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Document 61994CC0091

    Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 6 giugno 1995.
    Procedimento penale contro Thierry Tranchant e Téléphone Store SARL, parte civilmente responsabile.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal de grande instance di Parigi - Francia.
    Direttiva della Commissione 88/301/CEE - Indipendenza degli enti incaricati di controllare l'applicazione delle specifiche tecniche - Laboratori di collaudo.
    Causa C-91/94.

    Raccolta della Giurisprudenza 1995 I-03911

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:169

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

    GIUSEPPE TESAURO

    presentate il 6 giugno 1995 ( *1 )

    1. 

    La presente procedura pregiudiziale porta nuovamente all'attenzione della Corte la questione della compatibilità della normativa francese in materia di omologazione di terminali di telecomunicazioni con l'art. 6 della direttiva della Commissione 16 maggio 1988, 88/301/CEE, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni ( 1 ) (in prosieguo: la «direttiva»).

    Il quesito pregiudiziale è sorto nell'ambito di una azione penale intentata contro il signor Tranchant, perseguito per aver pubblicizzato, dal novembre 1992 al febbraio 1993, apparecchiature sprovviste dell'omologazione richiesta dalla normativa francese. Nel contestare la rilevanza penale dei fatti a lui ascritti, l'imputato ha invocato l'incompatibilità di tale normativa con il principio sancito dall'art. 6 della direttiva, in base al quale l'organismo incaricato della formulazione delle specifiche tecniche, del controllo dell'applicazione di queste e del rilascio del certificato di omologazione deve essere indipendente rispetto alle imprese pubbliche e private che offrono beni e servizi nel settore delle telecomunicazioni.

    2. 

    La risposta che la Corte è chiamata a dare al quesito posto dal giudice francese è destinata ad arricchire la giurisprudenza, inaugurata con la sentenza GB-Inno-BM e precisata nelle sentenze Lagauche, Decoster e Taillandier, che si è sviluppata parallelamente alla liberalizzazione del mercato dei terminali di telecomunicazioni ed alla progressiva eliminazione dei monopoli e delle esclusive nazionali nel settore della commercializzazione di tali prodotti ( 2 ).

    Punto fermo di tale giurisprudenza è il principio secondo cui, almeno a partire dal termine iniziale stabilito all'art. 6 della direttiva (1° luglio 1989), gli Stati membri, pur essendo autorizzati a mantenere o ad introdurre misure di regolamentazione e di controllo sulla commercializzazione dei terminali, sono tenuti a garantire la separazione tra le autorità competenti a predisporre tali regolamentazioni e ad effettuare tali controlli ed i soggetti che esercitano un'attività di natura economica nel settore ( 3 ).

    3. 

    Mentre i fatti di causa, che ho già brevemente esposto, sono sostanzialmente identici a quelli che avevano originato i rinvìi pregiudiziali nelle ricordate cause Decoster e Taillandier, la legislazione francese in materia di omologazione è stata, medio tempore, sensibilmente modificata. Occorre quindi, anzitutto, ricordarne gli aspetti essenziali.

    La normativa francese

    4.

    Conformemente alle prescrizioni comunitarie in materia, la Francia ha realizzato la libertà di commercializzazione dei terminali di telecomunicazioni, subordinandola tuttavia, in alcuni casi, al rilascio di un certificato di omologazione comprovante la conformità degli apparecchi a determinate esigenze essenziali. Secondo le disposizioni vigenti, infatti, i terminali destinati ad essere allacciati alla rete pubblica possono essere fabbricati per il mercato interno, importati da Paesi terzi per la vendita, detenuti per la vendita, messi in vendita, distribuiti a titolo gratuito od oneroso, allacciati alla rete o pubblicizzati, solo a condizione che siano stati oggetto di una omologazione preventiva rilasciata dal ministero delle Poste e Telecomunicazioni (in prosieguo: il «ministero delle P. e T.») ( 4 ). La violazione dell'obbligo di omologazione è sanzionata penalmente ( 5 ).

    Fino alla metà del 1990, la procedura di omologazione delle apparecchiature terminali era interamente gestita dal ministero delle P. e T. Diverse direzioni di tale ministero, infatti, erano incaricate rispettivamente di formulare le specifiche tecniche, di controllarne l'applicazione e di rilasciare l'omologazione. Per giunta, altre articolazioni dello stesso ministero gestivano, in regime di monopolio, la rete pubblica e si occupavano della commercializzazione dei terminali.

    5.

    Alla situazione appena descritta, riconosciuta illegittima dalla Corte nelle sentenze Decoster e Taillandier per l'evidente incompatibilità con l'art. 6 della direttiva, il legislatore francese ha apportato numerosi correttivi.

    Anzitutto, la legge n. 90-568 del 2 luglio 1990 ( 6 ) ha attuato, almeno sul piano dell'organizzazione amministrativa, una separazione dell'attività commerciale dalle attività di regolamentazione, controllo e omologazione. La riforma attribuisce infatti la gestione della rete pubblica e l'attività di natura commerciale a France Télécom, appositamente costituito nella forma di ente di diritto pubblico e dotato di autonoma personalità giuridica ( 7 ).

    Nello stesso senso, il decreto n. 90-1121 del 18 dicembre 1990 ( 8 ) ha precisato che le funzioni di definizione e di adattamento del quadro normativo generale del settore delle poste e delle telecomunicazioni continuano a spettare alla Direction de L réglementation generale del ministero delle P. e T. Essa, in particolare, è incaricata di formulare le specifiche tecniche ed è competente a rilasciare le omologazioni.

    6.

    Il decreto n. 92-116 del 4 febbraio 1992 ( 9 ), poi, stabilisce le modalità della procedura di omologazione, precisando i casi in cui è necessaria ed i parametri di valutazione per la conformità delle apparecchiature. L'art. R. 20-2 di detto decreto ribadisce che l'omologazione ha lo scopo di garantire, nell'interesse generale, il rispetto delle esigenze essenziali definite all'art. L. 32-12° del codice P. e T., vale a dire: la sicurezza degli utenti e dei dipendenti dei gestori delle reti di telecomunicazioni, la sicurezza delle reti e, se del caso, la corretta utilizzazione dello spettro radioelettrico, nonché, all'occorrenza, l'interfunzionalità dei servizi e delle apparecchiature terminali e la protezione dei dati.

    7.

    Lo stesso decreto disciplina in dettaglio l'iter della domanda di omologazione ( 10 ). Il richiedente deposita presso la Direction de L réglementation generede un fascicolo contenente una serie di informazioni e di documenti relativi al prodotto di cui chiede l'omologazione ( 11 ). Tra tali documenti possono figurare, ove il richiedente ne sia già in possesso, i risultati di un collaudo effettuato da un laboratorio designato dall'autorità competente in Francia o in un altro Stato membro.

    Qualora viceversa il prodotto non sia stato ancora sottoposto a collaudo presso un laboratorio autorizzato in Francia o in un altro Stato membro, il richiedente può essere invitato a consegnarne un esemplare «ad uno dei laboratori designati» a questo scopo (art. R. 20-6, n. 3°). Il laboratorio è incaricato di verificare la conformità del prodotto alle esigenze essenziali sopra indicate e ad ogni altro requisito, alla luce delle norme armonizzate pertinenti ovvero delle regolamentazioni tecniche comuni o, in mancanza di queste, alla luce delle disposizioni nazionali; il risultato di siffatta verifica è poi trasmesso al ministero.

    Sulla base di tutti gli elementi di cui è in possesso, e se il collaudo ha avuto esito positivo, la Direction de L réglementation generale rilascia a questo punto un attestato di esame e quindi, dopo aver ottenuto dal richiedente l'impegno formale a fabbricare o commercializzare solo prodotti conformi a tale certificato, concede l'omologazione (arti. 20-7 e 20-10).

    8.

    Come risulta dall'ordinanza di rinvio, è pacifico che in Francia, a tutt'oggi, un solo laboratorio è stato autorizzato ad effettuare collaudi riguardanti i requisiti essenziah diversi dalla sicurezza degli apparecchi terminali, il Laboratoire d'essai et d'agrément (in prosieguo: il «LEA») ( 12 ).

    Altrettanto pacifico è che il LEA costituisce parte integrante di un centro di ricerca, ilCentre national d'études des télécommunications (CNET), che, a sua volta, fa pane del gruppo France Télécom. Peraltro, corne ammesso esplicitamente dal governo francese in risposta ad una domanda formulata per iscritto dalla Corte, la «separazione giuridica» del LEA da France Télécom non costituisce un obiettivo prioritario, almeno per quanto concerne il breve periodo.

    9.

    Va infine rilevato che il LEA è stato designato dal governo francese per eseguire le prove di cui all'art. 9 della direttiva del Consiglio 29 aprile 1991, 91/263/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle apparecchiature terminali di telecomunicazioni, incluso il reciproco riconoscimento della loro conformità ( 13 ). Tale designazione è stata notificata alla Commissione ai sensi dell'art. 10, n. 2, della stessa direttiva e, finora, non è stata contestata né dalla Commissione né da alcuno Stato membro ( 14 ).

    Il quesito pregiudiziale

    10.

    Partendo dal presupposto incontestato che il LEA dipende da France Télécom e nutrendo dubbi sulla legittimità di tale dipendenza rispetto all'art. 6 della direttiva, il giudice nazionale investito della controversia principale ha ritenuto necessaria una nuova pronuncia pregiudiziale sull'interpretazione di tale disposizione.

    In particolare, il giudice a quo chiede alla Corte se l'art. 6 osti all'applicazione di una normativa nazionale in materia di omologazione di terminali che prescriva obblighi come quelli previsti dalla legislazione francese, «se non è garantita l'indipendenza, rispetto a qualsiasi operatore che offra beni o servizi nel settore delle telecomunicazioni, dell'ente incaricato del controllo tecnico di conformità di detti apparecchi nell'ambito della procedura di omologazione».

    11.

    Va subito detto che, così come formulato, il quesito potrebbe apparire retorico. L'obbligo di indipendenza è infatti formulato in termini chiari dallo stesso art. 6, e l'applicabilità di questo, a partire dal 1° luglio 1989, è fuori discussione; è pertanto evidente che una legislazione che non garantisca una tale indipendenza non può essere giudicata conforme alla direttiva.

    Il quesito va dunque inteso nel senso che il giudice nazionale mira ad accertare se la dipendenza del LEA da France Télécom sia tale da incidere sulla compatibilità dell'intera procedura di omologazione, quale prevista dalla normativa francese, con gli obblighi sanciti dall'art. 6 della direttiva.

    12.

    Al riguardo, è opportuno in via preliminare rilevare che, come già accennato, l'art. 6 della direttiva, nell'imporre agli Stati membri la separazione tra i soggetti che esercitano la funzione normativa e di regolamentazione e quelli che esercitano l'attività economicocommerciale nel settore delle telecomunicazioni, distingue la prima in tre momenti essenziali: la formulazione delle specifiche tecniche, il controllo dell'applicazione di queste ed il rilascio dell'omologazione.

    Ora, mentre ai fini dell'art. 6 è irrilevante che le tre fasi suddette vengano svolte da uno o più soggetti diversi, la stessa disposizione impone invece che ciascuna delle fasi venga svolta da soggetti che a loro volta siano indipendenti dalle imprese pubbliche e private che offrono beni e/o servizi nel settore delle telecomunicazioni.

    13.

    La normativa francese qui in discussione attribuisce ad una direzione del ministero delle P. e T., oggi almeno formalmente separata dall'ente incaricato della gestione della rete e della fornitura dei beni e dei servizi connessi, le fasi della formulazione delle specifiche tecniche e del rilascio materiale dell'omologazione.

    Il controllo delle specifiche tecniche, invece, anche se formalmente esercitato dalla stessa direzione del ministero, si basa su verifiche tecniche e collaudi effettuati da un laboratorio che dipende da France Télécom.

    14.

    Dirò subito che una tale dipendenza giuridica mi sembra in evidente contrasto non solo con la lettera, ma anche con lo spirito dell'art. 6 della direttiva.

    La tesi del governo francese, secondo cui, nonostante la dipendenza giuridica, il LEA svolgerebbe la sua attività in assoluta libertà di giudizio ed imparzialità, non è stata affatto dimostrata. Al contrario, all'udienza, l'agente del governo francese ha esplicitamente riconosciuto che il personale del LEA risponde al suo direttore, il quale, a sua volta, risponde a France Télécom.

    15.

    Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione nella quale al laboratorio, articolazione di una impresa pubblica incaricata di gestire la rete e di svolgere attività di natura commerciale, è stato demandato il collaudo finalizzato alla valutazione di conformità delle apparecchiature fabbricate dai suoi concorrenti.

    Non mi sembra che tale situazione risponda alle prescritte esigenze di indipendenza ed imparzialità. In queste condizioni, infatti, tutte le valutazioni di conformità che avranno esito negativo, o anche gli eventuali semplici ritardi nell'esecuzione dei collaudi (per i quali non risultano imposti termini massimi di durata), non potranno sfuggire a sospetti di parzialità.

    16.

    A nulla vale sostenere, sul punto, come ha fatto il governo francese, che l'esecuzione del collaudo da parte del LEA non sarebbe altro che un'attività di carattere tecnico e che la valutazione dei risultati di tale collaudo spetterebbe in ogni caso alla direzione competente del ministero.

    In realtà, il collaudo effettuato dal LEA non può, per definizione, sottostare ad un ulteriore giudizio da parte dell'amministrazione. Al contrario, l'esito del collaudo è un giudizio tecnico che attesta, in positivo o in negativo, la conformità dell'apparecchio collaudato a determinati parametri. La circostanza che tale risultato venga poi trasmesso all'amministrazione non implica evidentemente una verifica ulteriore di quest'ultima.

    In definitiva, l'amministrazione non valuta il risultato del collaudo, ma ne prende semplicemente atto. Ne consegue che il collaudo del LEA non rappresenta solo un momento della fase di controllo delle specifiche tecniche, ma sostanzialmente esaurisce la fase di controllo.

    17.

    Pertanto, mentre la condizione di indipendenza prevista dall'art. 6 della direttiva risulta, almeno formalmente, rispettata dalla disciplina francese per quanto riguarda le fasi della formulazione delle specifiche tecniche e del rilascio dell'omologazione ( 15 ), la stessa condizione non ricorre con riferimento alla fase del controllo di dette specifiche.

    18.

    La circostanza, poi, che né la Commissione né altri Stati membri abbiano rimesso in discussione la designazione del LEA da parte del governo francese quale laboratorio incaricato delle valutazioni di conformità a livello comunitario, ai sensi degli artt. 9 e 10 della direttiva 91/263/CEE, non è tale da spostare i termini del problema.

    Rispetto all'osservanza dell'obbligo prescritto dall'art. 6 della direttiva, infatti, si tratta di una circostanza del tutto irrilevante.

    L'inapplicabilità della normativa francese

    19.

    In conclusione, va rilevato che, se l'interpretazione dell'art. 6 della direttiva appena proposta verrà sottoscritta dalla Corte, il giudice a quo, coerentemente con i princìpi di una giurisprudenza ormai più che consolidata, dovrà dichiarare inapplicabile l'intera disciplina della procedura di omologazione, comprese le sanzioni penali che sono attualmente collegate alla sua violazione.

    20.

    Pur confermando in linea di principio le perplessità, già manifestate nelle mie conclusioni relative alla causa Decoster, sulle conseguenze che potrà comportare l'assenza (ancorché temporanea) di una disciplina applicabile in un settore nel quale è in gioco anche la sicurezza degli utenti, non ritengo tuttavia che si possa giungere ad una diversa conclusione. Si tratta, infatti, della violazione di una disposizione, l'art. 6 della direttiva, provvista di efficacia diretta sin dal 1° luglio 1989.

    Peraltro, alla stessa conclusione è pervenuta, senza apparenti esitazioni, la stessa Corte di cassazione francese all'indomani delle sentenze Decoster e Taillandier, più volte ricordate ( 16 ).

    21.

    Alla luce delle osservazioni che precedono, suggerisco pertanto alla Corte di rispondere nel modo seguente al quesito posto dal Tribunal de grande instance di Parigi:

    «L'art. 6 della direttiva della Commissione 16 maggio 1988, 88/301/CEE, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni, va interpretato nel senso che osta all'applicazione di una normativa nazionale che vieta, comminando sanzioni, agli operatori economici di fabbricare, importare, detenere a scopo di vendita, vendere, distribuire o pubblicizzare apparecchi terminali senza comprovare, mediante produzione di un certificato di omologazione o documento equivalente, la conformità di detti apparecchi a taluni requisiti essenziali inerenti in particolare alla sicurezza degli utenti e al buon funzionamento della rete, quando non sia garantita l'indipendenza, rispetto agli operatori che offrono beni e servizi nel settore delle telecomunicazioni, di tutti gli enti che prendono parte alla procedura di omologazione, inclusi i laboratori incaricati delle verifiche di conformità di tali apparecchi alle specifiche tecniche».


    ( *1 ) Lingua originale: l'italiano.

    ( 1 ) GU L 131, pag. 73.

    ( 2 ) Sentenza 13 dicembre 1991, causa C-18/88, GB-Inno-BM (Race. pag. I-5941), sentenza 27 ottobre 1993, cause riunite C-46/90 e C-93/91, Lagauche (Race. pag. I-5267), sentenza 27 ottobre 1993, causa C-69/91, Decoster (Race. pag. I-5335), e sentenza 27 ottobre 1993, causa C-92/91, Taillandier (Race. pag. I-5383).

    ( 3 ) La posizione della Corte si può definire univoca almeno rispetto all'interpretazione della prescrizione contenuta nell'art. 6 della direttiva, la cui efficacia diretta è stata chiaramente confermata dalle sentenze Lagauche, Decoster e Taillandier, sopra citate. Relativamente, viceversa, alla validità di normative nazionali che non garantivano l'indipendenza della funzione di regolamentazione da quella commerciale nel periodo anteriore al 1° luglio 1989, l'atteggiamento della Corte, in verità, non è univoco; nelle due sentenze, di pari data, Decoster e Lagauche, la Corte ha valutato la compatibilità, rispettivamente, della normativa francese e di quella belga (che peraltro presentavano numerosi aspetti in comune), non solo con l'art. 6 della direttiva, ma anche con gli artt. 3 (f), 86 e 90 del Trattato, in riferimento a fatti che — rattorte tempons oppure rattorte materiae —sfuggivano all'applicazione della direttiva. Ebbene, la regolamentazione francese è stata considerata incompatibile rispetto ad entrambi i parametri (sentenza Decoster), mentre la regolamentazione belga è stata considerata incompatibile con l'art. 6 della direttiva, ma compatibile con gli artt. 3 (f), 86 e 90 del Trattato (sentenza Lagauche); con u risultato, peraltro, di contraddire implicitamente anche l'affermazione, fatta in precedenza dalla stessa Corte (sentenza 19 marzo 1991, causa C-202/88, Francia/Commissione, Race. pag. I-1223, punto 14), secondo cui le direttive basate (come la 88/301) sull'art. 90, n. 3, del Trattato altra funzione non hanno che quella di precisare obblighi degli Stati membri che già discendono dal Trattato.

    ( 4 ) La disposizione, introdotta già con il decreto n. 85-336 del 12 mareo 1985, è stau successivamente integrata e completau. Il testo attualmente in vigore figura all'art. L. 34-9 del codice delle Poste e Telecomunicazioni, quale modificato dalla legge n. 90-1170 del 29 dicembre 1990 (JORF, pag. 16439; in prosieguo: il «codice P. e T.»).

    ( 5 ) Ai fini che qui rilevano, v. art. L. 39-3 del codice P. e T..

    ( 6 ) Loi relative à l'organisation du service public de U poste et des télécommunications (JORF, pag. 8069).

    ( 7 ) Ancorché posto sotto la responsabilità del ministro: v. l'art. 1 della legge.

    ( 8 ) Décret portant organisation de l'administration centrale du ministère des postes, des télécommunications et de l'espace (JORF, pag. 15615).

    ( 9 ) Décret relatif à l'agrément des équipements terminaux de télécommunications, à leur conditions de raccordement et à l'admission des installateurs (JORF, pag. 1915). Tale decreto, tra l'altro, costituisce la trasposizione in diritto francese della direttiva del Consiglio 29 aprile 1991, 91/263/CEE, sulla quale v. infra, nel testo, punto 9, ed alla nota n. 13.

    ( 10 ) Al richiedente è in realtà offerta la scelta tra due procedure di omologazione alternative, l'«esame del tipo» e la «dichiarazione di conformità»; delle due, però, è solo la prima che viene in rilievo nella causa che ci occupa, atteso che nella seconda non è richiesto l'intervento dei laboratori di collaudo, di cui, come vedremo, è qui in discussione l'indipendenza.

    ( 11 ) L'elenco completo dei documenti da allegare alla domanda di omologazione è contenuto nell'Arrêté du 11 mars 1992 relatif à la composition du dossier de demande d'agrément, adottato sulla base dell'art. 20-5 del codice P. e 17 (JORF, pag. 3846).

    ( 12 ) Un secondo laboratorio, il Laboratoire central des industries électriques, (LCIE) è suto invece autorizzato ad effettuare i collaudi elettrici.

    ( 13 ) GU L 128, pag. 1. Tale direttiva segna una tappa ulteriore nel processo del pieno riconoscimento reciproco delle omologazioni dei terminali rilasciate nei diversi Stati membri. Allo scopo, poi, di sviluppare ed al tempo stesso regolamentare il mercato europeo dei terminali destinati alla rete pubblica, la direttiva stabilisce dei requisiti minimi che le apparecchiature devono soddisfare per poter beneficiare della libera immissione, circolazione ed uso nel territorio degli Stati membri. In questa prospettiva, la direttiva istituisce due procedure (alternative) di valutazione di conformità dei prodotti rispetto a detti requisiti, al buon esito delle quali viene apposto, ai prodotti considerati conformi, il «marchio di conformità CE». Ai sensi dell'art. 10, richiamato nel testo, gli Stati membri notificano alla Commissione gli organismi ed i laboratori nazionali designati per effettuare siffatte valutazioni di conformità «CE» (nonché per svolgere altre attività di sorveglianza), e la Commissione, dopo averne verificato la rispondenza a taluni criteri minimi dì competenza, imparzialità ed indipendenza, pubblica l'elenco di tali organismi e laboratori nella Gazzetta Ufficiale. Resta inteso che, allo stadio attuale di armonizzazione delle norme del settore, la direttiva 91/236 non pregiudica l'applicazione delle procedure di omologazione nazionali (come quella in discussione nella controversia principale), che vertono su aspetti non necessariamente disciplinati da norme armonizzate o da regolamentazioni tecniche comuni.

    ( 14 ) Ai sensi dell'art. 10, n. 4, della direttiva 91/236, se uno Stato membro o la Commissione ritengono che un laboratorio designato da uno Stato membro non soddisfi i criteri pertinenti, la questione può essere sottoposta al parere del comitato ad hoc di cui all'art. 13, istituito per affiancare la Commissione nell'esercizio delle competenze attribuitegli dalla direttiva.

    ( 15 ) Non è opportuno, in questa sede, prendere posizione sulla effettiva indipendenza di France Télécom dal ministero delle R e T.. Qualche dubbio, infatti, potrebbe sorgere al riguardo, alimentato soprattutto dallo statuto dell'ente, che, lo ricordo, opera sotto la responsabilità del ministro stesso ed è diretto da un consiglio di amministrazione (del quale 14 membri su 21 sono nominati per decreto) che agisce nel quadro di orientamenti fìssati dal governo. Tuttavia, questo punto non è oggetto della domanda pregiudiziale che ci occupa e, per di più, non risulta contestato dalle parti.

    ( 16 ) V., in questo senso, Cass. crim. 21 février 1994, n° B 92-81.421 PF, Ochtman, e Cass. crim. 21 février 1994, n° G-91-86.230 PF, Procureur general près de la Cour d'appel de Versailles. Va notato, peraltro, che tab sentenze sono un chiaro segno di inversione di rotta da parte della Corte di cassazione, atteso che quest'ultima, solo pochi mesi prima delle sentenze Decoster e Taillandier, aveva confermato l'applicabilità della legislazione francese in materia di omologazioni, senza neanche ritenere opportuno un rinvio pregiudiziale (Cass. crim. 19 janvier 1993, n° S 90-84.624 PF, Gilles).

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