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Document 61999CC0006

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 25 novembre 1999.
Association Greenpeace France e altri contro Ministère de l'Agriculture et de la Pêche e altri.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Conseil d'Etat - Francia.
Direttiva 90/220/CEE - Biotecnologia - Organismi geneticamente modificati - Decisione 97/98/CE - Sementi di granturco.
Causa C-6/99.

Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-01651

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:587

61999C0006

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 25 novembre 1999. - Association Greenpeace France e altri contro Ministère de l'Agriculture et de la Pêche e altri. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Conseil d'Etat - Francia. - Direttiva 90/220/CEE - Biotecnologia - Organismi geneticamente modificati - Decisione 97/98/CE - Sementi di granturco. - Causa C-6/99.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-01651


Conclusioni dell avvocato generale


1 I prodigiosi sviluppi delle conoscenze scientifiche e della ricerca applicata degli ultimi decenni hanno consentito di creare organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli «OGM»). Consci dell'importanza ch'essi possono rivestire nel settore agricolo, vari gruppi industriali si sono dotati di mezzi per la loro produzione su vasta scala, in modo da crearsi nuovi mercati ritenuti allettanti.

2 Ma questo passaggio dal laboratorio al mercato del prodotto di manipolazioni condotte su esseri viventi ha suscitato vari e legittimi interrogativi, che hanno alimentato un dibattito, per non dire uno scontro, tra coloro che mettono in primo piano i vantaggi - in particolare i rendimenti in termini di produttività - che è lecito attendersi dall'impiego su vasta scala degli OGM, e coloro che, temendo che tale impiego conduca alle sventure cui è andato incontro l'apprendista stregone, sottolineano i rischi legati all'emissione generalizzata di OGM. Data l'impossibilità di prendere una posizione definitiva nel dibattito, che non vede tutti gli studiosi schierati dalla stessa parte, il potere politico è intervenuto a livello sia nazionale che comunitario per definire un quadro normativo, ossia per stabilire le regole cui assoggettare l'impiego e la commercializzazione degli OGM.

3 Quando le autorità amministrative incaricate dal legislatore di rilasciare caso per caso le autorizzazioni all'immissione in commercio degli OGM adottano una decisione favorevole in merito ad una domanda loro inoltrata, coloro che non siano stati del tutto rassicurati dall'emanazione di tali norme conservano comunque la possibilità di adire l'autorità giudiziaria per far valere l'inosservanza delle condizioni e delle procedure stabilite dal legislatore.

4 Le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dal Conseil d'État (Francia) si collocano in una controversia di questo tipo. Si tratta infatti di ben cinque ricorsi, proposti dinanzi al Conseil d'État in particolare dall'associazione Greenpeace France (in prosieguo: «Greenpeace»), dalla Confédération Paysanne e dell'associazione Ecoropa France (in prosieguo: «Ecoropa») e diretti all'annullamento del decreto del ministro dell'Agricoltura e della Pesca 5 febbraio 1998, recante modifica del catalogo ufficiale delle specie e varietà di piante coltivate in Francia, per includervi una specie di granturco geneticamente modificata prodotta dalla Ciba-Geigy Ltd, divenuta in seguito Novartis Seeds SA (in prosieguo: la «Novartis»).

5 A sostegno delle loro richieste, i ricorrenti deducono, via di eccezione, l'illegittimità del decreto dello stesso ministro 4 febbraio 1997, che autorizza l'immissione in commercio di specie di granturco geneticamente modificate, protette contro la piralide e che presentano una maggiore tolleranza agli erbicidi della famiglia del glufosinato-ammonio, ossia l'immissione in commercio del prodotto in questione.

6 Detto decreto, a sua volta, è stato adottato in seguito alla decisione della Commissione 23 gennaio 1997, 97/98/CE, concernente l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L.) sottoposto a una modificazione combinata che garantisce proprietà insetticide conferite dal gene della Bt-endotossina e una maggiore tolleranza all'erbicida glufosinato-ammonio (1). Detta decisione è stata adottata dalla Commissione in forza della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (2).

7 Insieme alla domanda di annullamento, alcune ricorrenti avevano proposto istanza di sospensione dell'esecuzione. Il Conseil d'État l'ha accolta con sentenza 25 dicembre 1998, considerando che «le summenzionate associazioni sostengono che il decreto impugnato è stato emanato al termine di una procedura irregolare e in particolare che il parere della commissione di studio per l'emissione dei prodotti ottenuti dall'ingegneria biomolecolare è stato pronunciato in base ad una documentazione incompleta, in quanto essa non presentava elementi che consentissero di valutare l'impatto sulla sanità pubblica del gene resistente all'ampicillina contenuto nelle varietà di granturco transgenico oggetto della domanda di autorizzazione; che esse invocano il principio di precauzione (...); che, allo stato dell'istruttoria, tale motivo solleva una contestazione seria ed atta a determinare l'annullamento del decreto impugnato; che, peraltro, tenuto conto della natura delle conseguenze che l'applicazione del decreto impugnato potrebbe comportare, nella specie occorre accogliere le conclusioni dell'associazione ricorrente dirette ad ottenere la sospensione del detto decreto».

8 Al momento dell'esame del merito dei ricorsi, il Conseil d'État si è trovato in difficoltà, in quanto il decreto ministeriale 4 febbraio 1997, sulla cui presunta illegittimità si basa la maggior parte degli argomenti dei ricorrenti, è stato emanato al termine di una procedura molto complessa, che alterna fasi nazionali e fasi comunitarie.

Il diritto comunitario applicabile

9 La direttiva 90/220 dispone infatti:

«Articolo 11

1. Prima di immettere un OGM o una combinazione di OGM sul mercato o prima di includerli in un prodotto, il fabbricante o l'importatore nella Comunità presenta una notifica all'autorità competente dello Stato membro dove i suddetti prodotti sono immessi sul mercato per la prima volta. Tale notifica deve contenere:

(...)

Articolo 12

1. Dopo aver ricevuto la notifica di cui all'articolo 11 ed averne accusato ricevuta, l'autorità competente esamina la conformità della notifica con le disposizioni della presente direttiva, in particolare l'adeguatezza della valutazione dei rischi e delle precauzioni raccomandate per un uso sicuro del prodotto.

2. Al più tardi 90 giorni dopo il ricevimento della notifica, l'autorità competente:

a) o trasmette il fascicolo alla Commissione con parere favorevole,

b) o informa il notificante che l'emissione progettata non è conforme alle condizioni della presente direttiva e che quindi la notifica è respinta.

3. Nel caso previsto nel paragrafo 2, lettera a), il fascicolo trasmesso alla Commissione comprende una sintesi della notifica e una dichiarazione delle condizioni in cui l'autorità competente propone di consentire l'immissione sul mercato del prodotto.

(...)

Articolo 13

1. Al ricevimento del fascicolo di cui all'articolo 12, paragrafo 3, la Commissione lo trasmette immediatamente alle autorità competenti di tutti gli Stati membri insieme alle altre informazioni raccolte ai sensi della presente direttiva, e indica all'autorità competente responsabile della trasmissione del documento la data di distribuzione.

2. In mancanza di qualsiasi indicazione contraria di un altro Stato membro, entro 60 giorni dalla data di distribuzione di cui al paragrafo 1, l'autorità competente dà il suo consenso scritto alla notifica in modo che il prodotto possa essere immesso sul mercato e ne informa gli altri Stati membri e la Commissione.

3. Nei casi in cui l' autorità competente di un altro Stato membro sollevi un'obiezione - che deve essere motivata - e se per le autorità competenti interessate non è possibile raggiungere un accordo entro i termini indicati al paragrafo 2, la Commissione prende una decisione in conformità della procedura di cui all'articolo 21.

4. Se la Commissione ha adottato una decisione favorevole, l'autorità competente che ha ricevuto la notifica originale dà il suo consenso scritto alla notifica in modo che il prodotto possa essere immesso sul mercato e ne informa gli altri Stati membri e la Commissione.

5. Dopo aver ottenuto il consenso scritto, un prodotto può essere usato in tutto il territorio della Comunità senza ulteriore notifica soltanto nella misura in cui siano rigorosamente rispettate le condizioni specifiche di uso e gli ambienti e/o le zone geografiche stabilite in tali condizioni.

6. Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie per garantire che gli utenti rispettino le condizioni di uso specificate nel consenso scritto».

10 E' chiaro quindi che tra l'esame della notifica da parte dello Stato membro che l'ha ricevuta - esame che, secondo i ricorrenti, nella specie non sarebbe stato condotto in modo corretto - e il rilascio del consenso, dato nella specie con decreto ministeriale 4 febbraio 1997, si frappone una fase comunitaria nella quale intervengono gli altri Stati membri, la Commissione ed eventualmente il Consiglio, e che nella fattispecie si è conclusa con la decisione 97/98, il cui art. 1, n. 1, primo comma, dispone:

«Fatte salve le altre normative comunitarie nonché le disposizioni dei paragrafi 2 e 3, le autorità francesi autorizzano l'immissione in commercio del seguente prodotto, notificato dalla Ciba-Geigy Limited (rif. C/F/94/11-03), conformemente all'articolo 13 della direttiva 90/220/CEE».

Le questioni pregiudiziali

11 E' evidente che, come constata il Conseil d'État, la decisione sul motivo dedotto dai ricorrenti per contestare la legittimità del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 dipende dal margine di discrezionalità di cui disponeva l'organo che ha emanato detto decreto. Per ottenere chiarimenti sulla questione, il Conseil d'État ha sottoposto alla Corte le due questioni pregiudiziali seguenti:

«1) Se le disposizioni della direttiva del Consiglio 90/220 debbano interpretarsi nel senso che, qualora a seguito della trasmissione alla Commissione delle Comunità europee di una domanda di immissione in commercio di un organismo geneticamente modificato, nessuno Stato membro abbia mosso obiezioni come previsto dall'art. 13, n. 2, della direttiva 90/220, ovvero qualora la Commissione delle Comunità europee abbia adottato una "decisione favorevole" ai sensi del n. 4 di tale articolo, la competente autorità che ha trasmesso la domanda, con parere favorevole, alla Commissione sia tenuta a rilasciare il "consenso scritto" che permette l'immissione in commercio del prodotto, ovvero se tale autorità conservi il potere discrezionale di non dare un consenso del genere.

2) Se la decisione della Commissione delle Comunità europee 23 gennaio 1997, secondo la quale "le autorità francesi autorizzano l'immissione in commercio del (...) prodotto, notificato dalla Ciba-Geigy Limited", debba interpretarsi nel senso che obbliga il governo francese a rilasciare il suo "consenso scritto"».

12 Mentre la prima questione non richiede osservazioni particolari, non si può dire lo stesso per la seconda. Apparentemente, infatti, essa potrebbe sembrare superflua, in quanto ripete con riguardo alla decisione 97/98 la stessa domanda formulata, in termini generali e a livello di principio, con la prima questione, il che ha indotto la Commissione a proporre una soluzione unica per le due questioni.

13 Da parte mia, ritengo tuttavia che il Conseil d'État sottoponga alla Corte due questioni ben distinte:

- la prima concerne l'esistenza di un margine di discrezionalità delle autorità nazionali una volta intervenuta una «decisione favorevole della Commissione» ai sensi dell'art. 13, n. 4, della direttiva 90/220;

- la seconda è diretta a precisare se, tenuto conto della sua formulazione - «le autorità francesi autorizzano l'immissione in commercio del seguente prodotto (...)» -, e nonostante eventuali irregolarità che potrebbero essere constatate nell'esame della notifica da parte delle autorità nazionali, la decisione 97/98 obbligasse le autorità francesi a rilasciare il loro consenso scritto. In altri termini, il Conseil d'État intende sapere se, in caso di soluzione affermativa della prima questione, determinate circostanze particolari, ossia quelle da esso rilevate, possano conferire alle autorità nazionali il potere di rifiutare il consenso, potere del quale - si sarebbe accertato in limine - esse in linea di principio non dispongono.

14 Si tratta quindi di due questioni distinte, ancorché collegate, sottoposte alla Corte dal Conseil d'État, e non ve sono altre.

I limiti della competenza della Corte

15 A mio avviso, infatti, è fuori discussione che la Corte si pronunci sulla validità della decisione della Commissione, e ancor meno su quella dell'art. 13, n. 4, della direttiva 90/220, come le suggerisce Ecoropa. Indubbiamente, si possono rilevare casi nei quali la Corte, sebbene investita di una questione d'interpretazione, ha ritenuto che per fornire una soluzione utile al giudice nazionale che l'aveva interpellata occorresse muoversi anche sul piano dell'esame della validità.

16 Tuttavia, si tratta di casi rari che riguardano ipotesi del tutto eccezionali, in quanto, secondo giurisprudenza costante (3), spetta al giudice nazionale, che conosce tutti gli elementi della controversia, definire le questioni sulle quali chiede chiarimenti per poter pronunciare la propria sentenza, e la Corte deve limitarsi, nell'ambito della collaborazione tra giurisdizioni istituita dall'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), a fornirgli i chiarimenti richiesti.

17 Orbene, non vi è dubbio che nella specie il Conseil d'État non pretende affatto che la Corte si pronunci sulla validità degli atti comunitari dei quali esso chiede l'interpretazione. Da un lato, infatti, dal tenore delle questioni poste non emerge alcuna indicazione in tal senso e, dall'altro, nelle sue conclusioni il rappresentante del governo ha ammesso la possibilità di sottoporre alla Corte questioni relative alla validità degli atti; occorre pertanto ritenere che il Conseil d'État abbia preso in considerazione tale possibilità, ma l'abbia scartata.

18 Analogamente, secondo me non occorre che la Corte estenda il proprio sindacato alle disposizioni comunitarie relative alla commercializzazione delle sementi. Indubbiamente, il decreto ministeriale impugnato dinanzi al Conseil d'État concerne l'iscrizione del granturco geneticamente modificato della Novartis nel catalogo ufficiale delle specie e varietà di piante coltivate in Francia, ma secondo il Conseil d'État le questioni d'interpretazione del diritto comunitario sorgono in relazione al decreto ministeriale precedente, che autorizza l'immissione in commercio del granturco in questione, e non spetta alla Corte contraddire tale impostazione.

19 Sempre in virtù delle norme che regolano la ripartizione delle competenze tra i giudici nazionali e la Corte, operata dall'art. 177 del Trattato, è escluso che la Corte possa esaminare le condizioni in cui si è svolta la procedura nazionale di controllo della notifica della Novartis conclusa con l'invio del fascicolo, con parere favorevole, alla Commissione.

20 L'esame della regolarità di detta procedura rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale e, nell'esame della seconda questione, occorrerà considerare siffatta irregolarità come una semplice ipotesi, in quanto il Conseil d'État, pur ritenendone plausibile l'esistenza al momento in cui ha disposto la sospensione dell'esecuzione, non l'ha affatto data per acquisita.

21 Prima d'iniziare l'esame della prima questione, desidero svolgere un ultimo rilievo.

22 Dopo che il Conseil d'État è stato investito della controversia nel cui ambito ha fatto ricorso alla procedura di rinvio pregiudiziale, le autorità politiche, sottoposte a forti pressioni, hanno deciso d'irrigidire la normativa per subordinare a maggiori garanzie il rilascio delle autorizzazioni all'immissione in commercio di OGM e, a livello comunitario, è stata disposta da qualche mese una moratoria. Come è stato rilevato nelle osservazioni presentate alla Corte, sembra che la Commissione abbia rinunciato, almeno provvisoriamente, a fare ricorso alla procedura di cui all'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE) nei confronti di due Stati membri che hanno vietato, in violazione dell'art. 13, n. 5, della direttiva 90/220, la commercializzazione sul loro territorio del granturco della Novartis, che aveva ottenuto il consenso delle autorità francesi ai sensi dell'art. 13, n. 4, sul quale appunto s'interroga il Conseil d'État.

23 Si tratta di elementi di fatto che alcuni potrebbero ritenere inammissibile non prendere in considerazione in sede giurisdizionale.

24 Secondo me, tuttavia, dev'essere proprio così, in quanto nella specie la Corte non è tenuta - poiché non rientra nelle sue competenze - a risolvere un dibattito sociale o quanto meno un dibattito politico. Alla Corte spetta soltanto risolvere questioni relative all'interpretazione di determinate norme di diritto comunitario vigenti al momento in cui è sorta la controversia pendente dinanzi al giudice a quo. In ogni caso, nell'esame delle due questioni poste dal Conseil d'État intendo attenermi rigorosamente a tale criterio.

Sulla prima questione

25 Lo Stato membro che abbia ricevuto una notifica relativa all'immissione in commercio di un OGM ed abbia trasmesso il relativo documento alla Commissione con parere favorevole dispone ancora di un margine di discrezionalità per negare il proprio consenso qualora nessun altro Stato membro abbia mosso obiezioni, o qualora siano state revocate eventuali obiezioni o quando, come nel caso di cui è investito il Conseil d'État, la Commissione, chiamata ad intervenire in mancanza di accordo tra gli Stati membri, abbia adottato una decisione favorevole?

La formulazione dell'art. 13

26 Stando alla lettera dei nn. 2 e 4 dell'art. 13 della direttiva 90/220, i quali dispongono entrambi che l'autorità competente «dà il suo consenso scritto alla notifica in modo che il prodotto possa essere immesso sul mercato e ne informa gli altri Stati membri e la Commissione», la risposta a tale quesito non può che essere negativa.

27 L'impiego, nella versione francese della direttiva 90/220, dell'indicativo presente e la struttura della frase indicano, senza alcuna ambiguità, che siamo in presenza di un obbligo dello Stato membro interessato.

28 Per attenerci al n. 4 - ma le stesse considerazioni potrebbero essere svolte in relazione al n. 2 -, l'intervento di una decisione favorevole della Commissione non attribuisce allo Stato membro una facoltà, non gli dà la possibilità di rilasciare il proprio consenso, bensì glielo impone.

29 Interpretare il n. 4 nel senso che la «decisione favorevole della Commissione» avrebbe la portata di un parere favorevole, che lascia allo Stato membro la scelta se rilasciare o meno il consenso, equivarrebbe a riscriverlo.

30 Tale univocità, sotto il profilo grammaticale e stilistico, del n. 4 non è caratteristica esclusiva della versione francese ed è riscontrabile in altri versioni linguistiche, in particolare nella versione inglese, la quale enuncia che «the competent authority (...) shall give consent in writing».

31 Come ha opportunamente rilevato il governo italiano, nessuno oserebbe sostenere seriamente che, qualora la Commissione adottasse una decisione sfavorevole, quest'ultima costituirebbe semplicemente un parere, che lascerebbe allo Stato membro la facoltà di autorizzare comunque la commercializzazione dell'OGM in questione.

32 Orbene, nell'ambito della stessa procedura la natura giuridica o la forza vincolante o meno di una decisione non può dipendere dalla sua valenza positiva o negativa.

33 Non posso quindi condividere l'affermazione di Ecoropa, secondo cui se il legislatore intendeva imporre allo Stato membro un vero e proprio obbligo di rilascio del consenso avrebbe dovuto utilizzare una formula del tipo «quando la Commissione ha adottato una decisione favorevole, l'autorità competente deve autorizzare l'immissione in commercio del prodotto».

34 Tutt'al più si può riconoscere che, anziché fare riferimento, nel testo della direttiva 90/220, al rilascio di un consenso da parte dell'autorità competente, sarebbe stato forse preferibile disporre che detta autorità «rilascia l'autorizzazione richiesta», ma ciò non incide in alcun modo sulle conseguenze dell'impiego dell'indicativo presente nel testo del n. 4.

35 A questo punto dell'analisi, si potrebbe essere tentati di considerare che, poiché il testo è in sé perfettamente univoco, non occorre porsi ulteriori domande in quanto elementi estranei alla disposizione in esame, anche se dovessero indurre ad una lettura diversa, striderebbero comunque con l'innegabile realtà dei termini utilizzati.

36 Pur ritenendo che sia perfettamente giustificato considerare prevalente la lettera della norma e che esista una gerarchia tra i vari metodi d'interpretazione, non mi fermerò qui e tenterò di verificare, come invitano a fare le osservazioni presentate dai vari intervenienti, se la conclusione cui induce la semplice lettura dell'art. 13, n. 4, sia corroborata, oppure infirmata, dalla considerazione del contesto in cui detta disposizione è situata.

La comunitarizzazione della procedura di autorizzazione all'immissione in commercio

37 In primo luogo, rilevo che i `considerando' della direttiva 90/220 enunciano, come osserva la Novartis, che è necessario istituire una procedura comunitaria di autorizzazione per l'immissione sul mercato di prodotti contenenti OGM o costituiti da essi.

38 Indubbiamente, esistono procedure comunitarie di autorizzazione di cui non può dirsi che sfocino in una decisione vincolante, nel senso che obbligano inevitabilmente uno Stato membro ad adottare un determinato comportamento. Così, uno Stato membro, qualora intenda istituire un aiuto in favore di determinate imprese, deve seguire, ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 3, CE ) la procedura di cui al n. 2 della stessa disposizione.

39 Tuttavia, anche nel caso in cui abbia ottenuto risposta positiva dalla Commissione o dal Consiglio, lo Stato membro rimane libero di rinunciare a concedere l'aiuto, ad esempio qualora vengano meno le risorse finanziarie.

40 Analogamente, l'impresa che abbia chiesto di poter commercializzare un OGM ed abbia ottenuto, a conclusione della procedura comunitaria, il consenso scritto dello Stato membro all'immissione in commercio non è obbligata per questo ad immettere effettivamente detta sostanza sul mercato (anche se sarebbe sorprendente che non lo facesse).

41 Per converso, lo Stato membro, una volta che abbia accettato di trasmettere la notifica alla Commissione ed abbia ottenuto una decisione favorevole, non può tornare indietro, salvo che, come vedremo più avanti, non risulti a posteriori che la Commissione ha dato il proprio consenso ignorando talune informazioni essenziali relative ai rischi insiti nell'emissione del prodotto in questione.

42 In tal caso, infatti, lo Stato membro non richiede un'autorizzazione solo per sé ed il risultato della procedura riguarderà direttamente tutti gli Stati membri: essi non potranno più impedire la commercializzazione del prodotto considerato.

43 Diversi Stati membri possono aver sostenuto la domanda dello Stato che ha avviato la procedura, e avranno interesse a che essa si concluda definitivamente con esito positivo.

44 Un altro Stato membro può aver anch'esso ricevuto una notifica dalla stessa impresa, e può aver rinunciato ad inviarla con il proprio parere favorevole alla Commissione soltanto perché era informato che un altro Stato membro l'aveva preceduto.

45 Se il primo Stato membro potesse rinunciare liberamente ed in perfetta autonomia al consenso scritto, il secondo Stato membro potrebbe avviare una nuova procedura il cui esito, in mancanza di elementi nuovi, sarebbe nuovamente un parere favorevole, che diverrebbe vincolante per il primo Stato. Quest'ultimo, pertanto, non potrebbe più opporsi alla commercializzazione del prodotto sul proprio territorio.

46 E' giocoforza, quindi, concludere che la direttiva produce necessariamente l'effetto che uno Stato membro non può più decidere unilateralmente, al termine della procedura prevista dalla direttiva 90/220, se accogliere o meno una domanda di autorizzazione presentatagli da un produttore di OGM.

47 L'instaurazione di una procedura comunitaria va necessariamente al di là di una semplice armonizzazione delle procedure nazionali. Peraltro, le caratteristiche della procedura comunitaria in esame meritano qualche approfondimento. La direttiva 90/220 opera una distinzione fondamentale tra l'emissione volontaria di OGM nell'ambiente per scopi di ricerca e sviluppo e per scopi diversi dall'immissione sul mercato, disciplinata nella parte B, e l'immissione sul mercato di prodotti contenenti OGM, che costituisce l'oggetto della parte C.

48 Per la prima, che presenta rischi meno elevati in quanto, per definizione, riguarda la sperimentazione e resterà circoscritta ad un ambito limitato, la direttiva 90/220 lascia allo Stato membro investito di una domanda di autorizzazione il compito di adottare la decisione che ritenga più opportuna, pur fissando alcune norme procedurali ch'esso è tenuto a rispettare, e istituendo un sistema d'informazione della Commissione e degli altri Stati membri.

49 Per la seconda, la comunitarizzazione acquista una dimensione completamente diversa. E' indubbio che lo Stato membro cui è indirizzata una notifica che annunci l'intenzione d'immettere un OGM in commercio decide autonomamente, ai sensi dell'art. 12, n. 2, della direttiva 90/220, beninteso sotto il controllo del giudice, o di trasmettere il fascicolo alla Commissione con parere favorevole, o d'informare il notificante che l'emissione progettata non risponde alle condizioni stabilite nella detta direttiva e che pertanto è respinta.

50 Ma, una volta optato per la prima alternativa, detto Stato membro non è più titolare esclusivo del potere di decisione, in quanto gli altri Stati membri e la Commissione, ed eventualmente il Consiglio, possono intervenire alle condizioni indicate all'art. 13 della direttiva 90/220.

51 Una volta in possesso del fascicolo presentato dallo Stato membro che ha dato parere favorevole, la Commissione lo trasmette, insieme alle altre informazioni da essa raccolte, agli altri Stati membri.

52 Spetta poi a questi ultimi valutare l'opportunità di concedere l'autorizzazione all'immissione sul mercato e, qualora ritengano che essa non debba essere concessa, presentare le proprie obiezioni motivate all'autorità competente dello Stato membro che ha ricevuto la notifica.

53 In mancanza di obiezioni, o qualora obiezioni già formulate siano state ritirate in seguito ad un dialogo tra i vari Stati membri, non si può che constatare l'esistenza di un vero e proprio accordo di tutti gli Stati membri per il rilascio dell'autorizzazione. Si può seriamente ritenere che tale accordo non sia nulla più che un parere, lasciando allo Stato membro che ha avviato la procedura la facoltà di decidere di non prestare il proprio consenso per motivi puramente interni e che esso non ha resi noti nella fase di dialogo avviata dalla trasmissione del fascicolo da parte della Commissione?

54 Ho già svolto una parte degli argomenti che ostano a quest'interpretazione. Una tesi del genere, oltre tutto, non sarebbe compatibile con l'obbligo di lealtà cui devono informarsi i rapporti tra gli Stati membri e la Comunità, nonché i rapporti tra gli stessi Stati membri.

55 Si deve presumere che lo Stato membro che ha emesso parere favorevole su una notifica abbia deciso di prestare il proprio consenso, sempreché dall'esame comune del fascicolo da parte di tutti gli Stati membri, che dispongono anche delle informazioni fornite dalla Commissione, non emergano validi motivi per negarlo. Gli altri Stati membri non mobilitano certo le notevoli risorse necessarie per l'esame di un fascicolo relativo all'immissione sul mercato di un OGM per poi rilasciare un semplice parere, del quale lo Stato membro interessato farà l'uso che riterrà opportuno.

56 Se lo fanno, è perché, come sottolinea la Monsanto Europe SA (in prosieguo: la «Monsanto»), interveniente nella causa a qua, devono adottare una decisione comune, che dovranno tutti rispettare. A questo punto va detto, inoltre, che se si ammettesse che lo Stato membro che ha trasmesso la notifica con parere favorevole possa negare il proprio consenso scritto anche quando gli altri Stati membri non abbiano sollevato obiezioni o abbiano ritirato quelle già sollevate, si verrebbe a creare una situazione quanto meno curiosa. Tale Stato membro, e lui soltanto, potrebbe impedire la commercializzazione dell'OGM con questo semplice diniego. Tutti gli altri Stati membri - a fronte di un consenso rilasciato con il loro accordo dallo Stato membro che ha trasmesso la notifica con parere favorevole - per impedire l'immissione in commercio dell'OGM in questione potrebbero avvalersi soltanto della possibilità di adottare le misure di salvaguardia previste dall'art. 16 della direttiva 90/220, sulle quali tornerò più innanzi.

57 Se non è stato raggiunto l'accordo tra tutti gli Stati membri, la procedura non rimane bloccata. Il rifiuto di uno o più Stati membri di ritirare le obiezioni mosse non ha il puro e semplice effetto d'impedire allo Stato membro che ha adottato una decisione favorevole sulla notifica ricevuta di rilasciare il proprio consenso.

58 Anche in questo caso, uno Stato membro non si può arrogare il potere, sollevando un'eccezione, di bandire un OGM dall'intero mercato comunitario. Tutto ciò che può fare è chiedere l'intervento della Commissione, come previsto dall'art. 13, n. 3, della direttiva 90/220. La Commissione seguirà la procedura di cui all'art. 21 della direttiva, vale a dire la procedura detta «III a» nel gergo utilizzato in materia di comitatologia.

Il ruolo della Commissione

59 Nell'ambito di detta procedura, la Commissione presenta un progetto delle misure da adottare ad un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal proprio rappresentante. Il comitato formula il proprio parere in merito a tale progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema. Il comitato si pronuncia alla maggioranza prevista all'art. 148, n. 2, del Trattato (divenuto art. 205, n. 2, CE) per le decisioni che il Consiglio deve adottare su proposta della Commissione. Ai voti degli Stati membri è attribuita la ponderazione di cui a tale articolo. Il presidente non partecipa al voto.

60 La Commissione adotta le misure progettate quando esse sono conformi al parere del comitato.

61 Quando le misure progettate non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

62 Se, alla scadenza del termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato adito, il Consiglio non ha adottato misure, la Commissione adotta le misure proposte.

63 Qualora la decisione adottata dal Consiglio o dalla Commissione al termine della suddetta procedura sia favorevole, vale quanto detto in precedenza per l'ipotesi in cui gli Stati membri raggiungano un accordo.

64 L'efficacia pratica dell'intervento delle istituzioni non è quella di una semplice autorizzazione al rilascio del consenso. La procedura di cui all'art. 21 della direttiva 90/220 è diretta a far sì che, anche qualora non sia stato possibile superare le divergenze tra gli Stati membri, possa addivenirsi ad una soluzione della questione se si debba o meno autorizzare l'immissione in commercio di un OGM.

65 Tale decisione senza dubbio può costituire oggetto di sindacato giurisdizionale, nella specie della Corte. Ma sino a che quest'ultima non ne abbia dichiarato l'invalidità, detta decisione vincola lo Stato membro cui è indirizzata e, per l'effetto che l'art. 13, n. 5, della direttiva 90/220 attribuisce al consenso da esso rilasciato, tutti gli altri Stati membri.

Il fondamento giuridico della direttiva

66 In secondo luogo, occorre considerare che la direttiva 90/220 è stata adottata in base all'art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE), che consente al Consiglio di adottare le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.

67 Tale circostanza, come sottolineano giustamente la Novartis e la Monsanto, non è irrilevante ai fini della questione in esame. Dette misure infatti, poiché sono basate, come dispone il n. 3 del suddetto articolo, su un livello di protezione elevato in materia di sanità, sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione dei consumatori, in linea di principio si accontentano dell'applicazione di disposizioni nazionali dirette a proteggere i detti interessi. Allorché uno Stato membro intende applicare comunque siffatte disposizioni, deve sottoporsi al controllo della Commissione, cosa che non è tenuto a fare qualora intenda prendere provvedimenti in materia ambientale più rigorosi di quelli adottati dalla Comunità in forza dell'art. 130 S del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 175 CE). L'art. 130 T del Trattato CE (divenuto art. 176 CE) dispone infatti che «[i] provvedimenti di protezione adottati in virtù dell'articolo 130 S non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali provvedimenti devono essere compatibili con il presente trattato. Essi sono notificati alla Commissione».

68 Orbene, qualora si ammettesse che uno Stato membro possa negare il proprio consenso all'immissione sul mercato di un OGM nonostante la decisione favorevole di cui essa è stato oggetto a livello comunitario, di fatto si riconoscerebbe a detto Stato membro il potere di adottare provvedimenti per una protezione maggiore, in contrasto con il tipo di armonizzazione cui si tende nel quadro dell'art. 100 A del Trattato.

69 In terzo luogo, occorre rilevare che, come ha sottolineato la Novartis, la procedura di autorizzazione all'immissione in commercio istituita dalla direttiva 90/220 non è così singolare come si potrebbe pensare, atteso che esistono procedure equiparabili in materia d'immissione in commercio di medicinali ed una procedura analoga in materia di regolamentazione dell'etichettatura delle sostanze pericolose, nelle quali è prevista la possibilità che, in assenza di accordo tra gli Stati membri, intervenga una decisione della Commissione vincolante per tutti, nell'interesse della libera circolazione delle merci.

Il rispetto del principio di precauzione

70 Rimane da analizzare un'ultima ma importantissima questione. Se s'interpreta l'art. 13, n. 4, della direttiva 90/220 nel senso che esso impone allo Stato membro di rilasciare il proprio consenso, nel caso in cui la Commissione abbia adottato una decisione favorevole, o sia stato raggiunto un accordo tra gli Stati membri, non si rischia d'ignorare i precetti del principio di precauzione? Nessuno, infatti, ha osato suggerire che il principio sia applicabile soltanto allorché il legislatore comunitario emana norme in materia ambientale in forza dell'art. 130 S del Trattato e possa essere ignorato allorché egli adotta quale fondamento giuridico l'art. 100 A.

71 Rammento anzitutto che, secondo l'art. 15 della dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo, del 14 giugno 1992, detto principio impone che la mancata dimostrazione scientifica dell'esistenza di un rischio connesso a determinate attività umane non possa costituire valido motivo per non adottare tutti i provvedimenti atti a prevenirlo qualora esso risulti comunque plausibile.

72 Per converso, detto principio non impone che un'attività venga proibita o sia sottoposta a drastiche restrizioni in tutti i casi in cui non possa dimostrarsi scientificamente l'assenza del benché minimo rischio, poiché è risaputo che non a caso la prova negativa è stata qualificata dai giuristi di tutti i tempi come probatio diabolica.

73 I ricorrenti nella causa a qua intervenute nel procedimento dinanzi alla Corte hanno molto insistito sul fatto che si trascurerebbe il principio di precauzione qualora si negasse allo Stato membro che ha avviato la procedura il diritto di negare unilateralmente il proprio consenso.

74 Direi che vi sono due motivi per non condividere i loro timori al riguardo.

75 Il primo attiene al fatto che l'intera procedura è organizzata dalla direttiva 90/220 proprio in maniera tale che, in ciascuna fase, possano essere posti in rilievo i rischi insiti nell'immissione in commercio dell'OGM di cui trattasi, e sembra pertanto escluso ch'essa possa condurre a sacrificare il principio di precauzione.

76 Lo Stato membro che riceve la notifica deve ottenere dall'interessato tutta una serie d'informazioni, elencate all'art. 11 della direttiva 90/220, e deve, in virtù dell'art. 12, esaminare «la conformità della notifica con le disposizioni della presente direttiva, in particolare l'adeguatezza della valutazione dei rischi e delle precauzioni raccomandate per un uso sicuro del prodotto».

77 Qualora ritenga che a tale scopo occorrano informazioni supplementari, l'autorità competente può farne richiesta, e il tempo necessario per ottenerle non è preso in considerazione per calcolare il termine entro il quale essa deve prendere la propria decisione, come precisa l'art. 12, n. 5, della direttiva 90/220.

78 Il fascicolo trasmesso alla Commissione con «parere favorevole» deve presentare taluni requisiti, precisati al n. 3 dello stesso articolo.

79 Come ho già ricordato, quando la Commissione trasmette il fascicolo agli altri Stati membri deve includervi le informazioni da essa raccolte.

80 Nella fase successiva, vale a dire dopo che gli Stati membri hanno ricevuto il fascicolo, ciascuno di essi può muovere obiezioni. Tuttavia ha l'obbligo di motivarle, onde consentire l'avvio di un reale confronto sui rischi eventualmente associati all'OGM in questione.

81 Nessuno può obbligare uno Stato membro a ritirare un'obiezione cui esso non ritiene sia stata data una risposta soddisfacente.

82 Qualora, in mancanza di accordo tra gli Stati membri, la decisione finale spetti alle istituzioni, ciascuno Stato membro può ancora esprimere il proprio parere, e quindi esporre le proprie riserve, in seno al comitato incaricato di assistere la Commissione ed eventualmente in seno al Consiglio, qualora sia stato investito della questione.

83 Prima di prendere la sua decisione, la Commissione raccoglie a sua volta il parere di vari comitati scientifici. Nella fattispecie, essa ha consultato il comitato scientifico sull'alimentazione animale, il comitato scientifico sull'alimentazione umana ed il comitato scientifico sui pesticidi.

84 Rammento infine che l'art. 11, n. 6, della direttiva 90/220 dispone:

«Qualora siano disponibili nuove informazioni sui rischi del prodotto per la salute umana o per l'ambiente, prima o dopo il consenso scritto, il notificante deve senza indugio:

- rivedere le informazioni e condizioni specificate nel paragrafo 1,

- informarne l'autorità competente, e

- prendere le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente».

85 In tali circostanze, mi sembra poco realistico sostenere che possa essere messo a rischio il rispetto del principio di precauzione, salvo ritenere che tutte le parti invitate a prendere parte alla procedura decisionale ignorino deliberatamente il disposto dell'art. 4, n. 1, della direttiva 90/220, a norma del quale «[g]li Stati membri provvedono affinché siano presi tutti i provvedimenti idonei ad evitare eventuali effetti negativi sulla salute umana e sull'ambiente derivanti dall'emissione deliberata o dall'immissione sul mercato di OGM».

86 Il secondo motivo che consente di escludere la violazione del principio di precauzione risiede nell'esistenza di una clausola di salvaguardia, enunciata all'art. 16 della direttiva 90/220 nei termini seguenti:

«1. Se uno Stato membro ha un motivo valido di ritenere che un prodotto che è stato opportunamente notificato e ha ricevuto un consenso scritto ai sensi della presente direttiva costituisce un rischio per la salute umana o per l'ambiente, esso può limitarne o proibirne provvisoriamente l'uso e/o la vendita sul proprio territorio. Esso informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri di tale decisione e ne indica i motivi.

2. Una decisione è presa in merito entro tre mesi, in conformità della procedura di cui all'articolo 21».

87 Tale potere degli Stati membri di proibire provvisoriamente, ma, come spiegherò in appresso, in qualunque momento, la commercializzazione di un OGM - purché abbiano valide ragioni per ritenere ch'esso, nonostante il consenso di cui è stato oggetto, comporti rischi dei quali non si è tenuto o non si è potuto tenere conto nel corso della procedura terminata con un parere favorevole, e purché ne informino la Commissione, di modo che venga adottata una nuova decisione in base alla procedura ex art. 21 della direttiva 90/220 - mi sembra possa bastare per rassicurare i più esigenti quanto al rispetto del principio di precauzione.

88 E' indubbio che, ad attenersi alla lettera della disposizione in esame, il ricorso alla possibilità concessa dall'art. 16 della direttiva 90/220 sembrerebbe presupporre che sia già stato rilasciato un consenso.

89 Tuttavia, in accordo con le osservazioni presentate alla Corte non soltanto dagli Stati membri intervenuti e dalla Commissione ma anche, si noti bene, dalla Novartis, ritengo che, qualora un rischio non considerato emerga dopo che la Commissione ha preso una decisione favorevole, ma prima che lo Stato membro interessato abbia dato il proprio consenso, detto Stato debba poter sospendere la concessione del proprio consenso. Nella pratica, tale blocco dell'immissione sul mercato prima ancora del rilascio del consenso scritto dovrebbe essere rarissimo in quanto, seppure l'art. 13, n. 4, della direttiva 90/220 non precisi il termine entro il quale il consenso dev'essere espresso, occorre tenere conto del fatto che l'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE) impone allo Stato membro interessato di conformarsi alla decisione entro breve termine.

90 Infatti, ritenere che una volta intervenuta una decisione favorevole della Commissione il consenso debba essere obbligatoriamente ed automaticamente rilasciato, anche qualora i suoi effetti vengano sospesi immediatamente dopo il rilascio, equivarrebbe ad adottare un'interpretazione troppo rigorosa dell'art. 16 e ad ignorare la regola fondamentale sancita dall'art. 4 della direttiva 90/220. Si tratterà tuttavia di una sospensione provvisoria in quanto la questione dovrà essere risolta entro tre mesi per mezzo della procedura di cui all'art. 21 della direttiva 90/220.

91 Il principio di precauzione, pertanto, potrà trovare applicazione in tutte le fasi della procedura.

92 Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che, salvo ricorrere in buona fede alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 16 della direttiva 90/220, lo Stato membro che ha trasmesso alla Commissione una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM non disponga di un potere discrezionale in base al quale possa negare il proprio consenso scritto. Di conseguenza, detto Stato deve rilasciare il consenso quando tale domanda non abbia sollevato obiezioni da parte di nessun altro Stato membro, o quando la Commissione abbia preso una decisione favorevole, in applicazione dell'art. 13, n. 4, della direttiva 90/220.

Sulla seconda questione

93 La conclusione cui sono prevenuto in merito alla prima questione vale, senza limitazioni, per la decisione 97/98, indipendentemente dalle summenzionate circostanze che hanno indotto il Conseil d'État a dubitare che nella specie sia effettivamente così?

94 A mio parere, la risposta a questa domanda non può che essere affermativa. Tale decisione, che - come può subito rilevarsi - ha per destinatari, ai sensi dell'art. 2, gli Stati membri e non soltanto la Repubblica francese, è formulata in modo perfettamente chiaro ed univoco, anche se non utilizza esattamente la stessa terminologia impiegata nella direttiva 90/220. Infatti, non si presenta come una «decisione favorevole», e non fa riferimento al rilascio di un consenso, bensì enuncia, all'art. 1, n. 1, primo comma:

«Fatte salve le altre normative comunitarie nonché le disposizioni dei paragrafi 2 e 3, le autorità francesi autorizzano l'immissione in commercio del seguente prodotto, notificato dalla Ciba-Geigy Limited (rif. C/F/94/11-03), conformemente all'articolo 13 della direttiva 90/220/CEE».

95 Essa è dotata, in quanto tale, dell'autorità che l'art. 189 del Trattato CE (divenuto art. 249 CE) conferisce alle decisioni adottate dalla Commissione. Si presume valida sino a che la Corte, cha ha al riguardo una competenza esclusiva, non ne dichiari l'invalidità, cosa che, come ho già rilevato, il Conseil d'État non le chiede di fare.

Irregolarità nello svolgimento della procedura nazionale e validità della decisione comunitaria

96 Ma equivale questo ad affermare che non si deve attribuire alcuna rilevanza alle irregolarità che il Conseil d'État abbia eventualmente constatato in relazione all'esame del fascicolo da parte dell'autorità francese competente prima della trasmissione del parere favorevole alla Commissione? Ritengo di no.

97 E' vero che, come sottolinea la Commissione, la quale si è richiamata a tale proposito alla sentenza Oleificio Borelli/Commissione (4), l'irregolarità che possa eventualmente viziare una procedura nazionale la quale, in virtù della stessa normativa comunitaria, s'inserisce in un iter decisionale comunitario e sul cui risultato si baseranno le istituzioni comunitarie per adottare la propria decisione, non può in alcun caso incidere sulla validità di quest'ultima.

98 Tale giurisprudenza può sembrare rigorosa, ma è fondata su motivazioni molto solide che, a mio parere, escludono che possa essere rimessa in discussione. Infatti, non vedo come il giudice comunitario, che ha competenza esclusiva a dichiarare l'invalidità di un atto comunitario, possa formarsi un'opinione sull'esistenza di un'irregolarità ai sensi del diritto nazionale quando non ha alcuna competenza ad interpretare od applicare detto diritto nell'ambito delle competenze attribuitegli dagli artt. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE) e 177 del Trattato.

99 Rimettere in discussione la ripartizione delle competenze tra i giudici nazionali e la Corte, quale risulta dalla giurisprudenza di quest'ultima, sarebbe alquanto imprudente e non servirebbe affatto la causa del rispetto dello Stato di diritto nell'ordinamento giuridico comunitario.

100 Tuttavia, tale neutralità dei vizi della procedura nazionale rispetto alla validità dell'atto comunitario successivo non dev'essere fraintesa, soprattutto in un caso come quello in esame, in cui, contrariamente alla citata causa Oleificio Borelli/Commissione, non si è in presenza di una decisione nazionale negativa, che può condurre unicamente ad una decisione comunitaria anch'essa negativa, bensì, al contrario, di una decisione nazionale positiva, che di sicuro non ha provocato automaticamente una decisione comunitaria positiva, ma l'ha resa possibile.

101 Rammento infatti che, nel meccanismo della direttiva 90/220, qualora lo Stato membro respinga la notifica, la procedura di autorizzazione dell'OGM in questione s'interrompe definitivamente e il rigetto non deve neppure essere portato a conoscenza della Commissione, mentre la trasmissione del fascicolo con parere favorevole non incide in alcun modo sulla decisione definitiva che verrà adottata riguardo ad esso.

102 Poiché il fascicolo viene esaminato dagli altri Stati membri ed eventualmente, qualora questi ultimi sollevino e mantengano obiezioni, dalla Commissione, le irregolarità che vizino la procedura nazionale in linea di massima non produrranno conseguenze irreversibili.

103 Questo però non implica che tali irregolarità non debbano essere sanzionate dal giudice nazionale, qualora venga adito a tale scopo. Anzi, dalla citata giurisprudenza Oleificio Borelli/Commissione risulta che, qualora una procedura nazionale s'inserisca in un iter decisionale comunitario, in virtù della stessa normativa comunitaria, l'ordinamento giuridico nazionale deve - come ricordano i governi italiano ed austriaco - garantire agli interessati la possibilità di farne verificare la regolarità dai giudici nazionali, anche quando essa, in quanto procedura preparatoria, possa essere considerata inoppugnabile dall'ordinamento giuridico nazionale.

104 E' vero che nella causa decisa con la citata sentenza Oleificio Borelli/Commissione era in discussione una decisione nazionale negativa, ma non vedo come si possa sostenere che un ricorso giurisdizionale di diritto interno debba essere ammesso soltanto in questo caso.

105 Solo la procedura nazionale preliminare in quanto tale, indipendentemente dal suo risultato positivo o negativo, dev'essere sottoposta al controllo del giudice nazionale.

Conseguenze da trarre dall'accertamento d'irregolarità nella procedura nazionale

106 Quali saranno la portata e l'utilità dell'accertamento da parte del giudice nazionale, con autorità di cosa giudicata, che la procedura nazionale è viziata da irregolarità atte a giustificare l'annullamento della decisione nazionale cui detta procedura ha condotto, nella specie la trasmissione con «parere favorevole» alla Commissione, se non si può rimettere in discussione la citata giurisprudenza Oleificio Borelli/Commissione?

107 Dipende, come ha spiegato la Commissione, dal tipo d'irregolarità che il controllo giurisdizionale avrà consentito di rilevare.

108 Se l'irregolarità è di natura formale, in senso ampio, ad esempio se è dovuta alla mancanza di una firma in calce ad un verbale di cui non si contesta la validità, o all'invio tardivo della convocazione di una riunione o alla mancanza della controfirma di un'autorità che deve partecipare alla deliberazione, a mio parere occorre ritenere ch'essa non produca alcun effetto sull'obbligo di rilasciare il consenso sancito dalla direttiva 90/220.

109 Ma qualora l'irregolarità sia stata determinante per l'adozione di un parere favorevole da parte dell'autorità competente, mentre in sua mancanza la notifica sarebbe stata respinta, e cioè qualora sia stata tale da celare un rischio che l'OGM in questione effettivamente comporta, essa evidentemente non può essere trattata allo stesso modo, in quanto si ricollega così all'applicazione del principio di precauzione.

110 In tal caso, quali conseguenze occorrerà attribuirle? Anche qui ritengo debbano distinguersi due ipotesi.

111 La prima ipotesi è che, durante l'esame avviato con la trasmissione del fascicolo alla Commissione, siano stati messi in luce i rischi implicati e si sia quindi valutato se essi giustifichino o meno il divieto d'immissione in commercio dell'OGM considerato. In tal caso, occorre ritenere che non vi sia alcun motivo per rimettere in discussione l'obbligo di rilasciare il consenso, o il consenso stesso, qualora sia già stato rilasciato.

112 La seconda ipotesi è che il rischio celato a livello della procedura nazionale non sia stato esaminato nemmeno nel corso della procedura successiva, e l'irregolarità dovrà essere considerata come una violazione molto grave del principio di precauzione. In tal caso, l'irregolarità non potrà non incidere sull'autorizzazione all'immissione in commercio.

113 Infatti, lo Stato membro che ha trasmesso la notifica con parere favorevole dovrà avvisare immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione e, senza nemmeno attendere la reazione di quest'ultima, avvalersi della facoltà riconosciutagli dall'art. 16 della direttiva 90/220, che ho già esaminato dettagliatamente.

114 In mancanza, detto Stato verrebbe meno agli obblighi impostigli dall'art. 4, n. 1, della direttiva 90/220 e potrebbe essere considerato responsabile. Una volta avvisata, la Commissione trarrà tutte le debite conseguenze dalla mancata considerazione di un rischio effettivo per la salute o per l'ambiente in quanto, come essa ha rilevato nelle sue osservazioni, una decisione «favorevole», in una situazione di fatto che giustifica una decisione «sfavorevole», e viceversa, è illegittima e dev'essere modificata.

115 L'utilità del controllo del giudice nazionale risulta in tal modo perfettamente chiara. Esso sarà occasione, e le occasioni non sono mai troppe, per verificare che non vengano ignorati i precetti del principio di precauzione. In ogni caso, qualora il controllo conduca ad un annullamento e qualora i motivi di tale annullamento siano quelli ricordati da ultimo, esso consentirà alla Commissione di constatare un'irregolarità e di porvi immediatamente rimedio, e permetterà eventualmente al giudice comunitario, qualora gliene sia fatta richiesta, di annullare una decisione favorevole adottata illegittimamente.

116 Aggiungo un'ultima osservazione relativa non al controllo del giudice nazionale sulla procedura nazionale iniziale, ma al controllo che lo stesso giudice può essere chiamato a svolgere, come nel caso oggetto del presente rinvio pregiudiziale, sul rilascio del consenso da parte dell'autorità nazionale competente.

117 Come ho già rilevato nel risolvere la prima questione, l'autorità nazionale che rilascia il proprio consenso dopo che le sia stata notificata la decisione favorevole della Commissione, o dopo che sia stato raggiunto un accordo tra gli Stati membri, agisce nel quadro di una competenza vincolata, di cui, evidentemente, il giudice nazionale deve tenere conto. Non spetta sicuramente alla Corte precisare in questa sede i limiti del controllo ch'egli è legittimato ad esercitare, tuttavia occorre rammentare ch'egli non può ritenere acquisita l'illegittimità della decisione favorevole della Commissione, a prescindere dal suo convincimento al riguardo, salvo che abbia fatto dichiarare tale illegittimità alla Corte mediante il rinvio pregiudiziale, o che si basi su un annullamento da essa disposto nell'ambito di un procedimento promosso in forza dell'art. 173 del Trattato.

118 Tornando all'oggetto specifico della seconda questione, ritengo che la decisione 97/98 debba essere interpretata nel senso che essa obbliga il governo francese a rilasciare il suo consenso scritto, salvo ricorrere alla facoltà concessa dall'art. 16 della direttiva 90/220 qualora ritenga che siano soddisfatte le condizioni per l'applicazione di tale norma.

Conclusione

119 Giunto al termine della mia analisi, propongo alla Corte di dichiarare quanto segue:

«1) Salvo ricorso in buona fede alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 16 della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, lo Stato membro che ha trasmesso alla Commissione una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio di un organismo geneticamente modificato non dispone di un potere discrezionale in forza del quale possa rifiutare il proprio consenso scritto. Esso, pertanto, deve rilasciare detto consenso qualora la domanda non abbia sollevato obiezioni da parte degli altri Stati membri o la Commissione abbia preso una decisione favorevole ai sensi dell'art. 13, n. 4, di detta direttiva.

2) La decisione della Commissione 23 gennaio 1997, 97/98/CE, concernente l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L.) sottoposto a una modificazione combinata che garantisce proprietà insetticide conferite dal gene della Bt-endotossina e una maggiore tolleranza all'erbicida glufosinato-ammonio ai sensi della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, dev'essere interpretata nel senso che essa obbliga il governo francese a rilasciare il suo consenso scritto, salvo ricorrere alla facoltà concessa dall'art. 16 della direttiva 90/220, qualora ritenga che siano soddisfatte le condizioni per l'applicazione di tale norma».

(1) - GU L 31, pag. 69.

(2) - GU L 117, pag. 15.

(3) - V., in particolare, sentenze 3 ottobre 1985, causa 311/84, CBEM (Racc. pag. 3261, punti 9 e 10), e 18 ottobre 1990, cause riunite C-297/88 e C-197/89, Dzodzi (Racc. pag. I-3763, punti 31-34).

(4) - Sentenza 3 dicembre 1992, causa C-97/91 (Racc. pag. I-6313).

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