EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 61998CJ0256

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 6 aprile 2000.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della fauna e della flora selvatiche.
Causa C-256/98.

Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-02487

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2000:192

61998J0256

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 6 aprile 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della fauna e della flora selvatiche. - Causa C-256/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-02487


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Procedura - Atto introduttivo di ricorso - Oggetto della controversia - Definizione - Modifica in corso di causa - Divieto

[Regolamento di procedura della Corte, art. 38, n. 1, lett. c), e art. 42]

2 Ambiente - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della fauna e della flora selvatiche - Direttiva 92/43 - Zone speciali di conservazione - Obblighi degli Stati membri

(Direttiva del Consiglio 92/43/CEE, art. 6, n. 3)

Massima


1 Ai sensi dell'art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte, le parti hanno l'obbligo di definire l'oggetto della controversia nel ricorso. Anche se l'art. 42 dello stesso regolamento consente, a determinate condizioni, di dedurre motivi nuovi, una parte non può modificare in corso di causa l'oggetto stesso della controversia. Ne consegue che il merito del ricorso va esaminato unicamente con riferimento alle conclusioni contenute nell'atto introduttivo. (v. punto 31)

2 L'art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, che prevede un obbligo di valutazione dell'incidenza sul sito dei piani di assetto territoriale non direttamente connessi o necessari alla gestione di un sito in zona speciale di conservazione ma idonei ad avere incidenze «significative» sullo stesso, non può autorizzare uno Stato membro ad emanare norme nazionali che, in maniera generale, sottraggano a detto obbligo taluni piani di assetto territoriale, in considerazione vuoi dell'esiguo ammontare delle spese previste vuoi degli specifici settori di attività interessati. (v. punto 39)

Parti


Nella causa C-256/98,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori P. Stancanelli, membro del servizio giuridico, e O. Couvert-Castéra, dipendente pubblico nazionale messo a disposizione dello stesso servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro del medesimo servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica francese, rappresentata dalla signora K. Rispal-Bellanger, vicedirettore presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, e dal signor Romain Nadal, segretario aggiunto agli Affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Francia, 8 B, boulevard Joseph II,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che, non avendo adottato tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), e avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per conformarsi all'art. 6 della medesima, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di questa direttiva e dell'art. 189, terzo comma, del Trattato (divenuto art. 249, terzo comma, CE),

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori D.A.O. Edward, presidente di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann (relatore), J.-P. Puissochet e P. Jann, giudici,

avvocato generale: N. Fennelly

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 24 giugno 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 settembre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 15 luglio 1998, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso diretto a far dichiarare che, non avendo adottato tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva»), e avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per conformarsi all'art. 6 della medesima, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di questa direttiva e dell'art. 189, terzo comma, del Trattato (divenuto art. 249, terzo comma, CE).

Normativa applicabile

2 Scopo della direttiva è, ai sensi del suo art. 2, n. 1, contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il Trattato.

3 La direttiva precisa, all'art. 2, n. 2, che le misure adottate a norma della medesima sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

4 Ai sensi del sesto `considerando' della direttiva, per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie d'interesse comunitario in uno stato di conservazione soddisfacente, occorre designare zone speciali di conservazione (in prosieguo: le «ZSC») per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito.

5 In forza dell'art. 3, n. 1, della direttiva, tale rete, denominata «Natura 2000», comprende le ZSC nonché le zone di protezione speciale (in prosieguo: le «ZPS»), classificate dagli Stati membri a norma della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva sulla conservazione degli uccelli»).

6 Ai sensi dell'art. 1, lett. l), della direttiva, la ZSC è definita come «un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato».

7 L'art. 4 della direttiva prevede un procedimento in tre fasi per la designazione delle ZSC. A norma del n. 1 di questo articolo, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all'allegato I e quali specie locali di cui all'allegato II della detta direttiva si riscontrano in tali siti. Entro il triennio successivo alla notificazione della direttiva, tale elenco viene trasmesso alla Commissione, contemporaneamente alle informazioni relative a ciascun sito.

8 Ai sensi dell'art. 4, n. 2, della direttiva, sulla scorta di questi elenchi e in base ai criteri di cui all'allegato III della direttiva, la Commissione elabora, d'accordo con ciascuno Stato membro, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria. L'elenco dei siti selezionati come siti d'importanza comunitaria è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all'art. 21 della direttiva. In conformità dell'art. 4, n. 3, tale elenco è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della direttiva.

9 L'art. 4, n. 4, di quest'ultima dispone che, quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al n. 2 dello stesso articolo, lo Stato membro interessato designa tale sito come ZSC il più rapidamente possibile ed entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell'importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all'allegato I o di una o più specie di cui all'allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono sui detti siti.

10 L'art. 4, n. 5, della direttiva precisa che, non appena un sito è iscritto nell'elenco dei siti di importanza comunitaria compilato dalla Commissione, esso è soggetto alle disposizioni dell'art. 6, nn. 2, 3 e 4.

11 L'art. 6 della direttiva recita:

«1. Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all'occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato I e delle specie di cui all'allegato II presenti nei siti.

2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica.

4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

12 L'art. 7 della direttiva così dispone:

«Gli obblighi derivanti dall'articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall'articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore».

13 L'art. 23, n. 1, della direttiva prescrive agli Stati membri di mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva medesima entro due anni a decorrere dalla sua notifica e di informarne immediatamente la Commissione. Poiché la direttiva è stata notificata alla Repubblica francese in data 5 giugno 1992, il termine a quest'ultima impartito per la sua attuazione è giunto a scadenza il 5 giugno 1994.

Fase precontenziosa del procedimento

14 Non avendole il governo francese comunicato entro tale data le disposizioni adottate per conformarsi alla direttiva, la Commissione perveniva alla conclusione, in mancanza di altri elementi informativi che l'autorizzassero a ritenere che la Repubblica francese avesse adottato i provvedimenti necessari, che tale Stato membro era venuto meno agli obblighi impostigli dalla direttiva. Conseguentemente, con lettera 9 agosto 1994, la Commissione intimava al governo francese di presentarle le sue osservazioni al riguardo entro un termine di due mesi, conformemente al procedimento previsto dall'art. 169 del Trattato.

15 Con lettera 16 febbraio 1995 il governo francese informava la Commissione del fatto che la direttiva era stata attuata mediante la circolare 21 gennaio 1993, n. 38, integrata dalla circolare 28 gennaio 1994, n. 24. Peraltro esso segnalava che, da un lato, era in corso una riflessione giuridica in merito all'art. 6, nn. 3 e 4, relativo alla valutazione dei progetti e, dall'altro, si stava procedendo all'esame di un progetto di decreto relativo all'inventario degli habitat.

16 Con missiva 18 aprile 1995, il governo francese trasmetteva alla Commissione il testo della legge 2 febbraio 1995, n. 95-101, relativa al rafforzamento della tutela dell'ambiente (JORF 3 febbraio 1995, pag. 1840), al quale era acclusa una tabella in cui erano indicate le disposizioni della direttiva e quelle della direttiva sulla conservazione degli uccelli alla cui attuazione si provvedeva mediante la detta legge. Il governo francese segnalava inoltre che un decreto avente più in particolare ad oggetto la direttiva era in corso di esame a livello dei dipartimenti ministeriali interessati.

17 Alla luce tanto della tabella relativa alla legge n. 95/101 quanto delle altre indicazioni menzionate nelle varie missive delle autorità francesi, la Commissione perveniva alla conclusione che l'attuazione della direttiva era solo parziale e che provvedimenti ulteriori dovevano essere adottati al fine di garantire un'attuazione integrale di quest'ultima, con particolare riguardo all'art. 6 della medesima.

18 Non essendole pervenute comunicazioni riguardo agli annunciati provvedimenti di attuazione, la Commissione notificava al governo francese, con lettera 21 settembre 1995, un parere motivato con cui lo invitava ad adottare i provvedimenti richiesti per conformarsi ad esso entro un termine di due mesi decorrente dalla sua notificazione.

19 Con missiva 30 ottobre 1995 il governo francese trasmetteva alla Commissione il testo del decreto 5 maggio 1995, n. 96/631, relativo alla conservazione degli habitat naturali e degli habitat di specie selvatiche di interesse comunitario (JORF 7 maggio 1995, pag. 7612). Alla luce di tale risposta delle autorità francesi, la Commissione non riteneva possibile considerare completata l'attuazione della direttiva nell'ordinamento giuridico nazionale. Tuttavia, avendo essa, nel parere motivato del 21 settembre 1995, omesso di menzionare la lettera inviatale il 18 aprile 1995 dalle autorità francesi, la Commissione inviava un parere motivato complementare con lettera 31 ottobre 1997.

20 In tale parere la Commissione rilevava che, per via della mancata attuazione dell'art. 6 della direttiva, in primo luogo, la Repubblica francese privava di una disciplina giuridica adeguata e conforme al diritto comunitario i futuri siti di importanza comunitaria, i quali dovevano fruire di tale regime in conformità dell'art. 4, n. 5, della direttiva a partire dalla loro iscrizione nell'elenco di cui al n. 2, terzo comma, dello stesso articolo. In secondo luogo, la Commissione rilevava che, avendo omesso di dare attuazione all'art. 6, nn. 2, 3 e 4, della direttiva, la Repubblica francese precludeva del pari alle ZPS già classificate a norma della direttiva sulla conservazione degli uccelli la possibilità di avvalersi di una disciplina giuridica adeguata e conforme al diritto comunitario, contrariamente alle prescrizioni dell'art. 7 della direttiva.

21 La Commissione rilevava inoltre come dalle informazioni trasmesse dal governo francese fosse lecito desumere che le autorità francesi intendevano far ricorso a piani di gestione, in conformità dell'art. 6, n. 1, della direttiva. Tuttavia, il detto governo non avrebbe precisato con quali procedure e con quali provvedimenti si sarebbe ottemperato alle prescrizioni dell'art. 6, n. 1, della direttiva. Questa disposizione imporrebbe invero espressamente la messa in vigore, alla data di scadenza impartita alle autorità nazionali per conformarsi alla direttiva, ossia il 5 giugno 1994, di un ambito giuridico per la fissazione delle misure di conservazione necessarie, rispondenti alle prescrizioni ambientali di cui agli allegati I e II della direttiva ed implicanti appropriati piani di gestione e misure regolamentari, amministrative o contrattuali.

22 La Commissione aggiunge che, pur non ignorando l'esistenza nel diritto francese di taluni provvedimenti e talune discipline intesi alla protezione della natura, di cui è venuta a conoscenza segnatamente all'atto della notificazione di ZPS a norma della direttiva sulla conservazione degli uccelli, le autorità francesi non hanno precisato le misure che, a parer loro, fanno riscontro agli obiettivi della direttiva e, in particolare, dell'art. 6, nn. 1 e 2, di quest'ultima.

23 Non avendo ricevuto dalle autorità francesi, in seguito all'invio di questo parere motivato complementare, nessun'altra comunicazione relativa all'adozione dei provvedimenti di attuazione della direttiva, la Commissione decideva di proporre il presente ricorso.

24 Nell'atto introduttivo, la Commissione formula le stesse censure che nel parere motivato complementare.

Censure relative all'attuazione dell'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva

25 Con riguardo all'attuazione dell'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva, la Commissione precisa nell'atto introduttivo che le autorità francesi non le hanno comunicato le misure da esse ritenute rispondenti agli obiettivi delle pertinenti disposizioni della direttiva.

26 Il governo francese richiama, nel controricorso, un elenco di misure esistenti nel diritto francese le quali costituiscono, a suo giudizio, un «arsenale» legislativo, regolamentare e contrattuale idoneo a garantire efficacemente l'attuazione degli obiettivi della direttiva e, in particolare, quelli delle disposizioni prima menzionate.

27 Alla luce di questi argomenti, la Commissione riconosce, nella memoria di replica, che nella normativa francese constano misure intese a consentire l'esecuzione degli obblighi derivanti dalle dette disposizioni. Tuttavia, essa ribadisce come non esistano nel diritto francese norme espresse che obblighino le autorità francesi ad applicare alle ZSC misure di conservazione e di protezione, in conformità dell'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva. La Commissione ritiene infatti che la direttiva postuli quantomeno, per la corretta attuazione del suo art. 6, nn. 1 e 2, l'adozione nell'ordinamento giuridico nazionale francese non soltanto degli strumenti giuridici intesi a garantire la protezione delle ZSC, ma inoltre, e soprattutto per il fatto che questi ultimi non sono stati concepiti per l'attuazione della detta direttiva, l'adozione di una norma espressa avente portata generale, che imponga alle autorità francesi un obbligo di applicare i detti strumenti di protezione nei casi previsti e secondo i criteri definiti da questa direttiva. Siffatta norma nazionale concorrerebbe sia all'attuazione del diritto comunitario sia alla certezza del diritto in capo ai singoli, rafforzando la loro possibilità di far valere l'inosservanza da parte delle competenti autorità dell'obbligo di adottare misure di protezione appropriate.

28 Emerge da quanto sopra che la Commissione, sia nel parere motivato sia nell'atto introduttivo del suo ricorso, addebita in sostanza alla Repubblica francese la mancata creazione di un ambito giuridico per la fissazione delle misure necessarie al fine di garantire la protezione delle ZSC, nel senso che tali misure siano previste e determinate dalla normativa nazionale, a partire dal momento in cui le norme generali per uniformarsi alla direttiva vengano adottate, in conformità dell'art. 23 di quest'ultima.

29 Nella memoria di replica la Commissione ha modificato le proprie censure in modo da sollevare ormai la questione dell'esistenza, nel diritto comunitario, di un obbligo gravante sugli Stati membri in base al quale questi ultimi sarebbero tenuti ad adottare nel proprio ordinamento giuridico nazionale norme espresse in forza delle quali le autorità nazionali competenti siano obbligate ad applicare alle ZSC le misure di conservazione e di protezione previste dall'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva.

30 Orbene, si deve prendere atto che tale modifica va oltre la semplice precisazione delle censure iniziali, per sottoporre alla Corte conclusioni che non erano state presentate né nel corso della fase precontenziosa del procedimento né nell'atto introduttivo di ricorso.

31 Siffatte conclusioni sono irricevibili in quanto sono in contrasto con le prescrizioni dell'art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, ai cui sensi le parti hanno l'obbligo di definire l'oggetto della controversia nell'atto introduttivo. Anche se l'art. 42 dello stesso regolamento consente, a determinate condizioni, di dedurre motivi nuovi, una parte non può modificare in corso di causa l'oggetto stesso della controversia. Ne consegue che il merito del ricorso va esaminato unicamente con riferimento alle conclusioni contenute nell'atto introduttivo (v. sentenza 25 settembre 1979, causa 232/78, Commissione/Francia, Racc. pag. 2729, punto 3).

32 Poiché la Commissione deve considerarsi aver desistito dalle censure relative all'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva, quali inizialmente formulate, occorre conseguentemente dichiarare il ricorso irricevibile su tale punto.

33 Tenuto conto di tale irricevibilità, non è necessario esaminare la questione, oltretutto non dibattuta nel corso del procedimento, se sussista per gli Stati membri un obbligo di attuazione, con particolare riguardo all'art. 6, n. 1, della direttiva, prima dell'adozione da parte della Commissione dell'elenco dei siti d'importanza comunitaria ai sensi dell'art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva.

La censura relativa all'attuazione dell'art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva

34 In primo luogo, con riferimento all'art. 6, n. 3, della direttiva, il governo francese riconosce che l'attuale disciplina normativa francese in materia di previa valutazione dell'impatto ambientale di un piano o progetto di pianificazione non consente alle autorità competenti, in tutti i casi, di negare un'autorizzazione basandosi sulle risultanze negative di una tale valutazione e segnala che, per conformarsi alla direttiva su tale punto, esso sta predisponendo norme integrative della vigente legislazione.

35 Lo stesso governo, invece, richiamandosi in particolare alla legge 10 luglio 1976, n. 76-628, relativa alla protezione della natura (JORF 12 e 13 luglio 1976, pag. 4203), contesta l'esattezza delle affermazioni della Commissione secondo cui tale legislazione non consentirebbe alle competenti autorità nazionali la completa attuazione dell'obbligo sancito dall'art. 6, n. 3, della direttiva di procedere alla previa valutazione dell'impatto di qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative su di esso.

36 Sul punto, è pacifico che nel diritto francese vigono già da tempo norme, più in particolare quelle stabilite dalla legge n. 76-629, che obbligano a procedere a valutazioni d'impatto ambientale, quali quelle previste dalla direttiva; ciò non toglie tuttavia che incomba alle autorità nazionali responsabili dell'attuazione della direttiva di vigilare affinché tali norme garantiscano effettivamente, in modo sufficientemente chiaro e preciso, la piena applicazione della disposizione comunitaria di cui trattasi.

37 Orbene, si deve prendere atto che, per quanto riguarda due dei tre aspetti delle norme nazionali esistenti in relazione alle quali la Commissione sostiene che non consentono di garantire la piena osservanza degli obblighi imposti dalla direttiva, l'attuazione di quest'ultima non è sufficientemente chiara e precisa.

38 Tale rilievo non riguarda la prima censura mossa dalla Commissione. Invero, con riferimento all'affermazione della Commissione secondo cui le norme vigenti in Francia non garantirebbero una valutazione riguardante i «piani» che possono avere incidenze significative sui siti, si deve riconoscere che, come ha rilevato l'avvocato generale ai paragrafi 32-34 delle sue conclusioni, la direttiva non definisce la nozione di «piano» e il diritto francese prescrive una valutazione preventiva dell'impatto sul sito dei lavori e piani di assetto territoriale e urbanistici, in conformità dell'art. 2 della legge n. 76/629. Ne consegue che non può considerarsi dimostrato che le vigenti norme francesi non costituiscano una soddisfacente trasposizione della nozione di «piano» di cui all'art. 6, n. 3, della direttiva.

39 Per quanto riguarda invece l'affermazione non contestata della Commissione, secondo cui le attuali norme francesi, contravvenendo alle disposizioni della direttiva, escludono dalla valutazione dell'incidenza sul sito taluni progetti per via del loro costo o del loro oggetto, è d'uopo constatare che tale esclusioni non possono trovare giustificazione nel potere discrezionale degli Stati membri che, a dire del governo francese, discenderebbe dall'espressione «che possa avere incidenze significative su tale sito». E' sufficiente rilevare, sul punto, che questa disposizione non può in nessun caso autorizzare uno Stato membro ad emanare norme nazionali che portino ad eludere, in maniera generale, l'obbligo di valutazione dell'incidenza sul sito dei piani di assetto territoriale in considerazione vuoi dell'esiguo ammontare delle spese previste vuoi degli specifici settori di attività interessati.

40 Infine, con riguardo all'affermazione della Commissione secondo la quale nessuna disposizione di diritto francese associa l'obbligo di valutazione dell'impatto ambientale «agli obiettivi di conservazione del sito», contrariamente alle prescrizioni dell'art. 6, n. 3, della direttiva, si deve constatare come nessuna delle disposizioni richiamate dal governo francese nelle sue memorie prescriva che nella valutazione sia esaminato l'impatto ambientale dei piani di assetto territoriale alla luce degli obiettivi di conservazione del sito in particolare. Se ne deve pertanto concludere che questi aspetti dell'art. 6, n. 3, non risultano trasposti in maniera sufficientemente chiara e precisa nell'ordinamento francese.

41 Discende da quanto sopra che, per due dei tre profili analizzati ai punti 38-40 della presente sentenza, l'art. 6, n. 3, della direttiva non costituisce oggetto di trasposizione sufficientemente chiara e precisa nell'ordinamento giuridico nazionale francese; conseguentemente, il ricorso proposto dalla Commissione deve considerarsi, al riguardo, fondato.

42 In secondo luogo, per quanto riguarda l'attuazione dell'art. 6, n. 4, della direttiva, la Commissione rimprovera alla Repubblica francese la mancata trasposizione delle condizioni sostanziali enunciate all'art. 6, n. 4, della direttiva, con riguardo alla realizzazione di un piano o progetto nonostante risultanze negative della valutazione dell'impatto sul sito e in mancanza di soluzioni alternative.

43 E' sufficiente constatare, al riguardo, che il governo francese riconosce di non aver adottato le norme necessarie per conformarsi all'art. 6, n. 4, della direttiva.

44 Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che, non avendo adottato entro il termine prescritto tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi all'art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva medesima.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

45 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell'art. 69, n. 3, primo comma, la Corte può decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più punti. La Commissione e la Repubblica francese sono rimaste parzialmente soccombenti e ciascuna delle parti sopporterà quindi le proprie spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Non avendo adottato entro il termine prescritto tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per conformarsi all'art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di questa direttiva.

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

Top