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Document 61994TJ0175
Judgment of the Court of First Instance (Fifth Chamber) of 11 July 1996. # International Procurement Services SA v Commission of the European Communities. # Action for damages - Public contract - European Development Fund - Non-contractual liability - Determination of the origin of goods. # Case T-175/94.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione) dell'11 luglio 1996.
International Procurement Services SA contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso per risarcimento danni - Appalto pubblico - Fondo europeo di sviluppo - Responsabilità extracontrattuale - Valutazione sull'origine della merce.
Causa T-175/94.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione) dell'11 luglio 1996.
International Procurement Services SA contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso per risarcimento danni - Appalto pubblico - Fondo europeo di sviluppo - Responsabilità extracontrattuale - Valutazione sull'origine della merce.
Causa T-175/94.
Raccolta della Giurisprudenza 1996 II-00729
ECLI identifier: ECLI:EU:T:1996:102
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quinta Sezione) dell'11 luglio 1996. - International Procurement Services SA contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso per risarcimento danni - Appalto pubblico - Fondo europeo di sviluppo - Responsabilità extracontrattuale - Valutazione sull'origine della merce. - Causa T-175/94.
raccolta della giurisprudenza 1996 pagina II-00729
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
Accordi internazionali ° Terza Convenzione ACP-CEE di Lomé ° Disposizioni relative alla cooperazione finanziaria e tecnica ° Procedimento di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture ° Rispettivi ruoli dello Stato ACP e della Commissione ° Competenza dello Stato ACP in materia di stipulazione degli appalti ° Competenza di controllo spettante alla Commissione ° Dubbio relativo all' origine comunitaria delle merci ° Sorgere della responsabilità della Comunità per via della domanda di prove formulata dalla Commissione ° Esclusione
(Terza Convenzione ACP-CEE di Lomé 8 dicembre 1984)
Nell' ambito della cooperazione finanziaria e tecnica istituita dalla terza Convenzione ACP-CEE, gli appalti finanziati dal Fondo europeo di sviluppo rimangono appalti nazionali che solo gli Stati ACP sono competenti ad elaborare, negoziare e stipulare. Dal canto loro, le imprese che partecipano alle gare d' appalto o alle quali sono aggiudicati i contratti d' appalto restano estranee ai rapporti esclusivi che si stabiliscono in materia fra la Commissione e gli Stati ACP.
Tuttavia, la Commissione ha non soltanto il diritto, ma anche il dovere di accertarsi, prima di ogni versamento di fondi comunitari, che ricorrano effettivamente le condizioni alle quali esso è subordinato. A tal fine, essa ha segnatamente il dovere di ricercare le informazioni necessarie per garantire una gestione economica delle risorse del Fondo europeo di sviluppo e di rifiutarsi di vistare le fatture che le vengono presentate qualora abbia fondati motivi per ritenere che non ricorrano i presupposti per la concessione di un finanziamento comunitario.
Poiché uno di tali presupposti è che le merci di cui trattasi siano di origine comunitaria, cosa che incombe all' aggiudicatario provare, la Commissione, avendo seri dubbi al riguardo, non può essere accusata di comportamento illegittimo o erroneo per aver richiesto all' aggiudicatario di produrre documenti o fornire informazioni che attestino l' origine comunitaria delle merci.
Nella causa T-175/94,
International Procurement Services SA, società di diritto belga, con sede in Bruxelles, con gli avv.ti Peter De Troyer, del foro di Audenarde, e Lydie Lorang, del foro di Lussemburgo, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio di quest' ultima, 6, rue Heine,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Étienne Lasnet, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dall' avv. Hervé Lehman, del foro di Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di risarcimento di danni, per un importo di 14 797 706 BFR, che la ricorrente afferma di aver subito in seguito alla riduzione di un contributo finanziario accordato alla sua controparte contrattuale nell' ambito di un progetto finanziato dal Fondo europeo di sviluppo,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),
composto dai signori R. Schintgen, presidente, R. García-Valdecasas, e J. Azizi giudici,
cancelliere: H. Jung
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 7 maggio 1996,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Il 21 marzo 1990 l' Unidade de Coordenação dos Programas de Importação (unità di coordinamento dei programmi d' importazione; in prosieguo l' "UCPI") del ministero del Commercio della Repubblica popolare del Mozambico ha indetto una gara d' appalto relativa ad un appalto di fornitura di undici lotti, nell' ambito di un progetto finanziato dalla Comunità europea in forza del Fondo europeo di sviluppo (in prosieguo: il "FES") (GU S 56 del 21.3.1990, pag. 5). Il bando di gara indicava espressamente che le forniture dovevano obbligatoriamente provenire da Stati della Comunità economica europea o da Stati dell' Africa, dei Caraibi o del Pacifico (in prosieguo: "ACP") firmatari della terza convenzione ACP-CEE, firmata a Lomé l' 8 dicembre 1984 (GU 1986, L 86, pag. 3).
2 Per quanto riguarda uno di questi lotti, relativo alla fornitura di 7 400 tonnellate di billette d' acciaio, l' UCPI ha accettato l' offerta della ricorrente, la società International Procurement Services, alla quale ha inviato, il 13 luglio 1990, una lettera contratto recante il riferimento LC 25/90/EEC.
3 L' importo dell' appalto relativo a tale lotto (in prosieguo: l' "appalto") era di 97 561 461 BFR, vale a dire di 13 320 BFR la tonnellata.
4 Il trasporto della merce è iniziato nel corso del mese di marzo 1991 e la consegna finale è stata effettuata il 24 aprile 1991.
5 Il 17 e il 30 aprile 1991 la consociata sudafricana della Société générale de surveillance (in prosieguo: la "SGS"), impresa che effettua a richiesta analisi merceologiche, ha rilasciato in Johannesburg certificati di controllo della merce consegnata, precisando che i controlli erano stati effettuati nel corso dei mesi di marzo e aprile 1991.
6 Il 20 giugno 1991 l' UCPI ha ricevuto dalla società Cifel, utilizzatrice finale delle billette d' acciaio, una lettera nella quale si segnalava che, in base ai documenti che accompagnavano la merce consegnata, quest' ultima proveniva ("proveniente da") dalla società sudafricana Iscor e aveva per destinatario ("consignatario") la società sudafricana John Palmer Steel.
7 Il 2 luglio 1991 la UCPI ha inviato un telex alla ricorrente, informandola che i documenti che accompagnavano la merce indicavano i nomi della Iscor quale fornitore ("supplier") e della John Palmer Steel quale acquirente ("buyer"). Essa chiedeva chiarimenti al riguardo, data l' assenza dei documenti di trasporto.
8 Il 20 luglio 1991 la camera di commercio di Lugano ha rilasciato, su richiesta di una società svizzera indicata dalla ricorrente come sua fornitrice, un certificato d' origine che menzionava i nomi della ricorrente, dell' UCPI (preceduto dalla parola inglese "to") e della Cifel (preceduto dall' abbreviazione "imp"), nonché il numero della gara d' appalto relativa all' appalto controverso, e che descriveva la merce come costituita da tre lotti di billette d' acciaio per un peso totale di 7 324 434 kg. Tale certificato indicava l' Italia come paese d' origine.
9 Con telex 25 luglio 1991 l' UCPI ha chiesto alla società RIH, distributrice dei prodotti della Iscor, di confermarle che le 7 400 tonnellate di billette d' acciaio fornite alla Cifel nell' aprile dello stesso anno dalla società John Palmer Steel erano state prodotte in Sudafrica dalla Iscor.
10 Il 2 agosto 1991 la RIH ha risposto che aveva ricevuto dalla società londinese Gover, Horowitz & Blunt un ordinativo di 7 400 tonnellate di billette d' acciaio, con l' ordine di consegnare la merce all' UCPI a Maputo. Essa precisava anche che il prezzo proposto si riferiva a prodotti sudafricani.
11 Con telecopia del 20 agosto 1991, la convenuta ha chiesto alla SGS di comunicarle i "work certificates of tests and analysis" (certificati di prove e analisi merceologiche) e le "rail consignment notes" (bolle di spedizione per ferrovia) cui si riferivano i certificati di controllo rilasciati da tale società il 17 e il 30 aprile 1991. Essa l' ha altresì invitata a confermarle l' identità del produttore.
12 Lo stesso giorno la SGS ha informato la convenuta che i documenti richiesti erano stati trasmessi al suo committente, la Gover, Horowitz & Blunt. Il giorno dopo le ha segnalato che, prima di trasmettere a terzi i documenti richiesti, doveva anzitutto ottenere il consenso del proprio committente.
13 Il 22 agosto 1991 la convenuta ha inviato una telecopia alla ricorrente, invitandola a procurarsi urgentemente una copia dei certificati delle prove e delle analisi e delle bolle di spedizione per ferrovia presso la società incaricata dell' ispezione preliminare alla spedizione delle merci. L' indomani la ricorrente ha risposto che avrebbe richiesto i certificati sollecitati al venditore.
14 Con telex del 19 settembre 1991, l' UCPI, dietro suggerimento della convenuta, ha chiesto alla ricorrente un documento "bona fide" che indicasse l' identità del produttore ed il percorso effettuato dalla merce dalla fabbrica fino al deposito della Cifel. Essa faceva altresì presente che, se la ricorrente avesse ancora omesso di produrre tale documento, ne avrebbe dedotto la violazione della clausola contrattuale relativa all' origine della merce.
15 Con telecopia del 6 novembre 1991, la convenuta ha incaricato la propria delegazione in Mozambico di informare le autorità locali che la ricorrente non era stata in grado di dimostrare che la merce consegnata era stata prodotta all' interno della Comunità o in un paese ACP e che, di conseguenza, l' UCPI poteva risolvere il contratto oppure pagare la merce al prezzo di mercato del suo luogo d' origine presunto.
16 In risposta ad una lettera della ricorrente del 24 ottobre 1991, la convenuta ha affermato, con lettera del 25 novembre 1991, che avrebbe potuto versare il saldo solo dopo aver ricevuto l' autorizzazione dell' UCPI, il che non si era ancora verificato. Essa raccomandava altresì alla ricorrente di presentare una domanda di pagamento del saldo presso l' UCPI nel caso in cui avesse ritenuto di aver adempiuto tutti i suoi obblighi.
17 Con telex del 6 dicembre 1991 inviato alla ricorrente, l' UCPI ha segnalato che non aveva ricevuto il documento "bona fide" richiesto, che di conseguenza riteneva che le forniture fossero di provenienza sudafricana e che le avrebbe pagate al prezzo in vigore su tale mercato.
18 Con telecopia dell' 11 marzo 1992, la convenuta ha pregato la propria delegazione in Mozambico di informare le autorità locali che essa concordava, visti i documenti contraddittori prodotti dalla ricorrente e dalla Cifel, con il parere di tali autorità secondo il quale occorreva calcolare il prezzo globale dell' appalto sulla base del prezzo applicabile sul mercato sudafricano.
19 Con telex del 9 giugno 1992, la ricorrente ha dichiarato che la sua situazione finanziaria non le lasciava altra scelta se non quella di concordare con l' UCPI. Tuttavia, essa ha sottolineato che il futuro pagamento sarebbe stato considerato come un acconto. Essa ha fatto presente che avrebbe sottoposto ad arbitrato la questione della differenza tra il prezzo inizialmente convenuto e l' importo calcolato sulla base del prezzo sudafricano.
20 Il giorno dopo l' UCPI ha risposto alla ricorrente precisando che la convenuta non avrebbe accettato di emettere un ordine di pagamento parziale se il saldo avesse dovuto essere sottoposto ad arbitrato e che avrebbe proceduto al pagamento solo al momento della definizione della pratica. Essa ha fatto presente che, a suo avviso, la ricorrente aveva due possibilità: o porre fine alla controversia concludendo un accordo di riduzione del prezzo, o avviare immediatamente la procedura arbitrale.
21 Il 17 luglio 1992 la ricorrente e l' UCPI hanno concluso un accordo relativo all' accettazione della merce, alla riduzione del prezzo sulla base del prezzo in vigore sul mercato sudafricano, fissato a 12 000 BFR la tonnellata, e alla rinuncia alla procedura arbitrale (in prosieguo: l' "accordo").
Procedimento
22 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 aprile 1994, la ricorrente ha proposto il presente ricorso ai sensi dell' art. 215, secondo comma, del Trattato CE.
23 Il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione alla quale la causa, di conseguenza, è stata attribuita.
24 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Nell' ambito delle misure di organizzazione del procedimento, le parti sono state invitate a rispondere per iscritto a taluni quesiti prima dell' udienza e a produrre taluni documenti.
25 Sono state sentite le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti rivolti dal Tribunale nel corso dell' udienza, che si è svolta il 7 maggio 1996.
Conclusioni delle parti
26 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
° condannare la convenuta a corrisponderle 14 797 706 BFR quale risarcimento del danno da essa subito, o altro importo ° anche superiore ° da determinare ex aequo et bono a cura del Tribunale o di un perito, oltre agli interessi di mora da fissare a cura del Tribunale;
° condannare la convenuta alle spese.
27 La convenuta conclude che il Tribunale voglia:
° respingere il ricorso;
° condannare la ricorrente alle spese.
Sintesi dei motivi e degli argomenti delle parti
28 La ricorrente contesta alla Commissione di aver autorizzato il finanziamento dell' appalto solo per il 92,49% dell' importo totale, mentre essa ha soddisfatto tutte le clausole del detto appalto.
29 Secondo la ricorrente, la convenuta ha agito illegittimamente in quanto, in primo luogo, non ha impedito l' utilizzazione della merce da parte della Cifel ancor prima della sua accettazione da parte della controparte contrattuale della ricorrente e il trasferimento della proprietà, in secondo luogo, ha svolto un ruolo attivo chiedendo certificati di saggi ed analisi e bolle di spedizione per ferrovia, la cui produzione non era prevista dal contratto, nonché un documento "bona fide", la cui natura non è stata mai precisata, e, in terzo luogo, ha ingiustificatamente ritenuto che le condizioni di finanziamento non fossero state soddisfatte, senza accordare alcun credito al certificato d' origine rilasciato dalla camera di commercio di Bruxelles.
30 Su quest' ultimo punto, la ricorrente sostiene che un certificato d' origine comprova a sufficienza l' origine di una merce, poiché le camere di commercio consegnano tali certificati soltanto dietro presentazione di documenti giustificativi. A differenza dei documenti presentati dalla Cifel, che hanno rafforzato i dubbi della convenuta riguardo all' origine della merce consegnata, il certificato d' origine, prodotto in originale autenticato, descriverebbe dettagliatamente la merce che ne costituisce l' oggetto. Per contro, i documenti prodotti dalla Cifel sarebbero fotocopie poco leggibili e non autenticate di certificati relativi a un saggio di colata di un acciaio correntemente utilizzato in Mozambico. Tali documenti, rilasciati otto mesi dopo la consegna, non permetterebbero di concludere che essi si riferivano all' acciaio utilizzato per la merce consegnata.
31 La ricorrente sostiene di aver subito un danno pari alla differenza tra l' importo iniziale dell' appalto e l' importo da essa effettivamente ricevuto (9 668 253 BFR), oltre alle spese di finanziamento (5 129 453 BFR) che essa afferma di aver dovuto sostenere in seguito al diniego della convenuta di pagare integralmente il prezzo inizialmente convenuto, per un totale di 14 797 706 BFR.
32 Il danno sarebbe stato originato dal fatto che la convenuta ha ritenuto che non fossero totalmente soddisfatte le condizioni di finanziamento dell' appalto e che occorresse calcolare l' importo da pagare sulla base dei prezzi in vigore sul mercato sudafricano.
33 Dopo aver rammentato la giurisprudenza della Corte secondo la quale gli appalti finanziati in forza del FES sono appalti nazionali ai quali la Commissione è estranea, quest' ultima ne deduce che il ricorso è incoerente in quanto è diretto a veder accertare una responsabilità extracontrattuale da parte sua, mentre la ricorrente le contesta di aver unilateralmente modificato le condizioni del contratto.
34 La Commissione sostiene, peraltro, che non ricorre nessuno dei presupposti per l' insorgere della responsabilità extracontrattuale.
35 Essa sostiene di non aver agito in modo illegittimo. Essa avrebbe legittimamente nutrito seri dubbi sulla provenienza comunitaria della merce consegnata, dato, da una parte, il contenuto della lettera della Cifel ricevuta il 20 giugno 1991 dall' UCPI e del telex inviato il 2 agosto 1991 dalla RIH e, dall' altra, così come da lei precisato nel corso dell' udienza, il fatto che i certificati di controllo rilasciati dalla SGS riguardavano controlli eseguiti in Sudafrica. A tale riguardo, la convenuta avrebbe allora rivolto numerose richieste alla ricorrente perché fornisse documenti che provassero in modo inequivocabile l' origine comunitaria della merce consegnata. La convenuta constata che, ciononostante, la ricorrente non ha prodotto tali documenti né il rapporto ispettivo preliminare all' imbarco previsto dall' art. IX.5 del capitolato speciale. Ora, spetterebbe a quest' ultima provare l' origine comunitaria della merce.
36 La Commissione mette in dubbio la credibilità del certificato d' origine prodotto dalla ricorrente, poiché è stato redatto dalla camera di commercio di Bruxelles diversi mesi dopo la consegna delle merci controverse, sulla base di un certificato rilasciato dalla camera di commercio di Lugano, che non era in grado di effettuare eventuali controlli in loco in Italia.
37 Infine, essa sottolinea che la ricorrente è stata incapace di informarla sull' itinerario della merce controversa, e persino sul nome della nave che la trasportava, e di produrre i documenti giustificativi sulla base dei quali i certificati d' origine sarebbero stati rilasciati, mentre le sarebbe stato agevole quantomeno dissipare i dubbi riguardanti l' esistenza di rapporti contrattuali con le società sudafricane Iscor e John Palmer Steel.
38 Riferendosi alle sentenze della Corte 10 luglio 1984, causa 126/83, STS/Commissione (Racc. pag. 2769), e 10 luglio 1985, causa 118/83, CMC e a./Commissione (Racc. pag. 2325), la convenuta ritiene che fosse legittimata a verificare se ricorressero le condizioni di finanziamento, segnatamente quella relativa all' origine della merce, richiedendo informazioni complementari circa la provenienza della merce stessa per dissipare i dubbi derivanti dal carattere contraddittorio dei documenti in suo possesso.
39 La convenuta contesta che la ricorrente abbia subito un qualsiasi danno. La differenza tra il prezzo iniziale dell' appalto e l' importo effettivamente ricevuto sarebbe solo il risultato dell' accordo relativo alla riduzione del prezzo della merce e alla rinuncia a sottoporre la controversia ad arbitrato, accordo liberamente concluso dalla ricorrente e dall' UCPI il 17 luglio 1992. Peraltro, la convenuta contesta che vi sia stato un qualsiasi danno connesso a spese di finanziamento, poiché essa ha versato, nel frattempo, il saldo dovuto a seguito di tale accordo.
40 La convenuta contesta altresì l' esistenza di un nesso causale tra il comportamento illegittimo e il danno lamentato. La differenza tra il prezzo iniziale e il prezzo finale non sarebbe dovuta tanto al suo comportamento quanto all' accordo concluso il 17 luglio 1992 tra l' UCPI e la ricorrente. Nemmeno le controverse spese di finanziamento sarebbero da imputare ad essa, poiché, in forza dell' art. 8.2 della lettera contratto, essa era tenuta ad attendere dall' UPCI l' autorizzazione al pagamento. La responsabilità di tale parte del danno sarebbe imputabile alla ricorrente, che avrebbe perso tempo nel 1991 e nel 1992 invece di fornire la prova della provenienza comunitaria della merce.
41 Nella sua replica, la ricorrente afferma che l' accordo da essa concluso con l' UCPI il 17 luglio 1992 ha effetti solo tra le parti ed esula da una eventuale azione per responsabilità extracontrattuale. Essa sottolinea che è stata la convenuta a suggerire di prendere come prezzo base quello sudafricano. Per quanto la riguarda, la conclusione di tale accordo sarebbe stata dettata dal bisogno di liquidità e la sua scelta si sarebbe in realtà ridotta ad accettare una riduzione del prezzo o a non essere affatto pagata nel breve termine.
42 Ad avviso della convenuta, o la ricorrente ha concluso liberamente l' accordo relativo alla riduzione del prezzo della merce, di modo che non può affermare di aver subito un danno, o ha firmato tale accordo in stato di costrizione e in tal caso spettava ad essa rimetterlo in discussione, cosa che non ha fatto.
Giudizio del Tribunale
43 Il Tribunale rammenta anzitutto che, secondo una giurisprudenza consolidata, gli appalti finanziati dal FES rimangono appalti nazionali che solo gli Stati ACP sono competenti ad elaborare, negoziare e stipulare. Dal canto loro, le imprese che partecipano alle gare d' appalto o alle quali sono aggiudicati i contratti d' appalto restano estranee ai rapporti esclusivi che si stabiliscono in materia fra la Commissione e gli Stati ACP (sentenze della Corte STS/Commissione, già citata, punto 18, CMC e a./Commissione, già citata, punto 28, e 14 gennaio 1993, causa C-257/90, Italsolar/Commissione, Racc. pag. I-9, punto 22; sentenza del Tribunale 16 novembre 1994, causa T-451/93, San Marco/Commissione, Racc. pag. II-1061, punto 42).
44 Esso rammenta poi che la responsabilità della Comunità presuppone che la ricorrente provi l' illegittimità del comportamento contestato all' istituzione in questione, l' effettività del danno e l' esistenza di un nesso causale tra questo comportamento e il danno allegato (sentenze della Corte 17 dicembre 1981, cause riunite 197/80, 198/80, 199/80, 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, Ludwigshafener Walzmuehle e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3211, punto 18, e Italsolar/Commissione, già citata, punto 33; sentenza del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 80).
45 Esso ricorda infine che la Commissione ha non soltanto il diritto, ma anche il dovere di accertarsi, prima di ogni versamento di fondi comunitari, che ricorrano effettivamente le condizioni per i versamenti stessi (sentenza CMC/Commissione, già citata, punto 44). A tal fine, essa ha segnatamente il dovere di ricercare le informazioni necessarie per garantire una gestione economica delle risorse del FES (medesima sentenza, punto 47, e sentenza 25 maggio 1993, causa C-370/89, SGEEM e Etroy/BEI, Racc. pag. I-2583, punto 31) e di rifiutarsi di vistare le fatture che le vengono presentate qualora abbia fondati motivi per ritenere che non ricorrano i presupposti per la concessione di un finanziamento comunitario (sentenza San Marco/Commissione, già citata, punto 50).
46 Alla luce di tali elementi occorre valutare se la convenuta si è resa responsabile di un comportamento illegittimo o illecito.
47 Nel caso di specie, era dovere della convenuta accertarsi, segnatamente, del rispetto della clausola di finanziamento in forza della quale la merce consegnata doveva provenire dalla Comunità o da uno Stato ACP.
48 La ricorrente non può contestare alla convenuta di non aver impedito l' utilizzazione della merce prima della sua accettazione e del trasferimento della proprietà. Infatti, poiché gli appalti finanziati dal FES sono appalti nazionali le cui parti sono soltanto lo Stato ACP e l' imprenditore, non spettava in alcun modo alla convenuta intromettersi in tali questioni, di ordine meramente contrattuale.
49 La ricorrente non può neppure contestare alla convenuta di aver dubitato, malgrado l' esistenza di un certificato d' origine della camera di commercio di Bruxelles attestante la provenienza italiana e quindi comunitaria della merce, che quest' ultima soddisfacesse le condizioni di origine prescritte. Infatti, risulta da un telex inviato dalla Cifel all' UCPI che i documenti che accompagnavano la merce consegnata indicavano che essa proveniva da una società sudafricana. Peraltro, la ricorrente non ha contestato che i documenti d' ispezione della merce non erano stati forniti prima della sua spedizione e facevano menzione di controlli da parte di una società sudafricana. Inoltre, la merce è arrivata in Mozambico proprio dal Sudafrica. Ora, la Repubblica sudafricana non ha sottoscritto la terza convenzione di Lomé.
50 Poiché l' onere della prova dell' origine della merce consegnata grava sull' aggiudicatario, la convenuta, alla luce degli elementi di cui sopra, era perfettamente in diritto di richiedere documenti o informazioni supplementari che potessero confermare il certificato d' origine. E' giocoforza constatare che la ricorrente non ha fornito elementi che permettano di dimostrare in modo inconfutabile l' origine comunitaria della merce consegnata. Essa non ha nemmeno potuto fornire i documenti giustificativi sulla base dei quali la camera di commercio di Lugano aveva rilasciato il suo certificato d' origine, sul quale la camera di commercio di Bruxelles si era a sua volta basata per rilasciare il suo. In risposta a un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente si è limitata a produrre una copia incompleta di un credito documentale che non contiene alcuna informazione sull' origine della merce che costituisce l' oggetto del contratto, una lettera senza data di una società italiana di trasporti attestante che la ricorrente è nota come esportatrice, destinataria, committente o garante di operazioni relative a merci, in particolare di acciaio, trasportate dalla ditta Jadroplov tra l' autunno del 1989 e l' estate del 1991, nonché estratti dei registri dei Lloyd' s relativi a navi recanti il nome Africa che appare sulla licenza d' esportazione. La ricorrente non può in ogni caso trarre argomento dall' imprecisione della nozione di "documento bona fide", dato che essa non ha prodotto alcun elemento a sostegno del suo certificato d' origine. Il Tribunale ritiene peraltro che essa è stata abbondantemente informata sull' onere della prova che le incombeva fornire (v. supra, punti 13 e 14).
51 Ne consegue che la convenuta ha potuto legittimamente concludere che la clausola di finanziamento relativa all' origine della merce non era soddisfatta nel caso di specie.
52 La ricorrente infine non ha motivo per contestare alla convenuta il fatto di aver svolto un ruolo attivo nel sollecitare documenti la cui produzione non era richiesta dal contratto. Infatti, la convenuta si è limitata ad informare le autorità del Mozambico della sua posizione e delle possibilità che erano loro offerte. Così facendo, essa non ha in alcun modo leso la sovranità della Repubblica popolare del Mozambico. D' altra parte risulta dalla lettera da essa indirizzata alla ricorrente il 25 novembre 1991 (v. supra, punto 16) e dalla telecopia da essa inviata alla propria delegazione in Mozambico (v. supra, punto 18) che il governo del Mozambico è rimasto arbitro delle sue decisioni.
53 Di conseguenza, la ricorrente non ha dimostrato che la convenuta si sia resa responsabile di un intervento illegittimo o illecito nelle relazioni tra la Repubblica popolare del Mozambico e la ricorrente.
54 Ne consegue che la ricorrente non ha provato l' esistenza di un qualsiasi comportamento illegittimo o illecito da parte della convenuta.
55 Per giunta, è giurisprudenza costante che il danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento censurato (sentenza della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier frères e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21; v. anche per quanto riguarda l' art. 40 del Trattato CECA, che, formulato in modo analogo, è trasponibile nel caso di specie, sentenza della Corte 30 gennaio 1992, cause riunite C-363/88 e C-364/88, Finsider e a./Commissione, Racc. pag. I-359, punto 25, e giurisprudenza ivi citata).
56 Ora, risulta dai documenti del fascicolo e dalla trattazione orale dinanzi al Tribunale che il danno che la ricorrente lamenta deriva, in primo luogo, dai due seguenti fattori: da una parte, dal rifiuto che è stato alla fine opposto dalla Repubblica popolare del Mozambico di pagare l' intero prezzo convenuto; dall' altra, dall' accordo 17 luglio 1992 che ne è seguito, riguardante una riduzione del prezzo inizialmente convenuto e una rinuncia all' arbitrato.
57 A tale riguardo, il Tribunale osserva che, anche se la convenuta ha potuto influenzare indirettamente il comportamento del governo mozambicano suggerendogli di concludere l' accordo suddetto, non è men vero che la ricorrente non ha dimostrato che essa stessa o la sua controparte contrattuale lo avesse concluso in stato di costrizione. Peraltro, anziché concludere tale accordo, la ricorrente avrebbe potuto, come l' UCPI le ha suggerito (v. supra, punto 20), ricorrere alla procedura arbitrale per risolvere la controversia. Il fatto che la ricorrente abbia scelto di non avviare siffatto procedimento perché aveva bisogno urgente di liquidità non può avere come conseguenza che il danno sia imputabile alla convenuta, essendo quest' ultima totalmente estranea al motivo addotto.
58 Inoltre, occorre ricordare che è stato dichiarato che, nel caso in cui una controversia contrattuale tra lo Stato aggiudicatore di un appalto finanziato dal FES e l' aggiudicatario non sia stata risolta preventivamente, in via amichevole o mediante ricorso ad arbitrato, l' aggiudicatario si trova nell' impossibilità di dimostrare che il comportamento della Commissione gli abbia causato un danno distinto da quello di cui ha titolo di reclamare il risarcimento nei confronti dello Stato aggiudicatore, nelle appropriate sedi giurisdizionali (sentenza della Corte 19 settembre 1985, causa 33/82, Murri fréres/Commissione, Racc. pag. 2759, punto 38).
59 Nel caso di specie, la ricorrente chiede il risarcimento di un danno che corrisponde precisamente alla riduzione del prezzo da essa concessa all' UCPI nell' ambito dell' accordo da essa concluso con quest' ultima il 17 luglio 1992, oltre alle spese di finanziamento che ha dovuto sostenere in seguito a tale accordo. Non avendo rimesso in discussione, nelle sedi giurisdizionali appropriate, tale accordo e il rifiuto del governo mozambicano di pagare l' intero prezzo convenuto, la ricorrente si trova nell' incapacità di provare che il comportamento della convenuta le abbia causato un danno distinto da quello per il quale le spettava reclamare il risarcimento nei confronti di tale Stato.
60 Sempre per tale motivo essa non ha neppure provato l' esistenza di un nesso causale tra il comportamento contestato alla convenuta e il danno lamentato.
61 Da quanto sopra consegue che il ricorso dev' essere integralmente respinto.
Sulle spese
62 Ai sensi dell' art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente e la Commissione ha concluso in tal senso, la prima va quindi condannata a sopportare l' insieme delle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La ricorrente è condannata alle spese.