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Document 61999CJ0387

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 29 aprile 2004.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
    Ricorso per inadempimento - Articoli 30 e 36 TrattatoCE (divenuti, , in seguito a modifica, artt.28 CE e30CE) - Direttiva 65/65/CEE - Preparati alimentari contenenti un tenore di vitamine superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata - Preparati legalmente immessi in commercio come integratori alimentari nello Stato membro di esportazione - Preparati classificati quali medicinali nello Stato membro di importazione - Nozione di "medicinale" - Ostacolo - Salute pubblica - Proporzionalità - Ricevibilità della domanda.
    Causa C-387/99.

    Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-03751

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:235

    Arrêt de la Cour

    Causa C-387/99

    Commissione delle Comunità europee

    contro

    Repubblica federale di Germania

    «Ricorso per inadempimento — Artt. 30 e 36 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE) — Direttiva 65/65/CEE — Preparati alimentari contenenti vitamine in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata — Preparati legalmente immessi in commercio come integratori alimentari nello Stato membro di esportazione — Preparati classificati come medicinali nello Stato membro di importazione — Nozione di “medicinale” — Ostacolo — Giustificazione — Salute — Proporzionalità — Ricevibilità della domanda»

    Massime della sentenza

    Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative — Misure di effetto equivalente — Prassi amministrativa consistente nel classificare come medicinali taluni preparati vitaminici contenenti vitamine in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata — Giustificazione — Tutela della salute — Insussistenza — Necessità di una valutazione approfondita caso per caso

    [Trattato CE, artt. 30 e 36 (divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE); direttiva del Consiglio 65/65/CEE, art. 1]

    Viene meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 30 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE) uno Stato membro che classifichi sistematicamente come medicinali i preparati vitaminici prodotti o legalmente immessi in commercio quali integratori alimentari negli altri Stati membri, quando contengono vitamine, diverse dalle vitamine A e D, in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata dall’associazione nazionale per l’alimentazione.

    Infatti, dato che una siffatta classificazione, essendo basata unicamente sulla dose giornaliera raccomandata, non soddisfa pienamente l’obbligo di una classificazione sulla base delle proprietà farmacologiche di ogni singolo preparato vitaminico, e che, pertanto, non ne consegue necessariamente che ogni preparato interessato ricada nella definizione di medicinale «per funzione» ai sensi della direttiva 65/65, relativa alle specialità medicinali, tale prassi crea un ostacolo agli scambi, in quanto preparati vitaminici legalmente immessi in commercio o prodotti in altri Stati membri quali integratori alimentari non possono essere commercializzati, nello Stato membro di cui trattasi, se non a seguito dell’espletamento della procedura di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale.

    La detta prassi non può essere giustificata da motivi di tutela della salute e della vita delle persone menzionati all’art. 36 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE), poiché essa non distingue a seconda delle singole vitamine aggiunte e, in particolare, a seconda del livello di rischio che la loro aggiunta può eventualmente comportare per la sanità pubblica e poiché la sistematicità di tale prassi non consente quindi di individuare e di valutare un rischio reale per la salute, il che richiederebbe una valutazione approfondita, caso per caso, degli effetti che l’aggiunta delle vitamine in questione potrebbe provocare.

    (v. punti 62, 65, 78-79, 83 e dispositivo)




    SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
    29 aprile 2004(1)

    «Ricorso per inadempimento – Artt. 30 e 36 Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE) – Direttiva 65/65/CEE – Preparati alimentari contenenti un tenore di vitamine superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata – Preparati legalmente immessi in commercio come integratori alimentari nello Stato membro di esportazione – Preparati classificati come medicinali nello Stato membro di importazione – Nozione di “medicinale” – Ostacolo – Giustificazione – Salute – Proporzionalità – Ricevibilità della domanda»

    Nella causa C-387/99,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Schmidt, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. W.-D. Plessing, in qualità di agente, assistito dall'avv. J. Sedemund, Rechtsanwalt,

    convenuta,

    sostenuta daRegno di Danimarca, rappresentato dal sig. J. Molde, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    e da

    e da e da Repubblica di Finlandia, rappresentata dalle sig.re T. Pynnä e E. Bygglin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    intervenienti,

    avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che, classificando come medicinali i preparati vitaminici e i preparati contenenti sali minerali legalmente prodotti o immessi in commercio quali integratori alimentari in altri Stati membri, qualora contengano un tenore di vitamine e di sali minerali superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata dalla Deutsche Gesellschaft für Ernährung, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 30 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE),



    LA CORTE (Sesta Sezione),,



    composta dal sig. V. Skouris, facente funzione del presidente della Sesta Sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues e R. Schintgen, dalle sig.re F. Macken (relatore) e N. Colneric, giudici,

    avvocato generale: L.A. Geelhoed
    cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

    sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 21 febbraio 2002,

    sentite le conclusioni dell'avv. generale presentate all'udienza del 16 maggio 2002,

    ha pronunciato la seguente



    Sentenza



    1
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte in data 8 ottobre 1999, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell’art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che, classificando come medicinali i preparati vitaminici e i preparati contenenti sali minerali legalmente prodotti o immessi in commercio quali integratori alimentari in altri Stati membri, qualora contengano un tenore di vitamine e sali minerali superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata dalla Deutsche Gesellschaft für Ernährung (in prosieguo: l’«Associazione tedesca per l’alimentazione»), la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’art. 30 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE).


    La normativa comunitaria

    2
    Ai termini dell’art. 1, punto 2, primo comma, della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22; in prosieguo: la «direttiva 65/65»), per medicinale si intende «ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali» (medicinale «per presentazione»). Ai termini del successivo secondo comma, si intende parimenti per medicinale «ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica e di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale» (medicinale «per funzione»).

    3
    L’art. 3, primo comma, della direttiva 65/65 così recita:

    «Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza aver ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio dalle autorità competenti di detto Stato membro a norma della presente direttiva oppure un’autorizzazione all’immissione in commercio concessa a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali [GU L 214, pag. 1] (…)».

    4
    L’art. 4, terzo comma, della direttiva 65/65 precisa le informazioni e i documenti da allegare alla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio.

    5
    A termini dell’art. 5 della direttiva 65/65:

    «L’autorizzazione prevista dall’articolo 3 sarà rifiutata quando dopo verifica delle informazioni e dei documenti elencati dall’articolo 4 risulti che la specialità è nociva nelle normali condizioni d’impiego, oppure che l’effetto terapeutico della specialità manca o è stato insufficientemente giustificato dal richiedente, oppure che la specialità non presenta la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata.

    L’autorizzazione sarà ugualmente rifiutata qualora la documentazione e le informazioni presentate a corredo della domanda non siano conformi alle disposizioni dell’articolo 4».

    6
    È pacifico che alla data pertinente ai fini del presente ricorso, vale a dire alla scadenza del termine di due mesi fissato nel parere motivato del 30 dicembre 1998, non esistevano nella normativa comunitaria disposizioni dirette a disciplinare l’aggiunta di sostanze nutritive, quali le vitamine e i sali minerali, nei prodotti alimentari di consumo corrente.

    7
    Per quanto riguarda i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare, taluni di essi costituiscono oggetto di direttive emanate dalla Commissione sulla base della direttiva del Consiglio 3 maggio 1989, 89/398/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare (GU L 186, pag. 27).


    Procedimento precontenzioso

    8
    Alla Commissione erano giunte denunce secondo le quali, una volta importati in Germania, taluni preparati alimentari legalmente prodotti o immessi in commercio quali integratori alimentari in altri Stati membri venivano classificati come medicinali qualora contenessero vitamine e sali minerali in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata dall’Associazione tedesca per l’alimentazione.

    9
    Ritenendo tale prassi amministrativa (in prosieguo: la «prassi tedesca») contraria all’art. 30 del Trattato, il 7 aprile 1998 la Commissione notificava al governo tedesco una lettera di diffida.

    10
    Il 12 giugno 1998 detto governo rispondeva che era giustificata la presunzione secondo cui un preparato alimentare costituisca un medicinale quando contiene un tenore di vitamine e di sali minerali superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata da organismi scientifici riconosciuti. Il governo medesimo precisava che tale presunzione si applicava unicamente alle vitamine idrosolubili, considerato che quelle liposolubili, giudicate più pericolose, devono rispondere a criteri più severi.

    11
    La Commissione, rilevando che tale regola, cosiddetta «della tripla dose», veniva applicata in modo generale e considerato che i criteri più severi relativi alle vitamine liposolubili non erano stati precisati, notificava alla Repubblica federale di Germania in data 30 dicembre 1998 un parere motivato, invitando il detto Stato membro a conformarvisi entro il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

    12
    Con lettera 14 aprile 1999 il governo tedesco, pur riconoscendo la necessità di accertare caso per caso ed in considerazione delle caratteristiche del prodotto se si tratti o meno di un medicinale ai sensi della direttiva 65/65, ribadiva la conformità al diritto comunitario della prassi tedesca.

    13
    Ciò premesso, la Commissione proponeva il presente ricorso.

    14
    Con ordinanze 7 aprile e 10 maggio 2000 il Regno di Danimarca e la Repubblica di Finlandia sono stati ammessi a intervenire al sostegno della Repubblica federale di Germania.


    Sul ricorso

    Argomenti delle parti

    15
    La Commissione sostiene che la regola della tripla dose applicata dalle autorità tedesche è contraria all’art. 30 del Trattato nonché alla giurisprudenza della Corte, segnatamente alla sentenza 30 novembre 1983, causa 227/82, Van Bennekom (Racc. pag. 3883). Da tale sentenza emergerebbe che la qualificazione di ogni singola vitamina come medicinale dev’essere effettuata caso per caso, tenuto conto delle relative proprietà farmacologiche accertate allo stato attuale delle conoscenze scientifiche. La regola della tripla dose si applicherebbe a qualsiasi preparato vitaminico qualora contenga vitamine in misura maggiore al triplo della dose giornaliera raccomandata. Tale regola non prenderebbe quindi in considerazione le proprietà farmacologiche di ogni singola vitamina e risulterebbe, pertanto, contraria al diritto comunitario. Infatti, il grado di nocività delle vitamine sarebbe variabile. Una stessa impostazione generale ed astratta per tutte le vitamine, necessariamente fondata sul criterio più severo, andrebbe quindi al di là di quanto necessario per realizzare l’obiettivo della tutela della salute riconosciuto dal diritto comunitario, ragion per cui tale impostazione risulterebbe sproporzionata.

    16
    Secondo la Commissione, una normativa più appropriata consisterebbe, ad esempio, nello stabilire, per ogni singola vitamina, sulla base delle sue proprietà, un fattore di moltiplicazione ovvero un valore limite a partire dal quale il relativo preparato verrebbe classificato quale medicinale.

    17
    Il governo tedesco deduce, in limine, l’irricevibilità del ricorso in quanto riguarderebbe, senza operare differenziazioni e senza ricollegarsi ad una fattispecie concreta, tutti i preparati vitaminici o contenenti sali minerali.

    18
    A parere del detto governo, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il ricorso per inadempimento deve indicare gli addebiti precisi sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi e precisare fatti e circostanze all’origine dell’inadempimento. Orbene, ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie. Da un lato, la Commissione non indicherebbe concretamente le vitamine e i sali minerali per i quali sarebbe risultato altrettanto appropriato stabilire, ai fini della tutela della salute, un valore limite superiore alla dose autorizzata in Germania. Dall’altro, la Commissione non preciserebbe quali preparati vitaminici o contenenti sali minerali costituirebbero l’oggetto del presente ricorso. La Corte non sarebbe quindi in grado di verificare se la Repubblica federale di Germania abbia ecceduto, in casi concreti, il proprio potere discrezionale.

    19
    Quanto al merito, il governo tedesco deduce anzitutto che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, spetta alla Commissione dimostrare l’effettività del preteso inadempimento. Nella specie, spetterebbe all’istituzione dimostrare che, in casi determinati, le autorità tedesche, classificando un prodotto come medicinale, avrebbero oltrepassato i limiti del potere discrezionale di cui dispongono ai sensi della direttiva 65/65 e dell’art. 36 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE) ed avrebbero applicato in modo erroneo la nozione di medicinale. Orbene, la Commissione non avrebbe fornito tale prova. Al contrario, per quanto attiene ai preparati oggetto di due procedimenti preliminari avviati anteriormente al presente ricorso, il governo tedesco avrebbe dimostrato la fondatezza della classificazione di ognuno di essi come medicinale.

    20
    La Commissione non può limitarsi a far valere che, in altri Stati membri, gli stessi preparati non costituiscono medicinali. Infatti, in assenza di armonizzazione completa, la classificazione di un prodotto come medicinale potrebbe variare da uno Stato membro all’altro [sentenza 20 maggio 1992, causa C‑290/90, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3317, punti 15‑17)]. Il fatto che un prodotto non sia un medicinale in uno Stato membro non costituirebbe ostacolo a che un altro Stato membro lo classifichi, in considerazione delle sue proprietà farmacologiche, nella detta categoria (v. sentenza 21 marzo 1991, causa C‑369/88, Delattre (Racc. pag. I‑1487, punto 27).

    21
    Il governo tedesco contesta, inoltre, l’affermazione della Commissione secondo cui la prassi tedesca non terrebbe conto delle proprietà dei preparati vitaminici o contenenti sali minerali ai fini della loro classificazione come medicinali.

    22
    Infatti, in primo luogo, la regola della tripla dose non si applicherebbe a tutte le vitamine e a tutti i sali minerali. Per quanto attiene alle vitamine, verrebbe operata una distinzione tra le vitamine idrosolubili e quelle liposolubili. La regola della tripla dose non si applicherebbe, quindi, alle vitamine liposolubili A e D, che presenterebbero rischi più elevati per la salute e per le quali la semplice dose giornaliera servirebbe da valore limite per differenziare i prodotti alimentari dai medicinali. Tale regola si applicherebbe solamente alle vitamine idrosolubili – le vitamine B1, B2, B6, B12 e C, niacina, acido folico, acido pantotenico e biotina – e servirebbe parimenti quale elemento di orientamento per le vitamine liposolubili E e K, ad esse paragonabili sotto tale profilo. La regola della tripla dose non verrebbe utilizzata nemmeno per i sali minerali.

    23
    In secondo luogo, la regola della tripla dose costituirebbe solo uno dei tanti criteri di orientamento per valutare se un preparato vitaminico debba essere classificato o meno come medicinale. Tale regola non dispenserebbe le autorità tedesche dall’esaminare, ai fini della classificazione del prodotto come medicinale, sia le proprietà concrete del preparato sia la veste esteriore con cui tale prodotto si presenta al consumatore. In tal senso, per quanto attiene ai preparati oggetto dei due menzionati procedimenti preliminari, la regola della tripla dose non sarebbe stata applicata in taluni casi; in altri casi la classificazione del preparato come medicinale sarebbe stata fondata sulla presenza di sostanze considerate nocive, diverse dalle vitamine o dai sali minerali; in altri casi ancora, la classificazione come medicinale sarebbe stata fondata sul fatto che il preparato costituiva un medicinale «per presentazione» ai sensi della direttiva 65/65.

    24
    In terzo luogo, la dose giornaliera raccomandata sarebbe stabilita specificamente per ogni singola vitamina in funzione delle sue caratteristiche individuali. Pertanto, la regola della tripla dose condurrebbe a risultati che terrebbero parimenti conto di tali caratteristiche.

    25
    Il governo tedesco fa infine valere che la prassi tedesca appare giustificata riguardo all’obiettivo della tutela della salute.

    26
    Il detto governo rammenta che, conformemente a costante giurisprudenza (v. sentenza Van Bennekom, cit. supra, punti 26 e 27), la classificazione dei preparati vitaminici come prodotti alimentari o come medicinali dipenderebbe, in linea di principio, dal loro dosaggio. La prassi tedesca, che distingue tra dosi minime, soggette alla normativa sui prodotti alimentari, e dosi forti, soggette alla normativa sui medicinali, sarebbe quindi conforme alla giurisprudenza della Corte. La fondatezza di tale prassi risulterebbe parimenti confermata dalla sentenza 10 dicembre 1998, causa C‑328/97, Glob‑Sped (Racc. pag. I‑8357), in cui la Corte avrebbe affermato che un prodotto con un forte tenore di vitamina C deve essere classificato come medicinale nella nomenclatura combinata.

    27
    Peraltro, le ricerche scientifiche dirette a fissare «valori massimi», al di là dei quali sussisterebbero rischi per la salute, non sarebbero ancora concluse per la maggior parte delle vitamine e dei sali minerali e sussisterebbero considerevoli incertezze in materia. Il governo tedesco ritiene pertanto che, conformemente alla giurisprudenza della Corte secondo cui spetta agli Stati membri stabilire, entro i limiti imposti dal Trattato, il livello al quale essi intendono assicurare la tutela della salute e della vita delle persone (sentenza 10 novembre 1994, causa C‑320/93, Ortscheit, Racc. pag. I‑5243, punto 16), la Repubblica federale di Germania sarebbe libera di fissare un limite massimo diretto a garantire che gli integratori alimentari offerti in libera vendita non contengano dosi di vitamine o di sali minerali che possano risultare nocive per il consumatore.

    28
    Il governo tedesco sottolinea che la Commissione non ha indicato la dose a partire dalla quale potrebbe essere operata una distinzione tra integratori alimentari e medicinali e che taluni Stati membri hanno emanato raccomandazioni più severe di quelle dell’Associazione tedesca per l’alimentazione. Il detto governo osserva che le conoscenze scientifiche non consentono di affermare che la regola della tripla dose è errata dal punto di vista dietetico o sanitario.

    29
    Nella replica la Commissione ricorda, da un lato, che l’inadempimento non riguarda la classificazione di un determinato preparato specifico, bensì la costante prassi amministrativa consistente nel classificare sistematicamente un preparato come medicinale quando contiene vitamine o sali minerali in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata. Secondo l’istituzione, tale prassi andrebbe al di là di quanto necessario in termini di tutela della salute, in quanto non opererebbe caso per caso e risulterebbe quindi sproporzionata e illegittima. Sarebbe peraltro indifferente, ai fini del presente ricorso, che l’attuazione di tale prassi possa talvolta condurre a risultati ammissibili sotto il profilo scientifico, atteso che tale prassi sarebbe in ogni caso illegittima.

    30
    La Commissione precisa che la regola della tripla dose è censurata solamente riguardo al caso in cui il dosaggio di vitamine costituisce il criterio essenziale accolto ai fini della classificazione di un preparato come medicinale. L’istituzione richiama casi concreti in cui ciò sarebbe avvenuto. Per contro, tale regola non sarebbe censurata nei casi in cui la classificazione di preparati alimentari come medicinali si basa sulla loro presentazione ovvero sulla presenza di sostanze vietate.

    31
    Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte (menzionate sentenze Van Bennekom, punto 28; Delattre, punto 27, e Commissione/Germania, punti 15 e 16), il governo danese fa valere, da un lato, che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità ai fini della classificazione di un prodotto come prodotto alimentare ovvero come medicinale.

    32
    D’altro canto, dalle sentenze 14 luglio 1983, causa 174/82, Sandoz (Racc. pag. 2445, punti 11 e 16‑18), e Van Bennekom, citata supra (punti 36‑38 e 41), emergerebbe che, tenuto conto dei rischi derivanti per la salute umana da un eccessivo consumo di vitamine e in considerazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri di fissare il livello al quale intendono assicurare la tutela della vita delle persone qualora, come nella materia, sussistano incertezze allo stato della ricerca scientifica, gli Stati membri possono vietare la vendita o lo stoccaggio ai fini della distribuzione di preparati vitaminici provenienti da un altro Stato membro che presentino un grado di concentrazione elevato, fatta salva la possibilità di concedere autorizzazioni all’immissione in commercio quando tali preparati risultino compatibili con le esigenze di tutela della salute.

    33
    Il governo danese afferma, in conclusione, che la regola della tripla dose applicata dalle autorità tedesche è conforme agli artt. 30 e 36 del Trattato, in particolare al principio di proporzionalità, non essendo possibile, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, stabilire le concentrazioni e i quantitativi critici.

    34
    Richiamandosi alla menzionata sentenza Van Bennekom, il governo finlandese deduce, da un lato, che gli Stati membri possono stabilire valori limite relativi alle vitamine ed ai sali minerali al di là dei quali i preparati vengono classificati quali medicinali, sempreché ricadano nella definizione di medicinale ai sensi della direttiva 65/65. A tale riguardo, il detto governo ritiene che preparati il cui tenore di vitamine o di sali minerali supera la dose giornaliera raccomandata o la dose di riferimento di una determinata popolazione ricadano nella definizione di medicinali, poiché tali preparati sono diretti o a prevenire malattie o a ristabilire, migliorare o modificare processi organici. Per contro, i preparati il cui tenore di vitamine o sali minerali sia inferiore a tali valori costituirebbero prodotti alimentari.

    35
    Dall’altro, il governo medesimo ritiene che, ammettendo pure che sia applicabile l’art. 30 del Trattato, la prassi tedesca risulterebbe giustificata riguardo alla tutela della sanità pubblica e dei consumatori.

    36
    Nelle proprie osservazioni relative alle memorie di intervento, la Commissione dichiara che, subordinatamente a conferma espressa da parte del governo tedesco, nella fase orale del procedimento, che i preparati contenenti vitamina A o D e quelli contenenti sali minerali non sono soggetti alla regola della tripla dose, essa limiterà il proprio ricorso alla classificazione dei preparati contenenti vitamine idrosolubili ovvero vitamine liposolubili E o K.

    37
    Quanto a tali preparati, la Commissione deduce che gli Stati membri, pur essendo liberi, in mancanza di armonizzazione, di stabilire il livello al quale intendono assicurare la tutela della salute, non possono compromettere la libera circolazione delle merci determinando il pericolo presentato dalle vitamine sulla base di un solo ed unico fattore. Non vi sarebbe un nesso diretto sistematico tra il livello della dose giornaliera raccomandata e il pericolo potenziale rappresentato da una vitamina. Infatti, sarebbe dimostrata l’ampia innocuità di un’assunzione rilevante di vitamina C, a differenza, ad esempio, delle vitamine liposolubili E e K. La Commissione aggiunge che, se le autorità tedesche applicassero i limiti oltre i quali può sussistere un pericolo per la salute, limiti menzionati nella relazione del Comitato scientifico per l’alimentazione umana (parere dell’11 dicembre 1992), ovvero le dosi giornaliere massime indicate nella relazione dell’Associazione tedesca per l’alimentazione pubblicata nel 2000, nessun addebito verrebbe loro mosso.

    38
    Se è pur vero, secondo la Commissione, che, per talune vitamine e sali minerali, il quantitativo innocuo massimo è leggermente superiore alla dose giornaliera raccomandata, per contro, per altre vitamine, tale limite si collocherebbe su valori ampiamente superiori alla detta dose, il che significherebbe che non si può fissare, per tutte le vitamine, il limite massimo da non superare sulla base della regola della tripla dose.

    Giudizio della Corte

    Sulla ricevibilità

    39
    La Commissione ha formulato addebiti precisi nei confronti della Repubblica federale di Germania, in ordine ai quali la Corte è chiamata a pronunciarsi, ed ha indicato fatti e circostanze all’origine dell’inadempimento.

    40
    Infatti, sia la lettera di diffida ed il parere motivato sia il ricorso definiscono chiaramente l’oggetto della controversia, che non verte sulla classificazione come medicinali di preparati vitaminici determinati, bensì sulla prassi tedesca consistente nel classificare sistematicamente i preparati vitaminici come medicinali qualora contengano un tenore superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata, indipendentemente dalla vitamina in essi contenuta.

    41
    La Commissione ha parimenti espressamente affermato che il suo ricorso non mira ad invitare la Corte ad intervenire nel dibattito scientifico sulla fissazione dei valori limite al di là dei quali le vitamine devono essere considerate quali medicinali, bensì verte unicamente sul fatto che, nella prassi tedesca, non vengono prese in considerazione le proprietà farmacologiche specifiche di ogni singola vitamina, che non sarebbero uguali per tutte le vitamine.

    42
    Orbene, dalla giurisprudenza della Corte emerge (v., in tal senso, sentenze 9 maggio 1985, causa 21/84, Commissione/Francia, Racc. pag. 1355, punti 13 e 15; 12 marzo 1998, causa C‑187/96, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑1095, punto 23, e 29 ottobre 1998, causa C‑185/96, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑6601, punto 35) che una prassi amministrativa può costituire oggetto di ricorso per inadempimento, qualora risulti in una certa misura costante e generale.

    43
    Nella specie, dal controricorso del governo tedesco risulta che un preparato vitaminico, qualora contenga oltre al triplo della dose giornaliera raccomandata, viene classificato sistematicamente dalle autorità tedesche come medicinale, sulla base della regola della tripla dose, anche se tale classificazione non è motivata da altre ragioni, quali la presenza di sostanze, diverse dalle vitamine, ritenute nocive ovvero dal fatto che il preparato costituisce un medicinale «per presentazione» ai sensi della direttiva 65/65.

    44
    Ciò premesso, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal governo tedesco deve essere respinta.

    Sul merito

    45
    Si deve rilevare, in limine, che nel corso della fase orale del procedimento la Commissione ha desistito dal ricorso nella parte riguardante la classificazione come medicinali dei preparati vitaminici contenenti la vitamina A o D nonché dei preparati contenenti sali minerali, e ciò alla luce delle spiegazioni fornite dal governo tedesco nel corso del presente procedimento, da cui risulta che la regola della tripla dose non viene applicata ai preparati medesimi. Il ricorso verte pertanto unicamente sulla classificazione dei preparati contenenti vitamine diverse dalle vitamine A e D.

    46
    Ciò premesso, nel prosieguo della presente sentenza verrà fatto unicamente riferimento alle vitamine diverse dalle vitamine A e D e ai preparati che le contengono.

    47
    Occorre peraltro sottolineare sin da ora che l’addebito della Commissione riguarda solamente la classificazione sistematica dei preparati vitaminici come medicinali unicamente in base al fatto che essi contengano oltre al triplo della dose giornaliera raccomandata. In particolare, la Commissione non contesta alle autorità tedesche di considerare quali medicinali, indipendentemente dal loro tenore di vitamine, preparati presentati come aventi proprietà terapeutiche o profilattiche con riguardo alle malattie dell’uomo e che ricadono, pertanto, nella definizione di medicinale «per presentazione».

    48
    L’inadempimento in esame dev’essere pertanto inteso nel senso che riguarda la prassi tedesca consistente nel classificare sistematicamente come medicinali «per funzione» i preparati vitaminici prodotti e legalmente immessi in commercio come integratori alimentari negli altri Stati membri quando contengano oltre al triplo della dose giornaliera raccomandata.

    49
    Dagli artt. 2 e 3 della direttiva 65/65 risulta che nessun medicinale fabbricato industrialmente può essere immesso sul mercato di uno Stato membro senza aver ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC»).

    50
    Ne consegue che, se un prodotto fabbricato industrialmente ricade nella definizione di medicinale di cui all’art. 1, punto 2, della direttiva 65/65, l’obbligo gravante sull’importatore di tale prodotto di ottenere, preventivamente all’immissione in commercio nello Stato membro d’importazione, un’AIC ai sensi della detta direttiva non può in ogni caso costituire una restrizione agli scambi intracomunitari vietata dall’art. 30 del Trattato (v., in tal senso, sentenza 11 dicembre 2003, causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband, Racc. pag. I‑14887, punti 48, 52 e 53).

    51
    Si deve peraltro ricordare che la direttiva 65/65, pur avendo per finalità essenziale quella di eliminare gli ostacoli agli scambi delle specialità medicinali in seno alla Comunità e pur fornendo a tal fine, all’art. 1, la definizione di medicinale, costituisce tuttavia solo la prima tappa dell’armonizzazione delle normative nazionali in materia di produzione e di distribuzione di prodotti medicinali (v., in particolare, sentenza Commissione/Germania, cit. supra, punto 15).

    52
    Allo stato attuale del diritto comunitario, è difficile evitare, finché l’armonizzazione dei provvedimenti necessari a garantire la tutela della salute non sarà più completa, che sussistano differenze fra gli Stati membri nella qualificazione dei prodotti nell’ambito di applicazione della direttiva (v., in particolare, sentenze 6 novembre 1997, causa C‑201/96, LTM, Racc. pag. I‑6147, punto 24, e 12 marzo 1998, causa C‑270/96, Laboratoires Sarget, Racc. pag. I‑1121, punto 23).

    53
    Quindi, la circostanza che un prodotto venga qualificato come alimentare in un altro Stato membro non può impedire di riconoscergli, nello Stato di importazione, la qualità di medicinale qualora esso ne presenti le caratteristiche (v., in particolare, le menzionate sentenze Delattre, punto 27; LTM, punto 24, e Laboratoires Sarget, punto 23).

    54
    Per quanto attiene, più in particolare, ai preparati vitaminici, alla data pertinente ai fini del presente ricorso non esisteva, come riconosciuto dalla Commissione, armonizzazione in materia di classificazione di tali preparati sia come medicinali sia come prodotti alimentari.

    55
    Occorre quindi verificare, in primo luogo, se i preparati vitaminici costituiscano medicinali «per funzione», ai sensi dell’art. 1, punto 2, secondo comma, della direttiva 65/65, quando contengano oltre al triplo della dose giornaliera raccomandata.

    56
    Considerato che le vitamine vengono abitualmente definite quali sostanze indispensabili in minima quantità all’alimentazione quotidiana ed al buon funzionamento dell’organismo, esse non possono essere considerate, in linea generale, come medicinali quando vengano consumate in piccole dosi. Parimenti, è pacifico che preparati vitaminici vengano talvolta usati, di solito in forti dosi, a scopi terapeutici contro talune malattie nelle quali la carenza vitaminica non è la causa del morbo; in casi del genere è incontestabile che tali preparati a base di vitamine sono dei medicinali (v. sentenza Van Bennekom, cit. supra, punti 26 e 27).

    57
    Ciò premesso, conformemente a costante giurisprudenza, per poter stabilire se un preparato vitaminico debba essere qualificato come medicinale ai sensi della direttiva 65/65, le autorità nazionali, agendo sotto il controllo del giudice, devono operare caso per caso, tenendo conto di tutte le sue caratteristiche tra le quali, in particolare, la composizione, le proprietà farmacologiche – quali possono essere stabilite allo stato attuale delle conoscenze scientifiche – le modalità d’uso, l’ampiezza della sua diffusione, la conoscenza del preparato stesso da parte dei consumatori e i rischi che possono eventualmente derivare dalla sua utilizzazione (v., in particolare, sentenze Van Bennekom, cit. supra, punto 29; 21 marzo 1991, causa C‑60/89, Monteil e Samanni, Racc. pag. I‑1547, punto 29; 16 aprile 1991, causa C‑112/89, Upjohn, Racc. pag. I‑1703, punto 23, e Commissione/Germania, cit. supra, punto 17).

    58
    In tal senso, l’esistenza o meno di un rischio per la salute costituisce solamente una delle caratteristiche del prodotto che devono essere prese in considerazione dalle autorità nazionali competenti. È evidente che un prodotto che non presenti rischi effettivi per la salute può nondimeno produrre effetti sul funzionamento dell’organismo. Per classificare un prodotto come medicinale «per funzione», le dette autorità dovranno accertare che esso è destinato a ripristinare, correggere o modificare le funzioni dell’organismo e che può quindi produrre effetti sulla salute in generale (v. sentenza Upjohn, cit. supra, punto 17).

    59
    Nella specie si deve necessariamente rilevare che la prassi tedesca non fa che attuare una regola generale, indistintamente applicabile a qualsiasi preparato vitaminico, indipendentemente dalla vitamina contenuta, consistente nel classificare il preparato stesso come medicinale quando contiene oltre al triplo della dose giornaliera raccomandata.

    60
    Risulta, quindi, che tale prassi non distingue a seconda delle singole vitamine contenute nei preparati esaminati, quando, invece, è pacifico che nessuna vitamina produce gli stessi effetti sulla salute in generale e, in particolare, che nessuna presenta lo stesso grado di eventuale nocività. Pertanto, la regola della tripla dose, in quanto indistintamente applicabile, può produrre l’effetto di classificare taluni preparati vitaminici come medicinali anche quando non sono idonei a «ripristinare, correggere o modificare le funzioni dell’organismo nell’uomo».

    61
    A parere del governo tedesco, atteso che la dose giornaliera raccomandata è stata determinata specificamente per ogni singola vitamina in considerazione delle sue specifiche caratteristiche, la regola della tripla dose condurrebbe a risultati che terrebbero parimenti conto di tali caratteristiche.

    62
    Tuttavia, la classificazione come medicinale di un preparato vitaminico basata unicamente sulla dose giornaliera raccomandata per la vitamina ivi contenuta, vale a dire la dose virtualmente corrispondente al fabbisogno di tale vitamina per tutte le persone in buona salute del gruppo di popolazione considerato, non soddisfa pienamente l’obbligo di una classificazione sulla base delle proprietà farmacologiche di ogni singolo preparato vitaminico. Conseguentemente, anche se è vero che il tenore di vitamine a partire dal quale un preparato viene classificato come medicinale sulla base della regola della tripla dose varia a seconda della vitamina di cui trattasi, non ne consegue necessariamente che ogni preparato vitaminico contenente oltre il triplo della dose giornaliera raccomandata ricada nella definizione di medicinale «per funzione» ai sensi della direttiva 65/65.

    63
    Ciò premesso, occorre verificare, in secondo luogo, se l’obbligo di ottenere di un’AIC come medicinale, previsto dalla prassi tedesca, costituisca una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione, vietata dall’art. 30 del Trattato, e, in caso di risposta affermativa, se un obbligo siffatto possa essere tuttavia giustificato per ragioni di tutela della salute ai sensi dell’art. 36 del Trattato.

    64
    Il divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative, sancito dall’art. 30 del Trattato, riguarda ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi comunitari (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5, e 23 settembre 2003, causa C‑192/01, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑9693, punto 39).

    65
    Nella specie, la prassi tedesca crea un ostacolo agli scambi, in quanto preparati vitaminici legalmente immessi in commercio o prodotti in altri Stati membri quali integratori alimentari non possono essere commercializzati in Germania se non a seguito dell’espletamento della procedura di ottenimento dell’AIC prevista per i medicinali.

    66
    La Corte ha già avuto modo di affermare che un prodotto che non sia un medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2, della direttiva 65/65 può, fermi restando gli artt. 30 e seguenti del Trattato concernenti i prodotti importati da altri Stati membri, essere assoggettato, nel diritto interno di uno Stato membro alla disciplina dei medicinali (sentenze Van Bennekom, cit. supra, punti 15, 30, 31 e 38; 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier, Racc. pag. 1207, punto 22, e 28 ottobre 1992, causa C‑219/91, Ter Voort, Racc. pag. I‑5485, punto 42).

    67
    Ciò premesso, occorre esaminare se la prassi tedesca possa risultare giustificata sulla base dell’art. 36 del Trattato.

    68
    A tale riguardo, in mancanza di armonizzazione e laddove sussistano incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, spetta agli Stati membri decidere in quale misura intendano garantire la tutela della salute e della vita delle persone e in merito all’obbligo di previa autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti alimentari, pur tenendo conto delle esigenze della libera circolazione delle merci nell’ambito della Comunità (citate sentenze Sandoz, punto 16; Van Bennekom, punto 37; Commissione/Danimarca, punto 42, e 5 febbraio 2004, causa C‑24/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1277, punto 49).

    69
    Tale potere discrezionale relativo alla tutela della salute è particolarmente importante qualora sia dimostrato che sussistono incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica in merito a determinate sostanze, quali le vitamine, che in genere non sono nocive di per sé, ma possono produrre effetti nocivi particolari solo se consumate in misura eccessiva assieme al complesso degli alimenti la cui composizione è imprevedibile e incontrollabile (citate sentenze Sandoz, punto 17; Commissione/Danimarca, punto 43, e 5 febbraio 2004, Commissione/Francia, punto 50).

    70
    Conseguentemente, in linea di principio il diritto comunitario non osta a che uno Stato membro vieti, salvo previa autorizzazione, l’immissione in commercio di prodotti alimentari qualora siano integrati con sostanze nutritive quali vitamine diverse da quelle la cui aggiunta è dichiarata lecita dalla normativa comunitaria (v. citate sentenze Commissione/Danimarca, punto 44, e 5 febbraio 2004, Commissione/Francia, punto 51).

    71
    Tuttavia, nell’esercizio del loro potere discrezionale relativo alla tutela della salute, gli Stati membri devono rispettare il principio di proporzionalità. Pertanto, i mezzi che essi scelgono devono essere limitati allo stretto necessario per garantire la tutela della salute; essi devono essere proporzionati all’obiettivo così perseguito, che non avrebbe potuto essere conseguito con misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari (citate sentenze Sandoz, punto 18; Van Bennekom, punto 39; Commissione/Danimarca, punto 45, e 5 febbraio 2004, Commissione/Francia, punto 52).

    72
    Inoltre, poiché l’art. 36 del Trattato contiene una delega, da interpretare restrittivamente, al principio della libera circolazione delle merci nell’ambito della Comunità, spetta alle autorità nazionali che ad esso si richiamano dimostrare in ciascun caso, alla luce delle abitudini alimentari nazionali e tenuto conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale, che la loro normativa è necessaria per tutelare effettivamente gli interessi considerati dal detto articolo e, segnatamente, che la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi presenta un rischio reale per la salute pubblica (citate sentenze Sandoz, punto 22; Van Bennekom, punto 40; Commissione/Danimarca, punto 46, e 5 febbraio 2004, Commissione/Francia, punto 53).

    73
    Si deve rilevare che, nella specie, la Commissione contesta alla prassi tedesca di non essere proporzionata, in quanto non si fonderebbe su un esame caso per caso, bensì si baserebbe su un’impostazione generale e sistematica. Occorre quindi verificare se l’obiettivo della tutela della salute perseguito da tale prassi non avrebbe potuto essere conseguito con misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

    74
    Anche se, come rammentato al punto 70 della presente sentenza, il diritto comunitario non osta, in linea di principio, ad un regime di previa autorizzazione, si deve tuttavia rilevare che il rilascio di AIC quali medicinali per i preparati vitaminici di cui trattasi è soggetto a requisiti particolarmente severi.

    75
    Infatti, a termini dell’art. 4 della direttiva 65/65, ai fini del rilascio di una AIC, il responsabile dell’immissione in commercio deve corredare la domanda di varie informazioni e documenti, tra i quali la composizione qualitativa e quantitativa di tutti i componenti del medicinale (art. 4, terzo comma, punto 3), le descrizione sommaria del modo di preparazione (art. 4, terzo comma, punto 4), le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e gli effetti secondari (art. 4, terzo comma, punto 5), la posologia, la forma farmaceutica, il modo, la via di somministrazione nonché la durata presunta di stabilità (art. 4, terzo comma, punto 6), la descrizione dei metodi di controllo utilizzati dal fabbricante (art. 4, terzo comma, punto 7), i risultati delle prove fisico‑chimiche, biologiche o microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e cliniche (art. 4, terzo comma, punto 8). Inoltre, il responsabile dell’immissione in commercio deve documentare che il fabbricante ha ottenuto nel proprio paese l’autorizzazione a produrre specialità medicinali (art. 4, terzo comma, punto 10).

    76
    Inoltre, la disciplina è molto più severa per i medicinali che non per gli alimenti in materia di distribuzione [v. direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/25/CEE, riguardante la distribuzione all’ingrosso dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 1)], in materia di vendita [v. direttive del Consiglio 31 marzo 1992, 92/26/CEE, concernente la classificazione in materia di fornitura dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 5), e 31 marzo 1992, 92/27/CEE, concernente l’etichettatura ed il foglietto illustrativo dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 8)], e in materia di pubblicità [v. direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/28/CEE, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 13)].

    77
    Ciò premesso, la prassi tedesca può essere considerata proporzionata solamente se il divieto di immissione in commercio come prodotti alimentari dei preparati vitaminici di cui trattasi e l’obbligo di ottenere il rilascio di una AIC per medicinali sono, di per sé, effettivamente necessari, in ciascun caso, al fine di garantire la tutela della salute.

    78
    La prassi di cui trattasi subordina sistematicamente l’immissione in commercio di tutti i preparati vitaminici contenenti oltre il triplo della dose giornaliera raccomandata al rilascio di una AIC per medicinali, senza distinguere a seconda delle singole vitamine aggiunte e, in particolare, a seconda del livello di rischio che la loro aggiunta può eventualmente comportare per la sanità pubblica.

    79
    In tal senso, la sistematicità di tale prassi non consente di individuare e di valutare un rischio reale per la salute, il che richiederebbe una valutazione approfondita, caso per caso, degli effetti che l’aggiunta delle vitamine in questione potrebbe provocare (v., in tal senso, sentenza Commissione/Danimarca, cit. supra, punto 56).

    80
    Conseguentemente, un preparato vitaminico la cui immissione in commercio non presenti un rischio reale per la salute sarà parimenti assoggettato all’obbligo di previo rilascio di una AIC per medicinali.

    81
    Una misura meno restrittiva consisterebbe nel fissare, per ogni singola vitamina o gruppo di vitamine, in funzione delle rispettive proprietà farmacologiche, un valore limite al di là del quale i preparati contenenti l’una o l’altra vitamina vengano assoggettati, ai sensi della legge nazionale, al regime dei medicinali, mentre al di qua di tale limite, i preparati medesimi ottengano una semplice autorizzazione all’immissione in commercio.

    82
    Il fatto che le competenti autorità tedesche tengano conto delle proprietà farmacologiche di ogni singola vitamina o gruppo di vitamine ai fini della classificazione dei preparati vitaminici potrà certo legittimamente condurre, per taluni di esse, agli stessi risultati della regola della tripla dose. Tuttavia, tale considerazione resta irrilevante ai fini dell’esito del presente ricorso per inadempimento. Come rammentato al precedente punto 73, l’oggetto del ricorso verte sulla sistematicità della regola e sul fatto che essa non è fondata su un esame caso per caso.

    83
    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che, classificando sistematicamente come medicinali i preparati vitaminici prodotti o legalmente immessi in commercio quali integratori alimentari negli altri Stati membri, quando contengano vitamine, diverse dalle vitamine A e D, in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata dall’Associazione tedesca per l’alimentazione, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 30 del Trattato.


    Sulle spese

    84
    A termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Repubblica federale di Germania, essendo rimasta soccombente, dev’essere pertanto condannata alle spese, come richiesto dalla Commissione. Peraltro, a termini dell’art. 69, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Il Regno di Danimarca e la Repubblica di Finlandia sopporteranno quindi le proprie spese.

    Per questi motivi,

    LA CORTE (Sesta Sezione)

    dichiara e statuisce

    1)
    Classificando sistematicamente come medicinali i preparati vitaminici prodotti o legalmente immessi in commercio quali integratori alimentari in altri Stati membri, quando contengano vitamine, diverse dalle vitamine A e D, in misura superiore al triplo della dose giornaliera raccomandata dalla Deutsche Gesellschaft für Ernärung (Associazione tedesca per l’alimentazione), la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 30 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE).

    2)
    La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

    3)
    Il Regno di Danimarca e la Repubblica di Finlandia sopporteranno le proprie spese.

    Skouris

    Cunha Rodrigues

    Schintgen

    Macken

    Colneric

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 aprile 2004.

    Il cancelliere

    Il presidente

    R. Grass

    V. Skouris


    1
    Lingua processuale: il tedesco.

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