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Document 62001CJ0167
Judgment of the Court of 30 September 2003. # Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam v Inspire Art Ltd. # Reference for a preliminary ruling: Kantongerecht te Amsterdam - Netherlands. # Articles 43 EC, 46 EC and 48 EC - Company formed in one Member State and carrying on its activities in another Member State - Application of the company law of the Member State of establishment intended to protect the interests of others. # Case C-167/01.
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003.
Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam contro Inspire Art Ltd.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Kantongerecht te Amsterdam - Paesi Bassi.
Artt. 43 CE, 46 CE e 48 CE - Società costituita in uno Stato membro e che opera in un altro Stato membro - Applicazione del diritto societario dello Stato membro di stabilimento diretta a proteggere gli interessi dei terzi.
Causa C-167/01.
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003.
Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam contro Inspire Art Ltd.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Kantongerecht te Amsterdam - Paesi Bassi.
Artt. 43 CE, 46 CE e 48 CE - Società costituita in uno Stato membro e che opera in un altro Stato membro - Applicazione del diritto societario dello Stato membro di stabilimento diretta a proteggere gli interessi dei terzi.
Causa C-167/01.
Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-10155
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:512
*A9* Kantongerecht Amsterdam, verzoek van 05/02/2001 (EA 00-3787)
- Nederlandse jurisprudentie ; Uitspraken in burgerlijke en strafzaken 2001 NJ-Kort nº 38
- Rammeloo, Stephan: Cross-Border Mobility of Corporations and the European Union: Two Future Landmark Cases?, Maastricht Journal of European and Comparative Law 2001 p.117-120 (EN)
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003. - Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam contro Inspire Art Ltd. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Kantongerecht te Amsterdam - Paesi Bassi. - Artt. 43 CE, 46 CE e 48 CE - Società costituita in uno Stato membro e che opera in un altro Stato membro - Applicazione del diritto societario dello Stato membro di stabilimento diretta a proteggere gli interessi dei terzi. - Causa C-167/01.
raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-10155
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1. Stati membri - Obblighi - Obbligo di sanzionare le violazioni del diritto comunitario - Portata
(Art. 10 CE)
2. Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Società - Direttiva 89/666 - Pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato - Misure di pubblicità obbligatorie e facoltative - Normativa nazionale che istituisce obblighi di pubblicità non previsti dalla direttiva - Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 89/666/CEE, art. 2)
3. Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Società costituita conformemente alla normativa di uno Stato membro e avente ivi la sua sede senza esercitarvi attività commerciali - Stabilimento di una succursale in un altro Stato membro subordinato a condizioni relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori - Inammissibilità - Possibilità per gli Stati membri di prendere misure contro le frodi - Limiti
(Artt. 43 CE e 48 CE)
$$1. Qualora una disposizione di diritto comunitario non contenga alcuna disposizione specifica che preveda una sanzione in caso di trasgressione o faccia rinvio, al riguardo, alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, l'art. 10 CE impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte ad assicurare la portata e l'efficacia del diritto comunitario.
A tal fine, pur mantenendo la scelta delle sanzioni, essi devono segnatamente vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano punite, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in forme analoghe a quelle previste per le violazioni del diritto interno simili per natura e importanza e che, in ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo.
( v. punto 62 )
2. L'art. 2 dell'undicesima direttiva 89/666, relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato, il quale contiene un elenco di menzioni che devono formare oggetto di una pubblicazione nello Stato membro in cui è stabilita la succursale nonché un elenco di provvedimenti facoltativi di pubblicità, osta ad una normativa nazionale che preveda, a carico di una succursale di una società costituita in conformità alla legislazione di un altro Stato membro, obblighi di pubblicità non previsti dalla detta direttiva, come l'indicazione nel registro di commercio che la società è formalmente straniera, l'indicazione, nel registro di commercio dello Stato ospitante, della data della prima iscrizione nel registro di commercio straniero e delle informazioni relative al socio unico, il deposito obbligatorio di una dichiarazione contabile in cui si indica che la società soddisfa le condizioni relative al capitale minimo sottoscritto e versato e ai fondi propri, o la menzione della qualità di «società formalmente straniera» su tutti i documenti provenienti da tale società.
Infatti, senza incidere sugli obblighi di informazione che incombono alle succursali e derivano dal diritto sociale, tributario, o in materia statistica, l'armonizzazione della pubblicità delle succursali, come realizzata dall'undicesima direttiva, è esaustiva.
( v. punti 65, 69-70, 72, 143, dispositivo 1 )
3. Gli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad una normativa nazionale che subordini l'esercizio della libertà di stabilimento a titolo secondario in tale Stato, da parte di una società costituita secondo la legislazione di un altro Stato membro, a determinate condizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori, stabilite dal diritto nazionale per la costituzione di società. I motivi per cui la società è stata costituita nel primo Stato membro, nonché il fatto che essa eserciti la sua attività esclusivamente, o quasi, nello Stato membro di stabilimento non la privano, salvo che sia dimostrata caso per caso l'esistenza di un abuso, del diritto di avvalersi della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
Uno Stato membro ha certo il diritto di adottare misure volte ad impedire che, grazie alle possibilità offerte dal Trattato, taluni dei suoi cittadini tentino di sottrarsi all'impero delle leggi nazionali e gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario.
Tuttavia, le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento sono volte precisamente a consentire alle società costituite conformemente alla normativa di uno Stato membro e che hanno la loro sede sociale, l'amministrazione centrale o il loro stabilimento principale all'interno della Comunità, di svolgere attività nel territorio degli altri Stati membri.
Di conseguenza, il fatto che un cittadino di uno Stato membro che desideri creare una società scelga di costituirla nello Stato membro le cui norme di diritto societario gli sembrano meno severe e crei in seguito succursali in altri Stati membri è inerente all'esercizio, nell'ambito di un mercato unico, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
Inoltre, il fatto che una società non svolga alcuna attività nello Stato membro in cui essa ha sede e svolga invece le sue attività unicamente o principalmente nello Stato membro della sua succursale non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di un comportamento abusivo e fraudolento, che consenta a tale Stato di negare alla società interessata di fruire delle disposizioni comunitarie relative al diritto di stabilimento.
( v. punti 105, 136-139, 143, dispositivo 2 )
Nel procedimento C-167/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Kantongerecht te Amsterdam (Paesi Bassi) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam,
e
Inspire Art Ltd,
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 43 CE, 46 CE e 48 CE,
LA CORTE,
composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet, M. Wathelet (relatore), R. Schintgen e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, giudici,
avvocato generale: sig. S. Alber
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate
- per la Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam, dal sig. C.J.J.C. van Nispen, advocaat;
- per l'Inspire Art Ltd, dai sigg. M.E. van Wissen e G. van der Wal, advocaten;
- per il governo olandese, dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente;
- per il governo tedesco, dalla sig.ra B. Muttelsee-Schön e dal sig. A. Dittrich, in qualità di agenti;
- per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;
- per il governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità di agente;
- per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra R. Magrill, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra J. Stratford, barrister;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra C. Schmidt e dal sig. C. van der Hauwaert, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam, rappresentata dai sigg. R. Hermans e E. Pijnacker Hordijk, advocaten, dell'Inspire Art Ltd, rappresentata dall'avv. G. van der Wal, del governo olandese, rappresentato dalla sig.ra J.G.M. van Bakel, in qualità di agente, del governo tedesco, rappresentato dal sig. A. Dittrich, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra J. Stratford, e della Commissione, rappresentata dalla sig.ra C. Schmidt e dal sig. H. van Lier, in qualità di agente, all'udienza del 26 novembre 2002,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 30 gennaio 2003,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 5 febbraio 2001, pervenuta in cancelleria il 19 aprile successivo, il Kantongerecht te Amsterdam ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 43 CE, 46 CE e 48 CE.
2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam (camera di commercio e dell'industria di Amsterdam) (Paesi Bassi) (in prosieguo: la «camera di commercio») e la società di diritto inglese Inspire Art Ltd (in prosieguo: l'«Inspire Art») vertente sull'obbligo imposto alla succursale di quest'ultima nei Paesi Bassi di inserire, a lato della sua iscrizione nel registro di commercio olandese, la menzione «formeel buitenlandse vennootschap» (società formalmente straniera), nonché l'utilizzo di tale indicazione nel commercio, obblighi imposti dalla Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen (legge sulle società formalmente straniere) del 17 dicembre 1997 (Staatsblad 1997, n. 697; in prosieguo: la «WFBV»).
I - Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 L'art. 43, primo comma, CE, dispone quanto segue:
« (...) le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro».
4 L'art. 48 CE estende il beneficio del diritto di stabilimento, alle stesse condizioni delle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri, alle «società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno della Comunità».
5 L'art. 46 CE consente agli Stati membri di apportare restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini stranieri, adottando «disposizioni legislative, regolamentari e amministrative», nei limiti in cui esse siano «giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica».
6 Per realizzare la libertà di stabilimento, l'art. 44, n. 2, lett. g), CE dispone che il Consiglio dell'Unione europea può adottare direttive per coordinare «nella necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 48, secondo comma per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi».
7 Il Consiglio ha quindi adottato, su tale base, varie direttive (in prosieguo: le «direttive sul diritto societario»), e in particolare le seguenti direttive, di cui alla causa principale.
8 La prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8; in prosieguo: la «prima direttiva»), si applica alle società di capitali. Essa prevede tre misure dirette a proteggere i terzi che trattano con tali società: la costituzione di un fascicolo contenente talune informazioni obbligatorie tenuto per ogni società presso il registro di commercio territorialmente competente, l'armonizzazione delle disposizioni nazionali concernenti la validità e l'opponibilità degli obblighi assunti in nome di una società (comprese le società in formazione) e la fissazione di un elenco esaustivo dei casi di nullità delle società.
9 La seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'art. 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi, per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1; in prosieguo: la «seconda direttiva»). Essa stabilisce le menzioni obbligatorie che devono figurare nello statuto o nell'atto costitutivo delle società per azioni, l'importo del capitale minimo richiesto per tale tipo di società e prevede le disposizioni armonizzate relative ai conferimenti, alla liberazione delle azioni, al loro valore nominale e alla distribuzione dei dividendi agli azionisti.
10 La quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (GU L 222, pag. 11; in prosieguo: la «quarta direttiva»), si applica alle società di capitali. Essa armonizza le disposizioni nazionali relative alla stesura, al contenuto, alla struttura e alla pubblicità dei conti annuali delle imprese.
11 La settima direttiva del Consiglio 13 giugno 1983, 83/349/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato e relativa ai conti consolidati (GU L 193, pag. 1; in prosieguo: la «settima direttiva»), ha il medesimo obiettivo della quarta direttiva per quanto riguarda la stesura dei conti consolidati.
12 L'undicesima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/666/CEE, relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato (GU L 395, pag. 36; in prosieguo: l'«undicesima direttiva»), concerne le succursali delle società di capitali.
13 Ai sensi del terzo considerando dell'undicesima direttiva, essa è stata adottata in considerazione del fatto che «la creazione di una succursale, come la costituzione di una filiale, è una delle possibilità che attualmente sono accordate ad una società per esercitare il diritto di stabilimento in un altro Stato membro».
14 Il quarto considerando riconosce che, «per quanto riguarda le succursali, la mancanza di coordinamento, in particolare nel campo della pubblicità, comporta l'esistenza di una certa disparità, sul piano della tutela dei soci e dei terzi, tra le società che operano in altri Stati membri aprendo delle succursali e quelle che vi operano costituendovi delle filiali».
15 Il quinto considerando della detta direttiva dispone che «in questo campo le divergenze delle legislazioni degli Stati membri possono perturbare l'esercizio del diritto di stabilimento e che è dunque necessario eliminarle per salvaguardare in particolare tale diritto».
16 Ai sensi del dodicesimo considerando della stessa direttiva, essa non pregiudica affatto gli obblighi di informazione cui sono tenute le succursali per effetto di altre disposizioni che concernono, ad esempio, la legislazione sociale per quanto riguarda il diritto di informazione dei lavoratori subordinati, il diritto tributario, nonché i fini statistici.
17 L'art. 2, n. 1, dell'undicesima direttiva prevede un elenco di menzioni che devono formare oggetto di una pubblicazione nello Stato membro in cui è stabilita la succursale. Si tratta delle indicazioni seguenti:
«a) l'indirizzo della succursale;
b) l'indicazione delle attività della succursale;
c) il registro presso il quale il fascicolo di cui all'articolo 3 della direttiva 68/151/CEE è costituito per la società ed il numero di iscrizione di questa in detto registro;
d) la denominazione e il tipo della società e la denominazione della succursale se questa non corrisponde a quella della società;
e) la nomina, la cessazione dalle funzioni e le generalità delle persone che hanno il potere di impegnare la società nei confronti dei terzi e di rappresentarla in giudizio:
- in quanto organo della società previsto dalla legge o membri di tale organo, conformemente alla pubblicità fatta presso la società ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera d) della direttiva 68/151/CEE;
- in quanto rappresentanti stabili della società per quanto concerne l'attività della succursale, con indicazione della portata dei loro poteri;
f) - lo scioglimento della società, la nomina, le generalità ed i poteri dei liquidatori, nonché la chiusura della liquidazione, conformemente alla pubblicità fatta presso la società ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettere h), j) e k) della direttiva 68/151/CEE;
- una procedura di fallimento, di concordato o altre procedure analoghe cui sia soggetta la società;
g) i documenti contabili, alle condizioni previste all'articolo 3;
h) la chiusura della succursale».
18 L'art. 2, n. 2, dell'undicesima direttiva consente inoltre allo Stato membro in cui è stata creata la succursale di prevedere obblighi complementari in materia di pubblicità, relativi alle seguenti indicazioni:
«a) della firma delle persone di cui al paragrafo 1, lettere e) ed f) del presente articolo;
b) dell'atto costitutivo e degli statuti, se questi ultimi formano oggetto di un atto separato, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c) della direttiva 68/151/CEE, nonché delle modifiche di tali documenti;
c) di un attestato del registro di cui al paragrafo 1, lettera c) del presente articolo concernente l'esistenza della società;
d) di un'indicazione delle garanzie costituite sui beni della società situati in detto Stato membro, purché questa pubblicità sia relativa alla validità di tali garanzie».
19 L'art. 4 dell'undicesima direttiva prevede che lo Stato membro in cui è stata creata la succursale possa prescrivere l'utilizzo di un'altra lingua ufficiale della Comunità, nonché la traduzione autenticata dei documenti pubblicati, in particolare per la pubblicità di cui all'art. 2, n. 2, lett. b), della detta direttiva.
20 Ai sensi dell'art. 6 dell'undicesima direttiva, gli Stati membri prescrivono che le lettere e gli ordinativi utilizzati dalle succursali indichino, oltre alle menzioni prescritte all'art. 4 della prima direttiva, il registro presso il quale è costituito il fascicolo della succursale nonché il numero di iscrizione della succursale in detto registro.
21 Infine, l'art. 12 dell'undicesima direttiva impone agli Stati membri di prescrivere adeguate sanzioni per i casi di inottemperanza all'obbligo di pubblicità che essa prevede a carico delle succursali nello Stato ospitante.
Normativa nazionale
22 L'art. 1 della WFBV definisce la «società formalmente straniera» una «società di capitali avente personalità giuridica, costituita conformemente ad un diritto diverso da quello olandese, la quale svolge la sua attività del tutto o quasi del tutto nei Paesi Bassi senza avere alcun legame effettivo con lo Stato in cui vige il diritto conformemente al quale essa è stata costituita (...)».
23 Gli artt. 2-5 della WFBV prescrivono alle società formalmente straniere vari obblighi relativi all'iscrizione della società nel registro di commercio, l'indicazione di tale qualità sui documenti provenienti da tale società, il capitale minimo nonché la predisposizione, la realizzazione e la pubblicazione dei documenti annuali. La WFBV prevede anche sanzioni in caso di inosservanza di tali disposizioni.
24 L'art. 2 della WFBV prescrive, in particolare, che una società che corrisponde alla definizione di società formalmente straniera deve essere iscritta in tale qualità nel registro delle imprese dello Stato ospitante. In tale registro deve inoltre essere depositata una copia, certificata, redatta in lingua olandese, francese, tedesca o inglese, o una copia, certificata conforme da un amministratore, dell'atto costitutivo e dello statuto, se questi ultimi formano oggetto di atto separato. Nel registro devono altresì figurare la data della prima iscrizione di tale società, il registro nazionale nel quale essa è iscritta ed il suo numero d'iscrizione, nonché, per le società unipersonali, talune informazioni relative al socio unico.
25 L'art. 4, n. 4, della WFBV prevede la responsabilità solidale degli amministratori, con la società, per tutte le operazioni compiute durante la loro amministrazione in nome di quest'ultima per il periodo in cui l'obbligo di iscrizione nel registro di commercio non era stato adempiuto.
26 Ai sensi dell'art. 3 della WFBV, tutti i documenti e le pubblicazioni in cui è menzionata una società formalmente straniera o che provengono da essa - eccettuati i telegrammi e le comunicazioni pubblicitarie - devono riportare la denominazione completa della società, la sua forma giuridica, la sua sede sociale, il suo luogo di stabilimento principale, nonché il numero di iscrizione, la data della prima iscrizione ed il registro in cui deve essere iscritta ai sensi della normativa ad essa applicabile. Tale disposizione prescrive anche l'obbligo di menzionare che si tratta di una società formalmente straniera e vieta di utilizzare, in documenti o pubblicazioni, indicazioni che, contrariamente alla realtà, lascerebbero intendere che l'impresa appartiene ad una persona giuridica olandese.
27 In forza dell'4, n. 1, della WFBV, il capitale sottoscritto di una società formalmente straniera deve per lo meno essere pari al capitale minimo prescritto dall'art. 2:178 del Burgerlijk Wetboek (codice civile olandese, in prosieguo: il «BW») per le società olandesi a responsabilità limitata, che, il 1° settembre 2000, ammontava ad EUR 18 000 (Staatsblad 2000, n. 322). I fondi propri devono essere per lo meno pari al capitale minimo (art. 4, n. 2, della WFBV, che rinvia all'art. 2:178 del BW). Al fine di garantire che la società formalmente straniera soddisfi tali condizioni, deve essere presentata al registro di commercio una dichiarazione di un revisore contabile (art. 4, n. 3, della WFBV).
28 Finché le condizioni relative al capitale e ai fondi propri non sono soddisfatte, gli amministratori rispondono in solido con la società per tutte le operazioni compiute durante la loro amministrazione e che impegnano la società. Gli amministratori di una società formalmente straniera sono responsabili in solido anche per le operazioni della società se il capitale sottoscritto e versato scende al di sotto del minimo richiesto dopo aver inizialmente soddisfatto la condizione relativa al capitale minimo. La responsabilità solidale degli amministratori sussiste solo nel periodo in cui la società è una società formalmente straniera (art. 4, n. 4, della WFBV).
29 L'art. 4, n. 5, della WFBV precisa tuttavia che le disposizioni relative al capitale minimo non si applicano ad una società soggetta al diritto di uno Stato membro o di uno Stato membro dello Spazio economico europeo (SEE) e alla quale si applichi la seconda direttiva.
30 L'art. 5, nn. 1 e 2, della WFBV obbliga gli amministratori di società formalmente straniere a tenere la contabilità e a conservarla per sette anni. Gli amministratori devono redigere ogni anno un conto e una relazione annuale. Tali documenti devono essere resi pubblici mediante deposito presso il registro di commercio e devono soddisfare i requisiti del titolo 9 del libro secondo del BW, il che consente di assicurare la loro conformità ai documenti annuali delle società olandesi.
31 Gli amministratori devono inoltre depositare presso il registro di commercio, entro il 1° aprile di ogni anno, la prova dell'iscrizione nel registro stabilito in base al diritto cui è soggetta la società (art. 5, n. 4, della WFBV). Ai fini dell'applicazione della WFBV, le persone incaricate dell'amministrazione corrente della società sono equiparate agli amministratori, in conformità all'art. 7 di tale legge.
32 Gli artt. 2:249 e 2:260 del BW sono applicabili per analogia alle società formalmente straniere. Tali norme dispongono che, in caso di pubblicazione di documenti annuali o di dati intermedi falsi, gli amministratori e i revisori sono solidalmente responsabili per i danni che ne potrebbero derivare per i terzi.
33 L'art. 5, n. 3, della WFBV dispone però che gli obblighi previsti all'art. 5, nn. 1 e 2, del detto articolo in materia di contabilità e di documenti annuali non si applicano alle società soggette al diritto di uno Stato membro o al diritto di uno Stato membro dello SEE e che rientrano nell'ambito di applicazione della quarta direttiva e/o della settima direttiva.
II - Causa principale e questioni pregiudiziali
34 L'Inspire Art è stata costituita il 28 luglio 2000 con la forma giuridica di «private company limited by shares» (società privata a responsabilità limitata), con sede sociale in Folkestone (Regno Unito). Il suo amministratore unico («director»), residente all'Aja (Paesi Bassi), è autorizzato ad agire da solo e in modo autonomo a nome della società. La società, che opera con la denominazione sociale «Inspire Art Ltd» nel settore della vendita di oggetti d'arte, ha iniziato le sue attività il 17 agosto 2000 e dispone di una succursale ad Amsterdam.
35 L'Inspire Art è iscritta nel registro di commercio di Amsterdam, senza menzione del fatto che si tratta di una società formalmente straniera, ai sensi dell'art. 1 della WFBV.
36 La camera di commercio, ritenendo tale menzione obbligatoria in quanto l'Inspire Art svolgeva la propria attività solo nei Paesi Bassi, ha chiesto al Kantongerecht te Amsterdam, il 30 ottobre 2000, di ordinare di completare l'iscrizione di tale società nel registro di commercio con la menzione che l'Inspire Art è una «società formalmente straniera», conformemente all'art. 1 della WFBV, il che determinerebbe il sorgere di altri obblighi previsti dalla legge, esposti sopra, ai punti 22-33 della presente sentenza.
37 In via principale, l'Inspire Art ha negato che la sua iscrizione sia stata incompleta, ritenendo di non soddisfare le condizioni di cui all'art. 1 della WFBV. In subordine, se il Kantongerecht te Amsterdam avesse deciso che essa soddisfaceva tali condizioni, essa ha sostenuto che la WFBV era in contrasto con il diritto comunitario, e in particolare con gli artt. 43 CE e 48 CE.
38 Nell'ordinanza 5 febbraio 2001, il Kantongerecht te Amsterdam ha dichiarato che l'Inspire Art è una società formalmente straniera ai sensi dell'art. 1 della WFBV.
39 Quanto alla compatibilità della WFBV con il diritto comunitario, essa ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli artt. 43 CE e 48 CE debbano essere interpretati nel senso che ai Paesi Bassi è fatto divieto di assoggettare, attraverso la Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen del 17 dicembre 1997, ad ulteriori condizioni, come quelle previste dagli artt. 2-5 della detta legge, lo stabilimento a titolo secondario nei Paesi Bassi di una società costituita nel Regno Unito, al solo scopo di poter sfruttare determinati vantaggi rispetto alle imprese costituite conformemente al diritto olandese (il quale contiene condizioni più rigorose di quelle del diritto del Regno Unito in tema di costituzione della società e di versamenti delle azioni), allorché la legge olandese desuma il detto scopo dalla circostanza che la società esercita la sua attività del tutto, o quasi del tutto, nei Paesi Bassi senza peraltro avere alcun effettivo legame con lo Stato conformemente al cui diritto essa è stata costituita.
2) Se - nell'ipotesi in cui dall'interpretazione di tali articoli dovesse risultare l'incompatibilità con essi delle disposizioni della Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen - l'art. 46 CE debba essere interpretato nel senso che le disposizioni degli artt. 43 CE e 48 CE lasciano impregiudicata l'applicabilità della normativa olandese contenuta nella Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen, in quanto le sue disposizioni risultano giustificate dai motivi richiamati dal legislatore olandese».
III - Osservazioni preliminari
40 La camera di commercio, il governo olandese e la Commissione delle Comunità europee ritengono che il giudice del rinvio abbia formulato le questioni pregiudiziali in maniera eccessivamente ampia. Dal momento che la controversia nella causa principale riguarda infatti solo l'iscrizione di una società al registro di commercio, la Corte dovrebbe limitare la propria analisi alle sole disposizioni nazionali riguardanti tale questione.
41 Pertanto, essi propongono alla Corte di escludere dalla propria disamina gli artt. 3 e 6 della WFBV nella loro interezza, nonché talune parti degli artt. 2, 4 e 5 di tale legge (più precisamente, l'art. 2, n. 1, parte finale, e 2; l'art. 4, nn. 1, 2, 4 e 5, nonché l'art. 5, nn. 1 e 2).
42 A tale riguardo, da giurisprudenza costante risulta che il procedimento ex art. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali (v., in particolare, su tale questione, sentenza 16 luglio 1992, causa C-343/90, Lourenço Dias, Racc. pag. I-4673, punto 14).
43 Nell'ambito di detta cooperazione, il giudice del rinvio cui è stata sottoposta la controversia, il quale è l'unico che ha conoscenza diretta dei fatti della causa principale, e che dovrà assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, si trova nella posizione migliore per valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v., in particolare, sentenze Lourenço Dias, cit., punto 15, e 22 gennaio 2002, causa C-390/99, Canal Satélite Digital, Racc. pag. I-607, punto 18).
44 Di conseguenza, se la questione sollevata dal giudice del rinvio verte sull'interpretazione di una disposizione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenze Lourenço Dias, cit., punto 16; 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 59; 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 38, e Canal Satélite Digital, cit., punto 18).
45 Tuttavia, secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata, la Corte sostiene che, in caso di necessità, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 21, e Canal Satélite Digital, cit., punto 19). Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica anche che, dal canto suo, il giudice nazionale tenga presente la funzione assegnata alla Corte, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche (v., in particolare, le citate sentenze Foglia, punti 18 e 20; Lourenço Dias, punto 17, e Bosman, punto 60, nonché la sentenza 21 marzo 2002, causa C-451/99, Cura Anlagen, Racc. pag. I-3193, punto 26).
46 Va inoltre ricordato che, per consentire alla Corte di fornire un'interpretazione utile del diritto comunitario, è indispensabile che i giudici nazionali chiariscano i motivi per i quali essi ritengono necessaria alla definizione della controversia la soluzione delle questioni da loro proposte (v., in particolare, sentenza Foglia, cit., punto 17).
47 Una volta in possesso di questi elementi, la Corte sarà in grado di verificare se la richiesta interpretazione del diritto comunitario presenti una relazione con l'effettività e l'oggetto della controversia nella causa principale. Laddove risulti che la questione posta non è manifestamente pertinente per la soluzione di tale controversia, la Corte deve dichiarare il non luogo a provvedere (sentenza Lourenço Dias, cit., punto 20).
48 Alla luce di quanto precede, occorre esaminare se le questioni poste dal giudice del rinvio nella causa in esame sono pertinenti ai fini della decisione della controversia.
49 E' vero che la questione al centro della controversia della causa principale verte sull'obbligo o meno di iscrizione dell'Inspire Art al registro di commercio in qualità di società formalmente straniera, tuttavia, tale iscrizione produce automaticamente ed inevitabilmente taluni effetti giuridici, previsti agli artt. 2-5 della WFBV.
50 Il giudice del rinvio ha pertanto ritenuto che la questione della compatibilità con gli artt. 43 CE, 46 CE e 48 CE si ponesse con maggiore evidenza per taluni obblighi, previsti agli artt. 2-5 della WFBV, vale a dire quelli vertenti sull'iscrizione come società formalmente straniera, sulla menzione di tale qualità su tutti i documenti provenienti dalla società, sul capitale minimo richiesto e sulla responsabilità personale degli amministratori divenuti debitori in solido quando il capitale sociale non raggiunge o non raggiunge più l'importo del capitale minimo previsto dalla legge.
51 Per dare una risposta utile al giudice del rinvio occorre pertanto, ai sensi della citata giurisprudenza, esaminare l'insieme di tali disposizioni alla luce della libertà di stabilimento come garantita dal Trattato CE, nonché delle direttive in materia di diritto societario.
Sulle questioni pregiudiziali
52 Con le questioni pregiudiziali, che occorre esaminare insieme, il giudice del rinvio mira ad appurare:
- se gli artt. 43 CE e 48 CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa di uno Stato membro, come la WFBV, che impone ulteriori condizioni, come quelle previste dagli artt. 2-5 della detta legge, allo stabilimento a titolo secondario in tale Stato membro di una società costituita nell'altro Stato membro al solo scopo di poter sfruttare determinati vantaggi rispetto alle società costituite conformemente alla normativa dello Stato membro di stabilimento, la quale prevede condizioni più rigorose rispetto alla legislazione dello Stato membro di costituzione in materia di costituzione della società e di versamento delle azioni;
- se il fatto che, in base alla legislazione dello Stato membro di stabilimento, il detto scopo venga dedotto dalla circostanza che la società esercita la sua attività del tutto, o quasi del tutto, in quest'ultimo Stato membro senza avere alcun effettivo legame con lo Stato conformemente al cui diritto essa è stata costituita modifichi l'analisi della Corte in tale questione;
- e se, qualora una delle due precedenti questioni venga risolta affermativamente, una normativa nazionale come la WFBV possa essere giustificata in forza dell'art. 46 CE o di un altro motivo imperativo di interesse pubblico.
53 In primo luogo, occorre dichiarare che l'art. 5, nn. 1 e 2, della WFBV, di cui alle questioni pregiudiziali, riguarda la tenuta e il deposito dei conti annuali delle società formalmente straniere. L'art. 5, n. 3, della WFBV dispone però che gli obblighi previsti ai nn. 1 e 2 di tale articolo non si applicano alle società soggette al diritto di un altro Stato membro e per le quali vale, in particolare, la quarta direttiva. L'Inspire Art rientra quindi in tale eccezione, in quanto essa è soggetta al diritto inglese e rientra nell'ambito di applicazione personale della quarta direttiva.
54 Pertanto, non occorre che la Corte esamini la compatibilità della disposizione di cui all'art. 5 della WFBV con il diritto comunitario.
55 In secondo luogo, numerose norme della WFBV rientrano nell'ambito di applicazione dell'undicesima direttiva, in quanto essa verte sulla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro dalle società di cui alla prima direttiva e soggette al diritto di un altro Stato membro.
56 A tale riguardo, innanzi tutto, come rileva la Commissione, taluni obblighi previsti dalla WFBV sono il risultato del recepimento nel diritto interno di provvedimenti relativi alla pubblicità previsti dall'undicesima direttiva.
57 Si tratta, più precisamente, degli obblighi relativi all'indicazione, nel registro di commercio dello Stato ospitante, dell'iscrizione in un registro di commercio straniero, nonché del numero d'iscrizione della società in tale registro [art. 2, n. 1, della WFBV e art. 2, n. 1, lett. c), dell'undicesima direttiva], del deposito presso il registro di commercio olandese di una dichiarazione autenticata dell'atto costitutivo e dello statuto in lingua olandese, francese, inglese o tedesca [art. 2, n. 1, della WFBV e art. 2, n. 2, lett. b), e 4 dell'undicesima direttiva], nonché al deposito, ogni anno, nello stesso registro di commercio, di un attestato di iscrizione nel registro di commercio straniero [art. 5, n. 4, della WFBV e art. 2, n. 2, lett. c), dell'undicesima direttiva].
58 Tali disposizioni, la cui conformità con l'undicesima direttiva non è stata messa in dubbio, non possono essere considerate costitutive di un ostacolo alla libertà di stabilimento.
59 A tale riguardo, occorre tuttavia evidenziare che la conformità dei vari adempimenti relativi alla pubblicità di cui all'art. 57 della presente sentenza non produce automaticamente l'effetto di rendere conformi al diritto comunitario le sanzioni che la WFBV fa conseguire all'inosservanza dei detti adempimenti relativi alla pubblicità.
60 L'art. 4, n. 4, della WFBV prevede la responsabilità personale e solidale degli amministratori, con la società, per gli atti giuridici compiuti durante la loro amministrazione in nome di quest'ultima, finché non sono stati adempiuti gli obblighi relativi alla pubblicità
61 Certo, l'art. 12 dell'undicesima direttiva obbliga gli Stati membri a prevedere le sanzioni appropriate in caso di mancanza della pubblicità richiesta per le succursali nello Stato ospitante.
62 Occorre ricordare in proposito che, secondo una giurisprudenza costante, qualora una disposizione di diritto comunitario non contenga alcuna disposizione specifica che preveda una sanzione in caso di trasgressione o faccia rinvio, al riguardo, alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, l'art. 10 CE impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte ad assicurare la portata e l'efficacia del diritto comunitario. A tal fine, pur mantenendo la scelta delle sanzioni, essi devono segnatamente vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano punite, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in forme analoghe a quelle previste per le violazioni del diritto interno simili per natura e importanza e che, in ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo (sentenze 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia, Racc. pag. 2965, punti 23 e 24; 10 luglio 1990, causa C-326/88, Hansen, Racc. pag. I-2911, punto 17; 26 ottobre 1995, causa C-36/94, Siesse, Racc. pag. I-3573, punto 20, e 27 febbraio 1997, causa C-177/95, Ebony Maritime e Loten Navigation, Racc. pag. I-1111, punto 35).
63 Spetta al giudice del rinvio, che è l'unico competente ad interpretare il diritto nazionale, decidere se la sanzione prevista all'art. 4, n. 4, della WFBV soddisfa tali condizioni e, in particolare, se essa non tratta sfavorevolmente le società formalmente straniere rispetto a quelle di diritto olandese in caso di violazione degli obblighi di pubblicità, ricordati al punto 56 della presente sentenza.
64 Se il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che l'art. 4, n. 4, della WFBV tratta diversamente le società formalmente straniere rispetto alle società nazionali, occorrerebbe concluderne che tale disposizione è in contrasto con il diritto comunitario.
65 Per contro, nell'elenco contenuto all'art. 2 dell'undicesima direttiva non figurano gli altri obblighi in materia di pubblicità previsti dalla WFBV, vale a dire l'indicazione nel registro di commercio che la società è formalmente straniera (artt. 1 e 2, n. 1, della WFBV) l'indicazione, nel registro di commercio dello Stato ospitante, della data della prima iscrizione nel registro di commercio straniero e delle informazioni relative al socio unico (art. 2, n. 1, della WFBV) nonché il deposito obbligatorio di una dichiarazione contabile in cui si indica che la società soddisfa le condizioni relative al capitale minimo sottoscritto e versato e ai fondi propri (art. 4, n. 3, della WFBV). Parimenti, la menzione di «società formalmente straniera» su tutti i documenti provenienti da tale società (art. 3 della WFBV) non è contenuta nell'art. 6 dell'undicesima direttiva.
66 Per quanto riguarda tali obblighi è quindi opportuno esaminare se l'armonizzazione realizzata dall'undicesima direttiva, e più in particolare dai suoi artt. 2 e 6, sia esaustiva.
67 A tale riguardo, occorre ricordare che l'undicesima direttiva è stata adottata sul fondamento dell'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato CE [divenuto, in seguito a modifica, art. 44, n. 2, lett. g), CE], il quale prevede che il Consiglio e la Commissione esercitino le funzioni che sono loro attribuite da tale articolo «coordinando, nella necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 58, secondo comma, del Trattato, per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi».
68 Inoltre, dal quarto e dal quinto considerando dell'undicesima direttiva emerge che le disparità esistenti, per quanto riguarda le succursali, tra le legislazioni nazionali, soprattutto nell'ambito della pubblicità, possono pregiudicare l'esercizio della libertà di stabilimento e che è dunque necessario eliminarle.
69 Ne consegue che, senza incidere sugli obblighi di informazione che incombono alle succursali e derivano dal diritto sociale, tributario, o in materia statistica, l'armonizzazione della pubblicità delle succursali, come realizzata dall'undicesima direttiva, è esaustiva, in quanto solo in questo modo essa è in grado di realizzare l'obiettivo che persegue.
70 Occorre altresì evidenziare che l'art. 2, n. 1, dell'undicesima direttiva è formulato in modo tassativo. Il n. 2 di tale articolo, inoltre, contiene un elenco di provvedimenti facoltativi di pubblicità delle succursali, disposizione che ha ragione di essere solo se gli Stati membri non possono prevedere provvedimenti di pubblicità delle succursali diversi da quelli contenuti nel testo della detta direttiva.
71 Di conseguenza, i vari provvedimenti relativi alla pubblicità previsti dalla WFBV, e richiamati sopra, al punto 65 di questa sentenza, sono in contrasto con l'undicesima direttiva.
72 A tale proposito occorre pertanto concludere che l'art. 2 dell'undicesima direttiva osta ad una normativa nazionale, come la WFBV, che preveda, a carico di una succursale di una società costituita in conformità alla legislazione di un altro Stato membro, obblighi di pubblicità non previsti dalla detta direttiva.
73 In terzo luogo, varie disposizioni della WFBV non rientrano nella sfera di applicazione dell'undicesima direttiva. Si tratta delle norme relative al capitale minimo richiesto sia al momento dell'iscrizione sia durante la vita della società formalmente straniera, nonché di quelle relative alla sanzione derivante dall'inosservanza degli obblighi previsti dalla WFBV, vale a dire la responsabilità, in solido con la società, degli amministratori (art. 4, nn. 1 e 2, della WFBV). Tali disposizioni devono pertanto essere esaminate alla luce degli artt. 43 CE e 48 CE.
Sull'esistenza di un ostacolo alla libertà di stabilimento
Osservazioni presentate alla Corte
74 Secondo la camera di commercio, nonché i governi olandese, tedesco, italiano e austriaco, gli artt. 43 CE e 48 CE non ostano all'applicazione di disposizioni come quelle contenute nella WFBV.
75 Innanzi tutto, le norme stabilite dalla WFBV non riguarderebbero né la costituzione di società secondo il diritto di un altro Stato membro, né la loro iscrizione (e quindi il loro riconoscimento). Infatti, la validità di tali società sarebbe riconosciuta e la loro iscrizione non verrebbe respinta, pertanto la libertà di stabilimento non sarebbe messa in discussione.
76 Di conseguenza, le considerazioni svolte dalla Corte nella sentenza 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros (Racc. pag. I-1459), non sarebbero pertinenti nel caso di specie, in cui sarebbero in discussione solo le disposizioni che disciplinano l'iscrizione delle società straniere, senza toccare la libertà degli Stati membri di porre condizioni relative all'esercizio di determinate attività professionali.
77 Il governo olandese afferma che, per le società costituite secondo il diritto di un altro Stato membro o che esercitano o desiderano esercitare la loro attività nei Paesi Bassi, il regime dell'incorporazione applicato nei Paesi Bassi è alquanto liberale. In forza di tale principio, come formulato dall'art. 2 della Wet conflictenrecht corporaties (legge sulle norme di conflitto applicabili alle persone giuridiche), del 17 dicembre 1997 (in prosieguo: la «legge sulle norme di conflitto»), «una società che, in base al suo contratto o al suo atto costitutivo, al momento della costituzione, ha la propria sede - o, in mancanza, il centro delle proprie attività esterne - nel territorio dello Stato in base al cui diritto è stata costituita, è disciplinata dal diritto di tale Stato».
78 Il governo olandese sostiene che l'esistenza delle società, validamente costituite secondo il diritto di un altro Stato membro, è riconosciuta nei Paesi Bassi senza altre formalità. Tali società sarebbero soggette al diritto dello Stato di costituzione; il fatto che la società vi eserciti un'attività sarebbe, in via di principio, irrilevante.
79 Nella pratica, tale regime molto favorevole avrebbe generato un crescente ricorso a società straniere per fini che il legislatore olandese non aveva né voluto né previsto. Sempre più spesso società che esercitano principalmente, o anche esclusivamente, la loro attività sul mercato olandese verrebbero costituite all'estero per sottrarsi agli obblighi imperativi del diritto societario olandese.
80 Alla luce di tale evoluzione, l'art. 6 della legge sulle norme di conflitto ha stabilito un'eccezione limitata a tale regime liberale, disponendo che «la legge in esame non osta all'applicazione delle disposizioni della [WFBV]».
81 Inoltre, la camera di commercio nonché i governi olandese, tedesco, italiano e austriaco sostengono che le disposizioni della WFBV non riguardano la libertà di stabilimento, ma si limitano ad imporre alle società di capitali costituite in base ad un diritto diverso da quello olandese talune condizioni ulteriori relative all'esercizio delle loro attività professionali e all'amministrazione della società al fine di assicurare che i terzi vengano chiaramente informati che società come l'Inspire Art sono società formalmente straniere e che inoltre, grazie al deposito di taluni documenti e dichiarazioni, quando trattano con tali società, siano loro riconosciute le stesse garanzie di cui godono quando trattano con società olandesi.
82 Tali condizioni non sarebbero discriminatorie, in quanto troverebbero il loro equivalente nelle norme imperative del diritto societario olandese applicabile alle società a responsabilità limitata costituite nei Paesi Bassi. Inoltre, tali condizioni, che devono essere soddisfatte sia dalle società olandesi sia dalle società formalmente straniere, sarebbero ispirate alla tutela degli interessi non economici - riconosciuti a livello comunitario - in tema di protezione dei consumatori e dei creditori.
83 La camera di commercio e i governi olandese, tedesco e austriaco si riferiscono alla sentenza 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and General Trust (Racc. pag. 5483) e alla giurisprudenza in materia per affermare che la WFBV è applicabile in forza del diritto internazionale privato. A loro avviso, in tale causa la Corte ha dichiarato che gli artt. 43 CE e 48 CE non ostavano alla competenza degli Stati membri di determinare essi stessi il pertinente criterio di collegamento di una società all'ordinamento giuridico nazionale. Essi ne deducono che tali articoli non ostano all'adozione, a titolo del diritto internazionale privato, di norme che si applicano alle società che ricadono parzialmente sotto la legislazione olandese. In tale contesto, la WFBV si limiterebbe ad attribuire importanza, oltre che al criterio di collegamento costituito dal «luogo di costituzione e d'iscrizione», al luogo in cui la società esercita le sue attività.
84 I governi tedesco e austriaco hanno peraltro sostenuto che, in via di principio, l'obiettivo degli artt. 43 CE e 48 CE, relativamente alla libertà di creare una succursale, è di consentire alle imprese che svolgono un'attività in uno Stato membro di svilupparsi in un altro Stato membro, il che non accade per le società «fantasma».
85 I governi tedesco e austriaco si chiedono se, in caso di società formalmente straniere, le succursali non vadano in realtà considerate centri di attività principale e se non vadano loro applicati i principi relativi alla libertà di stabilimento primaria. Nella stessa ottica, il governo italiano sostiene che il fatto che una società costituita in uno Stato membro non vi abbia mai svolto attività impedisce che essa possa essere considerata una succursale quando svolge le proprie attività economiche in un altro Stato membro. Avendo posto il centro esclusivo delle proprie attività in uno Stato diverso da quello cui appartiene formalmente, una società di questo genere dovrebbe essere considerata stabilita a titolo primario in tale primo Stato.
86 Infine, i governi olandese, tedesco ed italiano affermano che la Corte, nella sua giurisprudenza, ha riconosciuto che uno Stato membro ha il diritto di adottare misure volte ad impedire che, grazie alle possibilità offerte dal Trattato, taluni dei suoi cittadini tentino di sottrarsi all'impero delle leggi nazionali, e che essi possano avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (sentenza Centros, cit., punto 24 e giurisprudenza ivi cit.). L'eventuale abuso dovrebbe essere valutato tenendo presenti le finalità perseguite dalle disposizioni di diritto comunitario di cui trattasi (sentenza 2 maggio 1996, causa C-206/94, Paletta, Racc. pag. I-2357, punto 25).
87 Tali governi fanno valere che, secondo le sentenze 10 luglio 1986, causa 79/85, Segers (Racc. pag. 2375, punto 16), e Centros (cit., punto 29), il fatto che una società sia costituita in uno Stato membro ma eserciti tutte le sue attività per mezzo della sua succursale stabilita in un altro Stato membro non costituisce un argomento sufficiente per negare agli interessati il diritto alla libertà di stabilimento adducendo l'abuso, l'inganno e/o l'inaccettabile elusione di leggi nazionali.
88 Nel caso di specie, tuttavia, secondo tali governi, la WFBV, senza negare il riconoscimento di una società costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, né impedire l'iscrizione della succursale, si limiterebbe ad istituire taluni obblighi preventivi limitati e un controllo repressivo qualora una società si sottraesse alle norme imperative del diritto societario che si applicano nello Stato membro in cui vengono svolte tutte le attività.
89 Di conseguenza, qualora - come nella causa principale - una società vada oltre il mero esercizio del diritto alla libertà di stabilimento e venga costituita in un altro Stato membro per eludere il complesso delle norme che disciplinano la costituzione ed il funzionamento delle società nello Stato membro dove essa svolge tutte le sue attività, consentire a tale società di avvalersi della libertà di stabilimento condurrebbe ad un'inaccettabile elusione della legislazione nazionale. Pertanto, allo stato attuale del diritto comunitario, l'adozione di provvedimenti come quelli di cui alla WFBV sarebbe giustificata.
90 Per contro, secondo l'Inspire Art, il governo del Regno Unito e la Commissione, le disposizioni della WFBV sono lesive della libertà di stabilimento, garantita dagli artt. 43 CE e 48 CE, in quanto impongono alle società formalmente straniere obblighi che rendono l'esercizio del diritto di stabilimento assai meno conveniente per tali società. Peraltro, proprio questo sarebbe l'obiettivo cui mirano tali disposizioni.
91 L'Inspire Art, il governo del Regno Unito e la Commissione sostengono che le disposizioni relative alla libertà di stabilimento sono applicabili ad un caso come quello di cui alla causa principale. Richiamandosi alle citate sentenze Segers e Centros, essi sostengono che una società possa beneficiare della libertà di stabilimento anche nell'ipotesi in cui essa venga costituita in un primo Stato membro al solo scopo di potersi stabilire in un secondo Stato membro e ivi svolgere prevalentemente, se non esclusivamente, la propria attività economica. Sarebbe irrilevante che la società sia stata costituita nel primo Stato membro al solo scopo di eludere le disposizioni legislative del secondo Stato membro. Secondo tale giurisprudenza, tale condotta non costituirebbe un abuso, bensì un mero esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
92 Il governo del Regno Unito e la Commissione sostengono che l'art. 1 della WFBV prende in considerazione il luogo in cui la società svolge la sua attività al fine di collegarvi talune disposizione imperative dello Stato ospitante. L'attribuzione del ruolo di fattore di collegamento all'effettiva attività, che non corrisponderebbe ad alcun criterio contenuto nell'art. 48 CE, lederebbe la libertà di stabilimento, in quanto diminuirebbe l'interesse ad esercitare tale libertà da parte delle società formalmente straniere che, in seguito, intendono svolgere attività nei Paesi Bassi, in quanto, oltre alle norme dello Stato di costituzione, sono dichiarate applicabili altre disposizioni.
93 L'Inspire Art sostiene la medesima interpretazione della WFBV. Essa precisa che, benché la legislazione nazionale applichi alle società, in linea di principio, il diritto dello Stato di costituzione, il legislatore olandese ha voluto contrastare la costituzione - ritenuta abusiva - di società secondo un diritto straniero allo scopo di esercitare le loro attività esclusivamente o prevalentemente nei Paesi Bassi, applicando le disposizioni del diritto societario olandese a siffatte società. Il legislatore avrebbe giustificato tale regime richiamando l'esigenza della tutela dei creditori. Conseguentemente, la WFBV non potrebbe essere intesa quale applicazione della teoria della sede reale, secondo la quale una società sarebbe assoggettata alla legge dello Stato membro sul cui territorio essa ha la sua sede effettiva.
94 Infine, il governo del Regno Unito sottolinea l'importanza fondamentale, per il funzionamento del mercato comune, della facoltà di creare sedi secondarie in altri Stati membri. Esso afferma che la citata sentenza Centros trova piena applicazione nel caso di specie.
Risposta della Corte
95 Occorre innanzi tutto precisare che la Corte ha già giudicato irrilevante, relativamente all'applicazione delle norme sulla libertà di stabilimento, che una società sia stata costituita in uno Stato membro al solo scopo di stabilirsi in un secondo Stato membro, nel quale essa svolgerebbe l'essenziale, se non il complesso, delle sue attività economiche (citate sentenze Segers, punto 16, e Centros, punto 17). Le ragioni per cui si decide di costituire una società in uno Stato membro sono infatti, ad eccezione dei casi di frode, prive di conseguenze sull'applicazione delle disposizioni relative alla libertà di stabilimento (sentenza Centros, cit., punto 18).
96 La Corte ha dichiarato, peraltro, che la circostanza che la società sia stata creata in uno Stato membro unicamente per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce un abuso, e ciò anche qualora la società in questione svolga l'essenziale, se non il complesso, delle sue attività economiche nello Stato di stabilimento (citate sentenze Segers, punto 16, e Centros, punto 18).
97 Ne consegue che queste società hanno il diritto di svolgere la loro attività in un altro Stato membro, mediante una succursale. La localizzazione della loro sede sociale, della loro amministrazione centrale o del loro centro di attività principale serve a determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato (sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 18; Segers, cit., punto 13, e Centros, cit., punto 20).
98 Pertanto, nella causa principale, il fatto che l'Inspire Art sia stata costituita nel Regno Unito al fine di sottrarsi alla legislazione olandese sul diritto societario - che prescrive condizioni più severe per quanto riguarda, in particolare, il capitale minimo ed il versamento delle azioni - non esclude che la costituzione di una succursale da parte di tale società nei Paesi Bassi benefici della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 43 CE e 48 CE. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Centros (cit., punto 18), la questione dell'applicabilità dei detti articoli è distinta dalla questione se uno Stato membro possa adottare misure atte a impedire che, in presenza delle possibilità offerte dal Trattato, suoi cittadini tentino di sottrarsi abusivamente all'impero della propria legge nazionale.
99 Non può essere accolto l'argomento secondo cui la WFBV non lederebbe per nulla la libertà di stabilimento dato che le società straniere sarebbero pienamente riconosciute nei Paesi Bassi e la loro iscrizione nel registro di commercio di tale Stato membro non verrebbe respinta in quanto tale legge ha solo l'effetto di prescrivere taluni obblighi ulteriori, definiti «amministrativi».
100 Infatti, in forza della WFBV, le norme olandesi in materia di diritto societario relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori vengono applicate imperativamente a società straniere, come la Inspire Art, quando esse svolgono la loro attività esclusivamente, o quasi, nei Paesi Bassi.
101 La creazione di una succursale nei Paesi Bassi da parte di una società di questo tipo è pertanto soggetta a determinate norme previste in tale Stato membro per la costituzione di una società a responsabilità limitata. La legislazione di cui alla causa principale, che impone alla succursale di una siffatta società, costituita conformemente alla legislazione di uno Stato membro, di rispettare le disposizioni dello Stato di stabilimento relative al capitale sociale e alla responsabilità degli amministratori, sortisce l'effetto di ostacolare l'esercizio, da parte di tali società, della libertà di stabilimento riconosciuta dal Trattato.
102 Occorre infine esaminare gli argomenti tratti dalla citata sentenza Daily Mail and General Trust, secondo cui gli Stati membri resterebbero liberi di individuare il diritto applicabile ad una società, in quanto le disposizioni in materia di libertà di stabilimento non hanno prodotto l'armonizzazione delle norme di diritto internazionale privato degli Stati membri. A questo titolo, gli Stati membri conserverebbero la facoltà di agire contro società «fantasma», qualifica che, nel caso di specie, risulta dall'assenza di un reale collegamento con lo Stato di costituzione.
103 Occorre sottolineare, al riguardo, che, diversamente dalla causa principale, la citata sentenza Daily Mail and General Trust riguarda i rapporti tra una società e lo Stato membro secondo la cui normativa essa era stata costituita, nel caso in cui la società intenda trasferire la sua sede effettiva in un altro Stato membro conservando la personalità giuridica di cui gode nel suo Stato di costituzione. Nella causa principale, il giudice del rinvio interpella la Corte in ordine all'applicazione ad una società, costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, della normativa dello Stato in cui essa esercita effettivamente le sue attività (v., in tal senso, sentenza 5 novembre 2002, causa C-208/00, Überseering, Racc. pag. I-9919, punto 62).
104 Da quanto precede, risulta che le disposizioni della WFBV sul capitale minimo (sia al momento della costituzione sia nel corso della vita della società) nonché sulla responsabilità degli amministratori costituiscono restrizioni alla libertà di stabilimento come garantita dagli artt. 43 CE e 48 CE.
105 Di conseguenza, occorre concludere che gli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad una normativa nazionale, come la WFBV, che subordini l'esercizio della libertà di stabilimento a titolo secondario in tale Stato membro, da parte di una società costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, a determinate condizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori, stabilite dal diritto nazionale per la costituzione di società. I motivi per cui la società è stata costituita nel primo Stato membro, nonché il fatto che essa eserciti la sua attività esclusivamente, o quasi, nello Stato membro di stabilimento non la privano, salvo abusi da stabilirsi caso per caso, del diritto di avvalersi della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
Sull'esistenza di giustificazioni
106 In via preliminare, occorre ricordare che le disposizioni della WFBV in materia di pubblicità, considerate contrarie all'undicesima direttiva, non possono ricevere giustificazioni (v. punti 71 e 72 della presente sentenza). Pertanto, in seguito saranno esaminate solamente le disposizioni della WFBV relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori.
107 Poiché tali norme costituiscono un ostacolo alla libertà di stabilimento, occorre valutare se esse possano essere giustificate da uno dei motivi indicati all'art. 46 CE o da una giustificazione imperativa di interesse generale.
Osservazioni presentate alla Corte
108 Secondo la camera di commercio ed i governi olandese, tedesco e austriaco, le disposizioni della WFBV sono giustificate sia alla luce dell'art. 46 CE, sia da motivi imperativi d'interesse generale.
109 Gli obiettivi della WFBV sarebbero infatti la repressione delle frodi, la tutela dei creditori, la garanzia dell'efficacia dei controlli fiscali e della lealtà nei rapporti commerciali. Tali obiettivi sarebbero stati riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte come legittime cause giustificative.
110 Secondo la camera di commercio e i governi olandese, tedesco ed austriaco, la norma di cui all'art. 4 della WFBV, relativa al capitale minimo, al suo versamento e al suo mantenimento, è diretta a tutelare i creditori ed i terzi. L'importanza del capitale minimo sarebbe espressamente riconosciuta all'art. 6 della seconda direttiva. Le norme sul capitale minimo perseguirebbero principalmente lo scopo di rafforzare la capacità finanziaria delle società garantendo in tal modo una tutela più intensa dei creditori privati e pubblici. Esse avrebbero, in via generale, lo scopo di proteggere tutti i creditori dal rischio di insolvenza fraudolenta, rischio che sorge con la costituzione di società che, fin dall'inizio, non dispongono di capitale sufficiente.
111 La responsabilità solidale degli amministratori rappresenterebbe, secondo il governo olandese, un'adeguata sanzione in caso d'inosservanza delle disposizioni della WFBV. Così, gli Stati membri, in assenza di provvedimenti comunitari di armonizzazione, fruirebbero di un'ampia discrezionalità nello stabilire le sanzioni che conseguono all'inosservanza delle loro disposizioni nazionali (sentenza 9 dicembre 1997, causa C-265/95, Commissione/Francia, Racc. pag. I-6959, punto 33). La scelta di tale sanzione si fonderebbe, da una parte, sulla volontà di applicare la stessa norma che vale per gli amministratori di una società olandese. Del resto, tale regola non è nemmeno sconosciuta al diritto comunitario, come dimostra l'art. 51 del regolamento (CE) del Consiglio 8 ottobre 2001, n. 2157, relativo allo statuto della Società europea (SE) (GU L 294, pag. 1).
112 Dall'altra, il governo olandese sostiene che, poiché gli amministratori sono responsabili del buon andamento della società, è normale che sorga la loro responsabilità quando la società non rispetta le disposizioni della WFBV.
113 Infine, l'art. 4, n. 1, della seconda direttiva consentirebbe agli Stati membri di adottare le adeguate disposizioni relative alla responsabilità per gli obblighi assunti dalla società o per conto di essa nel caso in cui quest'ultima non potesse essere sciolta.
114 La camera di commercio aggiunge poi che le disposizioni della WFBV non sono discriminatorie. A suo avviso, esse sono dirette piuttosto ad applicare alle società straniere le norme che vigono per le società di diritto olandese.
115 Il governo olandese afferma che le disposizioni della WFBV relative al capitale minimo ed alla responsabilità degli amministratori sono idonee a realizzare l'obiettivo perseguito. A tale riguardo, esso insiste sul fatto che tale valutazione può essere svolta solo prendendo in considerazione l'obiettivo fondamentale e centrale della WFBV, vale a dire la repressione del ricorso abusivo a società straniere e dell'abuso della libertà di stabilimento.
116 Il governo austriaco ricorda, inoltre, che le disposizioni relative al capitale minimo costituiscono un mezzo idoneo e proporzionato, come riconosciuto dal diritto comunitario. Così, per le società per azioni, la stessa seconda direttiva ha stabilito l'importanza del capitale minimo. Mancherebbe, invece, un'analoga previsione per le società a responsabilità limitata. Tuttavia, ad eccezione dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, in tutti gli Stati membri sarebbero presenti disposizioni relative al capitale minimo che le suddette società devono garantire. Al contrario della responsabilità personale dei soci, che spesso si rivelerebbe priva di utilità in caso di fallimento, il capitale sociale fornirebbe una solida garanzia.
117 A parere della camera di commercio, inoltre, tali misure non sono sproporzionate rispetto all'obiettivo perseguito. L'inosservanza degli obblighi posti dalla WFBV non comporterebbe il rifiuto del riconoscimento della società straniera, bensì, solamente, la responsabilità solidale dei suoi amministratori. La camera di commercio sostiene, al riguardo, che il fatto che una società non soddisfi - o non soddisfi più - gli obblighi relativi al capitale minimo costituisce un chiaro indizio del pericolo di un abuso o di una frode, qualora essa, peraltro, non abbia collegamenti reali con lo Stato di costituzione.
118 L'Inspire Art, il governo del Regno Unito e la Commissione sostengono la tesi opposta e ritengono che le disposizioni della WFBV non siano giustificate.
119 Innanzi tutto, non si potrebbe trarre alcuna giustificazione della WFBV dall'art. 46 CE.
120 Quanto all'abuso di diritto, dalla citata sentenza Centros risulterebbe che un siffatto abuso non è integrato dal semplice fatto che una società non eserciti alcuna attività economica nello Stato di costituzione. Spetterebbe piuttosto alle autorità e ai giudici nazionali il compito di verificare, in ogni singolo caso, la sussistenza dei presupposti per la giustificazione di una siffatta restrizione alla libertà di stabilimento. A tal fine non è sufficiente una disciplina legislativa generale come la WFBV.
121 La citata sentenza Centros avrebbe ammesso la possibilità, da parte di uno Stato membro, di limitare la libertà di stabilimento allorché esso faccia valere l'osservanza di disposizioni relative all'esercizio di determinate attività professionali. Ciò non si verificherebbe nella fattispecie. Per quanto riguarda l'Inspire Art, infatti, non si tratterebbe tanto di disciplinare l'esercizio delle sue attività nei Paesi Bassi, quanto della questione se debbano essere osservate le norme del diritto societario olandese, ad es. quelle relative al capitale minimo, quando essa si stabilisce a titolo secondario nei Paesi Bassi. Nella stessa sentenza, la Corte avrebbe dichiarato che il fatto di approfittare delle disposizioni più favorevoli di un altro Stato membro non costituirebbe, di per sé, un abuso, ma rientrerebbe proprio nell'esercizio della libertà di stabilimento.
122 L'Inspire Art, il governo del Regno Unito e la Commissione affermano inoltre che, nella citata sentenza Centros, la Corte avrebbe dichiarato che la tutela dei creditori non rientra, in linea di principio, nel regime di deroga di cui all'art. 46 CE.
123 A loro avviso, le disposizioni della WFBV relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori non potrebbero essere giustificate nemmeno da motivi imperativi di interesse pubblico inerenti alla tutela dei creditori, in quanto tali disposizioni non sarebbero idonee a garantire tale tutela.
124 A tale riguardo, l'Inspire Art e la Commissione rilevano che la società si presenta come società di diritto inglese e che, di conseguenza, i creditori non possono essere tratti in inganno su questo aspetto.
125 D'altro canto, in un una certa misura, anche i creditori dovrebbero rispondere delle loro azioni. Se le garanzie fornite loro dal diritto inglese non gli bastano, essi potrebbero o insistere per ottenere ulteriori garanzie, o rinunciare a trattare con una società di diritto straniero.
126 Il governo del Regno Unito e la Commissione sostengono che la WFBV non sarebbe stata applicabile qualora la Inspire Art avesse svolto una pur esigua attività economica anche in un altro Stato membro. Eppure, in tal caso, il rischio per i creditori sarebbe lo stesso presente nel caso in cui l'attività economica venga svolta esclusivamente nei Paesi Bassi, se non addirittura maggiore.
127 Secondo l'Inspire Art, le disposizioni relative al capitale minimo non garantiscono alcuna tutela ai creditori. Così, il capitale minimo, subito dopo la sua raccolta e l'iscrizione della società - anche se si trattasse di una società di diritto olandese - potrebbe, per esempio, essere totalmente concesso in mutuo. In tal modo, esso non potrebbe dare soddisfazione ai creditori. Pertanto, le disposizioni della WFBV relative al capitale minimo non sarebbero idonee a realizzare l'obiettivo della tutela dei creditori.
128 L'Inspire Art e la Commissione sostengono che le disposizioni relative alla responsabilità solidale degli amministratori sono discriminatorie. In forza dell'art. 4, n. 4, della WFBV, essi sarebbero tenuti a rispondere in solido nell'ipotesi in cui, dopo l'iscrizione nel registro di commercio, il capitale minimo scenda al di sotto della soglia prescritta. Gli amministratori di una società di diritto olandese a responsabilità limitata, invece, non sarebbero soggetti a questa rigorosa responsabilità. Inoltre, rispetto alle società di diritto olandese, l'ambito dei soggetti potenzialmente tenuti a rispondere verrebbe esteso a coloro che di fatto gestiscono gli affari della società.
129 L'Inspire Art, il governo del Regno Unito e la Commissione ritengono che le disposizioni di cui all'art. 4, nn. 1, 2 e 4, della WFBV siano sproporzionate, in quanto l'Inspire Art si presenta come società di diritto inglese.
130 Inoltre, essi sostengono che siano pensabili anche misure meno incisive. Così, ad esempio, come sarebbe stato ammesso dalla Corte nella citata sentenza Centros, ai creditori potrebbe essere riconosciuta per legge la possibilità di ottenere le garanzie necessarie da tali succursali, qualora essi non si sentissero sufficientemente garantiti dal diritto societario dello Stato di costituzione.
Risposta della Corte
131 In via preliminare, occorre rilevare che nessuno degli argomenti presentati dal governo olandese per giustificare la normativa in questione nella causa principale rientra nell'art. 46 CE.
132 Pertanto, le giustificazioni proposte dal governo olandese, vale a dire la tutela dei creditori, la repressione dell'abuso della libertà di stabilimento, la tutela dell'efficacia dei controlli fiscali e della lealtà nei rapporti commerciali, devono essere valutate alla luce dei motivi imperativi di interesse pubblico.
133 A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, i provvedimenti nazionali che possono ostacolare o scoraggiare l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato devono, per essere giustificati, soddisfare quattro condizioni: essi devono applicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificati da motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v., segnatamente, sentenze 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto 32; 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 37, e Centros, cit., punto 34).
134 Occorre pertanto esaminare se tali condizioni sono soddisfatte da disposizioni, relative al capitale minimo, come quelle di cui alla causa principale.
135 In primo luogo, per quanto riguarda la tutela dei creditori, e senza che la Corte debba valutare se le norme in tema di capitale minimo costituiscano un adeguato sistema di tutela, occorre constatare che l'Inspire Art si presenta come una società di diritto inglese e non come una società olandese. I suoi potenziali creditori sono sufficientemente informati del fatto che essa è soggetta ad una legislazione diversa da quella che disciplina, nei Paesi Bassi, la costituzione delle società a responsabilità limitata e, segnatamente, le disposizioni in materia di capitale minimo e di responsabilità degli amministratori. Essi possono anche riferirsi, come la Corte ha ricordato al punto 36 della citata sentenza Centros, a determinate norme di diritto comunitario che li tutelano, come la quarta e l'undicesima direttiva.
136 In secondo luogo, quanto alla lotta contro l'abuso della libertà di stabilimento, occorre ricordare che uno Stato membro ha il diritto di adottare misure volte ad impedire che, grazie alle possibilità offerte dal Trattato, taluni dei suoi cittadini tentino di sottrarsi all'impero delle leggi nazionali, e che gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (sentenza Centros, cit., punto 24 e giurisprudenza cit.).
137 Tuttavia, anche se, nella causa in esame, l'Inspire Art è stata costituita in conformità al diritto societario di uno Stato membro - nella fattispecie il Regno Unito - al fine, in particolare, di evitare l'applicazione del diritto societario olandese, ritenuto più sfavorevole, cionondimeno le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento sono volte precisamente a consentire alle società costituite conformemente alla normativa di uno Stato membro e che hanno la loro sede sociale, l'amministrazione centrale o il loro stabilimento principale all'interno della Comunità, di svolgere attività nel territorio degli altri Stati membri per il tramite di un'agenzia, di una succursale o di una filiale (sentenza Centros, cit., punto 26).
138 Ciò considerato, come la Corte ha asserito al punto 27 della citata sentenza Centros, il fatto che un cittadino di uno Stato membro che desideri creare una società scelga di costituirla nello Stato membro le cui norme di diritto societario gli sembrano meno severe e crei in seguito succursali in altri Stati membri è inerente all'esercizio, nell'ambito di un mercato unico, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
139 Risulta inoltre da una giurisprudenza consolidata (citate sentenze Segers, punto 16, e Centros, punto 29) che il fatto che una società non svolga alcuna attività nello Stato membro in cui essa ha la sede e svolga invece le sue attività unicamente o principalmente nello Stato membro della sua succursale non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di un comportamento abusivo e fraudolento, che consenta a tale Stato di negare alla società interessata di fruire delle disposizioni comunitarie relative al diritto di stabilimento.
140 Da ultimo, quanto all'eventuale giustificazione della WFBV in virtù della tutela della lealtà nei rapporti commerciali e dell'efficacia dei controlli fiscali, occorre dichiarare che né la camera di commercio né il governo olandese hanno fornito elementi che consentano di dimostrare che il provvedimento in questione soddisfa i criteri di efficacia, proporzionalità e non discriminazione ricordati al punto 132 della presente sentenza.
141 Poiché le disposizioni sul capitale minimo sono incompatibili con la libertà di stabilimento come garantita dal Trattato, lo stesso deve necessariamente valere per le sanzioni conseguenti all'inosservanza di tali obblighi, ossia per la responsabilità personale e solidale degli amministratori quando il capitale non raggiunge l'importo minimo previsto dalla normativa nazionale o quando esso scende, nel corso dell'attività, sotto tale importo.
142 Occorre pertanto risolvere la seconda questione posta nel senso che né l'art. 46 CE, né la tutela dei creditori, né la repressione dell'abuso della libertà di stabilimento, né la tutela della lealtà nei rapporti commerciali e dell'efficacia dei controlli fiscali permettono di giustificare l'ostacolo alla libertà di stabilimento, garantita dal Trattato, rappresentato dalle disposizioni di una legislazione nazionale, come quella in esame, sul capitale minimo e sulla responsabilità personale e solidale degli amministratori.
143 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere le questioni pregiudiziali come segue:
- «L'art. 2 dell'undicesima direttiva osta ad una normativa nazionale, come la WFBV, che preveda, a carico di una succursale di una società costituita in conformità alla legislazione di un altro Stato membro, obblighi di pubblicità non previsti dalla detta direttiva.
- Gli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad una normativa nazionale, come la WFBV, che subordina l'esercizio della libertà di stabilimento a titolo secondario in tale Stato, da parte di una società costituita secondo la legislazione di un altro Stato membro, a determinate condizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori, stabilite dal diritto nazionale per la costituzione di società. I motivi per cui la società è stata costituita nel primo Stato membro, nonché il fatto che essa eserciti la sua attività esclusivamente, o quasi, nello Stato membro di stabilimento, non la privano, salvo che sia dimostrata caso per caso l'esistenza di un abuso, del diritto di avvalersi della libertà di stabilimento garantita dal Trattato CE».
Sulle spese
144 Le spese sostenute dai governi olandese, tedesco, italiano, austriaco e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Kantongerecht te Amsterdam con ordinanza 5 febbraio 2001, dichiara:
1) L'art. 2 dell'undicesima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/666/CEE, relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato, osta ad una normativa nazionale, come la Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen (legge sulle società formalmente straniere) del 17 dicembre 1997, che preveda, a carico di una succursale di una società costituita in conformità alla legislazione di un altro Stato membro, obblighi di pubblicità non previsti dalla detta direttiva.
2) Gli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad una normativa nazionale, come la Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen, che subordini l'esercizio della libertà di stabilimento a titolo secondario in tale Stato, da parte di una società costituita secondo la legislazione di un altro Stato membro, a determinate condizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori, stabilite dal diritto societario nazionale per la costituzione di società. I motivi per cui la società è stata costituita nel primo Stato membro, nonché il fatto che essa eserciti la sua attività esclusivamente, o quasi, nello Stato membro di stabilimento, non la privano, salvo che sia dimostrata caso per caso l'esistenza di un abuso, del diritto di avvalersi della libertà di stabilimento garantita dal Trattato CE.