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Document 62000TJ0254

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Sesta Sezione ampliata) del 28 novembre 2008.
    Hotel Cipriani SpA e altri contro Commissione delle Comunità europee.
    Aiuti di Stato - Sgravi degli oneri sociali in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia - Decisione che dichiara il regime di aiuti incompatibile con il mercato comune e che impone il recupero degli aiuti erogati - Ricevibilità - Nesso individuale - Merito - Condizioni relative all’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza - Deroghe ai sensi degli artt. 87, n. 3, lett. b), c), d) ed e), CE e 87, n. 2, lett. b), CE - Qualifica di aiuto nuovo o di aiuto esistente - Principi di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento, parità di trattamento e proporzionalità - Obbligo di motivazione.
    Cause riunite T-254/00, T-270/00 e T-277/00.

    Raccolta della Giurisprudenza 2008 II-03269

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2008:537

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

    28 novembre 2008 ( *1 )

    «Aiuti di Stato — Sgravi degli oneri sociali in favore delle imprese insediate nei territori di Venezia e di Chioggia — Decisione che dichiara il regime di aiuti incompatibile con il mercato comune e che impone il recupero degli aiuti erogati — Ricevibilità — Nesso individuale — Condizioni relative all’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza — Deroghe ai sensi degli artt. 87, n. 3, lett. b)-e), CE e 87, n. 2, lett. b), CE — Qualificazione come aiuto nuovo o come aiuto esistente — Principi di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento, parità di trattamento e proporzionalità — Obbligo di motivazione»

    Nelle cause riunite T-254/00, T-270/00 e T-277/00,

    Hotel Cipriani SpA, con sede in Venezia, rappresentata inizialmente dagli avv.ti M. Marinoni, G.M. Roberti e F. Sciaudone, successivamente dagli avv.ti G.M. Roberti, F. Sciaudone e A. Bianchini,

    ricorrente nella causa T-254/00,

    Società Italiana per il gas SpA (Italgas), con sede in Torino, rappresentata dagli avv.ti M. Merola, C. Tesauro, M. Pappalardo e T. Ubaldi,

    ricorrente nella causa T-270/00,

    sostenuta da:

    Repubblica italiana, rappresentata inizialmente dal sig. U. Leanza, successivamente dai sigg. I.M. Braguglia, R. Adam e I. Bruni, in qualità di agenti, assistiti dai sigg. P. Gentili e S. Fiorentino, avvocati dello Stato,

    interveniente nella causa T-270/00,

    Coopservice — Servizi di fiducia Soc. coop. rl, con sede in Cavriago,

    Comitato «Venezia vuole vivere», con sede in Venezia,

    rappresentati dagli avv.ti A. Bianchini e A. Vianello,

    ricorrenti nella causa T-277/00,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente, assistito dall’avv. A. Dal Ferro,

    convenuta,

    avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 25 novembre 1999, 2000/394/CE, relativa alle misure di aiuto in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia previste dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, recanti sgravi degli oneri sociali (GU 2000, L 150, pag. 50),

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Sesta Sezione ampliata),

    composto dai sigg. A.W.H. Meij (relatore), presidente, V. Vadapalas, N. Wahl, M. Prek e V. Ciucă, giudici,

    cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 aprile 2008,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Fatti

    A — Il regime di sgravi degli oneri sociali in questione

    1

    Il decreto ministeriale 5 agosto 1994, notificato alla Commissione, definisce i criteri per l’attribuzione degli sgravi degli oneri sociali di cui alle disposizioni contenute nell’art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, che ha stabilito una disciplina speciale per lo sgravio degli oneri sociali dovuti dai datori di lavoro all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) nel Mezzogiorno, per il periodo compreso tra il 1994 e il 1996.

    2

    Con decisione 1o marzo 1995, 95/455/CE, relativa alle disposizioni in materia di sgravi nel Mezzogiorno degli oneri sociali a carico delle imprese e di fiscalizzazione di alcuni di tali oneri (GU L 265, pag. 23), la Commissione ha dichiarato il regime di sgravi degli oneri sociali menzionato nel punto precedente compatibile con il mercato comune, su riserva del rispetto di un certo numero di condizioni. Tale decisione prevedeva specificamente che le autorità italiane dovessero comunicare alla Commissione le disposizioni adottate per l’attuazione del piano di smantellamento progressivo, disposto dalla stessa decisione, del programma di aiuti in questione.

    3

    Il regime di sgravi degli oneri sociali in questione nella presente fattispecie è stato istituito mediante la legge n. 206/95, la quale ha esteso, per il 1995 e il 1996, il regime di aiuti previsto dal citato decreto ministeriale 5 agosto 1994 alle imprese stabilite nel territorio di Venezia insulare e di Chioggia. La legge n. 30/1997 ha esteso tale regime, per il 1997, a favore delle imprese situate tanto nelle regioni del Mezzogiorno quanto sul territorio di Venezia insulare e di Chioggia.

    4

    L’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994 prevede uno sgravio sul complesso dei contributi dovuti dai datori di lavoro. Quanto all’art. 2 dello stesso decreto, esso prevede un’esenzione dagli oneri sociali per i nuovi posti di lavoro creati nelle imprese per il periodo di un anno dalla data di assunzione di un lavoratore disoccupato.

    5

    Risulta dalla decisione della Commissione 25 novembre 1999, 2000/394/CE, relativa alle misure di aiuto in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia previste dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, recanti sgravi degli oneri sociali (GU 2000, L 150, pag. 50; in prosieguo: la «decisione impugnata»), che, secondo i dati forniti dall’INPS per il periodo considerato compreso tra il 1995 e il 1997, sono stati concessi sgravi dei contributi sociali ad imprese situate sul territorio di Venezia e di Chioggia, in applicazione dell’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, per un ammontare medio annuo di ITL 73 miliardi (EUR 37,7 milioni), di cui hanno beneficiato 1645 imprese. Gli sgravi concessi ad imprese situate sul territorio di Venezia insulare o di Chioggia in applicazione dell’art. 2 di tale decreto hanno avuto un importo pari a ITL 567 milioni (EUR 292831) all’anno, di cui hanno beneficiato 165 imprese.

    B — Procedimento amministrativo

    6

    Con lettera del 10 giugno 1997, le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione, conformemente alle disposizioni della decisione 95/455 (v. il precedente punto 2), la citata legge n. 30/1997. Con lettera del 1o luglio 1997, seguita da un sollecito datato 28 agosto 1997, la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni riguardo all’estensione dell’ambito di applicazione del summenzionato regime di sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese stabilite a Venezia e a Chioggia.

    7

    In assenza di risposta, la Commissione, con lettera datata 17 dicembre 1997, ha comunicato alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento previsto dall’art. 88, n. 2, CE relativamente agli aiuti disposti dalle leggi n. 206/1995 e n. 30/1997, che estendevano l’ambito di applicazione degli sgravi degli oneri sociali previsti per il Mezzogiorno ai territori di Venezia insulare e di Chioggia.

    8

    Le autorità italiane hanno sospeso il regime di sgravi degli oneri sociali di cui trattasi a partire dal 1o dicembre 1997.

    9

    La decisione di avviare il procedimento è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 18 febbraio 1998. Il comitato «Venezia vuole vivere» (in prosieguo: il «comitato»), ricorrente, un’associazione che raggruppa le principali organizzazioni di operatori industriali e commerciali di Venezia e che è stato costituito a seguito dell’avvio del summenzionato procedimento d’indagine formale, per coordinare le azioni dirette a rimediare alla situazione svantaggiosa degli operatori stabiliti a Venezia, ha presentato le sue osservazioni con lettera del 17 marzo 1998 e ha fornito una memoria, corredata di uno studio effettuato dal COSES (Consorzio per la ricerca e la formazione), datato marzo 1998, concernente le difficoltà incontrate dalle imprese operanti nella laguna rispetto alle imprese situate sulla terraferma. Il 18 maggio 1998 anche il Comune di Venezia ha presentato una serie di osservazioni, corredate di un primo studio elaborato dal COSES sul medesimo argomento, datato febbraio 1998. Nelle sue osservazioni, il citato Comune ha sottolineato che, tra i beneficiari, vi erano anche le imprese municipalizzate, incaricate della prestazione di un servizio pubblico di interesse generale. Il comune invocava a loro favore l’applicazione dell’art. 86, n. 2, CE. Tutte queste osservazioni sono state inviate alla Repubblica italiana.

    10

    Le autorità italiane hanno presentato le loro osservazioni con lettera del 23 gennaio 1999. Con lettera datata 10 giugno 1999, esse hanno manifestato alla Commissione la loro piena adesione alle osservazioni del Comune di Venezia.

    11

    Con decisione 23 giugno 1999 la Commissione ha ingiunto alla Repubblica italiana di fornirle tutti i documenti e le informazioni necessari al fine di precisare il ruolo delle imprese municipalizzate e di esaminare la compatibilità con il mercato comune degli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi. Le autorità italiane hanno risposto con lettera del 27 luglio 1999. Il 12 ottobre 1999, ha avuto luogo a Bruxelles una riunione tra le dette autorità e i rappresentanti della Commissione.

    C — Decisione impugnata

    12

    Nella decisione impugnata la Commissione dichiara che costituiscono aiuti compatibili con il mercato comune gli sgravi degli oneri sociali di cui alle leggi menzionate, che rinviano all’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando tali sgravi sono accordati ad imprese, insediate sui territori di Venezia e Chioggia, le quali o sono qualificabili come piccole e medie imprese (in prosieguo: le «PMI») ai sensi della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle PMI (GU 1996, C 213, pag. 4), o sono imprese insediate in una zona legittimata a beneficiare della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, o sono imprese che assumono categorie di lavoratori con particolari difficoltà d’inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro, secondo gli orientamenti comunitari in materia di occupazione (GU 1995, C 334, pag. 4; art. 1, primo comma, e punto 105 della decisione impugnata).

    13

    Per quanto concerne la qualificazione come aiuto di Stato, nelle conclusioni che trae dalla sua valutazione delle misure esaminate nella motivazione della decisione impugnata (punto 110) la Commissione dichiara che le misure che rispettano la regola de minimis non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 87 CE, salvo per quel che riguarda i settori disciplinati del Trattato CECA nonché quelli della costruzione navale, dei trasporti, dell’agricoltura e della pesca, conformemente alla sua comunicazione relativa agli aiuti de minimis (GU 1996, C 68 del 6 marzo 1996, pag. 9).

    14

    Ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della decisione impugnata, costituiscono aiuti incompatibili con il mercato comune quelli previsti dall’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando sono accordati ad imprese che non sono PMI e che sono localizzate al di fuori delle zone legittimate a godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

    15

    A norma dell’art. 2 della decisione impugnata, gli sgravi degli oneri sociali concessi alle imprese situate nei territori di Venezia e Chioggia, di cui all’art. l del decreto ministeriale 5 agosto 1994, costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune.

    16

    Ai sensi dell’art. 3 della decisione impugnata, gli aiuti cui la Repubblica italiana ha dato esecuzione in favore dell’impresa municipalizzata ASPIV (Azienda servizi pubblici idraulici e vari Venezia) e del Consorzio Venezia nuova sono compatibili con il mercato comune in virtù delle deroghe previste, rispettivamente, dall’art. 86, n. 2, CE e dall’art. 87, n. 3, lett. d), CE.

    17

    L’art. 4 della decisione impugnata dichiara che le misure cui la Repubblica italiana ha dato esecuzione in favore delle imprese municipalizzate ACTV (Azienda del consorzio trasporti veneziano) e AMAV (Azienda multiservizi ambientali Venezia) e dell’impresa Panfido SpA non costituiscono aiuti ai sensi dell’art. 87 CE.

    18

    Con l’art. 5 della decisione impugnata, la Commissione ha ingiunto alla Repubblica italiana di recuperare presso i beneficiari gli aiuti incompatibili con il mercato comune di cui all’art. l, secondo comma, e all’art. 2, già illegittimamente posti a loro disposizione.

    19

    La decisione impugnata è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 23 giugno 2000.

    Procedimento e conclusioni delle parti

    20

    Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 16 e il 18 settembre 2000, i ricorrenti hanno proposto i presenti ricorsi.

    21

    Inoltre, altri 56 ricorsi sono stati proposti anche da altri ricorrenti contro la decisione impugnata, nei termini prescritti.

    22

    Con atti separati, depositati presso la cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2001, la Commissione ha sollevato alcune eccezioni di irricevibilità a titolo dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

    23

    Con decisione 25 gennaio 2001, il Tribunale ha rinviato le cause dinanzi alla Seconda Sezione ampliata, conformemente all’art. 51, n. 1, del regolamento di procedura.

    24

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 marzo 2001, la Repubblica italiana ha chiesto di intervenire, nella causa T-270/00, a sostegno delle conclusioni della ricorrente, la Società italiana per il gas SpA (Italgas). Il presidente della Seconda Sezione ampliata ha autorizzato tale intervento con ordinanza 19 giugno 2001.

    25

    Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura, il Tribunale, considerata la complessità dei criteri di compatibilità enunciati nella decisione impugnata, ha invitato la Repubblica italiana a precisare, per ciascun ricorrente nelle presenti cause, nonché nelle summenzionate 56 cause collegate, se si ritenesse obbligata, in esecuzione dell’art. 5 della decisione impugnata, a recuperare gli aiuti controversi erogati.

    26

    A seguito delle risposte della Repubblica italiana datate 25 settembre 2003 e 24 marzo 2004, il Tribunale ha dichiarato totalmente irricevibili 22 ricorsi e parzialmente irricevibili altri 6, nei confronti delle imprese ricorrenti risultate prive di interesse ad agire in quanto le competenti autorità nazionali avevano ritenuto, in sede di esecuzione della decisione impugnata, che tali imprese non avessero goduto di un aiuto incompatibile con il mercato comune, soggetto ad obbligo di recupero in forza di detta decisione (ordinanze del Tribunale 10 marzo 2005, cause riunite T-228/00, T-229/00, T-242/00, T-243/00, da T-245/00 a T-248/00, T-250/00, T-252/00, da T-256/00 a T-259/00, T-265/00, T-267/00, T-268/00, T-271/00, da T-274/00 a T-276/00, T-281/00, T-287/00 e T-296/00, Gruppo ormeggiatori del porto di Venezia e a./Commissione, Racc. pag. II-787; causa T-266/00, Confartigianato Venezia e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta; causa T-269/00, Baglioni Hotels e Sagar/Commissione, non pubblicata nella Raccolta; causa T-273/00, Unindustria e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, e causa T-288/00, Principessa/Commissione, non pubblicata nella Raccolta).

    27

    Il 12 maggio 2005, si è tenuta una riunione informale dinanzi al giudice relatore, con la partecipazione dei rappresentanti delle parti, nelle 37 cause in cui il ricorso non era stato dichiarato totalmente irricevibile. Le parti rappresentate hanno presentato le loro osservazioni e fornito il loro assenso sulla scelta di 4 cause pilota. A seguito di tale riunione informale, le presenti cause (T-254/00, T-270/00 e T-277/00) e la causa T-221/00 sono state designate come cause pilota.

    28

    In 29 delle altre cause collegate, il Tribunale ha ordinato la sospensione del procedimento su domanda congiunta delle parti.

    29

    Con ordinanza 12 settembre 2005, il presidente della Seconda Sezione ampliata, sentite le parti, ha riunito le cause T-254/00, T-270/00 e T-277/00 ai fini delle fasi scritta e orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.

    30

    Le fasi scritte concernenti le eccezioni d’irricevibilità si sono concluse con il deposito, tra il 5 e il 23 dicembre 2005, delle osservazioni scritte dei ricorrenti nelle tre cause riunite, nonché quelle della Repubblica italiana nella causa T-270/00.

    31

    Con ordinanza 18 maggio 2006, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso di riunire l’esame delle eccezioni d’irricevibilità a quello del merito. La fase scritta del procedimento è terminata il 23 febbraio 2007 per le cause T-254/00 e T-277/00, e il 26 novembre 2007 per la causa T-270/00.

    32

    A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione ampliata alla quale, di conseguenza, sono state attribuite le presenti cause.

    33

    Poiché il giudice T. Tchipev, a causa di un impedimento, non poteva partecipare ai lavori della sezione, il presidente del Tribunale, in osservanza dell’art. 32, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, ha nominato il giudice N. Wahl per integrare la sezione.

    34

    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale. La Commissione ha prodotto la documentazione richiesta nei termini stabiliti.

    35

    Con ordinanza 14 ottobre 2008, la causa T-221/00 è stata cancellata dal ruolo, in seguito alla rinuncia agli atti da parte della ricorrente.

    36

    La ricorrente nella causa T-254/00 chiede che il Tribunale voglia :

    annullare la decisione impugnata;

    in subordine, annullare l’art. 5 di detta decisione;

    in ulteriore subordine, annullare l’art. 5 della decisione impugnata per la parte in cui l’ordine di restituzione previsto da tale disposizione include anche gli aiuti consentiti sulla base del principio de minimis; e/o annullare tale articolo nella parte in cui prevede la corresponsione di un tasso di interesse superiore al tasso da essa effettivamente corrisposto sul proprio indebitamento;

    condannare la Commissione alle spese.

    37

    La ricorrente nella causa T-270/00 chiede che il Tribunale voglia:

    annullare gli artt. 1 e 2 della decisione impugnata, nella parte in cui essi dichiarano incompatibili con il mercato comune gli aiuti concessi sotto forma di esenzioni fiscali previste dal decreto ministeriale 5 agosto 1994;

    annullare l’art. 5 di detta decisione;

    condannare la Commissione alle spese.

    38

    I ricorrenti nella causa T-277/00 chiedono che il Tribunale voglia:

    annullare la decisione impugnata nei limiti del loro interesse;

    in subordine, annullare l’art. 5 della decisione impugnata nella parte in cui impone un obbligo di recuperare l’importo degli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi, e in cui prevede di aggiungere a tale importo gli interessi per il periodo considerato nella decisione impugnata;

    condannare la Commissione alle spese.

    39

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    dichiarare i ricorsi irricevibili o infondati;

    condannare i ricorrenti alle spese.

    Sulla ricevibilità

    40

    A sostegno della sua eccezione di irricevibilità, la Commissione deduce l’assenza della legittimazione ad agire tanto delle società ricorrenti, quanto del comitato «Venezia vuole vivere». In via preliminare, essa solleva un’eccezione di litispendenza nei confronti del ricorso proposto dal comitato nella causa T-277/00.

    A — Sull’asserita litispendenza nella causa T-277/00

    1. Argomenti delle parti

    41

    A sostegno della sua eccezione d’irricevibilità sollevata nei confronti del ricorso proposto dal comitato nella causa T-277/00, la Commissione ha invocato l’identità completa di questo ricorso e di quello che esso ha proposto nella causa T-274/00. Inoltre, essa ha sostenuto che il presente ricorso nella causa T-277/00 mirava all’annullamento della medesima decisione e si basava su motivi in gran parte analoghi a quelli dedotti nella causa T-231/00. Pertanto, il ricorso nella causa T-277/00 dovrebbe essere dichiarato irricevibile nei confronti del comitato, in parte per litispendenza per quanto riguarda la produzione di motivi identici, e in parte per violazione dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, per quanto riguarda la produzione di motivi nuovi.

    42

    Il comitato oppone la ricevibilità del suo ricorso.

    2. Giudizio del Tribunale

    43

    Dal momento che il comitato ha rinunciato agli atti nella causa T-274/00 (ordinanza di cancellazione dal ruolo 12 settembre 2005, causa T-274/00, Comitato «Venezia vuole vivere»/Commissione), l’eccezione d’irricevibilità relativo alla litispendenza può avere ormai come oggetto unicamente il ricorso proposto congiuntamente dall’Adriatica di navigazione Spa e dal comitato nella causa T-231/00. Tuttavia, occorre rilevare che il comitato ha proposto il ricorso nella causa T-277/00, unitamente alla Coopservice — Servizi di fiducia Soc. coop. rl, di modo che, anche qualora l’asserita litispendenza fosse dimostrata, essa sarebbe irrilevante nei confronti della ricevibilità di questo ricorso nei riguardi della Coopservice e, in particolare, dei motivi di merito esaminati nel caso di specie dal Tribunale, poiché questi ultimi sono stati dedotti congiuntamente dai due ricorrenti. Alla luce di ciò, in linea di principio il Tribunale non è tenuto ad esaminare l’eccezione di litispendenza sollevata nel caso di specie dalla Commissione.

    44

    Ad ogni modo, occorre notare che il ricorso proposto segnatamente dal comitato nella causa T-277/00 e mirante all’annullamento della medesima decisione, non si basa sugli stessi motivi formulati a sostegno del ricorso che esso aveva proposto precedentemente nella causa T-231/00. Ne deriva che non sono presenti nel caso di specie i presupposti ai quali la giurisprudenza subordina l’esistenza di una litispendenza (v., in tal senso, ordinanza Gruppo Ormeggiatori del porto di Venezia e a./Commissione, citata nel precedente punto 26, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, si deve rilevare che una serie di motivi, riguardanti la violazione dell’art. 88, n. 3, CE nonché dell’art. 15 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'articolo [88] CE (GU L 83, pag. 1), e la violazione dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE, dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE, e dell’art. 87, n. 3, lett. e), CE, sono invocati unicamente nella causa T-277/00.

    45

    Per quanto concerne, in particolare, il citato motivo relativo alla violazione dell’art. 88, n. 3, CE e dell’art. 15 del regolamento n. 650/1999, occorre notare che questo motivo, il quale mira a dimostrare che il regime di aiuti di cui trattasi costituisce un aiuto esistente, si basa sull’asserita continuità delle leggi n. 206/1995 e n. 330/1997, che hanno istituito questo regime di aiuti, con una legislazione precedente la quale prevedeva parimenti, a determinate condizioni, una serie di esenzioni dagli oneri sociali a favore delle imprese stabilite in determinate regioni italiane. Viceversa, il motivo relativo alla natura di aiuto esistente del regime di aiuti di cui trattasi, invocato nella causa T-231/00, si basa sulla differente idea che il regime di aiuti di cui trattasi sia stato istituito, per quanto concerne l’attività di cabotaggio interno, solo dopo la liberalizzazione di questo settore ad opera del diritto comunitario, nel 1999 (v. sentenza del Tribunale 15 giugno 2000, cause riunite T-298/97, T-312/97, T-313/97, T-315/97, da T-600/97 a T-607/97, T-1/98, da T-3/98 a T-6/98 e T-23/98, Alzetta e a./Commissione, Racc. pag. II-2319, punti 143 e 167). Ne consegue che gli argomenti del comitato invocati rispettivamente nelle cause T-231/00 e T-277/00, diretti a dimostrare che il regime di aiuti di cui trattasi costituiva un aiuto esistente, devono essere analizzati come motivi differenti.

    46

    Peraltro, contrariamente all’interpretazione della Commissione, l’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura osta unicamente alla produzione di motivi nuovi in pendenza di giudizio, a meno che tali motivi non si basino su elementi di diritto e di fatto venuti alla luce durante il procedimento. Esso è del tutto irrilevante ai fini della valutazione della ricevibilità di un ricorso avente il medesimo oggetto, pendente tra le medesime parti ma basato su motivi diversi da quelli invocati in un precedente ricorso. La giurisprudenza (v. il precedente punto 44) non subordina la ricevibilità di un ricorso di tal genere alla deduzione di elementi di diritto o di fatto nuovi. Infatti, la ricevibilità di un ricorso non può essere ammessa per causa di litispendenza soltanto quando detto ricorso pende tra le medesime parti, è diretto all’annullamento della medesima decisione e si basa sugli stessi motivi di un precedente ricorso.

    47

    Di conseguenza, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità per causa di litispendenza.

    B — Sull’asserita assenza di legittimazione ad agire delle imprese ricorrenti nelle cause T-254/00, T-270/00 e T-277/00

    1. Argomenti delle parti

    48

    La Commissione sostiene che le imprese ricorrenti non sono individualmente interessate dalla decisione impugnata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

    49

    Secondo la Commissione, i beneficiari di un regime di aiuti non sono individualmente interessati da una decisione che constata l’incompatibilità di tale regime e che ordina il recupero degli aiuti erogati, poiché una decisione di tal genere presenta una portata generale.

    50

    La Commissione ricorda che i beneficiari potenziali di un programma di aiuti non sono individualmente interessati da una decisione che dichiara tale regime incompatibile con il mercato comune. Inoltre, il giudice comunitario avrebbe dichiarato irricevibile il ricorso proposto dal beneficiario di un programma di aiuti illegittimo avverso la decisione con cui la Commissione aveva dichiarato tale regime incompatibile con il mercato comune, ma non aveva ordinato il recupero degli aiuti erogati (sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Kwekerij van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punto 15).

    51

    Orbene, ad avviso della Commissione, l’imposizione di un ordine di recupero non è idoneo a mutare la natura della sua decisione e non permette quindi di considerare che i beneficiari del programma di aiuti siano individualmente interessati.

    52

    A tale riguardo, la sentenza della Corte 19 ottobre 2000, cause riunite C-15/98 e C-105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I-8855), dovrebbe essere interpretata alla luce della situazione particolare della ricorrente, la Sardegna Lines — Servizi Marittimi della Sardegna SpA. Quest’ultima avrebbe in realtà beneficiato di un aiuto individuale concesso formalmente nell’ambito di un regime di aiuti. Infatti, il regime di aiuti considerato sarebbe stato applicabile a un numero molto ristretto di imprese, e la Sardegna Lines avrebbe beneficiato di gran parte degli aiuti erogati (almeno ITL 9,6 miliardi su un totale di ITL 12697450000). Peraltro, il regime di aiuti considerato sarebbe stato contrassegnato dall’ampio potere discrezionale di cui disponevano le autorità nazionali ai fini della concessione degli aiuti individuali in esecuzione di tale regime.

    53

    Allo stesso modo, nella sua sentenza 29 aprile 2004, causa C-298/00 P, Italia/Commissione (Racc. pag. I-4087, punto 39), la Corte avrebbe ammesso che i beneficiari del programma di aiuti considerato erano individualmente interessati, in quanto la Commissione conosceva il numero delle domande accolte e l’importo dei finanziamenti previsti per gli aiuti di cui trattasi. Inoltre, tale programma di aiuti sarebbe stato attuato mediante decisioni individuali.

    54

    Quanto alla soluzione adottata nella sentenza della Corte EFTA 21 luglio 2005, cause riunite E-5/04, E-6/04 ed E-7/04, Fesil and Finnjord e a./ Autorità di vigilanza EFTA, richiamata dalla società Hotel Cipriani SpA, ricorrente, essa non sarebbe applicabile alla presente fattispecie, in quanto la normativa relativa ai rapporti tra gli Stati membri dell’Associazione europea di libero scambio (in prosieguo: l’«EFTA»), l’Autorità di vigilanza e la Corte EFTA non prevede una disposizione analoga all’art. 234 CE, relativa alla possibilità di un rinvio pregiudiziale per un giudizio di validità degli atti delle istituzioni.

    55

    Peraltro, nella sua ordinanza Gruppo ormeggiatori del porto di Venezia e a./Commissione (citata nel precedente punto 26; punti 29 e segg.) il Tribunale avrebbe dichiarato irricevibili alcuni ricorsi, pur ammettendo la possibilità per la Commissione di denunciare il mancato recupero degli aiuti erogati da parte dello Stato membro interessato. L’irricevibilità di tali ricorsi non sarebbe dunque dipesa dal recupero o dal mancato recupero degli aiuti presso i ricorrenti. Infine, ai sensi della sentenza della Corte 23 febbraio 2006, cause riunite C-346/03 e C-529/03, Atzeni e a. (Racc. pag. I-1875, punti 33 e 34), non era evidente che fosse ricevibile il ricorso di annullamento, proposto da alcuni beneficiari di regimi di aiuti destinati a categorie di persone definite in maniera generale, avverso una decisione della Commissione che imponeva il recupero degli aiuti erogati.

    56

    La Commissione ritiene pertanto che le sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione e Italia/Commissione (citate, rispettivamente, nei precedenti punti 52 e 53) non modifichino la giurisprudenza costante, che escluderebbe la ricevibilità dei ricorsi di persone fisiche o giuridiche avverso decisioni relative a regimi di aiuti.

    57

    A tale riguardo, la Commissione ammette tuttavia che, quando l’esecuzione del programma di aiuti considerato necessita dell’adozione di misure individuali di esecuzione che implicano un potere discrezionale dell’autorità amministrativa competente, i beneficiari effettivi di un regime di aiuti possano essere considerati individualmente interessati dalla decisione della Commissione che constata l’incompatibilità del regime con il mercato comune e ordina il recupero degli aiuti erogati.

    58

    Nella fattispecie, i ricorrenti non sarebbero individualmente interessate dalla decisione impugnata per due motivi. Da un lato, gli sgravi degli oneri sociali considerati sarebbero stati concessi automaticamente a tutte le imprese situate sul territorio di Venezia o di Chioggia.

    59

    Dall’altro lato, la decisione impugnata concernerebbe un numero indeterminato e indeterminabile di imprese, in funzione delle loro caratteristiche oggettive, ossia del fatto che esse hanno dipendenti ed esercitano la loro attività in una zona geografica determinata. Anche se, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione poteva forse, come sostengono i ricorrenti, teoricamente determinare le imprese beneficiarie, con l’aiuto delle autorità nazionali, le sarebbe spettato esaminare il regime di aiuti, e non ciascun caso di applicazione specifica. L’unica eccezione avrebbe riguardato le imprese municipalizzate la cui situazione era stata illustrata in maniera specifica nelle osservazioni del Comune di Venezia, che il governo italiano ha fatto proprie. La Commissione avrebbe pertanto analizzato la situazione particolare di tali imprese che, a differenza dei ricorrenti, sarebbero perciò individualmente interessate dalla decisione impugnata.

    60

    Viceversa, poiché la Commissione non ha potuto stabilire, sulla base delle tabelle fornite dall’INPS, gli sgravi di cui aveva beneficiato individualmente ciascuna impresa, essa non avrebbe potuto constatare la concessione di aiuti a ciascun beneficiario. Lo Stato membro interessato avrebbe pertanto il compito di identificare le imprese beneficiarie tenute a restituire gli aiuti ricevuti, in esecuzione della decisione impugnata. Tale identificazione richiederebbe un’analisi complessa fondata su una serie di criteri di valutazione. Incomberebbe, infatti, alle autorità nazionali applicare, in ciascun caso individuale, i presupposti relativi all’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, nonché i criteri enunciati in maniera generale ed astratta nella decisione impugnata.

    61

    Un tale controllo dovrebbe essere effettuato dalle autorità nazionali competenti nell’ambito di una collaborazione leale con la Commissione. In caso di disaccordo, la Commissione potrebbe adire la Corte, in applicazione dell’art. 88, n. 2, secondo comma, CE. Quanto ai beneficiari della misura di cui trattasi, sarebbe loro possibile impugnare dinanzi al giudice nazionale eventuali decisioni di recupero adottate nei loro confronti, fondandosi sull’illegittimità della decisione della Commissione. La loro protezione giurisdizionale sarebbe assicurata dall’art. 234 CE.

    62

    Per tutte queste ragioni, e a differenza della decisione esaminata nella sentenza Italia/Commissione (citata nel precedente punto 52), la decisione impugnata avrebbe quindi lasciato aperta la possibilità che taluni sgravi degli oneri sociali considerati sfuggano alla qualificazione di aiuto di Stato o costituiscano aiuti compatibili con il mercato comune. Infatti, nella fatispecie la Commissione non avrebbe accertato la concessione di aiuti di Stato nei confronti di ciascun beneficiario e, pertanto, non avrebbe individuato le imprese tenute a restituire gli aiuti ricevuti in forza del regime di cui trattasi.

    63

    La Commissione ne deduce che le imprese ricorrenti non presentano qualità o caratteristiche particolari che sarebbero state evidenziate nella decisione impugnata, e non possono sostenere di aver subìto un danno specifico. Esse non possono quindi essere considerate individualmente interessate dalla decisione impugnata.

    64

    I ricorrenti e la Repubblica italiana, che interviene a sostegno dell’Italgas e aderisce alle sue osservazioni, ricordano che le imprese ricorrenti sono state oggetto di una decisione di recupero degli aiuti ricevuti, in sede di esecuzione della decisione impugnata. In circostanze analoghe, il giudice comunitario avrebbe riconosciuto l’esistenza di un nesso individuale.

    65

    In primo luogo, tutti i ricorrenti e la Repubblica italiana sono dell’avviso che, contrariamente alle affermazioni della Commissione, la decisione impugnata non presenti una portata generale e astratta, poiché i beneficiari effettivi di un programma di aiuti costituiscono un cerchia chiusa e sono identificabili al momento dell’adozione della decisione. Orbene, l’adozione di una decisione che prevede il recupero degli aiuti dichiarati incompatibili, al fine di sopprimerne gli effetti, implicherebbe che la Commissione verifichi preliminarmente gli effetti di tali aiuti. I ricorrenti precisano a tale riguardo che è sufficiente che le imprese beneficiarie possano essere individuate dalle competenti autorità nazionali, in sede di procedimento di recupero. I beneficiari effettivi potrebbero essere considerati come i destinatari diretti della decisione della Commissione. Peraltro, la società Hotel Cipriani e l’Italgas escludono che, in sede di esecuzione di tale decisione, le autorità nazionali siano abilitate a verificare, per ciascun caso specifico, se sussistano le condizioni per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (v. i successivi punti 121 e 135).

    66

    In secondo luogo, le società Hotel Cipriani e Coopservice sostengono inoltre che una decisione della Commissione relativa ad un programma di aiuti, che impone il recupero degli aiuti erogati, incide individualmente sugli interessi dei beneficiari effettivi dell’aiuto e costituisce nei loro confronti un atto recante pregiudizio.

    67

    Tutti i ricorrenti rigettano l’argomento della Commissione secondo cui gli interessati beneficerebbero di una protezione giurisdizionale effettiva dinanzi al giudice nazionale. La procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte offrirebbe loro possibilità molto meno ampie di far valere i propri argomenti. Inoltre, non sarebbe assolutamente garantito che il giudice nazionale proceda ad un rinvio pregiudiziale.

    68

    La Repubblica italiana sottolinea che gli sgravi degli oneri sociali considerati erano concessi alle imprese alla sola condizione che esse fossero situate sul territorio insulare di Venezia o di Chioggia. Alla luce di ciò, non sarebbe esistita, al momento dell’adozione della decisione impugnata, nessuna incertezza relativa all’identità dei beneficiari tenuti a restituire l’aiuto riscosso.

    2. Giudizio del Tribunale

    69

    La Commissione evidenzia giustamente l’esistenza, nel caso di specie, di un nesso diretto ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Essa rileva che le autorità italiane sono tenute, in virtù della decisione impugnata, ad eliminare gli aiuti dichiarati incompatibili ed a recuperare quelli concessi illegittimamente. Secondo la Commissione, tali autorità non dispongono di nessun potere discrezionale in sede di esecuzione della decisione impugnata.

    70

    Viceversa, secondo la Commissione, a livello generale i beneficiari effettivi di un regime di aiuti illegittimo non sono individualmente interessati da una decisione che constata l’incompatibilità di tale regime e che ordina il recupero degli aiuti erogati, poiché una decisione di tal genere si basa, in linea di principio, su un’analisi generale ed astratta di detto regime. Essa giustifica l’asserita mancanza di nessi individuali con la circostanza che il numero di beneficiari non sarebbe determinabile. In sede di esecuzione della decisione che ordini il recupero degli aiuti percepiti, lo Stato membro interessato, di conseguenza, avrebbe il compito di identificare le imprese beneficiarie tenute a restituirli.

    71

    In primo luogo, pertanto, la Commissione si oppone, alla tesi che la giurisprudenza sancisca la legittimazione ad agire dei beneficiari effettivi di un regime di aiuti avverso la decisione, la quale constati l’incompatibilità di tale regime e disponga il recupero degli aiuti dichiarati incompatibili. Essa suggerisce di limitare tale legittimazione ad agire ai casi in cui il regime di aiuti venga reso esecutivo mediante decisioni individuali (v. il precedente punto 56).

    72

    In secondo luogo, la Commissione propone di riconoscere alle autorità nazionali, in sede di esecuzione di una decisione di detta istituzione che dichiara l’incompatibilità di un regime di aiuti illegittimo, la competenza a verificare, in ciascun caso individuale, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE concernenti l’esercizio di un’attività economica, il pregiudizio per gli scambi intracomunitari e l’incidenza sulla concorrenza.

    73

    In via preliminare, occorre rilevare che una decisione della Commissione relativa a un regime di aiuti illegittimo, che imponga il recupero degli aiuti versati, è di portata generale, come asserisce la Commissione, nei confronti dei beneficiari effettivi di detto regime, in quanto si applica a situazioni determinate oggettivamente e produce effetti giuridici nei confronti dei beneficiari del citato regime, individuati in via generale ed astratta. Infatti, la mera circostanza che i beneficiari effettivi di un siffatto regime siano identificabili non fa sorgere nessun obbligo in capo alla Commissione di prendere in considerazione la loro posizione specifica. Pertanto, una decisione relativa a un regime di aiuti si basa, in linea di principio, su un controllo generale ed astratto del regime di aiuti in questione, il quale costituisce esso stesso un atto di portata generale (v. i successivi punti 83, 209, 219 e 230). Essa riveste, di conseguenza, una portata diversa da quella, per esempio, di una decisione ex art. 81 CE, che può essere considerata come un coacervo di decisioni individuali destinate alle imprese interessate (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., Racc. pag. I-5363, punti 39, 49 e 63). In particolare, il fatto che la decisione della Commissione imponga, in via generale ed astratta, il recupero degli aiuti corrisposti non è tale da conferire a questa decisione la natura di un complesso di decisioni individuali (v., per analogia, ordinanza della Corte 8 aprile 2008, causa C-503/07, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione, Racc. pag. I-2217, punto 72). Viceversa, quando la Commissione esamina la posizione individuale di determinati beneficiari effettivi di un regime di aiuti, la sua decisione presenta, nei confronti di questi ultimi, carattere individuale.

    74

    Inoltre, non è escluso che, in determinate circostanze, le disposizioni di un atto di portata generale possano riguardare individualmente determinate persone fisiche o giuridiche, quando queste ultime risultano coinvolte a causa di determinate qualità loro peculiari o di una situazione di fatto che le contraddistingue rispetto a qualsiasi altro soggetto (sentenza della Corte 18 maggio 1994, causa C-309/89, Codorniu/Consiglio, Racc. pag. I-1853, punti 19-21, sentenza del Tribunale 7 novembre 1996, causa T-298/94, Roquette Frères/Consiglio, Racc. pag. II-1531, e ordinanza del Tribunale 11 settembre 2007, causa T-28/07, Racc. pag. II-98, punto 60).

    75

    Nell’ambito di un siffatto contesto giuridico, occorre esaminare la posizione della Commissione, alla luce sia dei criteri giurisprudenziali per valutare l’esistenza di un nesso individuale, ex art. 230, quarto comma, CE, sia del sistema di controllo preventivo degli aiuti di Stato, quale istituito dal Trattato ed interpretato dalla giurisprudenza. A tale scopo, occorre valutare anzitutto la rilevanza del criterio relativo alle modalità di applicazione del regime di aiuti, alla luce della giurisprudenza basata sulle sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione e Italia/Commissione (v., rispetivamente, i precedenti punti 52 e 53) (1), nonché nell’ambito del sistema di controllo degli aiuti di Stato (2). Il Tribunale esaminerà poi l’argomento della Commissione relativo all’ampiezza delle competenze dello Stato membro interessato in sede di esecuzione della decisione che dichiara incompatibile con il mercato comune un regime di aiuti illegittimo e ordina il recupero degli aiuti versati (3).

    a) Valutazione del criterio relativo alle modalità d’applicazione del regime di aiuti, alla luce della giurisprudenza

    76

    Per quanto concerne anzitutto la giurisprudenza, occorre rilevare preliminarmente che, contrariamente a quanto afferma la Commissione, la Corte non ha escluso la legittimazione ad agire dei beneficiari effettivi di un regime di aiuti illegittimo avverso una decisione che dichiari tale regime incompatibile ed imponga il recupero degli aiuti corrisposti. A tale riguardo, la sentenza Kwekerij van der Kooy e a./Commissione (citata nel precedente punto 50), richiamata dalla Commissione, è irrilevante. Infatti, dalle conclusioni dell’avvocato generale Sir Gordon Slynn relative a quest’ultima causa (Racc. 1988, pag. 40) si evince che la Commissione non aveva introdotto un obbligo di recupero nella decisione allora oggetto del contendere. Benché essa si sia riservata, nell’ultimo punto della citata decisione, la facoltà di procedere a un recupero in una fase successiva, in udienza ha informato la Corte di non aver preso iniziative in tal senso.

    77

    Viceversa, dalle sentenze Italie e Sardegna Lines/Commissione e Italia/Commissione (v., rispettivamente, i precedenti punti 52 e 53) si ricava che, quando la Commissione accerta l’incompatibilità con il mercato comune di un regime di aiuti illegittimo e impone la restituzione degli aiuti corrisposti, tutti i beneficiari effettivi di questo regime sono individualmente interessati dalla decisione della Commissione (v., parimenti, sentenze del Tribunale 29 settembre 2000, causa T-55/99, CETM/Commissione, Racc. pag. II-3207, punto 25; 12 settembre 2007, cause riunite T-239/04 e T-329/04, Italia e Brandt Italia/Commissione, Racc. pag. II-3265, punto 44, e 20 settembre 2007, causa T-136/05, Salvat père & fils e a./Commissione, Racc. pag. II-4063, punti 69-73).

    78

    Infatti, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, dalla decisione esaminata nella causa Italia e Sardegna Lines/Commissione (v. il precedente punto 52) non risultava che la posizione specifica della Sardegna Lines fosse stata presa in considerazione dalla Commissione. In detta decisione, la Commissione si era limitata a dichiarare, in sede di illustrazione dei fatti, che essa era «venuta a conoscenza dell’esistenza del regime di aiuti a seguito di una denuncia presentata con riferimento ad un caso d’applicazione». Anche ipotizzando che la Commissione conoscesse la posizione della Sardegna Lines, è giocoforza constatare, da un lato, che essa non ha menzionato nominativamente tale impresa nella decisione allora impugnata e, dall’altro, che essa non ha indicato nessun elemento idoneo a contraddistinguere la sua posizione specifica. Al contrario, detta istituzione ha menzionato unicamente l’importo complessivo degli aiuti concessi sin dall’entrata in vigore del regime di aiuti di cui trattavasi, per concedere i prestiti e i leasing in questione. Su questa base, la Commissione ha operato successivamente un esame generale ed astratto del regime di aiuti allora in questione (v., in particolare, il punto VII della decisione allora impugnata). Alla luce di ciò, dalla citata sentenza Italia e Sardegna Lines/Commissione non si può dedurre che la Corte abbia giudicato che la posizione specifica della Sardegna Lines fosse stata presa in considerazione dalla Commissione. Al contrario, è ponendo a confronto i beneficiari potenziali di un regime di aiuti, concepito in modo astratto, ai beneficiari effettivi di un siffatto regime illegittimamente posto in esecuzione che la Corte ha dichiarato che la Sardegna Lines era individualmente interessata, «nella sua qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale concesso a titolo [del regime di aiuti a favore degli armatori sardi] e per il quale la Commissione ha ordinato il recupero» (punto 34 della sentenza). La citata menzione di «un aiuto individuale» riguarda manifestamente l’aiuto concesso alla Sardegna Lines in esecuzione del regime di aiuti controverso. Contrariamente all’interpretazione suggerita dalla Commissione, essa non può essere interpretata come un riferimento a un esame della situazione specifica della Sardegna Lines compiuto da detta istituzione, in quanto il regime di aiuti in questione non era applicabile automaticamente.

    79

    Questa analisi della sentenza Italia e Sardegna Lines/Commissione, citata nel precedente punto 52, è corroborata dalle conclusioni dell’avvocato generale Alber, presentate nella causa Italia/Commissione (v. il precedente punto 53; Racc.pag. I-4092). Nelle sue conclusioni, infatti, l’avvocato generale ha respinto l’argomento della Commissione secondo il quale il regime di aiuti controverso nella sentenza Italia e Sardegna Lines/Commissione (v. il precedente punto 52) era stato attuato mediante provvedimenti esecutivi discrezionali delle autorità nazionali. Egli ha sottolineato a tale riguardo:

    «La Corte [nel punto 34 della sua sentenza] (…) ha fatto riferimento soltanto al fatto che la ricorrente Sardegna Lines era interessata quale beneficiaria di un aiuto del quale la Commissione aveva ordinato il recupero, senza menzionare altre circostanze che la individuassero, come ad esempio l’esame del suo caso nel procedimento amministrativo» (paragrafo 71 delle conclusioni).

    80

    Nella sua sentenza Italia/Commissione (v. il precedente punto 53), la Corte ha confermato chiaramente la soluzione accolta nella sentenza Italia e Sardegna Lines/Commissione (v. il precedente punto 52). È importante sottolineare che il regime di aiuti settoriale in questione nella causa conclusasi con la sentenza Italia/Commissione riguardava un numero rilevante di autotrasportatori di merci. A differenza della Sardegna Lines (v. il precedente punto 53), nessuno dei trasportatori ricorrenti si distingueva dagli altri beneficiari del regime di aiuti esaminato per l’importanza degli aiuti ricevuti o per un ruolo particolare svolto durante il procedimento amministrativo. La Corte ha dichiarato che le imprese ricorrenti si trovavano in una posizione diversa da quella di richiedenti per i quali una decisione della Commissione riveste il carattere di misura di portata generale, poiché essi erano interessate «nella loro qualità di beneficiari effettivi degli aiuti individuali concessi a titolo di questo regime e per i quali la Commissione [aveva] ordinato il recupero» (punto 39 della sentenza).

    81

    Inoltre, il citato punto 39 di detta sentenza Italia/Commissione (v. il precedente punto 53), benché laconico, contiene comunque precisazioni importanti per quanto concerne la giustificazione della legittimazione ad agire delle imprese che abbiano beneficiato di un regime di aiuti illegittimo. Infatti, in esso la Corte sottolinea che la decisione allora impugnata menzionava «il numero delle domande accolte e l’importo dei finanziamenti previsti per gli aiuti di cui trattasi», durante il periodo preso in considerazione, e ne deduce che «la Commissione non poteva quindi ignorare l’esistenza di detti beneficiari effettivi». Essa distingue in tal modo espressamente la posizione dei beneficiari effettivi, che erano identificabili e la cui situazione era particolarmente colpita dall’ordine di recupero, da quella dei beneficiari potenziali.

    82

    Alla luce, in particolare, delle summenzionate conclusioni dell’avvocato generale Alber, presentate nella causa Italia/Commissione (v. il precedente punto 53; paragrafi 74-85), il citato punto 39 della sentenza Italia/Commissione può essere interpretato, quindi, come un riconoscimento del fatto che le imprese ricorrenti erano contraddistinte rispetto a qualsiasi altro operatore dalla circostanza che esse costituivano una cerchia chiusa di soggetti, colpiti in modo speciale dall’ordine di recupero. In particolare, a differenza dei beneficiari potenziali di un regime di aiuti, i beneficiari effettivi del regime di aiuti allora in considerazione rappresentavano un gruppo ristretto, poiché l’esecuzione di tale regime era stata interrotta ancor prima dell’adozione della decisione impugnata, di modo che la Commissione era in grado di identificarli, in via di principio, con l’aiuto delle autorità nazionali, in sede di adozione della decisione impugnata. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la Corte non ha subordinato il riconoscimento di un nesso individuale all’identificazione concreta dei beneficiari del regime di aiuti preso in considerazione e all’analisi della loro specifica posizione da parte della Commissione.

    83

    Occorre sottolineare che, benché una decisione riguardante un regime di aiuti abbia portata generale, in quanto la Commissione svolge un esame generale ed astratto di tale regime (v. il precedente punto 73), una siffatta decisione fa riferimento unicamente a un determinato regime di aiuti. Pertanto, essa è priva di natura normativa e non costituisce atto di determinazione di una politica comunitaria, bensì rientra tra i casi di applicazione delle norme dell’ordinamento comunitario relative, nel caso di specie, agli aiuti di Stato, a differenza di atti di natura normativa, i quali si applicano alla generalità degli operatori economici interessati (v., per esempio, sentenza della Corte 14 febbraio 1989, causa 206/87, Lefebvre/Commissione, Racc. pag. 75; sentenza Roquette Frères/Consiglio, citata nel precedente punto 74, punto 42, e ordinanza Fels-Werke e a./Commissione, citata nel precedente punto 74, punti 61-63).

    84

    In tale contesto giuridico, il fatto di appartenere alla cerchia chiusa dei beneficiari effettivi di un regime di aiuti, colpiti in modo speciale dall’obbligo di recupero degli aiuti versati imposto dalla Commissione allo Stato membro interessato, basta a contrassegnare tali beneficiari rispetto a qualsiasi altro soggetto, conformemente alla giurisprudenza (v. sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 197). In tali circostanze, l’individuazione deriva dalla lesione speciale recata dall’ordine di recupero agli interessi dei membri perfettamente identificabili di tale cerchia chiusa.

    85

    Se la legittimazione ad agire del beneficiario effettivo di un regime di aiuti fosse subordinata all’esame della sua posizione individuale, detta legittimazione dipenderebbe dalla scelta della Commissione, nella decisione impugnata, di procedere o meno a un siffatto esame individuale, in base alle informazioni comunicatele durante il procedimento amministrativo. Tale soluzione causerebbe un’incertezza del diritto in quanto la conoscenza, da parte della Commissione, delle concrete posizioni individuali dipende spesso dal caso (conclusioni dell'avvocato generale Alber presentate nella causa Italia/commissione, citate nel precedente punto 79, paragrafo 83). Inoltre, nell’ipotesi in cui un beneficiario denunciasse dinanzi al Tribunale l’omesso esame individuale della sua posizione da parte della Commissione, in considerazione, per esempio, delle informazioni a suo riguardo fornite alla citata istituzione durante il procedimento amministrativo, la ricevibilità del suo ricorso sarebbe vincolata all’esame dei motivi di merito. In un tale contesto, la complessità e la difficile prevedibilità dell’esito del giudizio di ricevibilità aumenterebbero l’incertezza del diritto.

    86

    Infine, occorre ricordare che il criterio della cerchia chiusa, i cui membri siano colpiti in modo speciale da una decisione della Commissione, è stato accolto dalla Corte parimenti nella sua sentenza 22 giugno 2006, cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgio e Forum 187/Commissione (Racc. pag. I-5479, punti 58-64). A proposito, in particolare, dei centri di coordinamento che erano in attesa del rilascio dell’autorizzazione, la Corte ha giudicato, sulla falsariga delle sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione e Italia/Commissione (citate, rispettivamente, nei precedenti punti 52 e 53), che tali centri erano individualmente interessati in quanto erano «perfettamente identificabili nel momento in cui la decisione impugnata è stata adottata» (v. sentenza Belgio e Forum 187/Commissione, citata, punto 61, e conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate in tale causa, Racc. pag. I-5485, paragrafi 196 e 197). Relativamente ai centri le cui domande di rinnovo erano pendenti all’atto della notifica della decisione allora impugnata, la Corte ha dichiarato che tali beneficiari potenziali erano legittimati ad agire, alla luce delle particolari circostanze del caso di specie, in quanto facevano parte di una cerchia chiusa i cui membri erano colpiti in modo speciale dalla decisione impugnata, poiché non avrebbero più potuto ottenere il rinnovo dell’autorizzazione (v. sentenza Belgio e Forum 187/Commissione, citata, punti 62 e 63, e conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate nella medesima causa, paragrafo 211).

    87

    Alla luce del complesso di questi principi giurisprudenziali, il criterio basato sulle modalità di esecuzione del regime di aiuti, proposto dalla Commissione, risulta irrilevante. In particolare, dall’analisi delle sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione e Italia/Commissione (citate, rispettivamente, nei precedenti punti 52 e 53) risulta impossibile affermare che la Corte abbia preso in considerazione la circostanza, già invocata dalla Commissione nelle cause sfociate nelle dette sentenze, che il regime di aiuti in questione fosse stato applicato concretamente tramite provvedimenti amministrativi di esecuzione, che avevano implicato l’esercizio di un potere discrezionale. Peraltro, va notato che la sentenza CETM/Commissione (citata nel precedente punto 77) e la sentenza della Corte EFTA Fesil and Finnfjord e a./Autorità di sorveglianza dell’EFTA (citata nel precedente punto 54) riguardavano regimi di aiuto che operavano automaticamente a favore delle imprese in possesso dei requisiti stabiliti dai medesimi regimi. Dalla sentenza della Corte EFTA (punto 46) si evince che, nelle sue osservazioni, la Commissione aveva già sostenuto, avverso la ricevibilità del ricorso, che i regimi di aiuto presi in considerazione nelle citate sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione (v. il precedente punto 52) e Italia/Commissione (v. il precedente punto 53) non si applicavano automaticamente alle imprese in possesso di determinati requisiti, bensì legittimavano le competenti autorità nazionali a concedere agevolazioni ai beneficiari mediante successivi provvedimenti amministrativi. Tale distinzione non è stata giudicata rilevante dalla Corte EFTA, come dimostra il fatto che essa ha fatto richiamo alla motivazione, concisa ma chiara, delle due citate sentenze della Corte.

    88

    Per quanto concerne l’ordinanza Gruppo ormeggiatori del porto di Venezia e a./Commissione (citata nel precedente punto 26), invocata dalla Commissione (v. il precedente punto 55), i ricorrenti rilevano giustamente che essa è irrilevante ai fini della valutazione della legittimazione ad agire. Infatti, in detta ordinanza il Tribunale non ha esaminato la legittimazione ad agire delle imprese interessate, ma ha dichiarato irricevibili, per mancanza di interesse ad agire, alcuni ricorsi proposti da imprese che, nel frattempo, erano state escluse dal procedimento di recupero degli aiuti in questione posto in atto dalle autorità nazionali in esecuzione della decisione impugnata. A tale riguardo, occorre ricordare che, per dimostrare l'esistenza di un interesse ad agire all'atto della presentazione del ricorso, basta che un'impresa sostenga in maniera adeguata di aver beneficiato di provvedimenti a titolo del regime di aiuti in questione, che possano essere colpiti dalla dichiarazione di incompatibilità con il mercato comune pronunciata dalla Commissione nella decisione relativa al caso. Non spetta al Tribunale, nell'ambito di un ricorso avverso la decisione della Commissione relativa a un regime di aiuti, pronunciarsi sull'applicazione concreta dei criteri enunciati in questa decisione, al fine di determinare se i provvedimenti in questione a favore di una determinata impresa debbano essere considerati come aiuti incompatibili con il mercato comune, in forza della detta decisione. Infatti, spetta alle competenti autorità nazionali, in sede di esecuzione di una decisione siffatta, applicare in ciascuna ipotesi individuale i suddetti criteri, sotto il controllo della Commissione.

    89

    In tale contesto, la citata ordinanza Gruppo ormeggiatori del porto di Venezia e a./Commissione, citata nel precedente punto 26, si limita ad escludere un qualsiasi interesse ad agire di un’impresa ricorrente quando, dopo la presentazione del ricorso, appaia evidente che, secondo la valutazione delle autorità nazionali in sede di esecuzione della decisione della Commissione, i provvedimenti di cui tale impresa ha beneficiato a titolo del regime di aiuti in questione non sono soggetti ad obbligo di recupero, o perché essi non rientrano, in base a questa decisione, nella sfera d'applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, o perché essi soddisfano i criteri di compatibilità con il mercato comune enunciati della detta decisione. In questa ordinanza (punto 26), il Tribunale ha respinto, in particolare, l'argomento delle imprese interessate riguardante il potere della Commissione, nell'ambito del controllo sull’esecuzione della sua decisione da parte dello Stato membro interessato, di imporre successivamente a quest'ultimo di procedere al recupero dei presunti aiuti presso queste imprese, proprio perché una siffatta circostanza presentava solo carattere futuro e incerto.. Nel caso di specie, del resto, è pacifico che le imprese ricorrenti sono state oggetto di una decisione di recupero da parte delle autorità nazionali, che conferma il loro interesse ad agire.

    90

    Nella sentenza Atzeni e a. (v. il precedente punto 55), parimenti invocata dalla Commissione, la Corte si limita a precisare che un rinvio pregiudiziale motivato da questioni di validità è irricevibile quando verte su una decisione della Commissione relativa a un regime di aiuti, in quanto la legittimazione ad agire delle imprese interessate ex art. 230, quarto comma, CE implicava un’analisi complessa e, di conseguenza, essa non risultava evidente. Questa sentenza si inserisce nel solco della giurisprudenza sviluppatasi in seguito alla sentenza della Corte 9 marzo 1994, causa C-355/95 P, TWD Textilwerke Deggendorf (Racc. pag. I-833), secondo la quale un’eccezione d’irricevibilità può essere opposta all’invocazione, in via di eccezione, dell’illegittimità di una decisione della Commissione, dinanzi al giudice nazionale, solo se è assolutamente pacifico che le imprese beneficiarie dell’aiuto avevano il diritto di impugnare la decisione della Commissione ed erano state messe al corrente di tale diritto (sentenza TWD Textilwerke Deggendorf, citata, punto 24; sentenze della Corte 12 dicembre 1996, causa C-241/95, Accrington Beef e a., Racc. pag. I-6699, punti 15 e 16, e 11 novembre 1997, causa C-408/95, Eurotunnel e a., Racc. pag. I-6315, punto 28). Inoltre, dalla sentenza Italia/Commissione (v. il precedente punto 53; punto 31) si ricava che la Corte ha già implicitamente respinto l’argomento della Commissione secondo il quale, se i beneficiari effettivi di un regime di aiuti fossero riconosciuti legittimati ad agire avverso la decisione della Commissione, che dichiara tale regime incompatibile e impone il recupero degli aiuti versati, dovrebbe essere dichiarato irricevibile qualsiasi rinvio pregiudiziale concernente il recupero di siffatti aiuti, in applicazione della giurisprudenza sviluppatasi sulla base della citata sentenza TWD Textilwerke Deggendorf (v., a tal riguardo, le citate conclusioni dell’avvocato generale Alber presentate nella causa Italia/Commissione, citata nel precedente punto 79, paragrafi 86-89). Bisogna aggiungere peraltro che ai beneficiari effettivi non può comunque essere negata la facoltà di sollevare un'eccezione di illegittimità avverso la decisione della Commissione dinanzi al giudice nazionale quando, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto o della complessità dei criteri enunciati in detta decisione per definire gli aiuti incompatibili con il mercato comune, soggetti all’obbligo di recupero, la questione riguardante l’esistenza o meno di un obbligo, per detti beneficiari, di restituire gli aiuti in questione in esecuzione della decisione della Commissione possa aver ragionevolmente sollevato all’inizio taluni dubbi, di modo che non risultasse manifesto il loro interesse ad agire (ordinanza Gruppo ormeggiatori del porto di Venezia/Commissione, citata nel precedente punto 26, punto 31).

    91

    Nel caso di specie, dalla decisione impugnata (punto 13) si evince, senza contestazioni da parte dei ricorrenti, che, come nella causa che ha portato alla sentenza Italia/Commissione (v. il precedente punto 53), la Commissione conosceva il numero esatto di imprese beneficiarie nonché l’importo globale, da un lato, degli sgravi generali degli oneri sociali concessi ex art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994 e, dall’altro, delle esenzioni dagli oneri sociali per i nuovi posti di lavoro concesse ex art. 2 del medesimo decreto ministeriale, durante il periodo preso in considerazione.

    92

    Ne deriva che i beneficiari del regime di aiuti di cui trattasi erano perfettamente identificabili nel momento in cui la decisione impugnata è stata adottata. Alla luce di ciò, da quanto sin qui esposto si evince che le imprese ricorrenti devono essere considerate individualmente interessate da tale decisione.

    93

    L’analisi della giurisprudenza (v. i precedenti punti 74-85), sulla quale si fonda questa conclusione, è confermata dall’esame del sistema comunitario di controllo degli aiuti di Stato, il quale osta all’accoglimento dei criteri ed argomenti dedotti dalla Commissione, come si evince dai seguenti punti.

    b) Valutazione del criterio basato sulle modalità di applicazione del regime di aiuti, alla luce del sistema comunitario di controllo degli aiuti di Stato

    94

    L’esame del sistema comunitario di controllo degli aiuti di Stato corrobora l’irrilevanza del criterio relativo alle modalità di applicazione del regime di aiuti, invocato dalla Commissione.

    95

    Questo criterio, se fosse accolto, comporterebbe un’incertezza del diritto per i soggetti dell’ordinamento, poiché la determinazione del giudice competente dipenderebbe anzitutto dalle modalità di applicazione del regime di aiuti preso in considerazione e poi, qualora tale regime fosse automaticamente applicabile, da un esame eventuale, da parte della Commissione, della posizione individuale di alcuni fra i beneficiari (v. il precedente punto 83). Ebbene, un criterio del genere risulta privo di qualsiasi giustificazione alla luce del requisito relativo all’esistenza di un nesso individuale, nel sistema comunitario di controllo degli aiuti di Stato. Infatti, le modalità di applicazione di un regime di aiuti non incidono né sulla possibilità, per la Commissione, di individuare i beneficiari, né sul controllo svolto da detta istituzione, né sulla portata dell’obbligo di recupero per i beneficiari.

    96

    In primo luogo, dalla giurisprudenza si ricava che i beneficiari effettivi di un regime di aiuti sono individuati in base alla loro appartenenza a una cerchia chiusa di soggetti, colpiti in modo speciale dall’ordine di recupero (v. i precedenti punti 77-84). Ebbene, poiché, in tutti i casi, questi beneficiari effettivi costituiscono proprio una cerchia chiusa, essi sono sempre perfettamente identificabili all’atto dell’adozione della decisione della Commissione, a prescindere dal fatto che il regime sia applicabile automaticamente oppure necessiti dell’adozione di misure individuali di esecuzione.

    97

    In secondo luogo, in considerazione della portata generale di un qualsiasi regime di aiuti, nulla giustifica a priori che la natura e la portata del controllo della Commissione vari a seconda che tale regime preveda che gli aiuti siano concessi automaticamente oppure tramite provvedimenti di esecuzione. Infatti, in presenza di un regime di aiuti illegittimo, spetta in linea di principio unicamente alla Commissione esaminare le caratteristiche generali e astratte di tale regime (v. il precedente punto 73). Di conseguenza, anche quando il regime di aiuti sia stato attuato tramite decisioni individuali implicanti l’esercizio di un potere discrezionale, la Commissione non è obbligata, per tale motivo, a procedere a un esame di ciascuna specifica decisione di concessione e a valutare, in particolare, in ciascun caso individuale se siano soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    98

    In terzo luogo, in sede di procedimento nazionale di recupero, la circostanza che il regime di aiuti sia stato eseguito automaticamente o tramite decisioni individuali non ha nessuna incidenza sulla portata della decisione della Commissione nei confronti dei beneficiari. Infatti, nelle due ipotesi, le autorità nazionali sono legittimate unicamente a dare esecuzione a tale decisione generale ed astratta. Non spetta loro verificare se siano soddisfatti in ciascun caso specifico i requisiti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (v. i successivi punti 98-100).

    99

    Peraltro, il fatto che gli aiuti siano stati concessi mediante provvedimenti individuali di applicazione del regime di aiuti non riduce necessariamente la complessità delle valutazioni, che le autorità devono compiere al fine di dare esecuzione alla decisione della Commissione, nella quale le suddette decisioni individuali, in linea di principio, non sono prese in considerazione (v. il precedente punto 97). Ad ogni modo, siccome le autorità nazionali si limitano in tutti i casi ad eseguire la decisione della Commissione, il grado di complessità delle loro valutazioni in sede di recupero degli aiuti non costituisce un criterio rilevante per determinare se i beneficiari effettivi siano o meno individualmente interessati da detta decisione. Del resto, l’argomento relativo alla complessità di siffatte valutazioni, già invocato dalla Commissione nell’ambito dell’impugnazione da essa proposta che ha portato alla citata sentenza Italia/Commissione (v. il precedente punto 53), è stato respinto implicitamente dalla Corte in tale sentenza.

    c) L’asserita competenza delle autorità nazionali a verificare, in ciascun caso individuale, l’esistenza di un aiuto, in sede di esecuzione di un ordine di recupero

    100

    Tuttavia, al fine di dimostrare che i beneficiari effettivi di un regime di aiuti non sono individualmente interessati da una decisione della Commissione che accerta l’incompatibilità di detto regime e impone il recupero degli aiuti versati, la Commissione sostiene che, in sede di esecuzione di detta decisione, lo Stato membro interessato è competente non solo ad applicare i criteri enunciati nella decisione impugnata, ma anche a verificare in ciascun caso specifico se siano soddisfatti i requisiti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE alla luce della posizione individuale dell’impresa interessata.

    101

    La Commissione non fornisce tuttavia nessuna giustificazione a sostegno di questa tesi, se non quella che il regime di aiuti in considerazione nella fattispecie non presentava carattere settoriale, ma si applicava a tutte le imprese insediate nel territorio insulare di Venezia o di Chioggia, di modo che la Commissione non era in grado di valutare se i requisiti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE fossero soddisfatti in ciascuno dei molteplici settori di attività interessati. È allo Stato membro interessato che spetterebbe, di conseguenza, effettuare un tale controllo.

    102

    Ebbene, in via preliminare è giocoforza constatare, da un lato, che sembra che la Commissione suggerisca così che, in sede di esecuzione di una decisione che constata l’incompatibilità di un regime di aiuti multisettoriale e impone il recupero degli aiuti versati, le autorità nazionali siano automaticamente legittimate a verificare se siano soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE nei settori di attività economica nei quali la Commissione non ha esaminato l’incidenza delle misure prese in considerazione sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza. La sfera di applicazione di questa competenza delle autorità nazionali dipenderebbe pertanto dall’ampiezza dell’esame svolto dalla Commissione, a sua volta dipendente dalle informazioni comunicate a tale istituzione nel corso del procedimento amministrativo, di modo che la delimitazione della suddetta competenza delle autorità nazionali sarebbe soggetta a un’incertezza del diritto (v. il precedente punto 85 e i successivi punti 229-234).

    103

    D’altronde, nel caso di specie dalla decisione impugnata si evince che la Commissione ha escluso dalla qualificazione di aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, unicamente le esenzioni dagli oneri sociali di cui trattasi che rispettano la regola de minimis (v. il precedente punto 13). Infatti, anche se il dispositivo della decisione impugnata non fa nessun riferimento alla regola de minimis, esso forma un tutt’uno con la motivazione di questa decisione e dev’essere interpretato pertanto alla luce e nel contesto del complesso dei ragionamenti che hanno condotto alla sua adozione (v. sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C-355/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I-2549, punto 21, e sentenza Alzetta e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 163). Di conseguenza, dal momento che la Commissione dichiara, nel punto 110 della decisione impugnata, che le misure che rispettano la regola de minimis non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 87 CE, queste misure non sono soggette all’obbligo di recupero imposto dall’art. 5 di tale decisione. Peraltro, la decisione impugnata non contiene nessuna indicazione che consenta di escludere altre esenzioni dagli oneri sociali di cui trattasi dall’obbligo di recupero, in quanto non costituirebbero aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

    104

    In questo contesto, la tesi sostenuta dalla Commissione, secondo la quale, in sede di esecuzione della decisione impugnata, le autorità nazionali sarebbero competenti a verificare in ciascun caso specifico se siano soddisfatti i requisiti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, non trova nessuna conferma nella giurisprudenza. A questo proposito, la Commissione invoca unicamente, nel suo controricorso, la sentenza della Corte 7 marzo 2002, causa C-310/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I-2289), da cui risulta che, esaminando il motivo relativo all’insufficiente motivazione, la Corte ha constatato che la Commissione, analizzando le caratteristiche del regime di aiuti allora in esame e illustrando la sua analisi con l’esempio di uno fra i settori di attività interessati da detto regime, aveva dimostrato validamente che questo regime concedeva un vantaggio rilevante ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti ed era tale da agevolare essenzialmente imprese che partecipano agli scambi tra gli Stati membri (punti 88-90 della sentenza). Dopo aver sottolineato che «la decisione impugnata non doveva contenere un’analisi degli aiuti concessi in casi individuali sulla base di tale regime», la Corte ha aggiunto: «È solo a livello del recupero degli aiuti che si renderà necessario verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata» (punto 91). In mancanza di una qualsiasi indicazione in tal senso, nulla autorizza ad interpretare quest’ultima frase come un riferimento a un esame specifico dei requisiti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE in sede di procedimento di recupero degli aiuti. Al contrario, nel contesto della controversia, sembra piuttosto che la Corte si sia limitata a porre l’accento sull’adeguatezza dell’analisi generale ed astratta del regime di aiuti, svolta nella decisione dalla Commissione, sottolineando che un esame della posizione individuale dei beneficiari sarebbe stata necessaria solo al fine di recuperare gli aiuti proprio in esecuzione di detta decisione (v. il precedente punto 73 e il successivo punto 209).

    105

    Per di più, la soluzione difesa nel caso di specie dalla Commissione è in contraddizione con la giurisprudenza consolidata, la quale è ben attenta a non riservare agli aiuti illegittimi un trattamento più favorevole di quello per gli aiuti regolarmente notificati. In particolare, si è giudicato che, nell’ipotesi in cui un nuovo aiuto sia stato concesso senza essere stato preventivamente notificato, la Commissione non è tenuta, per questo, a provare l’esistenza di un’incidenza reale di tale aiuto sugli scambi e sulla concorrenza. Infatti, un simile onere favorirebbe gli Stati membri che versano aiuti in violazione dell’obbligo di notifica a detrimento di quelli che notificano il progetto di aiuti (v. sentenza Alzetta e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 79).

    106

    Ebbene, ammettere che lo Stato membro interessato, in sede di esecuzione della decisione della Commissione riguardante un regime di aiuti illegittimo, possa verificare in ciascun caso individuale se siano soddisfatti i presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE equivarrebbe ad attribuire a detto Stato membro, in caso di violazione del suo obbligo di notifica, un potere che sino ad oggi non gli è stato riconosciuto dalla giurisprudenza, quando una decisione della Commissione abbia dichiarato un regime di aiuti notificato incompatibile con il mercato. Di conseguenza, se si dovesse accogliere, nel caso di specie, la tesi della Commissione, solo il riconoscimento di poteri analoghi dello Stato interessato in presenza di una decisione della Commissione che dichiari un regime notificato incompatibile con il mercato comune consentirebbe di evitare lo scoglio di un trattamento più favorevole degli aiuti non notificati.

    107

    A questo proposito occorre rilevare che, ponendo termine a taluni interrogativi riguardanti la sfera di applicazione dell’obbligo di notifica enunciato dall’art. 88, n. 3, CE, la Corte ha dichiarato che solo gli aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE sono soggetti alla procedura di notifica (v. sentenza della Corte 21 luglio 2005, causa C-71/04, Xunta de Galicia, Racc. pag. I-7419, punto 32). Secondo la stessa logica, in materia di provvedimenti concessi al fine di compensare i costi causati dall’esecuzione di obblighi di servizio pubblico, dalla sentenza della Corte 24 luglio 2003, causa C-280/00, Altmark (Racc. pag. I-7747, punti 87 e 94; in prosieguo: la «sentenza Altmark»), si evince che provvedimenti di tal genere non sono soggetti all’art. 87, n. 1, CE e pertanto non devono essere notificati qualora soddisfino i requisiti enunciati in questa sentenza. Viceversa, il giudice comunitario non è stato ancora chiamato a decidere se provvedimenti concessi in forza di un regime di aiuti, o, per esempio, a un ente che non sia un’impresa ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, oppure, a titolo di indennizzo, a un’impresa incaricata dell’esecuzione di obblighi di pubblico servizio nel rispetto dei requisiti enunciati nella citata sentenza Altmark, sfuggano alla qualifica di aiuti e, di conseguenza, possano essere attuati senza autorizzazione della Commissione, anche qualora detta istituzione abbia dichiarato preliminarmente incompatibile con il mercato comune il regime di aiuti.

    108

    Ciò nondimeno, è importante sottolineare che la competenza dello Stato membro interessato, confermata dalla sentenza Xunta de Galicia (v. il precedente punto 107), di qualificare un provvedimento alla luce dei presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, al fine di accertare se esso sia soggetto all’obbligo di notifica e di osservanza degli effetti sospensivi enunciato dall’art. 88, n. 3, CE, non consente allo stesso di sfuggire al potere di controllo conferito dal Trattato alla Commissione, una volta che quest’ultima abbia deciso di avviare il procedimento formale di indagine di cui all’art. 88, n. 2, CE. Sia che si tratti del controllo preventivo di un aiuto notificato o del controllo a posteriori di un aiuto illegittimo, questo controllo verte in linea di principio sia sulla qualifica dell’aiuto sia, eventualmente, sulla sua compatibilità ed è effettuato, in linea di principio, dalla Commissione in base alle sole caratteristiche generali del regime. La soluzione caldeggiata nel caso di specie dalla Commissione implicherebbe pertanto non solo un’importante delega di poteri allo Stato membro interessato, ma anche una modifica della sostanza del controllo dei regimi di aiuto, poiché lo Stato membro potrebbe prendere sistematicamente in considerazione, all’atto di eseguire la decisione della Commissione, la posizione individuale di ciascun beneficiario al fine di qualificare il provvedimento di cui esso abbia goduto, malgrado l’accertamento compiuto da tale istituzione di un’incidenza del regime di aiuti in questione sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza. Ebbene, persino in presenza di un regime multisettoriale, il riconoscimento di una competenza siffatta non si giustifica ai fini di una limpida applicazione dei presupposti enunciati dall’art. 87, n. 1, CE. Infatti, in sede di esame di un regime di tal genere da parte della Commissione, lo Stato membro interessato ha la possibilità, attirando con l’opportuna documentazione l’attenzione di questa istituzione sulla situazione del mercato in determinati settori di attività, di indurre la Commissione a verificare in modo specifico se, in detti settori, il regime di aiuti possa incidere sugli scambi intracomunitari e falsare la concorrenza (v. i successivi punti 231-233). Peraltro, spetta allo Stato membro interessato attirare eventualmente l’attenzione della Commissione sulla particolare posizione individuale di talune imprese (v. il successivo punto 209).

    109

    Inoltre, la soluzione proposta dalla Commissione implicherebbe una modifica della sua linea di condotta. Infatti, qualora la Commissione ritenesse che lo Stato membro interessato abbia commesso un errore in sede di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, nel corso del procedimento di esecuzione della decisione contenente l’ordine di recupero degli aiuti versati, ad essa spetterebbe non di riavviare la procedura di cui all’art. 88, n. 2, primo comma, CE, bensì di adire direttamente la Corte con un ricorso per inadempimento ex art. 88, n. 2, secondo comma, CE.

    110

    Per la sua portata, la soluzione sostenuta nel presente caso dalla Commissione si distingue pertanto dalla soluzione formulata in materia di servizi pubblici nella sentenza Altmark (v. il precedente punto 107), che lascia agli Stati membri il compito di valutare i provvedimenti che, concessi in contropartita dell’affidamento di servizi di interesse economico generale, sfuggono, in presenza di determinate condizioni, alla qualifica di aiuto di Stato e, di conseguenza, all’obbligo di notifica. Provvedimenti di tal genere possono costituire tuttavia oggetto di un controllo a posteriori da parte della Commissione nell’ambito della procedura formale di esame di cui all’art. 88, n. 2, primo comma, CE.

    111

    Allo stato attuale delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato e della giurisprudenza, il riconoscimento del potere dello Stato membro interessato di valutare, in ciascun caso individuale, se siano soddisfatti i presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, in sede di esecuzione di una decisione della Commissione che dichiari incompatibile un regime di aiuto e imponga il recupero degli aiuti versati, sarebbe tale da stravolgere la portata e l’efficacia del controllo svolto dalla Commissione in sede di procedimento formale di indagine ex art. 88, n. 2, CE, nel corso del quale detta istituzione procede di norma alla qualifica di un aiuto, prima di dichiararlo eventualmente incompatibile con il mercato comune.

    112

    Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte si evince che le imprese ricorrenti sono legittimate ad agire avverso la decisione impugnata.

    C — Sull’asserita mancanza di legittimazione ad agire del comitato nella causa T-277/00

    113

    La Commissione sostiene che il comitato, che raggruppa diverse associazioni professionali, non ha fornito elementi che permettano di provare che una o più di tali associazioni fossero individualmente interessate dalla decisione impugnata, specificamente in qualità di negoziatrici al momento dell’elaborazione dei regimi di aiuto esaminati nella decisione impugnata. Inoltre, le imprese stesse, membri di tali associazioni, non sarebbero nemmeno individualmente interessate.

    114

    A questo proposito basta rilevare che, conformemente alla giurisprudenza, se l’impresa ricorrente Coopservice è legittimata ad agire, non occorre esaminare la legittimazione ad agire del comitato (sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I-1125, punto 31). Pertanto, il ricorso proposto dalla Coopservice e dal comitato nella causa T-277/00 è ricevibile.

    115

    In via ultronea, e ad ogni buon fine, occorre aggiungere che il comitato, nella sua qualità di ente che raggruppa associazioni di categoria rappresentative di imprese aventi sede a Venezia o a Chioggia, che per questo solo motivo hanno goduto del regime di aiuti in questione, è direttamente e individualmente interessato dalla decisione impugnata, qualora agisca in nome e per conto di quei suoi membri che avrebbero potuto essi stessi proporre un ricorso che sarebbe stato dichiarato ricevibile (v. sentenza del Tribunale 6 luglio 1995, cause riunite da T-447/93 a T-449/93, AITEC e a./Commissione, Racc. pag. II-1971, punto 60).

    116

    Ne consegue che i presenti ricorsi sono integralmente ricevibili.

    Nel merito

    117

    I ricorrenti criticano la decisione impugnata in quanto essa, da un lato, qualifica le misure in questione come aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune e, dall’altro, impone un obbligo di recupero degli aiuti corrisposti.

    A — Sull’asserita erroneità della qualifica delle misure di cui trattasi come aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune

    118

    I ricorrenti propongono, in primo luogo, una serie di motivi relativi alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE, dell’art. 86, n. 2, CE e del principio della parità di trattamento, nonché alla mancanza di motivazione e al carattere contraddittorio della medesima. Gli stessi deducono la violazione, in secondo luogo, dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, in terzo luogo, dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE, in quarto luogo, dell’art. 87, n. 3, lett. e), CE e, in quinto luogo, dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE e dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE.

    1. Sull’asserita violazione degli artt. 87, n. 1, CE e 86, n. 2, CE, nonché del principio della parità di trattamento, sull’asserito difetto di motivazione e sulle asserite contraddizioni nella medesima

    a) Argomenti delle parti

    Argumenti dei ricorrenti

    — Causa T-254/00

    119

    La società Hotel Cipriani, ricorrente, deduce la violazione dell’art. 87, n. 1, CE, nonché il difetto di motivazione della decisione impugnata.

    120

    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata (punti 49, 50 e 58) è viziata da un’insufficienza di motivazione, risultante dalla mancata considerazione del carattere locale del mercato interessato.

    121

    Essa asserisce che la Commissione sarebbe tenuta ad analizzare le caratteristiche, le modalità e il contenuto delle misure considerate, in modo da poterne valutare gli effetti sugli scambi e sulla concorrenza, in base ad un esame settoriale.

    122

    Un’attenuazione dell’obbligo di motivazione per ciò che riguarda i regimi di aiuto recherebbe peraltro pregiudizio all’intero controllo del giudice comunitario in merito alla qualifica di un provvedimento alla luce dell’art. 87, n. 1, CE.

    123

    Nella fattispecie, la decisione impugnata non conterrebbe nessun riferimento, anche solo sommario, ai mercati dei prodotti e servizi di cui trattasi, né alle correnti di importazione o esportazione, né alla posizione occupata su tali mercati dalle imprese interessate. In particolare, non figurerebbe alcun cenno ai settori alberghiero e della ristorazione.

    124

    Contrariamente alle affermazioni della Commissione, non spetterebbe alle autorità italiane determinare e valutare la situazione di ciascun beneficiario, nell’ambito del procedimento di recupero dell’aiuto. Tali autorità sarebbero tenute, infatti, a riprendere automaticamente le conclusioni formulate dalla Commissione nella decisione impugnata. Nondimeno, nella presente fattispecie, al momento dell’esecuzione della decisione impugnata, le autorità italiane, in ragione precisamente dell’insufficienza di motivazione di tale decisione, avrebbero dovuto chiedere precisazioni alla Commissione al fine di poter determinare le imprese che avevano beneficiato delle misure che soddisfacevano il criterio dell’incidenza sul commercio intracomunitario (v. le risposte della Commissione del 29 agosto e del 29 ottobre 2001, allegate alle risposte del governo italiano del 12 marzo 2004 ai quesiti posti dal Tribunale).

    125

    La ricorrente sostiene, in secondo luogo, che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione e ha quindi violato l’art. 87, n. 1, CE, basandosi su una presunzione «generica» invece di tenere in considerazione il carattere locale del mercato geografico interessato.

    126

    In udienza, la ricorrente ha sottolineato che la Commissione non poteva basarsi su una presunzione siffatta, dal momento che essa era in condizioni di sapere che i provvedimenti presi in considerazione a favore di determinate categorie di imprese non erano in grado di incidere sugli scambi intracomunitari e di influenzare la concorrenza.

    127

    Orbene, il carattere locale delle attività alberghiere e della ristorazione sarebbe stato generalmente confermato, in particolare dalla disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati (GU 1997, C 146, pag. 6). Infatti, i consumatori selezionerebbero un albergo situato nella località stessa del loro soggiorno o il più vicino possibile ad essa.

    128

    Inoltre, in ogni caso, il mercato dei servizi alberghieri presenterebbe, a Venezia, un carattere specifico. A causa del potere di attrazione di tale città, le imprese alberghiere di Venezia non si troverebbero in concorrenza con imprese dello stesso settore, situate in altre città. Il criterio di scelta dei consumatori non sarebbe il prezzo, ma la posizione degli alberghi. Le misure in questione non sarebbero pertanto atte ad esercitare un’incidenza, anche solo potenziale, sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza.

    129

    Nel caso di specie, la Commissione avrebbe avuto a disposizione le informazioni necessarie concernenti, in particolare, la specificità del settore alberghiero a Venezia, specificamente grazie alla partecipazione al procedimento amministrativo del comitato «Venezia vuole vivere». Inoltre, le informazioni relative ai settori interessati e al numero di imprese beneficiarie le sarebbero state trasmesse dalle autorità italiane (v. punti 6 e 13 della decisione impugnata). In ogni caso, essa avrebbe dovuto domandare alle autorità italiane informazioni complementari sulla situazione dei differenti beneficiari, in applicazione della procedura prevista dal regolamento n. 659/1999, senza dover ricorrere del resto necessariamente a un’ingiunzione.

    130

    Alla luce di ciò, la decisione impugnata sarebbe inoltre incomprensibile e contraddittoria, in quanto la Commissione ha unicamente tenuto conto della dimensione locale di taluni servizi collettivi.

    131

    In terzo luogo, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione e violato quindi l’art. 87, n. 1, CE, non tenendo conto dei costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese che operano a Venezia per valutare se le misure in questione fossero di natura tale da conferire un vantaggio economico effettivo ai loro beneficiari. Inoltre, anche su tale punto la decisione impugnata non sarebbe sufficientemente motivata.

    132

    I summenzionati costi aggiuntivi sarebbero compresi tra l’8% e il 12% del fatturato delle imprese interessate, secondo il rapporto di uno studio di esperti dell’8 settembre 2000, prodotto dalla ricorrente. Contrariamente alle affermazioni della Commissione, essi sarebbero stati valutati in relazione a punti di riferimento concreti e oggettivi.

    133

    Tali costi aggiuntivi non deriverebbero da fattori macroeconomici, collegati, ad esempio, al costo del denaro, alla pressione fiscale o a una particolare debolezza valutaria, ma esclusivamente dal fatto che l’attività è esercitata a Venezia. Essi verrebbero solo parzialmente compensati dalle misure in questione, ciò che spiegherebbe peraltro perché i prezzi praticati dalla società Hotel Cipriani sono più elevati di quelli applicati normalmente dagli esercizi situati in altri contesti.

    — Causa T-270/00

    134

    La società Italgas, ricorrente, sostiene che le autorità italiane avevano fornito alla Commissione i dati relativi alle esenzioni tributarie in questione suddivisi per settore. Di conseguenza, sarebbe spettato a detta istituzione procedere a un esame complessivo, anche solo sommario, della prevedibile incidenza dei provvedimenti presi in considerazione sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, nei settori di attività interessati.

    135

    Inoltre, gli orientamenti 12 dicembre 1995, in materia di aiuti all’occupazione (GU C 334, pag. 4) prevedrebbero espressamente che le misure a favore dell’occupazione «riguardanti attività che non sono oggetto di scambi intracomunitari (ad esempio, i servizi di interesse locale, talune iniziative locali di occupazione)» non rientrino nel campo di applicazione dell’art. 87, n. l, CE.

    136

    Alla luce di ciò, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione, in quanto non contiene un esame sufficiente dei fatti.

    137

    La ricorrente contesta la tesi della Commissione secondo cui, nelle decisioni riguardanti regimi di aiuto, occorre riferirsi allo «scenario più sfavorevole» («worst case scenario»). Se nella decisione si esaminasse solo l’ipotesi peggiore, e se ciò nondimeno la decisione fosse corredata di un ordine di restituzione di portata generale, occorrerebbe precisare quale autorità, in quali circostanze e sulla base di quali criteri possa valutare se l’ipotesi prefigurata si sia realizzata e per quali operatori o categorie di operatori.

    138

    In udienza, la ricorrente ha sottolineato che, quando esamina un regime di aiuti, la Commissione dispone di una competenza esclusiva ad applicare le disposizioni materiali dell’art. 87 CE. Infatti, nel sistema attuale di controllo comunitario degli aiuti di Stato, la Commissione non avrebbe la facoltà di delegare i propri poteri discrezionali di valutazione alle autorità nazionali. Di conseguenza, la sua decisione dovrebbe contenere la motivazione necessaria per consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato su detta decisione e alle autorità nazionali di eseguire l’ordine di recupero sotto la vigilanza del giudice nazionale, al quale spetterebbe unicamente di garantire l’osservanza della decisione della Commissione.

    139

    Nel caso di specie, la ricorrente asserisce che la decisione impugnata non conteneva gli elementi necessari ai fini della sua esecuzione nei confronti dell’Italgas. Per ingiungere la restituzione dell’asserito aiuto, le autorità nazionali si sarebbero basate di conseguenza sulla valutazione contenuta nella menzionata lettera della Commissione del 29 ottobre 2001. Ebbene, dal momento che una siffatta valutazione è successiva all’adozione della decisione impugnata, essa non potrebbe validamente fondare un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte.

    140

    Ciò posto, ammettere che la Commissione possa basarsi su presunzioni in presenza di un regime di aiuti porterebbe a un alleggerimento del suo obbligo di esame diligente e imparziale e, di conseguenza, a una diminuzione delle possibilità di impugnare la decisione della Commissione.

    141

    In secondo luogo, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione e violato, in tal modo, l’art. 87, n. 1, CE, rifiutando di tenere conto del carattere compensativo delle misure in questione, senza neanche procedere ad un’analisi sommaria delle condizioni del mercato.

    142

    Nella fattispecie, nel corso del procedimento amministrativo, le autorità italiane, fondandosi sullo studio del COSES, avrebbero invocato i costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese operanti sulle isole della laguna. Esse avrebbero ritenuto che tali imprese si trovino in una situazione comparabile, per ciò che riguarda in particolare la volatilità del lavoro, a quella delle imprese del Mezzogiorno. In realtà, gli sgravi degli oneri sociali in questione sarebbero stati finalizzati solamente a compensare, almeno parzialmente, le condizioni sfavorevoli del mercato del lavoro nella zona lagunare e a frenare quindi l’esodo delle imprese verso la terraferma. Essendo tali misure legittimamente destinate ad allineare i costi sostenuti dalle imprese di cui trattasi a quelli sopportati dalle imprese situate sulla terraferma, i costi aggiuntivi dovrebbero essere valutati con riferimento ai costi sulla terraferma. In ogni caso, la decisione impugnata sarebbe priva di motivazione su tale punto, in quanto la Commissione non ha dimostrato che i costi sostenuti dalle imprese della laguna rientrassero nella media comunitaria.

    143

    In terzo luogo, la motivazione della decisione impugnata sarebbe insufficiente, conterrebbe contraddizioni manifeste e presenterebbe un carattere discriminatorio, per ciò che riguarda l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, specificamente in relazione all’art. 86 CE.

    144

    Infatti, riguardo alle imprese municipalizzate, la Commissione avrebbe verificato individualmente se fossero soddisfatte le condizioni di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    145

    Viceversa, la Commissione non avrebbe analizzato la situazione di tutte le altre imprese, che si sarebbero trovate essenzialmente in una situazione analoga a quella delle imprese municipalizzate. Questa disparità di trattamento non si giustificherebbe per il fatto che era stata invocata una deroga ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE a favore delle imprese municipalizzate.

    146

    L’insufficienza di motivazione, la contraddizione nella motivazione e la violazione del principio della parità di trattamento sarebbero ancora più manifeste per ciò che riguarda l’Italgas. Infatti, all’epoca dei fatti di cui trattasi (1995-1996), il settore della distribuzione del gas a livello urbano, nel quale operava la società Veneziana Gas, successivamente incorporata nell’Italgas, non sarebbe stato liberalizzato. In assenza totale di scambi e di concorrenza, gli sgravi ottenuti dalla Veneziana Gas non avrebbero potuto incidere dunque sugli scambi intracomunitari e sul libero svolgimento della concorrenza. Infatti, la liberalizzazione del mercato del gas sarebbe stata avviata a livello comunitario dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/30/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 204, pag. 1). Per di più, durante il periodo considerato, la Veneziana Gas avrebbe beneficiato di un monopolio legale su base comunale, nella forma di un regime di concessione in esclusiva, per la distribuzione e la fornitura di gas sul territorio comunale di Venezia.

    147

    Inoltre, la distribuzione del gas a livello comunale sarebbe rientrata nella categoria dei servizi di interesse economico generale. La responsabilità del funzionamento del servizio sarebbe stata attribuita alla Veneziana Gas da un atto d’autorità dell’amministrazione comunale risalente al 1970, il quale indicava chiaramente la natura e la durata degli obblighi di servizio pubblico nonché il territorio locale interessato. Tale atto avrebbe previsto la fissazione da parte delle autorità competenti delle tariffe applicabili, secondo parametri uniformi per tutta l’Italia.

    148

    Per valutare i costi aggiuntivi cui avrebbe dovuto far fronte la Veneziana Gas, sarebbe stato logicamente necessario confrontare i costi sopportati da tale società con quelli delle altre imprese alle quali è applicabile il medesimo sistema di tariffa, definito a livello nazionale.

    149

    Nella fattispecie, la posizione della Veneziana Gas nel periodo di cui trattasi sarebbe stata assimilabile, specificamente, a quella dell’impresa municipalizzata ASPIV. Orbene, nella decisione impugnata la Commissione avrebbe constatato che gli sgravi concessi all’ASPIV, che era incaricata del servizio di gestione del ciclo integrato dell’acqua, erano esclusivamente finalizzati a compensare i costi aggiuntivi risultanti dalla realizzazione dei compiti di servizio pubblico affidati a tale impresa.

    150

    La Repubblica italiana, interveniente a sostegno delle conclusioni della società Italgas, sostiene che, considerato l’importo relativamente basso degli sgravi di cui trattasi, la Commissione avrebbe dovuto identificare i settori interessati, determinando in maniera fondata quelli caratterizzati da una concorrenza vivace. Nel caso di specie, la Commissione non avrebbe criticato le affermazioni delle autorità italiane e dei terzi interessati, secondo cui le imprese situate nella zona lagunare di Venezia esercitavano in generale attività di servizio pubblico locale oppure attività artigianali o commerciali strettamente connesse al territorio insulare, di modo che esse non erano in concorrenza con imprese stabilite al di fuori di tale territorio.

    151

    Inoltre, il governo italiano invoca il carattere compensativo dei provvedimenti presi in considerazione. Esso si basa, in particolare, sulla sentenza 5 ottobre 1999, causa C-251/97, Francia/Commissione (Racc. pag. I-6639, punti 40-47), in cui la Corte ha dichiarato che la circostanza che determinate riduzioni degli oneri sociali mirino a compensare i costi aggiuntivi sopportati dalle imprese di certi settori, in seguito ad accordi collettivi, non può sottrarre gli stessi alla qualifica di aiuti di Stato. A contrario ne deriverebbe che, se le cause dei costi aggiuntivi non sono il risultato di una libera scelta dell’impresa interessata in considerazione di agevolazioni ottenute in determinati settori quale contropartita di concessioni accolte in altri, le misure di compensazione di tali costi aggiuntivi «non voluti» non potrebbero essere considerate aiuti di Stato. Ebbene, nella fattispecie, i costi aggiuntivi richiamati sarebbero sostenuti per forza di cose da tutte le imprese operanti nella zona insulare. Di conseguenza, la loro parziale compensazione mediante i provvedimenti presi in considerazione non potrebbe essere considerata un aiuto di Stato.

    — Causa T-277/00

    152

    La società Coopservice e il comitato, ricorrenti, lamentano la violazione dell’art. 87, n. 1, CE e dell’obbligo di motivazione.

    153

    In primo luogo, le misure di cui trattasi presenterebbero un carattere compensativo a fronte del contributo delle imprese presenti sul territorio della laguna alla conservazione del patrimonio architettonico e culturale di Venezia. Secondo il summenzionato rapporto COSES, esse rappresenterebbero il 2,9% del fatturato delle imprese beneficiarie, mentre i costi aggiuntivi risultanti dalla loro localizzazione a Venezia raggiungerebbero il 9,5% di tale fatturato. La necessità di compensare i costi aggiuntivi sostenuti dagli operatori nelle regioni insulari sarebbe stata ammessa specificamente nella dichiarazione n. 30, sulle regioni insulari, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam e all’art. 130 A del Trattato CE (divenuto art. 158 CE).

    154

    Nella fattispecie, la Commissione non avrebbe dimostrato che i costi sostenuti dalle imprese operanti sulla terraferma, ai quali hanno fatto riferimento le autorità italiane per la comparazione, riflettessero una realtà più favorevole di quella della media comunitaria e che i costi sostenuti dalle imprese della laguna fossero al contrario conformi alla media comunitaria.

    155

    Peraltro, la Commissione avrebbe ignorato — quando ha verificato se le misure in questione costituissero aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE — la preminenza delle regole della coesione economica e sociale su quelle della concorrenza. Essa farebbe prevalere le seconde, in violazione dell’art. 2 UE. Orbene, le misure considerate tendevano, secondo i ricorrenti, a consentire di realizzare gli obiettivi definiti dal summenzionato art. 2.

    156

    In secondo luogo, i ricorrenti pongono in risalto l’importo esiguo delle esenzioni degli oneri sociali di cui ciascuno degli operatori interessati avrebbe in media goduto. Essi sostengono che la maggior parte delle imprese che hanno beneficiato delle misure considerate esercitavano la loro attività a livello esclusivamente locale. A tale riguardo, i ricorrenti menzionano in particolare le imprese che operano nei settori alberghiero, del trasporto locale o le imprese di pulizia. Del resto, l’esclusione delle imprese operanti unicamente a livello locale dall’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE sarebbe stata confermata dalla Commissione non solamente, per esempio, nei citati orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, e nella citata comunicazione relativa alla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle PMI, ma anche nella stessa decisione impugnata (punti 90, 91 e 93), per ciò che riguarda talune imprese municipalizzate.

    157

    In tale contesto, la decisione impugnata sarebbe viziata da una contraddizione nella motivazione e da una violazione del principio della parità di trattamento.

    158

    A questo proposito i ricorrenti, basandosi sulla documentazione prodotta dalla Commissione su richiesta del Tribunale, hanno rilevato l’equivalenza delle informazioni e delle domande miranti alla disapplicazione dell’art. 87, n. 1, CE trasmesse alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo per quanto concerne, da un lato, le imprese municipalizzate e, dall’altro, determinati settori di attività locali.

    159

    Infatti, il Comune di Venezia non avrebbe individuato le imprese nei confronti delle quali esso richiedeva una deroga ex art. 86, n. 2, CE e non avrebbe invocato il carattere locale del mercato sul quale esse operavano. Ciò nondimeno, la Commissione avrebbe rilevato, nella decisione impugnata, che gli sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese municipalizzate ACTV e AMAV e dell’impresa Panfido non costituivano aiuti di Stato, a causa del carattere locale dei mercati interessati. Ebbene, nelle loro osservazioni del 23 gennaio 1999 le autorità italiane avrebbero fornito l’elenco dei settori per i quali si poteva escludere una partecipazione delle imprese agli scambi, tra i quali i settori dell’edilizia, del commercio, alberghiero, nonché dei servizi di interesse economico generale. Inoltre, le citate tabelle dell’INPS, allegate a tali osservazioni, avrebbero indicato il numero di imprese beneficiarie e il numero di lavoratori interessati, disaggregati per settore. Inoltre, il comitato «Venezia vuole vivere», nelle sue osservazioni del 17 marzo 1998, avrebbe sottolineato che la natura particolare, principalmente locale, delle attività svolte dalla maggior parte delle imprese beneficiarie ostava all’insediamento di dette imprese in un mercato contrassegnato da una forte concorrenza e comportava, come conseguenza, che persino un’eventuale incidenza sul volume degli scambi tra gli Stati membri sarebbe stata comunque minima. Infine, il rapporto COSES del marzo 1998 analizzerebbe in particolare i settori del commercio, alberghiero, dei servizi e delle attività artigianali, come le vetrerie di Murano, nei quali i mercati si trovano confinati nel centro storico o al massimo nel territorio del Comune di Venezia.

    160

    Alla luce di ciò, la Commissione avrebbe dovuto chiedere informazioni supplementari alle imprese più importanti mediante, per esempio, un’ingiunzione alle autorità italiane, come ha fatto per le imprese municipalizzate.

    161

    Nel caso di specie, i ricorrenti ritengono che la posizione della società Coopservice sia simile a quella dell’AMAV (punto 93 della decisione impugnata), in quanto le due imprese eserciterebbero la stessa attività di gestione di servizi di pulizia e manutenzione a livello esclusivamente locale.

    162

    Inoltre, la decisione impugnata sarebbe priva di motivazione. Essa non conterrebbe nessuna analisi dell’incidenza delle misure considerate sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, ma si fonderebbe unicamente su presunzioni.

    163

    In terzo luogo, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 86, n. 2, CE. Essi sostengono che la società Coopservice fornisce servizi di pulizia e di manutenzione ad enti pubblici e privati nella città di Venezia, al fine di soddisfare un interesse generale.

    Argomenti della Commissione

    164

    La Commissione ricorda che, in sede di esame di un regime di aiuti, essa può limitarsi a studiarne le caratteristiche generali. Essa dovrebbe fondarsi sullo scenario più sfavorevole («worst case scenario»), sia per qualificare il regime considerato sia, all’occorrenza, per valutare la sua compatibilità con il mercato comune.

    165

    Nel caso di specie, la circostanza che le autorità italiane abbiano fornito alla Commissione una serie di dati ripartiti per settore, che indicavano, in particolare, il numero di imprese teoricamente interessate dal regime, non inciderebbe sulla fondatezza di tale linea di condotta. Infatti, la Commissione non avrebbe potuto basare la sua valutazione su questi dati specifici raccolti dalle autorità italiane dopo l’esecuzione illegittima del regime di aiuti preso in considerazione, senza concedere allo Stato membro interessato il vantaggio di un’analisi concreta ex post.

    166

    In base alle informazioni a sua disposizione, la Commissione avrebbe verificato correttamente, nella decisione impugnata (punto 49), la sussistenza di tutte le condizioni di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    167

    Incomberebbe alle autorità italiane, in sede di esecuzione della decisione impugnata, procedere ad una valutazione della posizione individuale di ciascun beneficiario.

    168

    La Commissione ricorda a tale riguardo che le autorità e i giudici nazionali dovrebbero attenersi alla valutazione d’incompatibilità del regime di aiuti da essa operata, ferma restando la possibilità per i giudici di proporre alla Corte una questione di validità ex art. 234 CE. Le autorità nazionali dovrebbero invece accertare, in sede di recupero degli aiuti versati, che nel caso specifico la misura costituisca effettivamente un aiuto, che si tratti di un aiuto nuovo e che essa non sia stata dichiarata compatibile in forza di un regolamento di esenzione o di un’altra decisione della Commissione.

    169

    Ad ogni modo, la Commissione nega anche che gli sgravi degli oneri sociali considerati di cui hanno beneficiato i ricorrenti siano privi di qualsiasi incidenza sugli scambi tra Stati membri. L’attività di ricezione alberghiera a Venezia potrebbe rientrare, in alcuni casi, in un flusso oggetto di scambi tra gli Stati membri. Con riferimento al mercato della fornitura di servizi di pulizia su scala industriale, su cui opera la Coopservice, esso potrebbe rivestire interesse anche per imprese straniere, soprattutto se gli incarichi affidati hanno un valore economico significativo. Infine, non sorgerebbe nessun dubbio sul fatto che l’Italgas, esercitando le proprie attività sul mercato dell’energia, si trovi in concorrenza con operatori di altri Stati membri.

    170

    Peraltro, la Commissione ritiene che i provvedimenti presi in considerazione non presentino un carattere compensativo che consenta di escluderli dalla sfera d’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    b) Giudizio del Tribunale

    171

    I ricorrenti sostengono che i presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, relativi alla concessione di un vantaggio economico e all’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, non sono soddisfatti nel caso di specie. Essi affermano che il regime di aiuti preso in considerazione aveva carattere compensativo e, di conseguenza, non attribuiva nessun vantaggio ai suoi beneficiari. Per di più, la Commissione non avrebbe dimostrato che questo regime fosse in grado di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e di influenzare la concorrenza. Inoltre, la decisione impugnata sarebbe viziata per insufficienza o difetto di motivazione per quanto concerne i suddetti presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    172

    Per di più, l’Italgas (causa T-270/00) e la Coopservice, nonché il comitato (causa T-277/00) sostengono che la decisione impugnata è discriminatoria e contraddittoria, in quanto la Commissione avrebbe effettuato un esame della posizione individuale delle sole imprese municipalizzate. Questa decisione violerebbe parimenti l’art. 86, n. 2, CE.

    173

    Occorre raggruppare l’insieme di questi motivi relativi alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE, dell’obbligo di motivazione e del principio della parità di trattamento in modo da esaminarli anzitutto in relazione all’asserita mancata concessione di un vantaggio, derivante dal presunto carattere compensativo del provvedimento preso in considerazione, e poi in relazione con l’asserita mancata incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza.

    Sull’asserita mancanza di vantaggi, causata dalla presunta natura compensativa dei provvedimenti presi in considerazione

    174

    Per costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, una misura dev’essere tale, in particolare, da conferire un vantaggio selettivo, a beneficio esclusivo di talune imprese o di taluni settori di attività. Tale articolo ha infatti ad oggetto gli aiuti che falsano o minacciano di falsare la concorrenza «favorendo talune imprese o talune produzioni».

    175

    Nel caso di specie, il provvedimento in questione consiste in talune esenzioni dagli oneri sociali a favore di tutte le imprese insediate sul territorio di Venezia e di Chioggia. I ricorrenti non negano la natura selettiva di queste esenzioni, che deriva in questo caso dalla specificità regionale (v., in tal senso, sentenza della Corte 6 settembre 2006, causa C-88/03, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I-7115).

    176

    Inoltre, è innegabile che gli sgravi degli oneri sociali in questione riducono i costi che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e pertanto attribuiscono un vantaggio economico ai loro beneficiari rispetto alle imprese soggette a tali tributi (v. sentenza della Corte 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I-877, punti 13 e 14).

    177

    Tuttavia, i ricorrenti ritengono che il regime di esenzioni dagli oneri sociali preso in considerazione non attribuisca nessun vantaggio ai suoi beneficiari, in quanto esso avrebbe natura compensativa.

    178

    A questo proposito, tutti i ricorrenti sostengono che gli sgravi degli oneri sociali in questione si limitano a compensare in parte gli svantaggi strutturali costituiti dai costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese operanti sulle isole della laguna. Inoltre, l’Italgas (causa T-270/00) e la Coopservice nonché il comitato (causa T-277/00) affermano che queste esenzioni rappresentavano una parziale compensazione a fronte della gestione di servizi di interesse economico generale, di cui le due imprese ricorrenti sarebbero state incaricate.

    Sull’asserita compensazione di svantaggi strutturali (cause T-254/00, T-270/00 e T-277/00)

    179

    Secondo i ricorrenti e la Repubblica italiana, che interviene a sostegno delle conclusioni dell’Italgas, gli sgravi degli oneri sociali presi in considerazione non attribuivano nessun vantaggio concorrenziale alle imprese beneficiarie, bensì compensavano in parte una situazione concorrenziale sfavorevole. Infatti, le imprese insediate sulle isole lagunari sosterrebbero costi supplementari collegati in particolare all’acquisizione e alla manutenzione degli edifici, in considerazione dei canoni di affitto e dei prezzi di acquisto elevati, ai problemi collegati all’umidità e all’acqua alta, e agli obblighi imposti dalla necessità di salvaguardare il patrimonio storico e paesaggistico, oltre a costi supplementari per il trasporto e lo scarico delle scorte e delle merci. Inoltre, a causa della natura turistica di Venezia, i costi dei beni e dei servizi sarebbero parimenti più elevati.

    180

    Un argomento del genere era già stato sostenuto dalle autorità italiane, nonché dal Comune di Venezia e dal comitato in base ai due studi del COSES, durante il procedimento amministrativo (v. il precedente punto 9).

    181

    Nella decisione impugnata (punti 52-54), la Commissione critica quest’argomento, in quanto il fatto che un intervento abbia carattere compensativo non esclude che esso costituisca un aiuto di Stato, ma può essere preso in considerazione in taluni casi per valutare la compatibilità dell’aiuto con il mercato comune. Essa spiega che, in sostanza, il Trattato non mira a garantire una situazione di perfetta parità teorica tra imprese. Queste ultime opererebbero in un contesto reale e non in un mercato perfetto, nel quale le condizioni da affrontare sarebbero assolutamente identiche. Inoltre, gli asseriti costi aggiuntivi non sarebbero stati calcolati rispetto ai costi medi delle imprese comunitarie, ma rispetto ai costi che le imprese interessate avrebbero risparmiato trasferendosi sulla terraferma.

    182

    Quest’analisi della Commissione è conforme alla giurisprudenza. Infatti, nella sua sentenza 29 aprile 2004, Italia/Commissione (v. il precedente punto 53, punto 61), la Corte, confermando la sentenza Alzetta e a./Commissione (v. il precedente punto 45), ha ricordato che la circostanza che uno Stato membro cerchi di ravvicinare, attraverso misure unilaterali, le condizioni di concorrenza di un determinato settore economico a quelle prevalenti in altri Stati membri non può togliere a tali misure il carattere di aiuti. In tale causa, l’asserito svantaggio era collegato, in particolare, alla posizione geografica che esponeva in modo particolare i beneficiari del regime di aiuti regionale controverso alla concorrenza di operatori, stabiliti in paesi terzi, che avrebbero goduto di aiuti di Stato e di una pressione fiscale meno gravosa (v. sentenza Alzetta e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punti 64 e 101).

    183

    Contrariamente a quanto asserito dalla società Hotel Cipriani, questa giurisprudenza non concerne unicamente i provvedimenti destinati a compensare uno svantaggio concorrenziale connesso a fattori macroeconomici, quali il costo del denaro, gli oneri tributari o il mercato dei cambi.

    184

    A questo proposito occorre ricordare che, analogamente, del resto, al diritto comunitario della concorrenza nel suo complesso, le norme del Trattato relative agli aiuti di Stato mirano a garantire non una concorrenza perfetta, bensì una concorrenza effettiva o efficace, come sottolinea la Commissione nella decisione impugnata (v. il precedente punto 179).

    185

    Su queste basi, la compensazione di svantaggi strutturali consente unicamente di escludere la qualifica di aiuto di Stato in determinate situazioni specifiche. In primo luogo, secondo una giurisprudenza ben consolidata, un vantaggio conferito ad un’impresa per correggere una situazione concorrenziale sfavorevole non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE quando esso è giustificato da criteri economici e non introduce discriminazioni tra gli operatori economici stabiliti nei diversi Stati membri. In situazioni di questo genere, il giudice comunitario applica in realtà il criterio dell’operatore privato in un’economia di mercato (v. sentenza Alzetta e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 99). Questo era il caso, per esempio, di una tariffa di favore per il gas naturale accordata agli orticultori in serra da una società, la Gasunie, controllata dalle autorità olandesi, in quanto tale tariffa era obiettivamente giustificata dalla necessità di praticare prezzi competitivi rispetto ad altre fonti di energia, nella cornice del mercato interessato (v. sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Kwekerij van der Kooy e a./Commissione, citata nel precedente punto 50, punto 30).

    186

    In secondo luogo, dalla giurisprudenza si ricava parimenti che non costituisce aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, un beneficio attribuito a un’impresa, che riduca gli oneri gravanti normalmente sul suo bilancio, quando tale beneficio mira a porre rimedio al fatto che l’impresa avvantaggiata sia esposta ad aggravi supplementari derivanti da un regime di deroga, ai quali sfuggono le imprese concorrenti soggette alla normativa ordinaria nelle normali condizioni di mercato. Nella sua sentenza 23 marzo 2006, causa C-237/04, Enirisorse (Racc. pag. I-2843, punto 32), la Corte ha dichiarato infatti che una legge italiana che limitava il diritto al rimborso in caso di recesso straordinario esercitato dai soci della Sotacarbo SpA, riducendo in questo modo, a beneficio di detta società, un onere che essa avrebbe dovuto normalmente sostenere, si contentava, in realtà, di neutralizzare il vantaggio concesso al socio Enirisorse SpA sotto forma di facoltà straordinaria di recesso, in deroga alla normativa ordinaria. La Corte ne ha dedotto che tale legge non produceva assolutamente l’effetto di attribuire un vantaggio economico ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE a beneficio della Sotacarbo.

    187

    In una prospettiva analoga, il Tribunale, nella sua sentenza 16 marzo 2004, causa T-157/01, Danske Busvognmænd/Commissione (Racc. pag. II-917, punto 57), ha giudicato che, all’atto di privatizzare un’impresa di trasporti via autobus, la Combus A/S, la corresponsione, da parte del Regno di Danimarca, di una retribuzione una tantum a beneficio dei pubblici dipendenti impiegati da questa società, al fine di compensare la loro rinuncia ai diritti derivanti dal loro status di pubblici dipendenti all’atto del loro passaggio allo status di agente a contratto alle dipendenze della Combus, non costituiva aiuto di Stato. Il Tribunale ha riconosciuto infatti a tale riguardo che il provvedimento in questione mirava a sostituire lo status privilegiato e costoso di pubblico dipendente degli impiegati della Combus con uno status di agente a contratto, paragonabile a quello degli impiegati di altre imprese di trasporto mediante autobus, e, pertanto, a liberare la Combus da uno svantaggio strutturale, derivante dallo status privilegiato di dipendente pubblico, rispetto ai suoi concorrenti privati. Viceversa, nella sua sentenza Francia/Commissione (v. il precedente punto 149, punti 46 e 47), richiamata dalla Repubblica italiana, la Corte ha dichiarato che la circostanza che i provvedimenti statali in questione mirassero a compensare alcuni costi supplementari, che le imprese di determinati settori avrebbero sostenuto in seguito alla conclusione e all’esecuzione di contratti collettivi di categoria, non poteva sottrarre i medesimi alla qualifica di aiuto di Stato, in quanto i contratti che le controparti sociali concludono costituiscono un insieme che è il risultato di un compromesso, ai fini del quale ciascuna parte fa talune concessioni in determinati ambiti in contropartita di vantaggi in altri, di modo che, in una situazione del genere, era impossibile valutare con la necessaria precisione il costo finale di siffatti contratti per le imprese. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, l’elemento decisivo in tale sentenza non era costituito dal carattere consensuale dei contratti collettivi presi in considerazione, bensì dall’equilibrio dei costi finali sostenuti rispettivamente dalle controparti sociali e dall’impossibilità di valutare con precisione il costo di tali contratti per le imprese.

    188

    Nella presente fattispecie, risulta manifestamente dalla loro natura che gli sgravi degli oneri sociali presi in considerazione, diretti a compensare parzialmente gli svantaggi strutturali connessi ai costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese a causa del loro insediamento sulle isole lagunari (v. il precedente punto 177), non sono giustificati da obiettive considerazioni economiche né da esigenze connesse alla coerenza del regime giuridico applicabile e all’equilibrio diritti-oneri — alla luce della normativa ordinaria alla quale sono soggette le imprese concorrenti — analoghe a quelle prese in considerazione nella giurisprudenza esaminata nei punti precedenti.

    189

    Peraltro, a differenza delle circostanze rilevate nelle sentenze Enirisorse (v. il precedente punto 186) e Danske Busvognmænd/Commissione (v. il precedente punto 187), non esiste nella fattispecie un nesso diretto tra il regime di sgravi degli oneri sociali in questione e i pretesi obiettivi, miranti nel caso di specie alla compensazione dei costi aggiuntivi collegati ai problemi strutturali specifici derivanti dalla conformazione lagunare di Venezia e di Chioggia. In particolare, le esenzioni dagli oneri sociali in questione, prevista a favore di tutte le imprese insediate a Venezia o a Chioggia e dirette ad agevolare l’occupazione, riducendo gli oneri dei datori di lavoro, non mirano specificamente alla compensazione degli svantaggi strutturali lamentati, quali i costi aggiuntivi collegati, ad esempio, all’acquisizione e alla manutenzione degli edifici o alle difficoltà derivanti dall’umidità e dall’acqua alta (v. il precedente punto 179). A tale riguardo, non è dimostrato che i settori più colpiti dagli svantaggi strutturali denunciati siano quelli che generano il maggior numero di posti di lavoro, dovendo pertanto beneficiare in misura maggiore della compensazione parziale dei loro costi supplementari. Su tale aspetto i ricorrenti, basandosi sui citati studi del COSES, richiamano tuttavia la volatilità del lavoro nel territorio insulare. Lo studio del COSES del febbraio 1998 (punto 1.2.4) conferma effettivamente che, a causa del carattere insulare, le imprese sono spesso costrette a farsi carico delle spese di spostamento e vitto dei loro dipendenti e devono far fronte ai loro ritardi o alle loro assenze a causa della nebbia e del fenomeno dell’acqua alta. Tuttavia, pur accettando questa spiegazione, resta pur vero che deve esistere un nesso diretto tra l’importo dei costi supplementari sostenuti e quello della compensazione, anche qualora quest’ultima sia unicamente parziale, come asseriscono i ricorrenti.

    190

    Ebbene, nel caso di specie gli elementi dedotti dai ricorrenti non consentono di presumere l’esistenza di un rapporto diretto tra i costi supplementari effettivamente sostenuti e l’importo dell’aiuto ricevuto dai vari operatori, nei principali settori di attività economica. In particolare, i ricorrenti non hanno fornito nessun elemento che autorizzi a presumere che la maggior parte dei settori di attività siano esposti in misura paragonabile agli asseriti svantaggi economici, connessi alla posizione insulare. A questo proposito, si ricava viceversa dallo studio del COSES del febbraio 1998 (punto 1.1.3) che le attività collegate al turismo e alcuni settori commerciali possono controbilanciare gli svantaggi connessi all’insularità grazie al forte richiamo di immagine di Venezia. Lo studio del COSES risalente al marzo 1998 (punto 1.3) indica in particolare che, per gli alberghi, il fatto di trovarsi nel centro storico di Venezia o sulle isole della laguna può offrire una grande libertà nella fissazione dei prezzi e rappresentare un vantaggio concorrenziale significativo. Nel settore alberghiero, per esempio, i costi supplementari sostenuti sono pertanto compensati da prezzi più alti, come del resto rilevato dalla società Hotel Cipriani.

    191

    Di conseguenza, anche ipotizzando che, in generale, quando un provvedimento mira a compensare determinati specifici svantaggi strutturali, una siffatta compensazione possa essere presa in considerazione, in determinati casi, per accertare se tale provvedimento attribuisca un vantaggio economico ai suoi beneficiari, è giocoforza constatare che nel caso di specie non sono soddisfatti i presupposti per la presa in considerazione di una compensazione di tal genere.

    192

    Inoltre, e ad ogni modo, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, le autorità italiane e i terzi interessati hanno fatto riferimento ai costi sostenuti dalle imprese stabilite sulla terraferma, come sottolineato dalla Commissione nella decisione impugnata (v. il precedente punto 179). Ebbene, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, solo specifici svantaggi strutturali comportanti costi supplementari rispetto ad una situazione «tipo», alla quale gli operatori economici possano risultare normalmente esposti su un mercato contrassegnato da condizioni di effettiva concorrenza (v. il precedente punto 182), possono essere presi in considerazione in sede di valutazione dell’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, come rilevato dalla Commissione nella decisione impugnata. Nel caso di specie, la mera circostanza che le imprese insediate a Venezia o a Chioggia debbano far fronte a costi supplementari rispetto a quelli che esse sosterrebbero se si trasferissero sulla terraferma non consente di ritenere che il regime di cui trattasi non attribuisca nessun vantaggio, e non introduca in questo modo una discriminazione, nei confronti dei loro concorrenti in Italia o in altri Stati membri. Su questo punto, la Commissione non ha violato pertanto i limiti del suo potere discrezionale, ritenendo che gli asseriti costi supplementari dovessero essere valutati rispetto ai costi medi delle imprese comunitarie.

    193

    Inoltre, spettava alle autorità nazionali o ai terzi interessati, durante il procedimento amministrativo, fornire la prova dei costi supplementari asseritamente sostenuti rispetto ai costi medi delle imprese comunitarie, al fine di dimostrare l’esistenza di specifici svantaggi strutturali, che giustificassero il provvedimento compensativo in questione. Di conseguenza, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, non spettava alla Commissione dimostrare che i costi sostenuti dalle imprese operanti sulla terraferma, richiamati dalle autorità italiane ai fini del confronto, rappresentassero una situazione più favorevole di quella corrispondente ai costi medi delle imprese comunitarie, che non le erano stati comunicati durante il procedimento amministrativo.

    194

    Da quanto sin qui esposto discende che i ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che, malgrado la sua finalità mirante alla parziale compensazione degli svantaggi strutturali connessi all’insularità, il regime di esenzione dagli oneri sociali in questione attribuisse un vantaggio concorrenziale ai suoi beneficiari.

    195

    In questa cornice, dev’essere respinto l’argomento della società Coopservice e del comitato, secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto tenere conto della dichiarazione n. 30, sulle regioni insulari, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam e delle regole di coesione economica e sociale per valutare l’esistenza di un vantaggio concorrenziale (v. i precedenti punti 150 e 152). Basta ricordare, al riguardo, che l’art. 87, n. 1, CE non distingue a seconda delle cause o degli obiettivi di una misura di sgravio degli oneri che gravano normalmente su un’impresa, ma definisce tale misura in funzione dei suoi effetti (v. sentenze della Corte 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione, Racc. pag. 709, punto 27, e 17 giugno 1999, causa C-75/97, Belgio/Commissione, detta «Maribel bis/ter», Racc. pag. I-3671, punto 25). Di conseguenza, un provvedimento diretto a compensare uno svantaggio strutturale non può sfuggire, solo a causa della sua finalità, all’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, se esso attribuisce un vantaggio ai suoi beneficiari ai sensi di quest’articolo. Ebbene, nel caso di specie, dall’esame sin qui svolto si evince che, anche se il regime di sgravio degli oneri sociali in questione mirava a compensare in parte gli specifici svantaggi strutturali collegati all’insularità di Venezia e di Chioggia, i ricorrenti non hanno dimostrato che, a causa della sua natura compensativa, questo regime non attribuisse nessun vantaggio concorrenziale ai suoi beneficiari e non introducesse pertanto discriminazioni tra operatori economici. Peraltro, occorre notare che gli obiettivi di coesione economica e sociale fatti valere dai ricorrenti possono essere presi in considerazione ai fini della dichiarazione di compatibilità del regime di aiuti con il mercato comune, qualora siano soddisfatti i presupposti di una siffatta deroga, definiti dal Trattato e dalle sue norme d’esecuzione.

    196

    Per tutte queste ragioni, la Commissione non ha violato le disposizioni dell’art. 87, n. 1, CE ritenendo, nella decisione impugnata, che la compensazione degli svantaggi strutturali menzionati dalla Repubblica italiana e dai terzi interessati che hanno partecipato al procedimento non fosse tale da escludere che questi provvedimenti costituissero aiuti di Stato.

    197

    Inoltre, la decisione impugnata è sufficientemente motivata su questo punto (v. il precedente punto 181). Infatti, da essa si evince che la Commissione ha ritenuto che la compensazione degli asseriti svantaggi strutturali mediante il provvedimento in questione non escludesse la concessione di un vantaggio ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e che, ad ogni modo, non fosse stata dimostrata nella fattispecie l’esistenza di costi aggiuntivi rispetto ad una situazione «tipo», in presenza di condizioni effettive di concorrenza.

    198

    Ne consegue che devono essere respinti i motivi relativi alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE e del difetto di motivazione, dedotti in relazione all’asserita compensazione di svantaggi strutturali.

    Sull’asserita compensazione per la gestione di pubblici servizi (cause T-270/00 e T-277/00)

    199

    Nella causa T-270/00, la società Italgas sostiene che, all’atto della concessione degli aiuti presi in considerazione, la società Veneziana Gas, successivamente incorporata dall’Italgas, era incaricata del servizio di interesse economico generale consistente nella distribuzione del gas nel Comune di Venezia. Di conseguenza, la Veneziana Gas avrebbe dovuto godere della deroga di cui all’art. 86, n. 2, CE.

    200

    La ricorrente addebita essenzialmente alla Commissione di essersi limitata, nella decisione impugnata, a prendere in considerazione la posizione individuale delle imprese municipalizzate, a favore delle quali le autorità italiane avevano chiesto una deroga ex art. 86, n. 2, CE. Omettendo di effettuare un analogo esame individuale in relazione alle altre imprese in posizioni analoghe, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento e motivato contraddittoriamente la decisione impugnata. La ricorrente afferma, in particolare, che, così come essa ha riconosciuto, nel punto 92 della decisione impugnata, la natura compensativa degli sgravi degli oneri sociali in questione a favore della società ASPIV, incaricata del servizio di interesse economico generale della gestione del ciclo integrato dell’acqua, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione in questa decisione i costi aggiuntivi derivanti, per la Veneziana Gas, dall’adempimento della sua funzione di pubblico servizio nel territorio lagunare.

    201

    Nella causa T-277/00, la società Coopservice e il comitato sostengono parimenti che questa società era incaricata della prestazione di un servizio di interesse economico generale.

    202

    La Commissione obietta che nessuna informazione relativa alla posizione individuale delle imprese ricorrenti le è stata trasmessa durante il procedimento amministrativo.

    203

    A questo proposito, occorre rilevare preliminarmente che l’esame di tutte le osservazioni delle autorità italiane e dei terzi interessati che hanno presentato osservazioni, ossia il comitato e il Comune di Venezia, indirizzate alla Commissione durante procedimento amministrativo e prodotte da questa istituzione su richiesta del Tribunale, nonché quello dei due rapporti del COSES, conferma che l’attenzione della Commissione non è stata attirata sui costi aggiuntivi sostenuti dalla Veneziana Gas o dalle imprese di manutenzione e pulizia, quali la Coopservice. Benché sia esatto che, nelle loro osservazioni datate 23 gennaio 1999, le autorità italiane abbiano fatto riferimento, senza ulteriori precisazioni, ai servizi di interesse economico generale come ad uno dei settori in cui, secondo dette autorità, non era pensabile che le imprese potessero partecipare agli scambi, esse tuttavia non hanno menzionato nessuna di queste imprese, né hanno fornito la benché minima indicazione che consentisse di identificarle o di determinare le attività di pubblico servizio richiamate.

    204

    Viceversa, le parti concordano sul fatto che la Repubblica italiana e il Comune di Venezia hanno chiesto una deroga ex art. 86, n. 2, CE a favore delle imprese municipalizzate. Contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti in udienza, queste imprese municipalizzate, che sono in numero limitato, erano chiaramente identificate grazie al loro stesso status nelle osservazioni presentate alla Commissione. In particolare, esse sono state indicate nominativamente nelle osservazioni del governo italiano del 27 luglio 1999, in cui si precisava quali fossero i loro rispettivi settori di attività e le condizioni in cui esse operavano.

    205

    Tranne per quel che riguarda le imprese municipalizzate, le sole indicazioni comunicate alla Commissione durante il procedimento amministrativo, al fine di dimostrare la natura compensativa del regime di aiuti in questione, riguardavano i costi aggiuntivi gravanti in modo generale sulle imprese operanti nelle isole lagunari. In nessun momento è stata mai menzionata la posizione particolare della Veneziana Gas o quella delle imprese di pulizia quali la Coopservice.

    206

    Ciò nondimeno, secondo l’Italgas, sarebbe stato necessario prendere in considerazione i costi maggiori sostenuti dalla Veneziana Gas rispetto a quelli sostenuti dalle altre imprese di distribuzione del gas, alle quali si applica la medesima tariffa stabilita a livello nazionale, per valutare la natura compensativa delle esenzioni dagli oneri sociali in questione nei confronti di detta impresa.

    207

    L’Italgas asserisce a questo proposito che l’applicazione della tabella tariffaria unica portava alla determinazione di tariffe differenziate per la fornitura del gas a seconda delle zone, in funzione di un costo standard e di parametri uniformi per tutta l’Italia, che non tenevano conto del contesto concreto in cui si effettuava la distribuzione del gas nella zona lagunare e dei costi aggiuntivi effettivamente sostenuti dalla Veneziana Gas.

    208

    A questo riguardo occorre ricordare anzitutto che, quando la Commissione decide di avviare il procedimento d’indagine formale, spetta allo Stato membro interessato e ai beneficiari del provvedimento in questione far valere i propri argomenti per dimostrare che la misura di cui trattasi non costituisce un aiuto o che è compatibile con il mercato comune, in quanto lo scopo del procedimento formale è proprio quello di informare la Commissione su tutti gli elementi del caso di specie (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 18 novembre 2004, causa T-176/01, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II-3931, punto 93). In particolare, spetta allo Stato membro interessato, in osservanza del suo dovere di collaborazione nei confronti della Commissione, al fine di ottenere l’approvazione, in deroga alle norme del Trattato, di aiuti modificati o nuovi, fornire tutti gli elementi atti a consentire a detta istituzione di accertare che ricorrano le condizioni della deroga richiesta (v., in tal senso, sentenza della Corte 28 aprile 1993, causa C-364/90, Italia/Commissione, Racc. pag. I-2097, punto 20, e sentenze del Tribunale 15 giugno 2005, causa T-171/02, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, Racc. pag. II-2123, punto 129, e 6 aprile 2006, causa T-17/03, Schmitz-Gotha Fahrzeugwerke/Commissione, Racc. pag. II-1139, punto 48).

    209

    Peraltro, in presenza di un regime di aiuti, in linea di principio la Commissione non è obbligata ad effettuare un’analisi degli aiuti concessi in casi individuali (v. il precedente punto 73). Essa può limitarsi a studiare le caratteristiche generali del regime preso in considerazione, senza essere tenuta ad esaminare ogni singolo caso di applicazione (v. sentenze della Corte 19 ottobre 2000, Italia e Sardegna Lines/Commissione, citata nel precedente punto 52, punto 51; 29 aprile 2004, causa C-278/00, Grecia/Commissione, Racc. pag. I-3997, punto 24; 15 dicembre 2005, causa C-66/02, Italia/Commissione, Racc. pag. I-10901, punti 91 e 92, e 15 dicembre 2005, causa C-148/04, Unicredito Italiano, Racc. pag. I-11137, punti 67 e 68).

    210

    Tuttavia, secondo la giurisprudenza, nell’interesse di una corretta applicazione delle norme fondamentali del Trattato in materia di aiuti di Stato, la Commissione è tenuta a procedere, ex art. 88 CE, a un esame diligente ed imparziale del provvedimento di aiuti preso in considerazione (v. sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I-1719, punto 62, e del Tribunale 6 marzo 2003, cause riunite T-228/99 e T-233/99, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, Racc. pag. II-435, punto 167). In particolare, nel contesto di un procedimento d’indagine formale, il principio di buon andamento dell’amministrazione, che rientra tra i principi generali dello Stato di diritto comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri, impone alla Commissione di rispettare il principio della parità di trattamento nei confronti degli interessati (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale 4 aprile 2002, causa T-198/01 R, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, Racc. pag. II-2153, punto 85).

    211

    In questa cornice giuridica, l’eventuale riconoscimento di un obbligo della Commissione di valutare individualmente la posizione di taluni beneficiari, in sede di esame di un regime di aiuti, è collegato, da un lato, all’osservanza degli obblighi procedurali gravanti rispettivamente sulla Commissione e sullo Stato membro interessato e, dall’altro, al contenuto delle informazioni specifiche concernenti tali beneficiari trasmesse dalle autorità nazionali o dai terzi interessati alla Commissione.

    212

    In particolare, secondo la giurisprudenza, la Commissione è abilitata ad adottare una decisione sul fondamento delle informazioni disponibili se lo Stato membro interessato, violando il proprio dovere di collaborazione ex art. 10 CE, non le fornisce le informazioni richiestegli per valutare la qualificazione del provvedimento preso in considerazione alla luce dell’art. 87, n. 1, CE e, eventualmente, la compatibilità dell’aiuto con il mercato comune. Tuttavia, prima di adottare una tale decisione, la Commissione deve ingiungere allo Stato membro di fornirle, nel termine da essa stessa fissato, tutti i documenti e le informazioni necessari a consentirle di esercitare il proprio controllo. Solo nel caso in cui lo Stato membro ometta di fornire le informazioni richieste, nonostante l’ingiunzione della Commissione, quest’ultima ha il potere di porre fine al procedimento e di emanare la decisione che dichiari, in base agli elementi a sua disposizione, l’esistenza e la compatibilità o l’incompatibilità di detto aiuto col mercato comune (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 19 ottobre 2005, causa T-318/00, Freistaat Thüringen/Commissione, Racc. pag. II-4179, punto 73, e 12 settembre 2007, causa T-68/03, Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, Racc. pag. II-2911, punto 36 nonché giurisprudenza ivi citata).

    213

    Questi principi sono stati recepiti dagli artt. 5, nn. 2 e 3, 10, n. 3, e 13, n. 1, del regolamento n. 659/1999. In particolare, quest’ultimo articolo enuncia che, qualora uno Stato membro ometta di ottemperare a un’ingiunzione di fornire informazioni, la decisione della Commissione di chiudere il procedimento d’indagine formale, ex art. 7 del medesimo regolamento, è adottata in base alle informazioni disponibili.

    214

    Nel caso di specie, la Commissione ha adempiuto regolarmente ai suoi obblighi procedurali nei confronti sia dello Stato membro interessato, sia dei beneficiari del regime di aiuti in questione, nella loro qualità di terzi interessati. Infatti, i terzi interessati sono stati invitati a presentare le loro osservazioni in merito al regime di aiuti in questione mediante una comunicazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 18 febbraio 1998, in applicazione dell’art. 88, n. 2, CE. Questa comunicazione citava il testo della lettera mediante la quale la Commissione ha informato la Repubblica italiana in merito alla sua decisione di avviare il procedimento formale e con la quale le ha imposto di fornirle, in particolare, tutti i documenti, informazioni e dati che l’Italia reputasse utili ai fini della valutazione del caso. Con lettera datata 17 marzo 1998, il comitato ha trasmesso alla Commissione un rapporto, corredato dello studio del COSES, risalente al marzo 1998. Il Comune di Venezia ha presentato le sue osservazioni alla Commissione con lettera del 18 maggio 1998. In tale lettera esso rilevava che le imprese municipalizzate erano incaricate della prestazione di un pubblico servizio ed invocava l’applicazione dell’art. 86, n. 2, CE. Le imprese ricorrenti non hanno presentato osservazioni. Le suddette osservazioni del comitato e del Comune di Venezia sono state trasmesse al governo italiano, il quale ha indirizzato i propri rilievi alla Commissione con lettera datata 23 gennaio 1999, ed ha aderito alla domanda di deroga ex art. 86, n. 2, CE a favore delle imprese municipalizzate, con lettera del 10 giugno 1999. Con decisione 23 giugno 1999 la Commissione, ritenendo che la Repubblica italiana non le avesse fornito tutte le informazioni necessarie al fine di valutare i provvedimenti a favore delle imprese municipalizzate, le ha imposto di fornirle tutti i documenti, informazioni e dati necessari al fine di valutare la compatibilità di queste misure con il mercato comune ex art. 86, n. 2, CE. Le autorità italiane hanno risposto con la suddetta lettera del 27 luglio 1999.

    215

    Tutto ciò considerato, e in mancanza della benché minima informazione riguardante le imprese ricorrenti nelle osservazioni e nei documenti trasmessi alla Commissione (v. i precedenti punti 207 e 209), non si può accusare quest’istituzione di aver omesso di esaminare la loro posizione individuale.

    216

    In particolare, in mancanza di qualsiasi informazione al riguardo, non spettava alla Commissione verificare se gli sgravi degli oneri sociali in questione concessi alla Veneziana Gas ed alla Coopservice costituissero la compensazione economica di obblighi di pubblico servizio e non attribuissero loro in tal modo nessun vantaggio ex art. 87, n. 1, CE.

    217

    A questo proposito, occorre notare che la decisione impugnata è anteriore alle sentenze della Corte 22 novembre 2001, causa C-53/00, Ferring (Racc. pag. I-9067, punto 27), e Altmark Trans Regierungspräsidium Magdeburg (v. il precedente punto 107), circostanza che spiega perché la Commissione abbia esaminato, nel punto 92 di questa decisione, la compensazione per la gestione di un pubblico servizio, da parte dell’impresa municipalizzata ASPIV, a titolo della deroga ex art. 86, n. 2, CE e non procedendo alla valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    218

    Tuttavia, i criteri enunciati nella sentenza Altmark Trans Regierungspräsidium Magdeburg (citata nel precedente punto 107), derivanti da un’interpretazione dell’art. 87, n. 1, CE, sono pienamente applicabili alle circostanze in fatto e in diritto della presente causa quali esse si presentavano alla Commissione quando essa ha adottato la decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 febbraio 2008, causa T-289/03, BUPA e a./Commissione, Racc. pag. II-81, punto 158). Tuttavia, dal momento che questa decisione è stata adottata molti anni prima di questa sentenza, sarebbe eventualmente opportuno esaminare se la linea di condotta generale della Commissione nella decisione impugnata sia compatibile sostanzialmente con i criteri enunciati nella sentenza Altmark, piuttosto che procedere a un’applicazione letterale dei medesimi (v., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate il 1o luglio 2008 nelle cause riunite C-341/06 P e C-342/06 P, Chronopost/Ufex e a., decise con sentenza 10 luglio 2008, Racc. pag. I-4777, paragrafo 94).

    219

    Nel caso di specie, la società Italgas fa richiamo alla sentenza della Corte 27 novembre 2003, cause riunite da C-34/01 a C-38/01, Enirisorse (Racc. pag. I-14243, punti 31-40), la quale richiama i presupposti enunciati dalla sentenza Altmark (citata nel precedente punto 107).

    220

    Ciò nondimeno, siccome la Commissione non era obbligata, alla luce delle informazioni a sua disposizione, ad esaminare la posizione individuale della Veneziana Gas e della Coopservice (v. il precedente punto 213), occorre constatare che la decisione impugnata non viola a questo proposito l’art. 87, n. 1, CE e non è viziata né da una violazione del principio della parità di trattamento, né da una contraddizione in sede di motivazione, per il fatto di limitarsi ad esaminare la posizione individuale delle imprese municipalizzate.

    221

    In base a tutte le considerazioni sin qui esposte, dev’essere respinto il complesso dei motivi ed argomenti dei ricorrenti e della Repubblica italiana riguardante la natura asseritamente compensativa del provvedimento in questione.

    Sull’asserita mancata incidenza sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza

    222

    Secondo i ricorrenti e la Repubblica italiana, che interviene a sostegno dell’Italgas, spettava alla Commissione esaminare se il regime di aiuti in questione potesse incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, nei principali settori di attività coinvolti. Essi addebitano in particolare alla Commissione di aver omesso di prendere in considerazione il carattere locale dei mercati interessati. Di conseguenza, la decisione impugnata sarebbe insufficientemente motivata e violerebbe l’art. 87, n. 1, CE. Inoltre, tenendo unicamente conto del carattere locale dell’attività delle imprese municipalizzate, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento e motivato contraddittoriamente la decisione impugnata.

    223

    La decisione impugnata enuncia quanto segue (punto 49):

    «(…) La concorrenza e gli scambi fra Stati membri risultano alterati, in quanto le riduzioni degli oneri sociali sono accordate a tutte le imprese, tra cui le imprese che esercitano attività economiche con flussi oggetto di scambi tra detti Stati. In particolare, dalle informazioni trasmesse dalle autorità italiane risulta che le imprese beneficiarie operano, tra l’altro, in settori in cui intensi sono gli scambi, come nell’industria manifatturiera e nel settore dei servizi».

    224

    Di fronte a questa motivazione stringata, è giocoforza constatare, come rilevano i ricorrenti, che, a partire dai dati relativi a determinati settori che le sono stati comunicati dalle autorità italiane, la Commissione si è basata nel caso di specie su una presunzione generale, in quanto il regime di aiuti presi in considerazione comprendeva il complesso dei settori di operatività in una determinata zona geografica.

    225

    Occorre verificare se un metodo siffatto può essere considerato conforme alle disposizioni di cui all’art. 87, n. 1, CE e all’obbligo di motivazione.

    226

    Per dimostrare che la Commissione era tenuta ad effettuare un’analisi dei mercati interessati, i ricorrenti fanno richiamo, in particolare, alle sentenze della Corte 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 4013); 24 ottobre 1996, cause riunite C-329/93, C-62/95 e C-63/95, Germania e a./Commissione, detta «Bremer Vulkan/Commissione» (Racc. pag. I-5151); Maribel bis/ter (citata nel precedente punto 195); Italia e Sardegna Lines/Commissione (citata nel precedente punto 52); 7 marzo 2002, Italia/Commissione (citata nel precedente punto 101); e del Tribunale Alzetta e a./Commissione (citata nel precedente punto 45), e 6 settembre 2006, cause riunite T-304/04 e T-316/04, Italia e Wam/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), oggetto di impugnazione.

    227

    Dall’analisi della giurisprudenza si ricava che i requisiti riguardanti la motivazione e l’analisi, da parte della Commissione, dell’incidenza di una misura di aiuti sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza variano, com’è del tutto logico, in funzione della natura, individuale o generale, di tale misura.

    228

    Per quanto concerne gli aiuti individuali, il giudice comunitario verifica se la motivazione della decisione impugnata si basi su elementi concreti per dimostrare che il provvedimento esaminato possa incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, quali, in particolare, la dimensione dell’impresa beneficiaria, le sue attività di esportazione, l’importo dell’aiuto (v., per esempio, sentenza della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris Holland/Commissione, Racc. pag. 2671, punti 10 e 11). Alla Commissione si richiede un’analisi economica concreta della situazione del mercato (v. sentenza Bremer Vulkan, citata nel precedente punto 226, punto 53, e sentenze del Tribunale 22 febbraio 2006, causa T-34/02, Le Levant 001 e a./Commissione, Racc. pag. II-267, punti 123 e 124, e Italia e Wam/Commissione, citata nel precedente punto 226, punto 73).

    229

    In sede di esame dei regimi settoriali di aiuto, la Commissione non può nemmeno limitarsi a un’analisi in astratto. Il giudice comunitario verifica parimenti che essa si sia basata su elementi concreti, relativi, per esempio, alle caratteristiche del regime di aiuti o del mercato interessato, per valutare l’incidenza dell’aiuto (v., per esempio, sentenza Alzetta e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 87, e sentenza Italia e Sardegna Lines/Commissione, citata nel precedente punto 52, punto 69, con la quale la Corte ha annullato la decisione impugnata per insufficienza di motivazione, poiché la Commissione aveva omesso di prendere in considerazione la mancata liberalizzazione del settore interessato del cabotaggio con le isole del Mediterraneo, all’epoca dei fatti rilevanti).

    230

    Viceversa, per quanto concerne i regimi multisettoriali di aiuto, dalla giurisprudenza si evince che la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del programma in questione onde stabilire se, a causa degli importi o delle percentuali elevate degli aiuti, delle caratteristiche degli investimenti sostenuti o di altre modalità previste dal programma, quest’ultimo dia un notevole vantaggio ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti e sia tale da favorire essenzialmente le imprese che partecipano agli scambi fra Stati membri (v., in tal senso, sentenze 14 ottobre 1987, Germania/Commissione, citata nel precedente punto 226, punto 18; Maribel bis/ter, citata nel precedente punto 195, punto 48, e 7 marzo 2002, Italia/Commissione, citata nel precedente punto 104, punti 89 e 91).

    231

    Da ciò deriva che, nel caso di un regime di aiuti applicabile, come nel caso di specie, a tutte le imprese insediate su un determinato territorio, non si può pretendere dalla Commissione che essa dimostri, in base ad un esame anche solo sommario della situazione dei mercati, la prevedibile incidenza di detto regime sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza nel complesso dei settori di attività interessati.

    232

    A questo riguardo occorre ricordare infatti che, in materia di aiuti di Stato, la ripartizione dell’onere della prova è subordinata al rispetto dei rispettivi obblighi procedurali gravanti sulla Commissione e sullo Stato membro interessato, nell’ambito dell’esercizio, da parte della Commissione, del potere di cui essa dispone per indurre lo Stato membro a fornirle tutte le informazioni necessarie (v. sentenza Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, citata nel precedente punto 212, punto 35).

    233

    In particolare, spetta allo Stato membro interessato, in forza del dovere di collaborazione con la Commissione ad esso incombente, ed ai terzi interessati debitamente invitati a presentare le loro osservazioni in osservanza dell’art. 88, n. 2, CE, illustrare i loro argomenti e fornire alla Commissione tutte le informazioni che possano far luce sul complesso dei dati del caso (v. il precedente punto 208).

    234

    È proprio in base agli argomenti e ai dati che le siano stati forniti in tal modo che la Commissione è tenuta, in osservanza degli obblighi procedurali ad essa incombenti (v. il precedente punto 212), a verificare in modo diligente e imparziale, in particolare, se il provvedimento preso in considerazione possa incidere sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza. Infatti, la Commissione non è obbligata ad esaminare d’ufficio e in via presuntiva quali siano gli elementi di fatto o di diritto che potevano esserle presentati nel corso del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza Commission/Sytraval e Brink’s France, citata nel precedente punto 210, punto 60, e sentenza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T-109/01, Fleuren Compost/Commissione, Racc. pag. II-127, punto 49).

    235

    Di conseguenza, in presenza di un regime di aiuti multisettoriale, la Commissione è obbligata unicamente a controllare, in base ad elementi concreti, se, in alcuni settori determinati, il provvedimento preso in considerazione soddisfi i due citati presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, quando le siano state fornite sufficienti informazioni rilevanti a tal fine nel corso del procedimento amministrativo. In mancanza di sufficienti informazioni, la Commissione può far ricorso, conformemente alla giurisprudenza, ad una presunzione basata sull’analisi delle caratteristiche del regime di aiuti preso in considerazione (v. il precedente punto 230).

    236

    Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, per accertare se la motivazione di una decisione soddisfi le prescrizioni di cui all’art. 253 CE, occorre tener conto non solo del tenore della decisione ma anche del suo contesto, nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. Anche se la Commissione non è tenuta a pronunciarsi, nella motivazione di una decisione, su tutti i punti di fatto e di diritto sollevati dallo Stato membro coinvolto o dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo, essa comunque deve tener conto di tutte le circostanze e di tutti gli elementi rilevanti del caso, per consentire al giudice comunitario di esercitare il proprio sindacato di legittimità e per portare a conoscenza sia degli Stati membri sia dei cittadini interessati i criteri in base ai quali ha applicato il Trattato (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T-371/94 e T-394/94, British Airways e a./Commissione, Racc. pag. II-2405, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

    237

    Da ciò discende che la portata dell’obbligo di motivazione gravante sulla Commissione, in presenza di un regime di aiuti multisettoriale, dipende, in particolare per quanto riguarda l’incidenza di detto regime sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, dai dati e dagli elementi comunicati a questa istituzione in occasione del procedimento amministrativo.

    238

    Infine, la legittimità di una decisione della Commissione dev’essere valutata in base ai soli elementi di cui essa disponeva al momento in cui l’atto è stato adottato, e non in base ad argomenti di fatto ignoti alla Commissione e che non le siano stati segnalati nel corso del procedimento amministrativo (v. sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T-68/03, Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, citata nel precedente punto 212, punti 72 e 73).

    239

    Di conseguenza, nel caso di specie è alla luce dei dati disponibili, comunicati alla Commissione dalle autorità italiane, dal comitato e dal Comune di Venezia durante il procedimento amministrativo, e prodotti dalla Commissione su richiesta del Tribunale, che occorre decidere se questa istituzione abbia adeguatamente dimostrato che gli sgravi degli oneri sociali in questione potevano incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, e se la decisione impugnata sia sufficientemente motivata a tale proposito.

    240

    Nel caso di specie, come sottolineato dai ricorrenti in udienza, le autorità italiane, nella loro lettera datata 23 gennaio 1999, hanno sostenuto che le imprese operanti nei settori dell’edilizia, del commercio, alberghiero e dei servizi di interesse economico generale non apparivano in condizioni di partecipare agli scambi. Questa affermazione, tuttavia, non era suffragata da nessun argomento in diritto o in fatto. In particolare, le tabelle dell’INPS, allegate a questa lettera e richiamate nella decisione impugnata (punto 6), contenevano unicamente informazioni riguardanti l’attuazione del provvedimento in questione, ripartite per settori di attività e per anno, relative al numero e alle dimensioni delle imprese beneficiarie, nonché al numero di lavoratori interessati. Peraltro, esse non contenevano nessun elemento né nessun dato che consentisse di dimostrare la natura rigorosamente locale dei mercati, in particolare nei settori indicati dalle autorità italiane nella citata lettera.

    241

    Il carattere locale, in particolare, dei settori di attività in cui operano le imprese ricorrenti non si ricavava nemmeno dalle osservazioni del comitato datate 17 marzo 1998 né dagli studi del COSES, in particolare da quello risalente al marzo 1998, il quale conteneva un’analisi della situazione concorrenziale, in particolare, dei settori commerciali collegati al turismo, alberghiero e della ristorazione, dei servizi e dell’artigianato tradizionale, come le vetrerie di Murano. Infatti, in questo studio veniva esaminata solo la concorrenza con gli operatori stabiliti sulla terraferma, per quanto concerne il complesso dei settori esaminati. Viceversa, non era affrontata la questione relativa all’incidenza del provvedimento in questione sugli scambi intracomunitari e sulla posizione concorrenziale dei beneficiari rispetto ad operatori stabiliti in altri Stati membri o in altre parti dell’Italia. Peraltro, i settori dei servizi di manutenzione e pulizia, nei quali opera la Coopservice, e di distribuzione del gas, in cui operava la Veneziana Gas, non erano analizzati. Per quanto concerne, in particolare, i servizi, il suddetto studio faceva unicamente riferimento in generale al «terziario» (punto 1.4).

    242

    Da ciò si ricava che le osservazioni e i documenti trasmessi alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo non contenevano nessun elemento né nessun dato concreto in grado di attirare l’attenzione di detta istituzione sulla particolare situazione di determinati settori e di consentirle, in particolare, di accertare che, in questi settori, gli sgravi degli oneri sociali in questione non erano in grado di incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza.

    243

    Alla luce di ciò, non spettava alla Commissione, che ha pienamente rispettato gli obblighi procedurali ad essa incombenti (v. il precedente punto 214), raccogliere informazioni ulteriori presso le autorità nazionali al fine di verificare se fossero soddisfatti i presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE relativi all’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, nei vari settori di attività coinvolti, in particolare in quelli alberghiero, della distribuzione del gas e dei servizi di manutenzione e pulizia, dove operano le imprese ricorrenti.

    244

    A questo proposito, contrariamente a quanto sostenuto in udienza dalle imprese ricorrenti, la loro posizione e quella degli altri beneficiari del regime di aiuti in questione si differenzia da quella delle imprese municipalizzate, le quali erano state individuate e in merito alle quali erano state fornite alla Commissione precise informazioni nel corso del procedimento amministrativo (v. il precedente punto 202). Pertanto, devono essere respinti i motivi relativi alla violazione del divieto di discriminazione ed alla contraddittorietà della motivazione.

    245

    Inoltre, dal momento che dai documenti trasmessi alla Commissione si evince che questa istituzione non disponeva di nessuna informazione concreta riguardante la specificità dei loro settori di attività, i ricorrenti non possono nemmeno legittimamente invocare questa specificità per dimostrare che essi operano su un mercato strettamente locale oppure, per quanto riguarda l’Italgas, che il settore della distribuzione del gas non era aperto alla concorrenza all’epoca dei fatti.

    246

    Peraltro, non possono essere accolti gli argomenti dei ricorrenti riguardanti l’importo esiguo degli aiuti in questione e la circostanza che la maggior parte delle imprese beneficiarie eserciterebbero la loro attività a livello esclusivamente locale.

    247

    Infatti, l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria non escludono a priori l’eventualità che vengano influenzati gli scambi tra Stati membri. In particolare, un aiuto di rilevanza piuttosto esigua è idoneo a ripercuotersi su siffatti scambi quando il settore in cui operano le imprese che ne beneficiano sia contraddistinto da forte concorrenza. Pertanto, quando un settore è contrassegnato da un elevato numero di piccole imprese, un aiuto, anche modesto sul piano individuale, ma potenzialmente a disposizione di tutte le imprese del settore, o di una larghissima parte di esse, può avere ripercussioni sugli scambi tra Stati membri (v., per esempio, sentenza Xunta de Galicia, citata nel precedente punto 107, punti 41-43 e giurisprudenza ivi citata). Per di più, nel caso di specie, la Commissione ha escluso espressamente, nella decisione impugnata, i provvedimenti in regola con il criterio de minimis dalla sfera d’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (v. il precedente punto 103).

    248

    Parimenti, anche ipotizzando che la maggior parte delle imprese beneficiarie esercitassero la loro attività unicamente a livello locale, circostanza che non è dimostrata, ciò risulterebbe comunque irrilevante. Secondo una giurisprudenza consolidata, un aiuto può essere in grado di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e di falsare la concorrenza anche qualora le imprese beneficiarie, che siano in concorrenza con produttori di altri Stati membri, svolgano la loro attività esclusivamente a livello locale. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che risultano diminuite le possibilità delle imprese con sede in altri Stati membri di esportare i loro prodotti nel mercato di questo Stato membro (v., in tal senso, sentenze 7 marzo 2002, Italia/Commissione, citata nel precedente punto 104, punto 84; Xunta de Galicia, citata nel precedente punto 107, punto 40; 15 dicembre 2005, Italia/Commissione, citata nel precedente punto 209, punto 117, e Alzetta/Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 91).

    249

    Per l’insieme di questi motivi, in considerazione, da un lato, delle caratteristiche del regime di aiuti in questione, che prevedeva sgravi degli oneri sociali a favore di tutte le imprese stabilite a Venezia o a Chioggia, e, dall’altro, degli elementi e dei dati comunicati alla Commissione durante il procedimento amministrativo, questa istituzione non ha violato l’art. 87, n. 1, CE presumendo che un regime del genere favorisse imprese operanti in settori oggetto di intense correnti di scambi, quali il settore manifatturiero o quello dei servizi, senza fare riferimento, anche solo sommariamente, a precisi mercati e senza basarsi su caratteristiche concrete di alcuni fra detti mercati.

    250

    Inoltre la Commissione, motivando in questo modo la decisione impugnata (v. il precedente punto 223), ha indicato in modo stringato ma chiaro, nella decisione impugnata, le ragioni per cui le esenzioni dagli oneri sociali in questione potevano incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza.

    251

    Contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, questa motivazione era sufficiente per consentire alle autorità italiane di determinare le imprese obbligate a restituire gli aiuti percepiti, in esecuzione di questa decisione. Infatti, come è stato accertato (v. i precedenti punti 100-111), non spettava a queste autorità, in sede di esecuzione della decisione impugnata, verificare in ciascun caso individuale se fossero soddisfatti i presupposti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    252

    Da ciò consegue che la decisione impugnata era di per sé sufficiente, e non necessitava né è stata oggetto di motivazioni integrative. A questo proposito, le risposte della Commissione datate 29 agosto e 29 ottobre 2001, richiamate dai ricorrenti, a richieste di chiarimenti concernenti le modalità di esecuzione di questa decisione, che le erano state rivolte dalle autorità nazionali, rientravano unicamente nell’ambito della leale cooperazione tra questa istituzione e le autorità nazionali.

    253

    Per tutti questi motivi, devono essere respinte le censure relative alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE.

    2. Sulla pretesa violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e sul preteso difetto di motivazione

    a) Argomenti delle parti

    Argomenti dei ricorrenti

    — Causa T-254/00

    254

    La società Hotel Cipriani, ricorrente, fa osservare che l’art. 87, n. 3, lett. c), CE dev’essere interpretato conformemente ai principi di coesione economica e sociale sanciti dall’art. 2 CE e specialmente attuati dagli artt. 158 CE e seguenti. Infatti, la realizzazione di un mercato unico e la protezione della concorrenza non costituirebbero un fine in sé, ma tenderebbero alla realizzazione degli obiettivi essenziali del Trattato. Gli aiuti regionali costituirebbero uno strumento essenziale nel perseguimento di tali obiettivi, i quali non sarebbero «appannaggio» dei Fondi strutturali. Incomberebbe quindi alla Commissione, nell’ambito del suo potere discrezionale, applicare le disposizioni relative agli aiuti regionali in maniera flessibile, prevedendo in taluni casi soluzioni differenziate al fine di tenere conto della specificità oggettiva delle situazioni considerate, in modo da garantire l’efficacia pratica di tali disposizioni e la realizzazione delle loro finalità.

    255

    Nella presente fattispecie, sussisterebbero i presupposti per una deroga ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. In particolare, la decisione impugnata sarebbe viziata da un errore manifesto di valutazione e da un difetto di motivazione, in quanto essa esclude l’intero territorio di Venezia dal beneficio di tale deroga.

    256

    In primo luogo, la ricorrente sostiene che le misure in questione, volte a preservare il tessuto socioeconomico della città di Venezia, sarebbero pienamente coerenti con le finalità del regime comunitario di aiuti regionali. Infatti, una parte del territorio di Venezia, in particolare le isole della laguna, tra cui l’isola della Giudecca, ove si trova l’hotel Cipriani, rientrerebbero tra le regioni italiane che possono beneficiare degli interventi nell’ambito dell’obiettivo n. 2 dei Fondi strutturali, nonché nella mappa delle regioni italiane autorizzate a beneficiare della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

    257

    Inoltre, l’intero territorio di Venezia rientrerebbe nell’ambito di applicazione della disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati (citata nel precedente punto 127), in quanto sarebbe compreso nell’iniziativa comunitaria a favore delle zone urbane, denominata iniziativa URBAN (punto 7 della disciplina). Esso soddisfarebbe, inoltre, gli altri criteri alternativi di applicabilità. Infatti, contrariamente alle affermazioni della Commissione (punto 72 della decisione impugnata), tale disciplina sarebbe stata concepita come uno strumento di integrazione degli altri regimi comunitari posti a tutela della coesione economica e sociale, di cui la Commissione avrebbe riconosciuto il carattere parziale e inadeguato (punto 1 della disciplina). Essa risponderebbe quindi alla necessità di prendere in considerazione altri indicatori socioeconomici propri delle realtà interurbane (punto 7 della disciplina). Nel caso di Venezia ora in discussione, l’applicazione di criteri speciali come quelli previsti nella summenzionata disciplina sarebbe oggettivamente giustificata dai costi aggiuntivi collegati all’insularità ed al rischio di fare di Venezia una sorta di «città museo», priva di un autentico tessuto socioeconomico. Nella sua comunicazione 22 maggio 2002, sulla cessazione di tale disciplina comunitaria, la Commissione avrebbe evidenziato peraltro che gli aiuti a favore dei quartieri svantaggiati possono essere considerati compatibili «se del caso e a seconda delle circostanze specifiche del progetto di aiuto in questione, direttamente sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato CE».

    258

    Di conseguenza, a causa dell’insularità, la situazione di Venezia presenterebbe un’assoluta peculiarità, il che avrebbe giustificato un approccio più flessibile da parte della Commissione per ciò che riguarda l’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, come auspicato espressamente dal Parlamento europeo nella sua risoluzione 16 aprile 1999, sulla situazione di crisi a Venezia (GU C 219, pag. 511).

    259

    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che le misure in questione hanno compensato solo in modo molto parziale i costi aggiuntivi di cui la Commissione non negherebbe l’esistenza nella decisione impugnata (punto 78). Esse sarebbero dunque proporzionali all’obiettivo di sviluppo regionale perseguito, e non altererebbero quindi le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Ciò varrebbe a fortiori per il settore alberghiero e per quello della ristorazione.

    — Causa T-270/00

    260

    La società Italgas, ricorrente, ricorda che, onde evitare un trattamento discriminatorio di fattispecie analoghe, la Commissione sarebbe tenuta ad applicare l’art. 87, n. 3, lett. c), CE in base a criteri oggettivi, che essa stessa generalmente indica nelle sue comunicazioni interpretative, le quali attribuiscono alla sua prassi continuità e prevedibilità in ossequio al principio di certezza del diritto. Tali comunicazioni non permetterebbero tuttavia di determinare un elenco tassativo degli interventi suscettibili di ottenere una deroga regionale ai sensi di detto articolo. Esse non dispenserebbero quindi la Commissione dal verificare se altri interventi, destinati a rimediare a problemi locali specifici, meritino di essere autorizzati ai sensi di tale articolo. Il Tribunale avrebbe dichiarato a tale riguardo che misure che non rientrano nelle discipline comunitarie relative all’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE possono nondimeno beneficiare della deroga di cui a tale articolo, quando le condizioni degli scambi non sono alterate in misura contraria all’interesse comune (sentenza del Tribunale 4 aprile 2001, causa T-288/97, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, Racc. pag. II-1169, punto 72).

    261

    Tale interpretazione troverebbe parimenti conferma nella citata disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati, in cui la Commissione avrebbe ammesso che talune circostanze locali particolari — pur non rientrando nei criteri strutturali individuati negli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (GU 1998, C 74, pag. 9; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998») — giustificano tuttavia pure l’autorizzazione della concessione di un aiuto di Stato in applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. In tale disciplina (punti I e III), la Commissione avrebbe posto l’accento sull’inadeguatezza degli orientamenti del 1998 a rispondere alle difficoltà connesse ai costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese nei quartieri urbani svantaggiati.

    262

    Nel caso specifico, la Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione gli stessi criteri di valutazione per ammettere l’esistenza di una situazione eccezionale specifica a Venezia che, per quanto non considerata nei summenzionati orientamenti, avrebbe giustificato l’autorizzazione di un intervento statale in applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Orbene, le autorità italiane e il Comune di Venezia avrebbero invocato, durante il procedimento amministrativo, la possibilità di un’autorizzazione di tal genere, considerata la situazione particolare della zona lagunare per cui essi avrebbero richiesto una soluzione ad hoc, indipendentemente dai dati forniti dagli indicatori strutturali abituali e dal regime degli aiuti a finalità regionale, di cui essi non avrebbero richiesto né l’applicazione né la modifica.

    263

    Ciò nondimeno, nella decisione impugnata (punto 74), la Commissione si sarebbe limitata a invocare l’assenza di «elementi nuovi» che potessero giustificare la deroga richiesta, senza tuttavia indicare le ragioni per le quali essa riteneva che gli elementi proposti dalle autorità italiane non fossero sufficienti a giustificare una tale deroga.

    264

    Inoltre, la ricorrente rileva che gli aiuti controversi sono stati concessi prima della riforma introdotta dagli orientamenti del 1998, concernenti gli aiuti a finalità regionale. In tale contesto, la Commissione non avrebbe indicato i motivi di diritto e di fatto del suo rifiuto ad autorizzare la deroga richiesta. Essa non spiegherebbe perché i criteri definiti negli orientamenti vigenti in quel momento si opponessero alla presa in considerazione della situazione particolare di Venezia, ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

    265

    Orbene, secondo la giurisprudenza, la Commissione sarebbe obbligata a prendere in considerazione tutte le circostanze rilevanti al fine di compiere la valutazione della compatibilità di un aiuto a norma dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE (sentenze della Corte 17 settembre 1980, Philip Morris Holland/Commissione, citata nel precedente punto 228, punto 17, e 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse», Racc. pag. I-959, punto 56; sentenza del Tribunale 11 luglio 2002, causa T-152/99, HAMSA/Commissione, Racc. pag. II-3049, punto 48). La sua decisione dovrebbe contenere un ragionamento comprensibile per i destinatari (v. sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 40/85, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2321, punto 21).

    266

    Nella presente fattispecie, la decisione impugnata sarebbe quindi viziata da un grave difetto di motivazione, a causa della mancata presa in considerazione delle osservazioni del governo italiano e degli interessati. Tale difetto di motivazione sarebbe ancor più manifesto in considerazione della dichiarazione n. 30, sulle regioni insulari, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam, la quale dichiara che la legislazione comunitaria deve tenere conto degli svantaggi strutturali connessi alla loro insularità e che «misure specifiche» possono essere adottate a favore di tali regioni. Orbene, nella decisione impugnata (nota n. 30, punto 78), la Commissione si sarebbe limitata a sostenere che i pretesi oneri strutturali invocati non sarebbero connessi all’insularità dei territori lagunari e non costituirebbero quindi svantaggi strutturali di cui alla summenzionata dichiarazione n. 30.

    267

    Peraltro, la ricorrente evidenza che gli sgravi controversi costituiscono misure di aiuto all’occupazione che estendono ai territori di Venezia e di Chioggia i principi previsti dalla politica di occupazione nel Mezzogiorno. La circostanza che Venezia non soddisfi i criteri definiti nel punto 22 dei citati orientamenti in materia di aiuti all’occupazione non costituirebbe un ostacolo all’applicazione a suo favore di una deroga regionale ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Infatti, la Commissione resterebbe libera di modificare la sua prassi in maniera evolutiva, a condizione di rispettare i criteri summenzionati nei casi espressamente previsti dagli orientamenti che li enunciano. Essa potrebbe in particolare applicare per analogia ad altri casi i principi che ispirano tali orientamenti, indipendentemente dall’adozione di una comunicazione diretta a regolare precisamente il caso specifico.

    268

    Infine, la decisione impugnata sarebbe in ogni caso viziata da un errore di diritto nella parte in cui essa dispone, nell’art. 1, secondo comma, che gli aiuti previsti dall’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994 costituiscono aiuti incompatibili con il mercato comune, quando sono accordati ad imprese che non sono PMI e che sono localizzate al di fuori delle zone legittimate a godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Infatti, dato che tali aiuti sono diretti alla creazione di nuovi posti di lavoro, essi dovrebbero beneficiare, in applicazione del punto 20 degli orientamenti in materia di occupazione, della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, se si tratta di aiuti destinati «ad agevolare lo sviluppo di talune attività». In tale contesto, gli aiuti destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro dovrebbero essere dichiarati compatibili anche qualora siano stati concessi ad imprese situate al di fuori delle zone abilitate a beneficiare della deroga regionale prevista dal summenzionato articolo.

    269

    La Repubblica italiana, interveniente a sostegno delle conclusioni dell’Italgas, rileva che la Commissione ha essa stessa ammesso, nel controricorso (punto 191), che lo strumento della deroga regionale previsto dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE poteva rispondere in maniera appropriata ad esigenze quali quelle avanzate dall’Italgas a proposito di Venezia, senza che fosse necessario creare normative ad hoc. Orbene, tale posizione sarebbe stata difesa dalle autorità italiane durante il procedimento amministrativo. Tuttavia la Commissione, senza peraltro criticare gli argomenti di tali autorità relativi al degrado irreversibile del tessuto economico delle zone lagunari, non avrebbe preso in considerazione la loro domanda diretta all’applicazione di una deroga ai sensi del summenzionato articolo, per ciò che riguarda la parte insulare e lagunare di Venezia. La decisione impugnata (punto 74) sarebbe quindi viziata da un difetto di motivazione. Inoltre, il timore della Commissione di provocare un numero notevole di analoghe domande di deroga non sarebbe fondata, considerata in particolare la specificità della zona insulare e lagunare di Venezia.

    — Causa T-277/00

    270

    La società Coopservice e il comitato «Venezia vuole vivere», ricorrenti, sostengono che la decisione impugnata è viziata da un errore e da un difetto di motivazione, in quanto la Commissione non tiene conto, quando esamina se il regime considerato sia atto a beneficiare di una deroga regionale ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, del carattere insulare del territorio di Venezia e di Chioggia, il quale giustificherebbe la concessione delle misure in questione. In particolare, la Commissione escluderebbe senza giustificazione e in maniera erronea l’applicabilità della dichiarazione n. 30, allegata al Trattato di Amsterdam. Orbene, risulterebbe da tale dichiarazione che l’insularità giustifica l’autorizzazione dell’aiuto in virtù di una presunzione relativa agli svantaggi strutturali che pregiudicano le regioni insulari a causa del solo fatto della loro insularità.

    Argomenti della Commissione

    271

    La Commissione sostiene che, visto il suo carattere derogatorio, l’art. 87, n. 3, lett. c), CE dev’essere interpretato in maniera restrittiva. Il carattere eccezionale delle deroghe regionali risulterebbe chiaramente dagli orientamenti del 1998 (punto 1, quarto comma), che hanno sostituito la comunicazione della Commissione 12 agosto 1988, sul metodo di applicazione dell’articolo [87], paragrafo 3, lettere a) e c), [CE] agli aiuti regionali (GU 1998, C 212, pag. 2; in prosieguo: la «comunicazione 12 agosto 1988»). Le regole contenute negli orientamenti vincolerebbero la Commissione.

    272

    La Commissione ricorda a tale riguardo che le zone di ciascuno Stato membro autorizzate a beneficiare della deroga regionale figurano nella carta degli aiuti a finalità regionale, approvata da tale istituzione in base a criteri comuni sulla base di un progetto notificato dallo Stato membro, conformemente alla procedura stabilita dagli orientamenti del 1998 (specificamente, punto 3.10).

    273

    Nella fattispecie, il regime di aiuti considerato sarebbe destinato anche ad imprese situate in zone che non sono legittimate a godere della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Come la Commissione aveva affermato nella decisione impugnata (punto 68), tale circostanza sarebbe stata sufficiente a giustificare l’esclusione dell’applicazione di una deroga regionale al regime stesso. Infatti, quando esamina un regime di aiuti, la Commissione non sarebbe tenuta ad analizzare la situazione individuale di ciascuna impresa beneficiaria. Di conseguenza, contrariamente alle affermazioni della società Hotel Cipriani, la decisione impugnata non sarebbe viziata da un difetto di motivazione in quanto la Commissione non ha preso in considerazione il fatto che tale ricorrente si trovava in una zona autorizzata a beneficiare della deroga regionale.

    274

    Inoltre, per questi stessi motivi, la Commissione avrebbe giustamente rifiutato di accogliere la domanda delle autorità italiane diretta ad ottenere l’autorizzazione del regime di aiuti considerato ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, a causa della situazione locale specifica di Venezia, contrassegnata dalla necessità di evitare lo spopolamento della città, il declino delle sue attività industriali e la sua trasformazione in città-museo, e della pretesa natura compensativa delle misure considerate (punto 67 della decisione impugnata).

    275

    Peraltro la Commissione nega che Venezia rientri nell’ambito di applicazione della citata disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati.

    276

    La Commissione fa inoltre osservare che una regolamentazione ad hoc concernente Venezia non è in ogni caso necessaria per rispondere alle esigenze invocate dall’Italgas. Nella presente fattispecie, sarebbe la Repubblica italiana ad aver deciso di non includere tutto il territorio di Venezia nella sua proposta, concernente la lista delle zone legittimate a godere delle deroghe regionali previste dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

    277

    Per di più, la Commissione rileva che essa ha spiegato, nella decisione impugnata (punti 73 e 74), le ragioni per le quali essa non aveva intenzione di modificare il metodo di applicazione di tale articolo per adattarlo al caso di Venezia, come aveva fatto al momento dell’allargamento della Comunità alla Svezia e alla Finlandia.

    278

    Infine, la Commissione si oppone alla tesi dell’Italgas, secondo la quale il regime di aiuti preso in considerazione prevedrebbe provvedimenti a favore dell’occupazione analoghi a quelli enunciati dalla normativa relativa al Mezzogiorno, che sarebbero stati estesi ai territori di Venezia e di Chioggia.

    279

    Per quanto riguarda l’argomento relativo alla conformità delle misure considerate al principio di proporzionalità, proposto dalla società Hotel Cipriani, esso si riferirebbe ad una situazione individuale e ad un settore di attività determinato, i quali non sarebbero soggetti all’esame della Commissione quando viene valutato un regime di aiuti.

    b) Giudizio del Tribunale

    280

    Occorre ricordare preliminarmente che, nella decisione impugnata (punti 60-63 e art. 1, primo comma), la Commissione, basandosi sui punti 20, 21 e 23 degli orientamenti comunitari in materia di aiuti all’occupazione, i quali riguardano unicamente gli aiuti all’occupazione non collegati a un investimento (v. punto 10 degli orientamenti), ha dichiarato compatibili con il mercato comune, ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, gli sgravi degli oneri sociali finalizzati alla creazione di posti di lavoro di cui all’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando tali esenzioni sono state accordate ad imprese che sono o PMI, o imprese stabilite in una zona legittimata a godere della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, o imprese che abbiano assunto categorie di lavoratori con particolari difficoltà di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro.

    281

    Viceversa, negli artt. 1, secondo comma, e 2 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che gli sgravi degli oneri sociali per la creazione di posti di lavoro che non soddisfacevano una delle tre citate condizioni alternative, nonché gli sgravi generali degli oneri sociali stabiliti dall’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, che mirano al mantenimento dei livelli di occupazione (v. punti 64 e 65 della decisione impugnata), non soddisfino i criteri enunciati dai menzionati orientamenti in materia di aiuti all’occupazione (punto 22) per poter essere autorizzate, ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, quali aiuti settoriali destinati ad agevolare lo sviluppo di determinate attività, senza alterare le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune.

    282

    Nei punti 67-78 della decisione impugnata, la Commissione ha verificato se le esenzioni indicate nel punto precedente potessero godere di una deroga regionale, ex art. 87, n. 3, lett. a) o c), CE, quali aiuti a finalità regionale, non potendo beneficiare di una deroga settoriale, ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, come aiuti per l’occupazione. A questo proposito, essa si è fondata espressamente sulla sua comunicazione 12 agosto 1988, che era applicabile all’epoca dei fatti, compresa tra il 1995 e il 1o dicembre 1997, data a partire dalla quale il regime di aiuti di cui trattasi è stato sospeso (v. il punto 69 della decisione impugnata).

    283

    Questo metodo è stato sostituito successivamente, prima dell’adozione della decisione impugnata, il 25 novembre 1999, dagli orientamenti del 1998, adottati il 16 dicembre 1997 quali «opportune misure» ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE (v. sentenza della Corte 18 giugno 2002, causa C-242/00, Germania/Commissione, Racc. pag. I-5603, punto 30), e pubblicati sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 10 marzo 1998 (GU C 74, pag. 9).

    284

    Di conseguenza, occorre verificare se i citati orientamenti fossero applicabili al caso di specie. A questo proposito, occorre notare che questi orientamenti (punto 6.1) enunciano che la Commissione valuta la compatibilità degli aiuti a finalità regionale con il mercato comune sulla base di detti orientamenti, sin dalla loro adozione. Essi precisano tuttavia che i progetti di aiuto notificati prima della comunicazione agli Stati membri di tali orientamenti devono essere valutati in base ai criteri vigenti al momento della notifica. Ebbene, nel caso di specie il regime di aiuti di cui trattasi era stato attuato illegittimamente sin dal 1995. Per di più, le disposizioni della legge n. 30/1997, che hanno prorogato detto regime, per il 1997, a favore delle imprese insediate nel territorio di Venezia e di Chioggia, nonché nelle regioni del Mezzogiorno, sono state comunicate alla Commissione con lettera datata 10 giugno 1997, in osservanza della decisione della Commissione 95/455, che autorizza a determinate condizioni il regime di riduzione degli oneri sociali nel Mezzogiorno, e non a titolo di formale notifica di un progetto di aiuti a favore delle imprese di Venezia e di Chioggia, in osservanza dell’art. 88, n. 3, CE, in quanto il regime di aiuti in oggetto era già in esecuzione. Una siffatta comunicazione non può essere qualificata, di conseguenza, come notificazione che consenta l’applicazione dei criteri vigenti alla data della medesima, in base al citato punto 6.1 degli orientamenti del 1998. Ciò nondimeno, in forza delle norme transitorie previste nei punti 6.2 e 6.3 degli orientamenti del 1998, la Commissione, in presenza di determinate condizioni, da un lato poteva derogare alle disposizioni di detti orientamenti, per quanto riguarda l’esame della validità degli elenchi di regioni assistite, e continuare a basarsi a questo riguardo sul metodo definito nella sua comunicazione 12 agosto 1988. Dall’altro, la Commissione poteva derogare parimenti, in presenza di determinati presupposti, alle disposizioni degli orientamenti del 1998 riguardo all’esame della compatibilità del livello di aiuti e dei limiti massimi di cumulo.

    285

    Da ciò deriva che la Commissione aveva il diritto di basarsi, nella decisione impugnata, sulla carta delle regioni legittimate a godere di una deroga regionale, nonché sui limiti massimi di livello degli aiuti e di cumulo, determinati secondo il metodo per l’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. a) e c), CE, definito nella citata comunicazione 12 agosto 1988. Per quanto riguarda gli altri elementi, andavano applicati gli orientamenti del 1998.

    286

    Peraltro, come ha ricordato il Tribunale nella sua sentenza 11 luglio 2002, causa T-152/99, HAMSA/Commissione (citata nel precedente punto 265, punti 201 e 202), dalla comunicazione 12 agosto 1988 (punto 6, primo comma), confermata e chiarita dagli orientamenti del 1998 (punti 1, quarto comma, 4.1 e 4.11), si ricava che gli aiuti regionali che possono godere di una deroga ex art. 87, n. 3, lett. a) e c), CE hanno ad oggetto o un investimento produttivo o la realizzazione di posti di lavoro collegati all’effettuazione di un investimento. Viceversa, gli aiuti al funzionamento possono essere autorizzati solo in via eccezionale, in base all’art. 87, n. 3, lett. a) o c), CE (v. comunicazione 12 agosto 1988, punto 6, secondo comma, e orientamenti del 1998, punti 4.15-4.17). Anche qualora si dovesse ipotizzare che le norme relative agli aiuti per la realizzazione di posti di lavoro collegati all’effettuazione di un investimento e quelle in materia di aiuti al funzionamento contenute negli orientamenti del 1998 non si applichino ratione temporis, circostanza smentita dal citato punto 6.1, che enuncia che questi orientamenti sono applicabili sin dalla loro adozione, fatta eccezione per le norme transitorie di cui ai citati punti 6.2 e 6.3, ciò nondimeno dalla comunicazione 12 agosto 1988 si evincono con chiarezza sia l’importanza del criterio del collegamento con un investimento, sia la natura eccezionale degli aiuti al funzionamento. Inoltre, una siffatta interpretazione della comunicazione 12 agosto 1988 risulta dovuta, in quanto essa è pienamente conforme allo scopo perseguito dalle deroghe regionali ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, che mirano ad agevolare lo sviluppo di determinate regioni economiche, senza alterare le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune.

    287

    Di conseguenza, nella decisione impugnata (punti 68 e 69) la Commissione ricorda giustamente che i criteri perché una zona possa godere di una deroga regionale ex art. 87, n. 3, lett.c), CE, i tipi di aiuto che possono essere concessi nonché il livello degli aiuti erano determinati nella comunicazione 12 agosto 1988, sul metodo per l’applicazione dell’articolo [87], paragrafo 3, lettere a) e c), [CE] agli aiuti regionali. Nel presente contesto, la Commissione ha ritenuto che i provvedimenti di cui trattasi non potessero godere di una tale deroga per due ragioni. In primo luogo, essa ha rilevato che solo una parte del territorio della città di Venezia era compresa nell’elenco delle regioni italiane legittimate a godere della deroga regionale ex art. 87, n. 3, lett. c), CE. In secondo luogo, essa ha affermato che, conformemente alla comunicazione 12 agosto 1988, un aiuto a finalità regionale ha ad oggetto o investimenti produttivi o la realizzazione di posti di lavoro collegati all’investimento. Siccome le esenzioni di cui trattasi a favore della realizzazione di posti di lavoro costituivano aiuti al funzionamento, esse potevano essere concesse unicamente in base ai punti 4.15-4.17 degli orientamenti del 1998, in osservanza di presupposti rigorosissimi, ad imprese operanti in regioni che godessero della deroga ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, tra le quali non rientravano Venezia e Chioggia. Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che esse non potessero essere qualificate come misure a finalità regionale (v. i punti 68-70 della decisione impugnata). Infine, per quanto riguarda l’asserito scopo di sviluppo regionale, la Commissione ha sottolineato che, tenuto conto delle caratteristiche del regime di aiuti preso in considerazione, non c’era nessun collegamento tra questo regime e le lamentate difficoltà strutturali (v. il punto 78).

    288

    La Commissione ha poi respinto, nella decisione impugnata (punti 71-77), gli argomenti dedotti dalle autorità italiane, dal comitato e dal Comune di Venezia a favore dell’applicazione di criteri meno rigidi di quelli enunciati nella menzionata comunicazione 12 agosto 1988. In particolare, essa ha negato di aver applicato norme in deroga ai criteri enunciati in tale comunicazione, in particolare nella disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati, in data 14 maggio 1997, e nella sua comunicazione 20 dicembre 1994, riguardante una modifica del metodo di applicazione dell’articolo [87], paragrafo 3, lettera c), [CE], agli aiuti a finalità regionale nella prospettiva dell’adesione dei paesi nordici (GU C 364, pag. 8), e nella sua decisione 95/455 (v. il precedente punto 2).

    289

    Facendo richiamo agli argomenti dedotti dinanzi alla Commissione durante il procedimento amministrativo, i ricorrenti e la Repubblica italiana, la quale interviene a sostegno dell’Italgas, affermano che la decisione impugnata viola l’art. 87, n. 3, lett. c), CE ed è insufficientemente motivata, poiché la Commissione non avrebbe preso nella debita considerazione le specifiche difficoltà collegate, in particolare, all’insularità che contraddistingue il territorio di Venezia, ai fini della concessione di una deroga regionale a favore degli sgravi degli oneri sociali dichiarati incompatibili nella decisione impugnata.

    290

    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio comporta complesse valutazioni di ordine economico e sociale da effettuarsi in un contesto comunitario. Il controllo giurisdizionale applicato all’esercizio di tale potere discrezionale si limita alla verifica del rispetto delle norme di procedura e di motivazione, nonché al controllo dell’esattezza materiale dei fatti presi in considerazione e dell’assenza di errori di diritto, di errori manifesti nella valutazione dei fatti o di sviamento di potere (v. sentenza della Corte 13 febbraio 2003, causa C-409/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-1487, punto 93, e sentenza del Tribunale 14 ottobre 2004, causa T-137/02, Pollmeier Malchow/Commissione, Racc. pag. II-3541, punto 52).

    291

    Inoltre, dalla formulazione stessa degli artt. 87, n. 3, lett. c), CE e 88 CE risulta che la Commissione «può» considerare compatibili con il mercato comune gli aiuti contemplati dalla prima di queste due disposizioni. Pertanto, la Commissione, pur dovendo sempre pronunciarsi sulla compatibilità con il mercato degli aiuti di Stato sui quali essa esercita il suo controllo, quand’anche questi non le siano stati notificati, non è tenuta a dichiarare tali aiuti compatibili con il mercato comune (v. sentenze 13 febbraio 2003, Spagna/Commissione, citata nel precedente punto 290, punto 94, e Pollmeier Malchow/Commissione, citata nel precedente punto 290, punto 53).

    292

    La Commissione può imporsi determinati criteri per l’esercizio dei suoi poteri discrezionali mediante atti quali discipline quadro, comunicazioni oppure orientamenti, introducendo con detti atti norme indicative sull’orientamento che essa deve seguire, le quali non violino le norme del Trattato. Quando la Commissione adotta atti di tal genere finalizzati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che essa pensa di applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale, ciò comporta un’autolimitazione di detto potere in quanto la Commissione è obbligata a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta. In ipotesi di tal genere, spetta al Tribunale verificare il rispetto di tali norme da parte della Commissione (v. sentenza del Tribunale 1o dicembre 2004, causa T-27/02, Kronofrance/Commissione, Racc. pag. II-4177, punto 79 e giurisprudenza ivi citata; v., parimenti, sentenze 13 febbraio 2003, Spagna/Commissione, citata nel precedente punto 290, punto 95, e Pollmeier Malchow/Commissione, citata nel precedente punto 290, punto 54).

    293

    Nell’ambito del potere discrezionale di cui essa dispone nell’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, la Commissione conserva il potere di abrogare o modificare questi orientamenti, se le circostanze lo impongono. D’altra parte, detti orientamenti riguardano un settore delimitato e sono motivati dall’intento di seguire una politica che essa ha determinato (v. sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 89).

    294

    In particolare, dalla giurisprudenza si ricava che non si può ritenere che la Commissione si sia privata del potere di riconoscere la compatibilità di aiuti direttamente in base all’art. 87, n. 3, CE, se essa non ha preso espressamente posizione sulla questione di cui trattasi nella comunicazione, negli orientamenti o nella disciplina quadro rilevanti. Ciò avviene, in particolare, quando la disciplina quadro applicabile non vieta espressamente o non ha lo scopo di vietare il tipo di aiuti concessi nel caso di specie (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 settembre 2007, causa T-375/03, Fachvereinigung Mineralfaserindustrie/Commissione, Racc. pag. II-121, punti 143 e 144).

    295

    Dalla giurisprudenza si evince anche che discipline quadro, comunicazioni o orientamenti di questo genere non possono essere interpretati alla luce soltanto del loro disposto testuale. Occorre farlo tenendo presente l’art. 87 CE e lo scopo perseguito da tale disposizione, ossia quello di una concorrenza leale nel mercato comune. Nella sentenza Kronofrance/Commissione (v. il precedente punto 292, punto 89), il Tribunale ha sottolineato che la disciplina multisettoriale degli aiuti a finalità regionale a favore di grandi progetti di investimento poteva essere interpretata nel senso, sostenuto dalla Commissione, che, ai fini della valutazione del fattore relativo alle condizioni della concorrenza, l’esame del criterio riguardante un mercato in declino è ammesso solo in via subordinata, quando i dati relativi al tasso di utilizzazione delle capacità del settore di cui trattasi siano insufficienti. Tuttavia, il Tribunale ha rilevato che questa disciplina quadro doveva essere intesa nel senso che, qualora i dati concernenti l’uso delle capacità del settore interessato non la inducano a concludere nel senso che detto settore soffre di un eccesso strutturale di capacità, la Commissione deve esaminare se il mercato in questione sia in declino, poiché questa interpretazione è l’unica conforme allo scopo di una leale concorrenza.

    296

    Nello stesso ordine di idee, il Tribunale ha dichiarato, nella sentenza Pollmeier Malchow/Commissione (v. il precedente punto 290), che le disposizioni della raccomandazione della Commissione 3 aprile 1996, riguardante la definizione delle PMI, dovevano essere interpretate alla luce dello scopo del criterio dell’indipendenza economica. Benché tali disposizioni avessero previsto in sostanza che imprese non detenute per il 25% o più da una o più imprese che non soddisfacevano la definizione di PMI dovessero essere ritenute indipendenti, il Tribunale ha giudicato che queste disposizioni non avevano modificato il potere discrezionale della Commissione di determinare se imprese partecipanti ad un gruppo costituissero un’unità economica ai fini dell’applicazione del regime degli aiuti di Stato (v., segnatamente, punti 58-63 della sentenza).

    297

    Peraltro, ai sensi dell’art. 253 CE, la Commissione deve motivare le proprie decisioni, comprese quelle recanti il rifiuto di dichiarare taluni aiuti compatibili con il mercato comune sulla base dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Orbene, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’autorità comunitaria dalla quale promana l’atto controverso, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e, se del caso, di tutelare i propri diritti, e al giudice di esercitare il proprio controllo (v. sentenza 13 febbraio 2003, Spagna/Commissione, citata nel precedente punto 290, punti 95 e 98).

    298

    Nel caso di specie, occorre verificare pertanto se la motivazione della decisione impugnata (v. i precedenti punti 287 e 288) possa essere considerata sufficiente e se, in considerazione degli argomenti delle parti, la Commissione non abbia violato i limiti del potere discrezionale di cui essa dispone ai sensi delle comunicazioni, orientamenti e discipline quadro pertinenti, alla luce della giurisprudenza appena richiamata.

    299

    Anzitutto, per quanto riguarda l’argomento della società Hotel Cipriani, secondo il quale le norme relative agli aiuti nazionali a finalità regionale dovrebbero essere interpretate in modo elastico alla luce degli scopi di coesione economica e sociale, la Commissione sottolinea giustamente che la realizzazione di una leale concorrenza nel mercato interno [art. 3, n. 1, lett. g), CE e artt. 81 CE - 89 CE], da un lato, e il rafforzamento della coesione economica e sociale [art. 3, n. 1, lett. k), CE e artt. 158 CE - 162 CE], dall’altro, costituiscono due politiche distinte e autonome della Comunità. I fondi strutturali costituiscono il principale strumento della seconda di queste politiche, mentre le deroghe regionali previste dall’art. 87, n. 3, lett. a) e c), CE rientrano nella politica comunitaria della concorrenza e trovano il loro limite nella necessità di evitare qualsiasi distorsione indebita contraria all’interesse comune. La complementarietà di queste due politiche in materia di aiuti regionali, che si ricavava del resto già dalla comunicazione 12 agosto 1988 (quarto comma del preambolo), non implica tuttavia nessuna gerarchia tra gli scopi rispettivamente perseguiti. La circostanza, sottolineata nel terzo ‘considerando’ del regolamento (CE) della Commissione 24 ottobre 2006, n. 1628, relativo all'applicazione degli articoli 87 [CE] e 88 [CE] agli aiuti di Stato per investimenti a finalità regionale (GU L 302, pag. 9), di esenzione per categoria, richiamato dalla società Hotel Cipriani, che gli aiuti di Stato a finalità regionale migliorano la coesione economica, sociale e territoriale degli Stati membri della Comunità nel suo insieme non può incidere, di conseguenza, sull’interpretazione delle norme che disciplinano gli aiuti di Stato a finalità regionale. In particolare, la Commissione non è obbligata, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ad applicare queste norme in modo più elastico, così da far prevalere gli scopi della politica di coesione economica e sociale su quelli della politica della concorrenza. In pratica, gli orientamenti del 1998 contengono del resto una specifica disposizione (punto 3.10.5), che mira a favorire la coerenza degli aiuti di Stato a finalità regionale con i fondi strutturali, garantendo nel contempo il rispetto di determinate condizioni enunciate in questi orientamenti.

    300

    Occorre esaminare poi gli argomenti, relativi alle discipline quadro, alle comunicazioni e agli orientamenti, invocati dai ricorrenti per dimostrare che, nel caso di specie, la Commissione era obbligata a dichiarare compatibili con il mercato comune, ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, le esenzioni dagli oneri sociali in questione.

    301

    In primo luogo, come rileva la Commissione nella decisione impugnata (punto 72), la disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati concerne la concessione di deroghe non regionali, bensì settoriali ex art. 87, n. 3, lett. c), CE. Infatti, benché sia esatto che, parlando del grado di difficoltà che può giustificare la concessione di una deroga ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, il punto 13 di questa disciplina enuncia che i quartieri urbani svantaggiati presentano, sia sul piano socioeconomico sia su quello degli svantaggi e dei costi aggiuntivi sostenuti dalle imprese ivi stabilite, difficoltà di livello paragonabile alle regioni assistite in forza del citato articolo, tuttavia si sottolinea nel punto 10 che i problemi con i quali si trovano confrontate le imprese in detti quartieri urbani svantaggiati sono di natura essenzialmente locale, e non giustificano un intervento di tipo regionale a favore delle grandi imprese. Inoltre, secondo il punto 5, l’inadeguatezza delle norme che disciplinano aiuti regionali deriva, in particolare, da un lato, dai criteri di individuazione delle zone legittimate a goderne e, dall’altro, dall’impossibilità di predisporre aiuti regionali a favore delle imprese esistenti al di fuori di un’operazione di investimento.

    302

    Peraltro, uno dei criteri alternativi, definiti nel punto 7 della citata disciplina, per l’individuazione delle zone legittimate a godere degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati consiste nel fatto che le zone sono state selezionate nel quadro dell’iniziativa Urban, istituita nella cornice dei Fondi strutturali in applicazione dell’art. 11 del regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082, che modifica il regolamento (CEE) n. 4253/88 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 193, pag. 4), e dell’art. 3, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2083, che modifica il regolamento (CEE) n. 4254/88 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 193, pag. 4). La comunicazione agli Stati membri che stabilisce gli orientamenti per i programmi operativi che gli Stati sono invitati a elaborare nell’ambito dell’iniziativa Urban (GU 1994, C 180, pag. 6) prevede, nel punto 14, che un aiuto comunitario, sotto forma di prestito o sovvenzione, può essere concesso nell’ambito dell’iniziativa Urban a favore di programmi di sviluppo integrati per una parte geograficamente definita e limitata delle zone urbane in difficoltà. A questo proposito, dalla disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati (punto 2.1) si ricava che essa concerne, in particolare, gli aiuti di Stato destinati ad integrare gli sforzi dei fondi strutturali.

    303

    Occorre rilevare che, ai sensi del punto 4 di questa disciplina, gli svantaggi economici che allontanano le imprese dai quartieri urbani svantaggiati sono motivati in concreto dai «costi supplementari diretti o indiretti connessi all’insediamento nei quartieri a rischio (furti, livello dei premi assicurativi, vandalismo,…), nonché con gli svantaggi strutturali propri di questi quartieri (difficoltà di reperire manodopera qualificata disposta a lavorarvi, riduzione globale dell’attività economica, assenza e degrado delle infrastrutture pubbliche, insicurezza, difficoltà finanziarie delle autorità locali, problema di “immagine”,…)». Questa disciplina concerne solo gli aiuti alle piccole imprese che esercitano un’attività di carattere locale (punto 11) e menziona, nel suo allegato 1, le attività sovvenzionabili, tra le quali rientrano, in particolare, quella alberghiera e quella di ristorazione. Tra le «attività non interessate» menzionate in questo allegato è compresa, in particolare, la distribuzione del gas.

    304

    Nel caso di specie, occorre sottolineare che il regime di aiuti in questione avvantaggia viceversa tutte le imprese insediate a Venezia e a Chioggia. Esso non prevede nessuna limitazione della sua sfera di applicazione ratione materiae.

    305

    Inoltre, benché la società Hotel Cipriani affermi che il territorio di Venezia rientra, in particolare ai sensi dell’iniziativa Urban (v. il precedente punto 299), nella sfera di applicazione della citata disciplina, non si può validamente sostenere, e del resto nessun ricorrente lo afferma, che i criteri specifici definiti in questa disciplina siano soddisfatti dal regime di aiuti in questione. Di conseguenza, una disciplina del genere è del tutto irrilevante nel caso di specie. A questo proposito, la Commissione sostiene infatti giustamente che la citata disciplina non costituisce un esempio di intervento in deroga ai criteri di applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, eventualmente giustificato da condizioni uniche ed eccezionali. Al contrario, essa definisce criteri generali applicabili a tutti i quartieri urbani svantaggiati, ai fini della concessione di una deroga settoriale. Alla luce di ciò, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la circostanza che la Commissione abbia preso in considerazione, in questa disciplina, le difficoltà economiche specifiche dei quartieri urbani svantaggiati non consente di ritenere che essa avrebbe dovuto tener conto, ai fini della concessione di una deroga ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, dei particolari problemi esistenti a Venezia, lamentati dai ricorrenti, che non hanno nessun rapporto con le difficoltà dei quartieri urbani svantaggiati.

    306

    In secondo luogo, i ricorrenti e la Repubblica italiana non hanno titolo per criticare la Commissione per non aver tenuto conto della specificità dei problemi strutturali connessi all’insularità, invocati dalle autorità italiane e dagli interessati durante il procedimento amministrativo, per concedere una deroga regionale ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, in quanto il regime di aiuti preso in considerazione sarebbe in accordo con gli scopi di sviluppo regionale perseguiti dal regime degli aiuti regionali e sarebbe proporzionato.

    307

    È pur vero che dalla giurisprudenza (v. i precedenti punti 294-296) si evince che la Commissione, così come sostengono i ricorrenti e la Repubblica italiana, è legittimata, nell’esercizio del suo potere discrezionale, a prendere in considerazione situazioni specifiche ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, senza che sia necessario modificare a questo scopo il regime degli aiuti regionali risultante dalle comunicazioni e dagli orientamenti applicabili o adottare una normativa specifica. In un’ipotesi del genere, incombe alla Commissione soppesare gli effetti positivi dell’aiuto in rapporto agli effetti negativi sulle condizioni degli scambi e sulla conservazione di una concorrenza leale (v. sentenze Philip Morris Holland/Commissione, citata nel precedente punto 225, punti 24 e 26, e Alzetta e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 129).

    308

    Tuttavia, nel caso di specie gli argomenti dedotti dai ricorrenti e dalla Repubblica italiana non consentono di dimostrare che la Commissione abbia violato i limiti del suo potere discrezionale basandosi, nella decisione impugnata (punti 68 e 69; v. il precedente punto 287), sui criteri di valutazione definiti nella comunicazione 12 agosto 1988 e negli orientamenti del 1998.

    309

    In particolare, i ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione, ritenendo che la situazione di Venezia non presentasse elementi nuovi e basandosi, di conseguenza, sulla circostanza che gli aiuti in questione non fossero collegati a un investimento, per negare di autorizzarli in forza della deroga regionale (v. il precedente punto 288). Inoltre, i ricorrenti e la Repubblica italiana non negano che solo determinate zone del territorio di Venezia fossero comprese nell’elenco delle regioni ammesse a godere di una deroga regionale ex art. 87, n. 3, lett. c), CE. Su quest’ultimo punto, occorre però rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, questa circostanza non escludeva di per sé tutto il territorio di Venezia dal beneficio di una deroga regionale. Tuttavia, nelle zone legittimate a godere di una deroga, la natura di aiuto al funzionamento presentata dalle misure in questione bastava a giustificare il diniego della Commissione di autorizzarle a titolo di aiuti regionali.

    310

    Peraltro, occorre respingere la censura dell’Italgas e della Repubblica italiana, secondo la quale la Commissione, limitandosi a sottolineare, nella decisione impugnata (punto 74), la mancanza di elementi nuovi tali da giustificare la concessione della deroga specifica richiesta, non avrebbe adeguatamente motivato il suo rigetto degli argomenti basati sulla situazione unica della zona lagunare di Venezia, invocati dalle autorità italiane e dai terzi interessati durante il procedimento amministrativo.

    311

    Infatti, nel punto 74 della decisione impugnata, la Commissione ha illustrato i motivi per i quali non intendeva modificare nella fattispecie il metodo di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE del 12 agosto 1988 per adattarlo al caso in esame, come aveva fatto nella prospettiva dell’allargamento della Comunità alla Svezia e alla Finlandia. In quell’occasione, la Commissione aveva modificato infatti, con decisione 1o giugno 1994, il suddetto metodo, prevedendo in sostanza un criterio aggiuntivo per la concessione alle zone di una deroga regionale e la possibilità di autorizzare aiuti destinati a compensare parzialmente i costi aggiuntivi di trasporto, al fine di tener conto delle specificità geografiche nuove per la Comunità europea, ossia la posizione estremamente settentrionale, condizioni climatiche difficili, lunghissime distanze interne, una scarsa densità di popolazione su determinate parti del territorio, che non erano state prese in considerazione come problemi fondamentali in sede di elaborazione del metodo (v. comunicazione della Commissione 20 dicembre 1994, citata, indirizzata agli Stati membri e agli altri interessati, riguardante una modifica apportata al titolo II della comunicazione 12 agosto 1988). Spiegando che la situazione di Venezia non presentava elementi nuovi e che il regime di aiuti in questione era tale da perturbare il sistema degli aiuti in vigore — trattandosi di aiuti al funzionamento accordati ad una regione che non presentava problemi acuti di coesione economica e sociale —, la Commissione ha motivato quindi adeguatamente il suo diniego di discostarsi, nel caso di specie, dai criteri enunciati nel metodo applicabile.

    312

    In terzo luogo, dev’essere parimenti respinta la tesi dell’Italgas, secondo la quale la Commissione sarebbe stata legittimata a discostarsi, in particolare, dai criteri enunciati nel punto 22 degli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, per quanto concerne le esenzioni generali dagli oneri sociali dirette alla conservazione di posti di lavoro previste dall’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994. Infatti, mentre questi orientamenti fanno richiamo a deroghe settoriali ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, la ricorrente si limita a richiamare la decisione 95/445, nella quale quest’ultima aveva concesso una deroga regionale nei confronti di esenzioni dagli oneri sociali applicabili nel Mezzogiorno, in circostanze totalmente diverse da quelle in questione nella presente fattispecie, come essa rileva nella decisione impugnata (punti 75 e 76). In questa decisione del 1995 (punto 14), la Commissione aveva constatato che gli aiuti al funzionamento di cui all’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994 soddisfacevano, fatta eccezione per le regioni degli Abruzzi e del Molise, tutti i presupposti per godere della deroga regionale ex art. 87, n. 3, lett. c), CE. Viceversa, relativamente agli Abruzzi e al Molise, che non soddisfacevano più queste condizioni, la Commissione aveva tenuto conto del fatto che queste due regioni rientravano nella deroga ex art. 87, n. 3, lett. c), CE sino al 31 dicembre 1993. Di conseguenza, essa ha ritenuto che, benché l’art. 87, n. 3, lett. c), CE non comprenda gli aiuti al funzionamento, fosse opportuno e compatibile con il mercato comune, senza che le condizioni degli scambi venissero alterate in misura contraria all’interesse comune, autorizzare questi aiuti, che erano corredati di un programma di smantellamento progressivo, in qualità di misure di accompagnamento di natura temporanea, in modo da agevolare l’adeguamento delle imprese della regione al regime meno favorevole previsto dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE. Nella sua decisione 95/455 (punto 15), la Commissione aveva giustificato questa deroga ai criteri enunciati dalla comunicazione del 12 agosto 1988 in base ad «un principio generale, relativo alla considerazione di particolarità oggettive di situazioni non comparabili con quelle delle regioni ammissibili alla deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c)», CE.

    313

    In quarto luogo, contrariamente a quanto asserito dall’Italgas, la Commissione si è pienamente uniformata ai criteri da essa stabiliti nei citati orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, dichiarando incompatibili con il mercato gli sgravi degli oneri sociali per la realizzazione di posti di lavoro previsti dall’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando queste esenzioni non erano state concesse né a PMI, né ad imprese stabilite in una zona legittimata a godere degli aiuti a finalità regionale, né ad un’impresa di avviamento al lavoro. Infatti, nel punto 21 di questi orientamenti, la Commissione ha indicato chiaramente i criteri secondo i quali essa avrebbe valutato se un aiuto per la realizzazione di posti di lavoro potesse beneficiare di una deroga settoriale ex art. 87, n. 3, lett. c), CE. Ebbene, tra questi criteri rientrano i tre citati presupposti alternativi, fra cui, in particolare, quello concernente l’insediamento dell’impresa beneficiaria in una zona legittimata a godere di aiuti a finalità regionale. Dal momento che l’Italgas non deduce nessun elemento che consenta di mettere in dubbio la coerenza di questi tre criteri alternativi con gli scopi delle deroghe settoriali ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, concernenti gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di determinate attività economiche quando essi non alterano le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comunitario, occorre giudicare che la Commissione, in forza di una giurisprudenza ben consolidata (v. il precedente punto 292), era obbligata ad adeguarsi ai criteri indicativi che essa stessa si era imposti. Ad ogni modo, non si può criticare la Commissione per aver applicato questi criteri, dato che non è né dimostrato, né affermato con prove che essi non siano compatibili con lo scopo perseguito dalle deroghe settoriali (v., a contrario, sentenza Pollmeier Malchow/Commissione, citata nel precedente punto 290).

    314

    Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, vanno respinti i motivi relativi alla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e al vizio di motivazione.

    3. Sull’asserita violazione dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE e del principio di parità di trattamento, nonché sull’asserito difetto di motivazione e sull’asserita contraddizione nella motivazione

    a) Argomenti delle parti

    Argumenti dei ricorrenti

    — Causa T-254/00

    315

    La società Hotel Cipriani, ricorrente, censura in primo luogo i motivi alla base del rifiuto di concedere una deroga culturale. Essa sostiene che il rapporto del COSES, prodotto dal comitato, avrebbe confermato il carattere generale dei vincoli risultanti, a Venezia, dalla normativa italiana relativa alla protezione dei beni culturali e ambientali. Tale rapporto avrebbe indicato con precisione i costi aggiuntivi derivanti a Venezia da vincoli siffatti rispetto ai costi sostenuti per vincoli analoghi in contesti ambientali differenti. La ricorrente deduce in particolare i vincoli imposti dalla legge italiana n. 1089/39, che aveva introdotto un regime di protezione dei beni di interesse storico e artistico, e, riguardo specificamente a Venezia, il DPR n. 791/73, che ha introdotto disposizioni particolari riguardo agli interventi di restauro e risanamento conservativo degli immobili di interesse architettonico, storico e artistico. Essa aggiunge che il comitato aveva inoltre proposto di fornire le informazioni supplementari che la Commissione avesse ritenuto necessarie. Alla luce di ciò, se si fosse accertato che talune imprese non erano sottoposte ai summenzionati vincoli supplementari, la Commissione sarebbe stata solo tenuta ad escludere dalla deroga culturale le imprese non sottoposte a tali vincoli, fondandosi su tutte le informazioni necessarie.

    316

    La ricorrente sostiene poi che, rispetto alla rilevanza dei costi aggiuntivi, l’importo limitato degli sgravi degli oneri sociali in questione, che erano inoltre progressivamente decrescenti fino alla loro totale soppressione, sarebbe stato quindi proporzionato. Nella fattispecie, è la decisione impugnata che violerebbe il principio di proporzionalità.

    317

    La Commissione, peraltro, avrebbe concesso una deroga culturale per il Consorzio Venezia Nuova, senza controllare la connessione tra la finalità culturale di tale organismo e l’importo degli aiuti concessi. Sotto tale aspetto, la decisione impugnata sarebbe quindi contraddittoria e contraria al principio della parità di trattamento.

    318

    L’attività alberghiera della ricorrente, i cui immobili sarebbero sottoposti al regime estremamente vincolante applicabile al centro storico, sarebbe strettamente connessa all’identità degli immobili di cui essa fruisce e la cui destinazione d’origine dovrebbe essere mantenuta in applicazione del summenzionato DPR n. 791/1973. L’impiego a tal fine di personale in numero sufficiente risponderebbe quindi alla necessità di preservare l’aspetto e il ruolo storico di tali immobili nella città.

    — Causa T-277/00

    319

    La società Coopservice e il comitato «Venezia vuole vivere», ricorrenti, accusano la Commissione di aver ignorato l’esistenza di vincoli generali concernenti specificamente il territorio della laguna di Venezia, diretti a preservare specificamente il patrimonio architettonico e ambientale. In particolare, essa non avrebbe tenuto conto dei vincoli imposti specificamente dal DPR n. 962/1973 per assicurare «la salvaguardia dell’ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna», secondo gli obiettivi stabiliti dalla legge n. 171/1973, nonché dalla legge n. 431/1985, diretta a perseguire obiettivi primari di salvaguardia dell’ambiente. La Commissione avrebbe quindi solo esaminato i vincoli diretti relativi alla protezione dei tesori architettonici e immobiliari, di cui alla legge n. 1989/39. Viceversa, essa avrebbe ignorato i vincoli «indiretti» finalizzati a proteggere le condizioni relative all’ambiente e al decoro, alla prospettiva e alla luce degli immobili soggetti ai vincoli diretti.

    320

    Le esenzioni dagli oneri sociali di cui trattasi sarebbero finalizzate alla promozione della cultura e alla conservazione del patrimonio. Inoltre, esse sarebbero proporzionate ai costi aggiuntivi derivanti dai summenzionati vincoli e non altererebbero le condizioni degli scambi intracomunitari e della concorrenza. Sotto questi due aspetti la motivazione della decisione impugnata sarebbe erronea e insufficiente.

    Argomenti della Commissione

    321

    La Commissione obietta di aver solamente applicato l’art. 87, n. 3, lett. d), CE. Essa avrebbe quindi constatato la mancanza di relazione reale tra il beneficio concesso e i costi aggiuntivi relativi alla salvaguardia del patrimonio, che tale beneficio è diretto a compensare.

    b) Giudizio del Tribunale

    322

    In primo luogo, il Tribunale rileva che non è dimostrato che i costi aggiuntivi connessi alla preservazione del patrimonio gravino su tutte le imprese ammesse a beneficiare degli sgravi contributivi in esame. In particolare, la circostanza, richiamata dalla società Hotel Cipriani, che l’interesse monumentale, storico ed artistico può essere individuato «per complessi di immobili definiti da parametri riferiti al tracciato di strade, piazze o canali», come indicato dal comitato, non prova che tutti gli immobili utilizzati dalle imprese beneficiarie delle esenzioni dagli oneri sociali in questione siano assoggettati a tali costi aggiuntivi.

    323

    A questo proposito, occorre notare che la Commissione non disponeva delle informazioni necessarie per stabilire una distinzione, nella decisione impugnata, tra le imprese che fruiscono di immobili soggetti ai vincoli collegati alla tutela del patrimonio e quelle che non fruiscono di immobili di questo genere.

    324

    In generale, dalle osservazioni e dai documenti, che le sono stati trasmessi durante il procedimento amministrativo, si ricava che la Commissione non disponeva di nessuna informazione rilevante per essere in condizione di valutare la portata degli eventuali vincoli architettonici e culturali, menzionati dalla società Hotel Cipriani, dalla Coopservice e dal comitato, e di esaminare la possibilità di concedere, eventualmente, una deroga ex art. 87, n. 3, lett. d), CE. In particolare, dalla decisione impugnata (punto 79) si deduce, senza obiezioni dei ricorrenti al riguardo, che il governo italiano non ha mai richiesto la deroga culturale, ma ha unicamente sostenuto il carattere di aiuti regionali delle esenzioni dagli oneri sociali in questione. Peraltro, il citato rapporto del COSES del febbraio 1998 (punto 3.3), comunicato alla Commissione dal Comune di Venezia, si limita ad elencare le leggi e i testi regolamentari applicabili a Venezia in materia di ambiente, edilizia e urbanistica. Benché sia pacifico che alcune fra queste leggi e tra questi testi regolamentari impongano vincoli «di carattere storico ed artistico», come sostengono i ricorrenti, non sono specificati l’importanza e la sfera d’applicazione di vincoli siffatti. Inoltre, la maggior parte della normativa citata concerne in generale vincoli di ordine urbanistico, ambientale o paesaggistico, i quali, in linea di principio, non hanno titolo per essere presi in considerazione ai fini della promozione della cultura e della conservazione del patrimonio di cui all’art. 87, n. 3, lett. d), CE. Per quanto concerne il rapporto del COSES del marzo 1998 (punti 1.2 e 1.5), trasmesso alla Commissione dal comitato, esso non contiene nessuna indicazione riguardante i costi sostenuti dalle imprese insediate a Venezia e a Chioggia, direttamente connessi con la protezione del patrimonio.

    325

    In secondo luogo, occorre notare che le modalità di applicazione degli sgravi degli oneri sociali in questione non consentono di garantire la proporzionalità di questi provvedimenti nei confronti dello scopo perseguito dalla deroga invocata, come rileva la Commissione nella decisione impugnata (punto 81). Infatti, i ricorrenti non negano che, in considerazione delle modalità di concessione dell’aiuto, non esiste in generale un collegamento tra, da un lato, l’importo degli sgravi fiscali concessi a un’impresa, collegato al numero di dipendenti, e, dall’altro, il tipo o le dimensioni degli immobili di cui fruiva detta impresa e, di conseguenza, i costi supplementari sostenuti in relazione con la tutela del patrimonio.

    326

    Per quanto concerne la posizione della società Hotel Cipriani, invocata nel caso di specie, occorre rilevare che la ricorrente non è legittimata a richiamare argomenti in fatto relativi alla sua specifica posizione, se questi argomenti non sono stati sottoposti alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

    327

    Viceversa, occorre notare che l’esame individuale, nella decisione impugnata, degli aiuti concessi al Consorzio Venezia Nuova si spiega con la circostanza che quest’ultimo è una delle imprese municipalizzate riguardo alle quali le autorità italiane avevano fornito informazioni dettagliate. È sulla base di tali informazioni che la Commissione ha ritenuto che gli aiuti concessi a quest’impresa, il cui scopo sociale era la realizzazione di interventi decisi dallo Stato per garantire la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e architettonico di Venezia, avessero una finalità culturale.

    328

    Per tutti questi motivi, è fuor di luogo ritenere che la Commissione abbia violato, nel caso di specie, il principio della parità di trattamento e i limiti del suo potere discrezionale non prendendo in considerazione, in particolare, la posizione specifica della società Hotel Cipriani e reputando, in linea generale, che i vincoli lamentati non giustificassero la concessione di una deroga culturale.

    329

    Ne consegue che vanno quindi respinti i motivi relativi alla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE e dell’obbligo di motivazione.

    4. Sulla pretesa violazione dell’art. 87, n. 3, lett. e), CE

    a) Argomenti delle parti

    330

    Nella causa T-277/00, la società Coopservice e il comitato «Venezia vuole vivere», ricorrenti, sono dell’avviso che la decisione impugnata (punto 84) violi l’art. 87, n. 3, lett. e), CE e che la sua motivazione sia insufficiente e contraddittoria, in quanto la Commissione ritiene di non poter neanche prevedere la possibilità di applicare la deroga prevista da tale articolo. Essi sostengono che il perseguimento delle finalità di interesse generale relative alla conservazione del patrimonio culturale veneziano giustifica una deroga di tal genere.

    331

    La Commissione si oppone a questi argomenti.

    b) Giudizio del Tribunale

    332

    L’art. 87, n. 3, lett. e), CE riguarda «le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione». Di conseguenza, basta constatare, come rileva la Commissione, che non esisteva nessuna decisione specifica del Consiglio, adottata in base a tale articolo, che permettesse di autorizzare il regime di aiuti in questione.

    333

    Di conseguenza, il presente motivo dev’essere respinto.

    5. Sull’asserita violazione degli artt. 87, n. 3, lett. b), CE, 87, n. 2, lett. b), CE e 253 CE, nonché sull’asserita insufficienza di motivazione e sull’asserita contradditorietà della motivazione

    a) Argomenti delle parti

    334

    Nella causa T-277/00, la Coopservice e il comitato «Venezia vuole vivere», ricorrenti, censurano, in primo luogo, la Commissione per avere escluso in maniera erronea e senza motivazione che la salvaguardia della città di Venezia costituisse un importante progetto di comune interesse europeo, ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE. La decisione impugnata sarebbe contraddittoria su tale punto, in quanto la Commissione avrebbe riconosciuto peraltro l’estrema importanza della salvaguardia di Venezia e ammesso di conseguenza la compatibilità degli aiuti concessi al Consorzio Venezia Nuova (punto 96).

    335

    In secondo luogo, la Commissione avrebbe anche escluso in maniera erronea e senza motivazione la deroga prevista dall’art. 87, n. 2, lett. b), CE per ciò che riguarda le calamità naturali. Orbene, l’acqua alta rappresenterebbe una calamità naturale, da un lato, a causa dell’estrema gravità dei suoi effetti sul tessuto economico e sociale della città e del suo carattere ripetitivo e, dall’altro, a causa dei suoi effetti devastanti quando tale fenomeno si manifesta con un’ampiezza eccezionale.

    336

    La Commissione si oppone a questi argomenti.

    b) Giudizio del Tribunale

    337

    In primo luogo, occorre giudicare che la Commissione sostiene giustamente, in primo luogo, che il regime di aiuti in questione non può essere considerato strettamente connesso ad un progetto importante di interesse europeo. Infatti, esso non è stato istituito ai fini della salvaguardia di Venezia, bensì tende ad alleggerire gli oneri sociali gravanti normalmente sul bilancio delle imprese insediate nel territorio di Venezia o di Chioggia. Questo regime mira essenzialmente, pertanto, a migliorare la competitività di queste imprese. Ebbene, secondo la giurisprudenza, un provvedimento di aiuti può beneficiare della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. b), CE solo se non avvantaggia principalmente gli operatori economici di uno Stato membro, bensì rappresenta un vantaggio per la Comunità nel suo complesso (v. sentenze Unicredito Italiano, citata nel precedente punto 209, punti 72-78, e Italia/Commissione, citata nel precedente punto 209, punti 139 e 140).

    338

    Di conseguenza, escludendo, nella decisione impugnata (punto 97), la qualifica di «progetto di interesse comune» ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. b), CE, la Commissione non ha violato i limiti del suo potere discrezionale. Del resto, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, la decisione impugnata non contiene a tal riguardo nessuna contraddizione nella motivazione, in quanto gli aiuti corrisposti al Consorzio Venezia Nuova non sono stati autorizzati ex art. 87, n. 3, lett. b), CE (v. il precedente punto 327).

    339

    Inoltre, la Commissione ha motivato adeguatamente la decisione impugnata, rilevando che il regime di aiuti in questione non verte su un progetto importante di interesse comune e non è nemmeno destinato a rimediare a una grave perturbazione economica di uno Stato membro.

    340

    In secondo luogo, occorre rilevare che gli sgravi degli oneri sociali in questione sono commisurati alla massa salariale e non mirano a compensare danni discendenti da avversità naturali o da altri eventi di carattere eccezionale, come richiesto dall’art. 87, n. 2, lett. b), CE. Peraltro, la Commissione ricorda che, per prassi costante, nell’ambito dell’agricoltura, i danni collegati a condizioni meteorologiche avverse possono essere assimilati a quelli causati dalle calamità naturali ai sensi dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE, solo qualora essi superino determinate soglie rispetto alla produzione normale. Criteri di tal genere non possono essere applicati al caso dei danni da acqua alta a Venezia.

    341

    Alla luce di ciò, occorre giudicare che la Commissione non ha violato i limiti del suo potere discrezionale ritenendo, nella decisione impugnata (punto 99), che il fenomeno dell’acqua alta a Venezia non potesse essere considerato una calamità naturale o un evento straordinario ai sensi dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE. Inoltre, la decisione impugnata è sufficientemente motivata a tale riguardo.

    342

    Di conseguenza, il presente motivo dev’essere respinto.

    B — Sull’asserita irregolarità dell’obbligo di recupero degli aiuti, imposto dall’art. 5 della decisione impugnata

    343

    I ricorrenti sviluppano due serie di motivi a sostegno delle loro conclusioni volte all’annullamento dell’obbligo di recupero, imposto dall’art. 5 della decisione impugnata. In primo luogo, essi deducono la violazione dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, nonché la violazione dei principi di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento e parità di trattamento, in relazione alla qualificazione, che si pretende erronea, delle misure di cui trattasi come aiuti nuovi. In secondo luogo, la decisione impugnata, poiché impone il recupero degli aiuti controversi, violerebbe l’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999 e i principi di proporzionalità, certezza del diritto, parità di trattamento e tutela del legittimo affidamento, nonché le norme di diritto transitorio e l’obbligo di motivazione.

    1. Sull’asserita violazione dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, nonché dei principi di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento e parità di trattamento, in relazione alla qualificazione, che si pretende erronea, delle misure di cui trattasi come aiuti nuovi

    a) Argomenti delle parti

    Argomenti dei ricorrenti

    — Causa T-254/00

    344

    La società Hotel Cipriani, ricorrente, ricorda che la Commissione ha avviato nel 1997 la sua indagine relativa agli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi nella presente fattispecie. In tale contesto, l’art. 15 del regolamento n. 659/1999, diretto ad assicurare la certezza del diritto, avrebbe limitato il potere di indagine e di decisione della Commissione agli aiuti istituiti a partire dal 1987, i quali sarebbero gli unici che possano essere oggetto di recupero alla scadenza del termine di prescrizione stabilito in tale articolo.

    345

    Orbene, la Hotel Cipriani beneficerebbe specificamente, almeno a partire dal 1972, di sgravi degli oneri sociali previsti su tutto il territorio nazionale da leggi diverse dalle leggi n. 206/1995 e n. 30/1997, su cui si fonda la Commissione. La ricorrente richiama a tale riguardo gli sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese artigianali e industriali con meno di 300 dipendenti, istituiti dalla legge n. 590/1971 ed estesi alle imprese alberghiere dalla legge n. 463/1972. Essa sostiene anche di beneficiare pure degli sgravi di taluni oneri sociali previsti dalla legge n. 102/1977, i quali sono applicabili su tutto il territorio nazionale alle imprese artigianali e industriali in forza della legge n. 102/1977, e che sono stati estesi alle imprese alberghiere dalla legge n. 573/1977.

    346

    Gli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi nella fattispecie costituirebbero quindi aiuti esistenti, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 659/1999, e non aiuti nuovi, che sarebbero stati istituiti dalle leggi nn. 206/1995 e 30/1997, esaminate dalla Commissione nella decisione impugnata. La posizione della società Hotel Cipriani, come quella degli altri alberghi, sarebbe quindi intangibile.

    347

    Ammettendo anche che la ricorrente abbia beneficiato degli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi in applicazione di dette leggi nn. 206/1995 e 30/1997, ciò che essa nega, tali misure dovrebbero essere considerate come aiuti esistenti, risalenti perlomeno agli anni 1972 e 1978. Infatti, da un lato, tali leggi prevedrebbero una semplice estensione nel tempo e nello spazio degli aiuti esistenti, istituiti dalla legge n. 1089/1968, che prevede sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese del Mezzogiorno, estesi al territorio di Venezia dalla legge n. 171/1973 e al settore alberghiero dalla legge n. 502/1978, nonché dalla citata legge n. 463/1972. Dall’altro, la ricorrente, sin dal 1978, avrebbe goduto dei benefici contributivi previsti dalla normativa relativa alle aree depresse.

    348

    Contrariamente alle affermazioni della Commissione, esisterebbe una continuità giuridica tra il regime di aiuti di cui trattasi e i summenzionati aiuti esistenti, in quanto questi non sarebbero stati oggetto di modifiche sostanziali. Benché tali aiuti siano stati istituiti da leggi differenti, si tratterebbe tuttavia sempre degli stessi sgravi degli oneri sociali, la cui applicazione ai territori di Venezia e di Chioggia era prevista dalla legge n. 171/1973, come interpretata dalla legge n. 502/1978. Tale analisi sarebbe confermata dall’art. 5 bis della legge n. 206/1995, che enuncia che le disposizioni di cui all’art. 23 della legge n. 171/1973 e all’art. 3 della legge n. 502/1978 devono essere interpretate nel senso che gli sgravi degli oneri sociali, che esse prevedono, continuano ad essere concessi secondo i criteri definiti dal decreto ministeriale 5 agosto 1994. Ne risulterebbe che le leggi nn. 206/1995 e 30/1997 si limitano a confermare l’applicabilità, ai territori di Venezia e di Chioggia, degli sgravi degli oneri già previsti precedentemente, senza modificare gli elementi essenziali del regime, ossia i beneficiari, la forma di intervento e il suo grado.

    349

    In tale contesto giuridico, e considerate le disposizioni dell’art. 15, nn. 1 e 2, del regolamento n. 659/1999, i beneficiari del regime degli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi avrebbero potuto nutrire un legittimo affidamento riguardo alla legittimità e alla compatibilità con il mercato comune di tali sgravi. Infatti, il termine di prescrizione sarebbe cominciato a decorrere nel 1973, se non anteriormente. A tale riguardo, la ricorrente sostiene che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 659/1999, il quale dispone che il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui l’aiuto illegittimo è concesso al beneficiario, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso di un regime di aiuti, l’atto che concede l’aiuto coincide con l’adozione della legge che ha istituito tale regime. Le rate mensili di pagamento degli oneri sociali considerate non sarebbero rilevanti, in quanto esse concernerebbero semplicemente l’esecuzione di tale legge (v. sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T-195/01 e T-207/01, Government of Gibraltar/Commissione, Racc. pag. II-2309, punto 130).

    350

    Inoltre, la Commissione avrebbe considerato in maniera erronea implicitamente le misure in questione come aiuti nuovi, sottoposti in quanto tali ad un obbligo di notifica in applicazione dell’art. 88, n. 3, CE.

    351

    Infine, la decisione impugnata comporterebbe una violazione del principio di parità di trattamento nei confronti della ricorrente rispetto agli alberghi stabiliti sul resto del territorio italiano, i quali continuerebbero a beneficiare degli sgravi degli oneri sociali.

    — Causa T-277/00

    352

    La Coopservice e il comitato «Venezia vuole vivere», ricorrenti, sostengono anche che le misure di cui trattasi, previste dalle leggi nn. 206/1995 e 30/1997, costituiscono aiuti esistenti ai sensi degli artt. 1 e 15 del regolamento n. 659/1999, i quali non sono soggetti all’obbligo di notifica ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE. Ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, tali aiuti non potrebbero essere oggetto di recupero. I ricorrenti sostengono che la legislazione relativa agli sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese del Mezzogiorno trova la sua origine nella legge n. 1089/1968, la quale istituiva un semplice regime di sgravi la cui data di scadenza era fissata inizialmente al 31 dicembre 1972. L’ambito di applicazione di tale regime sarebbe stato esteso a Venezia e a Chioggia dalla legge n. 171/1973. Il regime di aiuti istituito dalla legge n. 1089/1968 sarebbe restato in vigore fino al 30 giugno 1994. Esso sarebbe stato parzialmente sostituito dal decreto ministeriale 5 agosto 1994, che ha istituito un sistema di sgravi «unico» che comprendeva i diversi sgravi previsti dalla legge n. 1089/1968, nonché un’esenzione annuale totale per i nuovi posti di lavoro. Tuttavia, la volontà del legislatore, concretizzatasi nella legge n. 171/1973, di concedere alle imprese operanti nei centri storici di Venezia e di Chioggia taluni vantaggi identici a quelli concessi alle imprese operanti nell’Italia centrale e meridionale, non sarebbe cambiata. Infatti, gli elementi essenziali del regime non sarebbero stati modificati. Tale regime concernerebbe sempre gli stessi destinatari, sarebbe giustificato dalle stesse ragioni, relative alle condizioni specifiche ai centri storici di Venezia e di Chioggia, e si fonderebbe sullo stesso meccanismo per determinare l’aiuto, ossia il rinvio alle legislazioni in vigore nell’Italia centrale e meridionale.

    353

    Vi sarebbe quindi una continuità nelle condizioni e nelle modalità di applicazione delle misure previste in particolare dalla legge n. 171/1973 e dalle leggi n. 206/1995 e n. 30/1997. In mancanza di modifica sostanziale da parte di queste due ultime leggi delle misure previste dalla legge n. 171/1973, gli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi nella presente fattispecie non costituirebbero nuovi aiuti. Le uniche modifiche introdotte dalle leggi nn. 206/1995 e 30/1997 avrebbero ridotto l’agevolazione precedentemente concessa ai beneficiari delle misure di cui trattasi e non potrebbero quindi essere considerate come sostanziali.

    354

    Peraltro, i ricorrenti criticano la tesi della Commissione, secondo cui la data in cui il regime di aiuti è stato istituito sarebbe priva di rilevanza per determinare il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 659/1999. Essi sostengono che l’aiuto concesso a titolo di regime di aiuti si concretizza alla data in cui l’impresa interessata è autorizzata a godere di tale regime e non al momento dell’esecuzione, ogni mese, dell’obbligo di erogare l’aiuto già concesso.

    355

    Nella presente fattispecie, la Commissione avrebbe omesso di valutare il nesso tra il regime di aiuti di cui trattasi, applicabile a partire dal luglio del 1994, e il regime che era stato istituito dalla legge n. 171/1973. La decisione impugnata sarebbe quindi viziata per violazione dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999 e per difetto di motivazione, in quanto essa qualifica implicitamente il regime di aiuti di cui trattasi come aiuto nuovo.

    Argomenti della Commissione

    356

    La Commissione si oppone a questi argomenti.

    b) Giudizio del Tribunale

    357

    Poiché le disposizioni dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, che prevedono un termine di prescrizione, sono considerate di natura procedurale, esse erano immediatamente applicabili a tutti i procedimenti pendenti dinanzi alla Commissione all’entrata in vigore di questo regolamento, il 16 aprile 1999 (v. sentenza del Tribunale 10 aprile 2003, causa T-366/00, Scott/Commissione, Racc pag. II-1763, punto 51). Poiché la decisione impugnata è stata adottata il 25 novembre 1999, occorre esaminare se, nel caso di specie, questo termine di prescrizione fosse scaduto, di modo che il regime di aiuti in questione dovrebbe essere considerato un aiuto esistente, in osservanza dell’art. 15, n. 3, di questo regolamento.

    358

    Occorre ricordare, preliminarmente, che i provvedimenti diretti ad istituire o modificare aiuti costituiscono aiuti nuovi (v. sentenze della Corte 9 ottobre 1984, cause riunite 91/83 e 127/83, Heineken Brouwerijen, Racc. pag. 3435, punti 17 e 18, e 9 agosto 1994, causa C-44/93, Namur-Les assurances du crédit, Racc. pag. I-3829, punto 13). In particolare, quando la modifica incide sulla sostanza stessa del regime iniziale, questo regime si trova trasformato in un regime di aiuti nuovo. Viceversa, quando la modifica non è sostanziale, è solo la modifica in quanto tale che può essere qualificata come aiuto nuovo (v. sentenza Government of Gibraltar/Commissione, citata nel precedente punto 349, punti 109 e 111).

    359

    Nel caso di specie, è giocoforza constatare che la legge n. 206/1995, estendendo alle imprese insediate nel territorio di Venezia e di Chioggia le esenzioni dagli oneri sociali previste per il Mezzogiorno dal decreto ministeriale 5 agosto 1994, e la legge n. 30/1997, che ne prolungava il regime nel 1997, hanno istituito uno specifico regime nuovo, applicabile proprio nel territorio di Venezia e di Chioggia.

    360

    A questo riguardo, gli argomenti dedotti dai ricorrenti, per dimostrare che il regime di aiuti in questione costituirebbe una mera estensione nel tempo e nello spazio di aiuti esistenti, non reggono al vaglio. In primo luogo, occorre rilevare che la Commissione sostiene, senza opposizioni da parte dei ricorrenti, che la legge n. 463/1972, richiamata dalla società Hotel Cipriani, prorogava lo sgravio contributivo previsto dalla legge n. 590/1971 per le imprese artigiane, per le PMI industriali e per le imprese alberghiere fino al 30 giugno 1973. Questi sgravi non sarebbero stati più concessi dopo il 1o luglio 1973 e, di conseguenza, non avrebbero nessun rapporto con gli aiuti esaminati nella decisione impugnata, corrisposti tra il 1995 e il 1997. Lo stesso discorso varrebbe per gli sgravi degli oneri sociali previsti dalle leggi nn. 502/1978, 102/1977 e 573/1977, applicabili fino al 31 dicembre 1981.

    361

    In secondo luogo, il decreto ministeriale 5 agosto 1994, richiamato dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, aveva ad oggetto un «nuovo regime degli sgravi degli oneri sociali nei territori del Mezzogiorno». Tale decreto ha quindi istituito un nuovo regime di aiuti per il Mezzogiorno. La legge n. 206/1995 ha esteso questo nuovo regime alle imprese di Venezia e di Chioggia, e la legge n. 30/1997 ha modificato le modalità di erogazione di tale nuovo regime.

    362

    Alla luce di ciò, anche ipotizzando che il regime di aiuti in questione, inizialmente previsto dalla legge n. 206/1995, si sia limitato ad estendere un regime di aiuti esistente a nuovi beneficiari, senza apportare peraltro modifiche sostanziali al regime esistente, questa estensione separabile dal regime iniziale costituisce un aiuto nuovo, soggetto all’obbligo di notifica (v., in tal senso, sentenza Government of Gibraltar/Commissione, citata nel precedente punto 349, punti 109 e 110).

    363

    Ne consegue che la decisione impugnata, che ordina il recupero degli aiuti incompatibili con il mercato comune corrisposti in applicazione delle leggi n. 206/1995 e n. 30/1997, è stata adottata comunque prima della scadenza del termine di prescrizione stabilito dall’art. 15 del regolamento n. 659/1999.

    364

    Inoltre, e ad ogni modo, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, il termine di prescrizione previsto dall’art. 15 del regolamento n. 659/1999 è iniziato a decorrere solo il giorno in cui l’aiuto illegittimo è stato corrisposto. Nel caso di un regime istituito più di dieci anni prima del primo atto interruttivo della prescrizione, sono soggetti a recupero gli aiuti illegittimi ed incompatibili concessi in base a quel regime negli ultimi dieci anni (v. sentenza Government of Gibraltar/Commissione, citata nel precedente punto 349, punti 98 e 130). Viceversa, se la tesi dei ricorrenti fosse accolta, la Commissione non potrebbe mai porre fine ad un regime di aiuti fiscali, neppure ricorrendo alla procedura prevista per gli aiuti esistenti (v. sentenza della Corte 22 giugno 2006, causa C-182/03, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-5479).

    365

    Di conseguenza, nel caso di specie, anche ipotizzando che sia esistita una continuità tra il regime di aiuti in questione e quelli anteriori, circostanza smentita dall’analisi dei fatti, il termine di prescrizione decennale non è comunque scaduto prima dell’adozione della decisione impugnata, nel 1999, per quanto riguarda gli aiuti oggetto di questa decisione, corrisposti tra il 1995 e il 1997.

    366

    È infine pacifico che, durante il procedimento amministrativo, mai il governo italiano ha sostenuto che gli sgravi in questione costituissero aiuti esistenti, né ha criticato la qualificazione come aiuti nuovi operata dalla Commissione nella decisione di avvio del procedimento. Né risulta che argomentazioni in tal senso siano state presentate dai terzi interessati. Di conseguenza, non si può addebitare a questa istituzione il fatto di non aver verificato se il regime in questione dovesse essere qualificato come un regime di aiuti esistenti o di aiuti nuovi (sentenza della Corte 10 maggio 2005, causa C-400/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3657, punto 51).

    367

    Per tutte queste ragioni, i presenti motivi devono essere respinti.

    2. Sull’asserita violazione dell’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, dei principi di proporzionalità, certezza del diritto, parità di trattamento e tutela del legittimo affidamento, nonché delle norme di diritto transitorio e dell’obbligo di motivazione

    a) Argomenti delle parti

    Argomenti dei ricorrenti

    — Causa T-254/00

    368

    La società Hotel Cipriani, ricorrente, sostiene, a titolo subordinato, che, anche ammettendo che il termine di prescrizione stabilito dall’art. 15 del regolamento n. 659/1999 non sia scaduto, ciò che essa nega, l’obbligo di recupero degli aiuti di cui trattasi imposto nella decisione impugnata viola i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, e che esso è quindi contrario all’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, che dispone che la Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. Infatti, l’imposizione di un obbligo di recupero non risulterebbe automaticamente dalla dichiarazione di incompatibilità. Incomberebbe alla Commissione esaminare le circostanze eccezionali che contrassegnano il caso di specie, per verificare se l’imposizione di un obbligo di tal genere sia conforme al principio di proporzionalità.

    369

    Nella fattispecie, la Commissione avrebbe respinto senza sufficiente motivazione gli argomenti proposti dalle autorità italiane contro il recupero degli aiuti in questione.

    370

    La situazione esaminata nella presente fattispecie sarebbe contrassegnata da un grado elevato di incertezza del diritto. Infatti, sarebbe verosimile che gli sgravi degli oneri sociali concessi a imprese che esercitano un’attività economica su un mercato puramente locale non siano di natura tale da incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza. Inoltre, la soppressione del regime di aiuti in questione il 30 novembre 1997, e la mancata partecipazione di terzi interessati al procedimento, comproverebbe la mancata incidenza di questo regime sul funzionamento del mercato. L’obbligo di recupero sarebbe quindi sproporzionato.

    371

    In sede di replica, la ricorrente sostiene che, nel summenzionato contesto, essa poteva legittimamente aspettarsi che la sua situazione fosse valutata, conformemente al principio generale della parità di trattamento, in maniera analoga a quanto avvenuto nel caso delle imprese municipalizzate. Tale legittimo affidamento si opporrebbe nella fattispecie al recupero degli oneri sociali di cui trattasi.

    372

    Infine, il tasso di riferimento accolto nella decisione impugnata per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare sarebbe illegale, in quanto esso eccede il tasso d’interesse applicato all’impresa interessata sul proprio debito, durante il periodo considerato. Infatti, esso sarebbe contrario alla finalità del recupero, che è diretto a ristabilire la situazione in cui l’impresa si sarebbe trovata se essa non avesse beneficiato dell’aiuto considerato.

    — Causa T-270/00

    373

    La società Italgas, ricorrente, sostiene anzitutto che la valutazione delle circostanze richiamate dalle autorità italiane a sostegno della loro domanda, volta a che non si proceda al recupero degli aiuti di cui trattasi, rientra nell’ambito di competenza dei giudici nazionali.

    374

    Essa critica poi la Commissione per avere violato il principio di irretroattività delle norme sostanziali, per il fatto di essersi fondata, nella decisione impugnata, sull’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999. Tale regolamento sarebbe entrato in vigore il 16 aprile 1999, mentre gli aiuti considerati sono stati concessi fino al 1997. Orbene, il summenzionato art. 14, n. 1, conterrebbe una norma di merito, che modifica i criteri su cui la Commissione può fondare un’eventuale decisione di non imporre allo Stato membro interessato di recuperare gli aiuti di cui trattasi. Infatti, nel regime precedente, la Commissione avrebbe goduto di un potere discrezionale (v. sentenza della Corte 17 giugno 1999, causa C-75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-3671, punto 82). Essa avrebbe potuto quindi tenere conto delle conseguenze economiche e sociali di un eventuale ordine di recupero. Viceversa, in applicazione dell’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, la Commissione potrebbe rinunciare ad imporre il recupero dell’aiuto solo se tale recupero andasse contro un principio generale del diritto comunitario.

    375

    Di conseguenza, l’art. 5 della decisione impugnata sarebbe viziato da un errore di diritto.

    376

    Inoltre, in assenza, ratione temporis, di un obbligo della Commissione di imporre il recupero dell’aiuto a titolo dell’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, la decisione impugnata sarebbe erronea e non sufficientemente motivata, in quanto essa ordina in maniera generale e senza distinzione il recupero degli aiuti erogati, senza aver verificato con sufficiente certezza, sulla base di un’analisi approfondita di tutte le circostanze rilevanti, che la misura considerata fosse atta ad incidere sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza.

    377

    La Repubblica italiana, interveniente a sostegno dell’Italgas, aderisce alle sue osservazioni. Essa aggiunge che la specificità della situazione di fatto presente nella fattispecie di cui trattasi e l’incertezza del diritto che ne derivava, nonché l’assenza di osservazioni da parte di terzi interessati, avrebbero dovuto indurre la Commissione a verificare concretamente se il recupero degli aiuti presi in considerazione fosse necessario al fine di ristabilire la situazione concorrenziale anteriore. Tale questione, ampiamente discussa durante il procedimento amministrativo, non sarebbe stata esaminata nella decisione impugnata.

    — Causa T-277/00

    378

    La società Coopservice e il comitato «Venezia vuole vivere», ricorrenti, sostengono che l’obbligo di recupero imposto nella decisione impugnata è contrario ai principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché al principio di proporzionalità.

    379

    Riguardo, in primo luogo, ai principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto, la circostanza che la Commissione ritenga, per ciò che riguarda le imprese municipalizzate ACTV, Panfido SpA e AMAV, che non sussistano i presupposti di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE mostrerebbe che, secondo tale istituzione, le misure in questione non costituiscono di per se stesse aiuti illegittimi. Peraltro, la Commissione avrebbe definito criteri di compatibilità da applicare da parte dello Stato membro interessato. Il rinvio a tale procedimento nazionale per stabilire, in base ad un esame individuale approfondito e complesso, se un aiuto sia irregolare implica, secondo i ricorrenti, che la constatazione dell’irregolarità dell’aiuto produce solo effetti ex nunc. Di conseguenza, ai beneficiari di tali misure non potrebbe essere negata la tutela del legittimo affidamento.

    380

    Inoltre, gli sgravi degli oneri sociali di cui trattasi sarebbero stati previsti da una normativa nazionale risalente al 1973. In tale contesto, sarebbe eccessivo imporre ai beneficiari di tali misure l’obbligo di informarsi sul procedimento comunitario, tanto più che essi costituiscono una categoria numerosa e indeterminata. Dopo trent’anni di esistenza, si presumerebbe che tale regime di aiuti sia conosciuto nell’ambito comunitario, anche se non è stato oggetto di notifica formale.

    381

    In secondo luogo, l’obbligo di recupero degli aiuti di cui trattasi sarebbe contrario al principio di proporzionalità, poiché tali misure avrebbero esercitato un’incidenza irrisoria sugli scambi, mentre il loro rimborso rappresenterebbe un onere estremamente pesante per i loro beneficiari.

    382

    Per tutte queste ragioni, la Commissione avrebbe violato l’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, nonché l’obbligo di motivazione, omettendo di verificare se il recupero degli aiuti di cui trattasi non fosse contrario ad un principio generale del diritto comunitario.

    383

    Infine, i ricorrenti ritengono che la decisione impugnata sia anche contraria al principio della tutela del legittimo affidamento, in quanto essa prevede che l’importo degli aiuti da rimborsare debba essere aumentato di interessi calcolati in base al tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente-sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale. Inoltre, la scelta del metodo di liquidazione degli interessi non sarebbe motivata.

    Argomenti della Commissione

    384

    La Commissione si oppone a questi argomenti.

    b) Giudizio del Tribunale

    385

    Occorre rilevare preliminarmente che l’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999 sancisce in linea generale l’obbligo, per la Commissione, di recuperare gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato comune. Ai sensi di tale disposizione, infatti, è unicamente quando il recupero degli aiuti contrasti con un principio generale del diritto comunitario che la Commissione non deve imporne il recupero. Peraltro, occorre anche ricordare preliminarmente che, contrariamente a quanto asserito dall’Italgas (v. il precedente punto 373), gli artt. 87 CE e seguenti, l’art. 14 del regolamento n. 659/1999 nonché i principi di tutela del legittimo affidamento, certezza del diritto e proporzionalità non possono ostare ad un provvedimento nazionale che disponga il recupero di un aiuto in esecuzione di una decisione della Commissione, la quale abbia qualificato quest’aiuto incompatibile con il mercato comune e il cui esame, svolto alla luce di queste stesse disposizioni e dei principi generali, non abbia evidenziato elementi tali da pregiudicarne la validità (v. sentenza Unicredito Italiano, citata nel precedente punto 209, punto 125).

    386

    Alla luce di ciò, non può essere accolta la censura dell’Italgas, secondo la quale la decisione impugnata violerebbe il principio di irretroattività delle norme in quanto, per imporre un obbligo di recupero, si baserebbe sull’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, il quale prevedrebbe una nuova norma sostanziale. A questo riguardo occorre rilevare che la Commissione non ha fatto esclusivo riferimento, nella decisione impugnata (punti 100-103), all’obbligo imposto dall’art. 14, n. 1, di questo regolamento. Essa si è fondata parimenti, in modo espresso, sulla giurisprudenza anteriore la quale, del resto, è stata formalmente avvalorata dal citato art. 14, n. 1, che non introduce a questo proposito nessuna nuova norma.

    387

    Infatti, ancor prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 659/1999, secondo una costante giurisprudenza la soppressione di un aiuto illegittimo mediante il recupero dello stesso era la logica conseguenza della declaratoria della sua illegittimità (v. sentenze della Corte Tubemeuse, citata nel precedente punto 265, punto 66, e 14 gennaio 1997, causa C-169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-135, punto 47). In particolare, la Corte ha dichiarato che, salvo circostanze eccezionali, la Commissione non può abusare del suo potere discrezionale quando chiede allo Stato membro di recuperare gli aiuti illegittimi, poiché il recupero mira solo a ripristinare la situazione precedente (v. sentenza della Corte « Maribel bis/ter », citata nel precedente punto 226, punto 66).

    388

    Di conseguenza, anche se occorre ammettere che, in linea di principio, l’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999 non era formalmente applicabile nel caso di specie in quanto contiene una norma sostanziale, tale circostanza non può viziare l’obbligo di recupero imposto nella decisione impugnata in quanto, conformemente alla giurisprudenza citata nel punto precedente, la Commissione ha ritenuto che il recupero fosse necessario a ristabilire la situazione precedente, eliminando i vantaggi di cui le imprese interessate avevano goduto in forza del regime di aiuti in questione.

    389

    In particolare, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, l’obbligo di recupero degli aiuti presi in considerazione non può essere considerato sproporzionato rispetto agli obiettivi delle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato, in quanto esso è la conseguenza logica dell’illegittimità e mira al ristabilimento della situazione anteriore.

    390

    A questo proposito, la circostanza che la maggior parte delle imprese beneficiarie abbiano svolto la loro attività a livello locale, elemento non dimostrato, non avrebbe comunque consentito di escludere qualsiasi incidenza delle esenzioni dagli oneri sociali in questione sugli scambi e sulla concorrenza, come è stato già giudicato (v. i precedenti punti 246-248). Parimenti, la mancata partecipazione di terzi interessati al procedimento amministrativo non dimostra che i beneficiari di queste esenzioni non abbiano goduto di un notevole vantaggio concorrenziale, che dovesse essere soppresso per ristabilire la situazione precedente.

    391

    Alla luce di ciò, contrariamente a quanto asserito dalla società Hotel Cipriani, la Commissione ha tenuto conto in modo adeguato, nella decisione impugnata (punto 103), delle osservazioni formulate dalle autorità italiane a sostegno della loro domanda di non procedere al recupero degli aiuti incompatibili.

    392

    Per quanto riguarda il motivo relativo alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, invocato dalla società Hotel Cipriani nonché dalla Coopservice e dal comitato, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il beneficiario di un aiuto illegittimo non può riporre un legittimo affidamento sulla regolarità della concessione di detto aiuto (v. sentenze della Corte Unicredito Italiano, citata nel precedente punto 209, punti 104 e 108-111, e 22 aprile 2008, causa C-408/04 P, Commissione/Salzgitter, Racc. pag. I-2767, punto 104). Nel caso di specie, il regime di aiuti in questione non era stato notificato e il recupero degli aiuti costituiva di conseguenza un rischio prevedibile. A questo riguardo è irrilevante la circostanza, invocata dalla Coopservice e dal comitato, che il recupero venga effettuato nell’ambito del procedimento nazionale di esecuzione della decisione della Commissione.

    393

    Peraltro, i ricorrenti non allegano nessuna circostanza oggettivamente eccezionale che consenta di dimostrare che il controverso obbligo di recupero sia contrario al principio della certezza del diritto, come impone la giurisprudenza (v. sentenza Commissione/Salzgitter, citata nel precedente punto 392, punto 107). In particolare, gli argomenti riguardanti la continuità nel tempo delle norme che hanno concesso sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese insediate a Venezia o a Chioggia sono già stati respinti dal Tribunale (v. il precedente punto 362). Inoltre, e comunque, una siffatta continuità non può costituire di per sé sola una circostanza eccezionale, tale da rendere illegittima una decisione della Commissione che imponga il recupero degli aiuti in questione nel rispetto del termine di prescrizione stabilito dall’art. 15 del regolamento n. 659/1999.

    394

    Per quanto concerne il motivo relativo alla violazione del principio della parità di trattamento, invocato dalla società Hotel Cipriani, occorre ricordare che la decisione impugnata non contiene nessuna statuizione di carattere individuale, tranne che per la valutazione della posizione delle imprese municipalizzate, compiuta in base ai dati trasmessi alla Commissione dalle autorità nazionali e dal Comune di Venezia. Dal momento che, viceversa, durante il procedimento amministrativo non è stata comunicata alla Commissione nessuna informazione relativa alla posizione specifica della società Hotel Cipriani, la decisione impugnata non può presentare carattere discriminatorio nei confronti della ricorrente rispetto alle imprese municipalizzate.

    395

    Occorre parimenti respingere gli argomenti, dedotti rispettivamente dalla società Hotel Cipriani, dalla Coopservice e dal comitato, diretti a dimostrare l’irregolarità delle modalità di calcolo degli interessi aggiunti agli importi da recuperare. A questo riguardo, occorre notare preliminarmente che, benché sia vero che la disposizione dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999, che enuncia che la Commissione stabilisce un tasso di interessi adeguato, costituisce una norma sostanziale e pertanto non era formalmente applicabile al caso di specie, questa disposizione però non introduce nessuna norma nuova.

    396

    Nel caso di specie, basta constatare che il tasso di interesse stabilito nella decisione impugnata (art. 5, secondo comma), che fa rinvio al tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente-sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale, è conforme agli obiettivi del recupero e, di conseguenza, non può essere considerato imprevedibile.

    397

    Per di più, non spettava alla Commissione motivare ulteriormente la scelta di questo tasso di riferimento, nella decisione impugnata. In particolare, la mera circostanza che questo tasso sia asseritamente superiore a quello applicato sull’indebitamento della società Hotel Cipriani non consente di ritenere che esso non sia rappresentativo dei tassi di interesse praticati sul mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte 24 settembre 2002, cause riunite C-74/00 P e C-75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I-7869, punto 159). Peraltro, e comunque, questa ricorrente non ha il diritto di far richiamo alla sua posizione individuale, dal momento che quest’ultima non è stata portata a conoscenza della Commissione nel corso del procedimento amministrativo, come è stato già giudicato (v. i precedenti punti 211 e 215).

    398

    Da ciò discende che i ricorrenti non hanno dimostrato che il tasso stabilito nella decisione impugnata non fosse adeguato, in quanto avrebbe ecceduto quanto necessario al fine di eliminare i vantaggi derivanti per i beneficiari dalle esenzioni dagli oneri sociali in questione.

    399

    Per tutti questi motivi, devono essere respinte le censure relative all’asserita violazione dell’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, dei principi di proporzionalità, certezza del diritto, parità di trattamento e tutela del legittimo affidamento, nonché delle norme di diritto transitorio e dell’obbligo di motivazione.

    Sulle spese

    400

    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, vanno condannati alle spese, ivi comprese, per quanto concerne i ricorrenti nella causa T-277/00, quelle relative al procedimento d’urgenza.

    401

    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri che intervengono in una controversia sopportano le proprie spese. Da ciò discende che la Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    I ricorsi sono respinti.

     

    2)

    L’Hotel Cipriani SpA, la Società italiana per il gas SpA (Italgas), la Coopservice — Servizi di fiducia Soc. coop. rl ed il Comitato «Venezia vuole vivere» sopporteranno, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Commissione. La Coopservice ed il Comitato «Venezia vuole vivere» sopporteranno anche tutte le spese sostenute nell’ambito del procedimento d’urgenza.

     

    Meij

    Vadapalas

    Wahl

    Prek

    Ciuca

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 novembre 2008.

    Firme

    Indice

     

    Fatti

     

    A — Il regime di sgravi degli oneri sociali in questione

     

    B — Procedimento amministrativo

     

    C — Decisione impugnata

     

    Procedimento e conclusioni delle parti

     

    Sulla ricevibilità

     

    A — Sull’asserita litispendenza nella causa T-277/00

     

    1. Argomenti delle parti

     

    2. Giudizio del Tribunale

     

    B — Sull’asserita assenza di legittimazione ad agire delle imprese ricorrenti nelle cause T-254/00, T-270/00 e T-277/00

     

    1. Argomenti delle parti

     

    2. Giudizio del Tribunale

     

    a) Valutazione del criterio relativo alle modalità d’applicazione del regime di aiuti, alla luce della giurisprudenza

     

    b) Valutazione del criterio basato sulle modalità di applicazione del regime di aiuti, alla luce del sistema comunitario di controllo degli aiuti di Stato

     

    c) L’asserita competenza delle autorità nazionali a verificare, in ciascun caso individuale, l’esistenza di un aiuto, in sede di esecuzione di un ordine di recupero

     

    C — Sull’asserita mancanza di legittimazione ad agire del comitato nella causa T-277/00

     

    Nel merito

     

    A — Sull’asserita erroneità della qualifica delle misure di cui trattasi come aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune

     

    1. Sull’asserita violazione degli artt. 87, n. 1, CE e 86, n. 2, CE, nonché del principio della parità di trattamento, sull’asserito difetto di motivazione e sulle asserite contraddizioni nella medesima

     

    a) Argomenti delle parti

     

    Argumenti dei ricorrenti

     

    — Causa T-254/00

     

    — Causa T-270/00

     

    — Causa T-277/00

     

    Argomenti della Commissione

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    Sull’asserita mancanza di vantaggi, causata dalla presunta natura compensativa dei provvedimenti presi in considerazione

     

    Sull’asserita compensazione di svantaggi strutturali (cause T-254/00, T-270/00 e T-277/00)

     

    Sull’asserita compensazione per la gestione di pubblici servizi (cause T-270/00 e T-277/00)

     

    Sull’asserita mancata incidenza sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza

     

    2. Sulla pretesa violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e sul preteso difetto di motivazione

     

    a) Argomenti delle parti

     

    Argomenti dei ricorrenti

     

    — Causa T-254/00

     

    — Causa T-270/00

     

    — Causa T-277/00

     

    Argomenti della Commissione

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    3. Sull’asserita violazione dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE e del principio di parità di trattamento, nonché sull’asserito difetto di motivazione e sull’asserita contraddizione nella motivazione

     

    a) Argomenti delle parti

     

    Argumenti dei ricorrenti

     

    — Causa T-254/00

     

    — Causa T-277/00

     

    Argomenti della Commissione

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    4. Sulla pretesa violazione dell’art. 87, n. 3, lett. e), CE

     

    a) Argomenti delle parti

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    5. Sull’asserita violazione degli artt. 87, n. 3, lett. b), CE, 87, n. 2, lett. b), CE e 253 CE, nonché sull’asserita insufficienza di motivazione e sull’asserita contradditorietà della motivazione

     

    a) Argomenti delle parti

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    B — Sull’asserita irregolarità dell’obbligo di recupero degli aiuti, imposto dall’art. 5 della decisione impugnata

     

    1. Sull’asserita violazione dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, nonché dei principi di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento e parità di trattamento, in relazione alla qualificazione, che si pretende erronea, delle misure di cui trattasi come aiuti nuovi

     

    a) Argomenti delle parti

     

    Argomenti dei ricorrenti

     

    — Causa T-254/00

     

    — Causa T-277/00

     

    Argomenti della Commissione

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    2. Sull’asserita violazione dell’art. 14, n. 1, del regolamento n. 659/1999, dei principi di proporzionalità, certezza del diritto, parità di trattamento e tutela del legittimo affidamento, nonché delle norme di diritto transitorio e dell’obbligo di motivazione

     

    a) Argomenti delle parti

     

    Argomenti dei ricorrenti

     

    — Causa T-254/00

     

    — Causa T-270/00

     

    — Causa T-277/00

     

    Argomenti della Commissione

     

    b) Giudizio del Tribunale

     

    Sulle spese


    ( *1 ) Lingua processuale: l'italiano.

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