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Document 61996TO0041
Order of the President of the Court of First Instance of 3 June 1996. # Bayer AG v Commission of the European Communities. # Competition - Procedure for interim relief - Suspension of operation of a measure. # Case T-41/96 R.
Ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado del 3 giugno 1996.
Bayer AG contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - Procedimento sommario - Sospensione dell'esecuzione.
Causa T-41/96 R.
Ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado del 3 giugno 1996.
Bayer AG contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - Procedimento sommario - Sospensione dell'esecuzione.
Causa T-41/96 R.
Raccolta della Giurisprudenza 1996 II-00381
ECLI identifier: ECLI:EU:T:1996:68
Ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado del 3 giugno 1996. - Bayer AG contro Commissione delle Comunità europee. - Concorrenza - Procedimento sommario - Sospensione dell'esecuzione. - Causa T-41/96 R.
raccolta della giurisprudenza 1996 pagina II-00381
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo
++++
Procedimento sommario ° Sospensione dell' esecuzione ° Sospensione dell' esecuzione di una decisione della Commissione che vieta un diniego di fornitura di un prodotto farmaceutico oggetto di esportazioni parallele considerevoli ° Presupposti ° Danno grave e irreparabile ° Ponderazione di tutti gli interessi in esame
(Trattato CE, art. 185; regolamento di procedura del Tribunale, art. 104)
Un produttore farmaceutico al quale la Commissione vieti di praticare dinieghi di fornitura di una medicina allo scopo di impedire l' aumento delle esportazioni parallele di detto prodotto, a partire da Stati membri dove è venduto ad un prezzo nettamente inferiore a quello vigente in un altro Stato membro e verso quest' ultimo, poiché essa considera che i detti dinieghi rientrino nell' ambito di accordi vietati dall' art. 85, n. 1, del Trattato ° il che è negato dall' interessato, il quale sostiene di definire unilateralmente la propria politica commerciale sulla base di un sistema di controllo che non è diretto ad esercitare una pressione sui grossisti per dissuaderli dall' esportare °, può legittimamente sostenere che l' immediata applicazione di detta decisione, che crea incertezze sui criteri che consentono di distinguere la misura unilaterale dall' accordo contrattuale, lo priverebbe della possibilità di definire in modo autonomo alcuni elementi essenziali della sua politica commerciale e lo porrebbe nell' incertezza per quanto riguarda la libertà di cui dispone nella definizione di detta politica.
Orbene, ciò potrebbe in modo del tutto particolare causargli, attraverso un notevole aumento delle importazioni parallele, un grave danno nell' ambito del settore farmaceutico, caratterizzato dall' applicazione da parte dei servizi sanitari nazionali di sistemi di fissazione o di controllo dei prezzi e di modalità di rimborso che danno luogo a grandi disparità quanto ai prezzi praticati per una stessa medicina nei vari Stati membri.
Poiché siffatto danno sarebbe sproporzionato rispetto all' interesse dei grossisti ad aumentare le loro esportazioni e rispetto all' interesse del servizio sanitario nazionale nonché dei consumatori e dei contribuenti dello Stato di destinazione del prodotto farmaceutico a una riduzione del suo prezzo sul mercato nazionale, il giudice in materia di procedimento sommario deve, tenuto conto dell' urgenza, concedere la sospensione dell' esecuzione.
Nel procedimento T-41/96 R,
Bayer AG, società di diritto tedesco, con sede a Leverkusen (Germania), con dall' avv. Jochim Sedemund, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Aloyse May, 31, Grand-rue,
richiedente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Wouter Wils e Klaus Wiedner, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
resistente,
avente ad oggetto una domanda di sospensione dell' esecuzione dell' art. 2 della decisione della Commissione 10 gennaio 1996, relativa a un procedimento a norma dell' articolo 85 del Trattato CE (IV/34.279/F3 ° Adalat),
IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE
ha emesso la seguente
Ordinanza
Fatti e procedimento
1 Il gruppo Bayer è un gruppo chimico internazionale all' ottavo posto mondiale nel settore farmaceutico. Nel 1991-1992 le sue vendite ammontavano a circa 3 264 milioni di ECU, secondo i dati contenuti nella decisione della Commissione 10 gennaio 1996, relativa a un procedimento a norma dell' articolo 85 del Trattato CE (IV/34.279/F3 ° Adalat; in prosieguo: la "decisione"). L' impresa principale del gruppo, la società Bayer AG (in prosieguo: la "Bayer"), produce e vende da numerosi anni con il marchio Adalat (denominato Adalate in Francia) una gamma di medicine (in prosieguo: l' "Adalat"), il cui principio attivo è costituito dalla nifedipina, per la cura delle malattie cardiovascolari. Secondo documenti interni della Bayer, citati nella decisione, l' Adalat "costituisce attualmente uno dei principali prodotti sul mercato dell' ipertensione e dell' insufficienza coronarica". Si tratta di "un prodotto leader con una forte identità". Nel 1992 l' Adalat occupava il nono posto fra i quaranta prodotti farmaceutici più venduti nel mondo con vendite che raggiungevano circa 783 milioni di ECU.
2 Dalla decisione emerge che l' Adalat costituisce un prodotto di grande importanza nella strategia di vendita delle società controllate dalla Bayer nei vari Stati membri. Nel 1992 tale medicina costituiva circa il 15% della cifra d' affari complessiva della Bayer Spagna e il 36% di quella della Bayer Francia. Nel Regno Unito essa costituiva il 56% della cifra d' affari complessiva della Bayer UK.
3 Secondo le indicazioni fornite dalla Bayer, la quota di mercato detenuta dall' Adalat nella Comunità raggiunge circa l' 8%. Secondo la stessa fonte, cui la decisione fa riferimento, la Bayer occupa rispettivamente circa il 7% e il 9% dei mercati dei medicinali per l' insufficienza coronarica e per l' ipertensione in Spagna, il 5% e il 4% degli stessi mercati in Francia e il 20% e il 17% nel Regno Unito.
4 Nella maggior parte degli Stati membri il prezzo dell' Adalat è direttamente o indirettamente fissato dalle autorità sanitarie nazionali. Dal 1989 al 1993 i prezzi fissati dai servizi sanitari spagnoli e francesi erano, in media, inferiori del 40% a quelli applicati nel Regno Unito. Per l' Adalat Retard 20 mg la differenza di prezzo andava in Spagna dal 35% al 47% e, in Francia, raggiungeva circa il 24%. Del pari, il prezzo delle capsule Adalat era inferiore, in Spagna, del 48-55% e, in Francia, del 39-45% a quello applicato nel Regno Unito.
5 A causa di dette differenze di prezzo, alcuni grossisti stabiliti in Spagna dal 1989 hanno iniziato a esportare l' Adalat nel Regno Unito. A partire del 1991 alcuni grossisti stabiliti in Francia hanno proceduto allo stesso modo. Secondo la Bayer, dal 1989 al 1993 le vendite di Adalat effettuate dalla Bayer UK si sarebbero quasi dimezzate a causa delle importazioni parallele. La società controllata dalla Bayer in Gran Bretagna avrebbe così subito una perdita di fatturato di 230 milioni di DM, con 100 milioni di DM di minori introiti per la Bayer stessa.
6 Di fronte a tale situazione, la Bayer Spagna e la Bayer Francia hanno deciso di non onorare più tutte le ordinazioni effettuate dai grossisti stabiliti in Spagna e in Francia.
7 In tali circostanze, il 10 gennaio 1996 la Commissione adottava nei confronti dalla Bayer la summenzionata decisione, il cui art. 1 dichiara che la Bayer Spagna e la Bayer Francia hanno commesso una violazione dell' art. 85 del Trattato, imputabile alla loro società principale, stipulando con i loro grossisti in Spagna e in Francia, nell' ambito di rapporti commerciali continuativi, un accordo avente ad oggetto un divieto di esportazione dell' Adalat in altri Stati membri. I mercati in senso geografico definiti dalla Commissione come rilevanti sono i mercati nazionali, in quanto la vendita di medicinali è influenzata dalle politiche amministrative o di approvvigionamento adottate negli Stati membri dai servizi sanitari nazionali. A tenore della decisione, l' analisi del comportamento adottato dalla Bayer Spagna e dalla Bayer Francia nei confronti dei loro grossisti rispettivi consente di provare nella specie l' esistenza di un divieto di esportazione imposto da dette società controllate dalla Bayer nell' ambito dei rapporti commerciali intercorrenti con i loro clienti. La Commissione ha dedotto l' esistenza di siffatto divieto da quello che essa ha considerato come un sistema di rilevazione dei grossisti esportatori, nonché dalle riduzioni successive dei quantitativi forniti che sarebbero applicate dalle due società controllate qualora i grossisti esportino in tutto o in parte i prodotti forniti (punto 156).
8 Ai sensi dell' art. 2 della decisione, la Bayer deve "porre fine all' infrazione [constatata all' art. 1], e in particolare (...):
° inviare ai grossisti in Francia e in Spagna, entro il termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, una circolare la quale precisi che le esportazioni nell' ambito della Comunità europea sono consentite e non sono soggette ad alcuna sanzione;
° indicare, entro il termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, tali elementi in forma chiara nelle condizioni generali di vendita applicabili in Francia e in Spagna".
9 L' art. 3 della decisione irroga alla Bayer un' ammenda di 3 milioni di ECU. L' art. 4 fissa una penalità di mora di 1 000 ECU per ogni giorno di ritardo nell' adempimento degli specifici obblighi enunciati all' art. 2.
10 Con ricorso registrato nella cancelleria del Tribunale il 22 marzo 1996, la Bayer ha chiesto l' annullamento della decisione.
11 Con atto separato, registrato nella cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la richiedente ha del pari presentato, in forza dell' art. 185 del Trattato, una domanda di sospensione dell' esecuzione del precitato art. 2 della decisione. La Commissione ha presentato le sue osservazioni scritte con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 4 aprile 1996. Con memoria depositata il 17 aprile 1996, la richiedente ha presentato osservazioni sulle summenzionate osservazioni della Commissione. L' istituzione convenuta si è pronunciata su tali osservazioni con memoria depositata il 25 aprile 1996. Le parti hanno svolto osservazioni orali il 2 maggio 1996.
In diritto
12 In forza del combinato disposto degli artt. 185 e 186 del Trattato e dell' art. 4 della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 319, pag. 1), come modificata dalla decisione 8 giugno 1993, 93/350/Euratom, CECA, CEE (GU L 144, pag. 21), dalla decisione del Consiglio 7 marzo 1994, 94/149/CECA, CE (GU L 66, pag. 29), e dalla decisione del Consiglio 1 gennaio 1995, 95/1/CE, Euratom, CECA (GU L 1, pag. 1), il Tribunale può disporre, ove reputi che le circostanze lo richiedano, la sospensione dell' esecuzione dell' atto impugnato o i provvedimenti provvisori necessari.
13 L' art. 104, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale precisa che la domanda per la sospensione dell' esecuzione è ricevibile solo se il richiedente ha impugnato tale atto in un ricorso dinanzi al Tribunale. Il n. 2 dello stesso articolo prevede che le domande relative ai provvedimenti provvisori di cui agli artt. 185 e 186 del Trattato devono precisare i motivi di urgenza e gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima facie l' adozione del provvedimento richiesto. I provvedimenti richiesti devono presentare carattere provvisorio, nel senso che non devono pregiudicare la decisione nel merito (v. ordinanza del presidente del Tribunale 22 aprile 1996, causa T-23/96 R, De Persio/Commissione, Racc.PI pag. II-527, punto 19).
Argomenti delle parti
Sul fumus boni juris
14 La richiedente precisa, anzitutto, di non formulare alcuna obiezione per quanto riguarda l' affermazione secondo cui, per i grossisti da essa riforniti, "le esportazioni nell' ambito della Comunità sono consentite (...)". Essa infatti non avrebbe mai imposto ai grossisti restrizioni dell' esportazione e non intenderebbe farlo. Tuttavia, essa contesta l' osservazione secondo cui tali esportazioni "non sono soggette ad alcuna sanzione", il che significherebbe che essa "non è più autorizzata ad opporre, unilateralmente, un diniego generale o parziale di fornitura ai grossisti che esportino i [suoi] prodotti in altri mercati nazionali". Essa sarebbe così soggetta a un "obbligo di fornitura".
15 La richiedente sostiene che la Bayer Spagna e la Bayer Francia non hanno stipulato alcun accordo con i loro grossisti in Spagna e in Francia che contenesse un divieto di esportazione dei prodotti Adalat negli altri Stati membri, in particolare nel Regno Unito. All' audizione delle parti nell' ambito del procedimento in esame, essa ha confermato che la riduzione delle forniture ai grossisti in Spagna e in Francia mirava ad arginare le esportazioni parallele verso il Regno Unito. Tuttavia, le società da essa controllate non avrebbero mai imposto ai loro clienti un divieto di esportazione. Nella misura in cui non sarebbero tenute ad alcun obbligo di fornitura, esse si sarebbero rifiutate unilateralmente di onorare alcune ordinazioni. Al fine di evitare qualsiasi accordo con i grossisti relativo a un divieto di esportazione, esse avrebbero persino impartito ai loro dipendenti incaricati della distribuzione l' istruzione di non divulgare le vere ragioni della riduzione unilaterale del volume delle forniture e di invocare sistematicamente un' "insufficienza delle giacenze" dovuta a problemi interni di fornitura o di produzione.
16 La Bayer contesta in particolare le asserzioni della Commissione secondo le quali i grossisti che esportavano sarebbero stati individuati mediante un sistema di controllo delle vendite e avrebbero subito quindi un' automatica riduzione delle loro forniture. Tali asserzioni non sarebbero basate su alcuna prova. Nella specie, la richiedente non potrebbe accertare, dopo aver fornito prodotti a un grossista, se quest' ultimo li esporti. Pertanto i grossisti avrebbero saputo di non dover temere alcuna riduzione delle forniture in caso di loro esportazione e non avrebbero avuto quindi alcun "interesse a rispettare il divieto di esportazione", contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione. Questa avrebbe del resto constatato essa stessa che il sistema di controllo della distribuzione scelto dalla richiedente consisteva unicamente nel registrare anzitutto i quantitativi forniti a ciascun grossista durante i periodi precedenti ("quantitativi di riferimento") e nel determinare unilateralmente in anticipo i quantitativi mensili e annuali che essa desiderava fornirgli (in generale, il quantitativo di riferimento maggiorato di circa il 10% l' anno), e quindi nel verificare, mediante il sistema di controllo della distribuzione, in quale momento le ordinazioni correnti di un grossista superavano i quantitativi di riferimento. In questo caso la richiedente non avrebbe più accettato l' ordinazione o non l' avrebbe accettata che parzialmente. L' osservazione della Commissione secondo la quale, in rari casi, la richiedente non aggiungeva il 10% al quantitativo di riferimento, o lo correggeva successivamente, non produrrebbe alcun effetto sul fatto che quest' ultima fissava in anticipo e unilateralmente i quantitativi da fornire.
17 Ciò premesso, la richiedente respinge la tesi della Commissione secondo la quale i grossisti avrebbero accettato l' asserito divieto di esportazione riducendo, soltanto "in apparenza", i quantitativi delle loro ordinazioni, il che costituirebbe, a causa dei rapporti commerciali instaurati fra la richiedente e i suoi grossisti, un accordo ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato (punto 181 della decisione). Tale interpretazione sarebbe incompatibile con il testo dell' art. 85, nonché con gli scopi e con il sistema del diritto comunitario in materia di concorrenza. Questo non vieterebbe un comportamento unilaterale solo perché mirerebbe a impedire esportazioni parallele. La decisione in esame estenderebbe pertanto la sfera di applicazione dell' art. 85 in modo da includervi anche un diniego unilaterale di fornitura, il quale, in via di principio, potrebbe rientrare soltanto nell' ambito di applicazione dell' art. 86 del Trattato.
18 In particolare, la valutazione della Commissione produrrebbe l' effetto di sopprimere l' elemento centrale della nozione di accordo ai sensi dell' art. 85, vale a dire l' incontro delle volontà. Secondo la tesi sostenuta dalla Commissione, un fornitore che intendesse, come la richiedente, adottare provvedimenti strettamente unilaterali, non potrebbe impedire la sopravvenienza di un "accordo", persino contro la sua volontà, poiché sarebbe sufficiente che il cliente modifichi unilateralmente il suo comportamento in materia di ordinazioni. Inoltre, sussisterebbe accordo, ai sensi dell' art. 85, anche quando il cliente modifica tale comportamento solo in apparenza e il suo comportamento effettivo dimostra invece chiaramente che egli appunto non aspirava alla conclusione dell' accordo asserito. La decisione andrebbe così notevolmente oltre quanto affermato nella giurisprudenza della Corte e l' attuale prassi della Commissione, la quale considererebbe del resto tale decisione come una "decisione pilota".
19 Infine, la nozione di "sanzione" di cui all' art. 2 della decisione sarebbe imprecisa. Essa potrebbe comprendere la soluzione, già considerata dalla richiedente, consistente nel modificare il suo sistema di vendita al fine di arginare le esportazioni parallele. Nell' ambito di tale soluzione, la Bayer porrebbe fine alle forniture per i grossisti e affiderebbe tale funzione alle società da essa controllate, situazione che non rientrerebbe nella sfera di applicazione dell' art. 85. La richiedente ne deduce che l' art. 2 non può essere applicato immediatamente, in quanto la sua sfera di applicazione non è stata definita dalla Commissione.
20 Dal canto suo la Commissione precisa, in limine, che il termine "sanzione" riguarda le riduzioni di forniture descritte nella decisione, nonché qualsiasi misura che produca lo stesso effetto, vale a dire far rispettare un divieto di esportazione.
21 Essa sostiene peraltro che i comportamenti censurati nella decisione non presentavano natura meramente unilaterale, ma risultavano da un concorso di volontà fra, da un lato, la Bayer Spagna e la Bayer Francia e, dall' altro, i loro rispettivi grossisti in Spagna e in Francia. A suo avviso, un accordo ai sensi dell' art. 85, n. 1, presuppone un interesse delle due parti a concludere tale accordo, senza che tale interesse sia loro necessariamente comune. Nella specie, l' interesse della richiedente sarebbe consistito nell' impedire o, quanto meno, nel ridurre le esportazioni parallele. Quello dei grossisti sarebbe consistito nell' evitare la riduzione delle forniture di Adalat.
22 L' esistenza di un accordo contenente un divieto di esportazione sarebbe attestata dalle riduzioni di forniture effettuate dalla Bayer nei confronti dei grossisti che violassero tale accordo, al fine di dissuaderli dal continuare ad esportare. La Bayer avrebbe infatti individuato, mediante un sistema di controllo della distribuzione, i grossisti in Spagna e in Francia che esportavano in altri Stati membri e ne avrebbe ridotto notevolmente gli approvvigionamenti. Tali riduzioni sarebbero state applicate automaticamente a partire dal momento in cui un grossista violava il divieto di esportazione. Contrariamente a quanto asserito dalla richiedente, esse non si sarebbero basate su un quantitativo di riferimento fissato per ogni grossista all' inizio dell' esercizio in funzione del quantitativo fornito l' anno precedente, maggiorato del 10%. Per alcuni grossisti, quali la CERP Lorraine o la Hefame, le forniture sarebbero state ridotte in base all' anno precedente, senza il supplemento del 10%. Per altri, come la Hufasa e la Cofares, esse sarebbero state ridotte senza coprire il fabbisogno del mercato nazionale.
23 I grossisti sarebbero stati perfettamente al corrente del motivo di detti rifiuti di fornitura e avrebbero tacitamente accettato il divieto di esportazione. La loro adesione a tale divieto sarebbe in particolare dimostrata dalla riduzione dei quantitativi che essi ordinavano presso la Bayer Spagna e la Bayer Francia al fine di allinearsi alle cifre che tali società controllate consideravano, in seguito ai negoziati con i loro clienti, come normali per l' approvvigionamento del mercato nazionale. L' esistenza di un accordo sarebbe confermata dal fatto che, secondo la Commissione, alcuni grossisti hanno tentato di ottenere forniture maggiori per vie traverse, proprio perché dovevano impegnarsi nei confronti della Bayer a non esportare e, di conseguenza, a ordinare quantitativi ridotti e non esportabili.
24 Proprio come nella causa Sandoz (sentenza della Corte 11 gennaio 1990, causa C-277/87, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, Racc. pag. I-45; pubblicazione sommaria), nella quale i distributori avevano accettato tacitamente un divieto di esportazione per essere ammessi come controparti commerciali, il divieto di esportazione avrebbe costituito uno degli elementi fondamentali nei rapporti commerciali permanenti fra la Bayer e i suoi grossisti in Spagna e in Francia. Inoltre, i fatti di cui trattasi nella specie sarebbero analoghi a quelli che hanno dato origine alla decisione della Commissione 25 novembre 1980, 80/1283/CEE, relativa a un procedimento a norma dell' art. 85 del Trattato CE (IV/29.702: Johnson & Johnson; GU L 377, pag. 16), nella quale i distributori avevano accettato, a partire dal 1 gennaio 1977, il divieto non scritto di esportare imposto dal produttore, il quale applicava un sistema di controllo e minacciava di sospendere o di ritardare l' approvvigionamento degli esportatori paralleli.
Sull' urgenza
25 La richiedente osserva che l' immediata esecuzione dell' art. 2 della decisione l' obbligherebbe a onorare tutte le ordinazioni di un grossista che effettua esportazioni e comporterebbe un notevole aumento del commercio parallelo. La quota costituita dalle importazioni parallele nel consumo complessivo di Adalat nel Regno Unito, che raggiungeva già quasi il 50% nel 1993, diverrebbe superiore al 75%, a causa del grande interesse dei grossisti in Spagna e in Francia ad ottenere forniture supplementari destinate all' esportazione. La Commissione avrebbe osservato che detto interesse è tale che le ordinazioni di Adalat sono aumentate in breve tempo del 300% rispetto ai quantitativi forniti in passato e che un grossista ha ordinato da solo circa il 50% del consumo complessivo in Spagna. Inoltre, l' obbligo di fornitura imposto dalla disposizione di cui trattasi non sarebbe verosimilmente applicato soltanto ai prodotti controversi, ma anche a tutti gli altri prodotti della richiedente, nonché a quelli degli altri produttori farmaceutici. Esso comporterebbe necessariamente una grandissima crescita del commercio parallelo per quanto riguarda i principali prodotti della richiedente. Tutti i mercati nazionali verrebbero quindi riforniti con prodotti provenienti dagli Stati membri nei quali le competenti autorità sanitarie nazionali fissano i prezzi al livello più basso, dal momento che vi è al riguardo una differenza di prezzo fino al 100%. L' approvvigionamento prevalente dei vari mercati nazionali a partire dai "paesi con prezzi bassi" recherebbe un irreparabile pregiudizio al sistema di distribuzione della richiedente, che possiede attualmente società controllate in praticamente tutti gli Stati membri. La richiedente subirebbe infine perdite di fatturato annuale che potrebbero raggiungere, unicamente per i suoi prodotti principali, circa i 240 milioni di DM.
26 In particolare, se il 75% del mercato del Regno Unito fosse rifornito di prodotti Adalat da grossisti stabiliti in Spagna, ne conseguirebbero, presupponendo una differenza di prezzo del 30%, una perdita di fatturato annuale della Bayer UK di circa 100 milioni di DM e una perdita di utili di 30 milioni di DM per la richiedente. Ciò priverebbe di qualsiasi base economica la struttura di distribuzione istituita dalla Bayer nel Regno Unito. La richiedente sarebbe costretta a licenziare gran parte dei dipendenti della Bayer UK, che dà lavoro a oltre 540 persone nel suo settore farmaceutico. Essa perderebbe personale qualificato e il contatto diretto con la clientela, che è il risultato di un lavoro che si protrae da vari decenni. Una perdita del genere sarebbe irreparabile a breve termine. Per tutte queste ragioni l' immediata esecuzione della disposizione di cui trattasi dell' art. 2 della decisione le causerebbe un danno economico sproporzionato e irreparabile.
27 La richiedente contesta l' argomento della Commissione secondo il quale le sarebbe sufficiente ridurre i suoi prezzi nel Regno Unito in modo da far concorrenza ai prodotti Adalat importati dalla Spagna o dalla Francia. I prezzi praticati nel Regno Unito sarebbero soggetti a un controllo degli utili da parte del National Health Service (servizio sanitario nazionale del Regno Unito; in prosieguo: il "NHS"). La richiedente adduce che una riduzione di prezzi in questo paese produrrebbe gli stessi effetti disastrosi di un massiccio aumento delle importazioni parallele. Essa porterebbe a perdite di fatturato e di utili che comprometterebbero l' esistenza del settore farmaceutico della Bayer UK. Peraltro, l' art. 85 non autorizzerebbe la Commissione a costringere la richiedente a ridurre i prezzi. In ogni caso, l' unica decisiva questione consisterebbe nello stabilire se l' esecuzione immediata porti a una modifica irreparabile dello status quo a danno della richiedente. La questione se quest' ultima, come sostiene la Commissione, avrà ancora utili sufficienti in caso di esecuzione immediata di tale disposizione sarebbe priva di qualsiasi pertinenza.
28 Secondo la Commissione, le asserzioni della richiedente relative all' urgenza si basano su un' errata interpretazione dell' art. 2 della decisione. Questo articolo riguarderebbe unicamente gli accordi di non esportazione tra la richiedente e i suoi grossisti in Spagna e in Francia. La Bayer non sarebbe tenuta pertanto a rifornire senza limiti ciascun grossista. Essa potrebbe ridurre o annullare le sue forniture nella misura in cui essa non agisca in tal modo per sanzionare le esportazioni.
29 La richiedente, sulla quale graverebbe l' onere della prova, non avrebbe addotto alcun elemento che possa provare che l' immediata applicazione della disposizione di cui all' art. 2 della decisione comporterebbe un notevole aumento delle esportazioni parallele nel Regno Unito. Secondo le statistiche prodotte dalla Bayer (allegato 3 dell' istanza di provvedimenti urgenti), tali importazioni sarebbero già più che raddoppiate dal 1984 al 1993, di modo che dal 1993 esse costituivano quasi la metà dei prodotti Adalat smerciati nel Regno Unito. Inoltre, a partire dal 1992 le esportazioni parallele di Adalat nel Regno Unito non sarebbero più redditizie per i grossisti stabiliti in Francia, a causa della svalutazione della lira sterlina. Quanto alle esportazioni provenienti dalla Spagna, anche se esse corrispondevano a un decimo dei prodotti ivi venduti dalla richiedente, esse costituirebbero, a causa delle dimensioni più ridotte del mercato spagnolo, soltanto un' esigua parte dell' insieme delle esportazioni parallele nel Regno Unito. Ne consegue, secondo la Commissione, che le esportazioni parallele dalla Spagna non sono mai state rilevanti e che quelle provenienti dalla Francia attualmente non lo sono più.
30 Inoltre, la richiedente non avrebbe dimostrato che la richiesta sospensione dell' esecuzione sia necessaria per evitare il rischio di danno da essa asserito. La Bayer UK potrebbe infatti evitare l' aumento massiccio delle importazioni parallele riducendo i suoi prezzi a un livello anche nettamente superiore ai prezzi praticati in Spagna e in Francia, tenuto conto dei costi di trasporto e di confezionamento sostenuti dagli importatori paralleli, di modo che essa realizzerebbe utili ancora sufficienti. L' unico eventuale danno consisterebbe in tal caso in una diminuzione dei suoi profitti. A questo proposito, la Commissione sottolinea che la richiedente possiede nel Regno Unito elevate quote di mercato, che superano rispettivamente il 16% e il 19% per quanto attiene a due dei principali prodotti della gamma Adalat. Sarebbe quindi improbabile che la Bayer UK possa essere esclusa a breve termine dal mercato del Regno Unito, tanto più che essa vende altri prodotti in questo paese.
Sulla ponderazione degli interessi
31 La richiedente sostiene di avere un interesse preponderante alla sospensione dell' esecuzione della disposizione di cui all' art. 2 della decisione, allo scopo di evitare un danno irreparabile e sproporzionato e di mantenere lo status quo economico. La richiesta sospensione dell' esecuzione non avrebbe alcuna incidenza sull' attuale situazione delle importazioni parallele, in quanto i grossisti stabiliti in Spagna e in Francia rimarrebbero liberi di esportare in tutto o in parte i prodotti Adalat acquistati presso la Bayer Spagna e la Bayer Francia.
32 Al contrario, non vi sarebbe alcun interesse comunitario predominante per l' immediata esecuzione dell' art. 2 della decisione. Le esportazioni parallele nel Regno Unito avvantaggerebbero fondamentalmente i grossisti, che realizzerebbero profitti sproporzionati, inattesi ed eccezionalmente elevati ("wind-fall-profits"). Mentre, quanto alle vendite destinate ai loro clienti tradizionali in Spagna e in Francia, il margine di guadagno dei grossisti ammonterebbe a circa il 12%, tale margine sarebbe raddoppiato per le esportazioni parallele di Adalat nel Regno Unito.
33 Il vantaggio "indiretto" di cui fruirebbero i consumatori nel Regno Unito, in quanto una parte degli sconti andrebbe a favore del NHS, sarebbe marginale. Infatti i consumatori dovrebbero versare lo stesso prezzo, indipendentemente dal fatto che i prodotti provengano dalla Bayer UK o da un' importazione parallela, poiché il NHS, che in pratica esercita un monopolio sull' acquisto di prodotti farmaceutici nel Regno Unito, accorda in via di principio lo stesso rimborso per un determinato prodotto, a prescindere dalla sua origine.
34 Infine, si dovrebbe tener conto del fatto che la decisione costituisce una "decisione pilota", il cui fondamento giuridico sarebbe più che dubbio e il cui risultato non dovrebbe essere accettato prima che il Tribunale abbia statuito nel procedimento principale.
35 La Commissione replica che l' interesse della richiedente dev' essere ponderato con il pubblico interesse e con gli interessi delle altre persone interessate. La richiesta sospensione dell' esecuzione nuocerebbe non soltanto agli interessi degli esportatori paralleli, che si limiterebbero ad avvalersi legittimamente delle possibilità del mercato unico, ma anche a quelli del NHS e, di conseguenza, dei consumatori e dei contribuenti nel Regno Unito, tenuto conto del sistema di recupero da parte del NHS, in base ad un calcolo annuale e in forza di una misura per il rimborso denominata "claw-back", di una parte degli sconti concessi alle farmacie dai grossisti.
Valutazione del giudice dell' urgenza
Sul fumus boni juris
36 La disposizione di cui all' art. 2 della decisione, per la quale la richiedente chiede la sospensione dell' esecuzione, mira a porre fine alla violazione dichiarata nell' art. 1, la quale sarebbe costituita da un accordo fra, da un lato, la Bayer Spagna e la Bayer Francia e, dall' altro, i loro rispettivi grossisti in Spagna e in Francia conterrebbe un divieto di esportare l' Adalat in altri Stati membri. Tale disposizione impone alla richiedente d' indicare in una circolare da inviare ai grossisti in Spagna e in Francia, nonché nelle sue condizioni generali di vendita vigenti in Spagna e in Francia, che "le esportazioni sono consentite nell' ambito della Comunità e non sono soggette ad alcuna sanzione".
37 Contrariamente a quanto sostiene la richiedente, la nozione di "sanzione" di cui all' art. 2 è stata definita dalla Commissione. Essa dev' essere intesa con riferimento agli elementi costitutivi della violazione considerati dalla decisione. Essa comprende pertanto unicamente i dinieghi di fornitura opposti a grossisti individuati come esportatori, al fine di dissuaderli dal continuare a violare l' asserito divieto di esportazione, nonché qualsiasi altra misura che produca lo stesso effetto.
38 Risulta così chiaramente che detta nozione di "sanzione" non può comprendere qualsiasi diniego di fornitura dovuto alla volontà della richiedente di limitare le esportazioni parallele. Essa dev' essere interpretata in relazione alla nozione di "accordo" considerata dalla decisione.
39 Apportata tale precisazione preliminare, si deve notare che le tesi delle parti contrastano sostanzialmente quanto alla qualificazione del comportamento censurato nella decisione, consistente, per la richiedente, nel ridurre le sue forniture secondo talune modalità al fine di limitare le esportazioni parallele e, per i grossisti, nel conformarsi a tale comportamento. E' controverso tra le parti se questi comportamenti abbiano o meno la natura di un accordo ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato e rientrino, per tale motivo, nel campo di applicazione di detto articolo. Ad avviso della richiedente, i rifiuti di fornitura presentano natura meramente unilaterale. Secondo la Commissione, essi costituiscono invece uno degli aspetti di un accordo diretto a isolare i mercati nazionali.
40 A questo proposito, occorre ricordare che l' esistenza di un accordo ai sensi dell' art. 85, n. 1, richiede l' incontro delle volontà delle parti e non presuppone necessariamente il loro consenso formale. Questo può infatti risultare, implicitamente, anche dal comportamento chiaro e univoco delle imprese nell' ambito di rapporti commerciali continuativi (v. precitata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione).
41 Tenuto conto delle tesi difese dalle parti, va subito sottolineato che, applicando, a talune condizioni, l' art. 85, n. 1, a dinieghi di fornitura destinati a limitare le esportazioni parallele, la Commissione ha adottato una decisione atta a sollevare la questione particolarmente delicata di sapere in quali casi un diniego di vendita possa costituire, quando interviene nell' ambito di rapporti commerciali continuativi, uno degli aspetti di un accordo contenente un divieto di esportazione. Siffatta questione, relativa alla determinazione degli elementi costitutivi di un accordo ai sensi dell' art. 85 e, pertanto, alla delimitazione della sfera di applicazione di questo articolo e alla sua portata, richiederà un esame approfondito nell' ambito del procedimento principale.
42 Nella fase del procedimento sommario, gli argomenti della richiedente non appaiono, a prima vista, manifestamente privi di qualsiasi fondamento.
43 La richiedente ammette che i dinieghi di fornitura di cui trattasi miravano ad arginare le esportazioni parallele limitando i quantitativi forniti. Tuttavia, il sistema di informazione che essa applicava sarebbe stato unicamente diretto a individuare i grossisti le cui ordinazioni erano aumentate sproporzionatamente rispetto a quelle dell' anno precedente. Un comportamento del genere ° se fosse provato ° non deve necessariamente essere interpretato, di per sé, nel senso che esso mira ad imporre ai grossisti un divieto di esportazione. Infatti, la richiedente, in via di principio, aveva il diritto di organizzare liberamente il proprio sistema di distribuzione e di avvalersi pienamente della sua libertà contrattuale nell' attuazione della sua politica commerciale, senza essere tenuta, in forza dell' art. 85, n. 1, a un obbligo di approvvigionamento nei confronti dei suoi clienti.
44 In tali circostanze, si devono esaminare le obiezioni formulate dalla richiedente contro la tesi della Commissione, secondo la quale il "sistema di controllo della distribuzione" (secondo i termini impiegati in un documento della Bayer Spagna trovato dalla Commissione nei locali della Bayer Francia, citato ai punti 109 e 158 della decisione) istituito dalla richiedente sarebbe stato destinato a individuare i grossisti esportatori proprio per "sanzionarli" mediante riduzioni di forniture.
45 Detto sistema di controllo, anche se rientrava senz' altro nell' ambito di rapporti commerciali continuativi fra la richiedente e i suoi clienti, come nelle precitate cause Sandoz e Johnson & Johnson, cui la Commissione fa riferimento, non comportava tuttavia un divieto espresso di esportazione, contrariamente a questi due casi di specie.
46 Nella causa Sandoz, la dicitura "esportazione vietata" era apposta sulle fatture, le quali non costituivano meri documenti contabili, ma contenevano "clausole dettagliate e indispensabili per i commercianti professionisti e i rapporti commerciali generali intercorrenti tra la Sandoz PF e i suoi rivenditori". La Corte ha così potuto affermare che detta clausola di divieto di esportazione, accettata tacitamente dai clienti, rientrava nell' ambito generale dei rapporti commerciali adottati fra l' impresa di cui trattasi e i suoi rivenditori (citata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, punti 9-12). Peraltro, nella causa Johnson & Johnson, dalla precitata decisione 80/1283 emerge che il divieto di esportazione, che, in un primo momento, aveva costituito oggetto di un' espressa disposizione figurante nei listini prezzi, in seguito era stato mantenuto in vigore mediante minacce di sospensione e di ritardi nelle consegne. In pratica, l' impresa in esame aveva istituito un sistema di controllo dei suoi clienti per individuare gli esportatori grazie, in particolare, ad acquisti a scopo di verifica e alla numerazione delle partite, nonché a ritagli nelle istruzioni per l' uso dei prodotti consegnati.
47 Nel caso in esame, dai fatti non risulta in modo altrettanto chiaro ed evidente che il sistema stabilito dalla richiedente fosse diretto a controllare la distribuzione dei suoi prodotti da parte dei suoi clienti proprio al fine di imporre loro un divieto di esportazione e, inoltre, che i grossisti avessero dato il loro consenso tacito al siffatto divieto, nell' ambito dei loro rapporti commerciali con la Bayer Spagna e la Bayer Francia.
48 In particolare, gli indizi sui quali si basa la decisione non sembrano, a prima vista, sufficienti per presumere che i grossisti abbiano interpretato il comportamento controverso della richiedente come una minaccia di riduzione delle forniture, qualora essi effettuassero esportazioni parallele. Il fatto che essi abbiano avuto conoscenza dei motivi che erano alla base dei rifiuti di fornitura loro opposti dalla richiedente non significa necessariamente che i grossisti ne avessero dedotto una volontà della richiedente di imporre loro un divieto di esportare i prodotti forniti controllando le esportazioni e "sanzionandoli" mediante nuove riduzioni delle forniture. A questo proposito, si deve rilevare che nei documenti citati nella decisione i grossisti non fanno menzione né di siffatto divieto né di un sistema di controllo diretto a individuare le esportazioni parallele, che sarebbe stato creato dalla richiedente per imporre loro tale divieto. Essi si riferiscono unicamente alla volontà della richiedente d' impedire le esportazioni parallele limitando le forniture.
49 Inoltre, il comportamento dei grossisti, quando sono stati confrontati con le riduzioni di forniture di cui trattasi, sembra, a prima vista, suggerire invece che essi non abbiano dato il loro tacito consenso all' asserito divieto di esportazione. Infatti, dall' esame sommario degli elementi del fascicolo risulta che i grossisti non hanno modificato il loro comportamento in materia di esportazioni, ma si sono limitati ad adeguare la presentazione delle loro ordinazioni alle esigenze della richiedente e ad accettare, apparentemente, di ordinare soltanto i quantitativi che la Bayer Spagna e la Bayer Francia consideravano come normali per l' approvvigionamento del mercato nazionale (punto 183 della decisione). Essi si sono avvalsi infatti di vari sistemi per essere riforniti, in particolare di un sistema di ripartizione fra le varie agenzie delle ordinazioni destinate all' esportazione e di un sistema di ordinazioni presso piccoli grossisti (punto 182).
50 Sembrerebbe pertanto che l' accordo fra la richiedente e i grossisti abbia avuto ad oggetto unicamente il volume delle ordinazioni effettuate da questi ultimi. Siffatto accordo in via di principio non può essere interpretato nel senso che comporta implicitamente un divieto di esportazione. Esso non imponeva infatti alcuna limitazione per quanto riguarda la destinazione dei prodotti forniti. I grossisti potevano privilegiare, a talune condizioni collegate alla normativa nazionale applicabile in materia di giacenze minime di medicinali, le esportazioni di Adalat nel Regno Unito rispetto all' approvvigionamento del loro mercato nazionale (v. punti 203, primo paragrafo, e 204 della decisione).
51 Tale valutazione appare confermata dall' aumento costante, dal 1989 al 1993, delle esportazioni parallele a partire dalla Spagna e dalla Francia, le quali coprivano nel 1993 quasi il 50% del fabbisogno del mercato nel Regno Unito di prodotti Adalat (v. le statistiche prodotte dalla richiedente nell' allegato 3 dell' istanza di provvedimenti urgenti e riprodotte dalla Commissione).
52 Dall' insieme delle precedenti considerazioni risulta che l' argomentazione della richiedente relativa alla mancanza di accordo contenente un divieto di esportazione fra la Bayer Spagna e la Bayer Francia e i loro grossisti rispettivi in questi due paesi non è, a prima vista, manifestamente infondata, fatta salva la valutazione che sarà effettuata nell' ambito del procedimento principale. In ogni caso, spetta al Tribunale che si pronuncia nel merito l' esame delle questioni giuridiche e di fatto estremamente delicate sollevate dalla decisione per quanto riguarda la nozione di "accordo" ai sensi dell' art. 85, n. 1.
Sull' urgenza
53 Per quanto riguarda l' urgenza la richiedente ha fatto valere un insieme di circostanze tali da provare la natura grave e difficilmente riparabile o, quantomeno, sproporzionata del danno che essa rischia di subire in caso di immediata applicazione della disposizione di cui trattasi, tenuto conto, in particolare, della ponderazione degli interessi in gioco.
54 Per valutare la gravità del danno asserito dalla richiedente, occorre tener conto in particolare del fatto che l' art. 2 della decisione può essere interpretato, con riguardo alla motivazione di quest' ultima, nel senso che esso vieta il diniego di fornitura diretto ad impedire l' aumento delle esportazioni parallele di Adalat nel Regno Unito, in base a un sistema di controllo che secondo la richiedente non è diretto a esercitare una pressione sui grossisti per dissuaderli dall' esportare. Orbene, secondo una giurisprudenza ben consolidata, anche se un diniego di vendita può, in taluni casi particolari ben precisi, rientrare nell' ambito di un accordo ai sensi dell' art. 85, n. 1 (v., in particolare, sentenza della Corte 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione, Racc. pag. 2725, punti 20-22), è pur vero che in questa materia la libertà contrattuale deve rimanere la regola, come ha ricordato il Tribunale nella sua sentenza 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione (Racc. pag. II-2223, punti 51 e 52). Nella specie, se la tesi della richiedente dovesse essere dichiarata fondata dal Tribunale, l' applicazione immediata della disposizione di cui trattasi rischierebbe di privare l' interessata della possibilità di definire in modo autonomo alcuni elementi essenziali della sua politica commerciale. In ogni caso, essa creerebbe un' incertezza per quanto riguarda l' autonomia di cui dispone la richiedente nel definire tale politica, tenuto conto in particolare della difficoltà di determinare, alla luce dei criteri considerati nella decisione, se un diniego di fornitura costituisca uno degli aspetti di un accordo contenente un divieto di esportare o se esso costituisca una misura unilaterale.
55 Orbene, una situazione di questo tipo potrebbe in modo del tutto particolare causare un grave danno alla richiedente nell' ambito del settore farmaceutico, caratterizzato dall' applicazione da parte dei servizi sanitari nazionali di sistemi di fissazione o di controllo dei prezzi e di modalità di rimborso che danno luogo a grandi disparità quanto ai prezzi praticati per una stessa medicina nei vari Stati membri. Nella specie, la richiedente non detiene il controllo dei suoi prezzi nei paesi di esportazione, vale a dire la Spagna e la Francia, dove i prezzi dei prodotti Adalat sono fissati dalle competenti autorità a un livello in media inferiore attualmente di circa il 40% a quello dei prezzi applicati nel Regno Unito, come è assodato fra le parti.
56 Di conseguenza, non si può escludere il rischio di un notevole aumento delle importazioni parallele di Adalat nel Regno Unito, in caso di immediata applicazione della disposizione in esame. A questo proposito, non sono molto convincenti gli argomenti addotti dalla Commissione per dimostrare che i grossisti in Spagna e in Francia non avrebbero più alcun interesse ad aumentare il volume delle loro esportazioni verso questo paese. Da una parte, è assodato che (v. supra, punto 51) quasi il 50% del fabbisogno del mercato del Regno Unito era coperto nel 1993 da esportazioni parallele di Adalat, situazione che ben dimostra l' interesse dei clienti della richiedente in Spagna e in Francia per siffatte operazioni. Dall' altra, le differenze di prezzo rilevate sui mercati nazionali interessati sono tali da far sussistere ancora tale interesse. Quanto alle asserzioni della Commissione secondo le quali la dimensione più ridotta del mercato spagnolo renderebbe impossibile un aumento notevole delle esportazioni parallele a partire da questo paese, in realtà esse sono prive di una pertinente relazione con l' esistenza di un potenziale di esportazioni supplementari verso il Regno Unito. Siffatto potenziale può infatti comportare un notevole aumento dell' attività di un grossista indipendentemente dal fabbisogno del mercato nazionale. In ogni caso, le asserzioni della Commissione appaiono in contraddizione con alcuni punti della motivazione della decisione in cui si fa riferimento, ad esempio, a restrizioni cui sarebbero soggetti ancora oggi i grossisti stabiliti in Spagna che intendono esportare nel Regno Unito (v., in particolare, il punto 215). Quanto, infine, alla svalutazione della lira sterlina, che dal 1992 avrebbe privato di qualsiasi interesse commerciale le esportazioni dalla Francia, essa non esclude affatto un cambiamento delle parità monetarie nel tempo, come del resto si rileva nella decisione (punto 195). In ogni caso, la stessa Commissione ha rilevato che dal 1992 non vi è segno di "un cambiamento nel comportamento dei grossisti" (punto 217).
57 In tale ambito, l' importanza dell' affermazione della Commissione secondo cui la richiedente avrebbe la possibilità di agire essa stessa sulle importazioni parallele nel Regno Unito mediante una riduzione concorrenziale dei prezzi praticati dalla Bayer UK dev' essere attenuata dal fatto che l' interessata non determina essa stessa i prezzi applicati nei paesi di esportazione, dove essi sono fissati dalla pubblica autorità.
58 Occorre pertanto procedere a una ponderazione di tutti gli interessi in esame, al fine di stabilire se sia soddisfatta la condizione relativa all' urgenza.
59 Nella specie, la richiedente prova l' esistenza di un interesse alla richiesta sospensione dell' esecuzione al fine di preservare la sua libertà contrattuale (v. supra, punti 43 e 54) e di mantenere lo status quo. Sotto quest' ultimo profilo, la necessità nella quale la richiedente potrebbe trovarsi di ridurre i prezzi di Adalat nel Regno Unito, per evitare un notevole aumento delle importazioni parallele, rischia non solo di comportare per la sua società controllata nel Regno Unito notevoli perdite, non recuperabili, di utili, ma anche di privare il settore farmaceutico di detta società della propria base economica e di causare il licenziamento di numerosi dipendenti. E' assodato infatti che l' Adalat costituisce il 56% della cifra d' affari complessiva della Bayer UK.
60 Il rischio al quale è esposta la richiedente dev' essere raffrontato con, da un lato, l' interesse dei grossisti in Spagna e in Francia ad aumentare il volume delle loro esportazioni nel Regno Unito, nell' ambito di un mercato unificato, e, dall' altro, con quello del NHS nonché dei consumatori e dei contribuenti del Regno Unito ad una riduzione dei prezzi di Adalat sul mercato nazionale. Dal confronto dei vari interessi in esame emerge che il danno che può risultare per la richiedente dall' immediata applicazione della disposizione considerata è sproporzionato rispetto all' interesse dei grossisti stabiliti in Spagna e in Francia ad aumentare le loro esportazioni. Infatti, questi operano sin d' ora sui mercati nazionali che sono lungi dall' essere del tutto isolati a causa della controversa politica commerciale della richiedente, come è attestato dal livello delle importazioni parallele di Adalat nel Regno Unito. A questo proposito, si è già rilevato (v. supra, punti 51 e 56) che nel 1993 dette importazioni parallele coprivano quasi il 50% del fabbisogno del mercato del Regno Unito. Risulta del resto dal fascicolo che il flusso di queste importazioni è aumentato durante la durata stessa dell' asserita violazione, vale a dire dal 1989 al 1993. Ne consegue che il mantenimento in via provvisoria dell' attuale situazione, fintantoché il Tribunale non avrà statuito sulla domanda principale, non può essere considerato come un intollerabile ostacolo all' integrazione del mercato e al libero gioco della concorrenza. Quanto all' interesse del NHS e, in ultima analisi, dei consumatori e dei contribuenti del Regno Unito, si deve ricordare che i prezzi attualmente applicati dalla Bayer UK, che sono superiori a quelli fissati dalle autorità spagnole e francesi, sono, in ogni caso, soggetti nel Regno Unito a un controllo indiretto da parte delle autorità competenti, come risulta dalla decisione (punto 151).
61 Da tutte le precedenti considerazioni risulta che la ponderazione degli interessi è nettamente a favore della richiedente, di modo che il rischio di danno quanto meno sproporzionato al quale essa sarebbe esposta, qualora il giudice dell' urgenza decidesse di non accordare la richiesta sospensione dell' esecuzione, è sufficiente a provare l' urgenza dell' adozione della misura richiesta.
62 Ricorrendo pertanto le condizioni per la concessione della sospensione dell' esecuzione, l' istanza della richiedente dev' essere accolta.
Per questi motivi,
IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
così provvede:
1) L' esecuzione dell' art. 2 della decisione è sospesa.
2) Le spese sono riservate.
Lussemburgo, 3 giugno 1996.