbligo di rimborso di fondi effettivamente messi a disposizione della ricorrente dalle pubbliche autorità, il che non sarebbe il caso.

110    Così, la ricorrente rileva che, con l’accordo del 18 dicembre 1996, essa è stata obbligata ad acquistare azioni dalla Regione vallona, e le ha conservate solo per pochissimo tempo, ovvero dal 18 dicembre 1996 fino all’11 aprile 1997, data alla quale la Heye ha assunto il controllo della Verlipack Holding II. Sarebbe stato chiaro fin dall’inizio che il vero destinatario era la società Verlipack Holding I, il cui controllo doveva tornare in capo alla Heye. Il valore patrimoniale di tali azioni sarebbe stato dunque nullo per la ricorrente. Inoltre, non sarebbero esclusivamente considerazioni di natura economica che avrebbero dovuto far comprendere alla Commissione che l’accordo del 18 dicembre 1996 non era un’operazione conclusa volontariamente dalla ricorrente. La Commissione sarebbe stata pienamente informata per iscritto durante il procedimento d’indagine formale del fatto che tale accordo era stato imposto alla ricorrente. Così, risulterebbe dalla nota del 25 maggio 1998 indirizzata alla Commissione dalla Regione vallona che quest’ultima aveva perso ogni fiducia nella ricorrente e desiderava far parte di un gruppo controllato dalla Heye. La Regione vallona avrebbe dunque imposto al gruppo Beaulieu di acquistare da essa la totalità della sua partecipazione, prima di poter far entrare un nuovo socio nell’azionariato del gruppo Verlipack. Parallelamente, la Heye non avrebbe desiderato associarsi a un gruppo nel quale le pubbliche autorità detenessero una partecipazione.

111    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che l’acquisto forzoso delle azioni della Verlipack Jumet e della Verlipack Ghlin non possa considerarsi come un beneficio ai sensi dell’art. 87 CE.

112    Riguardo, in primo luogo, alla valutazione oggettiva delle azioni in questione, non si potrebbe negare che il vero valore delle azioni non fosse certamente pari a BEF 113 712 000. La Regione vallona avrebbe inoltre riconosciuto, nella lettera inviata alla Commissione l’11 gennaio 2001, registrata il 15 gennaio 2001, il prezzo sproporzionato e senza alcuna relazione con il valore economico delle azioni e delle azioni di godimento fondato sul r.d. 1985 laddove, se un professionista avesse proceduto ad una valutazione, avrebbe concluso che il valore delle azioni acquistate era pari a zero. Tale constatazione sarebbe confermata dalla lettera del Regno del Belgio del 26 luglio 2001 inviata alla Commissione, secondo cui la situazione finanziaria delle tre società Verlipack era preoccupante e il prezzo di vendita delle azioni e delle azioni di godimento, determinato sul fondamento del r.d. 1985, non corrispondeva più al loro valore reale. Nessun operatore normale avrebbe voluto effettuare un tale acquisto a queste condizioni, di modo che questo non potrebbe essere qualificato, considerate le circostanze di cui trattasi, come un acquisto volontario. Inoltre, alla data di acquisto, la Heye non avrebbe assunto alcun impegno quanto ad un suo eventuale ingresso nel capitale del gruppo Verlipack, in quanto un tale impegno è stato preso solo con l’accordo del 26 dicembre 1996 tra, da un lato, la Imcopack Vlaanderen e la Imcopack Wallonie e, dall’altro, la Heye.

113    L’acquisto delle azioni avrebbe anche avuto come conseguenza che la Regione vallona si sarebbe interamente ritirata dalla Verlipack Jumet e dalla Verlipack Ghlin. Ciò avrebbe costituito un importante svantaggio supplementare.

114    Il fatto che il valore reale delle azioni fosse già a tale epoca pari a zero, se non addirittura negativo, sarebbe confermato, da un lato, dalla decisione 2001/856, il cui punto 104 menzionerebbe che «[i] risultati ottenuti dai siti di Ghlin e di Jumet rivelavano perdite operative significative ed un fatturato, per il 1996, molto inferiore a quello degli anni precedenti», il cui punto 107 preciserebbe che «la Commissione osserva che la situazione finanziaria di Verlipack prima dell’ingresso di Heye non poteva definirsi efficiente e redditizia» e il cui punto 115 concluderebbe che i «risultati operativi [di Verlipack] prima dell’ingresso di Heye dimostrano senza alcun dubbio le difficoltà del gruppo». Dall’altro, la Commissione stessa sarebbe stata a conoscenza della situazione finanziaria disastrosa nella quale si sarebbe trovata la Verlipack alla fine del 1996. Ai punti 11 e 12 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe rispettivamente rilevato che «[a]ll’epoca le due società impiantate in Vallonia registravano delle perdite», ossia nel 1995 e 1996, e che «[i]l gruppo Verlipack non sarebbe stato in grado di onorare le scadenze di rimborso dei prestiti bancari di fine 1996». Il ragionamento sviluppato dalla Commissione per negare ogni valore alle 9 704 azioni della Verlipack Holding II dovrebbe anche applicarsi alle azioni in questione.

115    Tali problemi di redditività del gruppo Verlipack nel 1996 sarebbero anche rilevati dall’avvocato generale Jacobs nelle conclusioni da lui presentate per la sentenza 3 luglio 2003, Belgio/Commissione, citata al precedente punto 44 (Racc. pag. I‑6934).

116    Benché la Commissione abbia mantenuto la propria posizione riguardo al valore delle azioni nel 1996, la ricorrente insiste affinché essa produca una perizia in grado di corroborare la sua posizione, nonché indichi in che limiti si sia tenuto conto, segnatamente, della situazione delle società del gruppo Verlipack e del fatto che le azioni non erano accompagnate da alcun diritto di voto e che, anche dopo la loro conversione in azioni con diritto di voto, queste rappresentavano una percentuale minima del capitale della Verlipack.

117    Peraltro, due altri argomenti verrebbero a sostegno di tale analisi secondo cui l’importo di BEF 113 712 000 non potrebbe essere considerato come il valore del beneficio conferito: in primo luogo, secondo il diritto civile, tale credito sarebbe estinto. A causa dell’esecuzione della clausola addizionale del 20 novembre 1998, esso sarebbe divenuto nullo, ai sensi del diritto delle obbligazioni; in secondo luogo, l’importo di BEF 113 712 000 sarebbe stato imposto alla ricorrente dalla Regione vallona, in virtù del r.d. 1985.

118    A tal riguardo, la ricorrente rileva che, per giustificare il prezzo economicamente abusivo previsto nell’accordo del 18 dicembre 1996, la Regione vallona ha dedotto un obbligo giuridico in materia, di modo che il prezzo imposto dalla legge o dal contratto è stato presentato come non negoziabile ed imposto.

119    La ricorrente tiene a precisare, innanzitutto, che il r.d. 1985, in particolare il suo art. 3, non determina assolutamente un obbligo di acquisto, ma comporta un diritto di acquisto, poi, che esso prevede che l’accordo di sottoscrizione debba fissare un diritto d’acquisto e gestirne le modalità, le quali, nella fattispecie, sono contenute nell’art. 11 e nell’allegato 1 all’accordo del 30 aprile 1985, e, infine, che esso conferisce all’impresa nella quale lo Stato investe il diritto di acquistare i titoli da quest’ultimo, determinando un prezzo che non può essere inferiore all’80% del loro prezzo di emissione. Tale disposizione non escluderebbe che lo Stato possa concedere, al di fuori dell’accordo di sottoscrizione, un’opzione d’acquisto che determini un prezzo inferiore all’80% del prezzo di emissione. Tale disposizione non concernerebbe le situazioni nelle quali fosse lo Stato stesso a voler uscire dal capitale sociale o mettesse un’impresa privata sotto pressione per riottenere la sua partecipazione. Ogni altra interpretazione significherebbe che lo Stato sarebbe imprigionato in quanto azionista e non potrebbe mai rivendere la sua partecipazione. L’art. 3 del r.d. 1985 non si opporrebbe dunque assolutamente all’accordo del 18 dicembre 1996 e alla clausola addizionale del 20 novembre 1998, che non sarebbero fondati, in modo quanto mai evidente, sul diritto di acquisto contenuto nell’accordo del 30 aprile 1985.

120    Così, l’argomento della Commissione secondo cui, concludendo la clausola addizionale del 20 novembre 1998, la ricorrente avrebbe violato l’art. 3 del r.d. 1985 sarebbe erroneo perché la Regione vallona non era legalmente obbligata a determinare il prezzo della cessione delle azioni all’80% del loro valore nominale.

121    Neanche l’argomento secondo cui il prezzo di BEF 113 712 000 per le azioni di categoria B e per le azioni di godimento di categoria I era imposto dall’accordo del 30 aprile 1985 potrebbe essere accolto.

122    Infatti, nessuna delle disposizioni dell’accordo 30 aprile 1985, e segnatamente non i suoi artt. 10 e 11, sarebbe applicabile alla presente causa. L’art. 10 di tale accordo determinerebbe, infatti, una condizione impossibile da realizzare nell’ambito dell’accordo del 18 dicembre 1996, poiché l’obbligo di acquisto previsto da tale disposizione si applicava unicamente «in quanto gli utili riportati e le riserve disponibili delle società lo permettano». Inoltre, la ricorrente, la quale non potrebbe essere equiparata al sig. De Clerck, non sarebbe a conoscenza di un documento da cui risulti che essa avrebbe assunto tale obbligo specifico e il detto art. 10 non sarebbe una disposizione imposta dal r.d. 1985. Quanto all’art. 11 dell’accordo del 30 aprile 1985, pur essendo conforme al r.d. 1985, esso sarebbe privo di rilevanza nella presente causa. Infatti, tanto tale articolo, quanto l’accordo che istituisce un’opzione, allegato con il n. 1 alla convenzione del 30 aprile 1985, riconoscerebbero unicamente un diritto di opzione alle società Verlipack e non un obbligo di acquisto; va infatti ricordato che tale diritto è riconosciuto a queste ultime e non alla ricorrente.

123    Infine, quattro mesi dopo la convenzione del 18 dicembre 1996, la Regione vallona avrebbe negoziato con la Heye un obbligo d’acquisto analogo, nel cui ambito essa avrebbe rinunciato al prezzo esorbitante fondato su un obbligo generale poiché, così come risulterebbe dall’art. 1 dell’accordo d’opzione, si sarebbe fatto riferimento al valore netto dell’attivo patrimoniale e quindi al valore reale delle azioni in questione, in quanto criterio di determinazione del prezzo, e non al prezzo d’emissione.

124    La clausola addizionale del 20 novembre 1998, che la Commissione considererebbe, a torto, come un accordo totalmente autonomo, il che sarebbe illogico considerati i suoi termini (il suo titolo, i suoi ‘considerando’ e le sue disposizioni mostrerebbero l’assenza di autonomia di tale clausola addizionale la quale, al contrario, farebbe parte dell’accordo del 18 dicembre 1996), e perderebbe di vista il fatto che tale operazione si fondi sul pagamento di azioni acquistate dalla ricorrente nel 1996, non farebbe altro che adattare il prezzo dell’operazione, allineando il regime di pagamento a quello che era già stato concesso alla Heye, mentre alla ricorrente era stata accordata la facoltà di pagare la Regione vallona per le azioni acquistate obbligatoriamente mediante la cessione di un numero di azioni di valore economico reale equivalente.

125    In secondo luogo, per ciò che concerne la valutazione concreta dell’aspetto di «beneficio», la ricorrente rileva, in primis, che le azioni acquistate non le hanno conferito alcun controllo supplementare, poiché non erano accompagnate dal diritto di voto finché la Regione vallona le deteneva (e, dunque, non potevano essere utilizzate in ogni modo da quest’ultima per intervenire nel processo decisionale delle società Verlipack), poi, che essa non ha ottenuto alcun dividendo o altro beneficio finanziario a causa del possesso delle azioni in questione e, infine, che essa non ha potuto convertire le azioni in questione in contanti poiché, nell’ambito dell’ingresso della Heye, essa doveva conferire le azioni in questione con la sua partecipazione di controllo nella Verlipack Holding I .

126    La Commissione avrebbe dovuto quindi esaminare il contesto di fatto in modo integrale, non analizzare i fatti isolatamente e partire dalla realtà economica, senza limitare la sua analisi agli aspetti giuridici formali, così come avrebbe giudicato la Corte a proposito della determinazione del valore delle azioni nella sentenza 24 ottobre 1996, cause riunite C‑329/93, C‑62/95 e C‑63/95, Germania e a./Commissione (Racc. pag. I‑5151, punto 36). Secondo la ricorrente, l’approccio della Commissione sarebbe restrittivo, in quanto si limiterebbe, escluso ogni altro fattore, al valore nominale delle azioni che la ricorrente è stata costretta ad acquistare.

127    La ricorrente illustra il carattere erroneo dell’analisi della Commissione esponendo che, se, invece di venderle azioni e di prevedere che il rimborso sarebbe intervenuto successivamente mediante pagamento in contanti o mediante una dazione in pagamento, la Regione vallona le avesse donato gratuitamente le azioni sin dall’inizio senza alcuna retribuzione o contropartita, si sarebbe unicamente tenuto conto, per valutare se vi sia stato un beneficio e quale ne sia stata la sua importanza, del valore delle azioni ricevute gratuitamente. È per questo che la ricorrente ritiene che occorra tenere in considerazione le circostanze specifiche della presente causa, ovvero l’acquisto forzoso e il prezzo determinato artificialmente, e che, poiché la situazione prevalente nella fattispecie e quella qui esposta in precedenza sono molto simili, esse debbano costituire oggetto della stessa analisi riguardo alla normativa sugli aiuti di Stato. Infatti, in entrambi i casi, la ricorrente deterrebbe alcune azioni e il fatto che tale messa a disposizione gratuita si effettui direttamente o attraverso una remissione dell’obbligo di pagamento dovrebbe essere indifferente. Invece di fondarsi su un credito in astratto, la Commissione avrebbe dovuto dunque estendere la propria analisi al valore reale dell’attivo patrimoniale ceduto alla ricorrente. Solo tale analisi permetterebbe di valutare se vi sia, nella realtà economica, un beneficio.

128    La Commissione chiede che tale parte del motivo venga respinta.

–       Giudizio del Tribunale

129    In primo luogo, occorre esaminare l’argomento della ricorrente secondo cui essa sarebbe stata costretta dalla Regione vallona ad acquistare, con l’accordo del 18 dicembre 1996, 14 214 azioni di categoria B e azioni di godimento di categoria I, per un importo di BEF 113 712 000, argomento che si fonda sulla nota del 25 maggio 1998 nella quale le autorità belghe hanno detto alla Commissione che, «poiché la Regione vallona ha perso la fiducia nel gruppo Beaulieu, essa ha imposto, come condizione all’approvazione dell’operazione di costituzione delle due holdings, l’acquisto delle sue azioni nei siti di produzione Verlipack Ghlin e Verlipack Jumet».

130    A titolo preliminare, occorre constatare che l’acquisto di azioni che è stato oggetto dell’accordo del 18 dicembre 1996 non è qualificato dalla Commissione come aiuto di Stato nella decisione impugnata.

131    Una volta constatato ciò, occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 3 della clausola addizionale del 18 novembre 1987, «[a] partire dal 1° ottobre 1987, i sottoscritti Imcour NV e sig. R. De Clerck si impegnano irrevocabilmente ad assumersi e ad eseguire ogni diritto e obbligo esistente a tale data in capo alla Adsum NV e al sig. De Backer, come descritti nell’accordo del 30 aprile 1985 e in allegato».

132    Tra tali obblighi figurava quello menzionato all’art. 10, primo comma, dell’accordo del 30 aprile 1985, che prevedeva che la Adsum si impegnasse, a partire dal quinto esercizio seguente la firma di detto accordo, a che le tre società Verlipack acquisissero ogni anno il 10% delle azioni di categoria B (acquisto al valore nominale) e delle azioni di categoria I (acquisto al prezzo unitario di BEF 10 000) detenute dalla SNRSN nella misura consentita dagli utili riportati e dalle riserve disponibili. Ai sensi dell’art. 10, terzo comma, di tale accordo, in mancanza di detti acquisti, la Adsum avrebbe eseguito in ogni caso gli obblighi previsti in tale articolo.

133    Inoltre, la clausola addizionale del 18 novembre 1987 precisava che era avvenuto un cambiamento a livello degli organi direzionali delle società Verlipack e che i Ministri degli Affari economici e delle Finanze avevano dato la loro approvazione il 17 novembre 1987, ai sensi dell’art. 14, secondo comma, dell’accordo del 30 aprile 1985.

134    Infine, l’art. 16 dell’accordo del 30 aprile 1985 prevedeva che gli statuti delle società sarebbero stati modificati per tener conto delle clausole contenute nello stesso accordo.

135    Risulta da tali elementi che è con perfetta conoscenza di causa che la ricorrente ha accettato di prendere a suo carico non solo i diritti, ma anche gli obblighi definiti nell’accordo del 30 aprile 1985 di cui la Adsum e il sig. De Backer erano titolari verso la Verlipack e lo Stato belga e che dovevano, conformemente all’art. 16 di tale accordo, far parte integrante degli statuti delle società Verlipack. In particolare, la Imcour Holding, alla quale è succeduta la ricorrente, si è impegnata irrevocabilmente, in virtù dell’art. 3 della clausola addizionale del 18 novembre 1987, a rispettare gli obblighi nonché le condizioni d’acquisto delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I detenute dalla SNRSN nel capitale della Verlipack.

136    La ricorrente non può inoltre escludere l’applicabilità di un tale obbligo di acquisto deducendo la condizione relativa all’esistenza di utili riportati e alla facoltà di disporre delle riserve delle società Verlipack menzionata all’art. 10, primo comma, dell’accordo del 30 aprile 1985, dato che la ricorrente doveva in ogni caso procedere essa stessa, in mancanza di acquisizione da parte delle società Verlipack, all’acquisto delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I, detenute dalla SNRSN.

137    Occorre rilevare ugualmente che la ricorrente ha usufruito di diversi benefici con l’acquisto anticipato delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I, oggetto dell’accordo del 18 dicembre 1996.

138    In primo luogo, la ricorrente ha acquisito immediatamente la proprietà della totalità delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I ancora detenute dalle autorità vallone, che essa doveva in ogni caso comprare a rate annuali in virtù della clausola addizionale del 18 novembre 1987. Ciò le ha così permesso di procedere alla ristrutturazione della Verlipack associandovi la Heye e di semplificare la struttura del gruppo trasferendo l’insieme delle azioni alla Verlipack Holding I.

139    A tal riguardo, occorre ricordare che, così come risulta dal fascicolo (v., segnatamente, punti 11 e 12 della decisione impugnata, punto 23 del ricorso e paragrafi 6 e 7 della lettera del Regno del Belgio del 26 luglio 2001, indirizzata alla Commissione), nel 1996, la situazione delle società del gruppo Verlipack era così preoccupante che l’ingresso di uno specialista del settore del vetro sembrava indispensabile al fine di permettere la ripresa economica del gruppo. Peraltro tale specialista, nella fattispecie la Heye, non desiderava entrare nel capitale di un gruppo nel quale le autorità pubbliche detenessero una partecipazione, ciò che, agli occhi della Heye, «avrebbe potuto presentare un rischio di rovesciamento della maggioranza in caso di alleanza tra la Regione vallona e il gruppo Beaulieu».

140    Tale constatazione, la quale figura nella nota del 25 maggio 1998, non è peraltro contestata dalla ricorrente, che afferma, al punto 22 del suo ricorso, che «il gruppo Beaulieu ha il netto sentimento che l’azionista pubblico non sia più pronto a sostenere attivamente le tre [società] Verlipack e che, in assenza di misure radicali, queste corrano tutte dritte verso il fallimento. La Beaulieu tenta allora di intraprendere un’operazione di salvataggio e cerca a tale effetto soci strategici che possiedano un’esperienza riconosciuta nel settore del vetro. È in tale contesto che si inseriscono le negoziazioni con (…) la Heye (…), uno dei primi produttori tedeschi di vetro».

141    Inoltre, risulta dalla lettera del Regno del Belgio del 26 luglio 2001 diretta alla Commissione che «la Beaulieu e la Heye, così come la Regione vallona, hanno avviato negoziazioni al fine di organizzare la cessione del gruppo Verlipack alla Heye e di mettere in piedi una nuova struttura finanziaria, realizzata nel 1997», e che «è a seguito di un accordo tra la Beaulieu e la Heye che fu convenuto che le azioni e le azioni di godimento della Verlipack Ghlin e della Verlipack Jumet, detenute dalla Regione vallona, dovessero essere acquistate dalla Beaulieu prima di ogni nuovo intervento della Regione vallona». 

142    La Regione vallona, del resto, ha attivamente partecipato alla ristrutturazione del gruppo Verlipack destinata ad arginare le perdite che lo minacciavano. Come risulta dai punti 18-22 della decisione 2001/856, essa ha accordato, nel 1997, due prestiti di importo pari a BEF 250 milioni ciascuno alla Heye, i quali hanno finanziato il conferimento in capitale di quest’ultima alla Verlipack in vista della detta ristrutturazione (v. anche, a tal riguardo, sentenza 3 luglio 2003, Belgio/Commissione, citata al punto 44 supra, punti 22-24).

143    In secondo luogo, è nel contesto delle negoziazioni e dell’accordo intervenuto tra le summenzionate Beaulieu e Heye che occorre rilevare, peraltro, anche i vantaggi ottenuti dalla ricorrente per ciò che riguarda il prezzo delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I che essa ha acquistato, così come le loro modalità di pagamento.

144    Così, prima di tutto, mentre, secondo l’accordo del 30 aprile 1985, al quale essa ha aderito con la clausola addizionale del 18 novembre 1987, la ricorrente doveva pagare il prezzo concordato via via che maturavano le scadenze, la ricorrente, per mezzo dell’accordo del 18 dicembre 1996, ha beneficiato della possibilità di differire il pagamento del prezzo delle azioni e delle azioni di godimento in questione al 31 dicembre 2001, e senza interessi, nonostante il fatto di aver acquisito immediatamente la totalità di tali azioni e azioni di godimento e di avere così potuto facilitare la ristrutturazione della Verlipack.

145    Inoltre, contrariamente all’affermazione della ricorrente secondo cui il prezzo non era negoziabile, mentre essa doveva pagare l’importo di BEF 142 140 000, corrispondente al 100% del valore nominale delle azioni ed azioni di godimento in questione, questa ha beneficiato di una riduzione di importo pari a BEF 28 428 000, poiché il prezzo pagato corrispondeva all’80% del prezzo di emissione conformemente all’art. 3 del r.d. 1985, malgrado l’ottenimento di un diritto di proprietà immediato e di quello di versare l’importo di BEF 113 712 000 solo il 31 dicembre 2001, senza interessi.

146    Infine, tale analisi deriva anche dalla lettera del Regno del Belgio del 26 luglio 2001, diretta alla Commissione, secondo cui «il gruppo Beaulieu ha accettato l’acquisto di tali azioni e di tali azioni di godimento in cambio di condizioni di pagamento favorevoli, ovvero un termine per il rimborso di quattro anni senza interessi, al fine di poter facilitare la ristrutturazione progettata sotto la direzione della Heye in collaborazione con la Regione vallona».

147    Così, l’ultimo paragrafo estratto dalla nota del 25 maggio 1998, dedotto dalla ricorrente a sostegno del suo argomento relativo all’assenza di ogni margine negoziale al momento dell’acquisto delle azioni e delle azioni di godimento in questione con l’accordo del 18 dicembre 1996, dev’essere letto alla luce dell’insieme del contesto di tale acquisto, esposto precedentemente, ed in particolare alla luce dell’esistenza accertata di negoziazioni tra la Heye e la ricorrente, che hanno portato ad un accordo e all’accettazione da parte di quest’ultima dell’acquisto in questione, integrato dalle summenzionate condizioni, e non può quindi essere inteso come atto a dimostrare l’esercizio di una costrizione da parte della Regione vallona nei confronti della ricorrente.

148    Peraltro, i successivi paragrafi della detta nota del 25 maggio 1998 supportano tale analisi in quanto in essi si fa espressamente riferimento alla necessità, al fine di rimediare alla situazione della Verlipack, di trasferire il controllo del gruppo alla Heye per poter garantire la maggioranza del nuovo investitore in tale holding, ciò che rivelava, piuttosto, la volontà espressa dalla ricorrente di associare la Heye all’operazione volta alla ripresa economica del gruppo Verlipack.

149    Ne consegue quindi che, considerato l’obbligo di acquisto delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I assunto dalla ricorrente con la clausola addizionale del 18 novembre 1987, nonché considerato l’accordo intervenuto tra il gruppo Beaulieu e la Heye che ha preceduto detto acquisto e i vantaggi che ne sono derivati, dev’essere respinto l’argomento della ricorrente, relativo al fatto che essa sarebbe stata costretta dalle autorità vallone a procedere a detto acquisto.

150    In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento della ricorrente secondo cui il prezzo delle azioni e delle azioni di godimento in questione, il cui valore era pari a zero, se non addirittura negativo, è stato sopravvalutato al momento dell’accordo del 18 dicembre 1996, nonché secondo cui la clausola addizionale del 20 novembre 1998 ha avuto lo scopo di adattare il prezzo ivi fissato, per allinearlo a quello pagato quattro mesi dopo dalla Verlipack Holding I o, secondo la ricorrente, dalla Heye nell’accordo del 9 aprile 1997, nell’ambito di un obbligo di acquisto analogo, per azioni il cui prezzo sarebbe stato determinato in funzione del loro valore reale e non del loro valore nominale.

151    Innanzi tutto, riguardo alla sopravvalutazione del prezzo determinato nell’accordo del 18 dicembre 1996, occorre ricordare che la ricorrente, da un lato, poiché ha aderito con la clausola addizionale del 18 novembre 1987 all’accordo del 30 aprile 1985, ha accettato di procedere all’acquisto delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I della Verlipack, detenute dalla SNRSN secondo il calendario e i prezzi ivi stabiliti e, dall’altro, era a conoscenza del fatto che, ai sensi del r.d. 1985, già specificamente menzionato all’art. 4, lett. f), ultimo comma, dell’accordo del 30 aprile 1985, il prezzo delle azioni privilegiate senza diritto di voto non poteva essere inferiore all’80% del loro prezzo di emissione.

152    Inoltre, risulta dai termini della lettera dell’11 gennaio 2001, registrata il 15 gennaio 2001, ripresi al punto 97 della presente sentenza, che le autorità vallone hanno scritto alla Commissione che il prezzo di BEF 113 712 000 rappresentava, in virtù del r.d. 1985, l’80% del valore di tali azioni e azioni di godimento in questione, sulla base del loro prezzo di emissione.

153    Risulta anche dalla lettera del Regno del Belgio del 26 luglio 2001 indirizzata alla Commissione che, in risposta all’affermazione della Commissione secondo cui «l’obbligo di determinare un prezzo equivalente all’80% del prezzo di emissione è un obbligo fissato dalla legge che è imposto, senza distinzione, a tutti coloro che desiderano acquistare tali tipi di azioni privilegiate», le autorità belghe hanno affermato che avevano già tenuto conto del fatto che il r.d. 1985 non imponeva le condizioni alle quali doveva essere effettuato il pagamento, e che le condizioni particolari convenute erano giustificate dal maggior costo risultante per il gruppo Beaulieu dall’applicazione della normativa belga.

154    Così, benché, come risulta dai punti 77-79 della decisione impugnata, le autorità belghe abbiano confermato il fatto che le azioni e azioni di godimento in questione erano state pagate ad un prezzo che non corrispondeva, a loro parere, alla realtà economica, esse hanno tuttavia giustificato tale prezzo in considerazione del r.d. 1985, applicabile a tutte le operazioni di acquisto del tipo di quella in questione nella presente causa, e hanno evidenziato, nelle lettere dell’11 gennaio e del 26 luglio 2001, menzionate ai punti 152 e 153 della presente sentenza, di aver posto rimedio a tale costo aggiuntivo mediante la concessione di condizioni di rimborso vantaggiose, cioè il pagamento da parte della ricorrente quattro anni dopo il trasferimento della proprietà, senza interessi, nonché l’accettazione di tale prezzo da parte del gruppo Beaulieu.

155    Peraltro, risulta dai punti 10 e 13 della decisione di apertura del procedimento di indagine formale che l’importo dell’attivo patrimoniale era superiore a quello dei debiti, poiché esso, costituito da tre insediamenti (Ghlin, Jumet e Mol), era stato valutato pari alla somma di BEF 515 milioni mentre i debiti erano stati valutati a più di BEF 362,8 milioni.

156    Occorre constatare infine che non risulta dal fascicolo che la ricorrente abbia messo in causa, nell’ambito di un qualche giudizio nazionale, né il proprio obbligo di pagare l’importo del prezzo delle azioni e delle azioni di godimento in questione, menzionato nell’accordo del 18 dicembre 1996, che essa ha peraltro accettato, né l’applicabilità del r.d. 1985.

157    In secondo luogo, riguardo all’oggetto della clausola addizionale del 20 novembre 1998, occorre constatare che essa prevede come cause d’estinzione del debito o il pagamento a giroconto della somma di BEF 113 712 000, o il trasferimento delle 9 704 azioni del capitale della società Verlipack Holding II.

158    Così, poiché si era stabilito che il credito potesse essere estinto non solo con il versamento di una somma pari a BEF 113 712 000, ma anche con il trasferimento delle 9 704 azioni aventi valore pari a zero, è giocoforza constatare che la clausola addizionale del 20 novembre 1998 non può aver avuto come scopo l’adeguamento del prezzo convenuto nell’accordo del 18 dicembre 1996 a quello fissato nell’accordo del 9 aprile 1997, dal momento che, da quanto si desume dai suoi stessi termini, si limitava ad aggiungere la facoltà di estinzione del debito attraverso il trasferimento di azioni di un valore nullo.

159    Del resto, se vi fosse stata la volontà di procedere a un adeguamento del prezzo, è ragionevole presumere, da un lato, che sarebbe stata prevista anche una diminuzione del prezzo pagabile con versamento e, dall’altro, che una tale clausola addizionale non sarebbe stata concordata il 20 novembre 1998, ovvero circa venti mesi dopo la firma dell’accordo del 9 aprile 1997 tra la Regione vallona e la Verlipack Holding I (controllata dalla Heye), data alla quale, peraltro, così come risulta dal punto 75 della decisione impugnata, la società Verlipack Holding II era in stato di insolvenza. Infatti, con sentenza 31 maggio 1999, il Tribunal de commerce de Mons ha constatato che lo stato di insolvenza della Verlipack Holding II risaliva al giugno 1998.

160    Ne consegue che l’argomento della ricorrente relativo al fatto che nel 1996 il valore reale delle azioni fosse nullo, se non addirittura negativo, e che la clausola addizionale del 20 novembre 1998 abbia avuto lo scopo di adeguare il prezzo fissato nell’accordo del 18 dicembre 1996 a quello stabilito nell’accordo del 9 aprile 1997, non può essere accolto.

161    Da quanto precede risulta che la prima parte del primo motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte, relativa al fatto che, anche se un beneficio fosse stato conferito, la ricorrente non potrebbe essere considerata come l’impresa beneficiaria ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE

–       Argomenti delle parti

162    A sostegno di tale parte, la ricorrente si fonda sulla decisione 2001/856, in particolare sui suoi punti 109 e 110, nei quali la Commissione evidenzia che il beneficiario di un aiuto, che rischia di dover essere restituito, potrebbe non essere necessariamente l’impresa che abbia percepito direttamente i fondi dalle autorità pubbliche, bensì quella che ne abbia avuto il godimento effettivo. Secondo il punto 110 della decisione 2001/856, ciò sarebbe confermato dalla giurisprudenza della Corte, che distinguerebbe le imprese fra quelle che servirebbero solo da veicolo per il passaggio dei fondi e quelle che ne trarrebbero un vantaggio tale, da attribuire loro la qualità di beneficiarie. Orbene, la ricorrente sostiene di nuovo che essa ha posseduto le azioni solo per un periodo di tempo limitato, che è stata obbligata ad acquistarle e che non aveva intenzione di conservarle. Così come risulterebbe dalla nota della Regione vallona del 25 maggio 1998 indirizzata alla Commissione, l’acquisto forzoso di tali azioni dovrebbe essere inteso alla luce del fatto che la Heye doveva ottenere il controllo del gruppo Verlipack, ragion per cui le azioni in questione sarebbero state poste nella società Verlipack Holding I e sarebbero finite indirettamente tra le mani della Heye.

163    La ricorrente ritiene quindi che non la si possa considerare favorita ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

164    Ne consegue che la decisione impugnata, in quanto considererebbe la ricorrente come la beneficiaria di un aiuto di Stato, sarebbe contraria tanto all’art. 87, n. 1, CE, quanto al combinato disposto degli artt. 7 e 13 del regolamento n. 659/1999.

165    La Commissione chiede che tale parte sia respinta.

–       Giudizio del Tribunale

166    Occorre constatare, in primo luogo, che, se e in quanto l’argomento della ricorrente si fondi sulla pretesa costrizione esercitata nei suoi confronti al momento dell’acquisto, in forza dell’accordo del 18 dicembre 1996, delle 14 214 azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I, esso dev’essere respinto per le ragioni menzionate ai punti 129‑149 della presente sentenza.

167    In secondo luogo, anche supponendo che l’argomento della ricorrente non debba essere inteso alla luce di tale acquisto forzoso, esso non può lo stesso essere accolto.

168    Infatti, così come è stato constatato ai punti 131‑149 della presente sentenza, in virtù di un impegno sottoscritto dalla Adsum nell’ambito dell’accordo del 30 aprile 1985, al quale la ricorrente ha aderito con clausola addizionale del 18 novembre 1987 e che è stato ripreso nell’ambito dell’accordo del 18 dicembre 1996, la ricorrente ha accettato di acquistare le azioni di categoria B e le azioni di godimento di categoria I che deteneva la Regione vallona nel capitale della SA Verlipack Jumet e della SA Verlipack Ghlin mediante il versamento della somma di BEF 113 712 000.

169    Così, la Regione vallona, titolare quindi di un credito certo ed esigibile di importo pari a BEF 113 712 000 nei confronti della ricorrente, ha necessariamente rinunciato, il 20 novembre 1998, a tale credito in cambio di azioni nel capitale di una società il cui valore era pari a zero a tale data, ciò che la ricorrente non nega. Orbene, quest’ultima non ha dimostrato che, a seguito di tale rinuncia al credito nel novembre del 1998, essa avesse trasferito tale somma nel capitale della Verlipack Holding II o in quello di un’altra società che ne sarebbe quindi la beneficiaria, di modo che tale somma è rimasta nel patrimonio della ricorrente.

170    È dunque a giusto titolo che la Commissione ha considerato che la ricorrente avesse beneficiato di un trasferimento di risorse pubbliche a suo favore.

171    Ne consegue che la seconda parte di tale motivo dev’essere respinta.

 Sulla terza parte, relativa al pregiudizio per la concorrenza e all’incidenza sul commercio intracomunitario

–       Argomenti delle parti

172    La ricorrente rileva che, ai punti 70-72 della decisione impugnata, la Commissione svolge un’analisi molto succinta quanto alle due condizioni relative al pregiudizio per la concorrenza e all’incidenza sul commercio intracomunitario, poiché si accontenta di affermare che tali condizioni sono sussistenti dal momento che il gruppo Beaulieu è un attore di primo piano sul mercato del tessile ed esporta una gran parte della sua produzione.

173    Ciò equivarrebbe a dire che, per operatori come il gruppo Beaulieu, la Commissione sarebbe esonerata dall’obbligo di dimostrare che tali due condizioni sussistano. Orbene, secondo la ricorrente, in primo luogo, essa sarebbe interessata in quanto azionista delle società Verlipack e non in quanto fabbricante di prodotti tessili e il fatto di essere stata costretta ad acquistare azioni di un gruppo produttore di vetro da imballaggio e di metterle in una holding controllata da un altro operatore in tale mercato avrebbe ben pochi rapporti con l’attività del gruppo Beaulieu nel settore tessile. Alla luce di ciò, la ricorrente sostiene che, poiché l’aiuto è situato su un mercato differente da quello sul quale si produce la distorsione della concorrenza, la decisione impugnata sarebbe erronea quando, riguardo alle due condizioni menzionate all’art. 87, n. 1, CE, essa si riferisce unicamente alla posizione del gruppo Beaulieu sul mercato del tessile. In secondo luogo, il fatto di sottrarre fondi dal suo patrimonio per collocarli nella Verlipack avrebbe frenato e non sostenuto la sua attività nel settore tessile, tanto più che la perdita risultante da tale investimento sarebbe considerevole.

174    Al contrario, mediante l’imposizione del rimborso dell’importo menzionato nella decisione impugnata, la Commissione non rimedierebbe ad una distorsione della concorrenza e penalizzerebbe il gruppo Beaulieu, proprio quando il settore pubblico avrebbe esso stesso riconosciuto che il prezzo pagato dalla ricorrente come contropartita delle azioni era sproporzionato e che la Regione vallona avrebbe corretto il compenso mediante la clausola addizionale del 20 novembre 1998. Inoltre, la ricorrente avrebbe posseduto le azioni della Verlipack Holding I solo durante un periodo temporaneo senza trarne alcun vantaggio finanziario o economico. Anche supponendo che la ricorrente abbia ricevuto le azioni gratuitamente, quest’ultima considera che tale dono non avrebbe potuto aver alcuna influenza sulla concorrenza nel settore tessile.

175    La Commissione chiede che tale parte venga respinta.

–       Giudizio del Tribunale

176    A titolo preliminare occorre rilevare che, con questa parte, la ricorrente mette in causa, da un lato, l’analisi effettuata dalla Commissione per ciò che riguarda la constatazione, nella fattispecie, delle condizioni relative alla distorsione della concorrenza e all’incidenza sugli scambi tra Stati membri previste dall’art. 87, n. 1, CE e, dall’altro, la motivazione, che si pretende succinta, contenuta nella decisione impugnata relativamente a tali due condizioni, motivazione che è anche oggetto del quarto motivo e che sarà quindi esaminata nell’ambito di quest’ultimo.

177    In primo luogo, riguardo alla condizione relativa alla distorsione della concorrenza, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, gli aiuti diretti ad alleviare a un’impresa le spese ch’essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza (v. sentenze del Tribunale 8 giugno 1995, causa T‑459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II‑1675, punti 48 e 77 e giurisprudenza ivi citata, e 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Vlaamse Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punto 43).

178    Occorre altresì ricordare che, nel momento in cui un’autorità pubblica favorisce un’impresa che opera in un settore contrassegnato da un’intensa concorrenza concedendole un’agevolazione, si verifica una distorsione della concorrenza o il rischio di una tale distorsione (sentenza Vlaamse Gewest/Commissione, citata al punto 177 supra, punto 46).

179    Nella fattispecie, come constatato nell’ambito dell’esame della prima e della seconda parte del presente motivo, la Regione vallona ha rinunciato ad un credito di importo pari a BEF 113 712 000 di cui essa era titolare verso la ricorrente, la quale esercita la sua attività in un settore, quello tessile, totalmente aperto alla concorrenza.

180    È quindi a giusto titolo che, al punto 71 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che l’aiuto contestato falsava o minacciava di falsare la concorrenza.

181    Per ciò che riguarda la condizione relativa all’incidenza sugli scambi tra Stati membri, risulta da giurisprudenza costante che, allorché un aiuto finanziario concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto (sentenze della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 11, e 17 giugno 1999, causa C‑75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑3671, punto 47; sentenze del Tribunale Vlaamse Gewest/Commissione, citata al punto 177 supra, punto 50; 11 luglio 2002, causa T‑152/99, HAMSA/Commissione, Racc. pag. II‑3049, punto 220, e Fleuren Compost/Commissione, citata al punto 83 supra, punto 57).

182    Nella fattispecie, la Commissione ha redatto, al punto 70 della decisione impugnata, una tabella, non contestata dalla ricorrente, dalla quale risulta che, per i tappeti e per altri rivestimenti per pavimenti in materia tessile, esistono numerosi scambi tra il Belgio e il resto del mondo, in quanto le esportazioni e le importazioni del Belgio nel 1998 hanno avuto un valore pari, rispettivamente, a euro 2 009 560 000,84 e a euro 211 659 000,19.

183    Inoltre, risulta dal punto 71 della decisione impugnata, ed in particolare dalla nota a piè di pagina n. 17, che la ricorrente è il primo produttore europeo di tappeti, e che esporta il 98% della propria produzione. Peraltro, la Commissione ha indicato che, durante gli anni 1997, 1998 e 1999, le vendite della ricorrente sono state rispettivamente pari a BEF 4 379 764 000, BEF 5 182 220 000 e BEF 4 821 857 000.

184    Infine, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui le condizioni previste all’art. 87, n. 1, CE non sussisterebbero nella fattispecie in quanto l’aiuto controverso concernerebbe un mercato diverso da quello sul quale si sarebbe prodotta la distorsione della concorrenza. Infatti, secondo la decisione impugnata, il procedimento relativo all’aiuto di Stato in questione riguardava il gruppo Beaulieu che, come risulta dal punto 22 della decisione impugnata, fa capo alla ricorrente. L’aiuto concesso per un importo di BEF 113 712 000, che, così come constatato al punto 169 della presente sentenza, non è stato trasferito nel capitale della Verlipack Holding II o in quello di un’altra società del settore del vetro, è restato nel patrimonio del gruppo Beaulieu. Tale aiuto si è quindi necessariamente riflesso sul settore di attività nel quale è attivo il gruppo Beaulieu, ovvero il settore tessile. L’aiuto di cui ha beneficiato la ricorrente si è così tradotto in un vantaggio concorrenziale nel settore tessile.

185    Ne consegue che la terza parte del primo motivo non può essere accolta e che occorre respingere completamente il primo motivo di ricorso.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità e dell’art. 14 del regolamento n. 659/1999

 Argomenti delle parti

186    La ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza, gli atti delle istituzioni comunitarie non devono eccedere quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso (sentenza della Corte 17 maggio 1984, causa 15/83, Denkavit Nederland, Racc. pag. 2171; sentenza del Tribunale 22 novembre 2001, causa T‑9/98, Mitteldeutsche Erdöl-Raffinerie/Commissione, Racc. pag. II‑3367) e che tale principio è contenuto nell’art. 14 del regolamento n. 659/1999, che prevede che la Commissione non imponga il recupero di un aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.

187    Orbene, la ricorrente ritiene di aver dimostrato che l’acquisto forzoso delle azioni e delle azioni di godimento in questione delle società Verlipack non le abbia procurato alcun beneficio finanziario o di altra natura ai sensi dell’art. 87 CE, di modo che sarebbe contrario al principio di proporzionalità imporle il recupero di un aiuto inesistente.

188    Inoltre, anche supponendo che sia stato concesso un aiuto di Stato che l’abbia favorita, non sarebbe possibile valutare nel modo abituale il preteso beneficio accordato. Infatti, nella maggior parte dei casi si suppone che l’importo dell’aiuto al funzionamento di cui beneficia un’impresa corrisponda nella sostanza all’ostacolo alla concorrenza nel suo settore di attività. Orbene, nella fattispecie, da un lato, non vi sarebbe trasferimento diretto di liquidità dal settore pubblico al settore privato e, dall’altro, il beneficio non si collocherebbe nel suo tradizionale settore di attività. Sarebbe quindi errato determinare l’ampiezza della distorsione della concorrenza nel settore tessile secondo il criterio del solo valore nominale delle azioni acquistate dalla ricorrente in un gruppo che produce vetro da imballaggio. Secondo la ricorrente, risulta dall’insieme dei fatti di causa che il valore nominale delle azioni non può corrispondere all’ampiezza dell’affermata distorsione della concorrenza sul mercato dei prodotti tessili, non solamente perché un tale valore è abusivamente elevato e non corrisponde assolutamente al loro valore reale ma anche perché, pur supponendo che l’acquisto forzoso delle azioni le abbia procurato un vantaggio, esso non può aver avuto come conseguenza di falsare la concorrenza nel settore tessile, perché l’acquisizione gratuita di azioni nel settore del vetro non implicherebbe automaticamente un vantaggio operativo in tale settore.

189    Deriverebbe da tali elementi che l’affermazione della Commissione secondo cui il recupero del valore nominale delle azioni acquistate dalla ricorrente sarebbe necessario per sopprimere la distorsione della concorrenza sarebbe contraria alla realtà economica di modo che, imponendo tale recupero, la Commissione violerebbe il principio di proporzionalità, così come l’art. 14 del regolamento n. 659/1999.

190    La Commissione chiede che tale motivo venga respinto.

 Giudizio del Tribunale

191    Riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe violato l’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999 e il principio di proporzionalità, poiché ha imposto il recupero dell’aiuto, allorquando l’acquisto forzoso delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I, in virtù dell’accordo del 18 dicembre 1996, non le avrebbe procurato alcun beneficio finanziario, è sufficiente constatare che, qualora tale violazione si basi sull’argomento relativo ad una pretesa costrizione esercitata nei confronti della ricorrente al momento del detto acquisto, esso dev’essere respinto per le ragioni menzionate ai punti 129-149 della presente sentenza.

192    Anche supponendo che l’argomento della ricorrente non si fondi su tale costrizione, ma unicamente sull’acquisto stesso delle azioni da essa effettuato, esso dev’essere ciò nonostante respinto.

193    Infatti occorre constatare che, nella fattispecie, così come risulta dalla decisione impugnata, in particolare dai suoi punti 91 e 92, l’aiuto di Stato è consistito nel fatto che la Regione vallona ha rinunciato, il 20 novembre 1998, ad un credito certo, di importo pari a BEF 113 712 000 verso il gruppo Beaulieu, in cambio della consegna di 9 704 azioni nel capitale della società Verlipack Holding II che erano, al momento della loro cessione, nel dicembre 1998, senza alcun valore, poiché il patrimonio di tale società era stato valutato pari a BEF 1 in data 11 febbraio 1999.

194    La ricorrente parte quindi da una premessa erronea quando sostiene, in particolare, che l’ampiezza della distorsione della concorrenza sia stata erroneamente determinata sulla base del valore nominale delle azioni acquistate nel 1996, poiché non è tale operazione che è stata qualificata come aiuto di Stato, ma la rinuncia, il 20 novembre 1998, da parte della Regione vallona ad un credito certo ed esigibile di importo pari a BEF 113 712 000, di cui essa era titolare verso la ricorrente e che questa non ha mai contestato dinanzi alle giurisdizioni nazionali.

195    Orbene, poiché ha rinunciato a tale credito a favore di un’impresa privata, il Regno del Belgio ha accordato un aiuto di ammontare pari a BEF 113 712 000 dal settore pubblico verso il settore privato.

196    L’importanza della distorsione doveva dunque essere valutata riguardo al fatto che la Regione vallona deteneva un credito certo ed esigibile di importo pari a BEF 113 712 000 nei confronti della ricorrente, che ha deciso di non recuperare.

197    È quindi con riferimento alla rinuncia al credito di tale importo che la Commissione ha imposto, al punto 111 della decisione impugnata, che si procedesse al recupero dell’aiuto «[p]er ripristinare le condizioni economiche che l’impresa avrebbe dovuto affrontare se non le fosse stato accordato l’aiuto incompatibile».

198    Riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui l’aiuto concesso non avrebbe avuto come conseguenza di falsare la concorrenza nel settore tessile, poiché l’acquisizione gratuita di azioni nel settore del vetro non avrebbe implicato automaticamente la concessione di un vantaggio operativo nel settore tessile, è sufficiente ricordare che, come è stato già stabilito al punto 184 della presente sentenza, l’aiuto di cui ha beneficiato la ricorrente è restato nel patrimonio del gruppo Beaulieu e si è dunque tradotto in un beneficio finanziario nel settore tessile di modo che, poiché esso era di natura tale da rafforzare la posizione dell’impresa beneficiaria nei confronti delle altre imprese e da permetterle di accrescere le sue esportazioni, esso è stato necessariamente atto a falsare la concorrenza nel mercato comune e ad incidere sugli scambi tra Stati membri.

199    Non può quindi essere addebitato alla Commissione di aver violato il principio di proporzionalità così come l’art. 14 del regolamento n. 659/1999, per aver preteso il recupero del valore dell’aiuto costituito dalla rinuncia al credito di importo pari a BEF 113 712 000.

200    Alla luce di ciò, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio della parità di trattamento

201    La ricorrente, la quale suddivide questo motivo in tre parti, rimprovera alla Commissione di aver violato il principio della parità di trattamento quale enunciato dalla Corte nella sentenza 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel e a. (Racc. pag. 1753), anzitutto poiché ha applicato due metodi di valutazione differenti per determinare il valore delle azioni e delle azioni di godimento possedute nelle società Verlipack, poi poiché ha proceduto a detta valutazione in due momenti differenti e, infine, poiché ha utilizzato l’argomento relativo al beneficiario finale dell’aiuto di Stato in due modi differenti.

 Sulla prima parte, relativa al fatto che la decisione impugnata violerebbe il principio della parità di trattamento, poiché applicherebbe due metodi differenti per determinare il valore delle azioni e delle azioni di godimento

–       Argomenti delle parti

202    La ricorrente rimprovera alla Commissione di aver applicato due metodi differenti per determinare il valore delle azioni e delle azioni di godimento possedute nelle società Verlipack, uno fondato sul prezzo di emissione (valore nominale, ovvero BEF 113 712 000, prezzo al quale la ricorrente è stata obbligata ad acquistarle), l’altro sul valore reale delle azioni al momento della loro cessione alla Regione vallona che, secondo il punto 80 della decisione impugnata, sarebbe in definitiva pari a zero.

203    Orbene, nell’ambito di tali due operazioni, la Regione vallona e la ricorrente si sarebbero trovate in situazioni praticamente identiche: entrambe avrebbero ceduto un portafoglio di titoli delle società Verlipack in un momento in cui tali società si sarebbero trovate di fronte a difficoltà economiche, sia nel dicembre 1996, data della cessione delle azioni e delle azioni di godimento in questione da parte della Regione vallona alla ricorrente, sia nel novembre 1998, data della cessione delle azioni da parte della ricorrente alla Regione vallona. Infatti, nel dicembre 1996, la Verlipack Jumet e la Verlipack Ghlin avrebbero accusato perdite estremamente gravi.

204    Pertanto, la ricorrente si chiede se la Commissione avesse motivi per applicare due metodi diversi per determinare il valore di un portafoglio di titoli di società sostanzialmente identiche, a date certo differenti, ma in situazioni finanziarie molto simili.

205    La ricorrente rileva che la sola giustificazione fornita dalla Commissione fa riferimento al r.d. 1985. Orbene, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 126 della presente sentenza, tale punto di vista sarebbe eccessivamente formalistico, rigido e restrittivo e ignorerebbe l’ambito di fatto ed economico della presente causa. Infatti, da un lato, la Regione vallona avrebbe ripetuto a diverse riprese che il prezzo pagato dalla ricorrente nel 1996 era eccessivo e, dall’altro, nel 1997, la Regione vallona avrebbe preso in considerazione, nei confronti della Heye, il valore reale delle azioni.

206    La Commissione chiede che tale parte venga respinta.

–       Giudizio del Tribunale

207    Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una discriminazione consiste, in particolare, nel trattare in modo diverso situazioni analoghe, causando con ciò un danno per taluni operatori rispetto ad altri, senza che questo diverso trattamento sia giustificato dall’esistenza di differenze obiettive di un certo rilievo (sentenze della Corte 13 luglio 1962, cause riunite 17/61 e 20/61, Klöckner-Werke e Hoesch/Alta Autorità, Racc. pag. 597, in particolare pag. 616; 15 gennaio 1985, causa 250/83, Finsider/Commissione, Racc. pag. 131, punto 8, e 26 settembre 2002, causa C‑351/98, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑8031, punto 57; sentenza del Tribunale 7 luglio 1999, causa T‑106/96, Wirtschaftsvereinigung Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑2155, punto 103).

208    A tal riguardo occorre rilevare che la ricorrente, ai sensi dell’accordo del 30 aprile 1985, al quale essa ha aderito in virtù della clausola addizionale del 18 novembre 1987, ha accettato di assumersi i diritti e gli obblighi derivanti da tale accordo, il quale prevedeva precisamente, al suo art. 10, le condizioni alle quali era sottoposto l’acquisto delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I, ed in particolare il prezzo. Tale accordo rinviava, inoltre, espressamente al r.d. 1985, che fissa, segnatamente, le condizioni relative al prezzo per il loro acquisto.

209    Così come risulta dai punti 77 e 78 della decisione impugnata, il prezzo determinato dall’accordo del 18 dicembre 1996, conformemente al r.d. 1985, equivaleva all’80% del valore delle azioni privilegiate senza diritto di voto, determinato nell’accordo del 30 aprile 1985. Attraverso tale operazione la ricorrente era gravata da un debito certo ed esigibile di BEF 113 712 000 nei confronti della Regione vallona.

210    Al contrario, il valore delle azioni che la Regione vallona ha accettato, con la clausola addizionale del 20 novembre 1998, in pagamento del credito di BEF 113 712 000, come risulta dai punti 73‑76 e 80 della decisione impugnata, poiché non era assolutamente connesso al r.d. 1985, doveva essere determinato alla luce delle circostanze che si presentavano alla data di conclusione di tale clausola addizionale. Orbene, al momento stesso della conclusione della clausola addizionale del 20 novembre 1998, la Verlipack Holding II, le cui azioni erano state trasferite alla Regione vallona, si trovava in stato di insolvenza a partire, secondo la sentenza 31 maggio 1999 del Tribunal de commerce de Mons, dal giugno 1998, e il suo attivo patrimoniale era valutato pari a BEF 1. Quindi tali azioni, il cui valore nominale era di BEF 100 milioni, al momento della conclusione della clausola addizionale del 20 novembre 1998 non avevano più alcun valore, il che, del resto, non viene negato dalla ricorrente. La Commissione poteva valutare quindi tale clausola addizionale, tenendo conto del valore reale delle azioni in questione.

211    Ne consegue che, non essendo le situazioni identiche, la Commissione non ha commesso alcuna violazione del principio della parità di trattamento.

212    Tale conclusione non può essere inficiata dall’argomento della ricorrente relativo alla comparazione della sua situazione con quella della Heye alla luce dell’accordo di opzione del 9 aprile 1997, firmato tra la Verlipack Holding I e la Regione vallona, con il quale si è convenuto che «il prezzo di ciascuna azione [dovrebbe corrispondere] al valore calcolato dividendo l’attivo netto contabile (…) della SA Verlipack Holding II (…) per il numero di azioni emesse da detta società».

213    Infatti, non risulta da tale accordo che le azioni possedute dalla Regione vallona nel capitale della Verlipack Holding II siano state azioni privilegiate senza diritto di voto ai sensi del r.d. 1985.

214    In ogni caso, anche supponendo che le azioni oggetto di tale accordo d’opzione fossero state comparabili a quelle oggetto della cessione nell’ambito dell’accordo del 18 dicembre 1996, è giocoforza constatare, come sostenuto a giusto titolo dalla Commissione, che sarebbe la Regione vallona ad aver applicato un trattamento discriminatorio nei confronti della ricorrente e non la Commissione.

215    La prima parte del terzo motivo dev’essere quindi respinta.

 Sulla seconda parte, relativa al fatto che la decisione impugnata violerebbe il principio della parità di trattamento, poiché valuterebbe le azioni e le azioni di godimento in momenti differenti

–       Argomenti delle parti

216    Secondo la ricorrente, risulta dalla decisione impugnata che le azioni oggetto della dazione in pagamento nel dicembre 1998 sono state valutate pari a BEF 0 per il motivo che il valore dell’attivo patrimoniale della Verlipack Holding II era stato ridotto a BEF 1 in data 11 febbraio 1999. La Commissione, per determinare il valore delle azioni date in pagamento alla Regione vallona, si sarebbe quindi posta al momento dell’adozione della decisione impugnata e avrebbe tenuto conto dell’evoluzione ulteriore della società interessata del gruppo Verlipack fino al momento del suo fallimento. Al contrario, riguardo al valore delle azioni acquistate nel 1996, la Commissione avrebbe preso unicamente in considerazione il loro valore nominale al momento del loro acquisto. Al punto 107 della decisione impugnata, la Commissione non terrebbe quindi assolutamente conto dell’evoluzione economica e finanziaria delle società interessate, né della decisione 2001/856, dalla quale risulterebbe che, prima dell’ingresso della Heye, la situazione finanziaria della Verlipack non sembrava assolutamente redditizia. La Commissione ignorerebbe inoltre la clausola addizionale del 20 novembre 1998, in virtù della quale il credito della Regione vallona era già estinto, secondo il diritto civile, a seguito della dazione in pagamento delle azioni della Verlipack Holding II. La distinzione così posta dalla Commissione tra queste due situazioni, risultante dal fatto che essa ha tenuto conto dell’evoluzione economica e finanziaria del gruppo Verlipack nella prima situazione e non nella seconda, non sarebbe oggettivamente giustificata e costituirebbe una violazione del principio della parità di trattamento.

217    La Commissione chiede che tale parte venga respinta.

–       Giudizio del Tribunale

218    Occorre constatare che, con tale seconda parte, la ricorrente riprende in sostanza argomenti che ha già dedotto nell’ambito della prima parte, relativi al valore delle azioni e delle azioni di godimento in questione, di modo che si rinvia ai punti 207‑211 della presente sentenza.

219    In ogni caso occorre rilevare che, al fine di determinare l’importo dell’aiuto concesso alla ricorrente con la clausola addizionale del 20 novembre 1998, è a giusto titolo che la Commissione ha preso in considerazione i fatti quali si presentavano al momento in cui la Regione vallona ha accettato, come pagamento di un credito certo ed esigibile di importo pari a BEF 113 712 000, la consegna di 9 704 azioni della società Verlipack Holding II che non avevano, a tale data, vale a dire il 20 novembre 1998, alcun valore.

220    La seconda parte del terzo motivo dev’essere quindi respinta.

 Sulla terza parte, relativa al fatto che la decisione impugnata violerebbe il principio della parità di trattamento, poiché utilizzerebbe l’argomento relativo al beneficiario finale dell’aiuto di Stato in due maniere differenti

–       Argomenti delle parti

221    La ricorrente rileva che, così come risulta dai punti 109 e 110 della decisione 2001/856, la Heye non è stata considerata come la beneficiaria finale dell’aiuto. Allo stesso modo la ricorrente sostiene che essa non potrebbe essere considerata come la beneficiaria finale dell’aiuto, dal momento che essa ha ceduto quasi immediatamente (il 24 gennaio 1997) il portafoglio di titoli che aveva acquisito il 18 dicembre 1996 dalla Verlipack Holding I, il cui controllo è stato assicurato dalla Heye a partire dall’11 aprile 1997. La ricorrente non avrebbe dunque avuto il godimento effettivo del preteso aiuto di Stato e la sua posizione sarebbe dunque la stessa di quella della Heye nella decisione 2001/856. Poiché ha trattato tali due società in modo differente, senza fornire una giustificazione oggettiva, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento.

222    La Commissione chiede che tale parte venga respinta.

–       Giudizio del Tribunale

223    Con questa terza parte, la ricorrente nega nuovamente di essere stata la beneficiaria dell’aiuto e sostiene, fondandosi sui punti 109 e 110 della decisione 2001/856, che, proprio come la Heye, essa non ha potuto utilizzare le azioni e le azioni di godimento messe a sua disposizione il 18 dicembre 1996 per altri fini che quelli di veicolarle immediatamente, con l’intermediazione della Verlipack Holding I, nei siti della Verlipack, di modo che essa non avrebbe avuto il godimento del preteso aiuto di Stato.

224    In primo luogo, occorre ricordare che, così come risulta dalla decisione impugnata, solo la rinuncia al credito previsto dalla clausola addizionale del 20 novembre 1998 è stata considerata dalla Commissione come aiuto di Stato e che, di conseguenza, la questione della qualificazione dell’aiuto di Stato non può concernere l’operazione interessata dall’accordo del 18 dicembre 1996.

225    In secondo luogo, occorre rilevare che, al punto 108 della decisione 2001/856, la Commissione aveva constatato che «[l]e clausole di destinazione delle due convenzioni [ovvero un prestito obbligazionario e un prestito] stipula[va]no expressis verbis che Heye s’impegna[va] i) a ricapitalizzare i siti di produzione di Ghlin e di Jumet e ii) a finanziare investimenti nei tre siti di Verlipack, compreso quello di Mol (Fiandra)». Ne deriva che la Heye, grazie ai fondi ottenuti, doveva ricapitalizzare la Verlipack.

226    Al contrario, nella clausola addizionale del 20 novembre 1998, non esiste alcuna previsione di tal genere, né la ricorrente del resto ha sostenuto che fosse stata prevista una tale clausola di trasferimento dei fondi messi a sua disposizione, di modo che la sua situazione non può essere comparata a quella della Heye. Inoltre, la ricorrente non ha assolutamente sostenuto che, a seguito della rinuncia al credito di cui era titolare la Regione vallona, essa avesse proceduto alla ricapitalizzazione della Verlipack per un valore pari a quello del credito cui si era rinunciato.

227    Da quanto precede risulta che la terza parte non può essere accolta e che occorre respingere il terzo motivo nella sua totalità.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

228    La ricorrente considera che la decisione impugnata è carente nella motivazione almeno in quattro punti.

229    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata non è sufficientemente motivata per ciò che riguarda le ragioni per cui la Commissione si fonda esclusivamente sul valore nominale del portafoglio di titoli che la ricorrente ha acquistato, senza prendere in considerazione il complesso contesto di fatto della presente causa.

230    In secondo luogo, la decisione impugnata non spiegherebbe le ragioni per cui essa si fonda, da un lato, sulla data della sua adozione per ciò che riguarda il valore delle azioni date in pagamento (il cui valore è stimato pari a BEF 1) e, dall’altro, sulla data dell’acquisto forzoso delle azioni da parte della ricorrente il 18 dicembre 1996, vale a dire il loro valore nominale. La decisione impugnata non motiverebbe a sufficienza tale differenza.

231    In terzo luogo, la decisione impugnata non giustificherebbe la differenza di trattamento tra la ricorrente e la Heye, nell’ambito dell’insieme del fascicolo Verlipack. Così come la Heye non sarebbe stata considerata la beneficiaria finale dell’aiuto nella decisione 2001/856, si sarebbe dovuto procedere allo stesso modo nella decisione impugnata e non si sarebbe dovuto considerare la ricorrente come l’impresa che ha avuto il godimento effettivo del portafoglio di titoli che essa aveva certo acquistato, ma sotto costrizione. La ricorrente avrebbe potuto beneficiare, eventualmente, di un beneficio finanziario solo per il periodo in cui essa ha detenuto tali titoli, ovvero tra il 18 dicembre 1996 e l’11 aprile 1997.

232    In ultimo luogo, la ricorrente, rinviando a ciò che è stato menzionato ai punti 172‑174 della presente sentenza, sostiene che la Commissione omette di spiegare la ragione per cui l’aiuto, anche ammesso che le sia stato concesso, avrebbe falsato la concorrenza e influenzato gli scambi tra Stati membri nel settore tessile.

233    La Commissione chiede che tale motivo venga respinto.

 Giudizio del Tribunale

234    Occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione di cui all’art. 253 CE costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Sotto questo profilo, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenze della Corte 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, Racc. pag. 809, punto 19; Commissione/Sytraval e Brink’s France, citata al punto 83 supra, punti 63 e 67, e 19 settembre 2002, causa C‑114/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7657, punto 62; sentenza Fleuren Compost/Commissione, citata al punto 83 supra, punto 119).

235    Inoltre, tale requisito dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone che quest’ultimo concerna direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuata una valutazione alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze della Corte Spagna/Commissione, citata al punto 234 supra, punto 63, e 28 gennaio 2003, causa C‑334/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑1139, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

236    Applicato alla qualificazione di un provvedimento di aiuto, tale principio impone che siano indicate le ragioni per le quali la Commissione considera che il provvedimento di aiuto in esame rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑16/96, Cityflyer Express/Commissione, Racc. pag. II‑757, punto 66).

237    Considerata tale giurisprudenza, non sembra che la Commissione abbia mancato, in questo caso, all’obbligo di motivare in maniera sufficiente la decisione impugnata, per ciò che riguarda le quattro censure sollevate dalla ricorrente.

238    Riguardo, in primo luogo, al fatto che la Commissione si appoggi sul valore nominale delle azioni di categoria B e delle azioni di godimento di categoria I che la ricorrente ha acquistato nel 1996, è sufficiente constatare che, così come risulta dai punti 150‑156 della presente sentenza concernenti il valore delle azioni e delle azioni di godimento in questione, la Commissione, ai punti 77 e 78 della decisione impugnata, ha esposto le ragioni per cui essa si è fondata su un tale valore. Infatti, tali due punti hanno il seguente tenore:

«Il Belgio sostiene che il prezzo di 113 712 000 BEF fissato nel dicembre 1996 per le azioni senza diritto di voto e per le azioni di godimento cedute dalla Sowagep al gruppo Beaulieu non corrispondeva al loro valore. Si trattava, infatti, secondo il Belgio, “di un prezzo imposto in forza del decreto reale del 7 maggio 1985”. In virtù dell’articolo 3 del citato decreto reale, il prezzo di riscatto delle azioni privilegiate senza diritto di voto “non può essere inferiore all’80% del prezzo di emissione”. Il prezzo di 113 712 000 BEF delle azioni e delle azioni di godimento riscattato dal gruppo Beaulieu nel dicembre 1996 rappresentava, secondo il Belgio, l’80% del prezzo di emissione.

L’obbligo di fissare un prezzo equivalente all’80% del prezzo di emissione è un obbligo di legge imposto indistintamente a tutti coloro che desiderano acquistare questo tipo di azioni privilegiate».

239    Qualora si voglia correlare l’argomento della ricorrente al fatto che la Commissione non avrebbe motivato a sufficienza la decisione impugnata, in quanto detta istituzione non indicherebbe le ragioni per cui essa si sarebbe fondata esclusivamente sul valore nominale del portafoglio di titoli che la ricorrente ha acquistato nel 1996, senza prendere in considerazione il più complicato contesto di fatto della presente causa, ovvero la pretesa costrizione subita, occorre respingere detto argomento per le ragioni menzionate ai punti 129-149 della presente sentenza.

240    Ne consegue che non si può rimproverare alla Commissione di non avere motivato la decisione impugnata su tale punto.

241    Per ciò che concerne, in secondo luogo, il fatto che la decisione impugnata non spiegherebbe le ragioni per cui essa si fonderebbe sulla data della sua adozione per ciò che riguarda il valore delle azioni date in pagamento alla Regione vallona nel 1998 e sulla data di acquisto forzoso delle azioni e delle azioni di godimento in questione da parte della ricorrente il 18 dicembre 1996, occorre constatare che, così come risulta dall’analisi effettuata ai punti 207‑211 e 218‑220 della presente sentenza, la Commissione ha spiegato a sufficienza ai punti 77‑79 della decisione impugnata le ragioni per cui, nel dicembre 1996, il credito della Regione vallona nei confronti della ricorrente fosse pari a BEF 113 712 000. Ciò vale anche per ciò che riguarda il valore delle azioni della Verlipack Holding II, poiché la Commissione ha spiegato, ai punti 73‑76 e 80 della decisione impugnata, le ragioni per cui, nel novembre 1998, tali azioni non avevano alcun valore.

242    Inoltre, se con tale argomento la ricorrente mette in causa la fondatezza della motivazione della decisione impugnata avvalendosi della costrizione che essa pretende di aver subito, occorre rigettare tale argomento per le ragioni indicate ai punti 129‑149 della presente sentenza.

243    Riguardo, in terzo luogo, alla pretesa carenza di motivazione della decisione impugnata riguardo alla differenza di trattamento tra la ricorrente e la Heye per il fatto che la ricorrente, contrariamente alla Heye, sarebbe stata considerata come l’impresa beneficiaria dell’aiuto, occorre rilevare che la Commissione ha illustrato, in particolare ai punti 73, 80 e 91, le ragioni per cui la ricorrente doveva essere considerata come l’impresa che ha beneficiato dell’aiuto in questione.

244    Peraltro, la situazione era diversa per ciò che riguarda l’aiuto di Stato che è stato oggetto della decisione 2001/856. Infatti, così come risulta dai punti 225 e 226 della presente sentenza, la Commissione, al punto 108 di tale ultima decisione, aveva constatato che l’aiuto doveva servire a ricapitalizzare i siti di produzione di Ghlin e di Jumet, di modo che la Heye non costituiva la beneficiaria finale dell’aiuto.

245    La ricorrente non può quindi censurare la Commissione per una carenza di motivazione riguardo alla pretesa differenza di trattamento tra la ricorrente e la Heye.

246    Per ciò che riguarda, in ultimo luogo, la censura secondo cui la Commissione avrebbe omesso di esplicare la ragione per cui, anche ipotizzando che un aiuto sia stato concesso alla ricorrente, tale aiuto avrebbe falsato la concorrenza e avrebbe pregiudicato gli scambi tra Stati membri, occorre constatare che, così come risulta dai punti 176‑184 della presente sentenza, la Commissione, in particolare ai punti 70‑72 della decisione impugnata, ha esposto in modo sufficientemente chiaro i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nella logica della decisione a questo riguardo. Questa motivazione consente alla ricorrente e al giudice comunitario di conoscere le ragioni per cui la Commissione ha considerato che l’operazione controversa comportasse una distorsione della concorrenza e pregiudicasse il commercio all’interno dell’Unione (sentenza del Tribunale 6 marzo 2003, cause riunite T‑228/99 e T‑233/99, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, Racc. pag. II‑435, punti 292‑294).

247    Ne consegue che il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sulla domanda di produzione di documenti della ricorrente

248    La ricorrente chiede che, se la Commissione dovesse mantenere la propria posizione quanto al valore delle azioni nel 1996, essa produca una perizia al fine di corroborare la sua posizione.

249    Come risulta da quanto illustrato precedentemente, il Tribunale è stato in grado di statuire utilmente in merito al ricorso sulla base delle conclusioni, dei motivi e degli argomenti sviluppati in corso di causa e alla luce dei documenti depositati dalle parti (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 19 settembre 2001, causa T‑152/00, E/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A-179 e II‑813, punto 86, e 6 luglio 2004, causa T‑281/01, Huygens/Commissione,Racc. PI pagg. I‑A‑203 e II‑903, punto 145).

250    Occorre dunque respingere la domanda della ricorrente volta a che sia ordinato alla Commissione di fornire altri documenti rispetto a quelli già prodotti a richiesta del Tribunale (v., in tal senso, sentenze E/Commissione, citata al punto 249 supra, punto 87, e Huygens/Commissione, citata al punto 249 supra, punto 146).

 Sulle spese

251    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese, ivi comprese quelle della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.



Vilaras

Martins Ribeiro

Dehousse

Šváby

 

       Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 novembre 2006.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: l'olandese.

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