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Document 61997CC0006

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 17 settembre 1998.
Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
Aiuti concessi dagli Stati - Nozione - Credito d'imposta - Recupero - Impossibilità assoluta.
Causa C-6/97.

Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-02981

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1998:416

61997C0006

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 17 settembre 1998. - Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee. - Aiuti concessi dagli Stati - Nozione - Credito d'imposta - Recupero - Impossibilità assoluta. - Causa C-6/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-02981


Conclusioni dell avvocato generale


1 Col presente ricorso, la Repubblica italiana impugna la decisione della Commissione 22 ottobre 1996 con cui era stato dichiarato illegittimo ed incompatibile col mercato comune il regime di crediti d'imposta istituito a favore degli autotrasportatori di merci per conto terzi per gli esercizi finanziari 1993 e 1994. Il detto regime costituiva in pratica la reiterazione di quello istituito per l'esercizio finanziario 1992, vietato dalla Commissione con decisione 9 giugno 1993. Con sentenza 29 gennaio 1998 la Corte di giustizia ha dichiarato che l'Italia era venuta meno agli obblighi derivanti dalle disposizioni di quest'ultima decisione.

Il regime iniziale

2 Agli inizi degli anni novanta, le accise sui carburanti prelevate in Italia risultavano tra le più elevate della Comunità. In risposta al malessere del settore dell'autotrasporto di merci culminato in uno sciopero che perturbò in modo grave la vita economica e sociale del paese, il governo italiano si impegnò nell'aprile 1990 a ridurre i costi che ostacolavano la competitività del settore e, in special modo, a concedere un credito d'imposta al fine di ridurre il prezzo effettivo del gasolio.

3 Con decreto ministeriale 28 gennaio 1992 (1), il governo italiano, senza informarne preliminarmente la Commissione, istituiva, a favore dell'autotrasporto di merci per conto terzi, un credito d'imposta speciale per l'esercizio finanziario 1992. Tale credito era configurato come un abbuono d'imposta che i beneficiari potevano scontare, a loro discrezione, dagli importi dovuti a titolo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche o giuridiche, dell'imposta locale sui redditi, dell'imposta sul valore aggiunto o dalle ritenute alla fonte che erano tenuti ad operare sulla retribuzione dei loro dipendenti. L'importo del diffalco, soggetto a determinati limiti massimi, era calcolato sulla base della differenza tra il prezzo medio del gasolio acquistato sul territorio italiano dalle imprese beneficiarie e quello praticato negli altri Stati membri. Va segnalato che l'importo per veicolo aumentava in modo più che proporzionale rispetto alla dimensione del camion, il che favoriva quelli di maggiore capienza. La data e la frequenza dello scomputo variavano a seconda del tipo di imposta prescelto.

4 Con lettera 15 aprile 1992 la Commissione chiedeva al governo italiano informazioni particolareggiate sulla nuova normativa ed in pari tempo faceva presente che le misure ivi previste potevano costituire un'infrazione all'art. 92, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità economica europea (in prosieguo: il «Trattato»). Il governo italiano replicava che l'abbuono speciale non doveva considerarsi come un aiuto ai sensi dell'art. 92 del Trattato, ma piuttosto come una misura di natura puramente fiscale intesa a riequilibrare gli effetti dei vecchi tributi sui carburanti e sui lubrificanti, particolarmente elevati, che gravavano sulle imprese di trasporto, senza creare alcuna distorsione della concorrenza. Con lettera 26 ottobre 1992, la Commissione comunicava al governo italiano la sua intenzione di iniziare il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, del Trattato.

La decisione 9 giugno 1993

5 Una volta concluso il procedimento, la Commissione ha adottato la decisione 9 giugno 1993, 93/496/CEE (2), con cui:

a) si dichiarava che il regime di credito d'imposta era illegittimo in quanto costituiva un aiuto di Stato posto in essere senza previa comunicazione alla Commissione - in violazione dell'art. 93, n. 3 - e che inoltre era incompatibile con il mercato comune in quanto non soddisfaceva nessuna delle condizioni necessarie per beneficiare delle deroghe previste all'art. 92, nn. 2 e 3, e nemmeno di quelle del regolamento (CEE) n. 1107/70 (3);

b) si ingiungeva all'Italia di sopprimere il detto regime e di recuperare entro due mesi gli sconti praticati sino ad allora, con i relativi interessi di mora, nonché di comunicare alla Commissione le misure adottate.

6 E' opportuno citare il seguente passaggio della motivazione di tale decisione (4):

«L'effetto del provvedimento è un aumento del flusso di cassa diretto netto a favore delle imprese di un solo settore economico. Va inoltre rilevato che il provvedimento si applica soltanto agli autotrasportatori registrati in Italia. Questi ultimi operano in concorrenza con le imprese degli altri modi di trasporto e degli altri Stati membri. Il flusso di cassa derivante dal provvedimento si risolve pertanto in un'evidente distorsione della concorrenza a favore delle imprese alle quali il provvedimento si applica».

7 La Repubblica italiana non ha impugnato la decisione né proceduto al recupero degli abbuoni praticati; ha invece reiterato il regime in parola per l'esercizio finanziario 1993, estendendolo simultaneamente anche agli autotrasportatori degli altri Stati membri mediante la concessione di un aiuto commisurato al consumo di gasolio di questi ultimi sul territorio italiano (5). L'ammontare e le modalità di concessione di tale aiuto sono rimasti in sospeso, nell'attesa che fosse approvata la corrispondente normativa di attuazione. Siffatta normativa non è mai stata adottata.

8 Con lettera 26 agosto 1993 il governo italiano ha informato la Commissione che, estendendo il regime controverso alle imprese degli altri Stati membri, esso considerava sanata la principale carenza addebitata nella decisione. Ha aggiunto, per il resto, che sarebbe tecnicamente molto difficile ed oneroso per l'amministrazione tributaria recuperare gli abbuoni già praticati, posto che essi sono stati scomputati su numerosi versamenti in acconto ed a saldo di diverse imposte.

9 Secondo quanto indicato dalla Commissione nella sua risposta del 24 novembre 1993, si inferirebbe dal tenore della decisione ch'essa ha preso in considerazione il fatto che il regime di bonus fiscale non solo trattava più favorevolmente gli imprenditori italiani rispetto a quelli degli altri Stati membri, ma era altresì contrario al mercato comune poiché istituiva a favore di un determinato settore - l'autotrasporto di merci per conto terzi - vantaggi non concessi su un piano generale, falsando quindi la concorrenza. La Commissione ha concluso che la reiterazione del regime di bonus fiscale ed il mancato recupero degli abbuoni praticati costituivano l'inadempimento dell'obbligo di conformarsi alla decisione.

10 Ciononostante il governo italiano ha prorogato la validità del regime per l'esercizio finanziario 1994 (6), limitando nel secondo semestre del medesimo anno ai primi cento veicoli di ciascuna impresa.

Il ricorso per inadempimento

11 Dopo un nuovo scambio di corrispondenza, il 18 agosto 1995 la Commissione ha presentato un ricorso ex art. 93, n. 2, del Trattato, al fine di ottenere dalla Corte la declaratoria che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi della decisione 93/496 e, in particolare, a quello di recuperare a partire dall'esercizio finanziario 1992 l'aiuto istituito per la prima volta col decreto ministeriale del gennaio 1992.

12 Nel dibattimento svoltosi dinanzi alla Corte di giustizia, il governo italiano non ha posto in dubbio la validità della decisione, dato che non l'ha impugnata entro i termini, centrando la sua difesa sulle difficoltà che gli avrebbe causato il recupero dei crediti d'imposta. Rigettata tale asserzione, la sentenza 29 gennaio 1998 (7) ha condannato l'Italia per l'inadempimento della decisione 93/496.

Il regime modificato

13 Nel frattempo, il 4 dicembre 1995, la Commissione aveva comunicato alle autorità italiane la sua intenzione di iniziare un nuovo procedimento in conformità dell'art. 93, n. 2, questa volta in rapporto col regime di bonus fiscale così come applicato per gli esercizi finanziari 1993 e 1994. Il regime in parola si distingueva da quello istituito col decreto ministeriale del 1992 nella misura in cui prevedeva una compensazione a favore dei trasportatori degli altri Stati membri («regime di compensazione»). L'importo della compensazione, una volta adottata la corrispondente normativa di attuazione, doveva essere equivalente a quello risultante dal regime di abbuoni. Nella stessa lettera, la Commissione sollecitava il governo italiano a fornirle maggiori informazioni, nonché a sospendere immediatamente il regime di aiuti.

14 Con lettera 26 marzo 1996, la Repubblica italiana ha informato la Commissione che sino ad allora non era stata promulgata la normativa sull'importo e sulle modalità di applicazione del regime di compensazione.

La decisione 22 ottobre 1996

15 Il 22 ottobre 1996 la Commissione ha adottato la decisione 97/270/CE (8), notificata al governo italiano con lettera 4 novembre 1996. Gli artt. 1-3 del dispositivo così recitano:

«Articolo 1

Il regime di aiuti istituito dall'Italia a favore del settore dei trasporti di merci su strada per conto terzi sotto forma di crediti d'imposta secondo le modalità esposte nelle leggi 27 maggio 1993, n. 162 (GURI n. 123 del 28. 5. 1993) e 22 marzo 1995, n. 84 (GURI n. 68 del 22. 3. 1995), nonché nel decreto legge 26 settembre 1995, n. 402 (GURI n. 226 del 27. 9. 1995), è illegale essendo stato posto in essere violando le regole di procedura dell'articolo 92, paragrafo 3, ed è incompatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1 del trattato, perché non soddisfa nessuno dei requisiti richiesti per l'applicazione delle deroghe di cui all'articolo 92, paragrafi 2 e 3, né rispetta le condizioni poste dal regolamento (CEE) n. 1107/70.

Articolo 2

L'Italia deve sopprimere l'aiuto di cui all'articolo 1, astenersi dall'adottare nuovi atti legislativi e regolamentari che abbiano lo scopo di introdurre nuovi aiuti aventi la forma descritta all'articolo 1 e deve recuperare l'aiuto stesso. Quest'ultimo deve essere rimborsato secondo le regole di procedura e di applicazione della legislazione italiana e deve essere maggiorato dell'importo degli interessi, calcolati applicando il tasso di riferimento utilizzato per la valutazione dei regimi di aiuto regionali, a decorrere dal giorno in cui l'aiuto è stato erogato fino alla data del rimborso effettivo.

Articolo 3

Il governo italiano deve informare la Commissione, entro un termine di due mesi a decorrere dalla notifica della presente decisione, delle misure adottate per conformarvisi».

16 Il 10 gennaio 1997 il governo italiano ha presentato il presente ricorso.

17 Il regime oggetto di tale causa non è stato reiterato oltre l'anno fiscale 1994.

Il motivo di nullità invocato

18 L'Italia ritiene che la Commissione, adottando la decisione 97/270, abbia violato ed applicato erroneamente gli artt. 92 e 93 del Trattato. Tale unico motivo si scinde in due argomentazioni, l'una di carattere principale e l'altra subordinata.

L'argomentazione principale

19 Secondo la ricorrente, il doppio regime di abbuono e compensazione istituito per gli esercizi finanziari 1993 e 1994 non costituisce un sistema di aiuti di Stato incompatibile col mercato comune non comportando un'attribuzione - diretta o indiretta - di risorse statali che falsi o minacci di falsare la concorrenza, favorendo determinate imprese o produzioni o incidendo sugli scambi. Nell'ambito di tale argomentazione, la ricorrente svolge essenzialmente tre tesi che possono riassumersi nell'affermazione che le misure di abbuono fiscale e di compensazione dichiarate illegittime ed incompatibili dalla seconda decisione negativa:

a) non costituiscono un regime di aiuti di Stato;

b) non producono comunque distorsioni di concorrenza;

c) non hanno dato luogo a discriminazione alcuna tra imprenditori italiani ed imprenditori di altri Stati membri.

Qui di seguito esaminerò queste tre affermazioni seguendo tuttavia l'ordine che mi sembra più chiaro: prenderò in esame, in primo luogo, la qualificazione del regime di bonus fiscale discusso, al fine di stabilire se costituisca o meno un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato ed affronterò, in secondo luogo, la compatibilità della misura col mercato comune, precisando se incida sugli scambi tra Stati membri e se violi la libera concorrenza al fine di favorire un settore, determinato anche in base alla nazionalità, dell'industria del trasporto.

a) La qualificazione del regime di bonus fiscale

20 Per il governo italiano le misure consistenti nel concedere ad una determinata categoria di imprese di trasporto un abbuono calcolato rispetto al consumo di carburanti e di lubrificanti sono di natura meramente tributaria. Ne è la riprova - sempre secondo tale governo - il fatto che si sarebbe potuto arrivare al medesimo risultato riducendo, in modo generale, l'accisa sui carburanti, soluzione scartata giacché avrebbe comportato un'inaccettabile diminuzione delle entrate tributarie. Tramite il regime del bonus fiscale si riesce a calibrare l'onere tributario a seconda delle categorie di utenti, riducendolo per quelle che, altrimenti, si troverebbero in una situazione francamente sfavorevole rispetto ai concorrenti stranieri. Data la grande differenza del prezzo dei carburanti che esiste tra l'Italia ed i paesi limitrofi, in particolare la Francia, e tenuto conto dell'autonomia dei moderni veicoli industriali, i trasportatori europei potevano entrare in territorio italiano con i serbatoi pieni ed effettuare attività di cabotaggio in condizioni di vantaggio sostanziale nei confronti degli imprenditori italiani, se non fosse stato per le misure di credito d'imposta. L'intervento in questione non costituisce quindi - dal punto di vista del governo italiano - un regime di aiuti finanziari, ma il rimborso indiretto di una parte dell'accisa sui carburanti.

21 Invero quanto sin qui dichiarato dallo stesso governo italiano rispetto all'argomentazione principale del suo ricorso è sufficiente per disattenderla. Il regime di bonus fiscale, la cui legittimità il detto governo pretende difendere nel contesto del presente procedimento, è tuttavia rivolto in modo palese al miglioramento della situazione di un settore dei trasporti nazionali quanto alla sua competitività con gli altri Stati europei. Cioè proprio il tipo di comportamento che la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato intende eliminare. Conoscendo l'obiettivo del regime in parola, se ne spiegano agevolmente le caratteristiche. Così, se l'ammontare del bonus aumentava più che proporzionalmente rispetto alla dimensione del veicolo beneficiario, ciò era diretto a favorire quelli con maggiore capienza, cioè quelli che in maggior misura possono competere sul mercato internazionale. Si comprende anche la natura provvisoria del meccanismo: venuta meno intorno al 1995 la grande disparità tra i prezzi del carburante praticati in Italia e nei paesi limitrofi - e con essa lo svantaggio relativo delle imprese italiane -, l'aiuto perde la sua ragion d'essere e non è più reiterato oltre l'esercizio finanziario 1994 (v. supra, paragrafo 17). Quest'ultimo punto è stato confermato dall'agente del governo italiano, con assoluta chiarezza, all'udienza.

Continuerò cionondimeno l'esame dell'argomentazione principale in parola anche se solo per uno scrupolo di completezza.

22 In primo luogo, non riesco a comprendere l'interesse del governo italiano a definire le misure controverse come uno strumento di natura meramente tributaria. Già sin dal 1961 la Corte di giustizia ha costantemente interpretato la nozione di aiuto meramente in funzione dei suoi effetti (9): non è decisiva la forma assunta dall'intervento né comunque la sua natura giuridica o il fine perseguito (10), bensì il risultato a cui lo stesso conduce (11). Qualsiasi intervento che dia luogo ad un vantaggio economico, accompagnato dalla corrispettiva diminuzione di risorse statali e che sia a beneficio di un'impresa determinata o di un settore produttivo, costituisce in linea di principio, agli effetti dell'art. 92 del Trattato, un aiuto di Stato. Basta quindi che siano riuniti questi tre elementi.

23 E' indubbio che qualsiasi abbuono di ordine tributario - e, dunque, la misura di cui è causa - produce un vantaggio a favore dei suoi beneficiari e la corrispettiva diminuzione delle entrate dello Stato. Non può essere sostenuto che il regime oggetto del presente ricorso si applichi in maniera uniforme a tutta l'economia, senza privilegiare imprese o settori determinati (12). Proprio al contrario il suo intento dichiarato è quello di favorire esclusivamente gli autotrasportatori per conto terzi, cioè un settore produttivo sufficientemente caratterizzato. Rientra quindi in linea di principio nell'ambito dell'art. 92, n. 1.

24 Orbene, esistono almeno tre ipotesi in cui, pur se si trovano riuniti gli elementi in parola, l'intervento non costituisce un aiuto di Stato propriamente detto, cioè:

a) quando lo Stato agisce come un operatore commerciale privato (13);

b) quando esso faccia fronte ad obblighi di natura privatistica, come quelli di risarcire danni o di restituire un indebito (14), e

c) quando la misura eccezionale si iscriva nel contesto di un regime generale - tributario o di previdenza sociale, ad esempio - e sia giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema (15).

25 La Commissione concentra i suoi sforzi nel combattere l'applicazione della prima ipotesi al presente caso (16). Non vedo come, neanche lontanamente, la condotta dello Stato nel concedere i crediti d'imposta controversi possa venire equiparata a quella di un operatore privato agente nelle condizioni normali di un'economia di mercato.

Non è neppur concepibile che il credito d'imposta sia accordato nell'osservanza di obbligazioni di carattere privatistico assunte dallo Stato, per cui non è applicabile la seconda delle ipotesi contemplate.

26 Maggior attenzione va prestata, a mio parere, all'argomento del governo italiano secondo cui il regime oggetto della decisione impugnata si iscrive nella logica della politica industriale del governo stesso poiché tale regime assomiglia quanto ai suoi effetti ai sistemi di imposizione differenziata dell'energia - in rapporto all'uso domestico o industriale che ne venga fatto - esistenti in vari Stati membri. Se fosse vera tale affermazione, le conseguenze sfavorevoli sulla concorrenza nella Comunità derivanti da tale regime potrebbero affrontarsi solo attraverso il ravvicinamento delle legislazioni previsto agli artt. 100 e seguenti del Trattato.

27 Riconosco che può riuscire a volte difficile tracciare la linea di demarcazione tra, da un lato, le misure che possono costituire sovvenzioni pubbliche e, dall'altro, quelle appartenenti al sistema generale tributario di uno Stato. Orbene, qualsiasi sistema di detrazione ha per effetto l'esenzione di un insieme o di un settore di soggetti passivi dal sistema tributario generalmente applicabile. Siffatte esenzioni (17) sono dettate sovente da obiettivi diversi da quelle che vanno chiamate le esigenze tributarie primarie (18). Si perseguono in tal modo finalità di carattere sociale, di incentivo industriale o regionale, o altre analoghe. Da un punto di vista funzionale, esse rassomigliano agli aiuti diretti concessi dagli Stati a tal punto che, agli effetti dell'art. 92 del Trattato, debbono in via di principio trattarsi come tali. Spetterà in questo caso allo Stato che istituisce siffatte esenzioni dimostrare che esse costituiscono, al contrario, ciò che si è venuto definendo «misure di carattere generale» e che, come tali, esulano dalla sfera del detto art. 92. Lo Stato dovrà quindi chiarire a quale logica interna del sistema obbediscano le dette misure, il che dovrà escludere evidentemente qualsiasi proposito di migliorare le condizioni di un settore rispetto ai suoi concorrenti stranieri. E, tuttavia, questa e non altra è la giustificazione della normativa di cui si discute. Trattasi puramente e semplicemente di concedere un aiuto finanziario che riduca lo svantaggio relativo di cui soffrono le imprese di trasporto italiane a causa del costo elevato dei carburanti e dei lubrificanti in Italia. Trattasi, in altri termini, di migliorare la competitività delle imprese italiane. Questo è l'unico motivo di «politica industriale» che viene avanzato.

28 In tali circostanze deve concludersi che il regime oggetto della decisione impugnata costituisce senza alcun dubbio un aiuto di Stato ex art. 92 del Trattato.

b) La compatibilità della misura col mercato comune

29 Se la funzione esercitata dal regime di bonus fiscale mi consente, senza rilevante difficoltà, di distinguere quest'ultimo dalle misure adottate da uno Stato nel contesto generale del suo sistema tributario, debbo ritornare a questo punto agli effetti che produce il detto regime, onde esaminarne l'eventuale compatibilità col mercato comune. A tale proposito l'art. 92 vieta qualsiasi tipo di aiuto di Stato che risponda alle seguenti condizioni: che falsi o minacci di falsare la concorrenza e che incida sugli scambi commerciali tra Stati membri.

30 Secondo i dati forniti dagli Stati membri alla Commissione - figuranti al diciottesimo `considerando' della parte IV della decisione impugnata - nel 1992 circa il 16% dell'attività degli autotrasportatori italiani di merci per conto terzi riguardava il trasporto internazionale. Inoltre, tra il 1990 ed il 1993, il 14% del cabotaggio su strada comunitario è stato effettuato in Italia. Se si tiene conto dell'impatto addizionale che ha comportato la progressiva liberalizzazione a partire dal gennaio 1993 dell'autotrasporto su strada (19), non si può mettere in dubbio - né tanto chiede il governo ricorrente - che l'aiuto incida sugli scambi intracomunitari. La seconda delle condizioni più sopra enunciate è soddisfatta nel presente caso e resta solo da chiarire se il regime controverso violi realmente o potenzialmente la libera concorrenza.

31 Nella decisione la Commissione afferma che il regime di aiuti alle imprese italiane di autotrasporto di merci per conto terzi provoca una distorsione della concorrenza sia rispetto agli autotrasportatori di merci comunitari non italiani, sia rispetto ai trasportatori italiani per conto proprio. Nel controricorso la Commissione segnala anche che il limite massimo di cento veicoli ad impresa per aver diritto al bonus fiscale, introdotto per il secondo semestre dell'esercizio finanziario 1994, falsava del pari la concorrenza tra grandi e piccole imprese di trasporto.

Passo ad esaminare di seguito ciascuna di queste tre ipotesi, concludendo con una valutazione globale.

- La distorsione rispetto ad imprese comunitarie non italiane

32 Il governo ricorrente sostiene che le imprese di trasporto comunitarie in situazione analoga alle imprese italiane beneficiarie delle misure avrebbero potuto accedere ad un regime di compensazione istituito con decreto legge 26 gennaio 1993 (20), a norma del cui art. 14, n. 4, le prime avrebbero potuto sollecitare un aiuto rapportato al consumo di gasolio per i percorsi effettuati nel territorio italiano, dell'ammontare e con le modalità da stabilirsi nella corrispondente normativa di attuazione. La detta normativa non è mai stata adottata e non è stata accordata alcuna compensazione a questo titolo.

Il governo italiano chiarisce, da un lato, che la notifica della decisione impugnata implicava la paralisi del procedimento di adozione della normativa di attuazione e, dall'altro, che la mancata notifica non impediva ai trasportatori comunitari di presentare le relative istanze in conformità dell'art. 14 del decreto legge. Il fatto che non se ne sia presentata veruna si spiegherebbe con la mancanza di interesse economico per le imprese non italiane, le quali ricorrerebbero al più facile espediente di entrare in territorio italiano con i serbatoi pieni di carburante.

33 Siffatte asserzioni non mi paiono pertinenti, anzi altamente artificiose. Quanto alla prima, concordo con la Commissione sul punto che la medesima diligenza ed osservanza dei propri obblighi avrebbe potuto essere dimostrata quanto al regime di bonus fiscale, dichiarato contrario al Trattato dalla Commissione nel 1993, già a partire dalla sua prima versione. Perché il governo italiano non ha proceduto allora a sospendere il credito d'imposta e lo ha fatto invece successivamente rispetto al regime di compensazione? Quanto alla seconda asserzione, visto il tenore del citato art. 14, in assenza di qualsiasi normativa di attuazione e, pertanto, di qualsivoglia indicazione concreta circa l'ammontare e le modalità della compensazione, sorprendente sarebbe stato che un'impresa avesse effettivamente presentato un'istanza di compensazione (21).

34 All'asserzione del governo ricorrente che il regime controverso, lungi dal provocare distorsione di concorrenza, collocava le imprese nazionali su un piede di parità con le concorrenti comunitarie riducendo il maggior onere tributario che le prime dovevano sopportare, va replicato, parafrasando la sentenza 2 luglio 1974, Italia/Commissione (citata alla nota 11), nel senso che si deve partire necessariamente dalla situazione della concorrenza esistente nel mercato comune prima dell'adozione della misura litigiosa. Tale situazione è la risultante di numerosi elementi che influiscono distintamente sui costi di produzione in ciascun Stato membro. La modifica unilaterale di uno dei detti elementi in un settore economico di uno Stato membro determinato è tale da perturbare l'equilibrio esistente.

35 E' certo, quindi, che nel corso degli esercizi finanziari 1993 e 1994 un determinato settore dei trasporti italiani fruì di un aiuto economico da cui furono esclusi i concorrenti comunitari non italiani, in violazione - a mio giudizio - dell'art. 7 del Trattato. Tale aspetto è di per se stesso sufficiente per giustificare la conformità della decisione impugnata all'art. 93, n. 2, del Trattato, il che minerebbe alla base il presente ricorso (v. supra, paragrafo 21). Continuo ancora una volta nel mio esame, pur se soltanto a fini esplicativi.

- La distorsione rispetto a imprese di trasporto per conto proprio

36 Il governo italiano non nega la realtà di tale distorsione. Si limita a far valere che lo svantaggio economico derivante per gli operatori economici per conto proprio dalla loro esclusione dal regime di bonus fiscale avrebbe soltanto un'incidenza marginale sui rispettivi costi di produzione.

37 Tale affermazione non sembra essere corroborata da elementi di fatto, né, comunque, risulta pertinente. Se - come affermava più sopra il governo italiano - il regime di aiuti alle imprese di trasporto per conto proprio dovesse servire per porre queste ultime su un piede di parità con le loro concorrenti comunitarie, il governo medesimo non può negare al tempo stesso qualsiasi incidenza del detto regime sulla scelta delle imprese di effettuare il trasporto con mezzi propri o altrui. L'ammontare dell'abbuono non è ad ogni modo decisivo (22). Ciò che conta è che il regime di bonus fiscale renderebbe relativamente più interessante il trasporto per conto terzi rispetto a quello realizzato per conto proprio, in contrasto con i principi della libera concorrenza.

- La distorsione nei confronti di imprese con più di cento veicoli

38 Secondo il governo italiano, le grandi imprese di trasporto sopportano meglio la loro esclusione dal regime di aiuti, nella misura in cui le economie di scala che realizzano servono ad ammortizzare lo svantaggio economico loro imposto dalla detta esclusione.

39 Mi limito a ripetere che l'impatto dell'abbuono non è un criterio decisivo. Risulta peraltro particolarmente contrario agli obiettivi perseguiti dalla libera concorrenza il fatto che, tramite la concessione di aiuti pubblici, si sopprimano o si riducano i vantaggi economici conseguiti grazie ad un'organizzazione appropriata dei mezzi di produzione.

- Valutazione

40 E' comprensibile l'inquietudine del governo italiano dinanzi alla grande disparità tra i livelli impositivi applicati ai carburanti nei diversi Stati membri. Date le caratteristiche tecniche dell'autotrasporto moderno, non è da escludere che - come asserisce il governo medesimo - tale disparità provochi distorsioni della concorrenza che si debbono eliminare. Ma il contesto adeguato per correggere siffatte distorsioni è quello del ravvicinamento delle legislazioni, previsto agli artt. 100 e seguenti del Trattato, e non l'instaurazione unilaterale di aiuti di Stato che, oltre ad essere discriminatori, falsano le condizioni della concorrenza nella Comunità.

L'argomentazione subordinata

41 In via subordinata il governo italiano, nel suo ricorso, chiede alla Corte di giustizia di annullare la disposizione della decisione 22 ottobre 1996 con cui gli si impone l'obbligo di recuperare le somme concesse conformemente al regime di aiuti dichiarato illegittimo ed incompatibile col mercato comune (v. supra, paragrafo 15). Il governo sostiene l'impossibilità assoluta di procedere al recupero degli abbuoni concessi, in ragione delle insuperabili difficoltà tecniche e del malessere sociale che comporterebbe qualsivoglia tentativo di recupero.

42 Nel frattempo, il 29 gennaio 1998, la Corte di giustizia ha emanato la sentenza nella causa Commissione/Italia (v. supra, paragrafo 12), il cui oggetto era precisamente la dichiarazione di inadempimento dell'obbligo incombente all'Italia di procedere al recupero degli aiuti concessi conformemente al regime istituito nel 1992. Come già indicato in precedenza, il regime di abbuono oggetto del presente ricorso è la reiterazione di quello istituito nel 1992, al quale esso ha aggiunto, a favore dei trasportatori comunitari non italiani, un regime di compensazione mai attuato. L'introduzione del detto regime di compensazione non ha alcuna incidenza, in ogni caso, sull'obbligo di recupero dei crediti d'imposta. L'impossibilità assoluta dedotta in via subordinata nell'ambito del presente ricorso fu formulata allora come eccezione e fu respinta. Va quindi adottato il ragionamento svolto in tale sentenza, nel senso di disattendere la deduzione relativa all'impossibilità assoluta. Questo ragionamento sembra, per di più, essere stato accolto dal governo italiano, che ha rinunciato in udienza, a corroborare con elementi di fatto l'argomentazione subordinata.

Spese

43 Dal totale rigetto del ricorso che propongo consegue che, in conformità dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la Repubblica italiana va condannata alle spese.

Conclusione

44 Date le considerazioni precedenti, propongo alla Corte:

- di rigettare il presente ricorso, con cui la Repubblica italiana chiede che venga dichiarata la nullità della decisione della Commissione 22 ottobre 1996, 97/270/CE, concernente il regime di crediti d'imposta istituito dall'Italia a favore del settore dei trasporti di merci su strada per conto terzi (C 45/95 ex NN 48/95),

- di condannare la Repubblica italiana alle spese.

(1) - GURI n. 25 del 31 gennaio 1992.

(2) - Decisione 93/496/CEE, relativa all'aiuto di Stato n. C 32/92 (ex NN 67/92) - Italia (Credito d'imposta a favore degli autotrasportatori professionisti) (GU L 233, pag. 10).

(3) - Regolamento (CEE) del Consiglio 4 giugno 1970, n. 1107, relativo agli aiuti accordati nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile (GU L 130, pag. 1), più volte modificato. Tale testo autorizzava, a determinate condizioni, la concessione eccezionale e temporanea di aiuti per eliminare, nel quadro di un piano di risanamento, una sovraccapacità comportante gravi difficoltà strutturali.

(4) - Sedicesimo `considerando' della III parte.

(5) - Decreto legge 29 marzo 1993, n. 82 (GURI n. 134 del 10 giugno 1993), modificato e convertito nella legge 27 maggio 1993, n. 162 (GURI n. 123 del 28 maggio 1993) e decreto legge 23 maggio 1994, n. 309 (GURI n. 119 del 24 maggio 1994), modificato e convertito nella legge 22 luglio 1994, n. 459 (GURI n. 171 del 23 luglio 1994).

(6) - Decreto legge 22 novembre 1994, n. 642 (GURI n. 273 del 22 novembre 1994), reiterato con decreto legge 21 gennaio 1995, n. 21 (GURI n. 17 del 21 gennaio 1995), convertito nella legge 22 marzo 1995, n. 84 (GURI n. 68 del 22 marzo 1995), e decreto legge 29 marzo 1995, n. 92 (GURI n. 75 del 30 marzo 1995), reiterato a più riprese, modificato e convertito nella legge 5 gennaio 1996, n. 11 (GURI n. 9 del 12 gennaio 1996).

(7) - Causa C-280/95, Commissione/Italia (Racc. pag. I-259).

(8) - Decisione della Commissione 22 ottobre 1996, 97/270/CE, concernente il regime di crediti d'imposta istituito dall'Italia a favore del settore dei trasporti di merci su strada per conto terzi (C 45/95 ex NN 48/95) (GU 1997, L 106, pag. 22).

(9) - «Interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa», secondo la sentenza 23 febbraio 1961, causa 30/59, Steenkolenmijnen/Alta Autorità (Racc. pag. 6, punto 39).

(10) - A meno che, come nella presente causa, il detto fine sia diametralmente opposto alla ratio legis delle disposizioni del Trattato.

(11) - «L'art. 92 non distingue gli interventi di cui trattasi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti», sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione (Racc. pag. 709, punto 27).

(12) - Secondo la definizione di misure a carattere generale proposta nel «Second Survey on State Aids in the EC in the manufacturing and certain other sectors», Commissione delle Comunità europee, Lussemburgo, 1991, pagg. 4-5.

(13) - Criterio basato sulle possibilità, per l'impresa beneficiaria di ottenere sul mercato dei capitali le somme di cui trattasi; v. sentenza 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione (Racc. pag. I-307, punto 39).

(14) - V. sentenza 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana (Racc. pag. 1205, punto 31).

(15) - Sentenza Italia/Commissione (citata alla nota 11), punto 33.

(16) - V. quarto `considerando' della parte IV della decisione 97/270.

(17) - Non è decisiva la loro denominazione (esenzione, riduzione, abbuono, detrazione, esonero, credito, ed altre), ma la loro natura di disposizioni tributarie istitutive di una situazione eccezionale a favore di uno o più soggetti passivi.

(18) - Solo in tal caso esse costituiscono veri «abbuoni»; le varie deduzioni previste nell'ambito delle diverse figure d'imposta e rispondenti alla medesima logica impositiva di queste ultime non sono - tecnicamente parlando - abbuoni, ma norme tributarie oggettive dello stesso valore che, ad esempio, le disposizioni per il calcolo della base imponibile (v., in proposito, Lang, Joachim, Systematisierung der Steuervergünstigungen, 1974, pagg. 73 e seguenti, citato da Frick, Karl Alois, Einkommensteuerliche Steuervergünstigungen und Beihilfeverbot nach dem EG-Vertrag, 1994, pag. 28). Così non sono abbuoni propriamente detti le detrazioni per figlio a carico permesse nell'ambito dell'imposta sul reddito poiché si ispirano al medesimo principio di capacità impositiva dell'imposta stessa.

(19) - A norma del regolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all'accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU L 95, pag. 1) e del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per l'ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro (GU L 279, pag. 1).

(20) - GURI n. 21 del 27 gennaio 1993.

(21) - All'udienza l'agente del governo italiano ha suggerito che si sarebbe potuto presentare simili domande a fini di protesta.

(22) - Secondo i dati della Commissione, la misura ha rappresentato, nel corso dei tre esercizi in cui è rimasta in vigore, tra il 9,7% ed il 24,3% del costo effettivo di carburante e lubrificante a carico di un autotrasportatore, percentuali nient'affatto disdegnabili qualora si tenga conto della grande importanza di tali costi nei risultati di esercizio di un'impresa di trasporti.

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