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Document 61997CJ0114
Judgment of the Court (Fifth Chamber) of 29 October 1998. # Commission of the European Communities v Kingdom of Spain. # Failure by a Member State to fulfil its obligations - Freedom of movement for workers - Freedom of establishment - Freedom to provide services - Private security activities - Nationality conditions. # Case C-114/97.
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 29 ottobre 1998.
Commissione delle Comunità europee contro Regno di Spagna.
Inadempimento di uno Stato - Libera circolazione dei lavoratori - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Servizi privati di sorveglianza - Requisiti di cittadinanza.
Causa C-114/97.
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 29 ottobre 1998.
Commissione delle Comunità europee contro Regno di Spagna.
Inadempimento di uno Stato - Libera circolazione dei lavoratori - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Servizi privati di sorveglianza - Requisiti di cittadinanza.
Causa C-114/97.
Raccolta della Giurisprudenza 1998 I-06717
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1998:519
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 29 ottobre 1998. - Commissione delle Comunità europee contro Regno di Spagna. - Inadempimento di uno Stato - Libera circolazione dei lavoratori - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Servizi privati di sorveglianza - Requisiti di cittadinanza. - Causa C-114/97.
raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-06717
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Deroghe - Attività che costituiscono partecipazione all'esercizio di pubblici poteri - Servizi delle imprese private di sorveglianza e del relativo personale - Esclusione
(Trattato CE, artt. 55, primo comma, e 66)
2 Libera circolazione delle persone - Deroghe - Tutela dell'ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica - Esclusione generale dei servizi privati di sorveglianza - Inammissibilità
(Trattato CE, artt. 48, n. 3, 52 e 56)
3 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Restrizioni - Amministratori e direttori d'imprese di sorveglianza soggetti a un requisito di residenza - Inammissibilità - Giustificazione per ragioni di pubblica sicurezza - Insussistenza
(Trattato CE, artt. 56, n. 1, e 66)
1 Dato che pone una deroga alla regola fondamentale della libertà di stabilimento, l'eccezione di cui all'art. 55, primo comma, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato, è soggetta a un'interpretazione che limiti la sua portata a quanto è strettamente necessario per tutelare gli interessi che la stessa norma permette agli Stati membri di proteggere. Pertanto, la deroga che essa comporta va limitata alle attività che, considerate di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all'esercizio di pubblici poteri.
Non rientra in tale ipotesi l'attività delle imprese e del personale di sorveglianza che ha lo scopo di provvedere a compiti di sorveglianza e protezione in base a rapporti giuridici di diritto privato, il cui esercizio non implica che essi siano investiti di poteri coercitivi. Infatti, il mero contributo al mantenimento della pubblica sicurezza, che chiunque può essere chiamato a offrire, non costituisce esercizio di pubblici poteri.
2 Per il fatto di escludere la prestazione dei servizi privati di sorveglianza da parte di persone o imprese in possesso della cittadinanza di un altro Stato membro, uno Stato membro viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 48 e 52 del Trattato. Una simile esclusione generale dall'accesso a determinate attività professionali non può essere giustificata per i motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica di cui agli artt. 48, n. 3, e 56 del Trattato. Infatti, il potere degli Stati membri di limitare la libera circolazione delle persone per i detti motivi non ha lo scopo di porre alcuni settori economici, come quello della vigilanza privata, al riparo dall'applicazione del principio della libera circolazione, dal punto di vista dell'accesso al lavoro, bensì mira a consentire agli Stati di negare l'accesso o il soggiorno sul loro territorio a persone il cui accesso o soggiorno sui detti territori costituirebbe, come tale, un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica.
3 Costituisce un ostacolo alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi una norma di diritto nazionale secondo la quale gli amministratori e i direttori di qualsiasi impresa di sorveglianza devono risiedere nel territorio dello Stato membro in cui esse hanno sede. Questo requisito di residenza non è necessario per garantire la pubblica sicurezza nel detto Stato membro e non rientra pertanto nella deroga di cui all'art. 56, n. 1, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato. Infatti, il ricorso a questa giustificazione presuppone l'esistenza di una minaccia effettiva e abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività. Ebbene, si possono effettuare controlli efficaci sulle attività svolte dalle imprese private di sorveglianza e si possono infliggere sanzioni a carico di qualsiasi impresa stabilita in un altro Stato membro, a prescindere dal luogo di residenza dei suoi dirigenti. Inoltre, il pagamento di un'eventuale sanzione può essere garantito mediante la previa prestazione di una cauzione.
Nella causa C-114/97,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Antonio Caeiro, consigliere giuridico, e Fernando Castillo de la Torre, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del medesimo servizio, Centre Wagner, Kirchberg,
ricorrente,
contro
Regno di Spagna, rappresentato dal signor Santiago Ortiz Vaamonde, abogado del Estado, del servizio giuridico dello Stato, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata di Spagna, 4-6, boulevard Emmanuel Servais,
convenuto,
"avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che il Regno di Spagna, avendo mantenuto in vigore gli artt. 7, 8 e 10 della legge 30 luglio 1992, n. 23/1992, per la parte in cui subordinano il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dei servizi privati di sorveglianza, nel caso delle «imprese di sorveglianza», alla condizione che esse possiedano la cittadinanza spagnola e che i loro amministratori e direttori siano residenti in Spagna e, nel caso del «personale di sorveglianza», che esso possieda la cittadinanza spagnola, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE, e in particolare degli artt. 48, 52 e 59 del medesimo,
LA CORTE
(Quinta Sezione),
composta dai signori P. Jann (relatore), presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, L. Sevón e M. Wathelet, giudici,
avvocato generale: S. Alber
cancelliere: R. Grass
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 7 maggio 1998,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 19 marzo 1997 la Commissione delle Comunità europee ha proposto, in forza dell'art. 169 del Trattato CE, un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno di Spagna, avendo mantenuto in vigore gli artt. 7, 8 e 10 della legge 30 luglio 1992, n. 23/1992, per la parte in cui subordinano il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dei servizi privati di sorveglianza, nel caso delle imprese di sorveglianza, alla condizione che esse possiedano la cittadinanza spagnola e che i loro amministratori e direttori siano residenti in Spagna e, nel caso del personale di sorveglianza, che esso possieda la cittadinanza spagnola, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE, e in particolare degli artt. 48, 52 e 59 del medesimo.
Ambito giuridico
2 In Spagna, il servizio privato di sorveglianza è disciplinato dalla legge 30 luglio 1992, n. 23/1992, in materia di sorveglianza privata (in prosieguo: la «legge») e dal regio decreto 9 dicembre 1994, n. 2364/1994, recante approvazione del regolamento in materia di sorveglianza privata.
3 Conformemente all'art. 5, n. 1, della legge, le imprese di sorveglianza possono fornire solo i servizi seguenti:
- vigilanza e protezione di beni, impianti, spettacoli, concorsi o assemblee [lett. a)];
- protezione di persone determinate [lett. b)];
- deposito, vigilanza, verifica e smistamento di monete, carta moneta, titoli e oggetti di valore, nonché trasporto e distribuzione dei medesimi oggetti [lett. c) e d)];
- installazione e mantenimento di apparecchi, dispositivi e sistemi di sorveglianza [lett. e)];
- gestione di centrali per la ricezione, la verifica e la trasmissione di segnali d'allarme e loro comunicazione alle forze dell'ordine e ai corpi di vigilanza, nonché servizi di risposta che non siano di competenza dei detti corpi e forze [lett. f)];
- programmazione e assistenza relativa ai servizi di sorveglianza contemplati dalla legge [lett. g)].
4 In forza dell'art. 7, n. 1, della legge, possono prestare servizi privati di sorveglianza solo le imprese che abbiano ottenuto un'autorizzazione dal ministero dell'Interno, sotto forma di iscrizione in un registro. L'art. 7, n. 1, lett. b), prevede che, per ottenere questa autorizzazione, «in tutti i casi, le imprese di sorveglianza che impiegano personale di sorveglianza devono possedere la cittadinanza spagnola».
5 L'art. 8 della legge esige inoltre che gli amministratori e i direttori di tutte le imprese di sorveglianza iscritte nel registro di cui all'art. 7, n. 1, siano residenti in Spagna. Questo requisito si applica a tutte le imprese di sorveglianza, ivi comprese quelle che non impieghino personale di sorveglianza.
6 Infine, ai sensi dell'art. 10, n. 1, della legge, il personale di sorveglianza deve munirsi di una preventiva abilitazione del ministero dell'Interno. L'art. 10, n. 3, lett. a), subordina la concessione di questa abilitazione al requisito del possesso, da parte del detto personale, della cittadinanza spagnola.
7 Con l'espressione «personale di sorveglianza» la legge intende riferirsi alle guardie giurate, ai responsabili della sorveglianza, alle guardie del corpo private, alle guardie campestri private e agli investigatori privati. Queste due ultime attività possono essere esercitate autonomamente, al di fuori di un'impresa di sorveglianza.
8 Le imprese di sorveglianza che prestino i servizi descritti dall'art. 5, n. 1, lett. e) e g), della legge non necessitano di personale di sorveglianza. Le altre imprese di sorveglianza contano tra i loro dipendenti sia personale di sorveglianza, sia personale amministrativo, cui non si applica il requisito della cittadinanza.
Fase precontenziosa
9 Il 4 aprile 1995 la Commissione ha informato il governo spagnolo che le disposizioni spagnole in materia di sorveglianza privata erano, a suo parere, contrarie agli artt. 48, 52 e 59 del Trattato e ha intimato al medesimo di presentare le sue osservazioni al riguardo.
10 Con lettera datata 21 giugno 1995, il governo spagnolo ha risposto che i requisiti di cittadinanza e residenza imposti da queste disposizioni rientravano fra le deroghe previste dagli artt. 48, nn. 3 e 4, 55 e 56 del Trattato CE.
11 Con lettera datata 11 giugno 1996, la Commissione ha indirizzato al governo spagnolo un parere motivato nel quale essa concludeva che il Regno di Spagna, avendo mantenuto in vigore disposizioni legislative che subordinano la prestazione dei servizi privati di sorveglianza alla condizione che l'impresa di sorveglianza abbia la cittadinanza spagnola, che gli amministratori e i direttori dell'impresa siano residenti in Spagna e, infine, che il personale privato di sorveglianza abbia la cittadinanza spagnola, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 48, 52 e 59 del Trattato.
12 Con lettera datata 20 settembre 1996, il governo spagnolo ha ribadito gli argomenti da esso dedotti nella sua risposta alla lettera d'intimazione.
13 Non essendo rimasta soddisfatta delle dette spiegazioni, la Commissione ha proposto il presente ricorso di inadempimento.
Il ricorso
Argomenti delle parti
14 Per quanto concerne la libertà di stabilimento, la Commissione allega anzitutto che la regola secondo la quale gli amministratori di una società devono risiedere nello Stato membro in cui si trova la sede di quest'ultima comporterebbe una discriminazione in base alla cittadinanza, contraria all'art. 52 del Trattato.
15 La Commissione sostiene poi che il requisito di cittadinanza imposto alle imprese dall'art. 7 della legge sarebbe espressamente discriminatorio e implicherebbe una restrizione al diritto delle imprese stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi in Spagna tramite succursali o agenzie, in violazione dell'art. 52 del Trattato.
16 Infine, secondo la Commissione, il requisito di cittadinanza di cui all'art. 10 della legge sarebbe anch'esso contrario all'art. 52, in quanto applicato al personale di sorveglianza che lavora in proprio.
17 Per quanto concerne la libera prestazione di servizi, la Commissione allega che il requisito di cittadinanza dell'impresa, di cui all'art. 7 della legge, e quello di residenza dei dirigenti, di cui all'art. 8, che presuppone una dimora abituale, porterebbero ad escludere qualsiasi servizio privato di sorveglianza prestato da imprese o da personale di sorveglianza che non siano stabiliti in Spagna. Condizioni del genere costituirebbero un ostacolo discriminatorio alla libera prestazione dei servizi e sarebbero pertanto contrarie all'art. 59 del Trattato.
18 La Commissione aggiunge che i servizi di cui trattasi non possono essere esclusi dalla sfera di applicazione degli artt. 52 e 59 del Trattato per il fatto che essi sono espressione di pubblici poteri. Questa eccezione, di cui all'art. 55, primo comma, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato CE, dovrebbe essere interpretata in senso restrittivo, limitandola a quanto strettamente necessario per tutelare gli interessi che queste disposizioni consentono agli Stati membri di proteggere. Inoltre, la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri dovrebbe essere diretta e specifica.
19 Orbene, la Commissione ritiene che, poiché la tutela di beni e soggetti privati soddisfa un'esigenza meramente privata, le imprese e il personale privato di sorveglianza non sarebbero espressione diretta e specifica dell'esercizio di pubblici poteri dato che tale esercizio implicherebbe, a suo parere, il ricorso a poteri coercitivi. Dalla normativa spagnola risulterebbe viceversa che le imprese e il personale di sorveglianza partecipano solo in modo complementare e subordinato alle attività di pubblica sicurezza.
20 Per quanto concerne l'art. 56, n. 1, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato, la Commissione fa rinvio alla giurisprudenza della Corte secondo la quale un provvedimento nazionale discriminatorio è giustificato solo se diretto contro una minaccia effettiva e abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività (sentenza 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999), e l'esistenza di una minaccia del genere dev'essere dimostrata dallo Stato membro in base ad una valutazione del comportamento delle singole persone.
21 Secondo la Commissione, l'esercizio dell'attività di investigatore o di guardia campestre in Spagna da parte di un cittadino di un altro Stato membro non implicherebbe in modo chiaro una minaccia effettiva e abbastanza grave. Lo stesso varrebbe per le discriminazioni relative alle persone giuridiche. Del resto, anche in presenza di una siffatta minaccia, gli Stati membri non potrebbero disporre l'esclusione di un intero settore di servizi.
22 Per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori, la Commissione sostiene che l'art. 10, n. 3, della legge violerebbe l'art. 48 del Trattato, dal momento che esso esclude i lavoratori dipendenti, cittadini di altri Stati membri, dall'esercizio dei servizi privati di sorveglianza.
23 La Commissione aggiunge che la deroga relativa agli impieghi nella pubblica amministrazione di cui all'art. 48, n. 4, non potrebbe essere applicata alle attività di cui trattasi.
24 Parimenti, la Commissione ritiene che il requisito di cittadinanza imposto dall'art. 10, n. 3, della legge, non sia giustificato dalle ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica richiamate dall'art. 48, n. 3, del Trattato. Nel sottolineare l'importanza di un'interpretazione restrittiva della detta disposizione, la Commissione constata che la giurisprudenza non fornirebbe nessun esempio di situazione in cui tale deroga sia stata applicata a un divieto imposto da uno Stato membro ai cittadini degli altri Stati membri relativamente all'accesso agli impieghi in imprese private.
25 Il governo spagnolo non contesta la circostanza che la sua disciplina osti all'esercizio delle libertà di stabilimento, di prestazione dei servizi e di circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità. Esso ritiene però che tali restrizioni siano giustificate in forza delle deroghe previste dal Trattato.
26 Il governo spagnolo allega infatti, in primo luogo, che i servizi privati di sorveglianza implicherebbero l'esercizio di pubblici poteri ai sensi dell'art. 55 del Trattato a causa della loro finalità, che è quella di garantire la pubblica sicurezza. A tal proposito elenca diversi obblighi imposti alle imprese e al personale di sorveglianza dai quali esso ricava la necessità di un rapporto di particolare solidarietà con lo Stato. Sarebbe funzionale a tale scopo la previsione di un'autorizzazione amministrativa tramite iscrizione in un registro o di un'abilitazione da parte del ministero dell'Interno.
27 In secondo luogo, il governo spagnolo ritiene che costituisca una minaccia per la sicurezza e l'ordine pubblico la natura dei servizi prestati dalle imprese private di sorveglianza, la quale renderebbe necessari controlli rigorosi. Ebbene, l'efficacia di siffatti controlli non potrebbe essere garantita se le imprese o il personale interessati non fossero in possesso della cittadinanza spagnola o non fossero stabiliti nello Stato membro dove esercitano le loro attività.
28 Per quanto concerne, in particolare, l'art. 48, n. 3, del Trattato, il governo spagnolo precisa che occorrerebbe inoltre tener conto del fatto che le guardie giurate possono utilizzare armi o altri strumenti di difesa per fornire i loro servizi e che esse devono in generale indossare l'uniforme. Peraltro, esse sarebbero investite di alcune prerogative che possono incidere sulla sfera dei diritti e delle libertà dei cittadini.
29 In terzo luogo, il governo spagnolo ritiene che le disposizioni controverse si giustifichino per ragioni imperative, collegate a un interesse generale consistente nella necessità, da un lato, di garantire in modo soddisfacente la sicurezza delle persone e dei beni e, dall'altro, di precisare i confini della facoltà concessa ai cittadini di costituire o utilizzare servizi privati di sorveglianza. Nell'ambito del detto argomento, il governo spagnolo richiama inoltre le ragioni profonde sulle quali sarebbe fondato il servizio di sorveglianza, la necessità di prevenire i delitti, di contribuire al mantenimento della pubblica sicurezza, di impedire le usurpazioni e di assicurare il rispetto delle regole fondamentali, l'assenza di norme di omologazione, i rischi di un addestramento insufficiente delle guardie, di irregolarità nell'esercizio delle loro funzioni e della commissione di numerose infrazioni, la necessità di assicurare che la difesa della sicurezza non costituisca occasione di aggressioni, di atti coercitivi, di violazioni di diritti o di intrusioni nella sfera giuridica e patrimoniale di altri individui, nonché di garantire la difesa sia dei beneficiari del servizio sia dell'ordine sociale.
Giudizio della Corte
30 Occorre rilevare che, come riconosciuto dallo stesso governo spagnolo, gli artt. 7, 8 e 10 della legge contengono restrizioni alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione dei servizi e alla libera circolazione dei lavoratori.
I - Sul requisito di cittadinanza (artt. 7 e 10 della legge)
31 Occorre anzitutto constatare che il requisito di cittadinanza imposto alle imprese dall'art. 7 della legge impedisce alle imprese stabilite in altri Stati membri di prestare i loro servizi in Spagna tramite succursali o agenzie. L'art. 10 della legge osta inoltre a che i cittadini degli altri Stati membri prestino, con continuità, servizi privati di sorveglianza in Spagna, in qualità di lavoratori dipendenti o autonomi. Infine, queste medesime disposizioni impediscono ai cittadini degli altri Stati membri di svolgere attività di sorveglianza privata in Spagna.
32 Occorre tuttavia esaminare se i detti ostacoli non siano giustificati in forza delle deroghe previste dal Trattato, vale a dire dagli artt. 48, n. 4, 55, primo comma, e 66 del Trattato, da un lato, e dagli artt. 48, n. 3, 56, n. 1, e 66 del Trattato, dall'altro.
Sugli artt. 48, n. 4, 55, primo comma, e 66 del Trattato
33 Per quanto concerne l'art. 48, n. 4, del Trattato, occorre rilevare che le imprese private di sorveglianza non fanno parte della pubblica amministrazione e che pertanto tale disposizione non è applicabile nella fattispecie.
34 Per quanto concerne l'eccezione di cui all'art. 55, primo comma, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato, occorre ricordare che, dato che pone una deroga alla regola fondamentale della libertà di stabilimento, essa è soggetta a un'interpretazione che limiti la sua portata a quanto è strettamente necessario per tutelare gli interessi che la stessa norma permette agli Stati membri di proteggere (sentenza 15 marzo 1988, causa 147/86, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1637, punto 7).
35 Pertanto, secondo la costante giurisprudenza, la deroga che essa comporta va limitata alle attività che, considerate di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all'esercizio di pubblici poteri (sentenze 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631, punto 45, e 13 luglio 1993, causa C-42/92, Thijssen, Racc. pag. I-4047, punto 8).
36 Nella fattispecie, si ricava dagli atti che i servizi delle imprese e del personale di sorveglianza hanno lo scopo di provvedere a compiti di sorveglianza e protezione in base a rapporti giuridici di diritto privato.
37 Orbene, l'esercizio di tale attività non implica che le imprese e il personale di sorveglianza siano investiti di poteri coercitivi. Infatti, il mero contributo al mantenimento della pubblica sicurezza, che chiunque può essere chiamato a offrire, non costituisce esercizio di pubblici poteri.
38 Inoltre, come dimostrato dall'avvocato generale nei paragrafi 26 e 27 delle sue conclusioni, la normativa spagnola stabilisce una distinzione netta tra i compiti attribuiti alle imprese e al personale di sorveglianza e quelli riservati alle forze dell'ordine e ai corpi di vigilanza. Benché i primi, in circostanze ben definite, siano chiamati ad assistere i secondi, si tratta pur sempre di funzioni ausiliarie.
39 Ne discende che le imprese e il personale privato di sorveglianza non partecipano direttamente e specificamente all'esercizio di pubblici poteri e che l'eccezione di cui all'art. 55, primo comma, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato, non si applica alla fattispecie.
Sugli artt. 48, n. 3, 56, n. 1, e 66 del Trattato
40 Occorre ricordare che il requisito di cittadinanza imposto alle imprese e al personale di sorveglianza dagli artt. 7 e 10 della legge esclude la prestazione dei servizi privati di sorveglianza da parte di persone o imprese in possesso della cittadinanza di un altro Stato membro.
41 Una simile esclusione generale dall'accesso a determinate attività professionali non può essere giustificata per i motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica di cui agli artt. 48, n. 3, e 56 del Trattato.
42 Infatti, il potere degli Stati membri di limitare la libera circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica non ha lo scopo di porre alcuni settori economici come quello della vigilanza privata al riparo dall'applicazione di questo principio, dal punto di vista dell'accesso al lavoro, bensì mira a consentire agli Stati di negare l'accesso o il soggiorno sul loro territorio a persone il cui accesso o soggiorno sui detti territori costituirebbe, come tale, un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica (v., per quanto concerne la sanità pubblica, sentenza 7 maggio 1986, causa 131/85, Gül, Racc. pag. 1573, punto 17).
43 Questo ragionamento vale, a maggior ragione, per i motivi imperativi di interesse generale cui il governo spagnolo si richiama per giustificare il requisito di cittadinanza.
II - Sul requisito di residenza (art. 8 della legge)
44 Occorre anzitutto constatare che la regola secondo la quale gli amministratori e i direttori di qualsiasi impresa di sorveglianza debbano essere residenti in Spagna costituisce un ostacolo alla libertà di stabilimento (v., a tal riguardo, sentenza 25 luglio 1991, causa C-221/89, Factortame e a., Racc. pag. I-3905, punto 32) e alla libera prestazione dei servizi.
45 Occorre osservare inoltre che questo requisito non è necessario per garantire la pubblica sicurezza nello Stato membro interessato e che esso non rientra pertanto nella deroga di cui all'art. 56, n. 1, in combinato disposto, se del caso, con l'art. 66 del Trattato.
46 Infatti, il ricorso a questa giustificazione presuppone l'esistenza di una minaccia effettiva e abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività (v., per quanto concerne l'ordine pubblico, sentenza Bouchereau, citata, punto 35).
47 Ebbene, contrariamente a quanto sostenuto dal governo spagnolo, non si può affermare che tale minaccia possa derivare dall'impossibilità in cui si troverebbero le autorità spagnole, in mancanza della norma controversa, di effettuare un controllo efficace sulle attività svolte dalle imprese private di sorveglianza. Infatti, si possono effettuare controlli e si possono infliggere sanzioni a carico di qualsiasi impresa stabilita in un altro Stato membro, a prescindere dal luogo di residenza dei suoi dirigenti. Inoltre, il pagamento di un'eventuale sanzione può essere garantito mediante la previa prestazione di una cauzione (v., in tal senso, sentenza 7 maggio 1998, causa C-350/96, Clean Car Autoservice, Racc. pag. I-2521, punto 36).
48 Da tutto quanto illustrato discende che il Regno di Spagna, avendo mantenuto in vigore gli artt. 7, 8 e 10 della legge 30 luglio 1992, n. 23/1992, per la parte in cui essi subordinano il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dei servizi privati di sorveglianza, nel caso delle imprese di sorveglianza, alla condizione che esse possiedano la cittadinanza spagnola e che i loro amministratori e direttori siano residenti in Spagna e, nel caso del personale di sorveglianza, che esso possieda la cittadinanza spagnola, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 48, 52 e 59 del Trattato.
Sulle spese
49 A norma dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché il Regno di Spagna è rimasto soccombente e la Commissione ha fatto domanda in tal senso, occorre condannare il primo alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
(Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Avendo mantenuto in vigore gli artt. 7, 8 e 10 della legge 30 luglio 1992, n. 23/1992, per la parte in cui essi subordinano il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dei servizi privati di sorveglianza, nel caso delle imprese di sorveglianza, alla condizione che esse possiedano la cittadinanza spagnola e che i loro amministratori e direttori siano residenti in Spagna e, nel caso del personale di sorveglianza, che esso possieda la cittadinanza spagnola, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 48, 52 e 59 del Trattato.
2) Il Regno di Spagna è condannato alle spese.