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Document 61996CJ0253

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 4 dicembre 1997.
    Helmut Kampelmann e a. contro Landschaftsverband Westfalen-Lippe (C-253/96 - C-256/96), Stadtwerke Witten GmbH contro Andreas Schade (C-257/96) e Klaus Haseley contro Stadtwerke Altena GmbH (C-258/96).
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Hamm - Germania.
    Informazione del lavoratore - Direttiva 91/533/CEE - Art. 2, n. 2, lett. c).
    Cause riunite C-253/96, C-254/96, C-255/96, C-256/96, C-257/96 e C-258/96.

    Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-06907

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:585

    61996J0253

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 4 dicembre 1997. - Helmut Kampelmann e a. contro Landschaftsverband Westfalen-Lippe (C-253/96 - C-256/96), Stadtwerke Witten GmbH contro Andreas Schade (C-257/96) e Klaus Haseley contro Stadtwerke Altena GmbH (C-258/96). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Hamm - Allemagne. - Informazione del lavoratore - Direttiva 91/533/CEE - Art. 2, n. 2, lett. c). - Cause riunite C-253/96, C-254/96, C-255/96, C-256/96, C-257/96 e C-258/96.

    raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-06907


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1 Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro - Direttiva 91/533 - Documento contenente informazioni sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro - Presunzione di veridicità - Prova contraria - Ammissibilità

    [Direttiva del Consiglio 91/533/CEE, art. 2, nn. 1 e 2, lett. c)]

    2 Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro - Direttiva 91/533 -- Art. 2, n. 2, lett. c) - Effetto diretto - Facoltà per gli Stati membri di scegliere tra due categorie di informazioni da comunicare al lavoratore - Circostanza irrilevante in relazione all'effetto diretto della disposizione controversa

    [Direttiva del Consiglio 91/533, art. 2, n. 2, lett. c)]

    3 Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro - Direttiva 91/533 - Comunicazione delle «caratteristiche o descrizione sommaria del lavoro» - Limitazione della comunicazione alla sola denominazione dell'attività del lavoratore - Inammissibilità

    [Direttiva del Consiglio 91/533, art. 2, n. 2, lett. c), sub ii)]

    4 Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro - Direttiva 91/533 - Contratto o rapporto di lavoro esistente all'entrata in vigore delle disposizioni nazionali di trasposizione - Dispensa del datore di lavoro dall'obbligo di comunicare al lavoratore gli elementi del contratto o del rapporto di lavoro già comunicati - Ammissibilità

    (Direttiva del Consiglio 91/533, art. 9, n. 2)

    Massima


    5 La comunicazione prevista all'art. 2, n. 1, della direttiva 91/533, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, in quanto informa il lavoratore sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, ed in particolare sugli elementi di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), è accompagnata da una presunzione di veridicità analoga a quella che sarebbe annessa, nell'ordinamento giuridico interno, ad un simile documento redatto dal datore di lavoro e comunicato al lavoratore. Deve tuttavia essere consentito al datore di lavoro di fornire ogni prova contraria dimostrando, vuoi che le informazioni contenute nella detta comunicazione sono intrinsecamente false, vuoi che sono state smentite dai fatti.

    6 L'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva 91/533 può essere fatto valere direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali contro lo Stato e qualsiasi organismo o ente soggetto all'autorità o al controllo dello Stato o che disponga di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli, qualora lo Stato abbia omesso di trasporre entro i termini prescritti la direttiva nell'ordinamento nazionale, ovvero qualora ne abbia effettuato una trasposizione non corretta.

    Infatti, l'art. 2, n. 2, lett. c), elenca in maniera chiara e inequivocabile taluni elementi essenziali del contratto che il datore di lavoro è tenuto a portare a conoscenza del lavoratore, e cioè: «titolo, grado, qualità o categoria dell'impiego attribuiti al lavoratore» o «caratteristiche o descrizione sommaria del lavoro». D'altro canto, la circostanza che tale disposizione offra allo Stato la facoltà di scegliere tra due categorie di informazioni da comunicare al lavoratore non esclude che si possa determinare con precisione sufficiente, sulla base delle sole disposizioni della direttiva, il contenuto dei diritti così attribuiti ai singoli, la cui portata, per ciascuna delle due branche dell'alternativa, non consente alcuna discrezionalità da parte dello Stato membro.

    7 L'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva 91/533, ai sensi del quale il datore di lavoro è tenuto a portare a conoscenza del lavoratore subordinato le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro, osta a che uno Stato membro, trasponendo tale disposizione, permetta al datore di lavoro di limitare, in tutti i casi, l'informazione da comunicare al lavoratore alla sola denominazione della sua attività.

    8 L'art. 9, n. 2, della direttiva 91/533 dev'essere interpretato nel senso che non osta a che gli Stati membri possano dispensare il datore di lavoro dall'obbligo di informare per iscritto il lavoratore degli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, anche quando il lavoratore stesso lo richieda, qualora un documento o un contratto di lavoro redatto anteriormente all'entrata in vigore dei provvedimenti di trasposizione della direttiva faccia già menzione di tali elementi.

    Parti


    Nei procedimenti riuniti C-253/96 - C-258/96,

    aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Landesarbeitsgericht di Hamm (Germania), nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra

    Helmut Kampelmann e a.

    e

    Landschaftsverband Westfalen-Lippe (C-253/96 - C-256/96),

    e tra

    Stadtwerke Witten GmbH

    e

    Andreas Schade (C-257/96),

    e tra Klaus Haseley

    e

    Stadtwerke Altena GmbH (C-258/96),

    domande vertenti sull'interpretazione dell'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288, pag. 32),

    LA CORTE

    (Quinta Sezione),

    composta dai signori M. Wathelet (relatore), presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward, P. Jann e L. Sevón, giudici,

    avvocato generale: G. Tesauro

    cancelliere: signor H.A. Rühl, amministratore principale

    viste le osservazioni scritte presentate:

    - per il signor Schmidt, ricorrente nella causa principale nei procedimenti C-253/96 - C-256/96, dall'avv. H. Geil, del foro di Bielefeld;

    - per il Landschaftsverband Westfalen-Lippe, dall'avv. K. Hahn, del foro di Colonia;

    - per la Stadtwerke Witten GmbH e per la Stadtwerke Altena GmbH, dal signor A. de Vivie, Assessor presso il Kommunaler Arbeitgeberverband Nordrhein-Westfalen (Associazione dei comuni della Renania del Nord-Westfalia nella loro veste di datori di lavoro), in qualità di agente;

    - per i signori Schade e Haseley, dal signor D. Krause, segretario del sindacato ÖTV;

    - per il governo tedesco, dal signor Ernst Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente;

    - per il governo del Regno Unito, dalla signora L. Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dalla signora S. Moore, barrister;

    - per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora M. Patakia, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistita dall'avv. G.M. Berrisch, dei fori di Amburgo e di Bruxelles,

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le osservazioni orali del signor Tilsch, ricorrente nella causa principale nei procedimenti C-253/96 - C-256/96, con l'avv. R. Blömke, del foro di Witten, del Landschaftsverband Westfalen-Lippe, con l'avv. K. Hahn, della Stadtwerke Witten GmbH e della Stadtwerke Altena GmbH, con il signor A. de Vivie, dei signori Schade e Haseley, con il signor D. Krause, e della Commissione, rappresentata dall'avv. G.M. Berrisch, all'udienza del 1 luglio 1997,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 9 ottobre 1997,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con ordinanze 9 luglio 1996, pervenute alla Corte il 23 luglio seguente, il Landesarbeitsgericht di Hamm ha proposto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, varie questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288, pag. 32, in prosieguo: la «direttiva»).

    2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di diverse controversie tra i signori Kampelmann, Tilsch, Klingelhöfer e Schmidt e il Landschaftsverband Westfalen-Lippe (in prosieguo: il «Landschaftsverband»), nelle cause C-253/96 - C-256/96, tra la Stadtwerke Witten GmbH (in prosieguo: la «Stadtwerke Witten») e il signor Schade, nella causa C-257/96, e tra il signor Haseley e la Stadtwerke Altena GmbH (in prosieguo: la «Stadtwerke Altena»), nella causa C-258/96, in ordine al rifiuto del datore di lavoro dei lavoratori interessati di promuoverli al grado superiore, in quanto essi non avrebbero provato di essere in possesso dell'anzianità necessaria nell'espletamento delle mansioni corrispondenti al livello e alla qualifica pertinenti, nonostante le informazioni scritte in senso contrario loro trasmesse dal rispettivo datore di lavoro diversi anni prima.

    La direttiva

    3 Ai sensi del suo secondo `considerando', la direttiva mira ad «una migliore tutela dei lavoratori subordinati contro un eventuale misconoscimento dei loro diritti e ad offrire una maggiore trasparenza nel mercato del lavoro».

    4 A tal fine, l'art. 2, n. 1, della direttiva stabilisce che il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore subordinato cui si applica la direttiva gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro. Al n. 2 sono elencati gli elementi su cui deve vertere l'informazione. Tra questi elementi figurano:

    «c) i) titolo, grado, qualità o categoria dell'impiego attribuiti al lavoratore, oppure

    ii) caratteristiche o descrizione sommaria del lavoro;

    (...)

    h) l'importo di base iniziale, altri elementi costitutivi, nonché periodicità del versamento di retribuzione a cui ha diritto il lavoratore;

    (...)».

    5 Ai sensi dell'art. 2, n. 3, «l'informazione sugli elementi di cui al paragrafo 2, lettere f), g), h) e i) può, se del caso, risultare da un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative, statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano le materie ivi considerate».

    6 A norma dell'art. 3, n. 1, «l'informazione sugli elementi di cui all'articolo 2, paragrafo 2 può derivare dalla consegna al lavoratore, non oltre due mesi dall'inizio del suo lavoro:

    a) di un contratto di lavoro scritto e/o

    b) di una lettera di assunzione e/o

    c) di uno o più altri documenti scritti, a condizione che uno di questi documenti contenga almeno tutti gli elementi di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettere a), b), c), d), h) ed i)».

    7 L'art. 6 precisa che «la presente direttiva non pregiudica le legislazioni e/o le prassi nazionali in materia di

    - forma del contratto o del rapporto di lavoro,

    - regime delle prove di esistenza e del contenuto del contratto o del rapporto di lavoro,

    - norme procedurali applicabili in materia».

    8 Infine, dall'art. 9, n. 1, della direttiva risulta che gli Stati membri dovevano adottare le disposizioni necessarie per conformarvisi entro e non oltre il 30 giugno 1993. L'art. 9, n. 2, aggiunge:

    «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché per un contratto o rapporto di lavoro esistente all'entrata in vigore delle disposizioni che essi adottano, il datore di lavoro consegni al lavoratore che ne fa richiesta, entro due mesi a decorrere dalla data di ricevimento della stessa, il o i documenti di cui all'articolo 3, eventualmente completati in applicazione dell'articolo 4, paragrafo 1».

    La normativa tedesca

    9 La direttiva è stata trasposta nell'ordinamento giuridico tedesco dal Nachweisgesetz del 20 luglio 1995 (legge relativa all'obbligo di informazione sulle condizioni essenziali applicabili ad un rapporto di lavoro, BGBl. I, pag. 946).

    10 In forza dell'art. 2, n. 1, sub 5, della legge, che traspone l'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva, il documento relativo all'informazione deve contenere «la denominazione o la descrizione generale dell'attività che dev'essere svolta dal lavoratore».

    11 Inoltre, in forza dell'art. 4 della legge tedesca, che traspone l'art. 9, n. 2, della direttiva, «se il rapporto di lavoro esisteva già all'entrata in vigore della presente legge, un documento scritto ai sensi dell'art. 2 dovrà essere comunicato al lavoratore a sua richiesta entro un termine di due mesi». Tuttavia, secondo la stessa norma, «il datore di lavoro è dispensato da tale obbligo se un documento precedentemente redatto o un contratto di lavoro scritto contenga già gli elementi necessari».

    Le cause C-253/96 - C-256/96

    12 I signori Kampelmann, Tilsch, Klingelhöfer e Schmidt sono impiegati tecnici dipendenti dal Landschaftsverband, ente incaricato, in particolare, della costruzione e della manutenzione delle strade nella regione Westfalen-Lippe e della gestione di diversi servizi dell'amministrazione stradale del Land.

    13 Ciascuno degli interessati è stato informato per iscritto dal suo datore di lavoro del grado e del livello di attività che gli erano attribuiti. Dopo alcuni anni, nel 1991 e nel 1992, gli interessati hanno chiesto una promozione al grado superiore, ma si sono visti opporre un rifiuto dal Landschaftsverband in quanto la valutazione dell'attività loro notificata in precedenza era scorretta e le loro attività corrispondevano, in realtà, secondo il datore di lavoro, ad un livello professionale inferiore, che non poteva essere preso in considerazione ai fini dell'inquadramento nel grado superiore ai sensi dei contratti collettivi applicabili.

    14 I signori Kampelmann, Tilsch, Klingelhöfer e Schmidt hanno allora proposto dinanzi al competente Arbeitsgericht una domanda diretta a far accertare il loro inquadramento in grado superiore.

    15 Le domande sono state respinte, principalmente, in quanto i ricorrenti non avevano provato di avere effettivamente l'anzianità necessaria nel grado e al livello professionale richiesti per poter aspirare all'avanzamento per merito reclamato. L'inquadramento attribuito in precedenza dal Landschaftsverband è stato infatti giudicato non pertinente.

    16 Gli interessati hanno allora interposto appello avverso tali sentenze dinanzi al Landesarbeitsgericht di Hamm.

    Le cause C-257/96 e C-258/96

    17 I signori Schade e Haseley sono alle dipendenze, rispettivamente, della Stadtwerke Witten e della Stadtwerke Altena, imprese pubbliche che riuniscono i servizi di distribuzione di energia delle rispettive città.

    18 Il signor Haseley, nel 1987, e il signor Schade, nel 1991, erano stati informati tramite una lettera del loro datore di lavoro, di essere stati promossi ad un grado superiore della griglia retributiva. Tuttavia, nel 1992, i loro datori di lavoro hanno rifiutato di tener conto dell'inquadramento così comunicato per concedere agli interessati una promozione per merito in quanto le loro mansioni non erano state correttamente valutate e non potevano giustificare l'inquadramento al grado superiore.

    19 I lavoratori hanno allora intentato un'azione dinanzi all'Arbeitsgericht competente al fine di ottenere un inquadramento al grado superiore.

    20 La domanda del signor Schade è stata accolta in quanto l'Arbeitsgericht ha ritenuto che l'attività da lui svolta comportava non soltanto conoscenze approfondite ed estese nella branca interessata, ma anche un'autonomia operativa e che, pertanto, egli rispondeva alle condizioni richieste per beneficiare di una promozione al grado superiore.

    21 Invece, la domanda del signor Haseley è stata respinta in quanto l'interessato non aveva provato che i compiti da lui eseguiti soddisfacessero i pertinenti criteri di professionalità del grado considerato.

    22 Nelle due cause è stato interposto appello dinanzi al Landesarbeitsgericht di Hamm.

    Le questioni pregiudiziali

    23 Facendo riferimento all'art. 2, n. 2, della direttiva, il Landesarbeitsgericht di Hamm si pone la questione se il diritto comunitario non comporti un'inversione dell'onere della prova, di modo che spetterebbe al datore di lavoro provare, nelle cause principali, che l'inquadramento precedentemente comunicato per iscritto era errato. In mancanza di tale prova, il lavoratore non dovrebbe più, secondo tale tesi, dimostrare che le proprie mansioni corrispondessero effettivamente al grado e al livello professionale inizialmente comunicati, ma dovrebbe soltanto provare che ricorrono le altre condizioni a cui è subordinato l'inquadramento al grado superiore, in particolare l'anzianità minima.

    24 Alla luce di quanto precede, il Landesarbeitsgericht di Hamm ha deciso di sottoporre alla Corte, nelle cause C-253/96 - C-256/96, le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1. Se le disposizioni dell'art. 2 della direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288 del 18.10.1991, pag. 32), alla luce dello scopo espresso nel preambolo della direttiva stessa, vale a dire "una migliore tutela dei lavoratori subordinati contro un eventuale misconoscimento dei loro diritti e (...) una maggiore trasparenza nel mercato del lavoro", mirino ad un alleggerimento dell'onere della prova a favore del lavoratore in quanto l'elenco minimo di cui all'art. 2, n. 2, della stessa direttiva intende garantire che il lavoratore non si trovi in condizione di dover provare gli elementi ivi elencati nel far valere giudizialmente i diritti contrattualmente previsti nell'ambito di controversie di lavoro.

    2. In caso di soluzione in senso affermativo della prima questione:

    se le disposizioni di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva 91/533/CEE siano immediatamente applicabili nei confronti dello Stato che agisce in qualità di datore di lavoro privato a partire dall'1_ luglio 1993, in quanto

    - la Repubblica federale di Germania non ha trasposto (completamente) la direttiva sull'informazione entro il 30 giugno 1993, ultimo giorno del termine a tal fine prescritto,

    - le citate disposizioni della direttiva sull'informazione hanno contenuto incondizionato e sono quindi applicabili senza necessità di un ulteriore atto di trasposizione,

    - la direttiva sull'informazione accorda al singolo lavoratore diritti nei confronti dello Stato che agisce in qualità di datore di lavoro.

    3. In caso di soluzione in senso affermativo della seconda questione:

    se fra gli elementi che il datore di lavoro deve comunicare ai sensi dell'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva 91/533/CEE in relazione alla "qualità o categoria dell'impiego" si debba intendere il livello di un impiego nel senso che il lavoratore, allorché il suo inquadramento secondo il sistema di retribuzione previsto dal contratto collettivo presuppone necessariamente che siano soddisfatti i requisiti relativi alle attività proprie di una determinata categoria professionale appartenente ad un dato livello retributivo, debba essere posto in grado di riconoscere, dall'inquadramento comunicatogli in un determinato livello retributivo e in una determinata categoria professionale, se egli è ammesso ad una promozione in seguito a periodo probatorio o ad una promozione in un altro livello retributivo.

    4. In caso di soluzione in senso affermativo della terza questione:

    se la comunicazione di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva 91/533/CEE abbia carattere vincolante tale che il datore di lavoro debba attenersi al livello dell'impiego comunicato al lavoratore subordinato finché non apporti la prova dell'erroneo inquadramento, o per lo meno finché non riesca a dimostrare in modo concludente (ad esempio sotto forma di una valutazione dell'impiego) che il lavoratore non è stato correttamente inquadrato per errore o che il livello professionale è diminuito nel corso del tempo o in seguito a modifiche del contratto collettivo.

    5. In caso di soluzione in senso affermativo della questione precedente: se la trasposizione nell'ordinamento tedesco delle disposizioni di cui all'art. 9, n. 2, della direttiva 91/533/CEE, avvenuta con la legge del 20.7.1995 (BGBl I pag. 946), in forza della quale l'obbligo del datore di lavoro di consegnare al lavoratore una comunicazione informativa viene meno per un rapporto di lavoro esistente al momento dell'entrata in vigore della detta legge "se un documento precedentemente redatto o un contratto di lavoro scritto contenga già gli elementi necessari" (art. 4, seconda frase, della legge), sia da considerare conforme al diritto comunitario, con la conseguenza che tali comunicazioni informative precedenti, che soddisfano i requisiti della direttiva trasposta o, in mancanza di trasposizione, immediatamente applicabile, rimangano valide, cosicché il datore di lavoro, qualora una sua nuova comunicazione informativa (nella fattispecie la comunicazione del livello retributivo presentata al processo) si ponga in contraddizione con quella precedente, debba provare la correttezza del contenuto della nuova comunicazione».

    25 Anche nelle cause C-257/96 e C-258/96, il Landesarbeitsgericht di Hamm ha sottoposto alla Corte cinque questioni di cui le prime tre sono identiche alle prime tre questioni sopra riportate.

    26 Invece la quarta questione, nelle stesse cause, è così formulata:

    «In caso di soluzione in senso affermativo della questione 3: se la comunicazione di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva 91/533/CEE, con cui si informi il lavoratore che è stato inquadrato in un determinato livello retributivo di un sistema di retribuzione organizzato in base a cosiddette categorie a più livelli professionali, per i quali sono richieste globalmente approfondite e molteplici conoscenze specialistiche e che si distinguono tra di loro solo per il grado di autonomia operativa, faccia sì che il lavoratore possa richiamarsi alla comunicazione indirizzatagli dal datore di lavoro per informarlo del suo inquadramento, con la conseguenza di non dover più documentare e provare il possesso di approfondite e molteplici conoscenze specialistiche, ma soltanto l'esistenza del presupposto di un certo grado di autonomia operativa, necessario per il richiesto inquadramento ad un livello superiore, qualora il suo inquadramento nel livello retributivo comunicatogli dal datore di lavoro esiga il possesso di approfondite e molteplici conoscenze specialistiche».

    27 Quanto alla quinta questione, essa è, nella causa C-258/96, identica alla quinta questione sopra riportata, mentre, nella causa C-257/96, è formulata in termini leggermente diversi da quelli della altre cause:

    «In caso di soluzione in senso affermativo della questione precedente: se la trasposizione nell'ordinamento tedesco dell'art. 9, n. 2, della direttiva 91/533/CEE, avvenuta con la legge 20 luglio 1995 (BGBl I, pag. 946), in forza della quale l'obbligo del datore di lavoro di consegnare al lavoratore una comunicazione informativa viene meno per un rapporto di lavoro esistente al momento dell'entrata in vigore della detta legge "se un documento precedentemente redatto o un contratto di lavoro scritto contenga già gli elementi necessari" (art. 4, seconda frase, della legge), sia da considerare conforme al diritto comunitario, con la conseguenza che queste comunicazioni informative precedenti, che soddisfano i requisiti della direttiva trasposta o, in mancanza di trasposizione, immediatamente applicabile, rimangano valide, cosicché il datore di lavoro, qualora una sua nuova comunicazione informativa (nella fattispecie: comunicazione relativa ad una diversa decorrenza del periodo probatorio) si ponga in contraddizione con quella precedente, debba provare la correttezza del contenuto della nuova comunicazione».

    28 Risulta dagli atti che, ad eccezione della causa C-257/96, le cause di cui trattasi trovano la loro origine nel rifiuto del datore di lavoro di promuovere i lavoratori interessati, ad una data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva, nonostante le informazioni scritte sui loro gradi e sul relativo livello professionale loro trasmesse diversi anni prima. Analogamente, ad eccezione delle cause C-254/96 e C-257/96, i ricorsi sono stati anch'essi proposti dinanzi al giudice nazionale prima della scadenza di tale termine. Di conseguenza, spetta al giudice a quo esaminare, alla luce del diritto nazionale, se le controversie nelle cause principali possano o debbano essere decise in applicazione della direttiva.

    Per quanto riguarda la prima e quarta questione

    29 Con le questioni prima e quarta, che occorre trattare congiuntamente, il giudice a quo si chiede se la comunicazione prevista all'art. 2, n. 1, della direttiva, in quanto informa il lavoratore sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, ed in particolare sugli elementi di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), abbia l'effetto di vincolare il datore di lavoro finché questi non ne provi il carattere erroneo.

    30 Si deve innanzi tutto ricordare che dall'art. 6 della direttiva risulta che le norme nazionali relative all'onere della prova non sono, in quanto tali, pregiudicate dalla direttiva.

    31 Tuttavia è importante sottolineare che, ai fini esposti nel secondo `considerando' della direttiva, l'art. 2, n. 1, di quest'ultima impone al datore di lavoro l'obbligo di portare a conoscenza del lavoratore subordinato gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, considerati al n. 2 di tale norma.

    32 Ora, un siffatto obiettivo non sarebbe raggiunto se al lavoratore non fosse consentito di utilizzare, a fini di prova, dinanzi ai giudici nazionali, in particolare in caso di controversia sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, l'informazione contenuta nella comunicazione di cui all'art. 2, n. 1.

    33 Ne consegue che spetta ai giudici nazionali applicare e interpretare le norme nazionali relative all'onere della prova alla luce della finalità della direttiva, attribuendo alla comunicazione di cui all'art. 2, n. 1, di quest'ultima un valore probatorio tale che essa possa essere considerata come un elemento atto a dimostrare i reali elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro e che essa sia pertanto accompagnata da una presunzione di veridicità analoga a quella che sarebbe annessa, nell'ordinamento giuridico interno, ad un simile documento redatto dal datore di lavoro e comunicato al lavoratore.

    34 In assenza di un regime probatorio disposto dalla direttiva stessa, occorre aggiungere che la dimostrazione degli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro non può dipendere dalla sola comunicazione fatta dal datore di lavoro ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva. Il datore di lavoro deve pertanto essere autorizzato ad apportare ogni prova contraria dimostrando, vuoi che le informazioni contenute nella comunicazione sono intrinsecamente false, vuoi che sono state smentite dai fatti.

    35 Occorre pertanto risolvere la prima e la quarta delle questioni sollevate nel senso che la comunicazione prevista all'art. 2, n. 1, della direttiva, in quanto informa il lavoratore sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, ed in particolare sugli elementi di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), è accompagnata da una presunzione di veridicità analoga a quella che sarebbe annessa, nell'ordinamento giuridico interno, ad un simile documento redatto dal datore di lavoro e comunicato al lavoratore. Deve tuttavia essere consentito al datore di lavoro di fornire ogni prova contraria dimostrando, vuoi che le informazioni contenute nella detta comunicazione sono intrinsecamente false, vuoi che sono state smentite dai fatti.

    Per quanto riguarda la seconda questione

    36 Risulta dalla seconda questione che il giudice a quo cerca sostanzialmente di stabilire se l'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva possa essere fatto valere direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali.

    37 Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una disposizione contenuta in una direttiva ha effetto diretto qualora appaia, dal punto di vista sostanziale, incondizionata e sufficientemente precisa (sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53).

    38 Nella fattispecie, si deve constatare che l'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva elenca in maniera chiara e inequivocabile taluni elementi essenziali del contratto che il datore di lavoro è tenuto a portare a conoscenza del lavoratore, e cioè: «titolo, grado, qualità o categoria dell'impiego attribuiti al lavoratore» o «caratteristiche o descrizione sommaria del lavoro».

    39 La circostanza che tale disposizione offra allo Stato la facoltà di scegliere tra due categorie di informazioni da comunicare al lavoratore non esclude che si possa determinare con precisione sufficiente, sulla base delle sole disposizioni della direttiva, il contenuto dei diritti così attribuiti ai singoli, la cui portata, per ciascuna delle due branche dell'alternativa, non consente alcuna discrezionalità da parte dello Stato membro (v. sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357, punto 17).

    40 Si deve pertanto constatare che le disposizioni di cui trattasi sono incondizionate e sufficientemente precise perché i singoli possano farle valere direttamente dinanzi ai giudici nazionali qualora lo Stato abbia omesso di trasporre, entro i termini prescritti, la direttiva nell'ordinamento nazionale, ovvero qualora ne abbia effettuato una trasposizione non corretta.

    41 Nella fattispecie, occorre constatare che la direttiva è stata trasposta nell'ordinamento giuridico tedesco dalla legge 20 luglio 1995. A partire dalla scadenza del termine di trasposizione sino a tale ultima data, i singoli avevano quindi il diritto di far valere direttamente le disposizioni controverse della direttiva dinanzi ai giudici nazionali al fine di ottenere, come garanzia minima, il beneficio dei diritti che la direttiva annette all'una o all'altra categoria di informazioni da comunicare al lavoratore, considerate all'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva stessa.

    42 Quanto al periodo posteriore alla trasposizione della direttiva, le disposizioni controverse di quest'ultima possono essere utilmente fatte valere dai singoli solo se i provvedimenti nazionali di trasposizione non sono corretti o sufficienti, alla luce della direttiva.

    43 A questo proposito, il Landschaftsverband, il governo tedesco e la Commissione sottolineano che il legislatore tedesco ha optato per la possibilità contemplata all'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva, imponendo al datore di lavoro l'obbligo di comunicare per iscritto «la denominazione o la descrizione generale dell'attività che dev'essere svolta dal lavoratore».

    44 Si deve ricordare che, in base alla seconda opzione prevista all'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva, il datore di lavoro è tenuto a portare a conoscenza del lavoratore subordinato le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro. Ora, la mera denominazione di un'attività non può corrispondere, in ogni caso, né alle caratteristiche né alla descrizione, anche sommarie, del lavoro svolto dal lavoratore.

    45 Di conseguenza, l'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva può essere direttamente fatto valere dai singoli dinanzi ai giudici nazionali, anche dopo l'entrata in vigore della legge di trasposizione.

    46 D'altro canto, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in particolare, sentenza 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I-3325, punto 20). Invece, essa può essere fatta valere nei confronti di organismi o enti soggetti all'autorità o al controllo dello Stato o che dispongano di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli, come enti territoriali od organismi che, indipendentemente dalla loro forma giuridica, siano stati incaricati, con un atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di quest'ultima, un servizio di interesse pubblico (sentenze 22 giugno 1989, causa C-103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839, punto 31, e 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster e a., Racc. pag. I-3313, punto 19).

    47 Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la seconda questione nel senso che l'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva può essere fatto valere direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali contro lo Stato e qualsiasi organismo o ente soggetto all'autorità o al controllo dello Stato o che disponga di poteri che eccedano i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli, qualora lo Stato abbia omesso di trasporre, entro i termini prescritti, la direttiva nell'ordinamento nazionale, ovvero qualora ne abbia effettuato una trasposizione non corretta. L'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva osta a che uno Stato membro, trasponendo tale disposizione, permetta al datore di lavoro di limitare, in tutti i casi, l'informazione da comunicare al lavoratore alla sola denominazione della sua attività.

    Per quanto riguarda la terza questione

    48 Con la terza questione, il giudice a quo chiede alla Corte di interpretare l'espressione «qualità» o «categoria dell'impiego» contenuta all'art. 2, n. 2, lett. c), sub i), della direttiva.

    49 Dato che il legislatore tedesco, come risulta dal punto 43 della presente sentenza, ha optato per la categoria di elementi di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva, non occorre risolvere la terza questione sollevata (v., in particolare, sentenze 16 giugno 1981, causa 126/80, Salonia, Racc. pag. 1563, punto 6, e 26 settembre 1985, causa 166/84, Thomasdünger, Racc. pag. 3001, punto 11).

    Per quanto riguarda la quinta questione

    50 Con la quinta questione, il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 9, n. 2, della direttiva debba essere interpretato nel senso che esso autorizza gli Stati membri a dispensare il datore di lavoro dall'obbligo di informare per iscritto il lavoratore degli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, anche in seguito a una richiesta del lavoratore stesso, qualora un documento o un contratto di lavoro redatto anteriormente all'entrata in vigore dei provvedimenti di trasposizione della direttiva faccia già menzione di tali elementi.

    51 Ai sensi dell'art. 9, n. 2, della direttiva, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, per un contratto o rapporto di lavoro esistente all'entrata in vigore delle misure di trasposizione della direttiva, il datore di lavoro consegni al lavoratore che ne fa richiesta i documenti contenenti le informazioni di cui all'articolo 2, n. 2, della direttiva.

    52 Una disposizione nazionale, quale l'art. 4 della legge tedesca 20 luglio 1995, che dispensa il datore di lavoro, in presenza di un documento o di un contratto preesistente contenente gli elementi essenziali considerati dalla direttiva, dall'obbligo di informare il lavoratore, allorché questi ne faccia richiesta, è compatibile con l'art. 9, n. 2, della direttiva. Infatti, tenuto conto della finalità di quest'ultima, sarebbe inutile imporre al datore di lavoro l'obbligo di comunicare ulteriormente, dopo l'entrata in vigore dei provvedimenti di trasposizione della direttiva, gli elementi essenziali di un rapporto o di un contratto di lavoro preesistente qualora tali elementi, rimasti immutati, siano già stati comunicati al lavoratore interessato.

    53 Di conseguenza, la quinta questione sollevata va risolta dichiarando che l'art. 9, n. 2, della direttiva dev'essere interpretato nel senso che non osta a che gli Stati membri possano dispensare il datore di lavoro dall'obbligo di informare per iscritto il lavoratore degli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, anche quando il lavoratore stesso lo richieda, qualora un documento o un contratto di lavoro redatto anteriormente all'entrata in vigore dei provvedimenti di trasposizione della direttiva faccia già menzione di tali elementi.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    54 Le spese sostenute dai governi tedesco e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    (Quinta Sezione),

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landesarbeitsgericht di Hamm, con ordinanza 9 luglio 1996, 91/533/CEE, dichiara:

    1) La comunicazione prevista all'art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all' obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, in quanto informa il lavoratore sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, ed in particolare sugli elementi di cui all'art. 2, n. 2, lett. c), è accompagnata da una presunzione di veridicità analoga a quella che sarebbe annessa, nell'ordinamento giuridico interno, ad un simile documento redatto dal datore di lavoro e comunicato al lavoratore. Deve tuttavia essere consentito al datore di lavoro di fornire ogni prova contraria dimostrando, vuoi che le informazioni contenute nella detta comunicazione sono intrinsecamente false, vuoi che sono state smentite dai fatti.

    2) L'art. 2, n. 2, lett. c), della direttiva 91/533 può essere fatto valere direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali contro lo Stato e qualsiasi organismo o ente soggetto all'autorità o al controllo dello Stato o che disponga di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli, qualora lo Stato abbia omesso di trasporre, entro i termini prescritti, la direttiva nell'ordinamento nazionale, ovvero qualora ne abbia effettuato una trasposizione non corretta. L'art. 2, n. 2, lett. c), sub ii), della direttiva 91/533 osta a che uno Stato membro, trasponendo tale disposizione, permetta al datore di lavoro di limitare, in tutti i casi, l'informazione da comunicare al lavoratore alla sola denominazione della sua attività.

    3) L'art. 9, n. 2, della direttiva 91/533 dev'essere interpretato nel senso che non osta a che gli Stati membri possano dispensare il datore di lavoro dall'obbligo di informare per iscritto il lavoratore degli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro, anche quando il lavoratore stesso lo richieda, qualora un documento o un contratto di lavoro redatto anteriormente all'entrata in vigore dei provvedimenti di trasposizione della direttiva faccia già menzione di tali elementi.

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