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Document 61997CC0124

Conclusioni dell'avvocato generale La Pergola del 4 marzo 1999.
Markku Juhani Läärä, Cotswold Microsystems Ltd e Oy Transatlantic Software Ltd contro Kihlakunnansyyttäjä (Jyväskylä) e Suomen valtio (Stato finlandese).
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Vaasan hovioikeus - Finlandia.
Libera prestazione di servizi - Diritti esclusivi di esercizio - Apparecchi automatici per giochi d'azzardo.
Causa C-124/97.

Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-06067

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:117

61997C0124

Conclusioni dell'avvocato generale La Pergola del 4 marzo 1999. - Markku Juhani Läärä, Cotswold Microsystems Ltd e Oy Transatlantic Software Ltd contro Kihlakunnansyyttäjä (Jyväskylä) e Suomen valtio (Stato finlandese). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Vaasan hovioikeus - Finlandia. - Libera prestazione di servizi - Diritti esclusivi di esercizio - Apparecchi automatici per giochi d'azzardo. - Causa C-124/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-06067


Conclusioni dell avvocato generale


I - Le questioni pregiudiziali odierne ed il contesto normativo e fattuale della causa principale

1 Con le questioni pregiudiziali sollevate dal Vaasan hovioikeus, la Corte è chiamata a definire i principi da essa enunciati nella sentenza Schindler (1). Dinanzi al giudice a quo pende il giudizio di impugnazione della sentenza di primo grado, con la quale al signor Läärä, presidente del consiglio di amministrazione della società Oy Transatlantic Software Limited (in prosieguo: «TSL»), è stata comminata una sanzione penale per avere commesso un'infrazione al disposto dell'art. 6 dell'Arpajaislaki (legge sui giochi di azzardo (2); v. infra, paragrafi 2 e 5).

2 La legge sui giochi di azzardo sottopone ad autorizzazione amministrativa l'esercizio delle lotterie, scommesse e attività di casinò nonché la gestione di apparecchi per vincite in denaro e di altre macchine da gioco che, dietro pagamento di una somma pecuniaria, consentono al giocatore di ricevere un premio in denaro, beni o altri vantaggi valutabili in denaro, ovvero gettoni convertibili in denaro. Il titolare di una licenza per una delle attività richiamate è, peraltro, tenuto a raccogliere fondi per fini di beneficenza o comunque non lucrativi (v. art. 1, primo e secondo commi). In particolare, al fine di limitare il possibile profitto di chi sfrutta la passione per il gioco (3), la messa a disposizione del pubblico, a pagamento, di macchine da gioco con vincite in denaro e l'esercizio di attività di casinò costituiscono oggetto di una licenza esclusiva, da concedersi ad un organismo di diritto pubblico appositamente costituito. Il rilascio di tale licenza è finalizzato alla raccolta di fondi che si riservano al perseguimento di varie finalità di interesse generale: sostegno della sanità pubblica, protezione dell'infanzia, assistenza degli handicappati, anziani ed invalidi, educazione della gioventù, preparazione del salvataggio e della difesa della vita umana in caso di grandi catastrofi, creazione di centri ricreativi aperti a tutti gli interessati e promozione di forme di vacanza alternative, trattamento dell'alcolismo e della tossicomania (v. art. 3, terzo e quarto commi). L'organizzazione non autorizzata di giochi d'azzardo è punita con l'ammenda o la pena detentiva fino ad un massimo di sei mesi (v. art. 6, primo comma). Come osserva il giudice del rinvio, è dubbio se nel campo di applicazione della legge sui giochi d'azzardo, sopra descritto, rientrino anche gli apparecchi in cui le possibilità di vincita in denaro non dipendono solamente dalla sorte bensì, in tutto o in parte, dall'abilità del giocatore (4).

3 L'organismo di diritto pubblico avente titolo per la concessione della menzionata licenza esclusiva è stato individuato nella Raha-automaattiyhdistys (Associazione degli esercenti di apparecchi automatici per vincite in denaro; in prosieguo: la «RAY») (5), costituita nel 1937, alla quale aderiscono oggi 96 organizzazioni operanti a livello nazionale nei settori della sanità e delle attività sociali. Scopo della RAY è quello di acquisire fondi destinati al perseguimento dei bisogni indicati nell'art. 3, quarto comma, della legge sui giochi d'azzardo (v. supra, paragrafo 2). Dei 14 membri del consiglio di amministrazione della RAY, sette (inclusi il presidente ed il primo vicepresidente) sono eletti dal Consiglio di Stato, ed altri tre rappresentano rispettivamente il ministro degli Affari sociali e della Sanità, il ministro degli Affari interni ed il ministro delle Finanze (6). Alla RAY è stato attribuito altresì il diritto di produrre e vendere macchine automatiche per giochi d'azzardo (slot-machine) e apparecchi di intrattenimento (7); detta associazione utilizza, infatti, macchine di propria produzione. Attraverso la propria società controllata Pelika RAY Oy, la RAY opera anche nel mercato (non riservato) della gestione di apparecchi di intrattenimento e dei juke-box (8). Infine, con decisione del Consiglio dei ministri 14 novembre 1996 alla RAY è stata concessa anche una licenza quinquennale per l'esercizio di attività di casinò ad Helsinki. La licenza in questione, che è finora la sola del genere concessa in Finlandia, fissa il numero massimo di giochi e di macchine consentiti (50 tavoli da roulette ed altri giochi e 300 slot-machine) e prescrive adeguate misure di sorveglianza.

4 Come hanno precisato le autorità finlandesi in risposta alla domanda ad esse rivolta dalla Corte a norma dell'art 21, secondo comma, del Protocollo sullo Statuto CEE della Corte, la RAY ha elaborato condizioni generali di contratto applicabili ai rapporti con gli stabilimenti (ad esempio, bar, ristoranti, supermercati, chioschi, stazioni di servizio e sale d'attesa delle stazioni ferroviarie) presso i quali sono installate una o più slot-machine. Secondo tali condizioni generali, lo stabilimento deve: i) vigilare perché l'utilizzazione delle macchine da parte di giocatori di età inferiore ai 15 anni avvenga alla presenza di un membro adulto della loro famiglia (9), e ii) eventualmente adottare un apposito piano di sorveglianza. Gli stabilimenti in questione sono, inoltre, tenuti per legge: i) a notificare l'installazione delle slot-machine nei propri locali, prima della loro messa in funzione, al capo della polizia distrettuale e, ii) in caso di richiesta motivata di quest'ultimo, a richiedere un'autorizzazione amministrativa per la gestione di singoli apparecchi. Il controllo del rispetto delle norme vigenti in questo settore è di competenza del ministero per gli Affari interni, il quale fissa anche l'importo massimo delle giocate (attualmente FIM 5, equivalenti a circa 1 euro) (10).

5 In forza del contratto concluso da TSL con la società di diritto inglese Cotswold Microsystems Limited (in prosieguo: «CML») in data 25 gennaio 1996, TSL ha il diritto esclusivo di installare e gestire nel territorio finlandese gli apparecchi commercializzati da CML, e da quest'ultima messi a sua disposizione (11). Si tratta di macchine automatiche di intrattenimento che distribuiscono premi in denaro di modesta entità. Il contratto citato prevede che TSL riceva, a titolo di corrispettivo per la prestazione resa a CML, una commissione il cui importo, commisurato al gettito delle macchine installate, è da determinare con separato accordo fra le parti. Nei mesi successivi alla conclusione del contratto, TSL ha installato e messo a disposizione della clientela nei propri locali 10 apparecchi automatici del tipo «Golden Shot» (12). Accogliendo la richiesta del pubblico ministero, con sentenza 17 settembre 1996 il Jyväskylan Käräjäooikeus ha condannato il signor Läärä al pagamento di un'ammenda ed ordinato la confisca a favore dello Stato dei 10 apparecchi sequestrati e del denaro in essi contenuto, di proprietà di CML (13).

6 Nel giudizio di appello pendente dinanzi al giudice a quo, il signor Läärä ha eccepito, fra l'altro, che la legislazione finlandese sui giochi d'azzardo offende le regole comunitarie sulla libera circolazione delle merci e dei servizi. In particolare, la concessione alla RAY del diritto esclusivo di gestire slot-machine nel territorio nazionale costituirebbe una misura sproporzionata rispetto al fine di combattere gli eccessi della passione per il gioco e la frode fiscale. Diversamente dal giudice di primo grado, il Vaasan hovioikeus ha ritenuto opportuno richiedere alla Corte gli elementi interpretativi necessari alla soluzione della controversia, sollevando in via pregiudiziale le seguenti questioni:

« 1. La sentenza [Schindler] va interpretata nel senso che essa potrebbe considerarsi come riguardante una causa analoga all'attuale (v. sentenza pronunciata il 6 ottobre 1982 nella causa 283/81, Cilfit e Lanificio di Gavardo) e che le disposizioni del trattato CE vanno perciò interpretate nella presente causa allo stesso modo in cui sono state interpretate nella causa sopra menzionata?

In caso di soluzione in tutto o in parte negativa alla prima questione, lo Hovioikeus pone le questioni seguenti:

2. Le disposizioni del trattato CE in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi (artt. 30, 59 e 60) si applicano anche agli apparecchi automatici da gioco del tipo in questione?

3. In caso di risposta affermativa alla seconda questione:

a) gli artt. 30, 59 e 60 o qualsiasi altro articolo del trattato CE ostano a che la Finlandia limiti il diritto di gestire gli apparecchi in questione creando un monopolio a favore della [RAY], a prescindere dal fatto che siffatta limitazione concerne allo stesso modo gli organizzatori nazionali di giochi e quelli stranieri? Inoltre,

b) per la limitazione in questione possono valere le giustificazioni previste negli artt. 36 o 56 o in qualsiasi altro articolo del trattato CE, sulla base di motivi contenuti nella legge sui giochi d'azzardo o nei suoi lavori preparatori o sulla base di qualsiasi altro motivo? Nel valutare tale questione, possono rivelarsi pertinenti l'entità delle vincite ottenibili dai detti apparecchi nonché il fatto che le possibilità di vincita si basino sull'azzardo oppure sull'abilità del giocatore?».

II - Analisi giuridica

I principi posti dalla Corte nella causa Schindler

7 Il giudice a quo domanda alla Corte se e fin dove siano trasponibili all'odierno giudizio i principi stabiliti nella sentenza Schindler. Ritengo, dunque, di doverli, per parte mia, subito richiamare. In Schindler le questioni sollevate dalla High Court of Justice con riferimento agli artt. 30 e 59 del Trattato concernevano la legislazione britannica, che, nel momento al quale risalivano i fatti di quella controversia e comunque anteriormente alle modifiche introdotte nel 1993 (v. infra, nota 50), vietava l'organizzazione di lotterie nel territorio del Regno Unito nonché l'importazione dei biglietti, moduli di ordinazione e materiale pubblicitario destinati a consentire la partecipazione dei giocatori britannici a lotterie straniere lecitamente organizzate. La contestata normativa nazionale recava, peraltro, deroghe al detto divieto, consentendo lotterie di modeste dimensioni, organizzate da società o collettività locali per fini di beneficenza e senza scopi di lucro.

8 Nella sua pronuncia in Schindler, la Corte ha anzitutto affermato che le lotterie rientrano nella nozione di «attività economiche» ai sensi del Trattato, in quanto esse implichino un'importazione di merci o una prestazione retribuita di servizi. Alcuni dei governi nazionali presenti in quella causa erano dell'opposto avviso, ed avevano fatto osservare che i contratti di gioco possono essere considerati nulli secondo il diritto di taluni Paesi membri e che in particolare le lotterie, le quali consistono in operazioni di pura sorte di natura ricreativa o ludica, sono tradizionalmente vietate negli ordinamenti nazionali dell'ambito comunitario ovvero organizzate dalle autorità pubbliche, o sotto il loro controllo, unicamente per scopi di interesse generale (14). Secondo la Corte, tuttavia, né il divertimento che la lotteria può offrire ai partecipanti né l'alea che caratterizza la contropartita fra giocata e vincita sono tali da privare lo scambio della sua natura economica. Inoltre, le lotterie, quali si svolgono in vari Stati membri, non possono essere qualificate come attività vietate in quanto nocive né assimilate alle attività concernenti prodotti illeciti (15). La Corte ha affermato che, anche a voler considerare la moralità delle lotterie per lo meno discutibile, non le competeva di sostituire la propria valutazione a quella dei legislatori degli Stati membri in cui quest'attività veniva lecitamente praticata.

9 Codesto Collegio ha, poi, escluso che le attività di lotteria esercitate dai signori Schindler avessero ad oggetto «merci», ai sensi e per gli effetti degli artt. 30 e seguenti del Trattato. L'importazione e la diffusione di documenti pubblicitari, formulari di ordinazione e biglietti per conto di un organizzatore di altro Stato membro non erano fini a sé stesse, ha spiegato la Corte, bensì operazioni meramente strumentali, e precisamente «modalità concrete di organizzazione o di funzionamento di una lotteria[, le quali non potevano], alla luce del Trattato, essere considerate a prescindere dalle attività di lotteria cui [erano] collegate». La Corte ha così concluso che l'attività svolta dai convenuti nella causa principale si ricollegava con un'attività di prestazione di servizi (ai sensi dell'art. 60) e rientrava nell'ambito di applicazione dell'art. 59 del Trattato (16). La correttezza di una tale conclusione, e dell'altra secondo la quale la lotteria costituisce un'attività economica, non era a suo avviso rimessa in questione dal fatto che gli ordinamenti di numerosi Stati membri impongono l'utilizzazione dei ricavi del gioco unicamente per obiettivi di interesse generale, o addirittura la devoluzione di tali proventi al bilancio statale (17).

10 Passando all'esame della compatibilità della normativa nazionale dedotta in quel giudizio con il divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità, posto nel richiamato art. 59, la Corte ha precisato che tale divieto può risultare offeso anche da una normativa «indistintamente applicabile», qualora essa sia atta ad impedire in modo assoluto (come nel caso della legislazione britannica sulle lotterie), o comunque ad ostacolare, le attività di chi presta legittimamente servizi del genere e si sia stabilito in altro Stato membro da quello in cui risiedono i destinatari del servizio in questione (18). Quanto alla qualificazione della normativa nazionale controversa nella specie come indistintamente applicabile, la Corte ha ritenuto «pacifico che un divieto come quello stabilito dalla normativa britannica (...) [veniva] applicato a prescindere dalla cittadinanza dell'organizzatore della lotteria o dei suoi agenti nonché dagli Stati membri in cui l'organizzatore o i suoi agenti sono stabiliti» (19).

11 La Corte ha, poi, esaminato la questione se la normativa nazionale dedotta in giudizio risultasse comunque compatibile con le disposizioni del Trattato sulla libera prestazione dei servizi in quanto giustificata da cogenti ragioni di interesse generale. Secondo la High Court of Justice, gli scopi perseguiti dalla normativa controversa erano: i) la prevenzione dei reati e delle frodi ai danni dei giocatori, ii) il controllo della domanda nel mercato dei giochi d'azzardo, i cui eccessi hanno conseguenze sociali nocive, nonché iii) la tutela della moralità pubblica, alla quale ripugna che l'attività in questione, se esercitata in forma di impresa commerciale, comporti profitti personali, laddove i relativi proventi potrebbero essere destinati al finanziamento di attività caritatevoli, sportive o culturali di pubblico interesse. La Corte ha rilevato come la pratica dei giochi d'azzardo costituisca oggetto di limitazioni, se non di vere e proprie proibizioni, in tutti gli Stati membri. I legislatori nazionali si sono generalmente ispirati a motivi di ordine morale, religioso e culturale per trattare i servizi di lotteria non diversamente dal giuoco d'azzardo: la regola è che chi la gestisce non può ricavarne profitti personali (20). Si tratta, tuttavia, a mio avviso, di un rilievo incidentale (21). Lo deduco dall'osservazione che, nell'identificare le esigenze imperative di interesse generale ritenute suscettibili nella specie di «giustificare, alla luce dell'art. 59 del Trattato, restrizioni che vadano sino al divieto delle lotterie nel territorio di uno Stato membro», codesto Collegio si è limitato a richiamare i motivi, «considerati nel loro complesso», afferenti alla tutela dei destinatari del servizio e più in generale dei consumatori, nonché alla tutela dell'ordine sociale (22). Il dispositivo della sentenza fa, poi, riferimento a «preoccupazioni di politica sociale e di prevenzione delle frodi» (v. punto 3). Ora, mi sembra che l'esigenza di impedire l'arricchimento individuale mediante la fornitura di giochi d'azzardo a fini commerciali non possa, senza forzature, essere ricondotta ad alcuna di queste due categorie.

12 Che le lotterie possano, poi, essere un importante mezzo di finanziamento per attività di beneficenza, sportive e culturali, ovvero per opere sociali o caritatevoli, è un dato, secondo la Corte, non privo di interesse, ma che, ai sensi del diritto comunitario - e l'avvertenza mi pare importante -, non costituisce, di per sé, un'oggettiva giustificazione delle misure restrittive poste in sede nazionale con riguardo all'attività economica qui considerata (23).

13 La pronunzia nel caso Schindler ha enunciato, infine, un duplice ordine di criteri di valutazione normativa, di fronte alla specifica natura delle lotterie: il legislatore nazionale ha il potere discrezionale di tutelare in conformità delle esigenze di pubblico interesse da esso perseguite la cerchia di giocatori, e più in generale - «tenendo conto delle specificità socio-culturali di ogni Stato membro» - l'ordine sociale, per quanto riguarda le modalità di organizzazione della lotteria, il volume delle puntate e la destinazione dei relativi proventi. Spetta, dunque, a ciascuno Stato membro di valutare se l'attività economica che si concreta nella lotteria vada limitata, o addirittura vietata, fermo restando che ogni eventuale limitazione o proibizione non deve essere discriminatoria. Posto ciò, la Corte ha concluso che i motivi afferenti alla tutela dei destinatari del servizio e dell'ordine sociale, considerati nel loro complesso, risultavano, in quel giudizio, atti a giustificare restrizioni che potevano spingersi sino al divieto della lotteria nel territorio dello Stato membro interessato. Il legislatore britannico aveva, con le misure controverse, adottato salvaguardie contro rischi e disvalori rimessi al suo apprezzamento, che non potevano essere considerate come un'illecita interferenza nella libertà di prestazione di servizi (24).

Soluzione della prima, della seconda e del capo sub lett. a) della terza questione pregiudiziale

14 Ritengo opportuno analizzare congiuntamente la prima e la seconda questione pregiudiziale ed il capo sub lett. a) della terza. Il giudice del rinvio vi chiede, anzitutto, se le norme del Trattato - anche, ma non solamente, quelle che regolano la libera circolazione delle merci e dei servizi, come le ha interpretate la Corte, in particolare nella sentenza Schindler - siano applicabili al contesto fattuale e normativo della causa principale. Ora, ci troviamo di fronte ad un caso che differisce da quello deciso in Schindler essenzialmente per due circostanze: il gioco offerto al pubblico consiste qui nel partecipare non all'estrazione di una lotteria, bensì ad una o più partite alla slot-machine; la misura statale controversa, inoltre, non configura un divieto generale ed assoluto di offerta del servizio, bensì la concessione di un diritto esclusivo per lo svolgimento del gioco ad un organismo di diritto pubblico nazionale. A mio avviso, proprio tali elementi hanno indotto il giudice a quo a dubitare della possibilità di trasporre puramente e semplicemente la dottrina Schindler ai fatti oggetto del procedimento penale concernente il signor Läärä.

15 Prima di procedere all'analisi delle questioni suindicate, sarà bene - a rischio di anticipare in parte la soluzione del secondo capo della terza questione [sub lett. b)] - sgombrare il campo da un equivoco che devo ritenere possibile, almeno a giudicare dal tenore delle osservazioni presentate dinanzi alla Corte dalle ricorrenti, dai governi nazionali «intervenuti» e dalla Commissione. Tra le questioni pregiudiziali odierne, ve n'è una formulata dal giudice a quo per sapere dalla Corte se e come possano rilevare - in sede di apprezzamento delle eventuali giustificazioni del carattere restrittivo della legislazione finlandese in materia di giochi d'azzardo (sempre che, appunto, un tale carattere venga riconosciuto alla normativa controversa) - due elementi sui quali le ricorrenti hanno molto insistito. Alludo all'entità delle vincite ottenibili da slot-machine del tipo di quelle installate in Finlandia da TSL nonché all'incidenza dell'abilità del giocatore sulle possibilità di vincita.

A mio avviso, si tratta di due criteri che rilevano essenzialmente, per così dire, in via preliminare, al fine di stabilire se le slot-machine siano «giochi d'azzardo» ai sensi della legge finlandese (in assenza di alcuna nozione o definizione comunitaria della materia) (25). Del resto, la stessa ordinanza di rinvio solleva il dubbio se le slot-machine in cui le possibilità di vincita dipendono, in tutto o in parte, dall'abilità del giocatore rientrino oppur no nel campo di applicazione della legge sui giochi d'azzardo (v. paragrafo 2). Si tratta, però, nell'un caso di un'indagine del fatto, e nell'altro di una questione di interpretazione delle norme nazionali, che sfuggono comunque alla competenza di codesto Collegio e rimangono riservate al giudice nazionale (26). Qui si tratta di fornire una risposta utile alle questioni pregiudiziali di cui dobbiamo occuparci. Ritengo perciò, per parte mia, di dover muovere dal presupposto che le slot-machine importate e messe a disposizione del pubblico da TSL rientrino nel novero dei giochi d'azzardo vietati dalla legge finlandese. Chiarito il punto, passo ad occuparmi della compatibilità di tale divieto col diritto comunitario.

16 Si tratta, giunti qui, di vedere se e come si possano adattare alla specie i principi stabiliti in Schindler. Innanzitutto, l'installazione, gestione e messa a disposizione del pubblico pagante di slot-machine implicano, a me pare, una prestazione di servizi retribuita, ed eventualmente anche un'importazione di merci, rientrando, perciò, nella nozione di «attività economiche» ai sensi del Trattato (vedi supra, paragrafo 8). Su questo punto sussiste, del resto, identità di vedute fra le parti, gli Stati membri e la Commissione.

Discende da tale constatazione, come hanno dedotto TSL ed il signor Läärä, che un organismo di diritto pubblico quale la RAY va qualificato come «impresa» (27) - più precisamente come impresa pubblica (28), ovvero impresa cui uno Stato membro riconosce diritti esclusivi (v. supra, paragrafo 3) - ai sensi e per gli effetti dell'art. 90, n. 1, del Trattato. Questa disposizione, inclusa fra le regole di concorrenza, stabilisce che nei confronti di tali imprese gli Stati membri non emanano né mantengono in vigore alcuna misura contraria alle norme del Trattato, specialmente alle disposizioni che figurano nell'art. 7 ed in materia di concorrenza. Il che comporta, per quanto rileva ai fini della presente analisi, una prima, importante conseguenza. Sebbene l'esistenza di un monopolio di prestazioni di servizi, qual è quello attribuito dal legislatore finlandese alla RAY, non sia in quanto tale incompatibile con il diritto comunitario, si pone comunque il problema se il monopolio in questione possa risultare organizzato o esercitato in modo da offendere le norme del Trattato, in particolare quelle sulla libera circolazione delle merci e dei servizi, espressamente richiamate dal giudice a quo (29).

Il caso di specie rientra nell'ambito di applicazione degli artt. 30 e seguenti del Trattato?

17 Il primo profilo da considerare è, dunque, se al nostro caso siano applicabili gli artt. 30 e seguenti del Trattato. Le parti ricorrenti deducono che la normativa finlandese in esame impinge sulla libera circolazione delle merci. L'opposta conclusione è fatta valere da tutti i governi nazionali presenti nell'odierno giudizio. La Commissione, dal canto suo, osserva che la riserva alla RAY della gestione di slot-machine potrebbe equivalere ad una restrizione quantitativa delle importazioni qualora la società monopolista favorisse, nei propri acquisti di merci, le imprese ed i prodotti finlandesi. La stessa Commissione rileva, tuttavia, che nella presente causa non si controverte di acquisti di beni da parte della RAY. A parte ciò, essa aggiunge, le slot-machine delle quali la sentenza di primo grado ha ordinato la confisca sono state esportate da CML in vista non della loro rivendita, ma della loro utilizzazione quando si presta il servizio che si concreta nell'attività di gioco.

18 Come osservano le ricorrenti, il ragionamento con cui la Corte ha escluso nel caso Schindler che le attività di lotteria abbiano ad oggetto «merci» non può essere esteso agli apparecchi da gioco di cui ci occupiamo nel presente caso. In quel giudizio era stato l'avvocato generale Gulmann ad enunciare il punto di vista poi condiviso dalla Corte. «Non vi è alcun motivo particolare[, leggiamo nelle sue conclusioni,] per considerare merci i biglietti di lotterie. Essi costituiscono la prova che il possessore ha pagato il biglietto per aver diritto a partecipare alla lotteria, cioè ha pagato per aver la possibilità di essere estratto come vincitore di uno dei premi di detta lotteria. L'acquisto di un biglietto di lotteria corrisponde in tale contesto alla sottoscrizione di un'assicurazione o all'acquisto di una prestazione di trasporto di persone in cui i documenti emessi dal prestatore in seguito all'acquisto della prestazione - cioè la polizza o il biglietto - non sono merci ai sensi del Trattato» (30).

Ora, però, la slot-machine - diversamente dal biglietto, che ha la natura di titolo rappresentativo del diritto (condizionato) a ricevere il premio promesso dall'organizzatore in caso di vincita - è, a ben guardare, il bene strumentale che rende possibile la prestazione del servizio. Alla fine del gioco, i biglietti di una lotteria tornano ad essere semplici stampati, privi di valore economico. I prodotti qui in questione sono, invece, «pecuniariamente valutabili» e, perciò, in astratto suscettibili di costituire oggetto di compravendita o altre lecite transazioni commerciali (31). Che non possano sussistere dubbi al riguardo è comprovato, a mio avviso, anche dal fatto che le slot-machine sono considerate come merci dalla nomenclatura doganale comunitaria (32).

19 Quanto alla circostanza che CML non abbia trasferito a TSL la proprietà delle sue macchine, non direi che - come invece pretendono la Commissione e i governi olandese, britannico, svedese e spagnolo - essa ci impedisca necessariamente di ritenere applicabili al nostro caso le previsioni dell'art. 30 del Trattato. Dovremmo, semmai, chiederci se CML e TSL siano ricorse all'atipico schema contrattuale della cooperazione nella prestazione di servizi (v. supra, paragrafo 5) proprio di fronte agli effetti, che si potrebbero considerare come distorsivi, della legislazione sui giochi d'azzardo vigente in Finlandia: perché mai, è lecito chiedersi, un'impresa nella situazione di TSL avrebbe dovuto investire ingenti somme di denaro per acquistare la proprietà di beni strumentali non lecitamente utilizzabili in quel Paese per la successiva prestazione del servizio di gioco? Il punto che qui rileva è un altro: l'importazione o l'esportazione di una merce strettamente finalizzata alla prestazione di un servizio comporta oppur no che tale operazione risulti assorbita nel servizio stesso e, così, sottratta alle norme sulla libera circolazione delle merci? Sulla base della vostra recente pronuncia nella causa C-158/94 (33), si dovrebbe ritenere che un caso come quello di specie venga a ricadere nell'ambito degli artt. 30 e seguenti del Trattato. Anche il chirurgo acquista il bisturi al solo scopo di prestare un servizio, e tuttavia non sarebbe seriamente sostenibile che i flussi intracomunitari di tale prodotto non rientrano nel campo di applicazione delle disposizioni qui richiamate. A ben guardare, non vi è nel nostro caso una transazione principale che ne assorbe un'altra puramente accessoria ed incidentale (34), bensì un'operazione commerciale su merci, strumentale e concatenata ad una prestazione di servizi, ma separabile da quest'ultima sul piano concettuale ed economico. Ciò è dimostrato, in particolare, dalla parziale diversità delle parti contraenti nelle transazioni in questione: i destinatari del servizio (vale a dire i giocatori) rimarrebbero per definizione estranei alla compravendita delle macchine da gioco, anche qualora un diverso contesto normativo rendesse quest'ultimo negozio economicamente ragionevole. Per quanto l'attività svolta in cooperazione dalle parti ricorrenti nella causa principale rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 59 del Trattato, non va comunque esclusa l'applicabilità dell'art. 30 all'«elemento di prodotto» del servizio complessivo (35). Ed appare tutt'altro che priva di rilevanza la circostanza che, in esecuzione della normativa nazionale controversa, il giudice finlandese competente in primo grado abbia ordinato anche la confisca dei beni importati, che CML aveva legalmente prodotto e commercializzato in un altro Stato membro (nel Regno Unito).

Il monopolio della RAY offende la libertà di circolazione delle merci?

20 Dopo di che, resta da vedere in qual senso, secondo le ricorrenti, la normativa nazionale controversa potrebbe configurarsi come una misura equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni. La RAY detiene per legge, accanto al diritto esclusivo di installare e gestire le slot-machine messe a disposizione del pubblico, anche il diritto di produrre e vendere macchine automatiche da gioco del tipo di quelle utilizzate nello svolgimento dell'attività ad essa riservata (v. supra, paragrafo 3). La specie presenta, pertanto, rilevanti analogie - sotto più di un profilo - con il caso oggetto della vostra pronuncia nella citata causa ERT (v. nota 29). In quel giudizio l'esercizio di attività di trasmissioni radiotelevisive in regime di monopolio legale in Grecia «implica[va], per gli altri cittadini della Comunità, il divieto di esportare, di concedere in noleggio o di distribuire in qualsiasi modo nello Stato membro in questione merci, supporti di suono, film, documentari televisivi nonché altri prodotti che [potessero] venir usati per l'emissione di messaggi televisivi, salvo che per il perseguimento degli obiettivi» dell'operatore titolare dei diritti esclusivi. Nel domandare alla Corte gli elementi interpretativi necessari per la decisione della causa principale - con riguardo, sotto il profilo qui descritto, agli artt. 9 e 30 del Trattato -, il giudice remittente faceva espresso riferimento al fatto che la normativa controversa lasciava l'operatore monopolista libero «di scegliere e di preferire il prodotto nazionale e i materiali locali a quelli degli altri Stati membri» (36). La Corte ha riconosciuto che «la concessione ad una sola impresa di diritti esclusivi in materia di trasmissione di messaggi televisivi e l'attribuzione a tal fine del potere esclusivo di importare, di noleggiare o di distribuire materiali e prodotti necessari per la loro diffusione non costituisce, in quanto tale, una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell'art. 30 del Trattato». Essa ha però precisato: «Sarebbe altrimenti se ne derivasse, direttamente o indirettamente, una discriminazione tra prodotti nazionali e prodotti importati a danno di questi ultimi. Spetta al giudice nazionale, l'unico competente a conoscere i fatti, valutare se tale sia il caso che ricorre nella specie» (37).

21 Altro aspetto della sentenza ERT che ritengo opportuno richiamare, per analogia, ai fini della presente indagine concerne la compatibilità fra le norme comunitarie sulla libera prestazione dei servizi e le modalità organizzative del menzionato monopolio di ERT. Tale ente aveva il diritto esclusivo sia di diffondere emissioni proprie sia di captare e di ritrasmettere emissioni provenienti da altri Stati membri. La Corte ha osservato che «il cumulo del monopolio di diffusione e di ritrasmissione in una stessa impresa conferisce a questa la possibilità di trasmettere i propri programmi e, allo stesso tempo, di limitare la ritrasmissione dei programmi di altri Stati membri. Questa possibilità, in assenza di una qualsiasi garanzia per la ritrasmissione dei programmi di altri Stati membri, può indurre l'impresa a favorire i propri programmi a danno dei programmi stranieri. In un sistema siffatto, rischia, pertanto, di essere seriamente compromessa la parità delle opportunità tra la diffusione dei propri programmi e la ritrasmissione dei programmi di altri Stati membri» (38). Ribadendo il principio già formulato nel capo della sentenza relativo alla libera circolazione delle merci (39), la Corte ha, poi, precisato che «[l]a questione se il cumulo del diritto esclusivo di diffusione e del diritto di ritrasmissione si risolva effettivamente in una discriminazione a danno di emissioni provenienti da altri Stati membri rientra nella valutazione dei fatti per i quali solo il giudice nazionale è competente» (40).

22 I principi sopra richiamati rilevano, a mio giudizio, anche per valutare la compatibilità della legislazione finlandese sui giochi d'azzardo con le regole del Trattato in materia di libera circolazione delle merci. Analogamente alla ERT nel caso sopra richiamato (v. paragrafo 21), la RAY opera in monopolio nel mercato a valle del servizio ed è l'unico possibile acquirente dei beni strumentali necessari (cioè le slot-machine) nel territorio finlandese. Il complesso della disciplina dedotta in giudizio ha, pertanto, come effetto, sul piano economico, una situazione che può essere così descritta: non vi è alcuna garanzia (non essendo previsto, ad esempio, un obbligo di indire procedure d'appalto di forniture) che anche slot-machine legalmente prodotte e commercializzate in altri Stati membri siano acquistate dal monopolio del servizio. Di conseguenza, la RAY sembra operare come monopolista (di fatto) anche nel mercato a monte della produzione e commercializzazione di tali apparecchi in Finlandia. Infatti, sebbene il diritto di costruire gli apparecchi, attribuito dalla legge alla RAY, non abbia carattere di esclusività, nessun altro produttore straniero comunitario (o finlandese) che decidesse di competere con la stessa RAY, esportando in Finlandia macchine legalmente prodotte e commercializzate in altro Stato membro, potrebbe godere di analoghi sbocchi commerciali, assicurati e continui, per la propria produzione. Non a caso, le ricorrenti osservano che la RAY utilizza esclusivamente le slot-machine da essa disegnate, sviluppate e prodotte: il che è posto in rilievo da detto ente nelle proprie comunicazioni commerciali (v. supra, nota 8 e relativa parte del testo). Se così è, la discriminazione a danno delle slot-machine prodotte in altri Stati membri, e a favore degli analoghi prodotti nazionali, sembra costituire, più che il risultato di un'autonoma condotta commerciale della RAY, un effetto non solo attuale (41), ma anche inevitabile, delle prescrizioni normative controverse. E' vero che, non essendo la RAY titolare esclusiva del diritto di produrre e vendere slot-machine e apparecchi di intrattenimento, non può escludersi in linea di principio che l'eventuale effetto discriminatorio della legislazione finlandese colpisca anche le macchine in ipotesi prodotte in Finlandia da concorrenti della RAY. Rilevo, tuttavia, che quand'anche il giudice del rinvio accertasse l'esistenza di tale produzione nazionale, il fatto che l'effetto restrittivo della misura statale controversa sulle importazioni favorirebbe non l'insieme delle merci nazionali, ma solo una parte di queste, non sarebbe, secondo la giurisprudenza della Corte, idoneo a sottrarre la misura in questione al divieto dell'art. 30 (42).

23 Ora, il giudice finlandese non ha espressamente prospettato la questione se la normativa nazionale sui giochi d'azzardo offenda il Trattato sotto il profilo da ultimo indicato. Ed è anche vero che la Corte è tenuta a basare la risposta ai quesiti pregiudiziali sui fatti indicati nell'ordinanza di rinvio. Senonché, la procedura istituita dall'art. 177 del Trattato esige altresì che codesto Collegio pervenga ad un'interpretazione del diritto comunitario la quale orienti il giudice nazionale il più compiutamente ed utilmente possibile nella definizione della causa principale. Nel nostro caso, peraltro, il Vaasan hovioikeus non ha mancato di includere l'art. 30 del Trattato fra le disposizioni del diritto comunitario che esso evocava. La Corte è, quindi, abilitata (e, a mio avviso, essa è anzi tenuta) ad offrire al giudice a quo tutti i lumi della richiesta pronuncia interpretativa, anche integrando le indicazioni palesemente scarne dell'ordinanza di rinvio con i dati informativi risultanti dal fascicolo, in particolare dalle osservazioni delle parti, che completino e sviluppino la presentazione della situazione fattuale e giuridica contenuta nel provvedimento di remissione. Con ciò, la Corte non modifica la sostanza dei quesiti proposti, ma raccoglie gli elementi di giudizio che le occorrono per risolverli. Con riguardo al caso di specie, oltretutto, il governo finlandese, nel sottoporre a codesto Collegio le proprie osservazioni orali, non è stato in grado di smentire le asserzioni fatte dalle ricorrenti sul punto in questione; ed è anche significativo che il profilo delle possibili discriminazioni nell'acquisto dei necessari beni strumentali da parte della RAY non fosse sfuggito alla Commissione (v. supra, paragrafo 17), quanto meno in via ipotetica, già durante la procedura scritta.

24 La terza questione pregiudiziale fa riferimento sub lett. a), oltre che alle norme comunitarie sulla libera circolazione delle merci e dei servizi, a «qualsiasi altro articolo del trattato CE». La normativa nazionale controversa nella causa principale si presterebbe, dunque, ad essere analizzata anche dal punto di vista della sua compatibilità con le regole di concorrenza del Trattato. Più precisamente, avuto riguardo alle risultanze fattuali sopra descritte (v. paragrafo 22), sembra porsi il problema della sussistenza, ed eventualmente della legittimità, di una estensione per via normativa della posizione dominante, detenuta dalla RAY nel mercato riservato ex lege, al mercato (concorrenziale) a monte della produzione e commercializzazione delle slot-machine (43). Prospetto quest'altro aspetto della specie solo incidentalmente, senza approfondirne la trattazione. Tenendo in conto i risultati ai quali pervengo nell'esaminare la normativa controversa sulla base degli artt. 30 e seguenti (v. supra, paragrafi 17-22 e infra, paragrafo 29) e degli artt. 59 e seguenti (v. infra, paragrafi 25-27 e 30-41), ritengo di non dover appesantire ulteriormente la struttura delle presenti conclusioni. Mi asterrò, pertanto, dall'indagare se la legge finlandese sui giochi d'azzardo sia contraria anche ai divieti posti dagli artt. 90, n. 1, e 86 del Trattato, sotto il profilo che ho qui sommariamente delineato.

Applicabilità delle norme del Trattato in materia di diritto di stabilimento o di libera prestazione dei servizi

25 Resta, peraltro, fermo che la compatibilità della legislazione finlandese sui giochi d'azzardo con gli obblighi derivanti dal Trattato va esaminata, secondo la prospettazione del giudice a quo, sotto l'angolo visuale della libertà di prestazione dei servizi. Si allude qui alle prestazioni fornite da un'impresa che installa e gestisce le slot-machine. Il servizio consiste nel far partecipare i giocatori paganti ad una singola partita (o ad una serie di giocate) e nell'offrir loro una speranza di vincita, mediante un meccanismo automatizzato per la raccolta delle poste e il versamento dei premi (44). Secondo i governi finlandese e britannico e la Commissione, peraltro, l'applicabilità al caso di specie degli artt. 59 e seguenti sarebbe dubbia perché, verosimilmente, verseremmo in una situazione puramente interna, essendo il servizio in questione fornito da un prestatore finlandese (TSL) a destinatari stabiliti nel territorio finlandese. Correttamente, tuttavia, Finlandia e Regno Unito aggiungono che il qualificare la situazione giuridica di cui si controverte nella causa principale è una valutazione (pragmatica ed economica) riservata al giudice a quo. Nella specie, il Vaasan hovioikeus - viste le circostanze, e a prescindere dalle ragioni concrete che possano aver indotto CML e TSL a regolare la loro relazione contrattuale come si è detto (v. supra, paragrafo 5) - ritiene che l'attività di gioco alle slot-machine, all'origine delle azioni penali di cui esso è investito, integra gli estremi della prestazione di un servizio (transfrontaliero) ai sensi del Trattato. Ritengo, pertanto, opportuno prendere in esame i quesiti del giudice finlandese in questa stessa prospettiva (45).

26 E' bene avvertire che al giudice a quo spetta altresì, secondo come egli qualifichi la relazione negoziale fra CML e TSL, risolvere la questione, sollevata dalla Commissione e dal governo belga, dell'applicabilità al caso di specie delle norme del Trattato in materia di libero stabilimento (in alternativa a quelle relative alla libera prestazione dei servizi) (46). La Commissione ritiene che la situazione della società britannica andrebbe analizzata sulla base degli artt. 52 e seguenti del Trattato qualora risultasse nei fatti che TSL operava in Finlandia, cioè nello Stato membro di prestazione dei servizi, come stabilimento o infrastruttura locale dell'impresa britannica, in particolare quale suo agente commerciale o rappresentante permanente. Il citato art. 52 consente, del resto, alle società di stabilirsi, ai sensi del Trattato, in più di uno Stato membro mediante l'apertura di agenzie, succursali o filiali. Inoltre - come rileva la Commissione, richiamando la vostra pronuncia nella causa 205/84 -, qualora un prestatore di servizi (in casu, un'impresa assicuratrice) «di uno Stato membro sia permanentemente presente in un altro Stato membro, ad ess[o] si applicano le disposizioni del trattato sul diritto di stabilimento, anche se la sua presenza in quest'ultimo Stato non ha assunto la forma di una succursale o di una agenzia, ma si manifesta tramite un semplice ufficio, gestito da personale dipendente dall'impresa, o tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell'impresa alla stessa stregua di un'agenzia. In ragione della suddetta definizione contenuta nell'art. 60, 1º comma (47), [il prestatore di servizi] non potrebbe, quindi, in tal caso, valersi degli artt. 59 e 60 del trattato per quanto riguarda le sue attività nel secondo Stato membro» (48).

Peraltro, le norme del Trattato relative, rispettivamente, al diritto di stabilimento ed alla libera circolazione dei servizi prevedono la soppressione delle misure statali restrittive così dell'una come dell'altra di tali fondamentali libertà. Libertà che, poi, a prescindere dalle differenti modalità pratiche di esercizio, costituiscono due facce dello stesso fenomeno: vale a dire la mobilità geografica che, all'interno della Comunità, il Trattato garantisce agli operatori economici degli Stati membri. Analoghe, del pari, sono le deroghe espresse contemplate dal Trattato ed i motivi di interesse generale in astratto invocabili come titoli giustificativi di eventuali misure nazionali restrittive (49). Di conseguenza, pur limitandomi nel prosieguo delle presenti conclusioni ad indagare la compatibilità della legislazione finlandese sui giochi d'azzardo con l'art. 59, cioè con la disposizione espressamente evocata nella seconda e nella terza questione pregiudiziale, i risultati cui pervengo dovrebbero, in via di principio, poter essere trasposti dal giudice a quo ad un'eventuale analisi del caso che egli ritenesse di dover condurre in base alle disposizioni dettate nel Trattato sul diritto di stabilimento.

La legge finlandese sui giochi d'azzardo è compatibile con gli artt. 90, n. 1, e 59 del Trattato?

27 Come richiede l'odierno giudice a quo, muoverò dai principi posti in Schindler anche nell'esaminare se la normativa nazionale controversa, la quale rende impossibile la fornitura dei servizi di gioco alle slot-machine nello Stato destinatario da parte di prestatori stabiliti in altri Stati membri, restringa oppur no la libertà di prestazione di servizi transfrontalieri, garantita dal Trattato alle persone fisiche ed alle società comunitarie. Nella pronuncia qui richiamata la Corte ha stabilito che il divieto di offrire i servizi di lotteria di grandi dimensioni nel territorio nazionale - previsto a prescindere dalla cittadinanza e dallo Stato membro di stabilimento dell'organizzatore della lotteria o dei suoi agenti - costituiva una misura indistintamente applicabile (v. supra, paragrafo 10) (50). Richiamando la sua consolidata giurisprudenza, codesto Collegio ha, poi, precisato che anche una normativa indistintamente applicabile alle prestazioni di servizi di qualsiasi origine può risultare lesiva dell'art. 59 del Trattato. Tale disposto sarebbe, infatti, offeso da una misura statale che, pur non discriminando i prestatori del servizio stranieri o non residenti nello Stato dagli altri, possa tuttavia ostacolare o disincentivare, senza giustificazioni oggettive e pertinenti, l'esercizio della libertà fondamentale in parola, se il servizio in questione viene prestato nello Stato membro di stabilimento in conformità alle prescrizioni normative ivi vigenti (51).

28 Diversamente dalla normativa nazionale controversa in Schindler, che vietava del tutto lo svolgimento del tipo di lotteria in essa previsto, la legge finlandese sui giochi d'azzardo, che il Vaasan hovioikeus è chiamato ad applicare nella causa principale, riserva l'attività dedotta in giudizio ad un solo operatore nazionale, precisamente ad un organismo di diritto pubblico istituito ad hoc, imponendo al titolare della licenza esclusiva di destinare integralmente gli utili realizzati al finanziamento di «buone cause». Una tale normativa impedisce a chi è stabilito in altro Stato membro di prestare (se si vuole, di esportare) nello Stato destinatario il servizio da lui offerto nel Paese membro di stabilimento. Una prima possibile conclusione sarebbe, perciò, quella di ritenere che, ai sensi del diritto comunitario, la concessione ad un operatore nazionale di diritti esclusivi, quali sono quelli detenuti per legge dalla RAY, ed il conseguente obbligo per i giocatori residenti nello Stato membro interessato di acquistare il servizio presso il monopolista, costituiscono misure discriminatorie contrarie agli artt. 90, n. 1, e 59 del Trattato, in quanto operanti a danno dei prestatori di servizi stranieri comunitari.

La vostra giurisprudenza non depone, tuttavia, in tal senso. E' stato, infatti, accolto il diverso criterio, secondo cui una misura statale che concede diritti esclusivi ad un'impresa nazionale - spiegando i propri effetti restrittivi nei confronti di tutti i prestatori di servizi diversi dal monopolista, non importa se stabiliti nello Stato membro in questione o in altro - va per ciò stesso qualificata come una restrizione indistintamente applicabile (52). Oltretutto, per applicare correttamente al nostro caso l'orientamento giurisprudenziale ora ricordato occorre, va avvertito, aver riguardo alla situazione di fatto e di diritto dei soli operatori che perseguono fini di lucro, prescindendo dalla peculiare situazione in cui versa l'organismo di diritto pubblico monopolista (53). Il trattamento previsto per le imprese interessate dalla misura statale controversa nella causa principale appare, da tale punto di vista, indifferenziato e va considerato come indistintamente applicabile alle prestazioni di servizi di qualsiasi origine, la fornitura del gioco alle slot-machine risultando preclusa per legge agli operatori stabiliti sia in Finlandia sia in altro Stato membro.

Soluzione del capo sub b) della terza questione pregiudiziale: (A) Possibili giustificazioni dei limiti posti dalla legge finlandese alla libertà di circolazione delle merci

29 Se alla terza questione pregiudiziale [sub lett. a)] si risponde in senso affermativo, come io propongo, andranno forniti al Vaasan hovioikeus anche gli elementi interpretativi da esso richiesti [sub lett. b) della terza questione] con riguardo alle possibili giustificazioni dei limiti posti nella specie alle libertà di circolazione delle merci e di prestazione dei servizi.

30 Sotto il primo profilo, le restrizioni della libera circolazione dei prodotti qui considerati, che discendono dalle misure discriminatorie adottate dal legislatore finlandese (v. supra, paragrafo 22), non possono, a me pare, essere giustificate da motivi di moralità pubblica, ordine pubblico o pubblica sicurezza, o da altre deroghe consentite dall'art. 36 del Trattato, e neppure sulla base dell'art. 90, n. 2, del Trattato. In particolare, secondo la vostra giurisprudenza, il richiamato art. 36 va interpretato restrittivamente. Pertanto, le eccezioni da esso enumerate non possono essere estese a casi diversi da quelli tassativamente previsti. Così, per esempio, comunque si intenda la nozione di ordine pubblico secondo la norma in discorso, essa non può in alcun caso concernere la protezione dei consumatori (54). Tale norma, inoltre, ha per oggetto esclusivamente misure di natura non economica (55). Ricordo, poi, che la seconda frase dell'art. 36 è diretta ad impedire che le restrizioni alla libera circolazione fondate sui motivi indicati nella prima frase siano sviate dal loro fine ed utilizzate in modo da discriminare merci provenienti da altri Stati membri, o proteggere indirettamente prodotti nazionali. E perciò, ad esempio, se nello Stato membro interessato è lecito il commercio delle stesse merci per le quali vige un divieto di importazione giustificato da ragioni di moralità pubblica, sarà da ritenere che l'applicazione della misura nazionale controversa integra una discriminazione arbitraria o una limitazione dissimulata al commercio fra Stati membri, dalla quale consegue la violazione del Trattato (56).

Non mi sembra, poi, che ricorrano nel nostro caso gli estremi per poter invocare, in via di deroga al divieto dell'art. 30, le disposizioni dell'art. 90, n. 2, del Trattato: diversamente da quanto pretende il governo belga, non sussiste alcuna ragione per ritenere che il gioco alle slot-machine costituisca un servizio di interesse economico generale (57); la RAY è, d'altra parte, titolare di una semplice licenza, e non potrebbe essere considerata come impresa vincolata a gestire tale servizio per incarico ricevuto dai pubblici poteri (58). Inoltre, quand'anche la situazione di un ente quale la RAY fosse quella del monopolio fiscale, nel caso di specie non sarebbe comunque soddisfatta la duplice condizione di applicabilità della deroga prevista dall'art. 90, n. 2, vale a dire che: i) l'applicazione delle norme del Trattato in materia di libera circolazione delle merci renda, in linea di diritto o di fatto, impossibile l'adempimento della missione di realizzare profitti da devolversi al bilancio statale (59), e ii) non venga compromesso l'interesse della Comunità.

(segue) (B) Possibili giustificazioni dei limiti posti dalla legge finlandese alla libertà di prestazione dei servizi: (i) Il divieto di installare e gestire slot-machine in Finlandia si applica in modo discriminatorio? (rinvio) (ii) Sussistono nella specie motivi imperativi di interesse pubblico suscettibili di rendere la normativa controversa compatibile con l'art. 59?

31 Occorre, d'altra parte, indagare se possano dirsi giustificate le restrizioni che la legge finlandese sui giochi d'azzardo configura quanto alla libera prestazione dei servizi. Il risultato al quale sono giunto in precedenza è che la normativa nazionale controversa si applica ai servizi di gioco alle slot-machine senza distinzione quanto alla loro origine (v. paragrafo 28). Il qualificare la specie nei termini descritti ha, secondo la giurisprudenza della Corte, quest'importante conseguenza pratica: le normative nazionali che discriminano il prestatore a causa della sua nazionalità, o della circostanza che esso è stabilito in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione deve essere eseguita, sono compatibili con il diritto comunitario solo in quanto esse possano esser fatte rientrare in alcuna delle ipotesi di deroga espressamente contemplate dagli art. 55 («attività che [nello Stato membro interessato] partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri») e 56 («motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica») del Trattato, ai quali rinvia il successivo art. 66 (60). Se la misura restrittiva dedotta in giudizio è, invece, priva di carattere discriminatorio, come qui accade, essa potrà essere giustificata, in assenza di misure di armonizzazione comunitarie (61), anche in base ad esigenze imperative connesse con l'interesse generale (62), purché tali esigenze non risultino già salvaguardate dalle norme alle quali i prestatori del servizio sono soggetti nello Stato membro di stabilimento e la limitazione in tal modo posta alla libertà garantita dall'art. 59 del Trattato sia necessaria e proporzionata (63).

32 Resta, perciò, da vedere se ricorra la seconda condizione richiesta ai fini della compatibilità con il Trattato di una misura restrittiva della libertà di prestazione dei servizi: dato che le deroghe contemplate dagli artt. 55 e 56 del Trattato sono inapplicabili alla specie (64), si può ritenere nel nostro caso che la legislazione finlandese sia giustificata da esigenze imperative connesse con l'interesse generale? Il Vaasan hovioikeus ha rilevato in sede di rinvio come il regime di licenza esclusiva per la messa a disposizione del pubblico delle slot-machine sia stato istituito soprattutto al fine di limitare la possibile realizzazione di profitti attraverso lo sfruttamento della passione per il gioco. Ciò risulta dai lavori preparatori della legge sui giochi di azzardo (v. supra, nota 3 e relativa parte del testo). Secondo il governo finlandese, il monopolio dello sfruttamento di tali apparecchi è adeguato alla tradizioni socio-culturali del Paese. Esso permetterebbe di controllare la «febbre del gioco» e ridurre il rischio di infiltrazioni criminali o frodi nella gestione di dette attività. L'analisi a suo tempo svolta dalla Corte nella pronuncia Schindler andrebbe, in quest'ordine di idee, estesa al presente giudizio, in quanto compatibile con le peculiarità della specie.

33 Convengo anch'io che la sentenza resa dalla Corte in Schindler rileva, e sotto più di un profilo, ai fini della definizione dell'odierno giudizio. Le autorità finlandesi hanno molto insistito sulla duplice circostanza che la normativa nazionale controversa impedisce l'esercizio di attività lucrative private fondate sullo sfruttamento della passione per il gioco e che i proventi dei servizi in questione costituiscono un importante mezzo di finanziamento per opere sociali o caritatevoli, nonché per attività di beneficenza e culturali. Va, però, ribadito che, sulla base dei principi stabiliti in Schindler, i motivi qui richiamati - a prescindere dal dubbio, a mio avviso non ingiustificato, se la normativa finlandese risulti ad essi genuinamente adeguata (65) - non costituiscono di per sé esigenze imperative di interesse generale, le quali possano giustificare eventuali restrizioni ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato (v. supra, paragrafi 11 e 12). Tale risultato mi pare, del resto, conforme al principio generale, posto dalla vostra giurisprudenza, secondo cui obiettivi di natura economica - qual è, appunto, quello di alleviare le uscite del bilancio statale mediante la devoluzione di fondi vincolati ex lege al perseguimento di determinate attività, rientranti nel novero di quelle che in principio sono affidate allo Stato - non costituiscono in alcun caso esigenze imperative suscettibili di limitare la portata del principio di non discriminazione stabilito nell'art. 59 (66).

D'altra parte, la pronuncia Schindler ha riconosciuto agli Stati membri il potere di apprezzare discrezionalmente quali esigenze di pubblico interesse meritavano di essere salvaguardate di fronte all'attività economica considerata in quel caso: il legislatore nazionale può tutelare, oltre a chi gioca, l'ordine sociale in genere, tenendo in conto le caratteristiche della società e cultura e le concezioni morali prevalenti nel suo Paese (v. supra, paragrafo 13). La Corte ha così ragionato con riguardo al divieto delle grandi lotterie su scala nazionale. Ed è il ragionamento di principio che conta. Lo si può applicare anche al nostro caso. Con ciò non intendo, beninteso, affermare che le esigenze giustificative delle misure adottate dal legislatore britannico, che la Corte teneva presenti in Schindler, vengano puntualmente a riproporsi per il presente giudizio. Il caso attuale e quello deciso dalla giurisprudenza Schindler non concernono, infatti, esattamente le stesse motivazioni della tutela richiesta dall'attività di gioco. Lì si trattava degli ingenti interessi finanziari, coinvolti sia dai proventi, sia dai premi distribuiti nel quadro delle grandi lotterie, che avrebbero potuto determinare elevati rischi di criminalità e di frode. Assai più modesto è il fatturato che corrisponde al gioco alle slot-machine (67). Tale forma di gioco, dal canto suo, apre la prospettiva dell'intrattenimento (del tutto assente nelle lotterie) più che quella di grosse vincite: ciò che, a mio avviso, potrebbe rendere meno urgenti le considerazioni legate all'obiettivo di non stimolare la pratica del gioco, i cui eccessi, ha osservato la Corte, hanno conseguenze sociali nocive. Tuttavia, anche l'installazione e gestione di tali apparecchi non possono presumersi esenti dal rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata, in particolare per l'interesse che il gioco presenta come potenziale veicolo di riciclaggio del denaro di provenienza illecita. In ogni caso, i giochi d'azzardo in genere, inclusi quelli in cui vi è una componente ludica o si richiede un certo grado di abilità dei partecipanti, possono comportare lo spostamento di risorse individuali verso attività comunemente considerate come socialmente improduttive. Chi gioca alle slot-machine versa, per di più, in una posizione di debolezza contrattuale, anche perché non dispone di mezzi efficaci per controllare se i premi complessivi pagati da ciascun apparecchio ai vincitori corrispondano alla percentuale delle giocate raccolte fra tutti i partecipanti, promessa dal fornitore del servizio. Insomma, anche con riferimento al gioco alle slot-machine possono esserci ragioni per giustificare le misure restrittive che il legislatore nazionale decida di adottare, sia regolando le modalità del gioco, in particolare l'ammontare delle poste e delle vincite, sia disponendo in merito alla destinazione degli utili ricavati.

34 Alle conclusioni precedenti va, peraltro, aggiunta un'avvertenza indispensabile, a me pare, per il corretto svolgimento dell'indagine che la Corte voglia rimettere al giudice nazionale. E' chiaro, a mio avviso, che agli Stati membri non è consentito di sottrarsi al divieto stabilito nel citato art. 59 per il semplice fatto di avere in astratto invocato una o più delle esigenze imperative riconosciute dalla vostra giurisprudenza. Le disposizioni adottate devono essere adeguate in concreto ai fini di interesse pubblico che le hanno presumibilmente ispirate, o che l'autorità nazionale abbia espressamente contemplato per limitare la prestazione transfrontaliera del servizio in questione, altrimenti garantita dal Trattato. Sebbene discrezionali, le misure restrittive prescelte restano sindacabili in sede giurisdizionale: la loro adeguatezza alle esigenze di pubblico interesse è, infatti, suscettibile di controllo da parte del giudice nazionale chiamato ad applicarle, il quale dovrà nello svolgimento di tale indagine riferirsi ai canoni di giustificatezza - incluso quello della proporzionalità - elaborati dalla giurisprudenza comunitaria con riguardo ai limiti che possono legalmente circondare l'esercizio di diritti e libertà scaturenti dal Trattato. Nel caso di specie, il giudice a quo è tenuto, quindi, a valutare la legge finlandese sui giochi d'azzardo tenendo in conto le effettive modalità di organizzazione ed esercizio del monopolio detenuto dalla RAY, e la coerente ed adeguata rispondenza delle disposizioni ivi dettate, com'esse operano in concreto, alle esigenze invocate dalle autorità nazionali per giustificarle. Le considerazioni che seguono sono dedicate precisamente a questo profilo del problema sottoposto alla Corte.

(iii) Il divieto di installare e gestire slot-machine in Finlandia è obiettivamente necessario per garantire il conseguimento degli scopi perseguiti?

35 Si tratta, detto ciò, di verificare se la normativa nazionale controversa appaia idonea a garantire il conseguimento degli scopi di protezione dei consumatori e di tutela dell'ordine sociale, che il governo finlandese dichiara di perseguire. Vediamo, anzitutto, la necessità del monopolio previsto al fine di limitare la domanda di giochi d'azzardo, e segnatamente del gioco alle slot-machine, nel mercato finlandese. Il numero complessivo di tali apparecchi ammonta attualmente a circa 16 000 unità, distribuite in circa 8 200 siti nell'insieme del territorio nazionale, ivi incluse le regioni a bassa densità di popolazione (68). Come ha riconosciuto lo stesso governo finlandese, in assenza di una rigida determinazione di fonte normativa, è la stessa RAY a fissare, in base a criteri di politica commerciale, il numero massimo di slot-machine che essa installa in Finlandia. Le ricorrenti hanno, inoltre, dedotto che per la promozione del gioco in questione la RAY ricorre a massicce ed aggressive campagne pubblicitarie, mentre i controlli sull'utilizzazione delle slot-machine da parte dei giocatori minori di età, imposti agli stabilimenti commerciali dalle condizioni generali di contratto elaborate dalla RAY (v. supra, paragrafo 4), restano in pratica largamente inosservati. Oltretutto, per i titolari degli esercizi di vendita interessati esisterebbe il chiaro incentivo economico a non limitare il numero degli apparecchi installati, nella speranza che questi richiamino una clientela maggiore per l'attività commerciale svolta in via principale, ed a consentire - anche attenuando i controlli sull'età e le abitudini di spesa degli utilizzatori - che il volume delle giocate sia il più elevato possibile. Il corrispettivo spettante a tali stabilimenti per l'installazione delle macchine è, infatti, calcolato in percentuale (attualmente nella misura del 16%) dei proventi del gioco realizzati (69). Il che, osservo incidentalmente, mal si accorda con l'obiettivo, dedotto dalle autorità finlandesi come uno dei motivi ispiratori della normativa controversa, di evitare che lo sfruttamento della passione per il gioco formi oggetto di attività imprenditoriali private.

Qualora dall'esame fattuale che compete al Vaasan hovioikeus risulti che le circostanze richiamate corrispondono al vero, si imporrà una conclusione esattamente opposta alla proposizione iniziale qui in esame: la RAY, lungi dall'operare severi controlli sulla «febbre del gioco», non manca di stimolarla, pur di acquisire risorse finanziarie da destinare al perseguimento degli obiettivi indicati nell'art. 3, quarto comma, della legge sui giochi d'azzardo (v. supra, paragrafo 2). Certo, non può escludersi che la RAY sia incorsa nelle pratiche denunciate dalle ricorrenti, sempre che esse risultino confermate nei fatti, proprio sotto l'impressione di essere comunque coperta dall'ombrello delle «buone cause». Data la destinazione imposta dalle legge ai relativi profitti, lo stimolare la domanda di giochi d'azzardo costituirebbe, in questa prospettiva, una sorta, diciamo, di peccato veniale: una modalità di esercizio del monopolio da valutare, in sede di indagine sulla necessità del divieto, in maniera meno grave di quanto dovrebbe esserlo nel contesto di una disciplina che consentisse l'arricchimento individuale da parte di chi organizza il gioco. Si è già rilevato (v. paragrafo 32), tuttavia, come la possibilità per gli Stati membri di garantire che gli utili dei giochi d'azzardo siano devoluti a scopi di utilità generale non costituisce un'esigenza imperativa suscettibile di giustificare eventuali restrizioni alla libera prestazione dei servizi. E' la stessa sentenza Schindler a dircelo chiaramente. Si tratta, perciò, di un elemento privo di rilevanza ai fini dell'apprezzamento del carattere necessario ed adeguato della misura restrittiva controversa. Almeno in questo caso, si sarebbe tentati di dire, il fine non giustifica il mezzo. Di conseguenza, occorre concludere che, tenuto conto delle concrete modalità di esercizio ed organizzazione del monopolio esercitato dalla RAY, il divieto di installare e gestire slot-machine in Finlandia non risulta di per sé idoneo a limitare efficacemente la domanda del gioco.

36 Per contro, la riserva legale della prestazione del servizio ad un organismo di diritto pubblico qual è la RAY appare, a mio avviso, adeguata all'altro e concorrente obiettivo, perseguito dalla legge finlandese, di proteggere i giocatori (ed in genere la collettività) dal rischio che l'attività in questione venga esercitata per scopi fraudolenti o comunque criminali (v. supra, paragrafi 31 e 32). Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza della Corte sopra richiamata (v. nota 63 e relativa parte del testo), nel valutare se la misura statale dedotta in controversia è necessaria ed adeguata ai suoi scopi non si può prescindere dal verificare se le sottostanti esigenze da soddisfare risultino già salvaguardate dalle norme alle quali il prestatore di servizi straniero comunitario è soggetto nel Paese membro di stabilimento. Pertanto, con riguardo alla causa principale, il divieto di installare e gestire slot-machine in Finlandia potrebbe dirsi necessario ai fini che qui importano soltanto se nell'ordinamento giuridico dello Stato membro di origine del fornitore del servizio non risultino già predisposti controlli adeguati «corrispondenti alle norme e ai controlli in vigore nello Stato destinatario della prestazione» (70). Peraltro, come certa dottrina ha avuto modo di avvertire, la sentenza Schindler non è scesa a considerare da vicino quale criterio presieda all'indagine sull'equivalenza dei controlli (71). Appare, perciò, tanto più interessante richiamare la motivazione con la quale l'avvocato generale Gulmann, nelle sue conclusioni in quella causa, ha escluso che il divieto di organizzare lotterie del tipo di quella che i signori Schindler avevano commercializzato nel Regno Unito fosse necessario per tutelare i consumatori e l'ordine sociale dalle frodi. Non solo le norme vigenti in Germania per tale tipo di lotteria ed il controllo esercitato sulla stessa offrivano un elevato livello di sicurezza contro gli abusi, egli ha sostenuto, ma anche il servizio in questione non sembrava sollevare rischi di abusi maggiori rispetto a quelli considerati accettabili nel Regno Unito per attività analoghe, quali le lotterie locali ed i concorsi pronostici sulle partite di calcio (nonché la lotteria nazionale legalizzata nel 1993) (72). A mio avviso, è ad analoghi criteri che il giudice nazionale deve ispirarsi nell'applicare il criterio di equivalenza nella causa principale. Esso deve porre a raffronto il livello di tutela dei giocatori e dell'ordine sociale che il legislatore finlandese intende garantire nel territorio nazionale (73) con quello reso possibile dai controlli e in genere dalla normativa vigente nello Stato membro di origine del servizio. E quindi, nel caso di specie, il giudice a quo dovrà tenere in conto, in particolare, la circostanza, sottolineata nelle osservazioni formulate dalle autorità britanniche, che nel Regno Unito la vendita, fornitura e manutenzione delle slot-machine sono già oggetto di controlli, diretti a garantire che gli apparecchi in questione non siano «truccati» e non possano essere utilizzati a fini criminosi.

(iv) Il divieto di installare e gestire slot-machine in Finlandia è proporzionato al conseguimento degli scopi perseguiti?

37 Come risulta dalla giurisprudenza sopra richiamata (v. paragrafo 30), quand'anche l'odierno giudice a quo constatasse che la legge finlandese sui giochi d'azzardo è necessaria ed adeguata, nei termini sopra delineati (v. paragrafi 34 e 35), ciò non basterebbe ancora ad escludere che la misura controversa offenda l'art. 59. Occorrerebbe, infatti, altresì stabilire che le menzionate esigenze imperative di tutela dei consumatori e dell'ordine sociale non possano essere realizzate con pari efficacia mediante strumenti meno restrittivi. Secondo il governo spagnolo, tuttavia, la questione se nella specie possa dirsi soddisfatto oppur no il canone di proporzionalità sarebbe priva di pertinenza per la definizione della causa principale. Applicando per analogia la soluzione adottata dalla Corte in Schindler, esso sostiene, dovrebbe ritenersi compatibile con il Trattato perfino un ipotetico divieto assoluto di prestazione dei servizi di gioco, che non ammettesse deroghe neanche nei confronti di un organismo di diritto pubblico in situazione comparabile a quella della RAY. Tale conclusione si imporrebbe, allora, a più forte ragione per la legge finlandese sui giochi d'azzardo, che prevede una restrizione della libera prestazione dei servizi analoga a quella risultante dalla normativa britannica controversa in Schindler, ed anzi consente a certe condizioni la fornitura dei servizi in questione da parte di un operatore monopolista.

38 Benché sia a prima vista suggestiva, l'argomentazione qui prospettata non mi trova d'accordo: essa finisce col provar troppo. Una cosa, infatti, è il rilevare l'analogia fra i motivi imperativi di interesse generale perseguiti rispettivamente dalla legge finlandese sui giochi d'azzardo e dalla normativa britannica sulle lotterie oggetto della causa Schindler. Altro, però, è il dedurre da tale analogia che il risultato raggiunto dalla Corte in quella pronuncia debba, a fil di logica, valere a fortiori per il caso di specie. Così non è. Non si può trascurare la diversità delle misure restrittive in questione, rispettivamente, in Schindler e nell'odierna causa principale. A questo riguardo, mi sembra innegabile che un divieto di fornire un dato servizio ai destinatari stabiliti in un dato Stato membro, che non ammetta eccezioni in favore financo di un solo operatore avente la cittadinanza di quello Stato o stabilito nel suo territorio, non solleva alcun sospetto di motivazioni protezionistiche. Le autorità nazionali considerano indesiderabile il servizio in parola ed intendono bandirlo sulla base di giustificazioni in ipotesi legittime, quale, per quel che rileva ai nostri fini, sarebbe la natura affatto speciale dei giochi d'azzardo. Il divieto da esse coerentemente posto sarà, pertanto, assistito da una sorta di presunzione di proporzionalità rispetto alle esigenze invocate.

Diverso, però, è il caso di un divieto selettivo, qual è quello qui dedotto in controversia, che consente la fornitura del servizio, nel rispetto di penetranti modalità di organizzazione ed esercizio, ma esclusivamente ad un operatore nazionale. Qui è lo stesso Stato membro a dimostrare, con il prevedere un'eccezione al divieto, che le esigenze imperative di interesse pubblico invocate si presentano, secondo la stessa concezione delle autorità nazionali, con gravità ed urgenza relative e vanno intese con un certo grado di flessibilità. Tale valutazione non può non riflettersi sull'indagine relativa alla possibilità che la protezione degli interessi generali in gioco possa essere realizzata altrettanto efficacemente, anche nei confronti dei potenziali concorrenti stranieri comunitari dell'unico prestatore nazionale autorizzato, mediante misure meno restrittive della libera circolazione dei servizi di quanto non sia il divieto assoluto di accesso al mercato.

Non a caso, la pronuncia Schindler - pur riconoscendo agli Stati membri, accanto alla competenza a definire le esigenze di tutela dei giocatori e più in generale dell'ordine sociale, il potere discrezionale di vietare o di limitare le attività di gioco nel proprio territorio, in base alle indicazioni desumibili dalle tradizioni socio-culturali nazionali - contiene un importante caveat: affinché le esigenze imperative riconosciute dalla Corte possano valere a sottrarre eventuali misure statali restrittive al divieto dell'art. 59 del Trattato, le limitazioni così poste alla libertà di prestazione dei servizi non devono essere discriminatorie (v. supra, paragrafo 13). Come va interpretato questo inciso, contenuto al punto 61 della sentenza, nella parte finale dell'analisi della Corte relativa all'esistenza di cause legittime di giustificazione? A mio avviso, non si tratta di un'inutile ripetizione del principio, già enunciato in un capo precedente della pronuncia (sub punti 47-52), secondo cui solo misure che siano indistintamente applicabili possono essere giustificate da ragioni imperative di interesse generale. Ritengo, invece, che codesto Collegio abbia voluto formulare, sia pure in forma ellittica, un ulteriore principio. E precisamente: quando si riconosce alle autorità nazionali il potere discrezionale di adottare divieti o misure altrimenti restrittive di una libertà fondamentale garantita dal Trattato, in relazione alle peculiari caratteristiche di una merce o di un servizio, gli eventuali effetti discriminatori delle disposizioni adottate, quand'anche essi derivino da criteri non dettati da intenti protezionistici, vengono in rilievo ad un duplice fine. Gli effetti che così si configurano vanno, intendo dire, soggetti ad un duplice controllo. Si dovrà, anzitutto, vedere se la misura alla quale essi si riconnettono sia indistintamente applicabile oppur no; e, successivamente, si tratterà di valutare tali effetti anche sotto altro profilo, quando si passi ad esaminare se la misura in questione sia adeguata, necessaria e proporzionata alle esigenze imperative avute di mira. Si dirà che questo doppio criterio di valutazione é, di fronte alla discrezionalità qui riconosciuta agli Stati membri, uno standard di controllo assai rigoroso. A mio giudizio, lo deve essere. La nozione di misura indistintamente applicabile, nel contesto in cui qui l'adoperiamo, non esaurisce, infatti, tutti i profili sotto i quali le misure statali dirette a restringere o impedire la libera circolazione di beni o servizi possono operare illecite discriminazioni ai sensi del Trattato. L'ambito delle possibili cause giustificative di tali misure non va indebitamente esteso. Così accadrebbe, tuttavia, se gli Stati membri fossero liberi di regolare, o precludere addirittura, l'accesso ad un'attività economica in base alla sola considerazione della speciale natura che essa riveste. Il nostro caso, ripeto, è appunto quello di un divieto selettivo: l'attività in questione è riservata ad un operatore nazionale. La pronuncia Schindler non ci consente di presumere che una misura del genere esca automaticamente indenne da censura. La disciplina così posta esige, invece, di essere autonomamente controllata, come dicevo, in punto di necessità, adeguatezza e proporzionalità. Fermiamo, in particolare, l'attenzione sull'aspetto che ha riguardo alla proporzionalità delle misure adottate rispetto al fine da perseguire.

39 Il governo finlandese, le autorità degli altri Stati membri «intervenuti» e la Commissione deducono che la normativa nazionale soddisfa nel caso di specie a tale requisito. Se il gioco alle slot-machine si svolgesse in regime di libera concorrenza, essi affermano, gli Stati membri non potrebbero limitarne o comunque controllarne discrezionalmente l'offerta nel proprio territorio, né quindi prevenire le conseguenze sociali nocive di una domanda eccessiva. Sempre secondo la Commissione e gli Stati membri, la liberalizzazione del mercato non consentirebbe, d'altra parte, di proteggere adeguatamente i giocatori dal rischio di frodi e la collettività dalle infiltrazioni criminali nelle attività di gioco. Le ricorrenti, per parte loro, oppongono che il voler ricostruire i termini della questione come se questa implicasse per forza di cose una scelta fra due estremi - monopolio ovvero completa deregolamentazione del mercato - costituisce una forzatura inaccettabile. In ogni caso, per ottenere la riforma della sentenza di primo grado nella causa principale, le ricorrenti non sembrano avere bisogno di far valere la pretesa a che il mercato del gioco alle slot-machine sia aperto alla concorrenza. A tal fine basterebbe loro dimostrare di non poter aspirare alla concessione della licenza per l'esercizio dell'attività in questione, che la legislazione vigente riserva alla RAY.

40 Gli argomenti addotti dal signor Läärä e dalle società ricorrenti nella causa principale mi sembrano fondati. Una volta ammesso che il bisogno di giocare d'azzardo costituisce un fatto inevitabile, esso può venire opportunamente soggetto a disciplina mediante norme dirette a limitare e controllare l'offerta di mercato. Contrariamente a quanto deduce il governo spagnolo, i controlli e le verifiche che occorrono per assicurare la realizzazione delle esigenze imperative perseguite - e che, come osservavo (v. paragrafo 35), non devono, peraltro, inutilmente duplicare quelli eventualmente già disposti dallo Stato d'origine dei servizi - potrebbero, a mio avviso, esser praticati anche in un contesto normativo meno restrittivo di quello attualmente in vigore. Come deducono le autorità belghe, tale sarebbe, per esempio, un regime di licenze non esclusive, di cui venissero abilitati a fruire anche imprenditori privati: un regime in virtù del quale la licenza di installazione e gestione degli apparecchi litigiosi sarebbe concessa su richiesta agli operatori interessati, per tutto il territorio nazionale o una parte soltanto di esso, ma alle condizioni stabilite dal legislatore nazionale in vista delle esigenze da tutelare. Si tratterebbe, quindi, di estendere i controlli e le verifiche, oggi previsti per i gestori degli esercizi nei quali le slot-machine sono poste a disposizione del pubblico, agli operatori che richiedano il rilascio di tale licenza. Di questo tipo è la soluzione già al presente adottata, pur nella varietà delle singole discipline nazionali, negli ordinamenti giuridici olandese, tedesco e portoghese. Così l'aggravio dei costi amministrativi conseguente all'estensione dell'area degli operatori soggetti a sorveglianza dovrebbe ritenersi contenuto in termini ragionevoli. E sarebbe una soluzione certo più proporzionata alle esigenze cui il legislatore finlandese dichiara di volersi ispirare di quanto può mai esserlo il regime monopolistico attualmente vigente (74). Che la sostituzione del monopolio della RAY con un sistema di licenze non esclusive avrebbe effetti meno incisivi sulla libertà di prestazione dei servizi è proposizione talmente chiara da non richiedere estesi commenti. Una volta fissato il numero massimo di licenze disponibili in relazione al livello dell'offerta complessiva ritenuto desiderabile dal legislatore finlandese, tutti i fornitori (finlandesi e stranieri comunitari) che soddisfino ai requisiti di serietà ed onorabilità in ipotesi fissati dalla legge avrebbero accesso, in linea di principio (e fatta salva la necessità di indire apposite procedure di selezione), al mercato nazionale del servizio, su basi trasparenti e non discriminatorie. Inoltre, l'esercizio dell'attività di gioco da parte dei concessionari privati rimarrebbe soggetto ai controlli di polizia ed amministrativi in genere, necessari per verificare il rispetto delle pertinenti prescrizioni normative (relative, ad esempio, all'importo delle giocate e dei premi e all'utilizzazione di contatori) e delle condizioni della licenza (in particolare, quelle relative al divieto di utilizzazione delle macchine da parte di minorenni non accompagnati o alla costituzione preventiva di una cauzione a garanzia del pagamento di eventuali sanzioni pecuniarie), consentendo per tal via di prevenire la commissione di frodi e di altri reati. Un regime di licenze non esclusive sarebbe, del resto, perfettamente compatibile con il potere discrezionale degli Stati membri di regolare la destinazione degli utili ricavati, e segnatamente con l'obiettivo di coinvolgere i concessionari, eventualmente mediante lo strumento dell'imposizione fiscale, nel finanziamento di finalità di pubblico interesse. Sono, pertanto, dell'avviso che l'art. 59 del Trattato vada interpretato nel senso che un divieto di gestire ed installare slot-machine, quale quello previsto dalla legge finlandese sui giochi d'azzardo, non soddisfa al canone di proporzionalità.

41 Suggerisco, infine, a codesto Collegio di risolvere in senso negativo la questione dell'applicabilità al caso di specie, al fine di sottrarre un'impresa quale la RAY all'applicazione degli artt. 90, n. 1, e 59, della deroga stabilita nell'art. 90, n. 2, del Trattato. Valgano al riguardo, mutatis mutandis, le considerazioni da me sopra svolte con riguardo alla compatibilità delle modalità di organizzazione e di esercizio del monopolio in questione con le disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle merci (v. supra, paragrafo 29).

III - Conclusioni

Per le considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere le odierne questioni pregiudiziali del Vaasan hovioikeus nei termini seguenti:

«1. Gli artt. 90, n. 1, e 30 del Trattato ostano ad una normativa nazionale che conceda ad un organismo di diritto pubblico nella situazione della Raha-automaattiyhdistys il diritto esclusivo di fornire servizi di gioco alle slot-machine ed il diritto di produrre e vendere gli apparecchi necessari per la prestazione di detti servizi, qualora dall'attribuzione di questi diritti a detta impresa derivi una discriminazione ingiustificata dei prodotti importati rispetto a quelli nazionali, a meno che detta normativa non sia giustificata da uno dei motivi indicati nell'art. 36 o l'applicazione dell'art. 30 sia di impedimento alla missione particolare affidata all'impresa interessata.

2. Gli artt. 90, n. 1, e 59 del Trattato ostano ad una normativa nazionale che conceda ad un organismo di diritto pubblico nella situazione della Raha-automaattiyhdistys il diritto esclusivo di fornire servizi di gioco alle slot-machine, qualora, tenendo in conto le concrete modalità di organizzazione ed esercizio di detto monopolio, risulti che le disposizioni restrittive della libera prestazione dei servizi non corrispondono in maniera coerente, adeguata e proporzionata alle esigenze di politica sociale e di prevenzione delle frodi, invocate dalle autorità nazionali per giustificare la normativa in questione».

(1) - V. sentenza 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler (Racc. pag. I-1039).

(2) - V. legge 1 settembre 1965, n. 491, come successivamente modificata.

(3) - V. disegno di legge n. 142/1964 presentato dal governo finlandese in vista dell'adozione di una disciplina dei giochi d'azzardo.

(4) - La legislazione finlandese consente, invece, ai titolari di licenze per esercizi commerciali di installare liberamente nei propri locali apparecchi di intrattenimento, dai quali i giocatori possano ottenere in premio esclusivamente la possibilità di prolungare o ripetere il gioco (v. legge 10 febbraio 1995, n. 164, sugli apparecchi automatici di intrattenimento).

(5) - V. art. 1, terzo comma, del Raha-automaatti-asetus (decreto 29 dicembre 1967, n. 676, sulle macchine automatiche per giochi d'azzardo, come successivamente modificato).

(6) - V. artt. 6, primo comma, e 16, primo comma, del Raha-automaatti-asetus (citato supra, nota 5).

(7) - V. art. 6, primo comma, del Raha-automaatti-asetus (citato supra, nota 5).

(8) - V. sito web della RAY (indirizzo Internet: http://www.ray.fi/english/briefly/default.htm).

(9) - La condizione menzionata nel testo richiama, peraltro, il contenuto dell'art. 3 del Raha-automaatti-asetus (citato supra, nota 5).

(10) - V. artt. 2 e 34 del Raha-automaatti-asetus (citato supra, nota 5).

(11) - Ex punto 7 della versione inglese del contratto in questione, TSL «is the exclusive representative of the CM[L]-machines». Il successivo punto 8 attribuisce a TSL il diritto di concludere con i gestori di esercizi commerciali ed altri stabilimenti accordi per l'installazione dei prodotti contrattuali.

(12) - Dall'ordinanza di rinvio risulta che il conseguimento di vincite a seguito di giocate con la macchina di tipo AWP (amusement-with-prizes) «Golden Shot» è legato alla posizione di arresto dei «dischi ruotanti nella macchina, sui quali sono impresse immagini di frutti. Se i dischi si fermano in una posizione corrispondente alla tabella delle vincite, sia da soli, sia in seguito ad una mossa del giocatore, che riesca per mezzo di una maniglia a bloccarli o a portarli su tale posizione, il giocatore stesso può ricevere dall'apparecchio una vincita non superiore, per ciascuna giocata, ad un massimo di FIM 200 [equivalenti a circa 40 euro]. Come posta di una singola giocata, il giocatore può scegliere tra FIM 1 e FIM 5» (equivalenti a circa 0,20 e 1 euro, rispettivamente; traduzione libera). Nelle loro osservazioni scritte dinanzi alla Corte, il signor Läärä, TSL e CML hanno affermato che detto rapporto fra l'importo della giocata e quello del premio sarebbe identico a quello delle slot-machine gestite dalla RAY.

(13) - Ai sensi del capitolo 2, art. 16, secondo comma, del Codice penale finlandese, è suscettibile di confisca in danno dell'autore dell'infrazione o della persona per il cui interesse o profitto quest'ultimo ha agito lo strumento loro appartenente che è servito a commettere l'infrazione, ovvero che è stato preparato od ottenuto a quest'unico fine.

(14) - V. sentenza 24 marzo 1994 (citata supra, nota 1), punti 16-19.

(15) - V. id., punti 31-37.

(16) - V. id., punti 21-30, in part. punto 22. Analizzando se potessero dirsi soddisfatti nella specie tutti i requisiti previsti dalla disposizione definitoria dell'art. 60 del Trattato, la Corte ha osservato: «Le prestazioni di cui trattasi sono quelle fornite dall'organizzatore della lotteria facendo partecipare gli acquirenti dei biglietti ad un gioco che offre loro una speranza di vincita, garantendo a tal fine la raccolta delle poste, l'organizzazione di estrazioni a sorte, la determinazione e il versamento dei premi o delle vincite». Quanto al corrispettivo di tali prestazioni, esso era di norma costituito dal prezzo del biglietto. Infine, con riguardo al carattere residuale della nozione comunitaria di «servizi», la Corte ha escluso che le lotterie rientrassero nella sfera di protezione di un'altra libertà fondamentale, e in particolare in quella offerta dalle norme sulla libera circolazione dei capitali, che non riguardano il complesso dei trasferimenti valutari necessari alle attività economiche (v. id., punti 27, 28 e 30).

(17) - V. id., punto 35.

(18) - V. id., punti 39-45.

(19) - V. id., punto 48.

(20) - V. id., punto 60. La Corte ha osservato, in particolare, che le grandi lotterie, per l'elevato ammontare delle somme raccolte e dei premi offerti, comportano gravi rischi di criminalità e frode, insieme con dannose conseguenze, a livello individuale e sociale, per quanti sono più propensi ad acquistare un elevato numero di biglietti, pur in vista di vincite aleatorie.

(21) - V. Hatzopoulos (v. nota di commento alla sentenza Schindler, in Comm. Mkt. L. Rev., 1995, pag. 841, in particolare pag. 851) osserva come la formulazione negativa utilizzata al punto 60 della pronuncia in questione («Non è infatti possibile prescindere anzitutto da considerazioni di ordine morale, religioso o culturale attinenti alle lotterie come agli altri giochi d'azzardo in tutti gli Stati membri») releghi nell'ombra sia il peso che secondo la Corte occorre riconoscere a tali considerazioni sia le eventuali conseguenze giuridiche di tale operazione interpretativa. Secondo l'autore, il passaggio della sentenza in commento appare tanto più sorprendente in quanto, nel precedente punto 32 della pronuncia, la Corte, esaminando se le attività di lotteria rientrassero oppur no nell'ambito di applicazione degli artt. 59 e seguenti del Trattato, ha assunto una posizione agnostica, affermando: «Anche considerando per lo meno discutibile la moralità delle lotterie, non spetta alla Corte sostituire la sua valutazione a quella dei legislatori degli Stati membri in cui quest'attività è lecitamente praticata» (v. supra, paragrafo 8).

(22) - V. sentenza 24 marzo 1994 (citata supra, nota 1), punti 57-60, in particolare punti 59 e 58.

(23) - V. id., punto 60.

(24) - V. id., punti 60 e 61, in part. punto 61. Di conseguenza, lo stesso divieto di importare materiale destinato a consentire ai cittadini dello Stato membro di importazione di partecipare a lotterie di grandi dimensioni organizzate in un altro Paese membro costituiva, secondo la Corte, un elemento necessario della protezione che il primo Stato intendeva garantire nel proprio territorio nel settore dei giochi d'azzardo. Tale divieto non poteva, pertanto, essere considerato come una misura recante una limitazione ingiustificata della libera prestazione dei servizi (v. id., punti 62 e 63).

(25) - Quanto da me appena osservato nel testo non esclude, peraltro, che quanto meno il criterio dell'entità delle vincite realizzabili possa eventualmente rilevare anche nel contesto dell'analisi della possibilità di invocare deroghe ai divieti del Trattato (v. infra, paragrafo 32).

(26) - V., ex multis, sentenze 16 luglio 1998, causa C-235/95, AGS Assedic Pas-de-Calais/Dumon e Froment (Racc. pag. I-4531, punto 25), 12 ottobre 1993, causa C-37/92, Vanacker e Lesage (Racc. pag. I-4947), e 13 ottobre 1976, causa 32/76, Saieva (Racc. pag. 1523).

(27) - Rientra nella nozione di «impresa», in particolare nel contesto del diritto della concorrenza, qualsiasi entità che esercita un'attività economica, indipendentemente dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. Tale qualifica è stata perciò ritenuta applicabile ad un ufficio pubblico per l'occupazione che esercita attività di collocamento [v. sentenze 23 aprile 1991, causa C-41/90, Höfner e Elser (Racc. pag. I-1979, punto 21), e 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre (Racc. pag. I-7119, punti 21-25)], nonché ad un ente che, senza perseguire scopo di lucro, gestisce un regime di assicurazione per la vecchiaia, istituito per legge a titolo facoltativo e destinato ad integrare un regime di base obbligatorio, e che opera, nel rispetto delle norme stabilite dalle autorità amministrative, in particolare per quanto riguarda le condizioni di adesione, i contributi e le prestazioni, secondo il principio della capitalizzazione [(v. sentenza 16 novembre 1995, causa C-244/94, Fédération française des sociétés d'assurance e a., Racc. pag. I-4013)]. Secondo la Corte, invece, non costituiscono imprese gli organismi che concorrono alla gestione del servizio pubblico della sicurezza sociale, i quali adempiono una funzione di natura esclusivamente sociale, esercitando un'attività fondata su principi solidaristici e priva di fini di lucro [(v. sentenza 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91 e C-160/91, Poucet e Pistre/AGF e Cancava (Racc. pag. I-637, punti 17-19)].

(28) - Ricordo che nella sentenza 6 luglio 1982, cause riunite da 188 a 190/80, Francia, Italia e Regno Unito/Commissione (Racc. pag. 2545, punti 24-26, in particolare punto 25), la Corte ha approvato la definizione di impresa pubblica [«ogni impresa su cui i pubblici poteri possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante. Una tale influenza viene presunta (...) quando i poteri pubblici, direttamente o indirettamente, detengano la maggioranza del capitale, dispongano della maggioranza dei voti o possano designare più della metà dei membri degli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa di cui trattasi»] contenuta nell'art. 2 della direttiva della Commissione 25 giugno 1980, 80/723/CEE, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (GU L 195, pag. 35, come successivamente modificata).

(29) - V., ex multis, sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT/DEP (Racc. pag. I-2925, punti 10 e 11).

(30) - V. conclusioni dell'avvocato generale Gulmann presentate il 16 dicembre 1993, causa C-275/92 (Racc. pag. I-1042, paragrafo 27).

(31) - V. sentenza 10 dicembre 1968, causa 7/68, Commissione Italia (Racc. pag. 617), relativa a beni di interesse artistico o storico. Secondo la Corte, «oggetti che vengono trasportati al di là di una frontiera per dar luogo a negozi commerciali sono soggetti all'art. 30, indipendentemente dalla natura di tali negozi»; e perciò costituiscono «merci», ai sensi e per gli effetti degli artt. 30 e seguenti del Trattato, anche i rifiuti non riciclabili (v. sentenza 9 luglio 1992, causa C-2/90, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-4331, punto 26).

(32) - V. codice NC 9504 30 50.

(33) - V. sentenza 23 ottobre 1997, causa C-158/94, Commissione/Italia (Racc. pag. I-5789, punti 15-20); nonché conclusioni dell'avvocato generale Cosmas presentate il 26 novembre 1996 nelle cause riunite da C-157/94 a C-160/94, Commissione/Paesi Bassi, Commissione/Italia, Commissione/Francia e Commissione/Spagna (Racc. pag. I-5701, paragrafo 15).

(34) - Come, ad esempio, la fornitura di olio, parti di ricambio ed altre merci effettuata nel contesto del servizio di controllo tecnico di autoveicoli (v. sentenza 5 ottobre 1994, causa C-55/93, Van Schaik, Racc. pag. I-4837, punto 14).

(35) - V. F. Blum-A. Logue, State Monopolies Under EC Law, Chichester, 1998, pag. 106 e 137. V. anche sentenze 30 aprile 1974, causa 155/73, Sacchi (Racc. pag. 409, punti 6 e 7), e 18 giugno 1991 (citata supra, nota 29), punti 13 e 14, in cui la Corte ha affermato che la trasmissione di messaggi televisivi, compresi quelli di carattere pubblicitario, va qualificata come una prestazione di servizi, mentre gli scambi transfrontalieri di materiali, supporti sonori, film, attrezzature tecniche ed altri prodotti utilizzati per la fornitura del servizio in questione sono soggetti alle regole relative alla libera circolazione delle merci; nonché sentenza 22 settembre 1988, causa 45/87, Commissione/Irlanda (Racc. pag. 4929, punto 17), concernente la conformità all'art. 30 del Trattato dell'inserimento, nel bando di gara per un appalto di lavori pubblici, di una clausola che prescriveva la conformità alle disposizioni tecniche irlandesi di taluni dei materiali da utilizzare nell'esecuzione dei lavori in questione. La Corte ha sancito che «il fatto che un appalto di lavori pubblici riguardi la prestazione di servizi non può (...) avere la conseguenza di sottrarre ai divieti dell'art. 30 una limitazione dei materiali da utilizzare inserita in un bando di gara».

(36) - Ho richiamato nel testo la seconda e terza questione pregiudiziale a suo tempo sottoposte alla Corte dal Monomeles Protodikeío di Salonicco (v. sentenza 18 giugno 1991, citata supra, nota 29, punto 5).

(37) - V. id., punti 15, 16 e 18, in particolare punti 15 e 16. V. anche sentenza 30 aprile 1974 (citata supra, nota 35), punti 7 e 8. La Corte ha anche stabilito, in sede di interpretazione dell'art. 37 del Trattato, che non si può escludere l'eventualità che un monopolio di prestazioni di servizi (in casu, servizio esterno di pompe funebri) influisca indirettamente sugli scambi infracomunitari di merci (in casu, carri funebri, catafalchi, arredi esterni degli obitori e vetture per gli accompagnatori), «in particolare quando il monopolio di prestazione di determinati servizi appartenente ad un'impresa, o ad un complesso di imprese, si risolve nella discriminazione di merci importate rispetto a quelle di origine nazionale» [v. sentenza 4 maggio 1988, causa 30/87, Bodson/Pompes funèbres des régions libérées (Racc. pag. 2479, punto 10); v. anche sentenza 7 dicembre 1995, causa C-17/94, Gervais e a. (Racc. pag. I-4353, punti 36-38)].

(38) - V. sentenza 18 giugno 1991 (citata supra, nota 29), punti 19-22, in particolare punto 22.

(39) - V. supra, nota 37 e relativa parte del testo.

(40) - V. sentenza 18 giugno 1991 (citata supra, nota 29), punto 23. La Corte ha, tuttavia, rilevato anche che l'obiettivo di evitare perturbazioni dovute al ristretto numero di canali disponibili non era nella specie suscettibile di costituire una giustificazione della normativa nazionale con effetti discriminatori, ai sensi dell'art. 56 del Trattato, in quanto ERT utilizzava un numero modesto di tali canali (v. id., punto 25). Infine, la Corte ha concluso che l'art. 59 osta ad una normativa nazionale che crei un monopolio del tipo di quello descritto, «qualora un siffatto monopolio comporti effetti discriminatori a danno delle emissioni provenienti da altri Stati membri, a meno che detta normativa non sia giustificata da uno dei motivi indicati nell'art. 56, al quale l'art. 66 del Trattato fa rinvio» (v. id., punto 3 del dispositivo).

(41) - Secondo la vostra consolidata giurisprudenza, rientra nella nozione di misura d'effetto equivalente a restrizioni quantitative «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari» (v. sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5; il corsivo è mio). Non costituisce, invece, un presupposto necessario ai fini del divieto stabilito dall'art. 30 del Trattato la condizione che siffatte misure siano tali da pregiudicare gli scambi intracomunitari in misura rilevante (v. sentenza 13 marzo 1984, causa 16/83, Prantl, Racc. pag. 1299, punto 20).

(42) - V. sentenza 20 marzo 1990, causa C-21/88, Du Pont de Nemours Italiana/USL di Carrara (Racc. pag. I-889, punto 1 del dispositivo).

(43) - Dalla giurisprudenza della Corte risulta che l'impresa titolare di un monopolio legale su una parte sostanziale del mercato comune può essere considerata un'impresa che occupa una posizione dominante ai sensi e per gli effetti dell'art. 86 del Trattato, e che il territorio dello Stato membro sul quale questo monopolio si estende può costituire una parte sostanziale del mercato comune [v., ex multis, sentenza 18 giugno 1991 (citata supra, nota 29), punto 31]. Inoltre, uno Stato membro contravviene ai divieti posti dagli artt. 90, n. 1, e 86 quando l'impresa dominante è indotta, col mero esercizio dei diritti esclusivi che le sono attribuiti, a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante, ovvero quando tali diritti sono atti a produrre una situazione in cui l'impresa è indotta a commettere abusi del genere [v., ex multis, sentenze 23 aprile 1991 (citata supra, nota 27), punto 29, 18 giugno 1991 (citata supra, nota 29), punto 37, e 10 dicembre 1991, causa C-179/90, Merci convenzionali Porto di Genova (Racc. pag. I-5889, punto 17)]. Ex art. 86 costituisce un siffatto abuso, fra l'altro, il fatto, per un'impresa dominante su un determinato mercato, di riservarsi, in assenza di necessità oggettiva, un'attività ausiliaria che potrebbe essere svolta da un'impresa terza nel quadro delle sua attività su un mercato prossimo ma separato, con il rischio di eliminare qualsiasi concorrenza da parte di quest'ultima impresa [v. sentenze 3 ottobre 1985, causa 311/84, CBEM (Racc. pag. 3261, punto 2 del dispositivo), e 13 dicembre 1991, causa C-18/88, GB-INNO-BM (Racc. pag. I-3261, punti 18-28)]. Richiamerò, per completezza, anche la vostra giurisprudenza secondo la quale una normativa nazionale che finisca col facilitare uno sfruttamento abusivo di posizione dominante atto a pregiudicare il commercio intracomunitario è di regola incompatibile anche con l'art. 30 del Trattato, in quanto essa «renda più onerose e pertanto ostacoli le importazioni di merci in provenienza da altri Stati membri» (v. sentenza 10 dicembre 1991, citata supra, punto 21).

(44) - Il governo spagnolo e la Commissione hanno, invece, dedotto che nel contesto della causa principale è rinvenibile un diverso servizio transfrontaliero, consistente nel noleggio delle slot-machine da CML a TSL. Questa interpretazione non mi sembra tenere nel debito conto che il menzionato contratto del 25 gennaio 1996 (v. paragrafo 5) non prevede un'obbligazione al pagamento del canone a carico di TSL, bensì il diritto della società finlandese a ricevere una commissione a titolo di corrispettivo per i servizi da essa resi a CML. Osservo incidentalmente che anche a quest'ultima prestazione sembrerebbe attagliarsi la qualifica di fornitura di servizi transfrontalieri, qualora il giudice a quo escluda che CML, destinataria dei servizi in questione, è stabilita in Finlandia (v. infra, paragrafo 26).

(45) - V., ex multis, sentenza 18 marzo 1980, Debauve e a., causa 52/79 (Racc. pag. 833, punto 9).

(46) - «[L]e disposizioni del capo relativo ai servizi hanno carattere subordinato rispetto a quelle del capo relativo al diritto di stabilimento, in quanto, in primo luogo, i termini dell'art. 59, primo comma, presuppongono che il prestatore e il destinatario del servizio in questione siano «stabiliti» in due Stati membri differenti e, in secondo luogo, l'art. 60, primo comma, precisa che le disposizioni relative ai servizi trovano applicazione solo se non si applicano quelle relative al diritto di stabilimento» (v. sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 22). Nella stessa pronuncia, peraltro, la Corte ha chiarito che anche un prestatore di servizi può dotarsi nello Stato membro ospitante dell'infrastruttura necessaria per il compimento della sua prestazione, senza che ciò lo renda soggetto alle norme sul diritto di stabilimento; occorre, peraltro, che la prestazione di servizi in questione, tenendo in conto la sua durata, frequenza, periodicità e continuità, possa considerarsi come avente carattere temporaneo (v. id., punti 1 e 2 del dispositivo).

(47) - V. supra, note 16 e 46 e relative parti del testo.

(48) - V. sentenza 4 dicembre 1986, Commissione/Germania, causa 205/84 (Racc. pag. 3755, punto 21). In Gebhard la Corte ha aggiunto che «[l]a nozione di stabilimento ai sensi del Trattato è (...) molto ampia e implica la possibilità, per un cittadino comunitario, di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio, favorendo così l'interpenetrazione economica e sociale nell'ambito della Comunità nel settore delle attività indipendenti» (v. sentenza 30 novembre 1995, citata supra, nota 46, punto 25).

(49) - Come si desume dalla recente giurisprudenza della Corte, peraltro, è ormai l'insieme delle quattro libertà fondamentali istituite dal Trattato ad essere regolato da principi tendenzialmente uniformi in materia sia di violazione sia di giustificazione (v. V. Hatzopoulos, Exigences essentielles, impératives ou impérieuses: une théorie, des théories ou pas de théorie du tout?, in Rev. trim. dr. eur., 1998, pag. 191, in part. pag. 233). V. anche, ex multis, sentenze 9 giugno 1977, causa 90/76, Van Ameyde/UCI (Racc. pag. 1091, punti 27 e 28), 14 gennaio 1988, causa 63/86, Commissione/Italia (Racc. pag. 29, punti 12 e 13), 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1461, punti 18-27), 5 dicembre 1989, causa 3/88, Commissione/Italia (Racc. pag. 4035, punto 13), 10 dicembre 1991, causa C-306/89, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-5863, punti 7 e 8), 26 aprile 1994, causa C-272/91, Commissione/Italia (Racc. pag. I-1409, punti 6, 13 e 35), 30 novembre 1995 (citata supra, nota 46), punto 37, e 29 ottobre 1998, causa C-114/97, Commissione/Spagna (non ancora pubblicata in Racc., punti 34-37).

(50) - La Corte ha, così, disatteso l'opposta conclusione avanzata dalla Commissione e dai signori Schindler, secondo cui la legislazione nazionale controversa andava considerata come sostanzialmente discriminatoria perché consentiva l'organizzazione simultanea da parte di una stessa persona stabilita nel Regno Unito di diverse piccole lotterie, equivalenti nel loro insieme ad una grande lotteria, ed autorizzava, inoltre, lo svolgimento, sempre da parte di operatori economici stabiliti nel territorio britannico, di giochi di natura e dimensioni analoghe a quelle delle grandi lotterie, quali i concorsi pronostici sulle partite di calcio o il bingo. La Corte si è al riguardo limitata ad osservare che, «sebbene possano implicare poste analoghe a quelle delle grandi lotterie e comportino una notevole alea, detti giochi autorizzati nel Regno Unito sono diversi, per quel che riguarda il loro oggetto, le regole nonché le modalità di organizzazione, dalle lotterie di grandi dimensioni [organizzate in altri Stati membri (e, a far data dal 1993, nello stesso Regno Unito)]. La loro situazione[, essa ha affermato,] non consente pertanto un raffronto con quella delle lotterie vietate dalla normativa britannica, alle quali non possono essere equiparate» [v. sentenza 24 marzo 1994 (citata supra, nota 1), punti 49-51; il corsivo è mio]. Senza aggiungere altre considerazioni, la Corte ha così concluso che i rilevati aspetti di diversità fra le grandi lotterie ed i giochi autorizzati (ivi incluse le lotterie locali di ridotte dimensioni) bastavano ad escludere la comparabilità delle situazioni in gioco, e dunque a giustificare che le norme restrittive interne fossero applicabili alle sole attività di lotteria a livello nazionale, cioè proprio a servizi di tipo analogo a quelli che, in assenza del divieto, avrebbero potuto essere offerti ai giocatori britannici da prestatori stranieri comunitari.

(51) - V., ex multis, sentenza 25 luglio 1991, causa C-76/90, Säger (Racc. pag. I-4221, punto 12).

(52) - V. sentenza 25 luglio 1991, causa C-353/89, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-4069, punti 21-25), in cui la Corte ha analizzato la questione se l'obbligo imposto agli enti nazionali di radiodiffusione di ricorrere per la realizzazione dei rispettivi programmi ai mezzi tecnici di un'impresa olandese potesse dirsi giustificato da esigenze imperative connesse all'interesse generale (in casu, la tutela del pluralismo nel settore radiotelevisivo e della libertà d'espressione). Analogamente, dalla regola che prescrive di estendere il trattamento nazionale («alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini») ai beneficiari della libertà di stabilimento discende, a mio avviso, l'obbligo dello Stato membro interessato di consentire ai cittadini ed alle società di altri Stati membri di stabilirsi localmente alle stesse condizioni che regolano lo stabilimento dell'operatore monopolista nazionale, salva la possibilità di invocare, a titolo di giustificazione del regime di monopolio, una delle deroghe previste dagli artt. 55 e 56 del Trattato ovvero esigenze imperative di interesse generale. V. Blum-Logue (op. cit. supra, nota 35), pagg. 160 e 161. Tuttavia, applicando per analogia il principio sancito dalla Corte nella causa C-353/89 (citata supra), dovrebbe concludersi che una legislazione nazionale la quale riservi una determinata attività ad un solo operatore non offende la libertà di stabilimento quando il conseguente divieto di costituire e gestire imprese concorrenti con il monopolio si applica tanto ai cittadini (ed alle società: v. art. 58) nazionali quanto a quelli stranieri comunitari. In un tale ordine di idee, risulterebbe così rispettato il diritto al trattamento nazionale che l'art. 52 del Trattato garantisce ai beneficiari della libertà di stabilimento [v. conclusioni dell'avvocato generale Lenz presentate il 23 gennaio 1991, causa C-260/89, (citata supra, nota 29), paragrafi 13 e 14]. In assenza di precedenti pronuncie di codesto Collegio concernenti la compatibilità con gli artt. 52 e seguenti del Trattato di misure statali relative ad imprese pubbliche e/o titolari di diritti esclusivi, mi limiterò a richiamare le decisioni della Commissione 24 aprile 1985, 85/276/CEE, relativa all'assicurazione in Grecia dei beni pubblici e dei crediti concessi dalle banche pubbliche greche (GU L 152, pag. 25), e 26 giugno 1997, 97/606/CE, a norma dell'articolo 90, paragrafo 3 del trattato CE riguardante il diritto esclusivo di trasmettere pubblicità televisiva nelle Fiandre (GU L 244, pag. 18). Le misure nazionali controverse nel contesto della prima decisione erano le disposizioni normative che stabilivano, da un lato, che tutti i beni pubblici, compresi quelli delle imprese pubbliche greche, dovessero essere assicurati esclusivamente da società greche del settore pubblico, e dall'altro, che le banche pubbliche di credito greche erano tenute a raccomandare ai loro clienti di assicurarsi presso una società assicuratrice pubblica. Diversamente dal caso di specie, la discriminazione ai danni dei cittadini e delle società straniere comunitarie non nasceva dalla concessione di diritti esclusivi ad un singolo operatore nazionale, bensì dalla riserva di una larga parte del mercato rilevante a numerose imprese controllate dallo Stato. La Commissione ha deciso, ai sensi e per gli effetti dell'art. 90, n. 3, del Trattato, che le norme in questione erano incompatibili con il combinato disposto dell'art. 90, n. 1, e degli artt. 52, 53, 5, secondo comma, e 3, lett. f) [ora lett. g)] del Trattato. Per quanto attiene in particolare alla violazione delle norme in materia di stabilimento, la Commissione ha rilevato che «la misura rende impossibile alle società assicuratrici degli altri Stati membri di stabilirsi in Grecia quali assicuratori di beni pubblici, mentre gli assicuratori greci del settore pubblico possono continuare ad assicurare tali rischi, venendo nel contempo a beneficiare dei contratti fino a quel momento stipulati con società private; che l'assicurazione dei beni pubblici greci rappresenta il 25% circa del gettito annuo dei premi assicurativi in questo paese, ciò che costituisce una parte importante di questo mercato; (...) che i crediti concessi dalle banche greche di credito costituiscono l'80% circa del mercato creditizio in Grecia e che obbligando il personale delle banche pubbliche di credito a raccomandare ai loro clienti di assicurarsi presso una società assicuratrice del settore pubblico, la Grecia favorisce quest'ultimo a detrimento delle società assicuratrici del settore non pubblico e quindi anche delle società di assicurazione degli altri Stati membri» (v. sesto e settimo 'considerando'). Con la citata decisione 26 giugno 1997 (v. supra), attualmente oggetto di ricorso ex art. 173 del Trattato, proposto dalla società Vlaamse Televisie Maatschappij (VTM) nella causa T-266/97, la Commissione ha ingiunto alle autorità belghe di rimuovere la violazione degli artt. 90, n. 1, e 52 del Trattato risultante dalla normativa fiamminga in materia di radio e telediffusione, pubblicità, sponsorizzazione e cavo. Le disposizioni controverse consentivano al governo fiammingo di autorizzare un solo ente privato di telediffusione (in casu, VTM) a trasmettere i suoi programmi e a diffondere pubblicità all'insieme della Comunità fiamminga. La Commissione ha stabilito che le misure in questione, benché indistintamente applicabili agli operatori non belgi e agli operatori belgi diversi da VTM, costituivano una forma dissimulata di discriminazione avente effetti protezionistici. "In effetti, riservando la pubblicità televisiva ad una sola impresa, che nella fattispecie è un'impresa nazionale, la totalità o almeno una parte preponderante del mercato della pubblicità televisiva va a beneficio dell'economia nazionale". Inoltre, la circostanza che, ai sensi della normativa controversa, alle società televisive stabilite in altri Stati membri fosse consentito di trasmettere programmi in lingua olandese, ivi inclusi messaggi pubblicitari destinati all'insieme del pubblico fiammingo, non era sufficiente a rimuovere la violazione della libertà di stabilimento, dato che i concorrenti non belgi di VTM sarebbero stati costretti ad operare a distanza dai loro utenti fiamminghi e dal mercato dei loro inserzionisti e, quindi, in una posizione sfavorevole rispetto a VTM (v. paragrafo 12). Infine, la Commissione ha escluso che la monopolizzazione degli introiti pubblicitari di VTM fosse giustificata da esigenze imperative di interesse generale, quale la salvaguardia del pluralismo della stampa fiamminga, e che fosse nella specie applicabile la disposizione in deroga prevista dall'art. 90, n. 2, del Trattato ("anche volendo ammettere l'esistenza di una missione di servizio pubblico affidata alla VTM, i mezzi adottati per adempiere tale missione, ossia i diritti esclusivi che formano oggetto della presente decisione, incidono sugli scambi in maniera sproporzionata e contraria all'interesse della Comunità tanto da svuotare di qualsiasi contenuto l'efficacia dell'articolo 52"; v. paragrafo 14).

(53) - V., mutatis mutandis, sentenza 17 giugno 1997, causa C-70/95, Sodemare e a. (Racc. pag. I-3395), in cui la Corte ha esaminato la compatibilità con il Trattato di una normativa nazionale che prescriveva l'assenza di fini di lucro quale condizione della partecipazione degli operatori privati alla realizzazione del sistema socio-assistenziale mediante la stipula di convenzioni che danno diritto al rimborso da parte dello Stato dei costi di servizi socio-assistenziali a rilevanza sanitaria. Nel motivare la propria conclusione della conformità della descritta condizione agli artt. 52 e 58, la Corte ha osservato, fra l'altro, che «l'impossibilità per le società che perseguono fini di lucro di partecipare automaticamente alla realizzazione di un sistema legale di assistenza sociale di uno Stato membro con la stipulazione di una convenzione [dal tenore suindicato] non può collocare le società a fini di lucro di altri Stati membri in una situazione di fatto o di diritto sfavorevole in relazione a quella delle società a fini di lucro dello Stato membro di stabilimento» (v. id., punto 33). V. infra, nota 62.

(54) - V. sentenza 6 novembre 1984, causa 177/83, Kohl/Ringelhan (Racc. pag. 3651, punto 19).

(55) - V., ex multis, sentenza 5 giugno 1986, causa 103/84, Commissione/Italia (Racc. pag. 1759, punto 22).

(56) - V. a contrario sentenza 14 dicembre 1979, causa 34/79, Henn e Darby (Racc. pag. 3795, punti 21 e 22).

(57) - Secondo Blum-Logue (op. cit. supra, nota 35, pag. 23), un tale servizio deve soddisfare bisogni essenziali della popolazione. Si ricordi che, poiché il citato art. 90, n. 2, consente, in talune circostanze, una deroga ad altre norme del Trattato, la definizione delle imprese che possono invocarlo deve essere interpretata restrittivamente [v. sentenza 21 marzo 1974, causa 127/73, BRT II (Racc. pag. 313, punto 19)]. V. anche sentenza 17 luglio 1997, causa C-242/95, GT-Link (Racc. pag. I-4449, punto 53), secondo cui le operazioni di imbarco, sbarco, trasbordo, deposito e movimento in genere delle merci o di ogni altro materiale in un porto non rivestono necessariamente un interesse economico generale che presenti caratteri specifici rispetto a quello di altre attività economiche. Secondo la giurisprudenza di codesto Collegio, rientrano invece nella nozione di «servizi di interesse economico generale»: i) la gestione del più importante sbocco fluviale di uno Stato membro [v. sentenza 14 luglio 1971, causa 10/71, Muller e a. (Racc. pag. 723, punto 11)], ii) la gestione del servizio televisivo, ivi incluse le relative attività pubblicitarie e commerciali [v. sentenza 30 aprile 1974 (citata supra, nota 35), punto 15], iii) la gestione di linee aeree non redditizie dal punto di vista commerciale ma il cui esercizio è necessario per motivi di interessi generali [v. sentenza 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e a. (Racc. pag. 803, punto 55)], iv) il collocamento di manodopera [v. sentenza 23 aprile 1991 (citata supra, nota 27), punto 24], v) la costituzione e l'esercizio della rete pubblica di telecomunicazioni [v. sentenza 13 dicembre 1991 (citata supra, nota 43), punto 16], vi) la raccolta, il trasporto e la distribuzione della corrispondenza postale [v. sentenza 19 maggio 1993, causa C-320/91, Corbeau (Racc. pag. I-2533, punto 15)], e vii) la fornitura di energia elettrica in una parte del territorio nazionale [v. sentenza 27 aprile 1994, causa C-393/92, Almelo (Racc. pag. I-1477, punti 47 e 48)].

(58) - Il citato art. 90, n. 2, avete recentemente osservato, «mira a contemperare l'interesse degli Stati membri ad utilizzare determinate imprese, segnatamente del settore pubblico, come strumento di politica economica o fiscale, con l'interesse della Comunità all'osservanza delle regole di concorrenza e al mantenimento dell'unità del mercato comune. Tenuto conto dell'interesse degli Stati membri così definito, non si potrebbe vietar loro di prendere in considerazione - allorché determinano i servizi di interesse economico generale di cui incaricano talune imprese - obiettivi propri della loro politica nazionale e di tentare di conseguirli imponendo obblighi e vincoli alle dette imprese» [v., ex multis, sentenza 23 ottobre 1997, causa C-157/94, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-5699, punti 39 e 40); il corsivo è mio].

(59) - V. id., punti 43 e 58.

(60) - V., ex multis, sentenza 26 aprile 1988, causa 352/85, Bond van Adverteerders (Racc. pag. 2085, punti 32 e 33). In quanto comporta una deroga ad un principio fondamentale del Trattato, il citato art. 56 deve essere interpretato in maniera restrittiva. Per la sua applicabilità è, dunque, richiesta una minaccia effettiva e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività [v., ex multis, sentenza 29 ottobre 1998, causa C-114/97, Commissione/Spagna (non ancora pubblicata in Racc. punto 46)]. Resta, così, escluso che la norma possa essere invocata al fine di perseguire obiettivi di natura economica [v., ex multis, sentenza 26 aprile 1988 (citata supra), punto 34]. Inoltre, le misure adottate per la salvaguardia degli interessi avuti di mira devono essere solo quelle strettamente necessarie e devono rispettare il canone di proporzionalità [v., ex multis, sentenze 18 maggio 1982, cause riunite 115/81 e 116/81, Adoui e Cornouaille (Racc. pag. 1665, punto 9), e 26 aprile 1988 (citata supra), punto 36].

(61) - V. sentenze 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda (Racc. pag. I-4007, punto 12), e causa C-353/89 (citata supra, nota 52), punto 16; nonché, in materia di diritto di stabilimento, sentenza 28 aprile 1977, causa 71/76, Thieffry (Racc. pag. 765, punto 16).

(62) - Quali: la tutela dei destinatari di un servizio, garantita dalle norme professionali, la tutela della proprietà intellettuale, la tutela dei lavoratori, la protezione dei consumatori, la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico nazionale, la migliore divulgazione possibile delle conoscenze sul patrimonio artistico e culturale di un Paese, e ragioni di politica culturale (v., ex multis, sentenza 25 luglio 1991, citata supra, nota 61, punti 14 e 27); la tutela dei destinatari di servizi di sorveglianza e rinnovo di brevetti (v. sentenza 25 luglio 1991, citata supra, nota 51, punto 17); la conservazione della coerenza del regime fiscale (v. sentenza 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249); la prevenzione delle frodi e la tutela dell'ordine sociale (v. sentenza 24 marzo 1994, citata supra, nota 1, punti 58 e 59); la sicurezza stradale (v. sentenza 5 ottobre 1994, citata supra, nota 34, punto 19); la salvaguardia della buona reputazione del settore finanziario nazionale (v. sentenza 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I-1141, punto 44); la tutela della buona amministrazione della giustizia (v., ex multis, sentenza 12 dicembre 1996, causa C-3/95, Reisebüro Broede/Sandker, Racc. pag. I-6511, punto 31); l'efficacia dei controlli fiscali (v. sentenza 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer, Racc. pag. I-2471, punto 31); e la lealtà dei negozi commerciali (v. sentenza 9 luglio 1997, cause riunite C-34/95, C-35/95 e C-36/95, De Agostini e TV-Shop, Racc. pag. I-3843, punto 53).

(63) - Come la Corte ha affermato, ad esempio, nelle cause «Mediawet», i limiti alla libertà di prestazione dei servizi imposti da una normativa applicabile a chiunque sia stabilito sul territorio nazionale «rientrano nel divieto di cui all'art. 59 qualora l'applicazione della legge nazionale ai prestatori stranieri non sia giustificata da esigenze imperative connesse all'interesse generale, ovvero quando le esigenze sottese a detta normativa già siano tutelate dalle norme imposte ai prestatori nello Stato membro in cui siano stabiliti». Inoltre, «l'applicazione delle normative nazionali ai prestatori stabiliti in altri Stati membri dev'essere atta a garantire il conseguimento dello scopo con esse perseguito e non può eccedere quanto necessario a tal fine; in altre parole, occorre che lo stesso risultato non possa essere ottenuto mediante provvedimenti meno incisivi» [v. sentenze 25 luglio 1991, causa C-288/89 (citata supra, nota 61), punti 13 e 15, e causa C-353/89 (citata supra, nota 52), punti 17 e 19. V. anche, ex multis, sentenze 17 dicembre 1981, causa 279/80, Webb (Racc. pag. 3305, punto 7), 25 luglio 1991 (citata supra, nota 55), punti 12 e 15, 12 dicembre 1996 (citata supra, nota 55), punto 28, e 5 giugno 1997, causa C-398/95, SETTG (Racc. pag. I-3091, punto 21)]. Principi analoghi sono applicabili con riguardo alle misure nazionali restrittive del diritto di stabilimento (v., ex multis, sentenza 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto 32). Nella citata sentenza Sodemare (v. nota 53, punto 32), ad esempio, la Corte ha ritenuto che la misura nazionale dedotta in giudizio, pur restringendo il diritto di stabilimento, non violava l'art. 52 del Trattato in quanto «allo stato attuale del diritto comunitario, uno Stato membro può, nell'ambito della competenza ad esso spettante per organizzare il suo sistema previdenziale, considerare che un sistema socio-assistenziale [basato sul principio di solidarietà e che stabilisce la qualità dei servizi da fornire ai destinatari dell'assistenza nonché il livello del contributo ai relativi costi da parte dei beneficiari che non versino in stato di necessità] implichi necessariamente, per raggiungere i suoi obiettivi, che l'ammissione di operatori privati a tale sistema in quanto prestatori di servizi d'assistenza sociale venga subordinata alla condizione che essi non perseguano fini di lucro».

(64) - V. supra, nota 60 e relativa parte del testo. Rilevo che l'art. 56 del Trattato è stato invocato dinanzi alla Corte nel presente procedimento, a titolo di giustificazione di una normativa restrittiva quale la legge finlandese sui giochi d'azzardo, dalle autorità olandesi, portoghesi e spagnole.

(65) - V. infra, paragrafo 34 nonché nota 68 e relativa parte del testo.

(66) - V., ex multis, sentenza 5 giugno 1997 (citata supra, nota 63), punto 23. V. anche Hatzopoulos (op. cit. supra, nota 21), pag. 852.

(67) - Osservo, data l'indisponibilità di dati più aggiornati, che nel 1989 il gioco alle slot-machine rappresentava, nel contesto del complessivo mercato comunitario dei giochi d'azzardo, una quota inferiore ad un terzo (circa l'11%) di quella detenuta dalle lotterie (circa il 36%) [v. lo studio Gambling in the Single Market - A Study of the Current Legal and Market Situation, citato nelle conclusioni dell'avvocato generale Gulmann presentate il 16 dicembre 1993 (citate supra, nota 30), paragrafo 6].

(68) - V. http://www.ray.fi/english/games.default.htm.

(69) - A sostegno dell'affermazione relativa al tasso di utilizzazione elevato di tali apparecchi, il signor Läärä e TSL hanno anche osservato dinanzi alla Corte che, come risulta dal bilancio d'esercizio delle attività della RAY nel 1996, i proventi realizzati nel settore di attività delle macchine da gioco sono stati pari a FIM 2 171 000 000 (equivalenti a circa 439 milioni di euro). Le slot macchine gestite dalla RAY o per suo conto restituiscono ai giocatori in media l'87% dell'importo delle giocate (v. http://www.ray.fi/english/games.default.htm).

(70) - V. conclusioni dell'avvocato generale Gulmann presentate il 16 dicembre 1993 (citate supra, nota 30), paragrafo 93.

(71) - Secondo L. Gormley (v. Pay your money and take your chance?, in Eur. L. Rev., 1994, pag. 644, in particolare pagg. 651 e 652), la sentenza Schindler appare di non agevole inquadramento, sotto il profilo in questione, nella consolidata giurisprudenza della Corte in materia di compatibilità di regolamentazioni indistintamente applicabili con le norme sulla libera prestazione dei servizi. L'autore sottolinea, in particolare, come la Corte abbia del tutto ignorato sia il criterio del bilanciamento fra controlli dello Stato d'origine e dello Stato ospite sia la nozione del mutuo riconoscimento delle regolamentazioni rispettivamente adottate da tali Stati, ed abbia discusso in maniera alquanto sbrigativa il carattere proporzionato della misura restrittiva controversa nella specie. Secondo Gormley, l'approccio adottato in Schindler segnalerebbe come alla Corte non siano sfuggiti i limiti pratici del criterio di equivalenza, che egli considera più agevolmente praticabile con riguardo a concetti socio-economici concreti che ad obiettivi di interesse pubblico più astratti, quali quelli considerati dalla Corte in quella causa. Hatzopoulos (v. op. cit. supra, nota 21, pag. 850), per parte sua, sostiene che il controllo sull'esistenza e sulla genuinità dei motivi imperativi dedotti nella specie dallo Stato di destinazione dei servizi, che la Corte ha limitato ai minimi termini, appare ispirato all'approccio da essa adottato nelle sue pronuncie concernenti la protezione della moralità pubblica. Addirittura, la Corte avrebbe applicato le esigenze imperative rilevanti come se esse facessero riferimento alla moralità pubblica, cercando, poi, di giustificare la trasposizione di tale approccio alla materia del contendere in Schindler mediante il riferimento all'ordine sociale, combinato con la considerazione della «natura affatto speciale» delle attività di lotteria.

(72) - V. conclusioni dell'avvocato generale Gulmann presentate il 16 dicembre 1993 (citate supra, nota 30), paragrafi 92-97. La constatazione richiamata nel testo non ha, peraltro, impedito all'avvocato generale Gulmann di concludere che il carattere restrittivo della normativa nazionale controversa nella specie appariva giustificato da altre esigenze imperative (vale a dire la limitazione dell'offerta di giochi nello Stato destinatario dei servizi e la salvaguardia della possibilità per gli Stati membri di emanare norme sulla devoluzione degli utili delle lotterie). E ciò in quanto, pur dovendosi prendere in considerazione separatamente ciascuno degli interessi pubblici avuti di mira, non poteva escludersi «che complessivamente essi possano giustificare restrizioni, mentre considerati isolatamente ciò non può avvenire» (v. id., paragrafo 91).

(73) - Per determinare tale standard di protezione occorrerà far riferimento, da un lato, alle modalità di organizzazione del gioco alle slot-machine ed al volume delle giocate che la legge finlandese consente per le analoghe attività svolta dalla RAY; e, dall'altro lato, al livello di tutela offerta ai consumatori finlandesi nel contesto di attività affini, quali le lotterie ed i concorsi pronostici sulle competizioni sportive.

(74) - In ogni caso, come la Corte ha affermato in sede di interpretazione dell'art. 30 del Trattato, non è consentito agli Stati membri di derogare ad una libertà fondamentale introducendo o mantenendo in vigore regolamentazioni o pratiche anche utili ma i cui elementi restrittivi si spiegano essenzialmente con la preoccupazione di ridurre gli oneri amministrativi o le spese pubbliche, salvo che, in assenza di siffatte misure, tali oneri o spese oltrepasserebbero manifestamente i limiti di ciò che può esigersi ragionevolmente [v. sentenze 20 maggio 1976, causa 104/75, De Peijper (Racc. pag. 613, punto 18), e 12 luglio 1990, causa C-128/89, Commissione/Italia (Racc. pag. I-3239, punto 22)].

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