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Document 61998CC0482

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 15 giugno 2000.
Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso d'annullamento - Direttiva del Consiglio 92/83/CEE - Armonizzazione delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande alcoliche - Decisione della Commissione 21 ottobre 1998, 98/617/CE, che nega all'Italia l'autorizzazione a rifiutare l'esenzione dall'accisa per determinati prodotti esenti dall'accisa in virtù della direttiva 92/83 - Prodotti cosmetici.
Causa C-482/98.

Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-10861

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2000:328

61998C0482

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 15 giugno 2000. - Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso d'annullamento - Direttiva del Consiglio 92/83/CEE - Armonizzazione delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande alcoliche - Decisione della Commissione 21 ottobre 1998, 98/617/CE, che nega all'Italia l'autorizzazione a rifiutare l'esenzione dall'accisa per determinati prodotti esenti dall'accisa in virtù della direttiva 92/83 - Prodotti cosmetici. - Causa C-482/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-10861


Conclusioni dell avvocato generale


1. Con il presente ricorso, presentato ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, l'art. 230 CE), la Repubblica italiana chiede alla Corte di giustizia delle Comunità europee l'annullamento della decisione 98/617/CE , con la quale la Commissione le ha negato l'autorizzazione a rifiutare l'esenzione dall'accisa per determinati prodotti alcolici.

I - Normativa comunitaria

A - Normativa in materia di accise

2. La direttiva 92/83/CEE prevede che gli Stati membri applichino un'accisa sull'alcole etilico (art. 19, n. 1), che è determinata per ettolitro di alcole puro a 20 ° C ed è calcolata con riferimento al numero di ettolitri di alcole puro, e ad una aliquota che, in linea di massima, si applica a tutti i prodotti soggetti all'accisa sull'alcole etilico (art. 21).

3. Nondimeno, la direttiva prevede talune eccezioni. In particolare, ai sensi dell'art. 27:

«1. Gli Stati membri esentano i prodotti previsti dalla presente direttiva dall'accisa armonizzata alle condizioni da essi stabilite per assicurare l'applicazione agevole e corretta di tali esenzioni e per prevenire qualsiasi evasione, frode o abuso quando sono:

a) distribuiti sotto forma di alcole completamente denaturato in conformità dei requisiti previsti dagli Stati membri, sempreché tali requisiti siano stati debitamente notificati ed accettati conformemente ai paragrafi 3 e 4 . Questa esenzione è subordinata all'applicazione della direttiva 92/12/CEE ai movimenti commerciali di alcole completamente denaturato;

b) allo stesso tempo denaturati conformemente ai requisiti previsti dagli Stati membri ed impiegati per la fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano;

(...)

5. Se uno Stato membro viene a sapere che un prodotto che è stato esentato ai sensi del paragrafo 1, lettera a) o b) dà luogo ad eventuale evasione, frode o abuso, tale Stato può rifiutare di concedere l'esenzione o revocare lo sgravio già concesso. Lo Stato membro ne informa immediatamente la Commissione. La Commissione trasmette la comunicazione agli altri Stati membri entro un mese dalla ricezione. La decisione finale viene presa secondo la procedura di cui all'articolo 24 della direttiva 92/12/CEE. Gli Stati membri non sono tenuto a dare effetto retroattivo a tale decisione.

(...)».

4. Ai sensi dell'art. 7, n. 4, della direttiva 92/12, alla quale fa riferimento l'art. 27, n. 1, lett. a), della direttiva 92/83, i prodotti soggetti ad accisa, che siano già stati immessi in consumo in uno Stato membro, circolano tra i territori dei diversi Stati membri sotto scorta di un documento di accompagnamento in cui sono menzionati i principali elementi del documento di cui all'art. 18, n. 1, della direttiva .

5. Questa disposizione venne attuata dal regolamento (CEE) n. 3649/92 . Ai sensi dell'art. 5 del regolamento n. 3649/92:

«Il documento d'accompagnamento semplificato è usato altresì per i movimenti commerciali intracomunitari dell'alcool completamente denaturato, secondo le disposizioni dell'articolo 27, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 92/83/CEE del Consiglio».

6. Tale disposizione esclude che i movimenti di alcool completamente denaturato siano sottoposti all'obbligo di utilizzare il documento amministrativo di accompagnamento per la circolazione in regime sospensivo dei prodotti soggetti ad accisa (vale a dire dei prodotti che non hanno ancora assolto l'obbligo di imposta), di cui all'art. 18, n. 1, della direttiva 92/12. Tale documento è definito dal regolamento (CEE) n. 2719/92 .

B - Normativa in materia di cosmetici

7. Lo scopo della direttiva 80/232/CEE , ai sensi del suo art. 5, è quello di impedire agli Stati membri di «rifiutare, vietare o limitare l'immissione sul mercato degli imballaggi preconfezionati conformi alla presente direttiva per motivi attinenti al valore della quantità nominale per gli imballaggi preconfezionati elencati nell'allegato I (...)».

8. L'allegato I stabilisce, per i prodotti di cui all'art. 1 della direttiva, le gamme dei valori delle quantità nominali del contenuto degli imballaggi preconfezionati. Al punto 7 di detto allegato I (Cosmetici: prodotti di bellezza e da toletta) compare un punto 7.4 riguardante i «Prodotti a base di alcole comprendenti meno del 3% in volume di olio di profumo naturale o sintetico e meno del 70% in volume di alcole etilico puro: acque aromatiche, lozioni per capelli, lozioni pre e dopo barba».

9. Occorre, infine, menzionare la direttiva 76/768/CEE . Essa definisce all'art. 1, n. 1, quale «prodotto cosmetico»:

«Per prodotti cosmetici si intendono le sostanze o le preparazioni destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, proteggerli per mantenerli in buono stato, modificarne l'aspetto o correggere gli odori corporei».

II - Fatti all'origine della controversia

A - Il ricorso della Repubblica italiana

10. Nel giugno e luglio 1997 l'Amministrazione finanziaria italiana notificava alla Commissione che, con decreto ministeriale 9 luglio 1996, n. 524 , essa aveva stabilito che in tale paese i prodotti alcolici per poter ottenere l'esenzione dall'accisa di cui all'art. 27, n. 1, lett. b), della direttiva 92/83/CEE dovevano soddisfare talune condizioni.

Tra i detti requisiti era, in particolare, previsto:

- l'obbligo di sottoporre a denaturazione, per la produzione di profumerie e cosmetici, solo alcole puro, e non già alcole di scarto, nonché

- la condizione che in taluni prodotti per la casa il tenore alcolico non superasse i 40 gradi.

Lo scopo di tali condizioni, che si limitavano a riflettere la composizione normale dei prodotti in questione, era quello di evitare che merci preparate in modo anomalo potessero beneficiare indebitamente delle formule di denaturazione e delle procedure di circolazione e di deposito previste per talune categorie merceologiche. In particolare, nel caso dei cosmetici, lo scopo era quello di evitare che alcuni prodotti, commercializzati come profumerie senza averne le caratteristiche, potessero, in realtà, in quanto denaturati in modo leggermente maggiore, sostituire di fatto l'alcool completamente denaturato di cui all'art. 27, n. 1, lett. a), della direttiva 92/83. L'Amministrazione finanziaria italiana indicava che quest'ultimo tipo di alcool offre maggiori garanzie dal punto di vista della prevenzione delle frodi, grazie alla più forte denaturazione, nonché ai più rigidi vincoli di circolazione e deposito.

11. Secondo quanto indicato dal governo italiano nel ricorso, venne sospesa l'applicazione delle condizioni menzionate a seguito dell'apertura di un procedimento di infrazione per omessa preventiva comunicazione di norme tecniche. L'amministrazione italiana, tuttavia, ha insistito nella richiesta di autorizzazione a rifiutare l'esenzione dalle accise per i prodotti che potrebbero dar luogo a evasione, frode o abuso.

12. Nella replica, lo Stato ricorrente chiarisce nel modo seguente la tecnica di denaturazione e i rischi di frode fiscale.

La denaturazione ha lo scopo di rendere l'alcole tossico e quindi non ingeribile e inidoneo ad essere riconvertito per uso alimentare. Le formule di denaturazione esigono, per la produzione di detergenti, l'uso del denaturante approvato dallo Stato. Il denaturante è costituito da un forte veleno stabilizzatore del prodotto che previene la riconversione chimica dell'alcole in alcole potabile.

I profumi, anch'essi esenti da accisa, pongono un problema particolare. Essi possono essere preparati solo impiegando denaturanti profumati, speciali e blandi. Posto che l'alcole impuro è maleodorante e contiene corpi organici di prodotti di distillazione (come aldeidi, chetoni e metanolo, tossici per la salute umana), incompatibili con l'impiego sul viso, la pelle o le mucose, è indispensabile impiegare alcole di buona qualità per fabbricare un profumo.

Pur essendo blandamente denaturato e quindi agevolmente convertibile, l'alcole impiegato nel profumo non verrà riconvertito, in quanto tale operazione risulterebbe molto cara, visto il prezzo dell'alcole puro. Viceversa, la stessa operazione sarebbe molto vantaggiosa se la normativa consentisse l'impiego di alcole di scarto per realizzare un «profumo».

Per questa ragione il governo italiano ritiene che l'obbligo di impiegare alcole puro per la produzione di profumi e di cosmetici costituisce uno strumento di lotta al contrabbando e alla evasione fiscale. Afferma che in Italia si è verificato un caso in cui un prodotto, ottenuto con alcole di scarto blandamente profumato, dopo essere stato dichiarato cosmetico dal fabbricante, venne messo in commercio come prodotto detergente per la casa e, quindi, come succedaneo dell'alcole completamente denaturato, al quale si riferisce l'art. 27, n. 1, lett. a), della direttiva 92/83/CEE, senza essere assoggettato alle norme più severe in materia di denaturazione, circolazione e immagazzinamento previste per quest'ultimo prodotto.

B - La decisione 98/617/CE della Commissione

13. Il 21 ottobre 1998 la Commissione negò all'Italia l'autorizzazione richiesta . L'istituzione considerava:

«(11) Quanto ai motivi avanzati dall'Italia per negare l'esenzione ai cosmetici (profumi) contenenti alcole impuro, l'uso di alcole impuro a buon mercato per produrre prodotti rientranti nell'articolo 27, paragrafo 1, lettera b), non può essere considerato causa di evasione, frode o abuso in particolare in quanto, innanzitutto, l'alcole impuro presenta un rischio minore di uso improprio, inoltre, indipendentemente dal fatto che i cosmetici prodotti con alcole di scarto sono più economici, l'articolo 27, paragrafo l, lettera b) non è assolutamente limitato ai prodotti costosi, e infatti la gamma di prezzi dei vari prodotti che vi rientrano è estremamente ampia. La direttiva non prescrive assolutamente che i prodotti esentati ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 1, lettera b), che non sono destinati al consumo umano, siano derivati da alcole puro.

(12) Inoltre, poiché l'articolo 27, paragrafo 1, lettera b), comprende non solo né principalmente i prodotti cosmetici, ma anche i prodotti utilizzati, fra l'altro, per usi di detersione, l'uso di prodotti, descritti come cosmetici, a scopi di detersione non può incidere sulla loro classificazione nell'articolo 27, paragrafo 1, lettera b), né può essere considerato come un caso di evasione, frode o abuso. Ciò risulta particolarmente chiaro dal fatto che in alcuni Stati membri non è insolito che acque di colonia e prodotti simili siano utilizzati per usi non cosmetici come la detersione. Il fatto che gli alcoli "completamente denaturati" di cui all'articolo 27, paragrafo 1, lettera a), possano essere utilizzati per tali scopi è irrilevante.

(...)

(16) Inoltre l'Italia non ha dimostrato che uno dei prodotti a cui ha negato l'esenzione abbia realmente provocato evasione, frode o abuso. Nessun altro Stato membro - la maggior parte dei quali applica aliquote d'accisa più elevate dell'Italia - ha riferito problemi di evasione, frode o abuso provocati dall'esenzione di detti prodotti».

III - Conclusioni delle parti

14. Il governo italiano conclude che la Corte di giustizia voglia annullare la decisione della Commissione, con rinvio alla Commissione stessa per riesame, e condannare la Commissione alle spese.

15. Dal canto suo, la Commissione conclude che la Corte di giustizia voglia respingere il ricorso della Repubblica italiana e condannare quest'ultima alle spese di giudizio.

IV - Motivi del ricorso

16. La Repubblica italiana fonda il suo ricorso sulla violazione e falsa applicazione dei nn. 1, lett. a) e b), e 5 dell'art. 27 della direttiva 92/83, nonché dell'art. 1 della direttiva 76/768 e dell'allegato I, punto 7.4, della direttiva 80/232. Deduce inoltre un errore nei presupposti, illogicità e carenza di motivazione.

In definitiva, il governo ricorrente considera che la decisione impugnata è illegittima e deve essere annullata, in quanto:

- afferma, in via generale e in contrasto con quanto si evince dall'allegato I, punto 7.4, della direttiva 80/232, che i prodotti cosmetici possono essere ottenuti utilizzando alcole diverso da quello puro;

- ammette, in contrasto con l'art. l, n. 1, della direttiva 76/768, modificata dalla direttiva 93/35, che i prodotti cosmetici possono essere utilizzati per usi diversi dall'applicazione sul corpo umano e che, conseguentemente, possono esser appositamente approntati per destinarli a tali diversi usi;

- non distinguendo fra i concetti di evasione, frode o abuso, di cui ai nn. 1 e 5 dell'art. 27 della direttiva 92/83, ma equiparandoli tutti all'evasione, la Commissione non considera abuso il tentativo di usufruire, indebitamente, di un regime di controllo fiscale più favorevole; e

- abolendo qualsiasi limite che si riferisca al tenore alcolico e consentendo in tal modo di preparare prodotti sostanzialmente simili, per costituzione e per possibilità d'impiego, all'alcole completamente denaturato, da sottoporre ad un regime più favorevole, la Commissione crea fra prodotti che presentano lo stesso rischio di evasione, una discriminazione di natura fiscale, che si riflette anche sul mercato e, quindi, sulla concorrenzialità dei prodotti medesimi.

V - Analisi giuridica

A - Prodotti soggetti all'accisa sull'alcole etilico

17. Secondo la Commissione, dagli artt. 20, 25 e 27 della direttiva 92/83 risulta che gli unici prodotti assoggettati all'accisa sull'alcole etilico sono le bevande alcoliche. Poiché gli altri alcoli etilici restano obbligatoriamente esenti dall'imposta, sarebbe illogico negare l'esenzione ad un alcole etilico non contenuto in una bevanda alcolica per il solo fatto che esso, impropriamente, sia stato classificato come alcole esente ai sensi dell'art. 21, n. 1, lett. b), invece che alcole esente ai sensi della lett. a) della stessa disposizione.

18. E' vero che, nella prima fase delle lunghe trattative che precedettero l'adozione della direttiva 92/12 , la Commissione sostenne la tesi che le accise avrebbero colpito solo gli alcoli destinati al consumo umano . Non pare, tuttavia, che il Consiglio abbia fatto sua tale proposta.

19. Infatti, dopo aver stabilito nel suo art. 19, n. 1, che «Gli Stati membri applicano un'accisa sull'alcole etilico conformemente alla presente direttiva», la direttiva 92/83, all'art. 20, prevede quanto segue:

«Ai fini dell'applicazione della presente direttiva, si intendono per "alcole etilico":

- tutti i prodotti che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2% vol e che rientrano nei codici NC 2207 e 2208, anche quando essi sono parte di un prodotto di un altro capitolo della nomenclatura combinata;

- i prodotti che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore a 22% vol e che rientrano nei codici NC 2204, 2205 e 2206;

- le bevande spiritose contenenti prodotti solidi o in soluzione».

20. Ai sensi dell'art. 26 della direttiva 92/83 i codici della nomenclatura combinata menzionati sono i codici della versione della nomenclatura combinata in vigore il giorno dell'adozione della direttiva . Ora, anche se è vero che quasi tutti i prodotti ai quali si riferiscono i codici menzionati nell'art. 20 sono bevande alcoliche, resta pur sempre il fatto che il codice NC 2207 comprende anche «alcole etilico e acquaviti, denaturati, di qualsiasi titolo», che non possono, in nessun caso, qualificarsi come bevande alcoliche.

21. La direttiva 92/83 stabilisce quindi il principio dell'assoggettamento all'accisa degli alcoli etilici non destinati al consumo umano, pur ammettendo che questi possano essere esentati qualora soddisfino i requisiti previsti dal suo art. 27.

22. Non credo che l'art. 25 della direttiva 92/83, citato dalla Commissione, ammetta una diversa conclusione. Ai sensi di questa disposizione «Gli Stati membri possono rimborsare l'accisa sulle bevande alcoliche ritirate dal mercato quando il loro stato o età le rendono non idonee al consumo umano». A mio avviso, dal fatto che tale articolo si riferisca unicamente alle bevande alcoliche non si può dedurre che l'accisa sia prelevata solo sui prodotti destinati al consumo umano. Come ho segnalato l'ambito di applicazione di tale accisa è definito nell'art. 20, mentre l'art. 25 costituisce soltanto una disposizione particolare applicabile ad un determinato tipo di prodotti assoggettati ad accisa.

23. Nella controreplica la Commissione afferma che, in ogni caso, in considerazione della vasta scelta di metodi di denaturazione di cui dispongono gli operatori economici (metodi approvati dal diritto comunitario e metodi nazionali ai quali si applica il principio del mutuo riconoscimento tra Stati membri), è inconcepibile, salvo nei casi di immissione clandestina sul mercato, che un operatore non si avvalga di uno di essi. Essa considera che, prima di immettere in commercio un alcole denaturato, un fabbricante o un distributore non solo onesto, ma ragionevole, si assicurerà innanzi tutto del fatto che tale alcole soddisfi i requisiti di denaturazione comunitari o nazionali prescritti per ottenere l'esenzione, per l'evidente ragione che un alcole denaturato gravato dall'elevato onere fiscale dell'accisa prevista per l'alcole etilico avrebbe un prezzo troppo elevato e risulterebbe invendibile.

24. Neppure quest'argomento mi appare convincente. La grande varietà di metodi di denaturazione che, secondo la Commissione, sono accettati nell'ambito comunitario o nazionale comporta soltanto che risulterà agevole per gli operatori economici ottenere l'esenzione. Nondimeno, è certo che l'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83 subordina l'ottenimento dell'esenzione all'impiego di uno dei metodi di denaturazione approvati da una norma comunitaria [lett. a)] o da una norma nazionale [lett. b)]. Qualora, per qualsiasi ragione, il metodo di denaturazione impiegato non corrisponda a nessuna di tali categorie, l'alcole che ne risulti non potrà fruire dell'esenzione prevista dalle due disposizioni di cui trattasi, indipendentemente dalla qualificazione che possa darsi dell'operatore che agisca in tal modo.

25. Considero pertanto che la Commissione abbia torto nell'affermare che, in ogni caso, gli alcoli etilici denaturati sono esenti dall'accisa e che è ininfluente, dal punto di vista fiscale, che un alcole sia inquadrato nella lett. a) o nella lett. b) del n. 1 dell'art. 27 della direttiva 92/83. Come ho mostrato, non è esatto che tali alcoli siano sempre esenti da accisa, quanto piuttosto che per esserlo dovranno soddisfare i requisiti previsti dalla suddetta disposizione.

B - Le affermazioni relative all'asserita violazione della direttiva 80/232 e delle direttive 76/768 e 93/35

26. Il governo italiano afferma che i diversi regimi previsti nelle lett. a) e b) dell'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83 conservano uno stretto legame con i diversi tipi di prodotti, in quanto le formule di denaturazione sono state studiate tenendo conto della specifica destinazione di ciascuno di essi. E' pertanto necessario che ogni prodotto riceva un'esatta classificazione, secondo la sua composizione e il suo impiego, onde evitare che possa abusivamente beneficiare di un regime più favorevole di quello che gli compete, provocando non solo un rischio per l'erario, ma anche una distorsione della concorrenza a danno degli operatori onesti.

Sostiene che, negandogli l'autorizzazione a rifiutare l'esenzione prevista nella lett. b) della disposizione menzionata a prodotti presentati come «profumi», ma fabbricati con alcole di scarto, la Commissione non ha preso in considerazione la circostanza che la direttiva 80/232 impone l'impiego di alcole puro, per lo meno per la fabbricazione di determinate categorie di cosmetici.

Il governo ricorrente sostiene, del pari, che la Commissione, reputando irrilevante, da un punto di vista fiscale, il fatto che i prodotti «cosmetici» possano essere impiegati per la pulizia della casa, ignora le disposizioni delle direttive 76/768 e 93/35.

27. Dalla formulazione delle lett. a) e b) dell'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83 non si può, a mio avviso, desumere che determinati tipi di prodotti, quali i detergenti, debbano essere necessariamente fatti rientrare nella lett. a), come sembra ipotizzare lo Stato ricorrente. Ritengo, al contrario, al pari della Commissione, che determinante per la concessione o il diniego dell'esenzione sia il metodo di denaturazione. Se quest'ultimo corrisponde ad uno dei metodi approvati in ambito comunitario, l'alcole sarà esentato da accisa ai sensi della lett. a). Se invece l'alcole contenuto in un prodotto non destinato al consumo umano è stato denaturato secondo un metodo approvato da uno Stato membro, si deve applicare l'esenzione prevista dalla lett. b). Infine, qualora il metodo di denaturazione non corrisponda ad uno di quelli omologati dalla normativa comunitaria né dagli ordinamenti giuridici nazionali, il prodotto non ha diritto all'esenzione.

28. Sarebbe quindi contrario alla direttiva 92/83 negare l'esenzione ad un prodotto che soddisfi i requisiti di cui all'art. 27, n. 1, lett. b), per il solo fatto di constatare che la sua reale destinazione non corrisponde alla denominazione datagli dall'operatore. Come giustamente afferma la Commissione, dal legislatore comunitario non sono stati considerati criteri per l'applicazione dell'esenzione né l'impiego di alcole puro, né il tenore massimo di alcole.

29. Per la stessa ragione, non può neppure servire da giustificazione il fatto che le condizioni prescritte rispecchino la composizione normale dei prodotti. Pur se è vero che, per quanto riguarda i cosmetici, la direttiva 80/232, nel punto 7.4 del suo allegato I, si riferisce solo all'alcole puro, un prodotto presentato come cosmetico che contenga alcole di scarto non può né deve essere sanzionato con la perdita dell'esenzione, purché riunisca i requisiti prescritti dall'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83. Viceversa, gli Stati membri potranno, conformemente alle direttive comunitarie, vietarne la commercializzazione e, eventualmente, infliggere le sanzioni pecuniarie o addirittura penali previste dai propri ordinamenti interni. Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'altra condizione stabilita dal governo italiano riguardante il tenore massimo d'alcole dei prodotti per la pulizia della casa.

30. Ritengo, di conseguenza, che debba essere respinto l'argomento relativo ad una presunta violazione della direttiva 80/232 sui prodotti cosmetici. La Commissione nella decisione impugnata non afferma che tali prodotti possano essere ottenuti con alcole impuro. Quel che essa sostiene, a mio avviso correttamente, è che l'uso di questo tipo di alcole in prodotti che siano presentati come cosmetici non osta all'applicazione dell'esenzione, nel caso in cui l'alcole utilizzato sia stato denaturato secondo uno dei metodi menzionati nell'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83.

31. Deve subire analoga sorte l'argomento relativo alla presunta violazione della direttiva 76/768, modificata dalla direttiva 93/35. E' vero che tale direttiva stabilisce che possono essere qualificati come «prodotti cosmetici» solo le sostanze o le preparazioni destinate ad essere applicate direttamente sul corpo umano (art. 1, n. 1) e che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti cosmetici non siano attribuite a tali prodotti caratteristiche che essi non possiedono (art. 6, n. 3). Pertanto un prodotto per la pulizia della casa, quale un detergente, non può apparire sotto la denominazione di «prodotto cosmetico».

Ora, come ho già detto, il fatto che un prodotto per la pulizia della casa non possa presentarsi con la denominazione di prodotto cosmetico non implica che l'alcole denaturato con il quale è fabbricato debba perdere il beneficio dell'esenzione dalle accise prevista dalla direttiva 92/83 qualora soddisfi i requisiti previsti dall'art. 27, n. 1, lett. a) o lett. b). Anche in questo caso ciò che possono - e devono - fare gli Stati membri consiste nel vietarne la messa in commercio quali prodotti cosmetici e, se necessario, infliggere ai responsabili sanzioni pecuniarie, o addirittura penali, secondo la normativa vigente in ciascuno Stato.

C - L'argomento basato sull'errata interpretazione del concetto di «abuso»

32. La Repubblica italiana sottolinea che, in ogni caso, i nn. 1 e 5 dell'art. 27 consentono agli Stati membri di stabilire condizioni per evitare ogni tipo di evasione, frode o abuso nell'applicazione delle esenzioni. A suo parere, qualora i prodotti denaturati ai sensi della lett. b) e, come tali, non conformi ai requisiti previsti dalla lett. a) siano utilizzati, in pratica, quali succedanei dei prodotti compresi nella lett. a), per fruire di un regime fiscale più favorevole, viene commesso un abuso contro il quale deve riconoscersi agli Stati membri il diritto di reagire. Per tale ragione, considera la decisione impugnata invalida, in quanto assimila i concetti di evasione, frode o abuso e non riconosce che tale tentativo di avvalersi di un regime di controllo fiscale più favorevole sia abusivo.

33. Riguardo a tale argomento la Commissione fa notare, in primo luogo, che ai sensi dell'art. 27 della direttiva 92/83, perché l'evasione, la frode o l'abuso possa giustificare la decisione di non concedere o di revocare l'esenzione è necessario che sia dimostrata l'effettiva esistenza di tale comportamento illecito. Essa afferma, come ha indicato nel paragrafo 16 dell'esposizione dei motivi della decisione impugnata, che l'Italia non ha dimostrato, nella fattispecie, che uno dei prodotti a cui ha negato l'esenzione abbia provocato evasione, frode o abuso.

34. Il governo ricorrente precisa al riguardo che nella versione italiana l'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83 si riferisce all'esigenza di «prevenire» qualsiasi frode, evasione o abuso e il n. 5, nonché il ventiduesimo considerando della direttiva, a «eventuale» evasione, frode o abuso, dal che si desume che non è necessario che la frode, l'evasione o l'abuso si siano prodotti, essendo sufficiente che tali rischi possano verificarsi.

35. La Commissione obietta che, secondo costante giurisprudenza della Corte di giustizia, «data la necessità che i regolamenti comunitari vengano interpretati in modo uniforme, in caso di dubbio il testo di una disposizione non può essere considerato isolatamente, ma deve venire interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali» . In tal senso, l'istituzione convenuta sottolinea che l'aggettivo «eventuale» che compare nella versione italiana dell'art. 27, n. 5, non trova un corrispondente nelle altre versioni linguistiche. Aggiunge che vi è un'evidente contraddizione tra tale aggettivo e il verbo da cui è preceduto, che compare coniugato all'indicativo («dà luogo») e non è preceduto, come sarebbe logico, dal verbo «potere» al condizionale («potrebbe dar luogo»). Le altre versioni linguistiche confermano che la frase è all'indicativo. Per tali ragioni, la Commissione reputa che il governo italiano non possa basarsi sull'aggettivo «eventuale» presente nella versione italiana dell'art. 27, n. 5, per sostenere che la mera possibilità che si produca un'evasione, una frode o un abuso è sufficiente a consentire ad uno Stato membro di prescrivere le condizioni in base alle quali un prodotto benefici dell'esenzione.

36. L'interpretazione dell'art. 27, n. 5, non risulta agevolata dalla lettura delle diverse versioni linguistiche. Alcune inducono a pensare, come sostiene la Commissione, che è necessario che l'evasione, la frode o l'abuso si siano prodotti, perché lo Stato membro possa stabilire condizioni per l'applicazione dell'esenzione . Altre, invece, sembrano suggerire che la mera possibilità che si verifichino tali ipotesi è sufficiente per l'azione degli Stati membri .

37. All'udienza, la Commissione ha sostenuto che i nn. 1 e 5 dell'art. 27 disciplinano due diverse situazioni. Mentre il n. 1 consente agli Stati membri di stabilire condizioni generali per garantire, preventivamente, la corretta applicazione dell'esenzione, il n. 5 si riferisce alla revoca, a posteriori, di un'esenzione in caso di evasione, frode o abuso.

38. Questa distinzione mi pare artificiosa. Innanzi tutto, il n. 5 non si riferisce unicamente alla revoca, ma anche al diniego di esenzione. Soprattutto, poi, sarebbe illogico che la direttiva consentisse agli Stati membri di prevedere condizioni generali, ai sensi del n. 1, senza altro controllo se non un possibile ricorso per inadempimento e che, al contrario, imponesse loro di utilizzare la procedura dettata dal n. 5 soltanto per negare o revocare l'esenzione in un caso determinato. Inoltre, qualora tale n. 5 si riferisse soltanto ad ipotesi concrete o verificatesi di evasione, frode o abuso, non avrebbe senso la sua ultima frase, in cui si dice che gli Stati membri non sono tenuti a dare effetto retroattivo alla decisione della Commissione, adottata dopo aver ricevuto il parere del Comitato delle accise.

39. A mio giudizio, la finalità dell'art. 27, nn. 1 e 5, è quella di consentire agli Stati membri di adottare misure dirette ad evitare frodi, evasioni o abusi, indipendentemente dal fatto se sia stata dimostrata o meno l'esistenza di pratiche fraudolente . Per essere valide tali misure non devono limitare indebitamente l'applicazione dell'esenzione prevista dalla direttiva, questione da risolvere mediante il procedimento di cui al punto 5. Qualora, sulla base del parere del Comitato delle accise, la Commissione verifichi che tali misure rispettano la sfera di applicazione dell'esenzione, provvederà ad approvarle. In caso contrario, potrà negare l'autorizzazione.

40. Poco importa, pertanto, sapere se le misure per le quali la Repubblica italiana aveva chiesto l'autorizzazione ai sensi del n. 5 rispondevano alla necessità di controllare pratiche fraudolente comprovate, o se intendevano solo evitare che queste si producessero. Dal momento che il procedimento previsto era stato rispettato, la Commissione doveva verificare non se si stavano già verificando tali pratiche, quanto piuttosto se le misure menzionate limitavano indebitamente e ingiustificatamente il campo di applicazione dell'esenzione prevista dalla normativa comunitaria. Dalla decisione impugnata risulta con chiarezza che la Commissione ha considerato che le misure previste limitavano in maniera sproporzionata l'ambito di applicazione dell'esenzione. Questa valutazione è oggetto dell'esame nella presente controversia.

41. Le parti differiscono, inoltre, riguardo all'interpretazione da attribuire alla nozione di «abuso», agli effetti dell'applicazione dei nn. 1 e 5 dell'art. 27.

42. La Repubblica italiana sostiene che non può darsi alla nozione di «abuso» l'interpretazione restrittiva proposta dalla Commissione, equivalente a quella di evasione, ma che piuttosto essa vada intesa nella sua comune accezione come qualsiasi comportamento illecito, diverso dall'evasione o dalla frode.

43. La Commissione ribatte che le tre nozioni menzionate sono caratterizzate dal conseguire un identico risultato, quello di sottrarre indebitamente all'obbligo impositivo un prodotto soggetto ad accisa. Essa sostiene che l'unica distinzione ammessa dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si riferisce alla nozione di frode e a quella di evasione. Così, nella sentenza Direct Cosmetics II , la Corte ha precisato, riguardo a questi due termini dell'art. 27 della sesta direttiva IVA , che:

«Questa distinzione trova conferma nella genesi di detta disposizione: mentre la seconda direttiva IVA (...) si riferiva unicamente alla nozione di frode, la sesta direttiva menziona del pari la nozione di evasione fiscale. Ciò significa che il legislatore ha voluto introdurre un aspetto nuovo rispetto alla preesistente nozione di frode fiscale. Questo aspetto consiste nella natura obiettiva inerente alla nozione di "evasione" fiscale, poiché l'intenzione del contribuente, che costituisce un aspetto essenziale della nozione di frode, non è necessaria come presupposto per l'esistenza di una evasione».

Secondo la Commissione, se avesse voluto inserire nella nozione di abuso il comportamento di un operatore consistente nel beneficiare indebitamente di un regime di controllo e di circolazione più favorevole, il legislatore comunitario avrebbe dovuto prevedere espressamente tale illecito, separando i concetti di abuso dai concetti paralleli di frode ed evasione fiscale. Mancando nell'art. 27, n. 5, qualsiasi distinzione, la Commissione giunge alla conclusione che per «abuso» si debba intendere un comportamento formalmente lecito, messo in atto intenzionalmente dal contribuente, all'unico scopo di evitare il versamento dell'accisa.

44. Indipendentemente dall'interpretazione del termine «abuso», del quale il diritto comunitario non fornisce nessuna definizione, sono d'accordo con la Commissione riguardo al fatto che l'ipotesi alla quale si riferisce il governo italiano non può essere qualificata come tale ai sensi dell'art. 27, n. 1, della direttiva 92/83.

45. Il governo ricorrente, a mio modo di vedere, parte da una premessa errata. Come ho già indicato, non è esatto che i prodotti per la casa possano ottenere l'esenzione solo in applicazione della lettera a) della predetta disposizione, e neppure che la lett. b) si riferisca ai prodotti cosmetici in maniera esclusiva o principale. Al contrario, l'esenzione è concessa in funzione del metodo di denaturazione impiegato nella loro fabbricazione. Pertanto, non si può sostenere che il fatto che un prodotto, che soddisfa i requisiti di denaturazione previsti dalla lett. b) e che sia stato presentato come cosmetico, venga utilizzato come succedaneo di un prodotto di pulizia per la casa costituisca un tentativo di beneficiare di un regime fiscale più favorevole, né, pertanto, un «abuso» che giustifichi il diniego o la revoca dell'esenzione.

46. Ad abundantiam, è opportuno ricordare, come ha fatto la Commissione, la giurisprudenza della Corte riguardo all'art. 13, parte B, lett. h), della sesta direttiva del Consiglio, formulato in termini analoghi a quelli dell'art. 27 della direttiva 92/83. Nella sentenza Gemeente Emmen , la Corte ha dichiarato:

«(...) se, ai sensi della parte iniziale dell'art. 13, punto B, della sesta direttiva, gli Stati membri fissano le condizioni delle esenzioni al fine di assicurarne la corretta e semplice applicazione e di prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, tali condizioni non possono riguardare la definizione del contenuto delle esenzioni stabilite (...)».

47. Tale giurisprudenza è stata di recente confermata nell'ambito delle accise. Nella sentenza Braathens , relativa all'interpretazione dell'art. 8, n. 1, della direttiva 92/81/CEE , la Corte ha statuito:

«(...) Dall'altro, il margine di discrezionalità riservato agli Stati membri dalla formula introduttiva del detto art. 8, n. 1, secondo la quale le esenzioni sono concesse dagli Stati membri "alle condizioni da essi stabilite, allo scopo di garantire un'agevole e corretta applicazione di tali esenzioni ed evitare frodi, evasioni o abusi", non può mettere in discussione il carattere incondizionato dell'obbligo di esenzione previsto da tale disposizione (...)».

48. A mio parere, subordinando la concessione dell'esenzione al soddisfacimento di talune prescrizioni relative al tipo di alcole utilizzato nella produzione di cosmetici e al tenore massimo di alcole dei prodotti per la casa, il governo italiano stabiliva requisiti non previsti dalla normativa comunitaria, che non possono essere giustificati ricordando la facoltà, in capo agli Stati membri, di adottare misure dirette ad evitare eventuali abusi.

49. Per tali ragioni, considero che la Commissione non è incorsa in alcun errore nel respingere la tesi sostenuta dal governo italiano e che, di conseguenza, anche questo argomento debba essere respinto.

D - L'argomento basato su una discriminazione fiscale tra prodotti

50. Per quanto riguarda questo argomento, lo Stato ricorrente si limita ad affermare che, consentendo che i prodotti di cui trattasi si avvalgano abusivamente di un regime di controllo fiscale più favorevole di quello ad essi corrispondente, la Commissione crea una distorsione della concorrenza a danno degli operatori onesti.

51. I requisiti prescritti per ottenere l'esenzione a norma dell'art. 27, n. 1, lett. a) e b) della detta direttiva, nonché il regime di controllo fiscale applicabile, si fondano su un criterio oggettivo: il metodo di denaturazione di ciascun prodotto e, in particolare, la formula di denaturazione utilizzata. Nella decisione impugnata la Commissione non ha fatto altro che imporre la concreta applicazione di tale norma, cosicché non può affermarsi che abbia consentito che si produca un'utilizzazione abusiva dei regimi fiscali previsti. Di conseguenza, questo argomento deve essere respinto.

E - Gli argomenti relativi agli altri requisiti che devono presentare gli alcoli denaturati per poter beneficiare dell'esenzione

52. Mi pare opportuno, infine, esporre brevemente due questioni che sono state dibattute dalle parti nelle loro memorie presentate alla Corte, riferentisi entrambe agli altri requisiti che devono presentare gli alcoli denaturati per poter fruire dell'esenzione ai sensi dell'art. 27, n. 1, lett. a) e b), e che, a mio avviso, devono restare escluse dal presente procedimento.

53. La prima questione dibattuta riguarda i requisiti di forma, in concreto, la necessità che i prodotti alcolici circolino provvisti di un documento di accompagnamento.

Secondo il governo ricorrente, gli alcoli totalmente denaturati, ai quali si riferisce la lett. a), devono circolare provvisti di documento di accompagnamento semplificato di cui all'art. 5 del regolamento n. 3649/92, e gli alcoli denaturati mediante un metodo approvato da uno Stato membro, di cui alla lett. b), devono circolare provvisti del documento di accompagnamento previsto dal regolamento n. 2719/92 per i prodotti che circolano in regime sospensivo. A suo parere, l'assenza di tali documenti comporta la perdita del diritto all'esenzione.

La Commissione, per contro, ritiene che l'unico requisito dal quale dipende se un alcole denaturato possa fruire dell'esenzione è la circostanza che la denaturazione sia stata realizzata mediante un metodo approvato in ambito comunitario [lett. a)] o nello Stato membro di provenienza [lett. b)]. Riguardo ai primi, benché sia sicuro che essi devono circolare provvisti di un documento di accompagnamento semplificato, la mancanza di tale documento può unicamente dar luogo ad una sanzione amministrativa, ma in nessun caso alla perdita del diritto all'esenzione, che sarebbe una conseguenza sproporzionata, non prevista nella normativa comunitaria. Quanto ai secondi, la Commissione considera che possono circolare liberamente tra gli Stati membri, senza alcun requisito formale.

54. Ritengo, al pari della Commissione, che tale questione esuli dalla controversia in esame. Quel che è certo è che la Repubblica italiana non ha richiesto l'autorizzazione per rifiutare l'esenzione dei prodotti soggetti ad accise che circolino sprovvisti del documento di accompagnamento . Il Comitato delle Accise, pertanto, non ha esaminato tale questione, che compare solo incidentalmente nel punto 13, (i), della decisione impugnata, in riferimento al caso concreto di «abuso» che era stato menzionato dal governo italiano. Alla luce di tali premesse, considero che la Corte di giustizia non debba pronunciarsi al riguardo nell'ambito di questo ricorso di annullamento .

55. Neppure mi pare opportuno che la Corte statuisca sull'altro punto dibattuto dalle parti, vale a dire la questione se l'esenzione di cui alla lett. b) si applichi solo all'alcole denaturato in conformità delle disposizioni di uno Stato membro che sia già stato utilizzato per fabbricare un prodotto non destinato al consumo umano.

Il governo italiano sottolinea che la lett. b) si riferisce all'alcole denaturato già utilizzato per fabbricare qualsiasi prodotto non destinato al consumo umano. Se non sia stato ancora utilizzato, l'alcole così denaturato non può fruire dell'esenzione di cui alla lett. b) e deve essere considerato un prodotto sottoposto al regime sospensivo.

La Commissione, dal canto suo, osserva che la direttiva 92/83 utilizza il termine «prodotti» in maniera poco rigorosa, in quanto talvolta tale termine indica i prodotti terminati pronti al consumo (come nel terzo considerando o nell'art. 20, secondo trattino), mentre altre volte esso allude a materie prime destinate alla fabbricazione di prodotti finiti [come nell'art. 27, n. 2, lett. d) e e)], compresi gli alcoli denaturati di cui all'art. 27, n. 1, lett. b). L'esenzione di cui alla lett. b) deve pertanto potersi applicare al «prodotto» alcole denaturato impiegato per la fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano. Spetta alle amministrazioni tributarie nazionali verificare che tale prodotto sia destinato, effettivamente, ad un uso diverso dal consumo umano.

56. Per quanto mi riguarda, ritengo, come ho già esposto e secondo quanto ha indicato la Commissione, che tale questione esuli dall'oggetto della presente controversia, in quanto né nella domanda iniziale del governo italiano, né nella decisione impugnata si fa riferimento a tale punto. E' mia opinione, pertanto, che la Corte di giustizia non debba pronunciarsi in proposito.

VI - Conclusione

57. Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di giustizia di respingere il ricorso proposto dalla Repubblica italiana contro la decisione della Commissione 98/617/CE e di condannare lo Stato ricorrente alle spese.

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