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Document 61994CV0001
Opinion of the Court of 15 November 1994. # Competence of the Community to conclude international agreements concerning services and the protection of intellectual property - Article 228 (6) of the EC Treaty. # Opinion 1/94.
Parere della Corte del 15 novembre 1994.
Competenza della Comunità a stipulare accordi internazionali in materia di servizi e di tutela della proprietà intellettuale - Procedimento ex art. 228, n. 6, del Trattato CE.
Parere 1/94.
Parere della Corte del 15 novembre 1994.
Competenza della Comunità a stipulare accordi internazionali in materia di servizi e di tutela della proprietà intellettuale - Procedimento ex art. 228, n. 6, del Trattato CE.
Parere 1/94.
Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-05267
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1994:384
PARERE DELLA CORTE DEL 15 NOVEMBRE 1994. - COMPETENZA DELLA COMUNITA A STIPULARE ACCORDI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI SERVIZI E DI TUTELA DELLA PROPRIETA INTELLETTUALE - PROCEDIMENTO EX ART. 228, N. 6, DEL TRATTATO CE. - PARERE 1/94.
raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-05267
edizione speciale svedese pagina I-00233
edizione speciale finlandese pagina I-00237
Massima
Motivazione della sentenza
Dispositivo
1 Accordi internazionali - Conclusione - Parere preliminare della Corte - Oggetto - Ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri
(Trattato CE, art. 228, n. 6)
2 Accordi internazionali - Parere preliminare della Corte - Accordo previsto - Nozione
(Trattato CE, art. 228, n. 6)
3 Accordi internazionali - Accordi della Comunità - Territori dipendenti da uno Stato membro e non appartenenti alla Comunità - Modalità di partecipazione agli accordi - Rappresentanza da parte dello Stato membro interessato - Irrilevanza sulla ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri
(Trattato CE, art. 228)
4 Accordi internazionali - Competenze della Comunità e degli Stati membri - Disposizioni nazionali in materia di conclusione dei trattati - Irrilevanza
5 Accordi internazionali - Competenze della Comunità e degli Stati membri - Accordo che comporta un obbligo di finanziamento a carico degli Stati membri - Irrilevanza
6 Politica commerciale comune - Conclusione di accordi internazionali - Inclusione dei prodotti contemplati dal Trattato CEEA
(Trattato CE, artt. 113 e 232, n. 2; Trattato CEEA)
7 Politica commerciale comune - Conclusione di accordi internazionali - Inclusione dei prodotti contemplati dal Trattato CECA - Limiti
(Trattato CE, artt. 113 e 232, n. 1; Trattato CECA, art. 71)
8 Accordi internazionali - Conclusione da parte della Comunità degli accordi sull'agricoltura e sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie allegati all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio - Accordi rientranti nell'ambito della politica commerciale comune - Base giuridica
(Trattato CE, artt. 43 e 113)
9 Accordi internazionali - Competenze della Comunità e degli Stati membri - Conclusione dell'Accordo sulle barriere tecniche al commercio allegato all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio - Accordo rientrante nella politica commerciale comune
(Trattato CE, art. 113)
10 Politica commerciale comune - Nozione - Servizi ai sensi dell'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS) allegato all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio - Esclusione eccetto la fornitura transfrontaliera che non implica trasferimento di persone
(Trattato CE, art. 113)
11 Politica commerciale comune - Trasporti - Esclusione
(Trattato CE, art. 113)
12 Atti delle istituzioni - Scelta della base giuridica - Criteri - Prassi di un'istituzione - Irrilevanza con riguardo alle norme del Trattato
13 Politica commerciale comune - Nozione - Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (accordo TRIP) allegato all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio - Esclusione eccetto le disposizioni relative al divieto dell'immissione in libera pratica delle merci contraffatte
(Trattato CE, art. 113)
14 Accordi internazionali - Conclusione - Trasporti - Competenza della Comunità - Mancanza di esclusività allo stato attuale della disciplina della materia da parte di norme comuni interne
15 Accordi internazionali - Conclusione - Diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi - Competenza della Comunità - Mancanza di esclusività allo stato attuale della disciplina della materia da parte delle norme comuni che stabiliscono il trattamento da accordare ai cittadini dei paesi terzi
16 Accordi internazionali - Conclusione - Materie in cui gli artt. 100 A o 235 del Trattato consentono l'intervento della Comunità - Competenza della Comunità - Esclusività - Criteri di valutazione
(Trattato CE, artt. 100 A e 235)
17 Accordi internazionali - Conclusione - Tutela della proprietà intellettuale - Competenza della Comunità - Mancanza di esclusività allo stato attuale dell'armonizzazione delle norme nazionali realizzata a livello comunitario
18 Accordi internazionali - Conclusione - Competenza della Comunità - Esclusività - Criteri di valutazione - Difficoltà per la gestione di un accordo a causa di una partecipazione congiunta della Comunità e degli Stati membri - Irrilevanza
19 Accordi internazionali - Accordo rientrante in parte nella competenza della Comunità ed in parte in quella degli Stati membri - Necessità di una stretta cooperazione nella negoziazione, nella
conclusione e nell'esecuzione
$$I. La Corte può essere interpellata, in forza dell'art. 228, n. 6, del Trattato, in particolare sulle questioni che riguardano la ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri per stipulare con paesi terzi un accordo determinato.
II. La Corte può essere chiamata a pronunciarsi, in forza dell'art. 228, n. 6, del Trattato, in qualsiasi momento prima che il consenso della Comunità ad essere vincolata dall'accordo sia definitivamente espresso. Finché non vi sia stato questo consenso, l'accordo rimane, anche dopo la sua firma, un accordo previsto.
III. I territori dipendenti, alla cui rappresentanza nei rapporti internazionali provvedono taluni Stati membri, per il fatto di essere esclusi dalla sfera di applicazione del Trattato, si trovano, nei confronti della Comunità, nella stessa situazione dei paesi terzi. Di conseguenza, gli Stati da cui essi dipendono hanno veste per partecipare a un determinato accordo internazionale in quanto rappresentano internazionalmente territori dipendenti che non fanno parte della zona d'applicazione del diritto comunitario, e non in quanto membri della Comunità. Tuttavia, la posizione particolare di detti Stati membri non può influire sulla soluzione del problema relativo alla delimitazione delle sfere di competenza nell'ambito della Comunità a stipulare lo stesso accordo.
IV. Disposizioni di ordine giuridico interno, anche se di natura costituzionale, non sono atte a modificare la ripartizione delle competenze internazionali fra gli Stati membri e la Comunità, quale risulta dal Trattato.
V. Trattandosi di un'organizzazione internazionale che disporrà soltanto di un bilancio di funzionamento e non di uno strumento di azione finanziaria, il fatto che gli Stati membri si accollino le spese dell'Organizzazione mondiale del commercio non può giustificare di per sé la loro partecipazione alla conclusione dell'accordo.
VI. Poiché le disposizioni del Trattato CE non derogano, ai sensi dell'art. 232, n. 2, alle disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea per l'energia atomica, e siccome il Trattato Euratom non comporta alcuna disposizione sul commercio estero, nulla osta a che gli accordi stipulati in forza dell'art. 113 del Trattato CE si estendano agli scambi internazionali di prodotti Euratom.
VII. Il Trattato CECA, che il Trattato CE, ai termini dell'art. 232, n. 1, non ha inteso modificare, disponendo, al suo art. 71, che la competenza degli Stati membri in materia di politica commerciale non è pregiudicata dalla sua applicazione, ha potuto considerare soltanto gli accordi coi paesi terzi riguardanti specificamente i prodotti CECA, di modo che soltanto la Comunità è competente in forza dell'art. 113 del Trattato CE a stipulare un accordo esterno di natura generale, vale a dire un accordo che comprenda tutti i tipi di merci anche se, fra queste merci, vi sono prodotti CECA. Infatti, è escluso che l'art. 71 del Trattato CECA possa paralizzare l'art. 113 del Trattato, e modificare la competenza della Comunità a trattare e stipulare accordi internazionali che rientrano nel settore della politica commerciale comune.
VIII. L'Accordo sull'agricoltura, allegato all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio, in quanto mira a stabilire, sul piano mondiale, un sistema di scambio agricolo equo e orientato verso il mercato, e l'Accordo sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, anch'esso allegato al suddetto accordo, in quanto si limita ad istituire un quadro multilaterale di regole e norme intese a orientare l'elaborazione, l'adozione e l'applicazione di misure sanitarie e fitosanitarie onde minimizzarne gli effetti negativi sul commercio, possono essere conclusi dalla Comunità in forza del solo art. 113 del Trattato, anche se la base giuridica delle misure di esecuzione necessarie all'attuazione degli impegni che comportano detti accordi sarà costituita dall'art. 43 del Trattato.
IX. Le disposizioni dell'Accordo sulle barriere tecniche al commercio allegato all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio sono semplicemente destinate ad evitare che i regolamenti tecnici e le norme, nonché le procedure di valutazione della conformità ai regolamenti tecnici e alle norme, creino indebiti ostacoli al commercio internazionale, di modo che detto accordo deve essere considerato facente parte della politica commerciale comune e per questo motivo può essere stipulato solo dalla Comunità, nonostante il fatto che gli Stati membri conservino, allo stato attuale del diritto comunitario, competenze in materia.
X. Tenuto conto dell'evoluzione del commercio internazionale, illustrata dall'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e dai suoi allegati, fra cui l'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS), che hanno costituito oggetto di un negoziato globale comprendente merci e servizi, la natura aperta della politica commerciale comune impedisce di escludere a priori il commercio dei servizi dalla sfera di applicazione dell'art. 113 del Trattato.
Per quanto attiene alla fornitura transfrontaliera che non implica alcun trasferimento di persone, il servizio è reso da un prestatore stabilito in un determinato paese ad un beneficiario residente in un altro paese. Non vi è spostamento del prestatore verso il paese del beneficiario né, in senso inverso, spostamento del beneficiario verso il paese del prestatore. Questa situazione non è priva di analogia con uno scambio di merci, il quale rientra nella politica commerciale comune ai sensi del Trattato. Nessuna ragione particolare osta quindi a far rientrare una prestazione del genere nella nozione di politica commerciale comune.
Lo stesso non vale per le altre tre modalità di fornitura di servizi considerate dal GATS:
- il consumo all'estero che comporta il trasferimento del beneficiario verso il territorio del paese membro dell'OMC dove il prestatore è stabilito;
- la presenza commerciale, vale a dire la presenza di una consociata o di una succursale sul territorio del Membro dell'OMC dove il servizio deve essere reso;
- la presenza di persone fisiche di un paese membro dell'OMC grazie alle quali un prestatore stabilito in un paese membro fornisce servizi sul territorio di qualsiasi altro paese membro.
Per quanto attiene alle persone fisiche, dall'art. 3 del Trattato, che distingue fra una «politica commerciale comune» (lett. b) e «misure relative all'entrata e alla circolazione delle persone» (lett. d), emerge che la disciplina riservata ai cittadini di paesi terzi all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri non può essere considerata rientrante nella politica commerciale comune. Più in generale, l'esistenza nel Trattato di capi specifici dedicati alla libera circolazione delle persone, tanto fisiche quanto giuridiche, mostra che queste materie non sono comprese nella politica commerciale comune.
Ne consegue che la politica commerciale comune non riguarda le modalità di fornitura di servizi definite dal GATS «consumo all'estero», «presenza commerciale» e «presenza di persone fisiche».
XI. I servizi particolari costituiti dai trasporti sono oggetto nel Trattato di un titolo speciale, distinto dal titolo dedicato alla politica commerciale comune, di modo che gli accordi internazionali in materia di trasporti non rientrano nell'ambito dell'art. 113 del Trattato, nonostante il fatto che varie misure di embargo adottate dal Consiglio e dalla Commissione, che sono state basate sull'art. 113, comportavano l'interruzione dei trasporti. Infatti l'embargo, avendo ad oggetto anzitutto l'esportazione e l'importazione delle merci, non sarebbe potuto essere effettivo se non fosse stato accompagnato dal corollario necessario costituito dall'interruzione dei trasporti.
XII. Una mera prassi del Consiglio non può derogare alle norme del Trattato e non può di conseguenza creare un precedente che vincoli le istituzioni della Comunità quando, prima dell'adozione di una misura, spetta loro determinare il corretto fondamento giuridico al riguardo.
XIII. Nella misura in cui la sezione dell'Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIP), che tratta dei mezzi con cui ottenere il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, contiene disposizioni speciali in materia di misure alla frontiera, il TRIP trova corrispondenza nelle disposizioni del regolamento del Consiglio n. 3842/86, che stabilisce misure intese ad evitare l'immissione in libera pratica delle merci contraffatte. Potendo questo tipo di misure essere adottato autonomamente in base all'art. 113 del Trattato CE, accordi internazionali aventi lo stesso scopo rientrano nella competenza della Comunità in materia di politica commerciale.
Per quanto attiene alle disposizioni del TRIP diverse da quelle che riguardano il divieto dell'immissione in libera pratica delle merci contraffatte, il nesso fra la proprietà intellettuale e gli scambi delle merci, dovuto al fatto che i diritti di proprietà intellettuale consentono ai loro titolari di impedire che siano compiuti alcuni atti che producono effetti su detto commercio, non è sufficiente a fare rientrare detti diritti nella sfera di applicazione dell'art. 113 del Trattato.
In materia di proprietà intellettuale la Comunità dispone, sul piano legislativo interno, di una competenza di armonizzazione delle legislazioni nazionali in forza degli artt. 100 e 100 A, e può basarsi sull'art. 235 per creare titoli nuovi che si sovrappongono ai titoli nazionali. Dette disposizioni sono però soggette a modalità di voto o a norme procedurali diverse da quelle che si applicano in base all'art. 113. Se in forza di quest'ultimo articolo fosse riconosciuta alla Comunità la competenza esclusiva a impegnarsi in accordi con paesi terzi per la tutela della proprietà intellettuale e per realizzare contemporaneamente un'armonizzazione sul piano comunitario, le istituzioni comunitarie potrebbero sottrarsi agli obblighi loro imposti sul piano interno, quando esse intendono intraprendere un'azione in questa materia, per quanto concerne la procedura e le modalità di voto, il che non è lecito.
Tale conclusione non può essere modificata per il fatto che le istituzioni comunitarie hanno instaurato una prassi che consiste nell'avvalersi, per garantire la tutela degli interessi della Comunità in materia di proprietà intellettuale, di misure autonome appartenenti alla politica commerciale, vale a dire l'avvio di procedimenti in forza del nuovo strumento di politica commerciale e la sospensione di preferenze tariffarie generalizzate, o nell'inserire in accordi commerciali disposizioni accessorie relative a detta proprietà.
XIV. Anche in materia di trasporti, la competenza esterna esclusiva della Comunità non discende ipso facto dal suo potere di adottare norme interne. Gli Stati membri, indipendentemente dal fatto che agiscano individualmente o collettivamente, perdono il diritto di contrarre obblighi con i paesi terzi soltanto a mano a mano che sono stabilite norme comuni su cui detti obblighi potrebbero incidere. E' solo nella misura in cui norme comuni sono state stabilite sul piano interno che la competenza della Comunità diventa esclusiva. Orbene, non tutte le questioni relative ai trasporti hanno già costituito oggetto di norme comuni, di modo che gli Stati membri non hanno perso ogni competenza a stipulare accordi internazionali in materia.
Ammettendo che l'esercizio di detta competenza comporti un rischio di distorsioni di flussi di servizi e di pregiudizio per l'unità del mercato interno, nulla impedisce alle istituzioni di organizzare, mediante le norme comuni da esse adottate, azioni concertate nei confronti dei paesi terzi né di prescrivere i comportamenti che gli Stati membri devono adottare nei confronti dell'esterno.
XV. I capi del Trattato sul diritto di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi non comportano alcuna disposizione che estenda espressamente la competenza della Comunità a relazioni disciplinate dal diritto internazionale. Essi mirano unicamente a garantire il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi a favore dei cittadini degli Stati membri. Essi non comportano alcuna disposizione che disciplini il problema del primo stabilimento di cittadini di paesi terzi e il regime del loro accesso ad attività indipendenti. E' quindi escluso che si possa dedurre immediatamente da detti capi una competenza esclusiva della Comunità a concludere con paesi terzi un accordo diretto a liberalizzare il primo stabilimento e l'accesso ai mercati dei servizi diversi da quelli che costituiscono oggetto di forniture transfrontaliere ai sensi dell'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS) e che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 113 del Trattato.
La salvaguardia della coesione del mercato interno non giustifica neanche la partecipazione della sola Comunità alla conclusione del GATS. La realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi a favore dei cittadini degli Stati membri non è infatti indissolubilmente collegata al trattamento da riservare nella Comunità ai cittadini di paesi terzi o nei paesi terzi ai cittadini di Stati membri della Comunità.
Dal fatto che l'unico obiettivo espressamente indicato nei capi del Trattato sul diritto di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi sia la realizzazione di dette libertà a favore dei cittadini della Comunità non discende che alle istituzioni comunitarie sia precluso di avvalersi delle competenze loro conferite in questa materia per precisare la disciplina che va riservata ai cittadini di paesi terzi, e la Comunità, allorché ha incluso nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o ha conferito espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, acquista una competenza esterna esclusiva per quanto rientra nella disciplina dei suddetti atti. Ciò vale sempre, anche in mancanza di clausola espressa, quando la Comunità ha realizzato una armonizzazione completa del regime di accesso a un'attività indipendente.
Poiché tale situazione non sussiste per tutti i settori dei servizi, la competenza a concludere il GATS è ripartita fra la Comunità e gli Stati membri.
XVI. E' pacifico che, quando la competenza di armonizzazione conferita dall'art. 100 A del Trattato è stata esercitata, le misure di armonizzazione così adottate possono limitare la libertà degli Stati membri di negoziare con paesi terzi, e persino possono togliere loro detta competenza. E' tuttavia escluso che una competenza di armonizzazione sul piano interno, che non è stata esercitata in un settore determinato, possa finir col creare a favore della Comunità una competenza esclusiva esterna nello stesso settore.
Lo stesso vale per l'art. 235 del Trattato che, sebbene consenta alla Comunità di ovviare alle carenze delle competenze attribuitele, espressamente o implicitamente, per il conseguimento dei suoi obiettivi, non può creare di per sé una competenza esclusiva della Comunità sul piano internazionale.
XVII. In materia di proprietà intellettuale, l'armonizzazione realizzata nell'ambito comunitario è, quanto ai settori rientranti nell'ambito di applicazione dell'Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIP), parziale o inesistente. Per quanto concerne le misure da adottare per garantire una tutela efficace dei diritti di proprietà intellettuale, la Comunità ha certamente competenza ad armonizzare le norme nazionali in dette materie in base all'art. 100 del Trattato; tuttavia le istituzioni comunitarie non hanno finora quasi mai esercitato le loro competenze in questo settore.
Ne consegue che vi è una competenza congiunta della Comunità e degli Stati membri a concludere il TRIP.
XVIII. Gli eventuali problemi in sede di applicazione di un accordo internazionale quanto al necessario coordinamento per garantire l'unità di azione in caso di partecipazione congiunta a questo accordo della Comunità e degli Stati membri sono irrilevanti per risolvere la questione della ripartizione delle competenze quanto a detta partecipazione.
XIX. Qualora risulti che la materia disciplinata da una convenzione internazionale rientra in parte nella competenza della Comunità e in parte in quella degli Stati membri, la necessità di unità di rappresentanza internazionale della Comunità impone di garantire una stretta cooperazione fra questi ultimi e le istituzioni comunitarie, tanto nel processo di negoziazione e di stipulazione quanto nell'adempimento degli impegni assunti.
Detto dovere di cooperazione si impone in modo ancor più tassativo per accordi come quelli allegati all'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio, fra i quali vi è un nesso indissociabile, e per i quali è istituito un sistema di risoluzione delle controversie che comporta un meccanismo di ritorsione incrociata.
I - Introduzione
I. Le questioni che la Commissione ha sottoposto alla Corte con una domanda di parere presentata in forza dell'art. 228, n. 6, del Trattato CE riguardano anzitutto l'esclusività o meno della competenza della Comunità a stipulare gli accordi multilaterali sul commercio dei prodotti, nella parte in cui questi accordi attengono ai prodotti CECA e ai prodotti Euratom. Esse vertono inoltre sulla competenza esclusiva che la Comunità trarrebbe vuoi dall'art. 113 del Trattato CE, vuoi dal parallelismo delle competenze interne ed esterne o ancora dagli artt. 100 A o 235 del Trattato CE, per stipulare l'Accordo generale sul commercio dei servizi (in prosieguo: il «GATS») e l'accordo relativo agli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, compreso il commercio di prodotti contraffatti (in prosieguo: il «TRIP»).
II. Questi diversi accordi sono allegati all'Accordo che istituisce l'organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l'«Accordo OMC»), il quale crea una cornice istituzionale comune per lo svolgimento delle relazioni commerciali fra i paesi membri per tutte le questioni relative agli accordi e agli strumenti giuridici ad essi attinenti (art. II, n. 1, dell'Accordo OMC). I vari accordi recepiscono i risultati dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round iniziati con la dichiarazione ministeriale di Punta del Este del 20 settembre 1986.
III. Quando hanno approvato tale dichiarazione, il Consiglio e gli Stati membri hanno deciso, «onde garantire il massimo di coerenza nello svolgimento dei negoziati», che «la Commissione avrebbe agito come negoziatore unico della Comunità e degli Stati membri». Tuttavia, nel verbale della riunione si è precisato che detta decisione «non avrebbe pregiudicato la questione della competenza della Comunità e degli Stati membri su punti particolari».
IV. Il 15 dicembre 1993 il Comitato dei negoziati commerciali, organo appositamente istituito dalla Conferenza di Punta del Este per condurre a buon fine i negoziati dell'Uruguay Round, riunito a livello di alti funzionari, ha approvato l'Atto finale che recepisce i risultati dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round.
V. Nella sua sessione dei giorni 7 e 8 marzo 1994, il Consiglio ha deciso di procedere alla firma di detto Atto finale e dell'Accordo OMC. Esso ha autorizzato il presidente del Consiglio e Sir Leon Brittan, membro della Commissione, a firmare il 15 aprile 1994 a Marrakech, in nome del Consiglio dell'Unione europea, l'Atto finale e l'Accordo OMC. Rilevando che questi atti «vertono anche su questioni di competenza nazionale», i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno stabilito, alla stessa data, di procedere alla firma dell'Atto finale e dell'Accordo OMC. Dal canto suo, la Commissione ha fatto porre agli atti nel verbale che «l'Atto finale (...) nonché gli accordi ad esso allegati rientrano nell'esclusiva competenza della Comunità».
VI. Il 6 aprile 1994 la Commissione ha presentato la sua domanda di parere. Le sue questioni sono così formulate:
«Con riferimento ai risultati dei negoziati commerciali dell'Uruguay Round del GATT di cui all'Atto finale del 15 dicembre 1993:
1) Se la Comunità europea sia competente a concludere tutte le parti dell'accordo istitutivo dell'OMC riguardanti il commercio dei servizi (GATS) e gli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale - compreso il commercio di prodotti contraffatti - (TRIP) in forza del Trattato CE e in particolare sulla base del solo art. 113 CE o del combinato disposto dell'art. 113 CE e degli artt. 100 A CE e/o 235 CE.
2) Se la Comunità europea sia competente a concludere da sola anche le parti dell'Accordo OMC riguardanti prodotti e servizi (ovvero prodotti o servizi) che ricadono esclusivamente nel campo di applicazione dei Trattati CECA ed Euratom.
3) Se l'eventuale soluzione affermativa delle due precedenti questioni incida sulla facoltà per gli Stati membri di concludere l'Accordo OMC, essendosi già convenuto che essi saranno considerati membri dell'OMC a titolo originario».
VII. Il 15 aprile 1994 gli accordi dell'Uruguay Round sono stati effettivamente firmati a Marrakech. Per la Comunità e i suoi Stati membri la firma è avvenuta conformemente alle decisioni soprammenzionate (v. punto 5).
VIII. Il 24 maggio 1994 la domanda di parere presentata dalla Commissione è stata notificata al Consiglio e agli Stati membri.
II - Sulla ricevibilità della domanda
IX. Occorre anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la Corte può essere interpellata, in forza dell'art. 228, n. 6, del Trattato, in particolare sulle questioni che riguardano la ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri a stipulare con paesi terzi un accordo determinato, come avviene nella specie (v., per la precisione, parere 1/75 dell'11 novembre 1975, Racc. pag. 1355, in particolare pag. 1360, parere 1/78 del 4 ottobre 1979, Racc. pag. 2871, punto 30, e parere 2/91 del 19 marzo 1993, Racc. pag. I-1061, punto 3).
X. Il Regno di Spagna eccepisce l'irricevibilità della domanda. Il procedimento di richiesta di un parere in forza dell'art. 228 può essere promosso, a suo avviso, solo nel momento in cui la Comunità non ha ancora adottato un impegno internazionale. Il Regno di Spagna sottolinea che la firma dell'Atto finale a Marrakech mirava ad autenticare i testi provenienti dai negoziati e comportava, inoltre, l'impegno dei firmatari di sottoporre detti testi all'approvazione delle loro rispettive autorità. Il Consiglio e il governo olandese si limitano a formulare dubbi sulla possibilità che un accordo già firmato costituisca ancora un accordo meramente previsto, ai sensi dell'art. 228.
XI. Dette obiezioni e detti dubbi devono essere rimossi.
XII. La Corte può essere chiamata a pronunciarsi, in forza dell'art. 228, n. 6, del Trattato, in qualsiasi momento prima che il consenso della Comunità ad essere vincolata dall'accordo sia definitivamente espresso. Finché non vi sia stato questo consenso, l'accordo rimane un accordo previsto. Nulla osta quindi alla ricevibilità della domanda in questione.
III - Sulla formulazione delle questioni della Commissione
XIII. Il Consiglio censura il modo con cui la Commissione ha formulato le sue questioni. Poiché il procedimento riguarda un accordo firmato dalla Comunità e dagli Stati membri in forza delle loro rispettive competenze, non si tratta di accertare se la Comunità possa da sola firmare e concludere l'accordo (ipotesi teorica secondo il Consiglio), bensì di stabilire se «la conclusione congiunta degli accordi provenienti dall'Uruguay Round da parte della Comunità e degli Stati membri sia (...) compatibile con la ripartizione delle competenze stabilite dai Trattati che istituiscono le Comunità europee», ipotesi che sarebbe da escludere se tutto l'accordo rientrasse nella competenza esclusiva della Comunità.
XIV. Le censure del Consiglio, alle quali aderisce il governo portoghese, devono essere respinte. Indipendentemente dal fatto che le questioni siano sollevate nei termini suggeriti dal Consiglio o che siano formulate secondo i termini usati dalla Commissione, il problema sostanziale consiste nel determinare se la competenza della Comunità a stipulare l'Accordo OMC e i suoi allegati sia esclusiva o meno. Proprio questo problema sostanziale la Corte intende esaminare nel prosieguo del presente parere, prendendo in considerazione l'uno dopo l'altro taluni particolari problemi sollevati rispettivamente dagli accordi multilaterali sul commercio dei prodotti, dal GATS e dal TRIP. Occorre tuttavia esaminare in via preliminare gli argomenti che il Consiglio ed alcuni fra i governi che hanno presentato osservazioni traggono dalla rappresentanza dei territori dipendenti degli Stati membri così come gli argomenti che il governo portoghese basa sulla partecipazione finanziaria degli Stati del funzionamento dell'OMC.
IV - Sulla rappresentanza di alcuni territori dipendenti dagli Stati membri
XV. Alla competenza esclusiva invocata dalla Commissione a favore della Comunità per stipulare l'Accordo OMC e i suoi allegati, il Consiglio e vari governi che hanno presentato osservazioni oppongono che alcuni Stati membri rimangono competenti quanto alla conclusione e all'esecuzione degli accordi relativi ai territori ai quali non si applicano i Trattati che istituiscono le Comunità europee.
XVI. Il governo francese afferma inoltre che l'Accordo OMC e i suoi allegati esulano, in numerosi punti, dal settore assegnato al regime di associazione dei PTOM (paesi e territori d'oltremare), e che esso solo è perciò competente a stipulare l'Accordo OMC e i suoi allegati per la parte in cui ciò avviene.
XVII. Come la Corte ha affermato nel precitato parere 1/78 (punto 62), i territori di cui trattasi, per il fatto di essere esclusi dalla sfera d'applicazione del Trattato CEE, si trovano nei confronti della Comunità nella stessa situazione dei paesi terzi. Di conseguenza, gli Stati da cui essi dipendono hanno veste per partecipare all'accordo in quanto rappresentano internazionalmente territori dipendenti che non fanno parte della zona di applicazione del diritto comunitario, e non in quanto membri della Comunità.
XVIII. Tuttavia, come ha sottolineato la Corte in tale parere (nello stesso punto), la posizione particolare di detti Stati membri non può influire sulla soluzione del problema relativo alla delimitazione delle sfere di competenza nell'ambito della Comunità.
V - Sulle questioni di bilancio e di carattere finanziario
XIX. Riferendosi all'art. VII dell'Accordo OMC, secondo cui ciascun Membro contribuirà alle spese dell'OMC, e tenuto conto del fatto che gli Stati della Comunità acquisiranno lo status di Membri originari dell'OMC (v. l'art. XI, n. 1), il governo portoghese sostiene che ciò è sufficiente per giustificare la partecipazione degli Stati membri alla conclusione dell'accordo, anche se il finanziamento non riveste qui la stessa importanza decisiva che esso aveva nell'accordo internazionale sulla gomma, oggetto del precitato parere 1/78. Il governo portoghese aggiunge un motivo riguardante il proprio diritto costituzionale, che richiede l'approvazione del parlamento nazionale per trattati internazionali che prevedano la partecipazione della Repubblica portoghese ad organizzazioni internazionali.
XX. Per quanto riguarda quest'ultimo argomento, è sufficiente rilevare che le disposizioni di ordine giuridico interno, anche se di natura costituzionale, non sono atte a modificare la ripartizione delle competenze internazionali fra gli Stati membri e la Comunità, quale risulta dal Trattato.
XXI. Neanche il primo argomento può essere accolto. Trattandosi di un'organizzazione internazionale che disporrà soltanto di un bilancio di funzionamento e non di uno strumento di azione finanziaria, il fatto che gli Stati membri si accollino le spese dell'OMC non può in nessun caso giustificare di per sé la loro partecipazione alla conclusione dell'Accordo.
VI - Sugli accordi multilaterali relativi al commercio di prodotti
XXII. Con riferimento agli Accordi multilaterali sul commercio dei prodotti, la Commissione e le parti che hanno presentato osservazioni ammettono concordemente che essi rientrano, per la maggior parte, nella competenza esclusiva attribuita alla Comunità, in materia di politica commerciale comune, dall'art. 113 del Trattato CE. Le divergenze non riguardano che punti particolari.
XXIII. La rivendicazione da parte della Commissione di una competenza esclusiva a favore della Comunità per stipulare gli Accordi multilaterali sul commercio dei prodotti, nella parte in cui si applicano ai prodotti Euratom, non è contestata dal Consiglio, né da alcuno degli Stati che hanno formulato osservazioni. Tuttavia, poiché la Commissione ha sollevato questo problema nella seconda questione, occorre esaminarlo.
XXIV. L'art. 232, n. 2, del Trattato CE precisa che le disposizioni di questo «non derogano a quanto stipulato dal Trattato che istituisce la Comunità europea per l'energia atomica». Siccome il Trattato Euratom non comporta alcuna disposizione sul commercio estero, nulla osta a che l'applicazione degli accordi stipulati in forza dell'art. 113 del Trattato CE si estenda agli scambi internazionali di prodotti Euratom.
XXV. Il caso dei prodotti CECA costituisce, per contro, un punto di disaccordo fra, da un lato, la Commissione, secondo cui la competenza esclusiva della Comunità in forza dell'art. 113 del Trattato CE vale anche per i prodotti CECA, e, dall'altro, il Consiglio e la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni, i quali concludono a favore di una competenza statale con riferimento all'art. 71 del Trattato CECA.
XXVI. E' vero che, ai sensi dell'art. 71 del Trattato CECA, «la competenza dei governi degli Stati membri in materia di politica commerciale non è pregiudicata dall'applicazione del presente Trattato, salvo disposizioni contrarie di questo». Peraltro, l'art. 232, n. 1, del Trattato CE specifica che questo Trattato non modifica le disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri e i poteri delle istituzioni.
XXVII. Tuttavia, essendo stato redatto il Trattato CECA in un periodo in cui la Comunità economica europea ancora non esisteva, il suo art. 71 ha potuto considerare soltanto i prodotti del carbone e dell'acciaio. In ogni caso, esso non potrebbe prevedere una competenza degli Stati membri se non per accordi riguardanti specificamente i prodotti CECA. Per contro soltanto la Comunità è competente in forza dell'art. 113 del Trattato CE a stipulare un accordo esterno di natura generale, vale a dire un accordo che comprenda tutti i tipi di merci anche se, fra queste merci, vi sono prodotti CECA. Come la Corte ha affermato nel precitato parere 1/75 (pag. 1364, ultimo capoverso), è escluso che l'art. 71 del Trattato CECA possa «paralizzare gli artt. 113 e 114 del Trattato CEE e modificare la competenza della Comunità a trattare e stipulare accordi internazionali che rientrano nel settore della politica commerciale comune». Nella fattispecie, dall'esame degli accordi multilaterali sul commercio dei prodotti risulta che nessuno di questi accordi si riferisce specificamente ai prodotti CECA. Ne discende che la competenza esclusiva della Comunità a stipulare questi accordi non può essere messa in discussione per il motivo che essi si applicano anche ai prodotti CECA.
XXVIII. Il Consiglio sostiene che il ricorso all'art. 43 del Trattato CE come fondamento della propria decisione di stipulare l'Accordo OMC e i suoi allegati si imporrà per l'Accordo sull'agricoltura poiché questo verte non soltanto sulle misure commerciali da applicare agli scambi internazionali di prodotti agricoli, ma altresì e, anzi, soprattutto sul regime interno di organizzazione dei mercati agricoli. Il governo del Regno Unito rileva in particolare che gli impegni di ridurre le sovvenzioni interne e le restituzioni all'esportazione contenuti nell'Accordo sui prodotti agricoli incideranno sulle organizzazioni comuni di mercato e che, riguardando i prodotti comunitari e non i prodotti importati, essi esulano dall'ambito dell'art. 113 del Trattato CE.
XXIX. Per quanto attiene all'Accordo sull'agricoltura, è vero che l'art. 43 è stato considerato base giuridica adeguata per una direttiva avente ad oggetto la regolamentazione uniforme delle modalità di smercio di prodotti, non solo negli scambi intracomunitari, ma anche quando essi provengono da paesi terzi (v. sentenza 16 novembre 1989, causa C-131/87, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-3764, punto 27). Si trattava tuttavia di una direttiva che mirava a realizzare uno o più degli obiettivi della politica agricola comune enunciati dall'art. 39 del Trattato. Ciò non vale per l'Accordo sull'agricoltura allegato all'Accordo OMC. Infatti, questo mira a stabilire, sul piano mondiale, «un sistema di scambio agricolo equo e orientato verso il mercato» (v. il preambolo dell'accordo sull'agricoltura). Il fatto che gli impegni assunti nell'ambito di questo accordo implichino l'adozione di misure di esecuzione all'interno in base all'art. 43 del Trattato non impedisce che gli impegni internazionali possano, essi stessi, venire adottati sulla base del solo art. 113.
XXX. Il Consiglio sostiene inoltre che il ricorso all'art. 43 del Trattato CE si imporrà anche come base per la sua decisione di stipulare l'Accordo sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, per gli stessi motivi da esso addotti per l'Accordo sull'agricoltura.
XXXI. Questa tesi dev'essere respinta. L'Accordo sull'applicazione di misure sanitarie e fitosanitarie si limita, come risulta dalla sua motivazione, all'«istituzione di un quadro multilaterale di regole e norme intese a orientare l'elaborazione, l'adozione e l'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie onde minimizzarne gli effetti negativi sul commercio». Siffatto accordo può essere firmato in base al solo art. 113.
XXXII. Secondo il governo olandese, la partecipazione congiunta della Comunità e degli Stati membri all'Accordo OMC è giustificata dal fatto che gli Stati membri dispongono di una competenza propria in materia di ostacoli tecnici agli scambi, dalla natura facoltativa di alcune direttive comunitarie in questo settore e dalla circostanza che un'armonizzazione completa non è stata realizzata né è prevista in questa materia.
XXXIII. Tale argomento non può essere accolto. L'Accordo sulle barriere tecniche al commercio deve essere considerato facente parte della politica commerciale comune poiché le sue disposizioni sono semplicemente destinate ad evitare che i regolamenti tecnici e le norme, nonché le procedure di valutazione della conformità ai regolamenti tecnici e alle norme, creino indebiti ostacoli al commercio internazionale (v. la motivazione e gli artt. 2.2 e 5.1.2 dell'Accordo).
XXXIV. Dalle precedenti considerazioni discende che solo la Comunità è competente, in forza dell'art. 113 del Trattato CE, a stipulare gli Accordi multilaterali relativi al commercio dei prodotti.
VII - Sull'art. 113 del Trattato CE, sul GATS e sul TRIP
XXXV. La tesi sostenuta, in via principale, dalla Commissione è la seguente: la competenza a stipulare il GATS e il TRIP rientra nella competenza esclusiva che l'art. 113 del Trattato CE attribuisce alla Comunità in materia di politica commerciale. Questo punto di vista è stato vivamente contestato, nei suoi aspetti fondamentali, dal Consiglio, dagli Stati membri che hanno presentato osservazioni e dal Parlamento europeo, che è stato autorizzato, su sua richiesta, a presentare osservazioni. Occorre esaminare anzitutto questa tesi principale della Commissione, considerando nell'ordine il GATS e il TRIP.
A. Il GATS
XXXVI. Basandosi essenzialmente sull'interpretazione non restrittiva che la giurisprudenza della Corte ha dato della nozione di politica commerciale comune (v. precitato parere 1/78, punti 44 e 45), sui nessi e sulla connessione fra le merci e i servizi, sulla finalità del GATS nonché sugli strumenti utilizzati, la Commissione conclude che i servizi rientrano nella politica commerciale comune, senza che si debba distinguere fra i vari sistemi di fornitura di servizi e, in particolare, fra i servizi che costituirebbero oggetto di una fornitura transfrontaliera diretta e quelli che sarebbero forniti per il tramite di una presenza commerciale nel paese destinatario della prestazione. La Commissione sostiene del pari che gli accordi internazionali di natura commerciale in materia di trasporti (al contrario di quelli concernenti norme di sicurezza) rientrano nella politica commerciale comune e non nel titolo specifico dedicato dal Trattato alla politica comune dei trasporti.
XXXVII. Occorre esaminare anzitutto i servizi diversi dai trasporti e, in seguito, i servizi particolari costituiti dai trasporti.
XXXVIII. Per quanto attiene ai primi, occorre ricordare preliminarmente che, nel parere 1/75, dovendosi pronunciare sulla portata delle competenze comunitarie quanto all'accordo relativo ad una norma per le spese locali, la Corte ha affermato che «il settore della politica commerciale comune, e più specialmente quello delle esportazioni, comprende necessariamente i regimi di aiuti all'esportazione e più particolarmente i provvedimenti in materia di crediti destinati al finanziamento delle spese locali connesse ad operazioni di esportazione» (Racc. 1975, pagg. 1361 e 1362). Le spese locali di cui trattasi riguardavano le spese sostenute per la fornitura tanto di beni quanto di servizi. La Corte ha nondimeno riconosciuto la competenza esclusiva della Comunità senza distinguere fra beni e servizi.
XXXIX. Nel suo precitato parere 1/78 (punto 44), la Corte ha respinto un'interpretazione dell'art. 113 «il cui effetto sia quello di limitare la politica commerciale comune all'impiego degli strumenti destinati ad incidere unicamente sugli aspetti tradizionali del commercio estero». Essa ha considerato, al contrario, che «la questione degli scambi esterni va risolta in un'ampia prospettiva», il che conferma «il fatto che l'enumerazione, nell'art. 113, degli scopi della politica commerciale (...) è concepita come un'enumerazione non limitativa» (precitato parere 1/78, punto 45).
XL. Nella sua domanda di parere la Commissione ha sottolineato che in alcuni paesi sviluppati il settore dei servizi è divenuto il settore dominante dell'economia e che l'economia mondiale sta subendo una ristrutturazione fondamentale, in quanto l'industria di base tende a essere trasferita nei paesi in via di sviluppo, mentre i paesi sviluppati stanno diventando principalmente esportatori di servizi e di beni con alto valore aggiunto. La Corte constata che detta evoluzione è illustrata dall'Accordo OMC e dai suoi allegati che hanno costituito oggetto di un negoziato globale comprendente merci e servizi.
XLI. Tenuto conto di questa evoluzione del commercio internazionale, la natura aperta della politica commerciale comune ai sensi del Trattato impedisce di escludere a priori il commercio dei servizi dalla sfera di applicazione dell'art. 113, come vorrebbero alcuni fra i governi che hanno presentato osservazioni.
XLII. Per precisare questa conclusione, occorre tuttavia tener conto della definizione del commercio dei servizi data dal GATS al fine di stabilire se il sistema del Trattato nel suo insieme non sia tale da limitare l'inclusione del commercio dei servizi nell'art. 113.
XLIII. Il commercio dei servizi ai sensi del GATS comprende, a norma dell'art. I, n. 2, quattro modalità di fornitura di servizi: 1) le forniture trasfrontaliere che non implicano alcun trasferimento di persone; 2) il consumo all'estero che comporta il trasferimento del beneficiario verso il territorio del paese membro dell'OMC dove il prestatore è stabilito; 3) la presenza commerciale, vale a dire la presenza di una consociata o di una succursale sul territorio del Membro dell'OMC dove il servizio dev'essere reso; 4) la presenza di persone fisiche di un paese membro dell'OMC grazie alle quali un prestatore stabilito in un paese membro fornisce servizi sul territorio di qualsiasi altro paese membro.
XLIV. Per quanto riguarda la fornitura transfrontaliera, il servizio è reso da un prestatore stabilito in un determinato paese a un beneficiario residente in un altro paese. Non vi è spostamento del prestatore verso il paese del beneficiario né, in senso inverso, spostamento del beneficiario verso il paese del prestatore. Questa situazione non è quindi priva di analogia con uno scambio di merci, il quale rientra, senza alcun dubbio, nella politica commerciale comune ai sensi del Trattato. Nessuna ragione particolare osta quindi a far rientrare una prestazione del genere nella nozione di politica commerciale comune.
XLV. Lo stesso non vale per le altre tre modalità di fornitura di servizi considerate dal GATS: il consumo all'estero, la presenza commerciale e la presenza di persone fisiche.
XLVI. Per quanto attiene alle persone fisiche, dall'art. 3 del Trattato, che distingue, fra «una politica commerciale comune» (lett. b) e «misure relative all'entrata e alla circolazione delle persone» (lett. d), emerge che la disciplina riservata ai cittadini di paesi terzi all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri non può essere considerata rientrante nella politica commerciale comune. Più in generale, l'esistenza nel Trattato di capi specifici dedicati alla libera circolazione delle persone, tanto fisiche quanto giuridiche, mostra che queste materie non sono comprese nella politica commerciale comune.
XLVII. Ne consegue che la politica commerciale comune non riguarda le modalità di fornitura di servizi definite dal GATS «consumo all'estero», «presenza commerciale» e «presenza di persone fisiche».
XLVIII. Occorre ora esaminare i servizi particolari costituiti dai trasporti. Questi sono oggetto nel Trattato di un titolo speciale (il titolo IV), distinto dal titolo VII, dedicato alla politica commerciale comune. Proprio a proposito della politica dei trasporti la Corte ha affermato, per la prima volta, che la competenza della Comunità a concludere accordi internazionali «non dev'essere in ogni caso espressamente prevista dal Trattato - come ad esempio negli artt. 113 e 114 per gli accordi tariffari e commerciali e nell'art. 238 per gli accordi di associazione - ma può desumersi anche da altre disposizioni del Trattato e da atti adottati, in forza di queste disposizioni, dalle istituzioni della Comunità» (v. sentenza 31 marzo 1971, detta «AETS», causa 22/70, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 263, punto 16). L'idea che sta alla base di questa giurisprudenza è che gli accordi internazionali in materia di trasporti non rientrano nell'ambito dell'art. 113.
XLIX. La portata della sentenza AETS non può essere ridotta distinguendo fra gli accordi aventi ad oggetto norme di sicurezza, quali quelle relative alla durata dei periodi di guida di conducenti professionisti che costituivano oggetto dell'AETS, e gli accordi di natura commerciale.
L. Infatti, la sentenza AETS non comporta alcuna distinzione di questo tipo. La Corte ha confermato la sua valutazione nel parere 1/76 del 26 aprile 1977 (Racc. pag. 741), a proposito di un accordo che mirava a sanare la situazione economica dell'industria del trasporto fluviale, in altri termini a proposito di un accordo di natura economica estraneo all'adozione di norme di sicurezza. Del resto in base al titolo «trasporti» sono stati conclusi numerosi accordi con paesi terzi di cui il governo del Regno Unito ha fornito un lungo elenco nelle sue osservazioni.
LI. A sostegno della sua posizione, la Commissione ha anche citato varie misure di embargo che sono state basate sull'art. 113 e che comportavano l'interruzione dei servizi di trasporti [misure adottate contro l'Iraq: regolamento (CEE) del Consiglio 8 agosto 1990, n. 2340, che impedisce gli scambi della Comunità per quanto riguarda l'Iraq e il Kuwait (GU L 213, pag. 1), regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1990, n. 3155, che amplia e modifica il regolamento (CEE) n. 2340/90 che impedisce gli scambi della Comunità per quanto riguarda l'Iraq e il Kuwait (GU L 304, pag. 1), e regolamento (CEE) del Consiglio 7 maggio 1991, n. 1194, che modifica i regolamenti (CEE) nn. 2340/90 e 3155/90, che impediscono gli scambi della Comunità per quanto riguarda l'Iraq e il Kuwait (GU L 115, pag. 37); misure adottate contro la Repubblica federativa di Iugoslavia (Serbia e Montenegro): regolamento (CEE) del Consiglio 26 aprile 1993, n. 990, concernente gli scambi fra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa di Iugoslavia (Serbia e Montenegro, GU L 102, pag. 14); misure adottate contro Haiti: regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1993, n. 1608, che istituisce un embargo su taluni scambi commerciali fra la Comunità economica europea e Haiti (GU L 155, pag. 2)]. Questi precedenti non sono probanti. Come ha sottolineato giustamente il Parlamento europeo, l'embargo, avendo ad oggetto anzitutto l'esportazione e l'importazione di merci, non sarebbe potuto essere effettivo se non fosse stata decisa contemporaneamente l'interruzione dei servizi di trasporti. Quest'ultima appare come un corollario indispensabile della misura principale. I precedenti sono pertanto irrilevanti per stabilire se la Comunità abbia una competenza esclusiva, in forza dell'art. 113, a stipulare accordi internazionali in materia di trasporti.
LII. In ogni caso, secondo la giurisprudenza costante della Corte, una mera prassi del Consiglio non può derogare a norme del Trattato e non può di conseguenza creare un precedente che vincoli le istituzioni della Comunità quanto alla determinazione del corretto fondamento giuridico (sentenza 23 febbraio 1988, causa 68/86, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. 855, punto 29).
LIII. Dalle precedenti considerazioni risulta che solo le forniture transfrontaliere rientrano nella sfera dell'art. 113 del Trattato e che gli accordi internazionali in materia di trasporti ne sono esclusi.
B. Il TRIP
LIV. A sostegno di una competenza esclusiva della Comunità in forza dell'art. 113, la Commissione afferma sostanzialmente che le norme concernenti i diritti di proprietà intellettuale sono strettamente connesse al commercio dei prodotti e dei servizi ai quali esse si applicano.
LV. Occorre anzitutto rilevare che la sezione 4 della parte III del TRIP, che tratta dei mezzi con cui ottenere il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, contiene disposizioni speciali in materia di misure alla frontiera. Come ha rilevato il governo del Regno Unito, questa sezione trova corrispondenza nelle disposizioni del regolamento (CEE) del Consiglio 1° dicembre 1986, n. 3842, che stabilisce misure intese ad evitare l'immissione in libera pratica di merci contraffatte (GU L 357, pag. 1). Giustamente questo regolamento, nella parte in cui riguarda il divieto d'immettere in libera pratica merci contraffatte, è stato basato sull'art. 113 del Trattato: si tratta infatti di misure che devono essere adottate dalle autorità doganali alle frontiere esterne della Comunità. Potendo questo tipo di misure essere adottato autonomamente dalle istituzioni comunitarie in base all'art. 113 del Trattato CE, solo alla Comunità spetta concludere accordi internazionali aventi detto scopo.
LVI. Al di fuori delle disposizioni del TRIP che riguardano il divieto di immissione in libera pratica delle merci contraffatte il punto di vista sostenuto dalla Commissione non può tuttavia essere accolto.
LVII. E' vero che vi è un nesso fra la proprietà intellettuale e il commercio dei prodotti. I diritti di proprietà intellettuale consentono ai loro titolari di impedire ai terzi di compiere alcuni atti. Poter vietare l'uso di un marchio, la fabbricazione di un prodotto, la copia di un modello, la riproduzione di un libro, di un disco o di una videocassetta produce immancabilmente effetti sul commercio. I diritti di proprietà intellettuale sono del resto concepiti proprio per produrre detti effetti. Ciò non è sufficiente a farli rientrare nella sfera di applicazione dell'art. 113. Infatti, i diritti di proprietà intellettuale non riguardano specificamente gli scambi internazionali: essi attengono in pari misura al commercio interno, se non addirittura più a quest'ultimo che al commercio internazionale.
LVIII. Come ha fatto osservare giustamente il governo francese, il TRIP intende in primo luogo rafforzare e armonizzare la tutela della proprietà intellettuale su scala mondiale. La stessa Commissione ha ammesso che, siccome il TRIP fissa norme nei settori in cui non vi sono misure di armonizzazione comunitaria, la sua conclusione consentirebbe di realizzare contemporaneamente un'armonizzazione all'interno della Comunità e quindi di contribuire all'istituzione e al funzionamento del mercato comune.
LIX. A questo proposito, occorre sottolineare che, sul piano legislativo interno, la Comunità dispone in materia di proprietà intellettuale di una competenza di armonizzazione delle legislazioni nazionali in forza degli artt. 100 e 100 A, e può basarsi sull'art. 235 per creare titoli nuovi che si sovrappongono ai titoli nazionali, come ha disposto con il regolamento sul marchio comunitario [regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU L 11 del 14 gennaio 1994, pag. 1)]. Dette disposizioni sono soggette a modalità di voto (l'unanimità per quanto riguarda gli artt. 100 e 235) o a norme procedurali (consultazione del Parlamento quanto all'art. 100 e all'art. 235, procedimento di codecisione quanto all'art. 100 A) diverse da quelle che si applicano in base all'art. 113.
LX. Se una competenza esclusiva fosse riconosciuta alla Comunità affinché si impegnasse in accordi con paesi terzi per armonizzare la tutela della proprietà intellettuale e per realizzare contemporaneamente un'armonizzazione sul piano comunitario, le istituzioni comunitarie sarebbero in grado di sottrarsi agli obblighi loro imposti sul piano interno per quanto concerne la procedura da seguire e le modalità di voto.
LXI. Tale conclusione non può essere modificata basandosi su una prassi delle istituzioni consistente in misure autonome o in accordi esterni adottati in forza dell'art. 113.
LXII. La Commissione fa riferimento a tre casi in cui, in forza del «nuovo strumento di politica commerciale» [regolamento (CE) del Consiglio 17 settembre 1984, n. 2641, relativo al rafforzamento della politica commerciale comune, in particolare in materia di difesa contro le pratiche commerciali illecite (GU L 252, pag. 1), regolamento a sua volta basato sull'art. 113 del Trattato], si è avviato un procedimento per difendere gli interessi della Comunità nel settore della proprietà intellettuale [decisione della Commissione 12 marzo 1987, 87/251/CEE, relativa all'apertura di una procedura internazionale di consultazione e di composizione delle controversie riguardante una misura degli Stati Uniti che esclude dal mercato statunitense le importazioni di alcuni tipi di fibre di aramidi (GU L 117, pag. 18); avviso di avvio di un procedimento nei confronti di «pratiche commerciali illecite» concernente la riproduzione non autorizzata, in Indonesia, di supporti di suono registrati (GU 1987, C 136, pag. 3); avviso di avvio di un procedimento di esame concernente una pratica commerciale illecita ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio n. 2641/84, consistente nella riproduzione abusiva delle registrazioni sonore della Comunità in Tailandia (GU 1991, C 189, pag. 26)].
LXIII. Le misure che possono essere adottate in base a detto regolamento per reagire contro la mancanza di tutela in un paese terzo dei diritti di proprietà intellettuale di cui le imprese comunitarie siano titolari (o contro una discriminazione operata nei loro confronti in questa materia) non hanno connessione con l'armonizzazione della tutela della proprietà intellettuale, che costituisce il primo oggetto del TRIP. Infatti, ai sensi dell'art. 10, n. 3, del precitato regolamento n. 2641/84, si tratta anzitutto della sospensione o della revoca di ogni concessione frutto di negoziati di politica commerciale; inoltre, dell'aumento dei dazi doganali vigenti o dell'istituzione di qualsiasi altra imposizione all'importazione; e, infine, dell'istituzione di restrizioni quantitative o di qualsiasi altra misura che modifichi le modalità di importazione o di esportazione coi paesi terzi considerati. Tutti detti provvedimenti rientrano, per la loro stessa natura, nella politica commerciale.
LXIV. La Commissione adduce anche un argomento basato su misure adottate dalla Comunità nei confronti della Corea in forza del regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n. 4257, recante applicazione di preferenze tariffarie generalizzate per l'anno 1989 a taluni prodotti industriali originari di paesi in via di sviluppo (GU L 375, pag. 1). Poiché la Corea aveva effettuato una discriminazione fra le sue controparti commerciali in materia di tutela della proprietà intellettuale (vedasi il diciottesimo 'considerando' del regolamento), la Comunità ha sospeso le preferenze tariffarie generalizzate nei confronti dei suoi prodotti (art. 1, n. 3, dello stesso regolamento).
LXV. Tale argomento non è più probante del precedente. Poiché la concessione di preferenze generalizzate costituisce, come la Corte ha affermato (v. sentenza 26 marzo 1987, detta delle «preferenze tariffarie generalizzate», causa 45/86, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 1493, punto 21), una misura di politica commerciale, lo stesso vale per la loro sospensione. Ciò non dimostra affatto una competenza esclusiva della Comunità in forza dell'art. 113 per stipulare con paesi terzi un accordo diretto ad armonizzare la tutela della proprietà intellettuale a livello mondiale.
LXVI. A sostegno del suo punto di vista, la Commissione ha anche menzionato clausole relative alla tutela della proprietà intellettuale, figuranti negli accordi stipulati con paesi terzi in base all'art. 113 del Trattato.
LXVII. Occorre sottolineare che la portata di dette clausole è estremamente limitata. L'accordo fra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese sul commercio dei prodotti tessili, siglato il 9 dicembre 1988 (GU L 380, pag. 1), al pari dell'accordo fra la Comunità economica europea e l'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche sul commercio dei prodotti tessili, siglato l'11 dicembre 1989 (GU L 397, pag. 1), prevede meramente un procedimento di consultazione in merito alla tutela di marchi o di modelli di prodotti tessili. Peraltro, i tre accordi provvisori stipulati fra la Comunità ed alcuni paesi dell'Europa dell'Est [accordo 16 dicembre 1991 con l'Ungheria (GU L 1992, L 116, pag. 1); accordo 16 dicembre 1991 con la Repubblica federativa ceca e slovacca (GU 1992, L 115, pag. 1); accordo 8 marzo 1993 con la Repubblica di Bulgaria (GU L 323, pag. 1)] comportano tutti una clausola, redatta in termini identici, che invita detti paesi a migliorare la tutela della proprietà intellettuale onde garantire, entro un certo termine, un «livello di protezione simile a quello garantito nella Comunità» dagli atti comunitari. Come giustamente ha sottolineato il governo francese, una clausola di questo tipo non impegna che i paesi terzi, parti dell'accordo.
LXVIII. Il fatto che la Comunità e le sue istituzioni abbiano il diritto di inserire, in accordi esterni che, per il resto, rientrano nell'ambito dell'art. 113, disposizioni accessorie che istituiscono procedimenti di mera consultazione o clausole che invitano la controparte ad aumentare il livello di tutela della proprietà intellettuale non porta alla conclusione che la Comunità sia sola competente a concludere un accordo internazionale avente la natura e la portata del TRIP.
LXIX. Infine, è vero che, come osserva la Commissione, nell'accordo 23 dicembre 1988, con la Repubblica austriaca, relativo al controllo e alla tutela reciproca dei vini di qualità nonché del vino «retsina» (GU 1989, L 56, pag. 1), e nell'accordo 26 e 31 gennaio 1994 con l'Australia, relativo al commercio del vino (GU L 86, pag. 1), figurano disposizioni concernenti la reciproca tutela delle denominazioni di vini. Così, i nomi delle regioni viticole austriache sono riservati esclusivamente, sul territorio della Comunità, ai vini austriaci ai quali essi si applicano, e non possono essere utilizzati che secondo le modalità stabilite dalla regolamentazione austriaca (art. 3, n. 3, dell'accordo). Una disposizione analoga figura nell'accordo con l'Australia (art. 7, n. 3).
LXX. Tuttavia, come emerge dai 'considerando' della decisione del Consiglio 24 gennaio 1994, 94/184/CEE, concernente la conclusione e la firma dell'accordo fra la Comunità europea e l'Australia relativo al commercio del vino (GU L 86, pag. 1), detto accordo è stato stabilito sul piano comunitario in quanto le sue disposizioni sono direttamente collegate alle misure della politica agricola comune, nella fattispecie a quella della regolamentazione comunitaria vitivinicola. Inoltre, nessun argomento può essere basato su detto precedente per i brevetti e per i modelli, per la tutela delle informazioni tecniche riservate, per i marchi o anche per il diritto d'autore, anch'essi rientranti nell'ambito del TRIP.
LXXI. Alla luce delle precedenti considerazioni, occorre concludere che, escluse quelle sue disposizioni che riguardano il divieto dell'immissione in libera pratica di merci contraffatte, il TRIP esula dalla materia della politica commerciale comune.
VIII - Sui poteri impliciti esterni della Comunità europea, sul GATS e sul TRIP
LXXII. Per il caso in cui la Corte dovesse rigettare la sua tesi principale di una competenza esclusiva della Comunità in forza dell'art. 113, la Commissione ha sostenuto, in subordine, che la competenza esclusiva della Comunità a stipulare il GATS e il TRIP discende implicitamente dalle disposizioni del Trattato che stabiliscono la sua competenza interna o dall'esistenza di atti di diritto derivato che ne costituiscono l'attuazione, o anche dalla necessità di adottare impegni internazionali per realizzare un obiettivo che è fissato alla Comunità sul piano interno. Essa sostiene anche che, ove non disponesse di competenze sufficienti in base a specifiche disposizioni del Trattato o di atti di diritto derivato, la Comunità trarrebbe una competenza esclusiva dagli artt. 100 A e 235 del Trattato. Pur ammettendo che la Comunità possiede alcune competenze, il Consiglio e gli Stati che hanno presentato osservazioni ne contestano l'esclusività.
A. Il GATS
LXXIII. Per quanto attiene in particolare al GATS, la Commissione fa riferimento a tre fonti possibili d'una competenza esterna esclusiva della Comunità: le competenze conferite dal Trattato alle istituzioni comunitarie sul piano interno, la necessità di concludere l'accordo per realizzare un obiettivo della Comunità, e infine gli artt. 100 A e 235.
LXXIV. La Commissione osserva in primo luogo che non si riscontra nel GATS alcun settore o alcuna disposizione particolare per i quali la Comunità non disponga di poteri corrispondenti per adottare misure sul piano interno. Questi poteri sarebbero enunciati dai capi sul diritto di stabilimento, sulla libera prestazione di servizi e sui trasporti. Da detti poteri sul piano interno discenderebbe una competenza esterna esclusiva.
LXXV. Questa tesi deve essere respinta.
LXXVI. Basandosi sulla disposizione dell'art. 75, n. 1, lett. a), che riguarda pure, per la parte del tragitto che si svolge nel territorio comunitario, i trasporti provenienti da paesi terzi o a destinazione di questi, la Corte ha affermato, nella precitata sentenza AETS (punto 27), che «la competenza della Comunità si estend[e] a relazioni disciplinate dal diritto internazionale ed implica di conseguenza, nel campo di cui trattasi, la necessità di accordi con gli Stati terzi interessati».
LXXVII. Tuttavia, anche in materia di trasporti, la competenza esterna esclusiva della Comunità non discende ipso facto dal suo potere di adottare norme interne. Come si è sottolineato nella sentenza AETS (punti 17 e 18), gli Stati membri, indipendentemente dal fatto che agiscano individualmente o collettivamente, perdono il diritto di contrarre obblighi con i paesi terzi soltanto a mano a mano che sono stabilite norme comuni su cui detti obblighi potrebbero incidere. E' solo nella misura in cui norme comuni sono state stabilite sul piano interno che la competenza esterna della Comunità diventa esclusiva. Orbene, non tutte le questioni relative ai trasporti hanno già costituito oggetto di norme comuni.
LXXVIII. All'audizione la Commissione ha sostenuto che la libertà lasciata agli Stati membri di condurre una politica esterna di accordi bilaterali coi paesi terzi produrrà inevitabilmente distorsioni di flussi di servizi e minerà progressivamente il mercato interno. Così - essa ha osservato - il viaggiatore andrà a prendere l'aereo nell'aeroporto dello Stato membro che abbia stipulato con un paese terzo e la sua compagnia aerea un accordo bilaterale del tipo «open-skies», il quale consente di offrire il miglior rapporto qualità-prezzo in materia di trasporti. Così pure, a seguito dell'esistenza di un accordo tedesco-polacco che dispensa i vettori stradali tedeschi da qualsiasi tassa relativa al transito, mentre l'analogo accordo fra la Polonia e i Paesi Bassi impone ai vettori olandesi una tassa di 650 DM, sarebbe emersa una distorsione di concorrenza fra i vettori olandesi e i vettori tedeschi per quanto concerne il trasporto verso la Russia, la Bielorussia e i paesi baltici.
LXXIX. A questo argomento è sufficiente replicare che nulla nel Trattato impedisce alle istituzioni di organizzare, mediante le norme comuni da esse adottate, azioni concertate nei confronti di paesi terzi né di prescrivere i comportamenti che gli Stati membri devono adottare nei confronti dell'esterno. Vari regolamenti citati dalla Commissione in materia di trasporti, nella sua risposta al terzo quesito scritto inviatole dalla Corte, illustrano del resto questa possibilità.
LXXX. Così, l'art. 3, terzo comma, del regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4058, concernente un'azione coordinata intesa a salvaguardare il libero accesso ai trasporti marittimi nei traffici transoceanici (GU L 378, pag. 21), prevede che il Consiglio, deliberando secondo le modalità di voto di cui all'art. 24, n. 2, del Trattato, può decidere un'azione coordinata, qualora una misura adottata da uno Stato terzo limiti il libero accesso delle società di navigazione degli Stati membri al trasporto di linea. Così inoltre, il regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, recante applicazione del principio della libera prestazione di servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri e fra Stati membri e paesi terzi (GU L 378, pag. 1), prescrive (all'art. 3) la soppressione o l'adeguamento degli accordi vigenti in materia di divisione dei carichi e (all'art. 5) subordina gli accomodamenti in materia di divisione dei carichi in qualsiasi accordo futuro ad un procedimento comunitario di autorizzazione.
LXXXI. Diversamente dal capo sui trasporti, i capi sul diritto di stabilimento e sulla libera prestazione di servizi non comportano alcuna disposizione che estenda espressamente la competenza della Comunità a «relazioni disciplinate dal diritto internazionale». Come giustamente hanno sottolineato il Consiglio e la maggior parte degli Stati che hanno presentato osservazioni, essi mirano unicamente a garantire il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi a favore dei cittadini di Stati membri. Essi non comportano alcuna disposizione che disciplini il problema del primo stabilimento di cittadini di paesi terzi e il regime del loro accesso ad attività indipendenti. E' quindi escluso che si possa dedurre immediatamente da detti capi una competenza esclusiva della Comunità a concludere con paesi terzi un accordo diretto a liberalizzare il primo stabilimento e l'accesso ai mercati dei servizi diversi da quelli oggetto di forniture transfrontaliere ai sensi del GATS, i quali rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 113 (v. sopra, punto 42).
LXXXII. Riferendosi al precitato parere 1/76 (punti 3 e 4), la Commissione sostiene, in secondo luogo, che la competenza esterna esclusiva della Comunità non si limita ai casi in cui ci si è già avvalsi della competenza interna per adottare misure che rientrano nella realizzazione di politiche comuni. Qualora il diritto comunitario abbia stabilito in capo alle istituzioni competenze interne per realizzare un determinato obiettivo, la competenza internazionale della Comunità discenderebbe implicitamente dalle stesse disposizioni. Sarebbe sufficiente che la partecipazione della Comunità all'accordo internazionale fosse necessaria per la realizzazione di uno degli obiettivi della Comunità.
LXXXIII. La Commissione adduce a questo proposito ragioni tanto interne quanto esterne le quali giustificherebbero la partecipazione della Comunità e di essa sola alla conclusione del GATS e del TRIP. Sul piano interno, la Commissione fa valere che in mancanza di detta partecipazione sarebbe pregiudicata la coesione del mercato interno. Sul piano esterno, la Comunità europea non può permettersi di rimanere inoperosa sulla scena internazionale: la necessità di concludere l'Accordo OMC e i suoi allegati, riflesso di un approccio globale riguardante il commercio internazionale (comprendente merci, servizi e proprietà intellettuale), non è contestata.
LXXXIV. Tale applicazione del parere 1/76 non può essere ammessa nel caso del GATS.
LXXXV. Il parere 1/76 si riferisce ad un problema diverso da quello che si presenta col GATS. Si trattava di risanare la situazione economica dell'industria del trasporto fluviale nei bacini renano e mosellano, nonché su tutte le vie navigabili olandesi e le vie navigabili tedesche collegate al bacino renano, eliminando la situazione congiunturale di eccedenza dei mezzi. L'adozione di norme comuni autonome non consentiva di raggiungere detto obiettivo a causa della tradizionale partecipazione di battelli svizzeri alla navigazione sulle vie navigabili in questione. Era quindi necessario associare la Svizzera al prospettato regime mediante un accordo internazionale (v. precitato parere 1/76, punto 2). Del pari, in materia di conservazione delle risorse marine, sarebbe poco efficace limitare, mediante misure legislative interne, l'attività di pesca in alto mare delle navi battenti bandiera di uno Stato membro se le stesse restrizioni non dovessero applicarsi alle navi battenti bandiera di un paese terzo rivierasco. Si comprende quindi che la competenza esterna possa essere esercitata, senza che si sia prima adottato un atto legislativo interno, e possa divenire così esclusiva.
LXXXVI. Ciò non vale per il settore dei servizi: la realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi a favore dei cittadini degli Stati membri non è indissolubilmente collegata alla disciplina da riservare nella Comunità ai cittadini di paesi terzi o nei paesi terzi ai cittadini di Stati membri della Comunità.
LXXXVII. La Commissione si riferisce, in terzo luogo, agli artt. 100 A e 235 del Trattato come fondamento di una competenza esterna esclusiva.
LXXXVIII. Per quanto riguarda l'art. 100 A, è pacifico che, quando la competenza di armonizzazione è stata esercitata, le misure di armonizzazione così adottate possono limitare la libertà degli Stati membri di negoziare con paesi terzi, e persino possono togliere loro detta competenza. E' tuttavia escluso che una competenza di armonizzazione sul piano interno, che non è stata esercitata in un settore determinato, possa finir col creare a favore della Comunità una competenza esclusiva esterna nello stesso settore.
LXXXIX. Per quanto attiene all'art. 235, che consente alla Comunità di ovviare alle carenze delle competenze ad essa attribuite, espressamente o implicitamente, per il conseguimento dei suoi obiettivi, detto articolo non può creare di per sé una competenza esclusiva della Comunità sul piano internazionale. Infatti, una competenza interna, eccetto il caso in cui può essere esercitata utilmente soltanto contemporaneamente alla competenza esterna (v. precitato parere 1/76, e, supra, punto 85), può dar luogo ad una competenza esterna esclusiva soltanto se viene esercitata, e lo stesso vale a fortiori per l'art. 235.
XC. Dal fatto che l'unico obiettivo espressamente indicato nei capi sul diritto di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi sia la realizzazione di dette libertà a favore dei cittadini degli Stati membri della Comunità non discende comunque che alle istituzioni comunitarie sia precluso di avvalersi delle competenze loro conferite in questa materia per precisare la disciplina che va riservata ai cittadini di paesi terzi. Numerosi atti adottati dal Consiglio - ma a cui questo non ha fatto alcun riferimento - in base agli artt. 54 e 57, n. 2, del Trattato comportano disposizioni al riguardo. La Commissione ne ha redatto l'elenco rispondendo ad un quesito della Corte.
XCI. Dall'esame di detti atti risulta che obiettivi molto diversi possono essere perseguiti mediante l'inserzione di siffatte clausole esterne.
XCII. Le direttive per il coordinamento in materia di pubblicità e di contabilità di società si applicavano soltanto alle società di per sé, ma non alle loro succursali. Ciò comportava una certa disparità quanto alla tutela dei soci e dei terzi fra le società che operano in altri Stati membri creando succursali e quelle che vi operano creando consociate. La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/666/CEE, relativa alla pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un altro Stato (GU L 395, pag. 36), basata sull'art. 54 del Trattato, è stata quindi adottata per disciplinare gli obblighi in materia di pubblicità che si impongono a dette succursali. Allo scopo di evitare qualsiasi discriminazione a causa del paese d'origine delle società, tale direttiva ha dovuto del pari considerare le succursali create da società soggette al diritto di paesi terzi.
XCIII. Così inoltre, la seconda direttiva del Consiglio 15 dicembre 1989, 89/646/CEE, diretta al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio, e recante modifica della direttiva 77/780/CEE (GU L 386, pag. 1), basata sull'art. 57, n. 2, del Trattato, comporta un titolo III sulle «relazioni con i paesi terzi». Questa direttiva ha instaurato il sistema dell'autorizzazione unica e prescrive il reciproco riconoscimento dei controlli.
XCIV. Una volta autorizzato in uno Stato membro, un istituto di credito può esercitare la sua attività in un altro Stato membro, ad esempio creandovi una succursale senza dover chiedere una nuova autorizzazione di questo Stato. Di conseguenza, era sufficiente per un istituto di credito avente sede in un paese terzo creare una consociata in uno Stato membro od ottenere il controllo di un istituto che vi avesse sede per poter impiantare succursali in tutti gli altri Stati della Comunità senza dover chiedere nuove autorizzazioni. Per questo motivo il titolo III di tale direttiva prevede varie misure, ivi compresi procedimenti di negoziato, destinate a consentire agli istituti di credito comunitari possibilità di concorrenza analoghe nei paesi terzi. Disposizioni analoghe sono state adottate in materia di assicurazione [art. 4 della direttiva del Consiglio 8 novembre 1990, 90/618/CEE, che modifica, per quanto riguarda in particolare l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE che coordinano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita (GU L 330, pag. 44); art. 8 della seconda direttiva del Consiglio 8 novembre 1990, 90/619/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta sulla vita, fissa le disposizioni destinate a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi e modifica la direttiva 79/267/CEE (GU L 330, pag. 50)], e nel settore finanziario [art. 7 della direttiva del Consiglio 10 maggio 1993, 93/22/CEE, che riguarda i servizi d'investimento nel settore dei valori mobiliari (GU L 141, pag. 27)].
XCV. La Comunità, allorché ha incluso nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o ha conferito espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, acquista una competenza esterna esclusiva in misura corrispondente ai suddetti atti.
XCVI. Lo stesso vale in ogni caso, anche in mancanza di clausola espressa che autorizzi le istituzioni a negoziare con i paesi terzi, quando la Comunità ha realizzato un'armonizzazione completa del regime di accesso a un'attività indipendente, poiché il mantenimento da parte degli Stati membri di una certa libertà di negoziare coi paesi terzi potrebbe incidere, ai sensi della precitata sentenza AETS, sulle norme comuni così adottate.
XCVII. Ciò non vale tuttavia per tutti i settori dei servizi, come la stessa Commissione ha ammesso.
XCVIII. Dalle precedenti considerazioni emerge che la competenza a concludere il GATS è ripartita fra la Comunità e gli Stati membri.
B. Il TRIP
XCIX. Per suffragare la sua rivendicazione di una competenza esclusiva della Comunità a concludere il TRIP, la Commissione fa riferimento all'esistenza di atti di diritto derivato su cui il fatto che gli Stati partecipassero congiuntamente alla conclusione dell'accordo potrebbe influire ai sensi della precitata sentenza AETS, ed invoca, come per il GATS, la necessità che la Comunità partecipi all'accordo per realizzare uno degli obiettivi ad essa indicati dal Trattato (cosiddetta dottrina del parere 1/76), nonché gli artt. 100 A e 235.
C. La pertinenza del riferimento al parere 1/76 non è meno contestabile nel caso del TRIP di quanto non lo fosse nel caso del GATS: l'unificazione o l'armonizzazione della proprietà intellettuale nell'ambito comunitario non deve necessariamente essere accompagnata, per avere un effetto utile, da accordi con i paesi terzi.
CI. Gli artt. 100 A e 235 del Trattato, dal canto loro, non possono, come si è già rilevato, creare di per sé una competenza esclusiva a favore della Comunità.
CII. Non rimane quindi che esaminare se la partecipazione degli Stati alla conclusione del TRIP possa, come sostiene la Commissione, incidere ai sensi della precitata sentenza AETS sugli atti di diritto derivato adottati nell'ambito comunitario.
CIII. A questo proposito, è sufficiente rilevare che l'armonizzazione realizzata nell'ambito comunitario in alcuni settori rientranti nell'ambito di applicazione del TRIP è comunque solo parziale e che, in altri settori, non è stata prevista alcuna armonizzazione. Ad esempio, l'armonizzazione è soltanto parziale in materia di marchi: la prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, che ravvicina le legislazioni degli Stati membri sui marchi (GU 1989, L 40, pag. 1), si limita infatti, come risulta dal suo terzo 'considerando', a ravvicinare le disposizioni nazionali che hanno un'«incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno». In altri settori disciplinati dal TRIP non è stato adottato alcun atto comunitario di armonizzazione. Ciò vale per il settore della tutela delle informazioni tecniche riservate, per quello dei disegni e modelli per i quali sono state presentate soltanto proposte e per quello dei brevetti. In materia di brevetti, gli unici atti ai quali la Commissione fa riferimento sono convenzioni di origine intergovernativa e non atti comunitari: la Convenzione di Monaco 5 ottobre 1973 sul rilascio dei brevetti europei (GURF, 27 settembre 1977, decreto n. 77-1151, pag. 5002) e l'Accordo di Lussemburgo 15 dicembre 1989, in materia di brevetti comunitari (GU L 401, pag. 1), del resto non ancora entrato in vigore.
CIV.Alcuni fra i governi che hanno presentato osservazioni hanno sostenuto che le disposizioni del TRIP relative alle misure da adottare per garantire una tutela efficace dei diritti di proprietà intellettuale, quali la garanzia di un procedimento leale ed equo, le norme relative alla presentazione dei mezzi di prova, il diritto al contraddittorio, la motivazione delle decisioni, il diritto di ricorso, i provvedimenti provvisori e il risarcimento danni rientrano nella competenza degli Stati membri. Questo argomento, ove con esso si intenda dire che tutte le predette questioni rientrano in una sorta di settore riservato agli Stati membri, non può essere accolto. La Comunità ha certamente competenza ad armonizzare le norme nazionali sui punti sopra ricordati, purché queste abbiano, per rifarsi all'espressione di cui all'art. 100 A del Trattato, «un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune». Tuttavia le istituzioni comunitarie non hanno finora esercitato le loro competenze nel settore degli «strumenti con cui ottenere l'osservanza dei diritti di proprietà intellettuale», salvo per quanto attiene al summenzionato regolamento n. 3842/86 (v., supra, punto 55), sul divieto dell'immissione in libera pratica delle merci contraffatte.
CV. Dalle precedenti considerazioni risulta che vi è una competenza congiunta della Comunità e degli Stati membri a concludere il TRIP.
IX - Sull'obbligo di cooperazione fra Stati membri e istituzioni comunitarie
CVI. All'audizione la Commissione ha richiamato l'attenzione della Corte sui problemi che risulteranno, in sede di applicazione degli accordi, dal riconoscimento di una competenza congiunta della Comunità e degli Stati membri a partecipare alla conclusione degli accordi GATS e TRIP. Mentre, durante il negoziato degli accordi, è prevalso in pratica il procedimento ex art. 113 del Trattato con alcuni adattamenti minimi, gli Stati membri chiederanno immancabilmente di esprimersi individualmente, nell'ambito dell'OMC, sulle questioni rientranti nelle loro competenze, qualora non sia stato possibile ottenere un consenso unanime. Inoltre, interminabili discussioni seguiranno per stabilire se una questione rientri nella competenza della Comunità, nel qual caso si applicheranno i meccanismi comunitari previsti dalle pertinenti disposizioni del Trattato, oppure nella competenza degli Stati, il che comporterà l'applicazione del principio dell'unanimità. L'unità d'azione della Comunità rispetto all'esterno sarà così minata e la sua forza negoziale ne sarà notevolmente ridotta.
CVII. In risposta a detta preoccupazione assolutamente legittima, occorre sottolineare anzitutto che gli eventuali problemi in sede di applicazione dell'Accordo OMC e dei suoi allegati quanto al necessario coordinamento per garantire l'unità d'azione in caso di partecipazione congiunta della Comunità e degli Stati non sono atti a modificare il senso della soluzione da dare alla questione della competenza. Si tratta infatti di una questione preliminare. Come ha sottolineato il Consiglio, il problema della ripartizione della competenza non può essere risolto in funzione delle difficoltà che potrebbero sorgere al momento di applicare gli accordi.
CVIII. Va ricordato inoltre che, qualora risulti che la materia disciplinata da un accordo o da una convenzione rientra in parte nella competenza della Comunità e in parte in quella degli Stati membri, occorre garantire una stretta cooperazione fra questi ultimi e le istituzioni comunitarie tanto nel processo di negoziazione e di stipulazione quanto nell'adempimento degli impegni assunti. Tale obbligo di cooperazione discende dalla necessità di un'unità di rappresentanza internazionale della Comunità (deliberazione 1/78 del 14 novembre 1978, Racc. pag. 2151, punti 34-36, e precitato parere 2/91, punto 36).
CIX. Detto dovere di cooperazione si impone in modo ancor più tassativo per accordi come quelli allegati all'Accordo OMC, fra i quali vi è un nesso indissociabile, e tenuto conto del sistema di ritorsione incrociata istituito dal memorandum di accordo riguardante la risoluzione delle controversie. Così, in mancanza di stretta cooperazione, uno Stato membro, qualora nella sua sfera di competenza fosse stato debitamente autorizzato ad adottare misure di ritorsione, ma le ritenesse inefficaci se adottate nei settori rientranti nell'ambito del GATS o del TRIP, non disporrebbe, in base al diritto comunitario, del potere di adottare misure di ritorsione nel settore dello scambio delle merci, poiché questa materia rientra, in ogni caso, nella competenza esclusiva della Comunità in base all'art. 113 del Trattato. Inversamente, in mancanza della stessa stretta cooperazione, la Comunità, se ottenesse il diritto di ritorsione nel settore delle merci, ma si ritenesse incapace di esercitarlo, si troverebbe nell'impossibilità giuridica di adottare misure di ritorsione nei settori considerati dal GATS e dal TRIP, che rientrassero nella competenza degli Stati.
CX. Non è necessario risolvere la terza questione che era stata sollevata dalla Commissione soltanto per il caso in cui la Corte avesse riconosciuto la competenza esclusiva della Comunità.
In conclusione,
LA CORTE,
composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, R. Joliet (relatore), F.A. Schockweiler, P.J.G. Kapteyn e C. Gulmann, presidenti di sezione, G.F. Mancini, C.N. Kakouris, J.C. Moitinho de Almeida, J.L. Murray, D.A.O. Edward e A.M. La Pergola, giudici,
dopo aver sentito le osservazioni dei signori F.G. Jacobs, primo avvocato generale, C.O. Lenz, G. Tesauro, G. Cosmas, P. Léger e M. Elmer, avvocati generali,
emette il seguente parere:
1) La Comunità è esclusivamente competente, in forza dell'art. 113 del Trattato CE, a concludere gli Accordi multilaterali relativi al commercio dei prodotti.
2) La competenza a concludere il GATS è ripartita fra la Comunità e i suoi Stati membri.
3) La competenza a concludere il TRIP è ripartita fra la Comunità e i suoi Stati membri.