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Document 62001CC0278

    Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 12 giugno 2003.
    Commissione delle Comunità europee contro Regno di Spagna.
    Inadempimento di uno Stato - Sentenza della Corte che dichiara l'inadempimento - Mancata esecuzione - Art. 228 CE - Sanzioni pecuniarie - Penalità - Qualità delle acque di balneazione - Direttiva 76/160/CEE.
    Causa C-278/01.

    Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-14141

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:342

    Conclusions

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
    JEAN MISCHO
    presentate il 12 giugno 2003 (1)



    Causa C-278/01



    Commissione delle Comunità europee
    contro
    Regno di Spagna


    «Inadempimento di uno Stato – Sentenza della Corte che dichiara l'inadempimento – Mancata esecuzione – Art. 228 CE – Sanzioni pecuniarie – Penalità – Qualità delle acque di balneazione – Direttiva 76/160/CEE»






    1. Lo spinoso problema della pulizia delle acque di balneazione, di grande attualità in questo periodo pre-estivo, non è ─ è il minimo che si possa dire ─ nuovo per la Corte. Tuttavia, la causa in esame presenta la particolarità di essere la prima riguardante l'attuazione di una sentenza nella materia.

    I ─ Normativa comunitaria

    2. La direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/CEE, concernente la qualità delle acque di balneazione  (2) (in prosieguo: la direttiva), mira, conformemente al primo considerando, a proteggere l'ambiente e la salute mediante la riduzione dell'inquinamento delle acque di balneazione e la protezione di queste ultime da un deterioramento ulteriore.

    3. La direttiva impone agli Stati membri di stabilire i valori applicabili alle acque di balneazione per ciò che concerne i parametri fisico-chimici e microbiologici indicati nell'allegato della direttiva, valori che non possono essere meno rigorosi di quelli indicati nella colonna I dell'allegato (artt. 2 e 3).

    4. Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, entro un periodo di dieci anni a decorrere dalla notifica della direttiva, la qualità delle acque di balneazione deve essere resa conforme ai valori fissati ai sensi dell'art. 3.

    5. Non prevedendo l'art. 395 dell'Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti dei Trattati  (3) , a favore del Regno di Spagna, alcuna deroga per quanto riguarda la direttiva, la qualità delle acque di balneazione spagnole doveva essere conforme ai valori limite fissati dalla direttiva a partire dal 1° gennaio 1986.

    II ─ Sentenza Commissione/Spagna

    6. Nella sentenza 12 febbraio 1998  (4) la Corte ha dichiarato che il Regno di Spagna, non avendo emanato le disposizioni necessarie per rendere la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo conforme ai valori limite fissati a norma dell'art. 3 della direttiva, era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell'art. 4 di quest'ultima.

    III ─ Procedimento scritto e conclusioni delle parti

    7. Nel ricorso la Commissione sostiene che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo non è ancora conforme alle norme fissate dalla direttiva. A tal riguardo, essa fornisce il prospetto seguente:Anno Numero di zone C(I)(%) NF(%) NC(%) NB(%)

    1998
    215 73 0,9 25,6 0,5

    1999
    213 76,5 0,5 13,1 9,9

    2000
    202 79,2 1 14,9 5

    C(I) : Percentuale di zone di balneazione che hanno costituito oggetto di prelievi sufficienti, conformi ai valori imperativi. NF : Percentuale di zone di balneazione che non hanno costituito oggetto di prelievi sufficienti. NC : Percentuale di zone di balneazione che non hanno costituito oggetto di prelievi (o per le quali non si dispone di dati) o non conformi ai valori imperativi. NB : Percentuale di zone di balneazione vietate durante tutta la stagione.

    8. Inoltre, essa osserva che il governo spagnolo ha ridotto nel corso degli anni il numero delle zone di balneazione nelle acque interne.

    9. La Commissione aggiunge che il piano di azione elaborato dal governo spagnolo stabilisce una serie di provvedimenti di azione già in corso e previsti, comunicando un calendario di esecuzione dei lavori la cui fine sarebbe prevista per il 2003.

    10. Alla luce di tali elementi, essa ritiene che la convenuta non abbia adottato le misure necessarie per dare esecuzione alla precitata sentenza Commissione/Spagna.

    11. La Commissione ricorda che, ai sensi dell'art. 228 CE, n. 2, secondo comma, seconda frase, la Commissione precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità che consideri adeguato alle circostanze. Basandosi sul metodo di calcolo che essa ha definito nelle sue comunicazioni 21 agosto 1996, 96/C242/07, concernente l'attuazione dell'art. 171 del Trattato CE (diventato art. 228 CE) (5) , e 28 febbraio 1997, 97/C63/02, concernente il metodo di calcolo della penalità prevista dall'articolo 171 del Trattato CE  (6) , la Commissione propone alla Corte di comminare una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo per punire la mancata esecuzione della sentenza Commissione/Spagna a decorrere dalla data della pronuncia della sentenza nella causa in esame sino al giorno in cui la sentenza Commissione/Spagna sarà stata eseguita.

    12. Tale importo è calcolato moltiplicando una base uniforme di EUR 500 per un coefficiente pari a 4 (su una scala da 1 a 20) per la gravità dell'infrazione, un coefficiente pari a 2 (su una scala da 1 a 3) per la durata dell'infrazione e un coefficiente pari a 11,4 (basato sul prodotto interno lordo dello Stato membro di cui trattasi e sulla ponderazione dei voti al Consiglio), ritenuto rappresentare la capacità di pagamento del suddetto Stato.

    13. Il governo spagnolo sostiene, in via principale, che il ricorso va respinto, in quanto la Commissione non avrebbe atteso il tempo sufficiente per poter affermare che la sentenza Commissione/Spagna non era stata eseguita. In subordine, esso fa valere che l'imposizione di una penalità giornaliera non sarebbe adeguata nel caso di specie. Infine, in ulteriore subordine, esso contesta l'importo di quest'ultima.

    14. La Commissione chiede che la Corte voglia:

    dichiarare che il Regno di Spagna, non avendo emanato i provvedimenti necessari per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne nel territorio spagnolo sia resa conforme ai valori fissati a norma dell'art. 3 della direttiva, nonostante gli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell'art. 4 della direttiva, non ha eseguito la sentenza Commissione/Spagna, già citata, ed è venuto meno così agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell'art. 228 CE;

    ingiungere al Regno di Spagna di pagarle, sul conto risorse proprie della Comunità europea, una penalità di EUR 45 600 per ogni giorno di ritardo nell'adozione di provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza Commissione/Spagna, già citata, dal giorno in cui la sentenza è stata pronunciata nella causa in esame sino al giorno in cui la sentenza Commissione/Spagna, già citata, sarà stata eseguita;

    condannare il Regno di Spagna alle spese.

    15. Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia:

    respingere il ricorso in toto;

    in subordine, respingere l'imposizione di una penalità giornaliera;

    in ulteriore subordine, imporre una penalità giornaliera, non superiore a EUR 11 400;

    in tutti i casi, condannare la Commissione alle spese.

    IV ─ Esame

    A ─ Sulla mancata esecuzione della sentenza del 1998

    16. Il primo argomento difensivo opposto dal Regno di Spagna consiste nel contestare vigorosamente l'affermazione della Commissione secondo la quale occorre constatare la mancata esecuzione della sentenza del 1998 o ─ il che è lo stesso ─ il fatto che il convenuto non ha soddisfatto gli obblighi ad esso incombenti ai sensi della direttiva.

    17. A tal riguardo, occorre mettere l'accento su un determinato numero di elementi. In primo luogo, occorre ricordare come da una costante giurisprudenza risulti che la direttiva impone agli Stati membri un obbligo di risultato (7) . Spetta ad essi fare in modo che la totalità delle zone di balneazione soddisfi i criteri previsti nell'allegato della direttiva e gli Stati membri non hanno il diritto di trarre pretesti dalle difficoltà pratiche che essi incontrano per sottrarsi ai loro obblighi.

    18. In secondo luogo, si deve sottolineare che la data alla quale occorre fare riferimento per determinare se uno Stato membro sia o meno venuto meno ai suoi obblighi è quella della scadenza del termine fissato dal parere motivato. Così, l'art. 228, n. 2, secondo comma, CE enuncia espressamente che la Commissione può adire la Corte qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta. E' importante tale richiamo nel caso di specie, tenuto conto del fatto che le parti fanno valere numerosi argomenti di fatto relativi alla situazione successiva a tale data.

    19. Questi ultimi sono pertinenti, come vedremo, nel contesto della discussione relativa ad una eventuale penalità. Per contro, essi non possono essere presi in considerazione nella fase preliminare indispensabile, vale a dire quanto alla determinazione dell'esistenza eventuale, in capo al convenuto, di un inadempimento del suo obbligo di eseguire la precitata sentenza Commissione/Spagna.

    20. Si deve ben precisare subito i termini di tale discussione. Il governo spagnolo non nega di non aver soddisfatto, entro il termine pertinente, gli obblighi impostigli dalla direttiva. Quindi, esso ammette, di conseguenza, di non aver eseguito la precitata sentenza Commissione/Spagna entro il termine imposto dall'azione della Commissione.

    21. Si deve constatare che il convenuto difficilmente avrebbe potuto fare altrimenti. Infatti, risulta in modo indiscutibile dalle cifre presentate dalla Commissione che, nel corso della stagione balneare 2000, un determinata percentuale, all'incirca il 20%, delle zone di balneazione controverse non soddisfaceva i criteri imposti dalla direttiva. Ora, è nel mese di settembre di questo stesso anno che scadeva il termine di due mesi fissato dal parere motivato in data 27 luglio 2000.

    22. Vero è che il convenuto contesta energicamente un aspetto preciso dell'impostazione della Commissione, vale a dire il trattamento delle zone nelle quali è stato imposto un divieto di balneazione o di quelle che sono state escluse dall'elenco delle zone di balneazione. Infatti, esso ritiene, al contrario della ricorrente, che tali zone non dovessero essere annoverate tra quelle che non soddisfacevano i requisiti della direttiva. Tuttavia, essa non ha nessuna difficoltà ad ammettere che, anche modificando le cifre della Commissione in tal senso, la percentuale di conformità raggiunta in Spagna durante il periodo pertinente resta chiaramente inferiore al 100% che sarebbe richiesto dall'attuazione della direttiva e, quindi, della precitata sentenza Commissione/Spagna.

    23. Di conseguenza, non è necessario risolvere, a tale stadio delle mie considerazioni, la questione delle conseguenze dei divieti di balneazione, o delle esclusioni di zone, per la valutazione della percentuale di conformità delle zone di balneazione ai criteri stabiliti dall'allegato della direttiva, questione di cui sotto taluni aspetti peraltro, ho, già avuto occasione di occuparmi (8) .

    24. Occorre, per questo, affermare, sin da ora, che la Commissione ha accertato l'inadempimento dell'obbligo di eseguire la precitata sentenza Commissione/Spagna? Ciò equivarrebbe a misconoscere il senso dell'argomentazione del convenuto. Infatti, quest'ultimo sostiene, in sostanza, che la Commissione non gli ha consentito un termine sufficiente per conformarsi ai suoi obblighi. Quindi, la Corte non potrebbe constatare una violazione di questi ultimi.

    25. Prima di esaminare, se del caso, se tale tesi possa essere accolta nelle circostanze del caso di specie, occorre pronunciarsi sulla sua ammissibilità in via di principio. Infatti, si deve far presente, a tal riguardo, come da una giurisprudenza costante  (9) , peraltro fatta valere dallo stesso convenuto, risulti che la Commissione ha un ampio potere discrezionale circa l'opportunità della proposizione di un ricorso per inadempimento e circa il momento di quest'ultima.

    26. Ciò non toglie, secondo il convenuto, che i ricorsi relativi alla mancata esecuzione di una sentenza presentino a tal proposito determinate particolarità. Infatti, il Trattato, ed in particolare l'art. 228 CE, sulla base del quale sono presentati tali ricorsi, non prevede nessun termine alla scadenza del quale lo Stato membro deve avere eseguito la sentenza della Corte.

    27. Quindi, occorrerebbe fare riferimento alla giurisprudenza della Corte, da cui risulterebbe che uno Stato membro deve disporre di un termine ragionevole per eseguire la sentenza della Corte, il che non sarebbe avvenuto nel caso di specie.

    28. Condivido la tesi del convenuto. A tal riguardo, è importante sottolineare che il caso di un ricorso per mancata esecuzione di una sentenza che ha constatato la violazione di una direttiva si differenzia su un punto importante da un ricorso per inosservanza di quest'ultima. Infatti, di regola, la direttiva avrà previsto un termine, alla scadenza del quale lo Stato membro dovrà conformarsi a quest'ultima.

    29. La Corte, adita con un ricorso per inadempimento, non dovrà che constatare la scadenza del termine e l'inosservanza degli obblighi derivanti dalla direttiva. Lo Stato membro, salvo opporre la forza maggiore, non potrà far valere il carattere insufficiente del termine.

    30. Tutt'altra è la situazione in esame, dove viene fatta valere dinanzi alla Corte la mancata esecuzione di una sentenza da parte di uno Stato membro. Infatti, giustamente il convenuto sottolinea che il Trattato non prevede nessun termine a tal riguardo. Per contro, la Corte ha già avuto modo di pronunciarsi su tale problema, inerente al ricorso per mancata esecuzione di una sentenza.

    31. Ai sensi di tale giurisprudenza  (10) l'esigenza di un'immediata e uniforme applicazione del diritto comunitario impone che l'esecuzione della sentenza della Corte sia iniziata immediatamente e conclusa entro i termini il più possibile ristretti. L'utilizzazione del termine possibile indica che un determinato tempo può passare prima che l'esecuzione della sentenza sia contestabile, per lo meno per quanto riguarda l'esito dei provvedimenti adottati.

    32. Infatti, il fatto che la giurisprudenza faccia riferimento a dei termini il più possibile ristretti costituisce una semplice applicazione del principio secondo il quale nessuno è tenuto a far l'impossibile e conferma, a mio parere, la tesi del convenuto secondo la quale occorre valutare in ogni caso concreto se uno Stato membro abbia avuto del tempo ragionevolmente necessario per eseguire la sentenza della Corte.

    33. Tale giurisprudenza implica anche che sarebbe da respingere un ricorso della Commissione volto a far constatare la mancata esecuzione della sentenza dopo un termine talmente breve che lo Stato membro non avrebbe ragionevolmente potuto adottare i provvedimenti richiesti dall'esecuzione della sentenza della Corte.

    34. A tal proposito, le parti hanno una valutazione diametralmente opposta su i due criteri derivanti dalla giurisprudenza, vale a dire il carattere immediato dell'inizio da parte dello Stato membro dell'attuazione della sentenza da eseguire, da un lato, e l'adozione di provvedimenti destinati ad essere adottati il più rapidamente possibile, dall'altro.

    35. Così, la Commissione ritiene che l'azione del convenuto sia chiaramente insufficiente sui due piani. A tal riguardo, essa riferisce che le prime risposte fornite dalle autorità spagnole, nei mesi successivi alla sentenza della Corte, erano lungi dal contenere, come afferma il convenuto, un bilancio esaustivo e un piano dettagliato delle azioni da intraprendere, ivi compresi gli aspetti di bilancio di queste ultime. Al contrario, i dati trasmessi alla Commissione sarebbero stati, per un determinato numero di regioni del paese, incompleti o obsoleti. In particolare, si cercherebbe inutilmente un piano dettagliato delle azioni previste.

    36. Si può per questo affermare che le autorità spagnole non hanno iniziato immediatamente ad attuare la sentenza della Corte?

    37. Tale primo argomento della ricorrente non sembra determinante. Infatti, il carattere insufficiente dei primi dati forniti alla Commissione non può, di per sé, fornire la prova dell'inerzia delle autorità spagnole. Infatti, tali lacune possono anche spiegarsi con il fatto che le suddette autorità, pur avendo già iniziato ad attuare la sentenza della Corte, non sarebbero ancora pervenute a raccogliere i dati più recenti da parte di tutte le autorità regionali e locali interessate.

    38. La Commissione sottolinea anche che, dopo l'invio del parere motivato alle autorità spagnole, nel luglio 2000, a queste ultime sono stati sufficienti due mesi per trasmetterle un piano complessivo che elencava in modo dettagliato tutte le azioni da intraprendere. Tale breve durata indicherebbe, secondo la Commissione, che era del tutto possibile iniziare ad agire più rapidamente rispetto a quanto hanno fatto le autorità spagnole, che avrebbero, in realtà, atteso di ricevere il parere motivato prima di avviare realmente l'attuazione della sentenza.

    39. Tali tesi non convince. Il fatto che, nel luglio 2000, le autorità spagnole siano state in grado di comunicare alla Commissione, entro due mesi, un piano dettagliato, non mostra necessariamente che sarebbe stato loro possibile fare altrettanto nel 1998 e che non hanno quindi fatto niente tra la pronuncia della sentenza da eseguire e la ricezione del parere motivato. Infatti, emerge dal fascicolo che il suddetto piano dettagliato è stato stabilito in particolare sulla base di elementi raccolti durante il periodo che va dal 1998 al 2000. Di conseguenza, non è provato che le autorità spagnole siano state in grado di elaborare un tale piano sulla sola base degli elementi a loro disposizione nei mesi successivi alla sentenza della Corte. Ciò è a maggior ragione vero in quanto quest'ultima è stata emessa poco prima l'inizio della stagione balneare, vale a dire di un nuovo periodo di prelievi, di cui le autorità avrebbero potuto voler attendere i risultati.

    40. Inoltre, risulta dalle cifre fornite dalla stessa Commissione che vi è stato un miglioramento, sia pure lieve, della qualità delle controverse acque di balneazione tra il 1998 ed il 1999 in quanto il tasso di conformità è passato dal 73 al 76,5%. Ora, si tratta in questo caso del periodo immediatamente successivo alla sentenza della Corte. Tali cifre sarebbero quindi piuttosto in contraddizione con la tesi dell'inerzia delle autorità spagnole durante il suddetto periodo.

    41. Risulta da quanto precede che la Commissione non fornisce la prova del fatto che le autorità spagnole non avrebbero iniziato immediatamente ad attuare la sentenza della Corte. Ora, è giurisprudenza costante che spetta alla Commissione l'onere della prova in materia  (11) .

    42. Tuttavia, gli obblighi di uno Stato membro non si limitano ad iniziare immediatamente l'esecuzione della sentenza di cui trattasi. Infatti, come si è già visto, spetta anche ad esso portare a termine tale esecuzione il più rapidamente possibile. Ora, secondo la Commissione, ciò non sarebbe stato compiuto dal convenuto.

    43. A tal riguardo, essa sottolinea che, anche attualmente, i criteri previsti dalla direttiva non sarebbero ancora soddisfatti. Le date del 2005 o, se del caso, 2003, citate dal governo spagnolo nel controricorso come scadenza per l'esecuzione della sentenza della Corte, non possono essere considerate come corrispondenti ai termini il più possibile ristretti, come richiesto dalla giurisprudenza.

    44. Secondo la Commissione, due ragioni spiegherebbero l'inerzia delle autorità spagnole. La prima è quella che ho appena fatto presente: queste ultime avrebbero realmente iniziato ad eseguire la sentenza solo dopo la ricezione del parere motivato, vale a dire più di due anni dopo la pronuncia della sentenza. La seconda consisterebbe nel fatto che il governo spagnolo non avrebbe immediatamente adottato i provvedimenti utili per ridurre i termini di esecuzione dei lavori necessari a porre fine all'inadempimento. Ciò sarebbe provato dal fatto che gli appalti di gara interessati hanno seguito il procedimento ordinario invece di essere dichiarati urgenti, il che sarebbe stato disposto solo nel gennaio 2001, vale a dire tre anni dopo la pronuncia della sentenza, e ancora unicamente per taluni di loro.

    45. Su quest'ultimo punto, il governo spagnolo afferma che le norme comunitarie in materia di appalti pubblici si sarebbero opposte alla dichiarazione d'urgenza dei progetti di cui trattasi. Tuttavia, esso non spiega per quale motivo i progetti che, secondo l'affermazione non contestata della Commissione, sono stati infine dichiarati urgenti, non lo siano stati dichiarati prima.

    46. Inoltre, è pacifico che, alla scadenza del termine fissato dal parere motivato, criteri richiesti non erano ancora soddisfatti in un determinato numero di zone di balneazione. Il numero esatto è soggetto a discussione tra le parti poiché dipende dal trattamento dei divieti di balneazione. Come si è già visto, tale questione è però poco importante in tale fase poiché, in ogni caso, le cifre raggiunte sono insufficienti.

    47. Tale sola considerazione potrebbe sembrare sufficiente per constatare l'inadempimento in quanto, a priori, se uno Stato membro non ha eseguito la sentenza entro il termine previsto dal parere motivato, non lo ha fatto il prima possibile. Tuttavia, il convenuto ritiene che le specificità del caso di specie implichino che tale deduzione non sarebbe valida. Infatti, le difficoltà di esecuzione della sentenza in Spagna sarebbero di un'ampiezza tale che anche l'attuazione la più rapida possibile, ai sensi della giurisprudenza, non sarebbe terminata alla scadenza del termine fissato dal parere motivato. Di conseguenza, il fatto che, a tale data, la sentenza non fosse stata ancora eseguita non prova necessariamente che la sentenza non sia stata attuata entro il termine il più possibile ristretto.

    48. Tali tesi può, a prima vista, sembrare formalistica, soprattutto nel contesto fattuale della causa in esame. Infatti, è pacifico che, attualmente, i criteri della direttiva non sono ancora soddisfatti e la sentenza aspetta, di conseguenza, sempre la sua esecuzione. Risulta quindi che, se la Commissione avesse, come chiede implicitamente il governo spagnolo, ritardato la sua azione, il risultato non sarebbe stato diverso. Di conseguenza, può sembrare eccessivamente formalistico respingere il ricorso in quanto l'inadempimento, che, man mano che il tempo passa, si profila in modo sempre più incontestabile, non avrebbe potuto ancora essere individuato al momento della scadenza del termine imposto dal parere motivato.

    49. Tuttavia, il semplice enunciato di tale tesi è sufficiente a coglierne i limiti. Infatti, lo sviluppo dei fatti successivi è senza effetti sulla determinazione del momento al quale occorre fare riferimento per constatare la sussistenza dell'inadempimento. Ora, l'obbligo di considerare quest'ultima alla scadenza del termine fissato dal parere motivato deriva indiscutibilmente tanto dalla giurisprudenza costante  (12) , quanto dagli stessi termini dell'art. 228, n. 4, CE.

    50. La più elementare certezza del diritto impone, del resto, tale soluzione. I dati della controversia devono essere fissati in un momento determinato, precedente al procedimento dinanzi alla Corte, che non può avere ad oggetto una situazione in piena evoluzione, dove la soluzione della controversia dipenderebbe dalla durata della causa dinanzi alla Corte.

    51. Ora, è a tale conseguenza che porterebbe la tesi della Commissione secondo la quale il convenuto avrebbe avuto a disposizione non soltanto gli anni 1998-2000, ma anche il periodo successivo, sino alla sentenza della Corte, per adempiere i suoi obblighi. Quindi, occorre respingere tale argomento e tener conto che, poiché la scadenza del termine fissato dal parere motivato è intervenuta alla fine del mese di settembre 2000, il termine di cui disponeva il convenuto per attuare la sentenza della Corte era, approssimativamente, di due anni e sette mesi.

    52. La giurisprudenza  (13) citata dalla Commissione all'udienza relativa alla presa in considerazione, da parte della Corte, di fatti successivi alla scadenza del termine fissato dal parere motivato non conduce ad una conclusione diversa. Infatti, in tali cause, la Corte ha dichiarato che i fatti intervenuti dopo il termine erano della stessa natura di quelli considerati nel parere motivato e, quindi, costitutivi di uno stesso comportamento. Di conseguenza, si trattava di ricollegare a fatti provati, intervenuti prima del termine, fatti successivi alla scadenza di quest'ultimo.

    53. Per contro, la linea proposta dalla Commissione nella causa in esame è l'esatto contrario di tale approccio. Infatti, essa equivale a basarsi su fatti intervenuti dopo il termine per fornire la prova dell'infrazione, mentre quest'ultima deve essere esistita alla scadenza del suddetto termine.

    54. Inoltre, la Commissione sostiene che occorre tener conto anche dei dodici anni passati tra il termine di trasposizione inizialmente previsto dalla direttiva e la sentenza da eseguire, il che è contestato dal convenuto. A tal riguardo, è indiscutibile che tale durata è anche più lunga della durata di dieci anni inizialmente lasciata agli Stati membri e che, di conseguenza, il Regno di Spagna avrebbe avuto a disposizione un termine più che sufficiente prima del primo ricorso della Commissione, pur nell'ipotesi che essa avesse iniziato l'attuazione della direttiva solo dopo la sua adesione.

    55. Vero è, come sottolinea peraltro la Commissione, che l'obbligo di eseguire la sentenza della Corte e quello di attuare la direttiva sono sostanzialmente simili. Ciò non toglie che non si possa equipararli completamente. Così è, in particolare, per il termine di esecuzione dei suddetti obblighi. Infatti, il termine di attuazione della direttiva è precisato da quest'ultima ed è, nel caso di specie, scaduto da molto tempo.

    56. Per contro, il termine per eseguire la sentenza della Corte non può iniziare a decorrere prima della notifica di quest'ultimo e la sua scadenza presuppone che trascorra una durata ragionevole, ai sensi della giurisprudenza della Corte citata in precedenza. Il carattere ragionevole della durata dipende dai provvedimenti che restano ancora da adottare dallo Stato membro al momento della pronuncia della sentenza della Corte e può, di conseguenza, variare a seconda delle circostanze di ogni caso concreto.

    57. Vero è che può sembrare paradossale parlare di un termine per l'esecuzione di suoi obblighi da parte dello Stato membro, mentre sono passati anni da una sentenza che, essa stessa intervenuta dodici anni dopo la scadenza del termine previsto dalla stessa direttiva, ha già constatato l'inadempimento. Tuttavia, si deve constatare che risulta incontestabilmente e, a mio parere, logicamente, dalla giurisprudenza citata relativa alla mancata esecuzione di una sentenza che quest'ultima fa decorrere un nuovo termine, da valutare a seconda dei criteri derivanti dalla suddetta giurisprudenza.

    58. A tal riguardo, il convenuto menziona un determinato numero di argomenti tali da corroborare la sua tesi secondo la quale esso avrebbe dovuto beneficiare di un termine più lungo da parte della Commissione.

    59. Così, esso ricorda anzitutto la lunghezza non abituale della durata prevista dalla stessa direttiva per la sua attuazione da parte degli Stati membri. Tale durata sarebbe spiegata dal fatto che lo stesso legislatore comunitario riconoscerebbe la difficoltà considerevole per soddisfare i criteri fissati dalla direttiva e che solo un'azione a lungo termine consentirebbe di pervenirvi.

    60. Il convenuto pone quindi l'accento sulle specificità della situazione in Spagna, dove l'attuazione della direttiva presenterebbe difficoltà tutte particolari. Infatti, le zone di balneazione spagnole sarebbero caratterizzate dall'esigua portata dei fiumi interessati e dalla notevole proporzione di zone con acque stagnanti poco profonde. Tali acque avrebbero solo un ristretto potere di diluizione e si rinnoverebbero soltanto in modo molto insufficiente, il che avrebbe come conseguenza che non solamente la più piccola impurità, causata eventualmente da un avvenimento così irrilevante come la presenza di un bagnante, sarebbe sufficiente a far superare i criteri richiesti, ma anche sarebbe molto difficile porre rimedio a tali superamenti continui. Tale situazione già endemica sarebbe stata ancora aggravata dalla siccità di questi ultimi anni.

    61. Tuttavia, la Commissione contesta tale versione dei fatti affermando che la situazione in Spagna sarebbe analoga a quella di altri Stati membri quali la Repubblica ellenica o la Repubblica italiana. A questo il convenuto replica, senza essere contraddetto dalla Commissione, che tali Stati membri hanno dichiarato un numero di zone di balneazione molto inferiore (14) a quello dichiarato dalla Spagna  (15) , e soltanto una parte di esse sarebbe in una situazione analoga a quella che è comune in Spagna.

    62. In ogni caso, la Commissione non replica ad altri aspetti dell'argomentazione del convenuto. Così quest'ultimo sottolinea che occorre distinguere tra diverse situazioni. Infatti, gli obblighi di risultato derivanti dalle direttive non sarebbero analoghi fra loro. Così, in determinati casi, l'azione richiesta da parte di uno Stato membro consisterebbe nell'adozione di norme legislative o regolamentari, il che sarebbe facile da realizzare con celerità. In altri casi, come nel caso di specie, l'obbligo di risultato consisterebbe nel modificare e controllare una realtà fisica che si estenderebbe a tutto un paese di cui, secondo il convenuto, il corso d'acqua con maggiore portata passerebbe inosservato in un altro Stato membro, salvo alla sua foce.

    63. Giustamente il convenuto attira l'attenzione su tali caratteristiche del caso di specie. Ricordiamo infatti che si tratta, conformemente alla giurisprudenza citata, di determinare se lo Stato membro abbia beneficiato di un termine ragionevole per conformarsi a tali obblighi, il che può essere valutato solo alla luce della situazione concreta nella quale esso si trovava alla scadenza del termine fissato dal parere motivato.

    64. A tal riguardo, il paragone tra questa causa e altri procedimenti per inadempimento riguardanti la mancata esecuzione di una sentenza è istruttivo, anche se, ben inteso, privo di conseguenze giuridiche. Così, in casi che comportano unicamente modifiche legislative, il termine trascorso prima dell'introduzione di un'azione da parte della Commissione può variare tra due  (16) e venti anni  (17) . In una causa  (18) più direttamente analoga alla fattispecie in esame, in quanto implicava del pari un'azione concreta di lotta contro l'inquinamento, la Commissione ha atteso più di cinque anni e mezzo dopo la pronuncia della sentenza della Corte per presentare un ricorso per inadempimento per mancata esecuzione, mentre il problema che si poneva all'epoca, riguardante la gestione dei rifiuti di un settore dell'isola di Creta, potrebbe sembrare che avesse aspetti più circoscritti rispetto a quello al quale sono confrontate le autorità spagnole.

    65. Peraltro, lo stesso vale per un altro caso, citato all'udienza da parte della Commissione  (19) . Infatti, quest'ultima ha menzionato la situazione del Regno Unito, che aveva costituito del pari oggetto di un ricorso relativo alla mancata esecuzione di una sentenza della Corte e che implicava una richiesta di condanna al versamento di una penalità. A tal riguardo, è interessante constatare che la Commissione, in tale procedimento, ha lasciato trascorrere un periodo di sei anni e mezzo prima di inviare un parere motivato. Inoltre, il problema che si poneva al Regno Unito era circoscritto ad una zona determinata e poteva quindi sembrare di portata più limitata rispetto a quello di cui trattasi nella causa in esame.

    66. Comunque sia, esistono ancora altri indizi della difficoltà particolare di attuare la direttiva, difficoltà sulla quale ho già avuto modo di esprimermi nelle mie conclusioni relative alla causa Commissione/Danimarca e che è, peraltro, confermata dal numero di ricorsi per inadempimento relativi a tale direttiva  (20) .

    67. Infatti, un elemento particolarmente significante ci è fornito dalle relazioni della stessa Commissione, citate dal convenuto. Come risulta dall'allegato 1 della relazione sulla qualità delle acque di balneazione per la stagione 2000, la Commissione osserva che, più di vent'anni dopo l'adozione della direttiva, determinate zone di balneazione non rispettano da parecchi anni i valori imperativi che essa fissa, sottolineando che è difficile, in particolare qualora siano in discussione delle fonti di inquinamento meno importanti e più diffuse, individuare tali problemi e porvi rimedio. Essa aggiunge anche che, nella maggioranza di tali casi, sono necessarie diverse stagioni balneari prima che possa essere individuata la fonte reale o il ciclo di inquinamento. In taluni situazioni, una soluzione può essere trovata solo con l'applicazione di lunghi programmi di miglioramento delle pratiche agrarie.

    68. Emerge chiaramente da quanto precede che, in determinati casi, una durata nettamente superiore ai due anni e mezzo concessi al convenuto dalla Commissione è, come la stessa Commissione ammette, obiettivamente necessaria per conformarsi alla direttiva. Ora, non risulta da nessun argomento della Commissione che non ci troviamo in un simile caso. Così, essa non afferma che i lavori avviati prima della precitata sentenza Commissione/Spagna sarebbero stati di una ampiezza sufficiente affinché problemi di questo tipo non possano più sorgere e che l'esecuzione degli obblighi restanti sarebbero, di conseguenza, in grado di progredire rapidamente. Essa non afferma neanche che il convenuto non era, nel caso di specie, confrontato a fonti di inquinamento diffuse o a scorrimenti provenienti da terre agricole. Al contrario, essa non contraddice affermazioni del convenuto tenendo espressamente e precisamente conto di tali situazioni.

    69. Si deve constatare quindi che gli argomenti della Commissione non consentono di stabilire che, nel caso in esame, lo Stato membro ha avuto a disposizione un termine ragionevole per eseguire la sentenza della Corte. Pertanto, essa non prova che si poteva, alla scadenza del termine fissato dal parere motivato, fin d'ora constatare la mancata esecuzione degli obblighi da parte del convenuto.

    70. E' importante sottolineare che una tale situazione dovrebbe essere destinata a rimanere eccezionale. Infatti, essa è connessa al contesto fattuale del caso di specie, caratterizzato, dalle specificità dell'attuazione di tale direttiva e, inoltre, in quanto occorre segnalare, nel contesto in esame, una certa sollecitudine da parte della Commissione, che sarebbe potuta essere encomiabile in altre circostanze.

    71. In ogni caso, si evince da quanto precede che il ricorso della Commissione deve essere respinto, in quanto l'inadempimento asserito non è provato. Quindi, è unicamente a fini esaustivi che analizzerò le tesi divergenti delle parti riguardanti le modalità e l'importo della penalità.

    B ─ Sul principio della fissazione di una penalità e sull'importo di quest'ultima

    72. In tale ambito, il convenuto fa valere, in primo luogo, che la penalità giornaliera non è il meccanismo adeguato per imporre l'esecuzione della sentenza tenuto conto delle circostanze del caso concreto. Infatti, la finalità che persegue la penalità non sarebbe di sanzionare semplicemente lo Stato membro, ma di indurlo a conformarsi immediatamente. Nel caso di specie, lo Stato membro dovrebbe individuare dei problemi, il che sarebbe già fatto, elaborare piani d'azione, il che sarebbe anche fatto, inoltre eseguirli ed esaminare i risultati alla fine di ogni stagione balneare annuale.

    73. Ne conseguirebbe che lo Stato membro sarebbe confrontato a termini non riducibili, nel contesto dei quali la penalità non avrebbe molto senso, in quanto non renderebbe possibile ciò che non lo è, vale a dire giungere al risultato richiesto entro un termine più breve.

    74. Così, una volta imposta dalla Corte, la penalità sarebbe esigibile per mesi senza altra soluzione sino a che, alla fine della prima stagione balneare dopo la sua fissazione (dal 15 aprile al 23 ottobre nel caso della Spagna), si possano verificare i valori prescritti dalla direttiva. Lo stesso equivarrebbe anche per un altro anno sino a che si possano verificare le percentuali alla fine della stagione balneare successiva.

    75. Secondo la Commissione, la possibilità o impossibilità di eseguire immediatamente la sentenza non è un elemento rilevante, tenuto conto, in particolare, del fatto che l'irrogazione della penalità interviene anni dopo la nascita dell'obbligo di cui si chiede l'esecuzione, vale a dire quello di conformarsi alla prima sentenza della Corte.

    76. In definitiva, essa aggiunge che il carattere adeguato della penalità dipende unicamente del fatto che l'infrazione persista o meno. Se così avviene, come nel caso di specie, il pagamento di una penalità sarebbe il mezzo più adeguato per porre fine all'inadempimento, soprattutto se si tiene conto del fatto che, per porre un termine all'infrazione della direttiva, il Regno di Spagna deve adottare determinati provvedimenti concreti, quali il controllo dell'inquinamento diffuso e degli scarichi illegali, e la costruzione di impianti di depurazione delle acque di scarico, che devono essere effettuati tutto l'anno.

    77. Da parte mia, riconosco volentieri che in linea di principio la sola questione rilevante per decidere del carattere adeguato dell'imposizione di una penalità è quella di accertare se l'infrazione persista o meno. Se così è, il provvedimento è appropriato in quanto è destinato a obbligare lo Stato membro a conformarsi il prima possibile. Per contro, se l'inadempimento è terminato prima che la Corte statuisca, non vi è più necessità, per definizione, di obbligare lo Stato membro e la penalità non può quindi più essere irrogata.

    78. Nella fattispecie, risulta dagli ultimi dati forniti alla Corte dalle parti che i criteri fissati dalla direttiva non sono ancora soddisfatti in tutte le zone di balneazione interne spagnole. Quindi, l'infrazione persiste e, con essa, la necessità di obbligare lo Stato membro a conformarsi il più rapidamente possibile. Vero è che la penalità non renderà possibile un'esecuzione più rapida della sentenza, in quanto quest'ultima dipenderà da tutta una serie di lavori da intraprendere da parte dello Stato membro o delle autorità regionali e locali. Ciò non toglie che la penalità costituisce un mezzo per dissuadere le autorità nazionali ad impegnarsi di meno, ad esempio a favore di altre priorità, rallentando così l'esecuzione della sentenza della Corte.

    79. Il convenuto lascia così intendere che l'imposizione di una penalità giornaliera sarebbe inadeguata nel caso di specie in quanto la constatazione del rispetto dei criteri fissati dalla direttiva si effettua annualmente, vale a dire alla fine di ogni stagione balneare. Ne conseguirebbe che la penalità sarebbe necessariamente riscossa per un lungo periodo.

    80. Interpreto tale tesi del convenuto nel senso che l'imposizione della penalità sarebbe inadeguata perché la sua riscossione sarebbe giornaliera mentre, essendo annuale la constatazione eventuale della fine dell'infrazione, la penalità sarebbe versata nel corso di periodi di tempo durante i quali i criteri previsti dalla direttiva sarebbero di fatto stati soddisfatti, anche se la constatazione di tale situazione si farebbe solo molto più tardi. Lo Stato membro sarebbe costretto quindi a versare la penalità per periodi in cui l'infrazione sarebbe in realtà terminata.

    81. Si deve constatare in effetti come dalla stessa direttiva risulti che la constatazione dello stato delle zone di balneazione si compie annualmente  (21) . Tale periodicità costituisce parte integrante degli obblighi derivanti dalla direttiva e uno Stato membro non può ritenere, prima di tale constatazione, di rispettare già la direttiva e che non si debba versare dunque la penalità.

    82. Tuttavia, tale argomento del governo spagnolo merita, a mio parere, una riflessione approfondita. Inoltre, occorre domandarsi se, nelle circostanze del caso di specie, caratterizzate da un'attuazione necessariamente graduale degli obblighi dello Stato membro, la penalità non sarebbe da ritenere inadeguata a causa dell'importo costante. Questo è fissato tenuto conto della situazione nello Stato membro al momento della decisione della Corte e non può diminuire a seconda dell'esecuzione della sentenza da parte di quest'ultimo.

    83. All'udienza, la Commissione ha sostenuto che tali problemi non sarebbero insormontabili. Infatti, uno Stato membro potrebbe far ricorso alla Commissione con una richiesta, corroborata dagli elementi di prova indispensabili, per dimostrare che è andato avanti nell'attuazione dei suoi obblighi e che si deve diminuire l'importo della penalità. Un eventuale diniego della Commissione, o la fissazione da parte di quest'ultima di un nuovo importo che lo Stato membro riterrebbe ancora troppo elevato, rientrerebbe nell'ambito del controllo della Corte attuato mediante il ricorso per carenza o di annullamento, a seconda del caso.

    84. Tale argomentazione non convince. Infatti, sembra per lo meno dubbio che le parti abbiano il diritto di disporre in tal modo della decisione della Corte relativa all'importo della penalità.

    85. E' possibile persino chiedersi se, nel caso in cui il provvedimento da adottare da parte dello Stato membro consista nell'adozione di un atto legislativo o regolamentare, la constatazione del carattere adeguato di tale atto e la revoca concomitante della penalità non debbano essere effettuate con una decisione della Corte, in quanto è la Corte che ha dichiarato l'infrazione e imposto la penalità. Tuttavia, ritengo che si tratterebbe di un formalismo eccessivo.

    86. In ogni caso, occorre ricordare che la Corte ha sottolineato, nella precitata sentenza Commissione/Grecia, l'importanza del fatto che l'importo della penalità dev'essere adeguato alle circostanze. Ora, come si è già rilevato, queste sono caratterizzate sia dall'annualità dell'accertamento di messa in conformità, mentre la penalità prevista dalla Commissione è giornaliera, sia dal fatto che l'esecuzione degli obblighi da parte dello Stato membro è necessariamente graduale, mentre l'importo della penalità è fisso.

    87. Ora, tale caratteristiche del caso di specie hanno delle conseguenze concrete considerevoli. Così, anche se viene accertato, dopo una data stagione balneare, che le acque di balneazione spagnole sono diventate quasi conformi a quanto prescritto dalla direttiva, la penalità proposta dalla Commissione continuerà ad essere esigibile nella sua totalità, tutti i giorni seguenti prima del successivo accertamento annuale.

    88. Di conseguenza, il convenuto dovrebbe continuare a pagare ancora un anno una penalità giornaliera mentre, da un lato, il numero di zone ancora non conformi sarebbe del tutto sproporzionato rispetto all'importo che continuerebbe a essere esigibile e, dall'altro, in quanto il numero di zone ancora oggetto di discussioni sarebbe, per ipotesi, molto ridotto, sarebbe del tutto plausibile che la conformità, certamente de facto e non de jure, sarebbe raggiunta poco dopo e, comunque, molto prima del successivo accertamento annuale.

    89. Ora, sembra difficile considerare come adeguato alle circostanze un meccanismo in base al quale la non conformità di due o tre zone su più di duecento  (22) può creare l'obbligo di pagare ogni giorno, durante un anno intero, e anche per più tempo, un importo considerevole, identico a quello dovuto al momento in cui il numero di zone non conformi era quasi dieci volte superiore.

    90. Da quanto precede discende che la Corte non dovrebbe, a mio parere, condannare il convenuto ad una penalità quale quella proposta dalla Commissione. Di conseguenza, spetta alla Corte esaminare se occorra stabilire una penalità calcolata seguendo altri parametri, tenuto conto del fatto ─ ammesso, ricordiamolo, come ipotesi in subordine ─ che l'inadempimento è accertato e persiste.

    91. A tal riguardo, sottolineo che la Corte ha dichiarato nella causa C-387/97 che essa non era vincolata dalle proposte della Commissione  (23) . Quindi, essa ha il diritto di fissare una penalità secondo modalità diverse da quelle proposte dalla Commissione, ciò che ha disposto nella causa C-387/97, in cui la Corte ha stabilito un importo inferiore a quello proposto dalla Commissione.

    92. La necessità di rimediare agli inconvenienti che ho evidenziato deve suggerire, a mio parere, la determinazione delle modalità dell'imposizione della penalità.

    93. Di conseguenza, ritengo che la Corte debba imporre al convenuto il pagamento annuale di un importo calcolato in funzione del numero di zone che non soddisfano ancora i criteri della direttiva. Se, come disposto dalla Corte nella causa C-387/97, si fa leva, come base di riferimento utile, sulla proposta della Commissione, si constata che questa ha ritenuto appropriato un importo giornaliero di EUR 45 600 in un contesto in cui quasi il 20% delle zone di balneazione non era ancora conforme ai criteri della direttiva.

    94. Tale dato consente di calcolare un importo che riflette in modo ragionevole il valore annuale che rappresenta una percentuale di zone di balneazione non conformi. Infatti, se il 20% delle zone corrisponde a EUR 45 600 per giorno, è possibile calcolare a cosa corrisponde realisticamente una percentuale per anno.

    95. Con tale metodo, giungo ad una cifra pari a EUR 562 500 per anno. Quindi, sarebbe proposto, in subordine ─ ricordiamolo ─ di ritenere come adeguato alle circostanze, ai sensi dell'art. 228 CE, condannare il Regno di Spagna a pagare una somma pari a EUR 562 500 per anno, per ogni percentuale del numero di zone dichiarate la cui non conformità con la direttiva sarà stata constatata.

    96. Il pagamento sarebbe dovuto in base alla constatazione della qualità delle acque di balneazione raggiunta al momento della prima stagione successiva alla pronuncia della sentenza che la Corte dovrà pronunciare e, se del caso, al momento degli accertamenti annuali successivi.

    97. Un esempio concreto consente di illustrare il funzionamento del meccanismo proposto. Ammesso che la Corte pronunci la sua sentenza nel 2003, il primo accertamento annuale pertinente sarà quello relativo alla stagione 2004. Se è accertato, in tale momento, che il 90% delle zone di balneazione soddisfi i criteri previsti e, quindi, che il 10% non li soddisfi, l'importo dovuto, in tale momento, dal convenuto sarà dieci volte EUR 562 500. Se, alla fine della stagione balneare successiva, quella del 2005, viene accertato che il 95% delle zone è conforme e, in altri termini, il 5% non lo è, l'importo dovuto sarà solo EUR 562 500 moltiplicato per cinque. Infine, quando risulterà che la totalità delle zone è conforme, l'importo sarà pari a zero.

    98. Il summenzionato esempio bene illustra come il meccanismo proposto consenta allo Stato membro di veder ricompensato il frutto dei suoi sforzi appena il risultato di questi ultimi è constatato, il che costituisce un incitamento positivo tale, conformemente alla ragion d'essere della penalità, da incoraggiare lo Stato membro a conformarsi entro termini il più possibile ristretti.

    99. Ritorniamo ora alla questione dell'importo della penalità calcolato dalla Commissione che il convenuto contesta in ulteriore subordine.

    100. Per quanto riguarda il fattore connesso alla durata dell'infrazione, la Commissione osserva che sono passati più di tre anni dalla pronuncia della sentenza della Corte e propone, di conseguenza, di applicare, su una scala da 1 a 3, un fattore 2. Il convenuto sottolinea che, tra la sentenza della Corte e la presentazione del ricorso, sono trascorse solo tre stagioni balneari, il che non consentirebbe l'uso di un coefficiente 2. Tuttavia, la Commissione sostiene che, se si applicasse nel caso di specie il coefficiente minimo 1, non vi sarebbe nessuna differenza tra un caso nel quale il calcolo della penalità da parte della Commissione avviene un anno dopo la sentenza e la fattispecie in esame, nella quale sono trascorsi tre anni e tre mesi tra la sentenza della Corte e la decisione della Commissione di presentare il ricorso.

    101. Condivido tale analisi della ricorrente. A partire dal momento in cui si ammette che il termine di cui il convenuto ha beneficiato non era insufficiente, il fatto che esso sia stato breve non incide sulla durata dell'infrazione. Infatti, per valutare quest'ultima, è sufficiente alla Corte fare riferimento al tempo trascorso dalla sua prima sentenza e alla constatazione che l'infrazione persiste. La durata di cui trattasi supera attualmente cinque anni e la direttiva non è sempre rispettata in Spagna: ne consegue che l'imposizione di un coefficiente due, su una scala da uno a tre, non è discutibile.

    102. Quanto al fattore connesso alla gravità dell'infrazione, la Commissione propone di applicare un fattore 4, su una scala da 1 a 20. Essa giustifica tale cifra in particolare con l'importanza delle disposizioni comunitarie di cui trattasi, volte a tutelare la salute, e con la lunghezza del termine trascorso dalla data limite di attuazione prevista dalla direttiva. Per contro, essa ha tenuto conto anche del grado di conformità raggiunto e, in particolare, dei leggeri progressi indicati dalle cifre del 1999 e 2000.

    103. Il convenuto afferma invece che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che quasi quattro quinti delle zone era già in regola. Inoltre, essa avrebbe dovuto fare riferimento al tempo trascorso dalla sentenza e non dal momento in cui la direttiva avrebbe dovuto essere applicata. Infine, essa avrebbe anche ignorato il fatto che, a causa della data della sua adesione, il convenuto non avrebbe beneficiato di dieci anni per attuare la direttiva, contrariamente ad altri Stati membri.

    104. Tuttavia, risulta chiaramente dagli stessi termini del ricorso che la Commissione ha tenuto conto dello sviluppo del tasso di conformità che, come sottolinea, è passato dal 54,5% nel 1992 al 79,2% nel 2000. Quanto alla presa in considerazione della durata trascorsa dalla data fissata nella direttiva, io condivido del pari l'analisi della Commissione. E' vero che tale periodo non può essere preso in considerazione per determinare la durata dell'infrazione oggetto del procedimento in esame, in quanto tale infrazione consiste nella mancata esecuzione della sentenza della Corte, il che implica, per definizione, che essa può durare solo a partire da quest'ultima. Ciò non toglie che il suddetto periodo sia pertinente per valutare non la durata dell'infrazione ma la sua gravità. Infatti, come sottolinea la Commissione, è obiettivamente più grave non rispettare una direttiva per un lungo periodo di tempo che per un periodo più breve.

    105. Infine, quanto all'argomento del convenuto relativo al fatto che esso non ha potuto beneficiare di un termine supplementare per attuare la direttiva, la replica della Commissione secondo la quale lo stesso avrebbe potuto chiedere un tale termine, alla guisa della Repubblica portoghese, non soddisfa molto. Infatti, anche se il Regno di Spagna aveva il diritto di fare una tale richiesta, non può essere ritenuto per certo che essa sarebbe stata accettata.

    106. Ciò premesso, ritengo che gli altri argomenti fatti valere dalla Commissione, in particolare l'importanza delle disposizioni di cui trattasi per la salute, criterio peraltro messo in evidenza dalla Corte nella precitata causa Commissione/Grecia  (24) , giustificano la fissazione a 4 del coefficiente connesso alla gravità dell'infrazione.

    107. Prima di concludere, occorre menzionare brevemente la discussione che si può solo qualificare una discussione accanita, che oppone la Commissione al convenuto sulla questione del ritiro di numerose zone di balneazione dall'elenco di queste ultime. La Commissione sostiene nel suo ricorso che le cifre di conformità derivanti dalle sue relazioni annuali dovrebbero essere riviste e ridotte per tener conto del ritiro ingiustificato di taluni zone di balneazione dall'elenco delle zone indicate come tali. Infatti, taluni di queste zone indebitamente ritirate non rispetterebbero le condizioni previste dall'allegato della direttiva.

    108. Il convenuto confuta energicamente tale tesi.

    109. Ho già osservato che tale questione era irrilevante quanto all'accertamento dell'infrazione. Essa lo è anche per la valutazione della penalità in quanto la stessa Commissione sottolinea di averla calcolata sulla base delle cifre che figurano nelle sue relazioni annuali, che non tengono conto delle zone ritirate.

    110. Tuttavia, ci si può chiedere in quale misura tale questione possa rilevare per l'attuazione dei suoi obblighi da parte dello Stato membro. Ciò potrebbe ricorrere nell'ipotesi in cui il grado di conformità rispetto alla direttiva raggiunto dalle zone di balneazione sia contestato in quanto la Commissione riterrebbe che tale risultato è stato ottenuto soltanto mediante i ritiri ingiustificati di zone dall'elenco.

    111. A tal riguardo, occorre fare le osservazioni seguenti.

    112. E' pacifico che uno Stato membro ha il diritto di ritirare zone di balneazione dall'elenco di quelle che esso dichiara. Peraltro, ciò non è contestato dalla Commissione. Infatti, non si può considerare che la direttiva imponga agli Stati membri di rendere immutabile per sempre l'uso delle acque sul loro territorio.

    113. La controversia verte sulle conseguenze di un tale ritiro, e sulle sue modalità.

    114. Per quanto riguarda le conseguenze del ritiro, occorre distinguere due fattispecie. La prima è quella in cui lo Stato omette di vietare contemporaneamente la balneazione nella zona di cui trattasi. In tal caso, a torto tale zona è stata ritirata dall'elenco. I requisiti della direttiva devono continuare ad essere applicati in tale zona. Infatti, uno Stato membro non può sottrarre a questi ultimi una zona che potrebbe ancora essere utilizzata per la balneazione senza rimettere in questione l'obiettivo di salute previsto dalla direttiva. Anche lo sviluppo armonioso del mercato interno, del pari previsto nei considerando della direttiva, sarebbe compromesso in quanto le condizioni di concorrenza tra le zone di balneazione dei diversi Stati membri sarebbero alterate.

    115. Tale soluzione, dettata dagli obiettivi della direttiva, risulta anche dalla già citata sentenza Commissione/Belgio.

    116. Nella seconda fattispecie, la zona ritirata dall'elenco costituisce obiettivamente l'oggetto di un divieto di balneazione. Risulta indiscutibilmente dall'art. 1, n. 2, lett. a), della direttiva che questa si applica solo alle acque in cui la balneazione è autorizzata. Di conseguenza, le norme che essa prevede non possono essere applicate a acque che non soddisfano tale condizione.

    117. Vero è che potrebbe essere asserito che una tale soluzione, compatibile con la tutela della salute, non lo è, invece, necessariamente con l'obiettivo della tutela dell'ambiente previsto anch'esso dalla direttiva. Tuttavia, tale obiettivo deve essere considerato alla luce dell'ambito di applicazione della direttiva: esso non può essere fatto valere per estendere quest'ultimo oltre quanto previsto espressamente dalle disposizioni della direttiva stessa. A tal riguardo, ricordiamo che è giurisprudenza costante che una disposizione il cui testo è del tutto chiaro non può dar luogo ad interpretazione.

    118. Quanto alle modalità di un ritiro, si pone, in particolare, la questione di accertare a chi incombe, nella materia, l'onere della prova. A tal riguardo, occorre ricordare la costante giurisprudenza già citata in precedenza, in forza della quale tocca alla Commissione provare l'inadempimento asserito.

    119. Nel caso di specie, ciò significa che è compito della Commissione dimostrare che una o più zone di balneazione sono state tolte dall'elenco ufficiale senza che la balneazione sia stata ivi vietata.

    V ─ Conclusione

    120. Per le ragioni che ho esposto, propongo alla Corte di:

    respingere il ricorso della Commissione

    condannare la Commissione alle spese.


    1
    Lingua originale: il francese.


    2
    GU 1976, L 31, pag. 1.


    3
    GU 1985, L 302, pag. 23.


    4
    Sentenza Commissione/Spagna, causa C-92/96 (Racc. pag. I-505).


    5
    GU C 242, pag. 6.


    6
    GU C 63, pag. 2.


    7
    V., a titolo di esempio, sentenza 8 giugno 1999, causa C-198/97, Commissione/Germania (Racc. pag. I-3257).


    8
    V. le mie conclusioni per la sentenza 30 gennaio 2003, causa C-226/01, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-0000).


    9
    V., a titolo di esempio, sentenza 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia (Racc. pag. I-3851).


    10
    V. sentenza 4 luglio 2000, causa C-387/97, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-5047, punto 82 e i riferimenti ivi citati).


    11
    V., ad esempio, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 73.


    12
    V., a titolo di esempio, sentenza 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/Italia (Racc. pag. I-2353, punto 10).


    13
    Sentenza 22 marzo 1983, causa 42/82, Commissione/Francia (Racc. pag. 1013), e 4 febbraio 1988, causa 113/86, Commissione/Italia (Racc. pag. 607).


    14
    Secondo la Spagna, la Grecia aveva dichiarato 5 zone e solo 46 zone italiane sarebbero paragonabili alle zone spagnole.


    15
    Nel 1998, la Spagna aveva dichiarato 215 zone.


    16
    Sentenza 6 novembre 1985, causa 131/84, Commissione/Italia (Racc. pag. 3531).


    17
    Sentenza 7 marzo 1996, causa C-334/94, Commissione/Francia (Racc. pag. I-1307).


    18
    Sentenza Commissione/Grecia, cit.


    19
    Causa C-85/01, Commissione/Regno Unito.


    20
    Sentenze 14 luglio 1993, causa C-56/90, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4109); Commissione/Spagna, cit.; Commissione/Germania, citata; 25 maggio 2000, causa C-307/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-3933); 15 marzo 2001, causa C-147/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I-2387); 14 giugno 2001, causa C-368/00, Commissione/Svezia (Racc. pag. I-4605); 13 novembre 2001, causa C-427/00, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-8535), e 30 gennaio 2003, Commissione/Danimarca, citata.


    21
    V. l'art. 13 della direttiva, come modificato dall'art. 3 della direttiva del Consiglio 23 dicembre 1991, 91/692/CEE, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente (GU L 377, pag. 48).


    22
    Ricordiamo che, nel 1998, la Spagna ha dichiarato un totale di 215 zone di balneazione.


    23
    Punto 89 della sentenza.


    24
    Punto 94.
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