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Document 61994CC0151

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 19 settembre 1995.
    Commissione delle Comunità europee contro Granducato del Lussemburgo.
    Art. 48 del Trattato CE - Parità di trattamento - Imposta sul reddito dei residenti temporanei - Rimborso dell'imposta versata in eccesso.
    Causa C-151/94.

    Raccolta della Giurisprudenza 1995 I-03685

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:291

    61994C0151

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 19 settembre 1995. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO. - ART. 48 DEL TRATTATO CE - PARITA DI TRATTAMENTO - IMPOSTA SUL REDDITO DEI RESIDENTI TEMPORANEI - RIMBORSO DELL'IMPOSTA VERSATA IN ECCESSO. - CAUSA C-151/94.

    raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-03685


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    1 Nel caso di specie la Commissione chiede che il Granducato del Lussemburgo, mantenendo in vigore disposizioni ai sensi delle quali l'eccedenza di imposta trattenuta alla fonte sulle retribuzioni dei dipendenti cittadini degli Stati membri non può essere oggetto di restituzione qualora il dipendente abbia risieduto a Lussemburgo ovvero abbia ivi svolto attività di lavoro dipendente solamente durante una parte dell'anno, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell'art. 48, n. 2, del Trattato, nonché dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (1).

    La normativa nazionale

    2 La pertinente normativa lussemburghese in materia d'imposta dei redditi può essere riassunta nei seguenti termini. Ai sensi dell'art. 153 della «Loi sur l'Impôt sur le Revenu» (legge in materia di imposte sui redditi, in prosieguo: la «LIR»), i contribuenti i cui redditi dal lavoro dipendente superino un determinato livello o che possiedano rilevanti redditi che non siano oggetto di trattenuta alla fonte sono soggetti ad imposizione diretta (par voie d'assiette). Essi sono obbligati a presentare una dichiarazione annuale all'Amministrazione (2), sulla base della quale l'Amministrazione stessa emana un avviso di accertamento (bulletin) a seguito della cui notificazione essi sono obbligati a pagare l'imposta dovuta ovvero, nel caso sia stata già effettuata una trattenuta alla fonte, il relativo saldo (art. 154, primo-terzo comma, della LIR). Nel caso di eccedenza d'imposta versata, l'eccedenza è compensata con altri debiti d'imposta ovvero, qualora non ve ne siano, automaticamente rimborsata (art. 154, quinto comma).

    3 Ai soggetti permanentemente residenti il cui reddito sia costituito essenzialmente da redditi di lavoro dipendente soggetti a trattenuta alla fonte e che non superi il limite previsto ai fini della tassazione par voie d'assiette si applica una procedura semplificata (art. 145 della LIR). Tali contribuenti non sono obbligati alla presentazione di dichiarazione (3). Al termine di ogni anno l'Amministrazione finanziaria ovvero il datore di lavoro o il fondo pensionistico provvede all'effettuazione di un calcolo (décompte annuel) al fine di stabilire se debba procedersi ad un rimborso dell'imposta trattenuta alla fonte (art. 2 del regolamento granducale di esecuzione dell'art. 145 della LIR, 9 marzo 1992).

    4 I soggetti che lasciano o entrano nel paese nel corso di un anno fiscalea non sono di regola autorizzati ad avvalersi di una delle dette procedure di rimborso. L'art. 154, sesto comma, della LIR, infatti, così dispone:

    «Gli importi dedotti, a titolo d'imposta dovuta, dai redditi o dal capitale divengono proprietà del Tesoro e non possono costituire oggetto di rifusione. Tale disposizione si applica anche alla trattenuta di imposte sulle retribuzioni e spettanze di contribuenti residenti solamente durante una parte dell'anno in quanto si siano stabiliti preso residenza nel paese o abbiano lasciato il paese nel corso dell'anno stesso».

    Analogamente l'art. 145 della LIR così recita:

    «I lavoratori dipendenti o collocati a riposo che non siano soggetti ad imposizione par voie d'assiette hanno diritto ad ottenere conguaglio delle trattenute effettuate mediante il décompte annuel (conguaglio annuale). Solamente i contribuenti che, durante i dodici mesi del relativo anno fiscale, abbiano avuto il proprio domicilio fiscale o la propria residenza abituale nel Granducato e quei contribuenti che, ancorché non in possesso di tale requisito, abbiano ivi continuativamente svolto attività lavorativa dipendente per un periodo di almeno nove mesi del relativo anno fiscale hanno diritto al décompte annuel».

    5 Nel caso in cui tali soggetti ritengano sussistere un'eccedenza d'imposta a loro favore, dovrà essere presentata relativa domanda di rimborso in via equitativa ai sensi dell'art. 131, primo comma, della Abgabenordnung (legge generale in materia di imposte). Tale disposizione così recita:

    «In taluni casi specifici (quali, ad esempio, quelli risultanti da danni causati da uragani o da altre situazioni di emergenza) il ministro delle Finanze può disporre, in tutto o in parte, la remissione di imposte dello Stato la cui riscossione risulterebbe contraria ai principi di equità nelle particolari circostanze del caso ovvero, qualora le relative imposte siano state già versate, può disporne il rimborso o il riaccredito».

    6 Le domande di rimborso presentate sulla base della detta disposizione vengono decise dal direttore dell'Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, come illustrato in prosieguo, le decisioni emanate dal detto direttore sulla base della norma richiamata sono soggette ad impugnazione dinanzi al Conseil d'Etat; i criteri sulla base dei quali viene determinato il debito d'imposta del contribuente e, quindi, l'eventuale rimborso non sembrano essere direttamente basati su alcuna norma di legge, bensì sembrano essere stati oggetto di sviluppo quale prassi amministrativa da parte del direttore. Tali criteri sembrano essere analoghi al metodo utilizzato dal Lussemburgo al fine di garantire la progressività del proprio sistema d'imposizione laddove un contribuente residente possieda redditi esteri esenti da tassazione a Lussemburgo sulla base di una convenzione contro le doppie imposizioni: v., al riguardo, l'art. 134 della LIR.

    La sentenza Biehl

    7 Nella causa Biehl (4) il Conseil d'Etat lussemburghese sottopose alla Corte una questione pregiudiziale al fine di poter valutare la compatibilità con il diritto comunitario dell'art. 154, sesto comma, della LIR. La Corte ha affermato che l'art. 48, n. 2, del Trattato osta a che la normativa fiscale di uno Stato membro non consenta il rimborso di trattenute d'imposta effettuate sulle retribuzioni di un lavoratore dipendente cittadino di uno Stato membro che sia stato contribuente residente durante una parte dell'anno soltanto per essersi stabilito nel paese o per averlo lasciato durante l'anno fiscale.

    8 La Corte ha osservato al riguardo:

    «A termini dell'art. 48, n. 2, del Trattato, la libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, basata sulla cittadinanza, fra i lavoratori degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la retribuzione.

    Il principio della parità di trattamento in materia di retribuzione sarebbe privato di effetto se potesse essere violato da norme nazionali discriminatorie in materia d'imposta sul reddito. Per questo motivo il Consiglio ha prescritto nell'art. 7 del regolamento (CEE) 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (...), che i lavoratori cittadini di uno Stato membro devono fruire, nel territorio di un altro Stato membro, degli stessi vantaggi fiscali dei lavoratori nazionali» (5).

    9 La Corte ha osservato che, sebbene il criterio della residenza permanente, assunto dalla normativa lussemburghese al fine di stabilire se un contribuente abbia o meno diritto al rimborso, si applichi indipendentemente dalla cittadinanza del contribuente interessato, vi era il rischio di danneggiare in particolare i contribuenti cittadini di altri Stati membri.

    10 La Corte ha respinto l'argomento dedotto dal governo lussemburghese secondo cui il diniego di rimborso sarebbe risultato necessario al fine di garantire la progressività del sistema impositivo lussemburghese. La Corte ha respinto anche l'argomento secondo cui avverso possibili discriminazioni sarebbe stato esperibile un procedimento non contenzioso (procédure gracieuse) mediante il quale i contribuenti possono chiedere un rimborso in via equitativa. La Corte ha osservato al riguardo che il governo lussemburghese non aveva menzionato nessuna disposizione che imponesse all'Amministrazione Finanziaria l'obbligo di rimediare in ogni caso agli effetti discriminatori risultanti dall'applicazione dell'art. 154, sesto comma.

    Il procedimento

    11 Il 27 novembre 1989, vale a dire prima che la Corte pronunciasse la sentenza Biehl, la Commissione notificava al governo lussemburghese una lettera di messa in mora ai sensi dell'art. 169 del Trattato con cui contestava l'incompatibilità degli artt. 145 e 154, sesto comma, della LIR, con l'art. 48, n. 2, del Trattato, nonché con l'art. 7, n. 2, del menzionato regolamento.

    12 L'Amministrazione lussemburghese non rispondeva a tale lettera.

    13 Con parere motivato 4 febbraio 1992, la Commissione reiterava le contestazioni espresse nella propria lettera 27 novembre 1989 richiamandosi alla sentenza Biehl. L'Amministrazione lussemburghese rispondeva al parere motivato in data 12 maggio 1992.

    14 La Commissione, non ritenendosi soddisfatta dalla risposta fornitale, avviava il presente procedimento il 3 giugno 1994. La Commissione afferma l'illegittimità degli artt. 145 e 154, sesto comma, della LIR, sulla base del rilievo che le dette disposizioni negano ai lavoratori che lascino il paese o vi si stabiliscano nel corso di un anno fiscale il diritto al rimborso di eccedenze d'imposta, diritto invece riconosciuto ai contribuenti permanentemente residenti. Tali disposizioni creano, quindi, una restrizione discriminatoria nei confronti della circolazione dei lavoratori migranti. La Commissione sottolinea che le autorità lussemburghesi non hanno provveduto agli emendamenti dell'art. 154, sesto comma, della LIR necessari al fine di conformarsi alla sentenza emanata dalla Corte nella causa Biehl e che il Conseil d'Etat lussemburghese, applicando i principi affermati dalla Corte nella detta causa Biehl, ha dichiarato il detto art. 154, sesto comma, contrario al diritto comunitario. La Commissione ritiene che la possibilità per un lavoratore migrante di proporre domanda di rimborso in via equitativa, in mancanza di espresso emendamento delle relative disposizioni, non garantisca in modo adeguato la tutela dei diritti riconosciuti dal Trattato.

    15 Il governo lussemburghese sostiene che gli artt. 145 e 154, sesto comma, debbano essere letti nel combinato con la procedura prevista dall'art. 131, primo comma, della Abgabenordnung. Secondo il governo lussemburghese, nella causa Biehl la Corte avrebbe attribuito insufficiente rilevanza a tale disposizione, richiamata dal governo lussemburghese solamente nel corso dell'udienza. Le decisioni emanate in base a tale disposizione non sarebbero del tutto discrezionali e potrebbero essere impugnate dinanzi al Conseil d'Etat. Il governo lussemburghese aggiunge che i contribuenti che chiedano il rimborso in base al décompte annuel ricevono un modulo in cui si fa presente la possibilità di chiedere il rimborso in via equitativa.

    La quaestio juris

    16 Nella fattispecie in esame occorre affrontare, a nostro parere, due questioni essenziali:

    1) Se la legge lussemburghese riconosca ai lavoratori che trasferiscano la propria residenza nel Lussemburgo ovvero lascino il paese il diritto al rimborso di eccedenze d'imposta e se tale diritto sia basato su disposizioni di legge sufficientemente chiare.

    2) Se il metodo utilizzato nella prassi dall'Amministrazione lussemburghese ai fini del calcolo dei rimborsi d'imposta costituisca discriminazione nei confronti dei soggetti che trasferiscano la propria residenza nel Lussemburgo ovvero lascino il paese nel corso di un anno fiscale e se la diversa procedura di rimborso applicata nei confronti di tali soggetti rispetto a quella utilizzata nei confronti dei contribuenti residenti risulti giustificata.

    Esamineremo i due punti in successione.

    Assenza di disposizioni chiare e vincolanti

    17 La domanda della Commissione deve ritenersi, a nostro parere, fondata con riguardo al fatto che il Lussemburgo non ha sinora provveduto a modificare la propria normativa nel senso di attribuire inequivocabilmente ai soggetti che lascino il paese o vi si stabiliscano nel corso di un anno fiscale il diritto al rimborso di eccedenze d'imposta. Il principio affermato dalla Corte nella sentenza Biehl, secondo cui una procedura che consenta al lavoratore migrante di chiedere il rimborso di imposte per motivi di equità non soddisfa i requisiti posti dall'art. 48 del Trattato, ha trovato conferma nella successiva sentenza Schumacker (6). Tale affermazione appare inoltre conforme al principio generale secondo cui i diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario devono essere trasposti in modo chiaro in disposizioni di legge vincolanti, laddove tali diritti siano sanciti da direttive (7) o, come nel caso di specie, da norme del Trattato munite di efficacia diretta (8). Conseguentemente, uno Stato membro, nel caso in cui la propria normativa risulti incompatibile con il diritto comunitario, deve provvedere ad un chiaro emendamento di tale normativa al fine di porre rimedio alla detta incompatibilità.

    18 Così, ad esempio, nella sentenza Commissione/Italia la Corte ha affermato:

    «(...) la facoltà degli amministrati di far valere dinanzi ai giudici nazionali disposizioni del Trattato direttamente applicabile costituisce solo una garanzia minima e non è di per sé sufficiente ad assicurare la piena applicazione del Trattato. Emerge infatti (...), che il fatto di mantenere immutato, nella legislazione di uno Stato membro, un provvedimento incompatibile con una disposizione del Trattato, persino direttamente applicabile nell'ordinamento giuridico degli Stati membri, crea una situazione di fatto ambigua in quanto mantiene gli interessati in uno stato di incertezza circa la possibilità di far appello al diritto comunitario. Detto mantenimento in vigore costituisce, quindi, per lo Stato di cui trattasi, una trasgressione degli obblighi impostigli dal Trattato» (9).

    19 Replicando all'argomento dedotto in tale occasione dal governo italiano secondo cui, tenuto conto dell'applicabilità diretta delle pertinenti disposizioni del Trattato, i diritti dei cittadini degli altri Stati membri sarebbero risultati sufficientemente garantiti da circolari o da istruzioni amministrative, la Corte aggiungeva (10):

    «L'incompatibilità della legislazione nazionale con le disposizioni del Trattato, persino direttamente applicabili, può essere definitivamente soppressa solo tramite disposizioni interne vincolanti che abbiano lo stesso valore giuridico di quelle da modificare. Come la Corte ha dichiarato nella costante giurisprudenza relativa all'attuazione delle direttive da parte degli Stati membri, semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dell'amministrazione e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi del Trattato».

    20 La normativa lussemburghese, laddove attribuisce specificamente ai soggetti permanentemente residenti il diritto al rimborso di eccedenze d'imposta, sembra non riconoscere tale diritto a coloro che risiedano solo temporaneamente. Tale impressione non è fugata dall'art. 131, primo comma, della Abgabenordnung, che attribuisce meramente ai contribuenti il diritto in via generale di chiedere il rimborso di imposte in via equitativa. Non si può ritenere che la prassi dell'Amministrazione Finanziaria di distribuire formulari relativi alle richieste di rimborso, per quanto encomiabile , supplisca a chiare disposizioni di legge.

    21 E' pur vero, come sottolineato dal governo lussemburghese, che le decisioni emanate dal direttore dell'Amministrazione Finanziaria ai sensi della detta disposizione possono essere oggetto di impugnazione dinanzi al Comité du Contentieux del Conseil d'Etat. Nella sentenza 10 luglio 1981 (11) tale giudice affermava:

    «(...) le Comité du Contentieux s'est vu attribuer compétence pour statuer sur les recours dirigés contre les décisions du directeur des Contributions en matière de remise ou en modération d'impôts; qu'il lui incombe dès lors d'apprécier, en tant que juge d'appel, les circostances dans lesquelles le paragraphe 131 alinéa 1er de la loi générale des impôts "Abgabenordnung" doit s'appliquer».

    22 Tuttavia, come è legittimo attendersi nel caso di un procedimento con cui si chieda il rimborso di imposte per motivi di equità, il Conseil d'Etat affermava inoltre:

    «le directeur des Contributions dispose en matière gracieuse d'un large pouvoir d'appréciation des faits pour arrêter sa décision (Ermessensentscheidung)» (12).

    23 Il governo lussemburghese non è stato in grado di indicare alcuna disposizione che stabilisca il metodo utilizzato dal detto direttore ai fini del calcolo dei rimborsi d'imposta nel caso di soggetti che lascino o entrino nel paese durante un anno fiscale. Un contribuente non è in grado di stabilire, esaminando la normativa lussemburghese, se sussista un'eccedenza d'imposta versata e se debba presentare richiesta di rimborso. Non vi è inoltre alcuna garanzia quanto al fatto che il detto direttore non decida, sulla base della propria discrezionalità, di modificare la prassi fino ad ora seguita.

    24 Tali considerazioni sono sufficienti per affermare che il Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato. Per motivi di completezza esamineremo tuttavia se la prassi amministrativa seguita dall'Amministrazione lussemburghese dia luogo a una illegittima discriminazione contraria all'art. 48 del Trattato nonché all'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1612/68.

    L'esistenza di una discriminazione

    25 Malgrado l'impressione ricavata dall'esame della normativa lussemburghese, sembra che l'Amministrazione lussemburghese conceda ora nella pratica il rimborso di eccedenze d'imposta ai soggetti che lascino o entrino nel paese durante un anno fiscale. Nella valutazione di tale prassi occorre considerare due questioni:

    1) Se il metodo di calcolo dei rimborsi sia discriminatorio.

    2) Se la condizione imposta ai soggetti temporaneamente residenti di presentare specifica domanda di rimborso implichi una discriminazione a livello procedurale, laddove tale condizione non è imposta ai soggetti permanentemente residenti.

    26 Dalle copie delle decisioni allegate al controricorso emerge che il metodo di calcolo utilizzato dal detto direttore è il seguente:

    1) Riunione dei redditi percepiti dal contribuente a Lussemburgo e all'estero.

    2) Determinazione dell'imposta teorica applicabile sul reddito complessivo del contribuente sulla base della relativa aliquota.

    3) Riduzione di tale importo in ragione della proporzione tra il reddito complessivo del contribuente e quello percepito a Lussemburgo.

    4) Raffronto tra tale importo, corrispondente all'imposta dovuta a Lussemburgo, con l'imposta già trattenuta alla fonte dal datore di lavoro del contribuente al fine di determinare l'eventuale diritto al rimborso.

    27 L'Amministrazione lussemburghese non assoggetta dunque ad imposta il reddito percepito dal lavoratore all'estero prima di lasciare il paese o prima di stabilirvi la propria residenza, bensì si limita a prendere in considerazione tale reddito al fine di determinare, sulla base del sistema di imposizione progressiva, l'aliquota da applicare ai redditi percepiti a Lussemburgo.

    28 Il metodo utilizzato ai fini del calcolo del rimborso non implica, a nostro modo di vedere, una restrizione discriminatoria alla libertà di circolazione di tali lavoratori. Nel semplice caso in cui un lavoratore che lasci o entri nel paese durante un anno fiscale non possieda altri redditi percepiti al di fuori del Lussemburgo, tale metodo non produrrà effetti. Il lavoratore avrà diritto al rimborso pari a quello che gli sarebbe spettato se fosse stato residente a Lussemburgo per tutta la durata dell'anno fiscale. Nei casi in cui il lavoratore possieda altri redditi percepiti nel corso dell'anno fiscale dopo aver lasciato il Lussemburgo o prima di avervi stabilito la propria residenza, il detto metodo assicura l'assoggettamento del reddito percepito a Lussemburgo dal lavoratore durante il proprio periodo di residenza all'imposta sui redditi lussemburghese determinata secondo l'aliquota dovuta. Ove tale regola non venisse applicata, un siffatto lavoratore risulterebbe favorito rispetto ai soggetti permanentemente residenti che si vedrebbero assoggettati ad un'imposizione più elevata in conseguenza del fatto di aver mantenuto la propria residenza nello stesso paese.

    29 Resta ancora da esaminare se sussista comunque discriminazione al livello procedurale.

    30 La Commissione si richiama al riguardo alla sentenza Schumacker (13). Il signor Schumacker era cittadino belga residente in Belgio ma che svolgeva attività lavorativa in Germania. Al pari dei lavoratori residenti in Germania, l'imposta era trattenuta alla fonte direttamente dal proprio datore di lavoro. Tuttavia, in quanto soggetto non residente, il datore di lavoro non poteva tener conto, ai fini della determinazione delle detrazioni d'imposta, della situazione personale e familiare del lavoratore, ove la ratio di tale regola si ricollegava al principio secondo cui spetterebbe allo Stato di residenza del lavoratore - che potrebbe legittimamente assoggettare ad imposta tutti i redditi complessivamente percepiti dal lavoratore stesso nel mondo intero - tener conto di tali circostanze. Conseguentemente il signor Schumacker risultava soggetto ad un'imposizione più elevata rispetto a quella che sarebbe stata applicata qualora avesse risieduto in Germania.

    31 La Corte ha affermato anzitutto che l'art. 48 del Trattato non consente che un lavoratore venga assoggettato nello Stato di svolgimento della propria attività lavorativa ad un'imposizione più elevata qualora i propri redditi siano esclusivamente o principalmente composti da redditi di lavoro e qualora il lavoratore non possieda nel proprio Stato di residenza redditi sufficienti a far sì che la sua situazione personale e familiare possa essere ivi fiscalmente presa in considerazione.

    32 La Corte ha quindi esaminato se la normativa tedesca implicasse anche una discriminazione al livello procedurale. Essa ha affermato che una normativa che non consenta ai soggetti non residenti di avvalersi delle procedure di conguaglio fiscale annuale da parte del datore di lavoro e di accertamento annuale delle imposte da parte dell'Amministrazione finanziaria si pone in contrasto con l'art. 48 del Trattato. Per effetto di tale normativa i soggetti non residenti non potevano portare in detrazione talune voci, quali le spese relative allo svolgimento dell'attività lavorativa e costi e spese straordinari, che avrebbero potuto determinare un parziale rimborso dell'imposta trattenuta alla fonte. Tali soggetti si venivano quindi a trovare in una situazione più sfavorevole rispetto ai residenti. Non ha trovato accoglimento l'argomento difensivo dedotto al riguardo dal governo tedesco secondo cui nel diritto tedesco esiste una procedura che consente ai contribuenti non residenti di chiedere all'Amministrazione finanziaria di fornire loro un'attestazione fiscale che menzioni taluni abbattimenti di cui il datore di lavoro dovrà tener conto. Tali disposizioni difettavano di carattere vincolante, né era stata fornita la prova che l'Amministrazione finanziaria fosse obbligata a rimediare in ogni caso a tali effetti discriminatori.

    33 La Corte ha inoltre osservato che dall'esclusione dei soggetti non residenti dal beneficio del conguaglio annuale derivava la conseguenza che coloro che lasciavano la Germania o vi si stabilivano nel corso dell'anno fiscale ovvero che restavano in stato di disoccupazione per una parte dell'anno fiscale medesimo non potevano ottenere il rimborso dell'eccedenza d'imposta né dal datore di lavoro né dall'Amministrazione Finanziaria. Richiamandosi alla giurisprudenza Biehl la Corte ha osservato che l'esistenza nel diritto tedesco di una procedura equitativa ai fini della rideterminazione del reddito imponibile non costituiva elemento sufficiente a soddisfare le condizioni poste dall'art. 48.

    34 La menzionata sentenza afferma chiaramente che discriminazioni al livello procedurale possono risultare contrarie all'art. 48. Essa sottolinea inoltre che le procedure previste dall'ordinamento nazionale devono essere vincolanti nei confronti dell'Amministrazione e devono essere tali da offrire rimedio in ogni ipotesi di discriminazione sostanziale. Resta tuttavia da esaminare se - sull'assunto che la prassi seguita dall'Amministrazione lussemburghese nel caso di specie risponda a disposizioni vincolanti che attribuiscano espressamente il diritto al rimborso - l'applicazione di una diversa procedura di rimborso di eccedenze e d'imposta nei confronti dei contribuenti che lascino il paese o vi si stabiliscano nel corso di un anno fiscale risulti discriminatorio ovvero se possa considerarsi giustificata alla luce della diversa situazione di tali contribuenti.

    35 Appare anzitutto chiaro che non sarebbe possibile all'Amministrazione lussemburghese applicare nei confronti di tali contribuenti la procedura semplificata del décompte annuel. Tale procedura, che implica la determinazione automatica della base imponibile del contribuente da parte dell'Amministrazione finanziaria, del datore di lavoro o del fondo pensionistico, presuppone che tali enti o soggetti siano a conoscenza di tutti i redditi, derivanti da attività lavorativa o da pensione, percepiti dal contribuente durante l'anno fiscale, in modo tale da poter determinare la base imponibile del contribuente, alla luce del sistema progressivo d'imposizione sul reddito, e quindi porla a raffronto con le trattenute già effettuate alla fonte dal datore di lavoro o dal fondo pensionistico. Mentre ciò è possibile laddove il lavoratore migrante risieda a Lussemburgo durante l'intero anno fiscale, tale possibilità viene meno laddove egli lasci il paese o vi si stabilisca nel corso dell'anno fiscale medesimo.

    36 Sembra senz'altro possibile, quanto meno in linea di principio, di esigere dai contribuenti che lascino o entrino nel paese il rispetto della procedura relativa ai contribuenti soggetti ad imposizione par voie d'assiette, vale a dire, la presentazione all'Amministrazione finanziaria, alla fine dell'anno fiscale, di una dichiarazione dei redditi. Tale dichiarazione, ove contenesse indicazioni relative ai redditi percepiti durante entrambi i periodi, di residenza e di non residenza, potrebbe essere utilizzata ai fini della determinazione dell'eventuale rimborso.

    37 Si deve peraltro osservare che molti lavoratori migranti non sono soggetti all'obbligo, pur in presenza di un anno di residenza completo, della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, trovando applicazione nei loro confronti la procedura impositiva semplificata del décompte annuel. La Commissione non ha provato che esigere da tali contribuenti la presentazione di una domanda di rimborso, con l'indicazione dei redditi percepiti all'estero, costituisca un onere più gravoso rispetto all'obbligo di presentazione di una dichiarazione annuale dei redditi relativamente all'anno di ingresso o di uscita dal paese. Né la Commissione ha dedotto che dall'applicazione di una procedura separata siano derivati indebiti ritardi nei rimborsi delle eccedenze d'imposta.

    38 Per quanto attiene ai contribuenti con considerevoli redditi che siano in ogni caso soggetti alla presentazione di una dichiarazione dei redditi nell'ambito del regime impositivo par voie d'assiette, non vediamo alcuna ragione per la quale tali soggetti dovrebbero essere obbligati alla presentazione di una separata domanda ai fini del rimborso delle imposte. Alla dichiarazione dei redditi potrebbero essere apportate le eventuali e necessarie modifiche affinché vengano indicati gli elementi utili ai fini del calcolo del rimborso.

    39 Concludiamo pertanto nel senso che non vi è la prova che il metodo applicato dall'Amministrazione lussemburghese nel rimborso delle eccedenze d'imposta ai lavoratori che lascino o entrino nel paese costituisca una restrizione discriminatoria con riguardo alla loro libertà di circolazione. Inoltre, appare ragionevole in molti casi l'applicazione di una procedura di rimborso diversa. Peraltro, come precedentemente osservato, non occorre che la Corte si pronunci su tale questione.

    Sulle spese

    40 Il governo lussemburghese, essendo rimasto sostanzialmente soccombente, dev'essere condannato alle spese ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura. Si deve inoltre rilevare che le pertinenti norme e prassi lussemburghesi non sono emerse con chiarezza se non a seguito dell'illustrazione da parte del difensore del governo lussemburghese all'udienza.

    Conclusioni

    41 Suggeriamo pertanto alla Corte di dichiarare quanto segue:

    1) che il Granducato del Lussemburgo, mantenendo in vigore una normativa in base alla quale le eccedenze d'imposta trattenute alla fonte sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti cittadini di altri Stati membri non possono essere rimborsate qualora il lavoratore abbia risieduto a Lussemburgo o abbia ivi svolto attività di lavoro dipendente solamente per una parte dell'anno, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell'art. 48, n. 2, del Trattato, nonché dell'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità;

    2) che il Granducato del Lussemburgo sia condannato alle spese.

    (1) - GU 1968, L 257, pag. 2.

    (2) - Jean-Pierre Winandy, Les Impôts sur le Revenu et sur la Fortune au Luxembourg, Editions Promoculture, pag. 271.

    (3) - Winandy, ibidem.

    (4) - Causa C-175/88 (Racc. 1990, pag. I-1779).

    (5) - V. punti 11 e 12 della sentenza.

    (6) - Causa C-279/93 (Racc. 1995, pag. I-225).

    (7) - V., ad esempio, le sentenze relative alla causa 102/79, Commissione/Belgio (Racc. 1980, pag. 1473); alle cause riunite 96/81 e 97/81, Commissione/Paesi Bassi (Racc. 1982, pag. 1791, in particolare pag. 1819), e alla causa 300/81, Commissione/Italia (Racc. 1983, pag. 449).

    (8) - V., ad esempio, cause 168/85, Commissione/Italia (Racc. 1986, pag. 2945), e 38/87, Commissione/Grecia (Racc. 1988, pag. 4415).

    (9) - Punto 11 della sentenza. V., anche, la sentenza Commissione/Francia, causa C-169/87 (Racc. 1988, pag. 4093, in particolare il punto 11).

    (10) - Punto 13 della sentenza.

    (11) - Causa Michel Schaack e Denise Floener/Administration des Contributions, numero di ruolo 6852.

    (12) - Sentenza 11 ottobre 1988, numero di ruolo 7803, Jemp Bertrand/Administration des Contributions.

    (13) - V. nota 6.

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