Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 61996CJ0170

Sentenza della Corte del 12 maggio 1998.
Commissione delle Comunità europee contro Consiglio dell'Unione europea.
Atto del Consiglio - Azione comune relativa al regime di transito aeroportuale - Base giuridica.
Causa C-170/96.

Raccolta della Giurisprudenza 1998 I-02763

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1998:219

61996J0170

Sentenza della Corte del 12 maggio 1998. - Commissione delle Comunità europee contro Consiglio dell'Unione europea. - Atto del Consiglio - Azione comune relativa al regime di transito aeroportuale - Base giuridica. - Causa C-170/96.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-02763


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Ricorso d'annullamento - Competenza della Corte - Atti adottati in base all'art. K.3, n. 2, del Trattato sull'Unione europea - Limiti

(Trattato CE, artt. 100 C e 173; Trattato sull'Unione europea, artt. K.3, n. 2, L e M)

2 Ravvicinamento delle legislazioni - Art. 100 C del Trattato CE - Ambito d'applicazione - Regime del visto di transito aeroportuale - Esclusione - Materia rientrante nell'ambito di un'azione comune ai sensi dell'art. K.3, n. 2, del Trattato sull'Unione europea

[Trattato CE, artt. 3, lett. d), e 100 C, n. 1; Trattato sull'Unione europea, art. K.3, n. 2]

Massima


3 Dall'art. M del Trattato sull'Unione europea risulta che una disposizione come quella dell'art. K.3, n. 2, la quale prevede l'adozione di azioni comuni da parte del Consiglio nei settori contemplati dall'art. K.1, non pregiudica le disposizioni del Trattato CE. Ora, secondo l'art. L del Trattato sull'Unione europea, le disposizioni relative alla competenza della Corte e all'esercizio di tale competenza si applicano all'art. M. Spetta quindi alla Corte vigilare affinché gli atti che il Consiglio considera rientrare nell'ambito dell'art. K.3, n. 2, non invadano le competenze che le disposizioni del Trattato CE attribuiscono alla Comunità.

Ne deriva che, investita di un ricorso diretto a far accertare che un atto adottato dal Consiglio sulla base dell'art. K.3, n. 2, lett b), del Trattato sull'Unione europea rientra, per il suo oggetto, nell'ambito di applicazione dell'art. 100 C del Trattato CE, con la conseguenza che essa avrebbe dovuto avere come base giuridica questa norma, la Corte è competente ad esaminare il contenuto dell'atto alla luce del detto art. 100 C per verificare che l'atto stesso non pregiudichi le competenze attribuite alla Comunità da questa norma.

4 Interpretata alla luce dell'art. 3, lett. d), del Trattato CE, che elenca, tra le azioni della Comunità ai fini enunciati all'art. 2, quella comportante «misure relative all'entrata e alla circolazione delle persone nel mercato interno, come previsto dall'articolo 100 C», la nozione di «attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri» di cui all'art. 100 C, n. 1, si riferisce, all'interno di un aeroporto, al passaggio di tali frontiere attraverso un posto di controllo di frontiera, che permetta al detentore di un visto di entrare e di circolare nel mercato interno.

Ora, il visto di transito aeroportuale, introdotto con l'azione comune adottata dal Consiglio sulla base dell'art. K.3, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, relativa al regime di transito aeroportuale, non autorizza il suo titolare ad attraversare le frontiere esterne degli Stati membri ai sensi dell'art. 100 C del Trattato CE. Di conseguenza, l'azione comune citata non rientra nell'ambito di tale norma.

Parti


Nella causa C-170/96,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Pieter van Nuffel, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

sostenuta da

Parlamento europeo, rappresentato dai signori Johann Schoo, capodivisione presso il servizio giuridico, e José-Luis Rufas Quintana, amministratore principale nel medesimo servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il suo segretariato generale, Kirchberg,

interveniente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori Julian Schutte, direttore presso il servizio giuridico, e Michael Bishop, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione Affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

convenuto,

sostenuto da

Regno di Danimarca, rappresentato dal signor Peter Biering, capodivisione presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata di Danimarca, 4, boulevard Royal,

Repubblica francese, rappresentata inizialmente dalla signora Catherine de Salins, vicedirettore presso la direzione Affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e quindi dalla signora Kareen Rispal-Bellanger, vicedirettore presso la stessa direzione, e dal signor Claude Chavance, segretario per gli Affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata di Francia, 8 B, boulevard Joseph II,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dal signor John E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard Roosevelt,

intervenienti,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento dell'azione comune del 4 marzo 1996 adottata dal Consiglio sulla base dell'art. K.3 del Trattato sull'Unione europea, sul regime di transito aeroportuale (96/197/GAI) (GU L 63, pag. 8),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C. Gulmann, H. Ragnemalm, M. Wathelet e R. Schintgen, presidenti di sezione, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G. Kapteyn (relatore), J.L. Murray, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, L. Sevón e K.M. Ioannou, giudici,

avvocato generale: N. Fennelly

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali delle parti all'udienza del 9 dicembre 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 5 febbraio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 15 maggio 1996, la Commissione delle Comunità europee ha chiesto, ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE, l'annullamento dell'azione del 4 marzo 1996, adottata dal Consiglio sulla base dell'art. K.3 del Trattato sull'Unione europea, sul regime di transito aeroportuale (96/197/GAI) (GU L 63, pag. 8; in prosieguo: l'«atto»).

2 Dal secondo `considerando' di tale atto emerge che quest'ultimo mira all'armonizzazione delle politiche degli Stati membri in materia di imposizione dei visti di transito aeroportuale al fine di migliorare il controllo della via aerea, che costituisce, nel caso di domande d'ingresso ovvero di ingressi effettivi, in occasione di un transito aeroportuale, un importante mezzo di penetrazione in vista segnatamente di un insediamento illegale nel territorio degli Stati membri.

3 L'art. 1 dell'atto definisce il visto di transito aeroportuale come «l'autorizzazione cui sono assoggettati i cittadini di taluni paesi terzi per transitare attraverso la zona internazionale degli aeroporti degli Stati membri, in deroga al principio di libero transito stabilito dall'allegato 9 della convenzione di Chicago sul trasporto aereo internazionale [firmata il 7 dicembre 1944 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 15, n. 102)]».

4 L'art. 2, n. 1, dell'atto dispone che «il visto di transito aeroportuale è rilasciato dai servizi consolari degli Stati membri». L'art. 2, n. 2, secondo comma, dell'atto stabilisce i presupposti principali per il rilascio di un visto di transito aeroportuale. Si tratta soprattutto di accertare che «la domanda del visto di transito aeroportuale sia giustificata dalla documentazione prodotta dal richiedente e che quest'ultima garantisca, per quanto possibile, segnatamente mediante la presentazione di un visto qualora questo fosse necessario, l'ingresso nel paese di destinazione finale».

5 L'art. 3 dell'atto stabilisce che «ciascuno Stato membro richiede un visto di transito aeroportuale ai cittadini dei paesi terzi enumerati nell'elenco comune che figura in allegato, qualora essi non siano già titolari di un visto di ingresso o di transito in tale Stato membro, all'atto del loro passaggio nelle zone internazionali degli aeroporti situati nel suo territorio».

6 L'art. 4 dell'atto consente agli Stati membri di prevedere deroghe all'obbligo del visto di transito aeroportuale non solo per «i membri dell'equipaggio degli aerei e delle navi» e «i titolari di passaporti diplomatici, ufficiali o di servizio», ma anche per «i titolari di titoli di soggiorno o di documenti d'effetto equivalente rilasciati da uno Stato membro» e «i titolari di visti rilasciati da uno Stato membro o da uno Stato parte dell'accordo sullo Spazio economico europeo».

7 L'art. 5 dell'atto prescrive che «ciascuno Stato membro stabilisce se occorra richiedere un visto di transito aeroportuale ai cittadini dei paesi non contemplati dall'elenco comune che figura in allegato», e l'art. 6 dispone che «ciascuno Stato membro definisce il regime di transito aeroportuale applicabile agli apolidi nonché ai rifugiati sotto convenzione».

8 Infine l'art. 7 dell'atto stabilisce il termine entro cui, una volta che l'atto è entrato in vigore, devono essere comunicate le misure adottate e l'art. 10 precisa la data di entrata in vigore dell'atto medesimo e il termine ulteriore concesso agli Stati membri i quali non prevedono ancora il visto di transito aeroportuale.

9 Con il suo ricorso la Commissione mira a far dichiarare che il Consiglio, adottando l'atto sulla base dell'art. K.3, n. 2, lett. b), del Trattato sull'Unione europea, ha violato l'art. 100 C del Trattato CE.

10 L'art. 100 C, nn. 1 e 3, dispone:

«1. Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, determina quali siano i paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso di un visto per l'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri.

(...)

3. A decorrere dal 1_ gennaio 1996 il Consiglio delibera a maggioranza qualificata in merito alle decisioni di cui al paragrafo 1. Anteriormente a tale data il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta le misure relative all'instaurazione di un modello uniforme per i visti».

11 Con ordinanza del presidente 13 novembre 1996, il Parlamento è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanze 19, 20 e 27 novembre 1996, il presidente della Corte ha autorizzato rispettivamente la Repubblica francese, il Regno di Danimarca e il Regno Unito ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

Sulla competenza della Corte

12 Il Regno Unito ha sostenuto che la Corte, ai sensi dell'art. L del Trattato sull'Unione europea, non ha competenza a conoscere del ricorso della Commissione poiché l'atto, essendo stato adottato in base all'art. K.3, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, non rientra tra gli atti suscettibili di annullamento da parte della Corte ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE.

13 A tal proposito, occorre anzitutto rilevare che il ricorso della Commissione mira a far dichiarare che l'atto adottato dal Consiglio rientra, per il suo oggetto, nell'ambito di applicazione dell'art. 100 C del Trattato e avrebbe quindi dovuto avere come base giuridica tale disposizione.

14 Si deve poi rilevare come risulti dall'art. M del Trattato sull'Unione europea che una disposizione come l'art. K.3, n. 2, che prevede l'adozione di azioni comuni da parte del Consiglio nei settori contemplati dall'art. K.1 dello stesso Trattato, non pregiudica le disposizioni del Trattato CE.

15 Orbene, secondo l'art. L del Trattato sull'Unione europea, le disposizioni del Trattato CE relative alla competenza della Corte e all'esercizio di tale competenza si applicano all'art. M del Trattato sull'Unione europea.

16 La Corte deve quindi vigilare affinché gli atti che il Consiglio considera rientrare nell'ambito dell'art. K.3, n. 2, del Trattato sull'Unione europea non invadano le competenze che le disposizioni del Trattato CE attribuiscono alla Comunità.

17 Ne deriva che la Corte è competente ad esaminare il contenuto dell'atto alla luce dell'art. 100 C del Trattato CE per verificare che esso non pregiudichi le competenze attribuite alla Comunità da questa disposizione e per annullarlo qualora risultasse che esso avrebbe dovuto essere basato su detto articolo.

18 Si deve quindi considerare che la Corte è competente ad esaminare il ricorso della Commissione.

Nel merito

19 Secondo la Commissione, sostenuta dal Parlamento, l'espressione «attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri» che figura all'art. 100 C del Trattato CE si riferisce all'ingresso materiale dei cittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri. A questo proposito essa sostiene che il transito attraverso la zona internazionale di un aeroporto in uno Stato membro deve essere considerato come un ingresso nel territorio di questo Stato, dal momento che i viaggiatori che si trovano nella zona internazionale hanno dovuto necessariamente attraversare la frontiera dello Stato membro interessato. Ne consegue, secondo la Commissione, che, in caso di transito attraverso la zona internazionale di un aeroporto, il criterio dell'attraversamento di una frontiera esterna di cui all'art. 100 C è soddisfatto, di modo che, ai sensi di tale disposizione, la Comunità è competente a fissare le regole relative al transito aeroportuale.

20 Per contro, il Consiglio così come i governi danese, francese e del Regno Unito ritengono che l'art. 100 C si riferisca al passaggio attraverso un posto di controllo di frontiera. Poiché il visto di transito aeroportuale, come risulta dall'atto, non permette al suo titolare di attraversare le frontiere dello Stato di transito per entrare e circolare nel territorio di tale Stato membro, la competenza a stabilire norme in materia di transito aeroportuale non rientrerebbe nell'ambito d'applicazione dell'art. 100 C.

21 Per determinare la portata dell'espressione «per l'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri» di cui all'art. 100 C, n. 1, del Trattato, occorre interpretarla alla luce dell'art. 3, lett. d), del Trattato CE che elenca, tra le azioni della Comunità ai fini enunciati nell'art. 2, quella comportante «misure relative all'entrata e alla circolazione delle persone nel mercato interno, come previsto dall'articolo 100 C».

22 Da tale disposizione emerge che l'art. 100 C del Trattato prevede misure relative all'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri da parte di cittadini di paesi terzi solamente in quanto tali misure concernano l'entrata e la circolazione nel mercato interno di tali cittadini, i quali devono a tale scopo essere muniti di un visto.

23 Orbene, l'entrata e la circolazione nel mercato interno da parte di un cittadino di un paese terzo comporta necessariamente non solo che egli si trovi nel territorio di uno Stato membro, ma anche che sia stato debitamente autorizzato a circolare in tale territorio. Per quanto riguarda l'entrata nel territorio di uno Stato membro attraverso l'aeroporto, tale autorizzazione a circolare significa che l'interessato è autorizzato a oltrepassare il posto di controllo di frontiera situato nella zona internazionale dell'aeroporto di questo Stato membro.

24 Ne consegue che l'art. 100 C, n. 1, del Trattato si riferisce solamente a visti che permettano alle persone che ne sono in possesso di oltrepassare le frontiere esterne di uno Stato membro attraverso detti punti di passaggio al fine di soggiornare o di viaggiare nel mercato interno durante il periodo e alle condizioni stabiliti in tali visti.

25 Questa interpretazione non è inficiata dal fatto che, allo stato attuale del diritto comunitario, un visto, ai sensi dell'art. 100 C del Trattato, non attribuisce al suo detentore il diritto di circolare liberamente nell'intero mercato comune e che lo Stato membro che lo concede può anche limitare tale diritto alla circolazione nel proprio territorio o, in base ad accordi stipulati con altri Stati membri, nell'insieme dei loro territori.

26 Ne consegue che, interpretata alla luce dell'art. 3, lett. d), del Trattato, l'espressione «attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri», che figura nell'art. 100 C, n. 1, si riferisce, all'interno di un aeroporto, al passaggio di tali frontiere attraverso un posto di controllo di frontiera, che permette al detentore del visto di entrare e di circolare nel mercato interno.

27 Tenendo conto di tali considerazioni occorre esaminare se l'atto avrebbe dovuto essere basato sull'art. 100 C.

28 Ai sensi dell'art. 1 dell'atto, il visto di transito aeroportuale è un'autorizzazione cui sono assoggettati i cittadini di taluni paesi terzi per transitare attraverso la zona internazionale degli aeroporti degli Stati membri.

29 A tenore dell'art. 1 e del terzo `considerando' dell'atto, l'imposizione di un visto di transito aeroportuale costituisce una deroga al principio di libero transito attraverso la zona internazionale degli aeroporti sancito dall'allegato 9 della citata convenzione di Chicago.

30 Il visto di transito aeroportuale riguarda la situazione di un passeggero di un aereo proveniente da un paese terzo il quale rimane nell'aeroporto dello Stato membro nel quale l'aereo è atterrato per imbarcarsi sullo stesso o su un altro aereo a destinazione di un altro paese terzo. L'imposizione, ai sensi dell'art. 1 dell'atto, di tale visto presuppone dunque che il suo titolare rimanga nella zona internazionale di detto aeroporto senza essere autorizzato a circolare nel territorio di tale Stato membro.

31 Questa interpretazione è avvalorata dall'art. 3 dell'atto, da cui emerge che il requisito del visto di transito aeroportuale non si applica ai cittadini dei paesi terzi che, all'atto del passaggio nelle zone internazionali degli aeroporti situati nel territorio degli Stati membri, siano già titolari di un visto di ingresso o di transito in tale Stato.

32 Ne risulta che un visto di transito aeroportuale non autorizza il suo titolare ad attraversare le frontiere esterne degli Stati membri ai sensi dell'art. 100 C del Trattato CE. Di conseguenza, si deve considerare che l'atto non rientra nell'ambito di tale disposizione.

33 Alla luce di quanto sopra il ricorso deve essere respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

34 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, essendo rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese.

35 Il regno di Danimarca, la Repubblica francese, il Regno Unito e il Parlamento, intervenuti nella causa, sopporteranno le proprie spese, ai sensi dell'art. 69, n. 4, del regolamento di procedura.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

36 Il ricorso è respinto.

37 La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

38 Il Regno di Danimarca, la Repubblica francese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Parlamento europeo sopporteranno le loro spese.

Top