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Document 61993CC0387

    Conclusioni dell'avvocato generale Elmer del 20 giugno 1995.
    Procedimento penale contro Giorgio Domingo Banchero.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Pretura circondariale di Genova - Italia.
    Artt. 5, 30, 37, 85, 86, 90, 92 e 95 del Trattato CEE.
    Causa C-387/93.

    Raccolta della Giurisprudenza 1995 I-04663

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:192

    61993C0387

    Conclusioni dell'avvocato generale Elmer del 20 giugno 1995. - Procedimento penale a carico di Giorgio Domingo Banchero. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Pretura circondariale di Genova - Italia. - Articoli 5, 30, 37, 85, 86, 90, 92 e 95 del Trattato CEE. - Causa C-387/93.

    raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-04663


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    1 Nel presente procedimento la Pretura circondariale di Genova ha chiesto alla Corte di interpretare una serie di disposizioni del Trattato in relazione alla normativa italiana sul commercio di tabacchi manifatturati e su altri aspetti del relativo regime.

    La normativa nazionale vigente

    2 Ai sensi dell'art. 1 della legge 17 luglio 1942, n. 907, come modificata con legge 22 dicembre 1957, n. 1293 (1), lo Stato italiano ha il monopolio della produzione e della vendita al dettaglio dei tabacchi manifatturati. E' gestito dall'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (in prosieguo: l'«AAMS»). I tabacchi manifatturati sono prodotti tanto direttamente dall'AAMS, quanto da stabilimenti muniti di licenza per conto di produttori esteri sotto il controllo del monopolio. Oltre all'IVA essi sono assoggettati ad un'imposta di consumo. I depositi dell'AAMS svolgono un ruolo centrale nella gestione del monopolio ed in particolare effettuano la riscossione e il versamento all'erario delle citate imposte e delle entrate dell'AAMS.

    3 Ai sensi dell'art. 1 della legge 10 dicembre 1975, n. 724 (2), le operazioni di importazione in Italia e di commercio all'ingrosso dei tabacchi manifatturati provenienti da altri Stati membri della Comunità possono essere effettuate a condizione che le merci vengano immagazzinate nei depositi dell'AAMS o in depositi privati che abbiano ottenuto un'autorizzazione amministrativa (3). Ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della legge, l'importazione può essere effettuata soltanto per prodotti che siano stati preventivamente inseriti in tabelle di prezzi, e non possono essere importati tabacchi in condizionamenti diversi da quelli stabiliti con decreto del Ministro per le finanze. Per i tabacchi importati è dovuta, ai sensi dell'art. 3 della legge, una sovrimposta di confine pari all'imposta di consumo che viene assolta dall'importatore mediante l'applicazione sui singoli condizionamenti di appositi contrassegni di Stato.

    Risulta che in pratica fino ad oggi sono state effettuate solo importazioni di tabacchi manifatturati per il tramite dei depositi dell'AAMS.

    4 La vendita al minuto dei tabacchi manifatturati può essere effettuata esclusivamente da rivendite munite di speciale concessione dell'AAMS. Vi sono due tipi di rivendite (4). Le rivendite ordinarie, che sono circa 60 000, sono affidate a privati in appalto dove e quando l'AAMS lo ritenga utile ed opportuno. A tal fine essa tiene conto della distanza intercorrente dagli esistenti punti di vendita, del rapporto fra il numero di rivendite e le esigenze del consumo, fra cui l'ammontare della popolazione locale e l'esistenza di necessità specifiche. Le rivendite speciali, che ammontano a circa 16 000, sono gestite in particolare da alberghi, ristoranti, ospedali e carceri. L'orario di apertura viene fissato dagli ispettori regionali dell'AAMS su parere delle autorità comunali e le rivendite sono tenute a restare aperte a turno nei giorni festivi.

    5 La tabella dei prezzi dei tabacchi manifatturati è fissata periodicamente dal ministero delle Finanze, ai sensi della legge 7 marzo 1985, n. 76 (5), che ha modificato la legge 13 luglio 1965, n. 825 (6).

    6 La detenzione illegittima di tabacchi nazionali è punita in forza dell'art. 66 della legge 17 luglio 1942, n. 907 (7), a titolo di contrabbando. Questo delitto, ai sensi della legge 3 gennaio 1951, n. 27 (8), è punito con una multa che va da 150 000 a 400 000 LIT (corrispondente attualmente a circa 70-185 ECU) per ogni kg o frazione di kg di tabacco lavorato. Quest'ultima legge prevede altresì la confisca delle merci nonché pene detentive fino a due anni qualora il contrabbando abbia ad oggetto più di 15 kg di tabacco.

    7 Ai sensi dell'art. 341 del «Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale» (9) (in prosieguo: il «TULD») i delitti di contrabbando aventi ad oggetto tabacchi di origine straniera rientrano esclusivamente nelle disposizioni penali della normativa doganale italiana previste dal detto decreto. Il delitto di contrabbando consiste, ai sensi dell'art. 292 del TULD, nella sottrazione di merci al pagamento dei diritti di confine su di esse gravanti. L'art. 282, lett. f), commina una multa non inferiore a due volte e non superiore a dieci volte l'importo dei dazi doganali evasi, e l'art. 301 dispone altresì la confisca dell'oggetto del reato. Gli artt. 295 e 296 prevedono pene detentive in caso di recidiva (fino a un anno) o in caso di circostanze aggravanti (3-5 anni).

    Ai sensi dell'art. 25, n. 2, del TULD, chi detenga merci estere soggette a diritti di confine è tenuto a dimostrarne la legittima provenienza. In caso contrario il detentore è ritenuto responsabile di contrabbando.

    Fatti

    8 Nel corso di una verifica contabile effettuata il 25 ottobre 1990 nei locali della ditta individuale Sebastiano Banchero veniva rinvenuto un quantitativo di 2,320 kg di tabacchi lavorati esteri, costituiti da 116 pacchetti di sigarette di varie marche, tutti privi del contrassegno dello Stato attestante l'avvenuto pagamento dei dazi doganali.

    9 Di conseguenza il titolare della ditta, signor Giorgio Domingo Banchero, veniva imputato dinanzi alla Pretura circondariale di Genova per violazione degli artt. 285, lett. f), e 341 del TULD per detenzione di merci estere, e cioè i citati tabacchi manifatturati, sprovviste del contrassegno del monopolio, di cui non aveva potuto dimostrare la legittima provenienza.

    L'imputato ha chiarito in corso di causa di aver acquistato le merci presso uno sconosciuto nei pressi del Ponte Monumentale in Genova.

    Ordinanza di rinvio

    10 La Pretura di Genova ha accertato la rilevanza dell'interpretazione del diritto comunitario per la pronuncia nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente, e il 14 marzo 1992 ha emesso un'ordinanza di rinvio di varie questioni pregiudiziali alla Corte. Con ordinanza 19 marzo 1993 nella causa C-157/92, Banchero (10), la Corte si è però astenuta dal risolvere le questioni in quanto il giudice nazionale non aveva descritto i fatti di causa e la normativa italiana in modo sufficiente per consentire alla Corte di fornire una soluzione utile delle questioni sollevate.

    11 La Pretura di Genova, con ordinanza 30 luglio 1993, ha quindi sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali affinché essa valuti il rapporto fra il diritto comunitario e le norme italiane sulla vendita dei tabacchi:

    «1) Se le disposizioni di cui agli artt. 5, 30, 37, 85, 86, 90, 92 e 95 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea, tutti coordinati tra di loro, siano compatibili con la natura e le caratteristiche normative di un monopolio nazionale quale è quello risultante, anche nella sua pratica attuazione, dalla legislazione in vigore nello Stato italiano per il settore dei tabacchi, in particolare per quanto riguarda i profili della esclusiva di produzione, di commercializzazione, vendita e distribuzione in generale, esclusiva attribuita al monopolio nazionale con un meccanismo già di per sé idoneo a creare discriminazioni ai sensi dell'art. 37 del Trattato, a consentire scelte preferenziali configurabili come «misure di effetto equivalente» ai sensi dell'art. 30 del Trattato, a consentire l'abuso di posizione dominante in contrasto con gli artt. 86 e 90 del Trattato.

    Più precisamente:

    Se l'art. 30 del Trattato CEE sia compatibile con una normativa nazionale che riserva la distribuzione al dettaglio dei tabacchi lavorati esteri ad un'impresa detentrice di un monopolio di vendita di tali prodotti, in modo che l'unico circuito di commercializzazione dei tabacchi lavorati esteri stessi risulta costituito dai soli rivenditori abilitati da detto monopolio, e se, in caso di ravvisata incompatibilità, la normativa nazionale costituisca una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione contraria all'art. 30 del Trattato CEE.

    2) Se l'art. 30 del Trattato CEE, alla luce dell'interpretazione data dalla Corte di giustizia, sia compatibile con una legislazione nazionale che punisca l'evasione dell'imposta di consumo sui tabacchi manifatturati provenienti da altri Stati membri, in qualunque quantità essi siano, con una sanzione eccessiva rispetto alla gravità dell'infrazione stessa, in quanto prevede in ogni caso, anche nell'ipotesi di minimi quantitativi di tabacchi, sempre sia l'applicazione di una sanzione penale sia la confisca della merce. In caso di ravvisata incompatibilità, se tale normativa nazionale costituisca una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione contraria all'art. 30 del Trattato.

    3) Se l'art. 90, n. 1, in relazione all'art. 86, n. 2, lett. b), del Trattato CEE sia compatibile con una normativa nazionale che riserva la distribuzione al dettaglio dei tabacchi lavorati anche di provenienza dagli altri Stati membri ad un'impresa detentrice di un monopolio di vendita di tali prodotti, anche laddove l'impresa stessa non sia in grado di soddisfare la domanda che presenta il mercato di quel prodotto e quindi la riserva venga a creare una limitazione della libera circolazione delle merci comunitarie e un abuso di posizione dominante dell'impresa del monopolio».

    12 Il giudice nazionale precisa nell'ordinanza di rinvio che i tabacchi esteri su cui verte la causa principale provengono dalla Comunità.

    Ammissibilità

    13 Dall'ordinanza di rinvio risulta che la prima questione è rilevante in quanto l'eventuale dichiarazione di incompatibilità delle norme del Trattato in tema di libera circolazione delle merci tra gli Stati membri con la legislazione nazionale in materia di monopolio dei tabacchi potrebbe avere influenza sulla pretesa punitiva dello Stato. Il giudice nazionale sostiene in tale contesto che l'inosservanza di norme sproporzionate poste a tutela di un monopolio incompatibile con l'ordinamento comunitario non consentirebbe l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato per violazione delle stesse. Analogamente il giudice sostiene, per quanto riguarda la terza questione, che vi sarebbero evidenti riflessi sull'imputazione ascritta qualora il monopolio italiano dei tabacchi risultasse in contrasto con il combinato disposto degli artt. 90 e 86 del Trattato. L'imputazione riguarderebbe infatti la mancata osservanza di norme «poste a tutela di un monopolio incompatibile con l'ordinamento comunitario».

    14 La difesa dell'imputato ha sottolineato la necessità della soluzione delle questioni ai fini della decisione sulla colpevolezza dell'imputato, e descrive l'imputazione come «detenzione di merci estere (...) senza poterne dimostrare la lecita provenienza». Il patrono dell'imputato si è altresì richiamato alla norma contenuta nell'art. 25, n. 2, del TULD.

    15 Il governo italiano ritiene che la prima e la terza questione vadano dichiarate irricevibili. L'espressione «legittima provenienza» di cui all'art. 25, n. 2, del TULD, riguarda unicamente il pagamento dell'imposta sulle merci ma non il loro acquisto presso il monopolio o no. Ciò si desume dal fatto che la disposizione si applica anche a determinate altre merci estere, ad esempio alcoolici e prodotti petroliferi che non sono commerciati in regime di monopolio.

    16 La Commissione ha osservato che le disposizioni della cui violazione è imputato il signor Banchero sono norme tributarie. La gravità delle sanzioni comminate può però, a parere della Commissione, suscitare alcuni dubbi circa la legittimità «comunitaria» delle norme in questione in relazione all'interesse che esse sono dirette a tutelare che potrebbe essere anche il monopolio. Benché le questioni, a parere della Commissione, non siano irricevibili in via generale, essa ritiene tuttavia, analogamente ai governi francese e spagnolo, che il giudice nazionale non abbia chiarito come gli artt. 5, 85, 92 e 95 del Trattato siano rilevanti per la pronuncia nella causa principale, e che per quanto riguarda queste disposizioni la prima questione non dovrebbe essere risolta.

    17 In considerazione del fatto che il signor Banchero è imputato di evasione fiscale - detenzione di tabacchi per i quali non vi è stata corresponsione dell'imposta - mi sembra prima facie sorprendente che possa eventualmente essere assolto sul rilievo che il Trattato dev'essere interpretato nel senso che le norme italiane sul commercio dei tabacchi sono incompatibili con il Trattato. Nella causa principale è stato infatti accertato che l'imposta sulle merci di cui trattasi non è stata assolta, e la riscossione dell'imposta di consumo sui tabacchi è conforme al diritto comunitario (11).

    18 La circostanza che siffatta interpretazione del diritto comunitario in relazione alle norme italiane sul commercio di tabacchi possa eventualmente avere un'efficacia del genere dipende dall'interpretazione del diritto nazionale, nel caso di specie dell'espressione «provenienza legittima» di cui all'art. 25, n. 2, del TULD. Nell'ordinanza di rinvio il giudice nazionale ha dichiarato che a suo parere la soluzione fornita dalla Corte alle questioni sollevate potrebbe avere evidenti riflessi sull'imputazione ascritta al signor Banchero atteso che le norme di cui trattasi sono a suo parere volte alla tutela di un monopolio. L'argomento del governo italiano, secondo cui l'espressione «provenienza legittima» di cui all'art. 25, n. 2, del TULD va interpretata in modo diverso da quello prospettato dal giudice proponente nell'ordinanza di rinvio, non può passare al vaglio della Corte. Spetta unicamente agli organi giurisdizionali nazionali pronunciarsi su tale questione di interpretazione del diritto interno. La procedura di cooperazione predisposta dall'art. 177 del Trattato, implica, secondo la costante giurisprudenza della Corte, che quest'ultima non è competente a pronunciarsi su una questione del genere (12).

    19 Analogamente dalla procedura di cooperazione deriva che spetta al giudice nazionale valutare la necessità di sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di diritto comunitario ai fini dell'emananda pronuncia nella causa principale. La Corte non è competente a risolvere la questione sottopostale qualora il procedimento pregiudiziale sia stato sviato dal suo scopo e miri in realtà a indurre la Corte a statuire mediante una lite artefatta oppure sia evidente che non può applicarsi la disposizione di diritto comunitario presentata all'interpretazione della Corte. La procedura di cooperazione ai sensi dell'art. 177 del Trattato affida alla Corte il compito non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche ma di pronunciarsi su problemi di diritto comunitario ben definiti sottesi all'obiettiva necessità di dirimere una controversia (13).

    20 La motivazione con cui il giudice nazionale ha giustificato il rinvio pregiudiziale non è a mio parere sufficiente per dichiarare complessivamente l'irricevibilità della prima e della terza questione.

    21 Concordo tuttavia con la Commissione che il giudice a quo non ha chiarito sufficientemente in che modo gli artt. 5, 85, 92 e 95 del Trattato di cui alla prima questione siano rilevanti per la decisione finale nella causa principale (14). Per tal motivo ritengo che la Corte non debba stabilire se queste disposizioni ostino ad una normativa nazionale come quella di cui è causa.

    Prima questione

    22 Con la prima questione il giudice proponente sottopone sostanzialmente al vaglio della Corte la normativa italiana sul commercio dei tabacchi manifatturati alla luce degli artt. 30-36 del Trattato relativi alla libera circolazione delle merci e dell'art. 37 sui monopoli nazionali a carattere commerciale.

    23 A mio parere non è dato desumere dagli atti di causa la necessità di addentrarsi in un'analisi dettagliata rispetto all'art. 37. La Corte ha stabilito nella sua costante giurisprudenza che solo i monopoli d'importazione sono senz'altro in contrasto con l'art. 37. Tale disposizione non osta invece di per sé ad un regime nazionale con esclusiva di vendita (vedasi, proprio in merito al monopolio italiano dei tabacchi, la sentenza 7 giugno 1983, causa 78/82, Commissione contro Italia, Racc. pag. 1955, punto 11). La disposizione di cui è causa prescrive l'adeguamento delle normative nazionali che conferiscono diritti esclusivi in modo che venga esclusa qualsiasi discriminazione per quanto riguarda le condizioni relative agli sbocchi (v. sentenza 13 dicembre 1990, Commissione contro Grecia, causa C-347/88, Racc. pag. I-4747, punti 32 e 42, e sentenza 19 gennaio 1993, causa C-361/90, Commissione contro Portogallo, Racc. pag. I-95, punto 13).

    24 Dopo l'entrata in vigore della legge 10 dicembre 1975, n. 724, l'AAMS non ha però più il diritto esclusivo di importare tabacco, e la possibilità di istituire rivendite di Stato, cioè rivendite al minuto di proprietà dell'AAMS è stata soppressa con la legge 13 maggio 1983, n. 198. Risulta che i dettaglianti possono del resto stabilire autonomamente quali tabacchi intendono smerciare. Mi pare, come ritengono anche la Commissione e il governo francese, che dalle informazioni fornite alla Corte non è dato desumere che il monopolio di Stato non debba essere adeguato al disposto dell'art. 37 in modo che venga esclusa qualsiasi discriminazione in fatto di condizioni relative all'approvvigionamento e agli sbocchi.

    25 Per quanto riguarda l'art. 30 del Trattato, la Corte ha affermato, nella sua precedente giurisprudenza, che una normativa nazionale che riservi ad una determinata categoria professionale la distribuzione di certi prodotti è atta ad incidere sulle possibilità di smercio dei prodotti importati per il fatto che le vendite vengono canalizzate e può, pertanto, costituire una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione (15).

    26 Con la sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard (16), la Corte ha però rivisto la propria giurisprudenza in materia. La Corte ha anzitutto osservato che «(...) secondo la giurisprudenza Cassis de Dijon (sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, Racc. pag. 649), costituiscono misure di effetto equivalente, vietate dall'art. 30, gli ostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti, in assenza di armonizzazione delle legislazioni, dall'assoggettamento delle merci provenienti da altri Stati membri, in cui siano legalmente fabbricate e immesse in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere (quali quelle riguardanti le denominazione, la forma, le dimensioni, il peso, la composizione, le presentazione, l'etichettatura, o il confezionamento), anche qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da finalità di interesse generale tali da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci» (17).

    Essa ha poi dichiarato che, contrariamente a quanto sino ad ora è stato detto «(...) non può costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi della giurisprudenza Dassonville (sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Racc. pag. 837), l'assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, sempreché tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attività sul territorio nazionale e sempreché incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri.

    Infatti, ove tali requisiti siano soddisfatti, l'applicazione di normative di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce elemento atto ad impedire l'accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore rispetto all'ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali. Normative siffatte esulano, quindi, dalla sfera di applicazione dell'art. 30 del Trattato» (18).

    La Corte ha quindi risolto la questione pregiudiziale affermando che l'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che non si applica alla normativa di uno Stato membro che vieti in via generale la rivendita sottocosto.

    27 La sentenza va intesa nel senso che per l'applicazione dell'art. 30 occorre distinguere tra due gruppi di disposizioni nazionali. Il primo gruppo è costituito da disposizioni che limitano o vietano talune modalità di vendita (19). Il fatto che tali disposizioni vengano applicate a merci provenienti da altri Stati membri non integra, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, un ostacolo agli scambi fra Stati membri purché le disposizioni vengano applicate a tutte le imprese interessate che operano all'interno del territorio nazionale, e purché, sia in fatto sia in diritto, lo smercio dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri abbia le stesse conseguenze.

    28 Qualora non sussistano tali presupposti, anche le disposizioni che limitano o vietano determinate forme di vendita costituiscono misure di effetto equivalente ex art. 30 del Trattato. Nella sentenza 10 novembre 1994, causa C-320/93, Lucien Ortscheit GmbH (20), la Corte ha dichiarato che poiché il divieto di pubblicità per medicinali che riguardava unicamente medicinali stranieri non pregiudicava nello stesso modo lo smercio dei medicinali provenienti da altri Stati membri e lo smercio dei medicinali prodotti nel territorio nazionale, esso non poteva chiaramente sottrarsi all'applicazione dell'art. 30 del Trattato. Essa ne ha quindi concluso che ciò poteva restringere in potenza il volume delle importazioni di medicinali nello Stato membro interessato e costituiva quindi una misura di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30 del Trattato.

    Nel settore delle prestazioni di servizi, la Corte ha analogamente ritenuto, nella sentenza 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investments BV (21), che il divieto di contattare telefonicamente privati senza il loro previo consenso per offrire determinati servizi finanziari costituiva un ostacolo alla libera prestazioni di servizi ex art. 59 del Trattato. La Corte ha sottolineato che il divieto emanava dallo Stato membro di stabilimento del prestatore di servizi e non riguardava solo le offerte che egli aveva fatto a destinatari stabiliti sul territorio di tale Stato o che vi si recavano per ricevere i servizi, ma anche le offerte rivolte a destinatari che si trovavano nel territorio di un altro Stato membro. Il divieto pregiudicava quindi direttamente l'accesso alla prestazione di servizi negli altri Stati membri.

    29 Nella sentenza 24 novembre 1993 nella causa Keck e Mithouard la Corte ha dichiarato una normativa nazionale sul divieto di rivendita sottocosto rientra nel gruppo di «disposizioni che limitino o vietino talune modalità di vendita», e che in via generale non costituiscono misure di effetto equivalente di cui all'art. 30 del Trattato (22). In questo gruppo la Corte ha inoltre ricompreso, nella sentenza 15 dicembre 1993, Huenermund, una norma deontologica che vieta ai farmacisti di fare la pubblicità di prodotti parafarmaceutici al di fuori delle farmacie (23). Tale gruppo comprende altresì, stando alla sentenza 2 giugno 1994, Tankstation 't Heukske e Boermans, le norme sull'orario di apertura delle stazioni di servizio, in quanto siffatte disposizioni riguardino «le circostanze di tempo e di luogo in cui le merci (...) possono essere vendute (...)» (24). Inoltre nella sentenza 2 giugno 1994, Punto Casa e PPV la Corte ha inserito in tale gruppo le norme sul divieto dell'apertura domenicale degli esercizi di vendita al minuto in quanto riguardavano «le modalità di vendita ai consumatori di diversi prodotti (...)» (25). Nella sentenza 9 febbraio 1995, Leclerc-Siplec, la Corte ha infine equiparato a tale gruppo una norma che vieta la pubblicità televisiva di imprese di distribuzione rilevando che essa vietava «una determinata forma di promozione (pubblicità televisiva) di un determinato metodo di smercio (distribuzione) di prodotti» (26).

    30 Il secondo gruppo comprende tutti gli altri casi e viene descritto nella sentenza 24 novembre 1993, nella causa Keck e Mithouard, come ostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti dall'assoggettamento delle merci provenienti da altri Stati membri, in cui siano legalmente fabbricate e immesse in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere, ad esempio quelli riguardanti la denominazione, la forma, le dimensioni, il peso, la composizione, la presentazione, l'etichettatura o il confezionamento. E' irrilevante che le norme di tale gruppo vengano applicate indistintamente ai prodotti esteri e a quelli interni qualora la detta applicazione non risulti giustificata da finalità di interesse generale tali da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci.

    Nella giurisprudenza della Corte successiva a questa sentenza sono state equiparate le norme di questo gruppo alle disposizioni nazionali che vietano l'importazione e la vendita di una merce con una determinata denominazione (27), ovvero che limitano la possibilità di indicare sulla confezione del prodotto la data di scadenza (28).

    In questo gruppo non rientrano però solo le norme nazionali sui requisiti cui le merci devono rispondere. Infatti, nella sentenza 15 dicembre 1993, Ligur Carni e a. (29), la Corte ha affermato che le disposizioni nazionali che impongono agli importatori di carni fresche di utilizzare una determinata impresa per il trasporto e la consegna delle loro merci ovvero di versare l'importo corrispondente alla detta impresa, costituiscono una misura di effetto equivalente di cui all'art. 30. Analogamente la Corte, nella sentenza 5 ottobre 1994, Centre d'Insémination de la Crespelle (30), ha dichiarato che le disposizioni nazionali che impongono alle imprese importatrici di materiale seminale da altri Stati membri di consegnarlo ad un centro omologato, costituiscono misure di effetto equivalente.

    31 La difesa dell'imputato ha sostenuto che il regime italiano del commercio dei tabacchi va considerato complessivamente una misura di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30 del Trattato. La difesa ha fra l'altro osservato che esso comporta una restrizione all'importazione di tabacchi in Italia in quanto essi devono essere immagazzinati presso l'AAMS ovvero in depositi che abbiano previamente ottenuto un'autorizzazione speciale. Configura altresì una restrizione il fatto che i tabacchi non possono essere importati e smerciati in confezioni diverse da quelle stabilite dalla normativa italiana, così come il fatto che dette merci debbono essere registrate in un elenco dei prezzi stabilito dal ministero della Finanze, riconducibile ad un requisito di autorizzazione alla vendita concessa dalle pubbliche autorità. Il regime comporta in pratica che i produttori esteri di tabacco che intendono vendere le proprie merci sul mercato italiano devono concludere accordi con il monopolio sull'immagazzinamento e la distribuzione delle merci stesse.

    32 Il governo italiano ha replicato richiamandosi alla recente giurisprudenza della Corte in tema di disposizioni nazionali che limitano o vietano determinate modalità di vendita. A suo parere la normativa italiana non limita l'importazione di tabacchi da altri Stati membri. Essa è del resto posta a tutela di esigenze sanitarie nonché delle entrate erariali in un settore ad alta imposizione.

    33 I governi francese e spagnolo hanno sostenuto che l'orientamento giurisprudenziale definito dalla Corte nella causa Keck e Mithouard implica che le disposizioni nazionali sui monopoli di vendita al minuto non costituiscono restrizioni di cui all'art. 30 purché incidano nello stesso modo sul commercio di prodotti stranieri e nazionali. Esistono monopoli di vendita al minuto dei tabacchi anche in Francia e in Spagna, giustificati fra l'altro da esigenze di lotta all'evasione fiscale. Il governo francese ha inoltre sottolineato che le rivendite di tabacchi nei centri minori svolgono spesso altresì l'attività di chioschi e caffè, e garantiscono quindi una funzione sociale rilevante.

    34 La Commissione ha sostenuto che il regime italiano del commercio dei tabacchi costituisce una misura di effetto equivalente di cui all'art. 30 del Trattato. L'esclusiva di vendita dei tabacchi concessa ad un determinato gruppo di esercenti comporta una canalizzazione delle vendite atta a limitare l'importazione di tali prodotti. Non si può ritenere che siffatta esclusiva rientri nel nuovo orientamento giurisprudenziale avviato dalla Corte con la sentenza nelle cause riunite Keck e Mithouard, ma anche in tal caso vi sarebbe una misura di effetto equivalente in quanto il governo italiano non ha provato che la normativa di cui è causa, sia in fatto sia in diritto, pregiudica nello stesso modo la distribuzione di merci prodotte all'interno e di merci provenienti da altri Stati membri. Ciò risulta in modo particolare nel caso di specie in cui si tratta di un'autorità che controlla il commercio del tabacco nel suo complesso ed in cui esiste di fatto un monopolio del commercio all'ingrosso. Le restrizioni derivanti da tale regime non possono essere giustificate in forza dell'art. 36, in particolare perché non sono proporzionate.

    35 A mio parere il plesso normativo che disciplina la vendita dei tabacchi manifatturati su cui verte il presente procedimento è fondamentalmente diverso dal tipo di norme che la Corte, nella causa Keck e Mithouard e nelle successive sentenze, ha equiparato al gruppo di «disposizioni che limitano o vietano determinate modalità di vendita». Quelle sentenze riguardavano tutte disposizioni che limitavano completamente o in parte la possibilità per le imprese di condurre talune forme di attività commerciale, in modo così generale e poco incisivo da non consentire di presumere che esse avessero un'incidenza rilevante sullo smercio dei prodotti importati.

    36 A mio parere è del tutto logico ritenere che le norme nazionali in forza delle quali talune merci possono essere vendute solo da uno specifico gruppo di esercenti vadano annoverate fra le norme che «limitano o vietano determinate modalità di vendita». Nel caso di specie si tratta invece, relativamente a un prodotto specifico, e cioè il tabacco lavorato, della canalizzazione della produzione, dell'importazione, dell'immagazzinamento e dello smercio, gestiti da un'autorità che simultaneamente riscuote imposte di consumo e altre imposte su tali attività. Inoltre vengono stabiliti requisiti per quanto riguarda il confezionamento delle merci, così come la possibilità di importare tabacchi da altri Stati membri è subordinata alla condizione che le merci vengano riportate in un elenco di prezzi stabilito dal ministero delle Finanze. Il regime è inoltre combinato ad un monopolio di fatto del commercio all'ingrosso, e le merci importate devono essere consegnate ad un deposito autorizzato qualora non vengano immagazzinate nei depositi di proprietà delle autorità statali, vedansi in proposito le citate sentenze della Corte 15 dicembre 1993, Ligur Carni e a., e 5 ottobre 1994, Centre d'Insémination de la Crespelle. A mio parere non vi sono praticamente dubbi sul fatto che la normativa italiana sulla vendita di tabacchi manifatturati nel suo complesso è atta a pregiudicare la possibilità di vendere merci importate e costituisce quindi una misura di effetto equivalente di cui all'art. 30 del Trattato.

    37 La tutela della vita e della salute delle persone può, ai sensi dell'art. 36 del Trattato, giustificare restrizioni alla libera circolazione delle merci.

    38 E' ampiamente noto, al giorno d'oggi, che sia il fumo attivo sia quello passivo sono altamente pericolosi per la vita e la salute. Le iniziative che gli Stati membri abbiano avviato al fine di limitare tali pericoli per la salute vanno a mio parere ampiamente sostenute dalla Corte, anche qualora comportino limitazioni in settori centrali come ad esempio la libera circolazione delle merci. Diversi Stati membri hanno infatti istituito varie norme volte a limitare i pericoli per la salute derivanti dal fumo attivo e passivo, ad esempio mediante norme che vietano il fumo nei locali pubblici, nei ristoranti e in altri luoghi pubblici, che limitano il contenuto di nicotina e catrame nei tabacchi manifatturati, che vietano specifici tipi di tabacco, la pubblicità di questi prodotti, ecc.

    39 A mio parere non vi è nessun motivo per ritenere che le norme italiane sul commercio dei tabacchi siano volte o atte alla tutela della vita e della salute delle persone limitando il fumo attivo o passivo. Vi sono 76 000 rivendite di tabacchi manifatturati, che sono disposte fra l'altro tenendo conto delle esigenze del consumo rispetto alla popolazione locale e a esigenze specifiche. Le rivendite sono perfino tenute a restare aperte a turno nei giorni festivi. Non risulta poi in nessun modo che tale regime sia volto a ridurre il consumo di tabacco in Italia rispetto agli altri Stati membri. Esso non può quindi essere giustificato con esigenze attinenti alla tutela della vita e della salute.

    40 Un'efficace tutela e controllo del gettito fiscale può giustificare taluni ostacoli agli scambi all'interno della Comunità (vedasi in particolare la citata sentenza 20.2.1979, Rewe-Zentral, punto 26). E' indubbio che il regime italiano costituisce un mezzo efficace per garantire il gettito fiscale e il suo controllo per quanto riguarda l'imposta di consumo sui tabacchi manifatturati. Un regime del genere non è però a mio parere necessario per tutelare il gettito fiscale e il suo controllo per quanto riguarda prodotti soggetti ad elevati oneri tributari. Tale scopo può essere perseguito con provvedimenti meno restrittivi non connessi alla canalizzazione della produzione, dell'importazione, dell'immagazzinamento e della vendita. Altri Stati membri dispongono altresì di un'efficace tutela del gettito fiscale e del suo controllo nel settore dei tabacchi senza un regime del genere. Va ricordato inoltre che in Italia vengono altresì riscosse imposte, ad esempio sugli alcoolici, senza che sia stato necessario istituire un monopolio analogo. Il regime di cui trattasi non può pertanto neppure essere giustificato con l'esigenza di tutelare efficacemente il gettito fiscale e il controllo dell'imposta di consumo sui tabacchi manifatturati.

    41 Gli Stati membri devono naturalmente poter adottare provvedimenti ragionevoli onde garantire la possibilità di continuare ad acquistare tabacchi nei piccoli centri abitati. E' però difficile affermare che questo scopo può essere perseguito unicamente mediante una normativa di portata così vasta come quella italiana. Esso non può comunque giustificare il mantenimento di un sistema di esclusiva in altri luoghi, come nei grandi centri. Deve eventualmente anche essere dimostrato che la vendita di tabacchi ha una concreta rilevanza economica per la possibilità di conservare chioschi, caffè, uffici postali e affini nei piccoli centri abitati. Il regime di cui trattasi non può pertanto neppure essere giustificato sulla scorta di tali considerazioni.

    42 Complessivamente ritengo che la prima questione vada risolta dichiarando che gli artt. 30 e 36 del Trattato vanno interpretati nel senso che ostano ad un regime globale nazionale del commercio dei tabacchi manifatturati come quello descritto nell'ordinanza di rinvio.

    Seconda questione

    43 A mio parere tale questione va intesa nel senso che il giudice nazionale chiede una valutazione della compatibilità dell'art. 30 del Trattato con norme come quelle italiane sulle pene comminate e sulle altre conseguenze giuridiche derivanti dalla detenzione di tabacchi manifatturati per cui non sia stata corrisposta l'imposta. Se siffatta normativa costituisca una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione.

    44 Le norme che dispongono obblighi e divieti, con sanzioni penali, per gli importatori di un prodotto, in determinate circostanze possono, secondo la giurisprudenza della Corte, costituire misure di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30 del Trattato. Nella sentenza 15 dicembre 1976, Donckerwolke (31), la Corte ha infatti dichiarato che una norma nazionale che impone di indicare nel documento di accompagnamento il paese d'origine di una merce rientra nell'art. 30 del Trattato qualora imponga all'importatore di dichiarare più di quanto gli è noto o può ragionevolmente essergli noto, oppure se l'omessa o inesatta dichiarazione implica una sanzione eccessiva in relazione all'indole dell'infrazione di carattere puramente amministrativo. La Corte ha poi dichiarato nella sentenza 11 maggio 1989, Wurmser (32), che una disposizione nazionale che impone al responsabile della prima immissione sul mercato nazionale di un prodotto di verificare, salvo far sorgere la sua responsabilità penale, la conformità di tale prodotto alle prescrizioni vigenti è compatibile con gli artt. 30 e 36 del Trattato solo qualora l'importatore abbia la possibilità di liberarsi della sua responsabilità producendo un certificato atto a dimostrare che quest'ultimo ha soddisfatto il suo obbligo di verifica della conformità del prodotto.

    45 Nel caso di specie la situazione è completamente diversa. Il signor Banchero è imputato di essere stato in possesso di tabacchi per cui non era stata pagata l'imposta. Egli non è imputato di aver importato in evasione dell'imposta le dette merci, le quali risulta aver acquistato da uno sconosciuto nei pressi del Ponte Monumentale di Genova.

    46 Le disposizioni in forza delle quali il signor Banchero è stato imputato sono volte a garantire l'osservanza delle norme relative all'imposta di consumo sui tabacchi fondate sulla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall'imposta sulla cifra d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati (33). E' naturale che gli Stati membri comminino sanzioni penali per ottenere il rispetto delle dette norme e che prevedano l'irrogazione di ammende e il sequestro nei confronti del detentore di merci non regolarmente sdoganate. Queste norme penali non ostano all'importazioni di merci in trasgressione delle norme tributarie, che sono del resto conformi al diritto comunitario.

    47 La seconda questione va a mio parere risolta nel senso che le norme nazionali che prevedono sanzioni penali e altre conseguenze giuridiche per la detenzione di tabacchi con contestuale evasione dell'imposta, non rientrano nell'art. 30 del Trattato.

    Terza questione

    48 Con la terza questione il giudice rimettente chiede alla Corte di stabilire se le norme nazionali come quelle italiane sulla vendita al minuto di tabacchi siano compatibili con gli artt. 86 e 90 del Trattato. La questione sembra essere fondata sul fatto che il giudice a quo nutre dubbi sulla possibilità per i dettaglianti, fra l'altro a causa delle norme sull'orario di apertura degli esercizi e in conseguenza degli scioperi, di soddisfare la domanda del consumatore.

    49 La difesa dell'imputato ha sostenuto che le attività dell'AAMS nel settore dello smercio al minuto rientrano nell'art. 90 del Trattato in quanto le rivendite di tabacchi vanno considerate parte dell'AAMS ovvero dispongono collettivamente di una posizione dominante. E' quindi in contrasto con l'art. 86 la concessione di diritti esclusivi giustificata dal fatto che i fumatori debbono poter acquistare tabacco 24 ore su 24 e liberamente in tutti gli esercizi che intendono venderli, e che la limitazione del numero di rivenditori costituisce una limitazione dello smercio di tabacchi a danno dei consumatori.

    50 La Commissione, con il sostegno del governo italiano, ha affermato che l'AAMS non può, in forza della normativa italiana, operare sul mercato vendendo tabacchi al minuto e che su tale mercato l'AAMS svolge unicamente l'esercizio dei pubblici poteri rilasciando l'autorizzazione ai singoli tabaccai. Secondo la Commissione non si può ritenere che l'AAMS disponga di un tale controllo economico e direzionale sui rivenditori al minuto da far sì questi ultimi operano in sostanza unicamente come organi dell'AAMS. L'art. 90 del Trattato non va pertanto applicato.

    51 Ai sensi della normativa italiana l'AAMS stessa non può vendere tabacchi al minuto. Il fatto che una determinata attività sia subordinata al rilascio di un'autorizzazione non comporta di per sé che chi la emette e chi ne è titolare debba essere considerato complessivamente un'impresa rispetto all'art. 86 del Trattato. L'AAMS e le singole rivendite di tabacchi al minuto possono unicamente essere considerate, alla luce delle norme del Trattato in tema di concorrenza, come un'unica impresa qualora sussista un'unità economica nell'ambito della quale i singoli rivenditori al minuto non dispongono di effettiva autonomia nella determinazione del proprio comportamento sul mercato, e gli accordi fra le entità di cui trattasi abbiano lo scopo di una ripartizione di compiti all'interno dell'impresa (34).

    52 E' assodato che lo Stato italiano (mediante il ministero delle Finanze) fissa i prezzi di vendita e i margini dei rivenditori al minuto, così come (mediante gli ispettori regionali dell'AAMS), dopo aver sentito le autorità comunali, stabilisce gli orari di apertura delle rivendite. Ciò però non può a mio parere essere considerato sufficiente per ritenere che l'AAMS e le 76 rivendite costituiscano un'unica impresa per quanto riguarda l'applicazione delle norme del Trattato in materia di concorrenza. Ad esempio non sussistono rapporti proprietari in comune fra l'AAMS e le singole rivendite di tabacchi, che sono entità giuridiche distinte. Inoltre risulta che i singoli rivenditori sopportano personalmente il rischio commerciale per i tabacchi invenduti. Infine va notato che dalle informazioni disponibili risulta che i rivenditori al minuto decidono autonomamente l'assortimento di tabacchi che intendono gestire fra le marche distribuite dall'AAMS. Ritengo pertanto che non sussista il presupposto della terza questione sollevata dal giudice nazionale, e cioè che l'AAMS opera sul mercato come impresa di vendita di tabacchi al minuto.

    53 Propongo pertanto alla Corte di risolvere la terza questione nel senso che un ente pubblico che non può praticare direttamente la vendita di tabacchi manifatturati al minuto e dispone della competenza per il rilascio ad altri soggetti dell'autorizzazione alla vendita al minuto delle dette merci, non costituisce un'impresa operante su tale mercato ai sensi degli artt. 86 e 90 del Trattato.

    Conclusioni

    54 Propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni sollevate dal Pretore di Genova con ordinanza 30 luglio 1993 nel modo seguente:

    1) Gli artt. 30 e 36 del Trattato vanno interpretati nel senso che ostano ad un regime globale nazionale del commercio dei tabacchi lavorati come quello descritto nell'ordinanza di rinvio.

    2) Le norme nazionali relative alle sanzioni penali e alle altre conseguenze giuridiche per la detenzione di tabacchi con contestuale evasione dell'imposta non rientrano nell'art. 30 del Trattato.

    3) Un ente pubblico che non può svolgere direttamente l'attività di vendita al minuto di tabacchi manifatturati e dispone della competenza per il rilascio ad altri soggetti dell'autorizzazione alla vendita al minuto delle dette merci non costituisce un'impresa operante su tale mercato ai sensi degli artt. 86 e 90 del Trattato.

    (1) - GURI n. 9 del 13.1.1958.

    (2) - GURI n. 4 del 7.1.1976.

    (3) - Sulla compatibilità con l'art. 37 del detto monopolio d'importazione, che sussisteva sino all'entrata in vigore della citata legge, vedasi la sentenza della Corte 3.2.1976, causa 59/75, Manghera (Racc. pag. 91).

    (4) - La possibilità di istituire rivendite di Stato, fra cui rivendite al dettaglio di proprietà dell'AAMS, è stata soppressa con la legge 13.5.1983, n. 198, GURI n. 138 del 21.5.1983.

    (5) - GURI n. 65 del 16.3.1985.

    (6) - V. in proposito la sentenza della Corte 28 aprile 1993, causa C-306/91, Commissione contro Italia (Racc. pag. I-2133) .

    (7) - GURI n. 199 del 26.7.1942.

    (8) - GURI n. 27 del 2.2.1951.

    (9) - Decreto del Presidente della Repubblica 23.1.1973, n. 43, e successive modificazioni.

    (10) - Racc. pag. I-1085.

    (11) - V. artt. 2 e 4 della direttiva del Consiglio 19.12.1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall'imposta sulla cifra d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati, come modificata con direttiva del Consiglio 19.12.1977, 77/805/CEE (GU L 338, pag. 22).

    (12) - V. ad esempio la sentenza 16.4.1991, causa C-347/89, Eurim-Pharm (Racc. I-1747).

    (13) - V. sentenze 16.12.1981, causa 244/80, Foglia contro Novello (Racc. pag. 3045), 8.11.1990, causa C-231/89, Gmurzynska-Bscher (Racc. pag. I-4003, punto 23) e 9.2.1995, causa C-412/93, Leclerc, non ancora pubblicata nella Raccolta.

    (14) - V. ad esempio sentenza 28.3.1979, causa 222/78, ICAP contro Beneventi (Racc. pag. 1163).

    (15) - Vedasi da ultimo la sentenza 25.5.1993, causa C-271/92, LPO (Racc. pag. I-2899, punto 7).

    (16) - Racc. pag. I-6097.

    (17) - Punto 15.

    (18) - Punti 16 e 17.

    (19) - Del secondo gruppo si parlerà infra al paragrafo 30.

    (20) - Non ancora pubblicata nella Raccolta.

    (21) - Non ancora pubblicata nella Raccolta.

    (22) - Cfr. nota 16.

    (23) - Causa C-292/92 (Racc. pag. I-6787).

    (24) - Cause riunite C-401/92 e C-402/92 (Racc. pag. I-2999).

    (25) - Cause riunite C-69/93 e C-258/93, Punto Casa e PPV (Racc. pag. I-2355, punto 13).

    (26) - Causa C-412/93, non ancora pubblicata nella Raccolta.

    (27) - Sentenza 2.2.1994, causa C-315/92, Verband Sozialer Wettbeverb (Racc. pag. I-317).

    (28) - Sentenza 1.6.1994, causa 317/92, Commissione contro Germania (Racc. pag. I-2039).

    (29) - Cause riunite C-277/91 e C-318/91 e 319/91 (Racc. pag. I-6621).

    (30) - Causa C-323/93 (Racc. pag. I-5077).

    (31) - Causa 41/76 (Racc. pag. 1921).

    (32) - Causa 25/88 (Racc. pag. 1105).

    (33) - GU L 303, pag. 1.

    (34) - Vedansi le sentenze 31 ottobre 1974, causa 15/74, Centrafarm (Racc. pag. 1147, punto 41), 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm (Racc. pag. 2999, punto 11) e 4 maggio 1988, causa 30/87, Bodson (Racc. pag. 2479 punti 19 e 20).

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