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Document 61992CC0435

    Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 21 settembre 1993.
    Association pour la protection des animaux sauvages e altri contro Préfet de Maine-et-Loire e Préfet de la Loire-Atlantique.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal administratif di Nantes - Francia.
    Conservazione degli uccelli selvatici - Periodi di caccia.
    Causa C-435/92.

    Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-00067

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1993:367

    61992C0435

    Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 21 settembre 1993. - ASSOCIATION POUR LA PROTECTION DES ANIMAUX SAUVAGES E ALTRI CONTRO PREFET DE MAINE-ET-LOIRE E PREFET DE LOIRE-ATLANTIQUE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNAL ADMINISTRATIF DE NANTES - FRANCIA. - CONSERVAZIONE DEGLI UCCELLI SELVATICI - PERIODI DI CACCIA. - CAUSA C-435/92.

    raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-00067


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    Signor Presidente,

    Signori Giudici,

    1. Nella presente causa, il Tribunal administratif di Nantes solleva tre questioni pregiudiziali relative all' interpretazione dell' art. 7, n. 4, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (2) (in prosieguo: la "direttiva sugli uccelli" o la "direttiva").

    Il contesto di diritto e di fatto

    2. Le questioni pregiudiziali sono state sollevate nel contesto di sei ricorsi di annullamento proposti al Tribunal administratif di Nantes da varie associazioni per la tutela dell' ambiente e da un' associazione di cacciatori contro i decreti con i quali il prefetto della Maine-et-Loire e il prefetto della Loire-Atlantique, ciascuno per il rispettivo dipartimento, hanno fissato le date di chiusura della stagione venatoria 1992-1993. Le parti fondano i loro ricorsi di annullamento, in particolare, su asserite violazioni della direttiva sugli uccelli.

    3. A norma dell' art. 1, n. 1, la direttiva sugli uccelli "concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il Trattato. Essa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento".

    L' art. 2 dispone, in generale, che "gli Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all' articolo 1 ad un livello che corrisponde, in particolare, alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative".

    L' art. 5 della direttiva impone agli Stati membri di istituire un divieto di uccidere, catturare, disturbare o detenere deliberatamente tutte le specie di uccelli contemplate dalla direttiva.

    In deroga a detto divieto, l' art. 7 autorizza la caccia di taluni uccelli, ma a condizioni restrittive. Le parti dell' art. 7 che rilevano ai fini delle presenti questioni pregiudiziali sono così formulate:

    "1. In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate nell' allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale. Gli Stati membri faranno in modo che la caccia di queste specie non pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione (...).

    4. Gli Stati membri si accertano che l' attività venatoria (...), quale risulta dall' applicazione delle disposizioni nazionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda il contingente numerico delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall' articolo 2. Essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione della caccia non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza. Quando si tratta di specie migratrici essi provvedono, in particolare, a che le specie soggette alla legislazione della caccia non vengano cacciate durante il periodo di riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione (...)".

    E' soprattutto quest' ultimo passaggio, cioè l' art. 7, n. 4, terza frase, relativo al tragitto di ritorno degli uccelli migratori verso il loro luogo di nidificazione, che viene in considerazione nella presente causa.

    4. In Francia le norme in materia di delimitazione della stagione di caccia sono contenute negli artt. R.224-3, R.224-4 e R.224-5 del "code rural" (3).

    L' art. R.224-3 dispone che la caccia con cane da ferma e fucile e la caccia col falcone sono aperte durante i periodi fissati ogni anno con decreto del prefetto, adottato su proposta del direttore dipartimentale dell' agricoltura e delle foreste, previo parere del consiglio dipartimentale della caccia e della fauna selvatica e della federazione dei cacciatori. Il decreto deve essere pubblicato almeno 20 giorni prima della data della sua entrata in vigore.

    L' art. R.224-5 fissa, per talune specie selvatiche, tra cui gli uccelli migratori e le specie acquatiche cacciabili, delle date limite nell' ambito delle quali debbono essere collocate le date di apertura e di chiusura stabilite dai prefetti (4). Per le specie migratrici, la più tardiva data di chiusura autorizzata è l' ultimo giorno di febbraio (5). Per le specie acquatiche, la data limite di chiusura è pure l' ultimo giorno di febbraio, salvo che per il germano reale, per il quale la data è fissata al 15 febbraio (6).

    5. Con sentenza 7 luglio 1992, il prefetto del dipartimento della Maine-et-Loire ha fissato la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori ed alle specie acquatiche come segue:

    UCCELLI MIGRATORI28 febbraio 1993

    SPECIE ACQUATICHE:

    germano reale10 febbraio 1993

    oca selvatica, mestolone, moriglione

    e pavoncella 20 febbraio 1993

    altre specie acquatiche cacciabili28 febbraio 1993

    Con decreto 22 luglio 1992, il prefetto del dipartimento della Loire-Atlantique ha fissato le seguenti date di chiusura:

    UCCELLI MIGRATORI:

    beccaccia e colombaccio 28 febbraio 1993

    altre specie migratrici10 gennaio 1993

    SPECIE ACQUATICHE:

    germano reale7 febbraio 1993

    pavoncella, piviere dorato, beccaccia di mare,

    oca selvatica e altri anatidi14 febbraio 1993

    altre specie acquatiche cacciabili28 febbraio 1993

    6. L' Association pour la protection des animaux sauvages ha proposto, dinanzi al Tribunal administratif di Nantes, un ricorso di annullamento avverso il decreto del prefetto della Maine-et-Loire, sostenendo, in particolare, che il decreto è illegittimo in quanto autorizza la caccia ad uccelli migratori e alle specie acquatiche per un periodo eccessivamente lungo.

    La stessa Association pour la protection des animaux sauvages, nonché il Groupe ornithologique de Loire-Atlantique, la Société pour l' étude et la protection de la nature en Bretagne e il Rassemblement des opposants à la chasse, hanno proposto dinanzi a questo stesso tribunale amministrativo dei ricorsi di annullamento avverso il decreto del prefetto della Loire-Atlantique, per il motivo che il decreto autorizza la caccia agli uccelli migratori e acquatici per un periodo eccessivamente lungo. La Fédération départementale des chasseurs de Loire-Atlantique chiede altresì l' annullamento del decreto, per il motivo, però, che chiude la caccia a talune specie di uccelli troppo presto.

    Le questioni pregiudiziali

    7. Con sei ordinanze 17 dicembre 1992 - una per ciascuno dei sei ricorsi di annullamento proposti - il Tribunal administratif di Nantes ha deciso di sottoporre alla Corte tre questioni pregiudiziali intese a sapere:

    - se la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori e alle specie acquatiche debba essere fissata alla data di inizio della migrazione prenuziale o alla data variabile di inizio della migrazione;

    - se l' art. 7, n. 4, della direttiva sugli uccelli osti a che le autorità nazionali fissino date di chiusura della caccia scaglionate in funzione delle specie; e

    - se il potere conferito ai prefetti di fissare la data di chiusura della caccia nel loro dipartimento sia compatibile con la protezione voluta dalla direttiva.

    Nel corso dello svolgimento delle presenti conclusioni, esaminerò l' una dopo l' altra dette questioni. In questo contesto mi soffermerò su taluni argomenti avanzati dalle varie parti nel procedimento dinanzi alla Corte (cioè il prefetto della Maine-et-Loire, il Rassemblement des opposants à la chasse, la Fédération départementale des chasseurs de Loire-Atlantique, il governo francese e la Commissione delle Comunità europee). Tuttavia, per una completa esposizione degli argomenti delle varie parti, rinvio alla relazione d' udienza.

    Soluzione della prima questione

    8. Con la prima questione pregiudiziale si vuol sapere se la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori e acquatici debba essere fissata alla data di inizio della migrazione prenuziale, o a quella di variabilità dell' inizio della migrazione. Dalle decisioni di rinvio del Tribunal administratif di Nantes emerge che questo giudice considera, con questi termini, due date quali descritte in un rapporto intitolato "Répartition et chronologie de la migration prénuptiale et de la reproduction en France des oiseaux d' eau gibier" (ripartizione e cronologia della migrazione prenuziale e della riproduzione in Francia degli uccelli acquatici cacciabili), redatto congiuntamente dal Muséum national d' histoire naturelle et dall' Office national de la chasse nel marzo 1989, su richiesta del segretario di Stato francese preposto all' Ambiente (in prosieguo: il "rapporto congiunto"). Per una buona comprensione della questione pregiudiziale, mi pare indispensabile dedicare un' esposizione relativamente dettagliata a detto rapporto congiunto e alla circolare del ministero dell' Ambiente ad esso collegata e alla quale il giudice a quo fa altresì riferimento nelle sue ordinanze.

    9. La prima parte del rapporto, che varie parti hanno sottoposto alla Corte, contiene i risultati di uno studio relativo alla migrazione prenuziale degli uccelli acquatici in Francia (7). Dalla prefazione del segretario di Stato preposto all' Ambiente emerge che questo studio ha avuto espressamente lo scopo di raccogliere dati scientifici ai fini dell' applicazione dell' art. 7, n. 4, della direttiva sugli uccelli e, in particolare, della disposizione contenuta in detto articolo secondo la quale gli Stati membri, "quando si tratta di specie migratrici (...) provvedono, in particolare, a che le specie soggette alla legislazione della caccia non vengano cacciate (...) durante il ritorno al luogo di nidificazione" (v. paragrafo 3 supra).

    Nelle conclusioni di questo studio, il rapporto congiunto indica che la data dell' inizio della migrazione prenuziale varia in funzione di tre fattori. In primo luogo, vi sono differenze tra le specie di uccelli: talune iniziano la loro migrazione presto, altre tardi. In secondo luogo vi sono differenze fra anno e anno. Per talune specie queste variazioni sono considerevoli, per altre sono invece ridotte (8). In terzo luogo, vi sono differenze geografiche. Esse, tuttavia, sembrano essere poco importanti rispetto alle variazioni da anno ad anno.

    A mo' di sintesi, il rapporto congiunto menziona allora, per le varie specie acquatiche, i seguenti dati:

    1) Una data globale di inizio della migrazione prenuziale. Si tratta di una specie di media che - se ben comprendo - è stata ottenuta prendendo innanzitutto, per ciascun anno, la data mediana (cioè il valore centrale) per le varie regioni geografiche e prendendo poi, tra questi valori mediani per le varie annate, il valore più frequente (cioè il modo). E' proprio questa data media di inizio quella considerata dal giudice a quo allorché parla di "data di inizio della migrazione prenuziale".

    2) Le date estreme (la più precoce e la più tardiva) entro le quali varia la data di inizio della migrazione prenuziale, sia secondo gli anni, sia secondo le zone geografiche. La data più precoce è quella che la questione pregiudiziale chiama la "data variabile di inizio della migrazione".

    3) Il periodo della massima attività migratoria. Si tratta a questo riguardo - se ben capisco - del periodo durante il quale è in corso la migrazione del maggior numero di uccelli (9).

    10. Sulla base di questo rapporto congiunto, il ministero francese dell' Ambiente, nel dicembre 1991, redigeva, in collaborazione col Muséum national d' histoire naturelle, una nota che riassume e rende operativi i risultati del rapporto. Inoltre il ministero dell' Ambiente ha altresì redatto una nota relativa all' utilizzazione di criteri quantitativi per determinare le date di apertura e di chiusura della caccia. Questa nota difende una concezione secondo la quale l' inizio della migrazione prenuziale deve essere considerato significativo solo quando il 10% degli uccelli hanno iniziato la migrazione.

    Infine, il 9 gennaio 1992, il ministero dell' Ambiente indirizzava una circolare ai prefetti dei dipartimenti; questa circolare, alla quale erano allegate le due note precitate, era stata presentata alla Corte dal governo francese (10). In essa viene fatto presente che la data di chiusura della caccia per ogni specie di uccello deve essere fissata entro la decade (11) durante la quale, secondo le statistiche degli anni precedenti, il 10% degli uccelli di detta specie ha iniziato la migrazione. I decreti dei prefetti della Maine-et-Loire e della Loire-Atlantique, che costituiscono la materia del contendere nella causa principale dinanzi al Tribunal administratif di Nantes (v. paragrafo 5 supra), sono conformi a detta circolare.

    11. Come precisato nelle ordinanze di rinvio, il Tribunal administratif di Nantes si trovava di fronte a quattro categorie di dati o a quattro possibili metodi per fissare la data di chiusura della caccia degli uccelli migratori e acquatici. Tre di essi provenivano dal rapporto congiunto (la data media di inizio, la data variabile più precoce e il periodo di massima attività migratoria; v. il paragrafo 9 supra), mentre il quarto traeva origine dalla circolare ministeriale (il momento in cui il 10% degli uccelli iniziava la sua migrazione).

    Nelle sue ordinanze di rinvio, il Tribunal administratif dichiara - assolutamente a ragione, come avrò modo di precisare nel paragrafo 18 - che due di queste quattro possibilità, cioè il periodo della massima attività migratoria e il momento nel quale il 10% degli uccelli hanno iniziato la migrazione, sono comunque incompatibili con l' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva sugli uccelli, come interpretato dalla Corte nella sentenza da lei pronunciata nella causa C-157/89 (12). Restano la data media di inizio e la data variabile più precoce, come descritte nel rapporto congiunto. Se ben comprendo, la questione pregiudiziale mira ad ottenere gli elementi di interpretazione necessari per valutare la compatibilità di questi due metodi con la direttiva sugli uccelli.

    12. Mi sembra che gli elementi richiesti siano presenti, in modo implicito ma sicuro, nella citata sentenza C-157/89. Infatti, in questa sentenza la Corte si è già espressa sull' interpretazione (in particolare (13)) della terza frase dell' art. 7, n. 4, della direttiva sugli uccelli:

    "Per quanto riguarda (...) l' interpretazione dell' art. 7, n. 4, (...) terza frase, della direttiva, emerge dagli atti che (...) i movimenti migratori degli uccelli sono caratterizzati da una certa variabilità, che, in ragione delle circostanze meteorologiche, interessa, in particolare, i periodi durante i quali [questo fenomeno si verifica]. Così (...) taluni uccelli di una determinata specie migratrice possono iniziare il loro ritorno verso il luogo di nidificazione in una data relativamente precoce rispetto alla media dei flussi migratori.

    Si tratta pertanto di accertare se uno Stato membro possa autorizzare la caccia (...) per il tempo in cui la maggior parte degli uccelli di una specie migratrice non sorvoli ancora il territorio di questo Stato membro per ritornare al luogo di nidificazione, ovvero se il legislatore nazionale debba aggiungere al periodo abituale (...) di migrazione un periodo supplementare onde tener conto delle variazioni di cui sopra.

    (...) l' art. 7, n. 4, (...) terza frase, della direttiva intende garantire un regime completo di protezione durante i periodi in cui la sopravvivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata. Di conseguenza, la protezione contro le attività venatorie non può essere limitata alla maggioranza degli uccelli di una data specie, determinata secondo la media (...) dei movimenti migratori. Sarebbe incompatibile con gli obiettivi della direttiva che, in situazioni caratterizzate da (...) una migrazione precoce, una parte della popolazione di una specie sfuggisse alla prevista protezione" (14).

    13. Nella presente causa il governo francese e la Fédération des chasseurs de Loire-Atlantique difendono un' interpretazione restrittiva di detta sentenza. Presentata in modo un po' schematico, la loro posizione pare si riduca ad affermare che dalla sentenza risulta soltanto che una data di chiusura della caccia (o un metodo di fissazione di tale data) è incompatibile con l' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva sugli uccelli, qualora detta data (o il metodo di fissazione di detta data) produca il risultato che non più del 50% degli uccelli di una determinata specie sono protetti dalla caccia nel corso della loro migrazione. Per contro, la direttiva sarebbe rispettata, qualora fosse garantito che oltre il 50% degli uccelli di una determinata specie non possono essere cacciati nel corso della loro migrazione. Il metodo definito nella circolare del 9 gennaio 1991 dal ministero francese dell' Ambiente, secondo il quale la caccia deve essere chiusa al momento in cui il 10% degli uccelli ha iniziato la migrazione, è così compatibile con la direttiva, poiché con tale metodo verrebbe protetta una percentuale di uccelli molto superiore al 50%, cioè il 90%.

    Tale interpretazione restrittiva non mi pare essere quella buona. Certamente, la sentenza pronunciata nella causa C-157/89 parla "della maggioranza", ma questo deve essere inteso solo come applicazione di un principio più ampio, che questa stessa sentenza pone. A mio avviso, la presa di posizione centrale della sentenza è quella secondo la quale "l' art. 7, n. 4, (...) terza frase, della direttiva intende garantire un regime completo di protezione durante i periodi in cui la sopravvivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata" (v. paragrafo 12 supra; il corsivo è mio), tra i quali rientra la migrazione prenuziale. Da questo principio, la Corte trae poi la conseguenza che "sarebbe incompatibile con gli obiettivi della direttiva, che, in situazioni caratterizzate da (...) una migrazione precoce, una parte della popolazione di una specie sfuggisse alla prevista protezione". Questa conseguenza mi pare applicabile tanto ad una percentuale del 10% quanto ad una percentuale del 50%.

    14. Per una buona comprensione di quanto sopra, mi sembra utile dedicare nuovamente alcune considerazioni all' obiettivo e alla struttura generale della direttiva sugli uccelli. Infatti, nella presente causa emerge che le parti, su questo punto, partono da concezioni molto differenti, per quanto, a mio parere, la direttiva e la giurisprudenza della Corte siano prive di ambiguità.

    L' obiettivo della direttiva sugli uccelli è la conservazione delle specie degli uccelli viventi allo stato selvatico. Questo risulta dal titolo e dal preambolo della direttiva e l' art. 1, n. 1, lo dichiara inoltre espressamente (v. paragrafo 3 di cui sopra). Onde realizzare detto obiettivo, la direttiva contiene, da un lato, all' art. 2 (v. questo stesso paragrafo 3) un obbligo generale imposto agli Stati membri di adottare "tutte le misure necessarie" e, dall' altro, un certo numero di obblighi specifici enunciati negli articoli successivi. Uno di questi obblighi specifici, enunciato nell' art. 5, riguarda il divieto di caccia alle specie di uccelli viventi allo stato selvatico. In deroga a detto divieto, l' art. 7 lascia agli Stati membri la possibilità di autorizzare la caccia di un ristretto numero di specie (cioè quelle menzionate all' allegato II della direttiva) a talune condizioni restrittive. Queste condizioni restrittive possono essere ripartite in due categorie. Da una parte, vi sono restrizioni formulate in modo più generale, cioè quelle dell' art. 7, n. 1, ultima frase, e n. 4, prima frase, che corrispondono tra l' altro all' obbligo generale enunciato all' art. 2 della direttiva. Dall' altra, vi sono due restrizioni, enunciate nella seconda e terza frase dell' art. 7, n. 4, la cui natura è molto concreta e specifica, e che si applicano "in particolare". La seconda di queste ultime restrizioni riguarda il divieto di caccia agli uccelli migratori durante il loro periodo di riproduzione e durante il loro ritorno verso il luogo di nidificazione.

    15. Dall' obiettivo e dalla struttura della direttiva sugli uccelli, come pure dai termini dell' art. 7, n. 4, terza frase, emerge che il divieto di cacciare gli uccelli migratori durante il loro ritorno verso il luogo di nidificazione (15) non può certamente essere interpretato in modo restrittivo, ma deve essere rispettato in modo integrale ("completo" per usare le parole della sentenza C-157/89). Inoltre mi sembra che - contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese e dalla Fédération des chasseurs de Loire-Atlantique - non ci si possa, a questo riguardo, avvalere in alcun modo delle "esigenze ricreative" menzionate all' art. 2 della direttiva per derogare a detto divieto, o per relativizzarlo in un altro modo. Infatti, l' art. 7, n. 4, terza frase, contiene un obbligo concreto e specifico che prescinde dall' obbligo generale enunciato nell' art. 2. Si può del resto, su questo punto, fare un parallelo con l' art. 4, n. 4, della direttiva sugli uccelli. Questa disposizione enuncia taluni obblighi specifici relativi a zone di riproduzione speciale per gli uccelli. A proposito di questi obblighi, gli Stati membri hanno, a più riprese, sostenuto che eccezioni o deroghe sono possibili in quanto "esigenze economiche e ricreative" contemplate all' art. 2. Tuttavia, la Corte ha sempre respinto questa tesi ed ha chiaramente affermato che l' art. 2 "non costituisce una deroga autonoma al regime di protezione istituito dalla direttiva" (16). Se ciò si applica all' art. 4, n. 4, della direttiva, esso vale, a parer mio, a maggior ragione, anche per quanto riguarda il divieto ancora più concreto e preciso contenuto nell' art. 7, n. 4, terza frase.

    16. Nelle conclusioni da me presentate nella citata causa C-157/89, ho spiegato come segue l' importanza attribuita, nella direttiva sugli uccelli, al divieto generale di caccia durante la migrazione prenuziale:

    "Questo divieto è stato introdotto per la considerazione che la caccia durante questo periodo costituisce una pressione eccessiva sul livello di popolazione delle specie migratrici. Questo vale, in particolare, per talune specie, come quelle delle anatre, che intraprendono il percorso migratorio in gruppi numerosi e che perciò sono esposte a massicce uccisioni qualora la caccia venisse aperta durante la loro migrazione. Il divieto di caccia è altresì importante al fine di offrire agli uccelli la possibilità di nutrirsi indisturbati nelle zone da essi attraversate, di riposare e di recuperare così le energie necessarie per continuare il loro faticoso viaggio verso i luoghi di nidificazione. Ma anche per gli uccelli migratori che abbiano svernato nel territorio considerato è importante che la caccia venga tempestivamente chiusa. Con la chiusura della caccia all' approssimarsi dell' inizio della migrazione, gli uccelli non ancora migrati vengono dunque messi nella possibilità di prepararvisi indisturbatamente. Infine a questo riguardo occorre rilevare che gli uccelli migratori viaggiano al di sopra delle frontiere e che sui paesi interessati grava perciò una dichiarata responsabilità comunitaria per la conservazione di queste specie (terzo 'considerando' della direttiva)" (17).

    A questo proposito ho fatto altresì riferimento alla giurisprudenza della Corte, secondo la quale l' esatta trasposizione delle disposizioni della direttiva sugli uccelli nel diritto interno "è particolarmente importante in un caso come quello di specie in cui la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territorio, ai rispettivi Stati membri" (18).

    17. Cosa significa tutto questo in concreto ai fini della fissazione della data di chiusura della caccia agli uccelli migratori? A mio avviso, dall' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva sugli uccelli, così come interpretato nella sentenza C-157/89, è possibile dedurre, come regola generale, che la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori deve essere fissata in modo tale da garantire una protezione completa durante la migrazione prenuziale, o ancora che la data di chiusura deve essere determinata secondo un metodo tale da rendere possibile una protezione completa durante la migrazione prenuziale.

    Questo non vuol dire che si sarebbe in presenza di una violazione della direttiva qualora fosse provato che un solo uccello perdutosi ha iniziato la sua migrazione in un momento in cui la caccia era ancora aperta. Come osservato da varie parti, un tale approccio sarebbe inutile e irragionevole. Su questo punto, posso anche seguire il ragionamento della Commissione, quando rileva che la direttiva ha come obiettivo la protezione delle specie di uccelli e non quella dei singoli uccelli. Penso, per contro, che si sia in presenza di una violazione della direttiva qualora la data di chiusura della caccia sia fissata in un modo tale da potersi aspettare una protezione incompleta di una specie di uccelli durante la sua migrazione. A mio parere, questo vuol dire che la direttiva obbliga gli Stati membri a fissare la chiusura della caccia secondo un metodo tale da rendere possibile una protezione completa durante la migrazione, anche se, in pratica, la protezione può presentare delle lacune. Infatti, nessun metodo può garantire la protezione di ogni singolo uccello in ogni momento.

    Nel contesto della ricerca di un metodo che renda possibile una protezione completa, gli Stati membri debbono, ben inteso, tener conto dei "dati scientifici e tecnici disponibili", come la Comunità stessa deve fare nell' elaborazione della sua azione, in virtù dell' art. 130 R, n. 3, del Trattato CEE (19). Se i dati disponibili non sono sufficientemente precisi per fissare con la necessaria accuratezza la data di inizio della migrazione prenuziale delle diverse specie di uccelli - il che sembra essere il caso per gli uccelli migratori diversi dalle specie acquatiche cacciabili (v. nota 6 supra) -, gli Stati membri sono inevitabilmente ridotti a valutazioni e a previsioni che presentano un certo grado di incertezza. In una siffatta ipotesi, essi, onde rendere cionondimeno possibile una protezione completa, devono predisporre dei margini di sicurezza, come emerge chiaramente dalla motivazione della sentenza C-157/89 (20).

    18. Ne consegue che la scelta del metodo concreto che serve a fissare, in pratica, la data di chiusura della caccia spetta agli Stati membri. Non spetta pertanto alla Corte optare in concreto per un determinato metodo, e ancor meno immischiarsi in controversie tecniche di carattere statistico. Essa può solo sottolineare che in base alla direttiva la data di chiusura deve essere fissata secondo un metodo tale da rendere possibile una protezione completa durante la migrazione prenuziale, come da me precedentemente indicato (v. paragrafo 17, supra). Se una siffatta presa di posizione non implica preferenze positive a favore di questo o di quell' altro metodo, essa cionondimeno ne esclude alcuni, poiché non soddisfano detta condizione.

    A mio avviso fanno parte dei metodi così esclusi, in ogni caso, quelli che mirano, o che intrinsecamente conducono, a proteggere solo una determinata percentuale (anche importante) degli uccelli di una specie. Infatti siffatti metodi non sono tali da rendere possibile una protezione completa, ma lasciano privi di protezione una parte degli uccelli. Posso pertanto comprendere che il Tribunal administratif di Nantes abbia ritenuto che un periodo quale quello prescritto dalla circolare ministeriale 9 gennaio 1992 - che contempla il momento nel quale il 10% degli uccelli ha iniziato la sua migrazione - sia incompatibile con la direttiva (v. i paragrafi 10 e 11 supra).

    A mio parere, rientrano tra i metodi esclusi dalla direttiva anche tutti quei metodi che consistono nel calcolare una data media (21) di inizio della migrazione prenuziale (sulla base delle diverse specie di uccelli, delle diverse annate o delle diverse regioni geografiche) e nel farne la data di chiusura generale senza aggiungervi margini di sicurezza. E' infatti inerente a una siffatta data media il fatto che essa cade, nella metà circa dei casi, più tardi dell' effettivo inizio della migrazione di una specie determinata di uccelli in una determinata annata o in una determinata regione (22). Un siffatto metodo non è pertanto idoneo a rendere possibile una protezione completa. Se ben comprendo, la data di inizio della migrazione prenuziale tale quale descritta nel citato rapporto congiunto (paragrafo 9) costituisce una siffatta data media (23).

    Per contro è certamente compatibile con la direttiva chiudere in modo generale la caccia alla più precoce delle date estreme entro le quali l' inizio della migrazione varia a seconda delle diverse specie di uccelli, delle annate o delle diverse regioni. Infatti, questo metodo è manifestamente idoneo a rendere possibile una completa protezione.

    Del resto, posso pure ricollegarmi al parere della Commissione, laddove ritiene di per sé compatibile con la direttiva l' uso di livellamenti, e in particolare, il raggruppamento di cifre per decadi (v. i paragrafi 9 e 10 supra). Secondo le spiegazioni della Commissione, è usuale, per ragioni pratiche e tecniche, raggruppare per decadi le osservazioni relative ai movimenti migratori. Il fatto che venga usata questa tecnica, di per sé non apporta alcun elemento di risposta per quanto riguarda la questione se il metodo di fissazione della data di chiusura sia o no idoneo a rendere possibile una protezione completa durante la migrazione. Infatti, ciò dipende da altri elementi, come può essere dimostrato sulla base di un esempio. Supponiamo che, in seguito ad osservazioni, si riscontri che, in una determinata regione, una determinata specie di uccelli comincia sempre la migrazione prenuziale durante la seconda decade di febbraio, cioè tra il 10 e 20 febbraio. Se la data di chiusura della caccia sulla base di questo dato venisse fissata al 15 febbraio, si avrebbe una violazione della direttiva, poiché la specie considerata non potrebbe essere protetta durante i primi giorni della sua migrazione. In questo caso, solo la fissazione della data di chiusura al 10 febbraio sarebbe compatibile con la direttiva.

    Soluzione della seconda questione

    19. Con la seconda questione si vuol sapere se l' art. 7, n. 4, della direttiva sugli uccelli osti a che le autorità nazionali fissino date di chiusura della caccia scaglionate in funzione delle specie. Nelle sue ordinanze di rinvio, il Tribunal administratif di Nantes attira a questo proposito l' attenzione su due problemi, cioè i rischi di confusione e le perturbazioni provocate dalla caccia:

    "In effetti, da un documento di lavoro presentato dalla delegazione francese al comitato ORNIS, come pure da una nota del Muséum national d' histoire naturelle del luglio 1992, emerge che la distinzione degli uccelli appartenenti a specie prossime è difficile in azioni di caccia e che i rischi di confusione tra specie sono notevoli; inoltre, nella causa C-157/89, il giudice relatore, nel citare una relazione presentata nel maggio 1986 al congresso internazionale 'Wildtiere und Umwelt' , aveva osservato che: 'l' attività cinegetica eccessivamente protratta influenza negativamente non solo le specie oggetto della caccia, ma altresì, in conseguenza delle perturbazioni che essa provoca, varie specie che non sono cacciate ma che frequentano gli stessi ambienti, e può essere considerata un fattore di limitazione delle possibilità di colonizzazione di nuovi territori da parte delle specie migratrici pioniere' ".

    20. Il Rassemblement des opposants à la chasse chiede alla Corte di dare una risposta affermativa a detta questione pregiudiziale, tenuto conto in via principale dell' obiettivo di tutela dell' art. 7, n. 4, della direttiva, e tenuto conto della serietà sia dei rischi di confusione, sia delle perturbazioni provocate dalla caccia. Il governo francese e la Fédération des chasseurs de Loire-Atlantique sollecitano una soluzione in senso negativo e invocano in questo senso la coerenza della direttiva e la giurisprudenza della Corte. Infine, la Commissione avanza argomenti in entrambi i sensi. Per quanto mi riguarda, ritengo di potermi riallacciare piuttosto alla prima delle concezioni citate per le ragioni che qui di seguito esporrò.

    21. Come affermato dallo stesso Tribunal administratif di Nantes - e tutte le parti sembrano convenire su questo punto -, esistono due fattori che pongono la questione se uno scaglionamento delle date di chiusura della caccia in funzione delle specie sia compatibile con il regime di protezione di cui all' art. 7, n. 4, della direttiva.

    In primo luogo vi sono rischi di confusione tra specie per le quali la caccia è stata già dichiarata chiusa e altre per le quali essa è ancora autorizzata. A questo proposito il Tribunal administratif di Nantes fa riferimento ad una nota del Muséum national français d' histoire naturelle del luglio 1992, nella quale si esamina il suddetto problema. Questa nota è stata sottoposta alla Corte dal Rassemblement des opposants à la chasse e nessuna altra parte ne ha messo in dubbio il carattere scientifico, né ha presentato elementi di prova in senso diverso. La nota spiega che i rischi di confusione dipendono da tutta una serie di fattori, come la distanza di osservazione, la luminosità del cielo, il lasso di tempo durante il quale l' uccello è visibile e l' esperienza del cacciatore. Detta nota prosegue affermando che "è importante sottolineare che gli anatidi si spostano frequentemente in stormi che raggruppano individui di specie diverse. Uno stormo di anatre può talvolta comprendere tre, quattro, cinque specie diverse. In conseguenza di questo fatto, un tiro selettivo diventa pressoché impossibile". La nota così conclude:

    "Oltre alla difficoltà che un cacciatore potrebbe incontrare nel memorizzare la corrispondenza tra un uccello acquatico e il rispettivo periodo di caccia in febbraio, egli deve preliminarmente farsi carico di assicurarne la corretta determinazione specifica. Tenuto conto delle modalità di caccia praticate in Francia per questa categoria di selvaggina, in particolare al crepuscolo e durante la notte, e sapendo, del resto, che numerose specie presentano analogie di aspetto, i rischi di abbattere uccelli che non si sono potuti identificare correttamente mi paiono estremamente elevati".

    In secondo luogo si ha il problema della perturbazione provocata agli uccelli in fase di migrazione dalla caccia ad uccelli che non hanno ancora iniziato la loro migrazione. Così come sopra segnalato, il Tribunal administratif ha rinviato, su questo punto, alla relazione d' udienza nella menzionata causa C-157/89, in cui è stato citato un passo di una relazione presentata in un congresso tedesco in merito a detta questione. Il Rassemblement des opposants à la chasse ha altresì sottoposto alla Corte un estratto di una perizia redatta dal signor A. Tamisier, su richiesta del Tribunal administratif di Grenoble. In questa perizia è stato constatato, sulla base di uno studio empirico, che la perturbazione causata dalla caccia esercita, quantitativamente, sulla popolazione ornitologica nelle varie regioni un' influenza più importante della caccia propriamente detta agli uccelli stessi. Le altre parti non hanno, dinanzi alla Corte, né contestato l' affidabilità di dette risultanze né presentato altri elementi di fatto in senso contrario.

    22. Non mi pare assolutamente contestabile che sia il rischio di confusione sia la perturbazione provocata dalla caccia siano rilevanti nel contesto del regime di protezione instaurato dalla direttiva sugli uccelli.

    Per quanto riguarda, da un lato, i rischi di confusione, mi pare che i termini dell' art. 7, n. 4, terza frase, nella misura in cui contengono un divieto di caccia agli uccelli durante il loro ritorno al luogo di nidificazione, contemplino altresì un divieto di caccia a quegli uccelli che non sono cacciati deliberatamente ma vengono uccisi a causa di confusione con un' altra specie di uccelli che può per contro essere cacciata.

    Per quanto riguarda, d' altro lato, la perturbazione agli uccelli che non possono essere cacciati provocata dalla caccia ad altri uccelli, questa mi sembra rientrare tanto nell' art. 7, n. 1, ultima frase, della direttiva, quanto nell' art. 7, n. 4, prima frase. A norma della prima disposizione citata, gli Stati membri debbono vigilare a che la caccia a specie enumerate nell' allegato II "non pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione". La seconda disposizione citata fa obbligo agli Stati membri di rispettare nell' attività venatoria "i principi di una saggia utilizzazione". Come giustamente rilevato dal Rassemblement des opposants à la chasse, un' indicazione supplementare ricorre nell' art. 5, lett. d), della direttiva, in cui è contenuto un divieto di disturbare deliberatamente gli uccelli protetti da detta direttiva.

    23. Nel contesto dell' analisi della prima questione pregiudiziale, ho sottolineato - conformemente alla sentenza C-157/89 - il fatto che l' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva sugli uccelli è inteso ad assicurare un regime completo di tutela durante la migrazione prenuziale. Gli elementi di fatto e di diritto qui sopra riassunti sembrano indicare che la chiusura della caccia scaglionata in funzione delle specie può difficilmente conciliarsi con la direttiva.

    Tuttavia prima di pervenire ad una conclusione definitiva, debbo esaminare gli argomenti in senso contrario avanzati dalle parti. Con il primo argomento, invocato in particolare dal governo francese, viene affermato che è sproporzionato vietare lo scaglionamento delle date di chiusura della caccia in funzione delle specie, perché la protezione degli uccelli deve essere bilanciata con altre esigenze, tra le quali figura la caccia. Questo argomento mi pare incompatibile con l' obiettivo e la struttura della direttiva sugli uccelli, come pure con la giurisprudenza della Corte. Come già affermato nel contesto della soluzione alla prima questione pregiudiziale (v. paragrafo 15 supra), l' art. 7, n. 4, terza frase, contiene un obbligo specifico e chiaro, che è quello di assicurare la protezione degli uccelli di passo dalla caccia nel corso della loro migrazione, e che non è possibile violare invocando gli altri interessi menzionati all' art. 2 della direttiva.

    24. Un secondo argomento, avanzato sia dal governo francese sia dalla Fédération des chasseurs de Loire-Atlantique e dalla Commissione, attiene al fatto che la direttiva è basata su un sistema di elenchi di varie specie di uccelli di cui talune possono essere cacciate e altre no. Ne conseguirebbe che il divieto di caccia durante la migrazione prenuziale deve essere pure esaminato caso per caso. A mio avviso, si tratta di un' erronea deduzione. E' esatto che l' art. 7, n. 1, della direttiva autorizza la caccia delle specie enumerate all' allegato II, e che è possibile dedurne che talune specie di uccelli possono essere cacciate, mentre, nello stesso momento, è vietata la caccia ad altre specie. Tuttavia, l' art. 7, n. 1, contiene solo una disposizione di autorizzazione che si applica in modo generale durante tutto l' anno, e quindi anche durante periodi dell' anno meno sensibili dal punto di vista della protezione degli uccelli. Per contro, il n. 4 di questo stesso articolo istituisce delle eccezioni, in particolare per il periodo migratorio, volte ad assicurare una protezione particolare degli uccelli durante periodi delicati. Come ammesso dalla Corte nella causa C-157/89, la direttiva intende, per siffatti periodi, mettere in atto un regime completo di protezione, poiché la sopravvivenza degli uccelli selvatici è in tale momento minacciata in modo particolare. Se emergesse, come da me più sopra spiegato, che una data uniforme di chiusura della caccia è indispensabile per la realizzazione di una siffatta completa protezione, non si potrebbe trarre dalla disposizione generale di autorizzazione dell' art. 7, n. 1, e più precisamente dalla circostanza che ivi è fatto riferimento a varie specie di uccelli, alcun argomento a sfavore di un' interpretazione dell' art. 7, n. 4, terza frase, nel senso di un' esclusione dello scaglionamento delle date di chiusura in funzione delle specie.

    25. Un terzo argomento dedotto dalle parti a sostegno della tesi secondo la quale uno scaglionamento delle date di chiusura sarebbe compatibile con la direttiva si riferisce alla precedente giurisprudenza della Corte. Secondo il governo francese, la Corte, nella sentenza C-157/89, già più volte citata, ha implicitamente riconosciuto che uno scaglionamento delle date di chiusura è compatibile con la direttiva. Secondo la Fédération des chasseurs de la Loire-Atlantique, ciò emergerebbe ancora più chiaramente dalla sentenza 8 luglio 1987, pronunciata nella causa 262/85 (24). La Commissione osserva pure essa che la Corte non ha mai sollevato prima il problema della confusione o della perturbazione provocata dallo scaglionamento delle date di chiusura.

    La rilettura della giurisprudenza della Corte, e in particolare delle due menzionate sentenze, non mi porta a ritenere che essa si sia già pronunciata, anche implicitamente, sul problema delle date di chiusura scaglionate. Le due sentenze invocate dalle parti riguardavano ricorsi per inadempimento ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE. In siffatte procedure, la Corte si limita strettamente ad esaminare i motivi dedotti dalla Commissione nella previa fase amministrativa del procedimento e ripetuti dinanzi ad essa. Infatti, secondo la costante giurisprudenza, "spetta alla Commissione provare l' asserita inadempienza. Ad essa spetta fornire alla Corte gli elementi necessari perché questa accerti l' esistenza della trasgressione, senza potersi basare su alcuna presunzione" (25).

    Orbene in nessuna delle due cause considerate la Commissione aveva specificatamente sostenuto, e dimostrato mediante elementi di prova, la tesi secondo la quale il fatto di scaglionare le date di chiusura della caccia costituisce un inadempimento della direttiva. Nella causa C-262/85, la Commissione aveva sostenuto, in modo del tutto generale, che la normativa italiana non teneva conto dei vari periodi di protezione imposti dall' art. 7, n. 4, come il periodo di protezione degli uccelli di passo durante la loro migrazione prenuziale (26). La Corte ha disatteso questa tesi come infondata, perché era anzi risultato che la normativa conteneva disposizioni riguardanti, in particolare, la migrazione prenuziale degli uccelli migratori (27). E' vero che si trattava, nella specie, di date scaglionate di chiusura, ma la questione se lo scaglionamento fosse compatibile con il regime di protezione della direttiva non era assolutamente oggetto di discussione. Nella causa C-157/89, la Commissione lamentava una chiusura tardiva della caccia a diciannove specie di uccelli di passo (28). Essa invocava a questo riguardo dati scientifici relativi al periodo migratorio di ciascuna di dette specie, prese separatamente, sul territorio italiano. Tuttavia, per due tra dette specie, questi elementi di prova non confortavano la tesi della Commissione: si verificava, infatti, che dette due specie sorvolavano il territorio italiano solo dopo la data di chiusura della caccia per esse prevista in Italia. Per questa ragione la Corte ha accettato il gravame della Commissione per tutte le specie degli uccelli interessati, salvo queste due ultime (29). A mio avviso non si può da ciò dedurre che uno scaglionamento delle date di chiusura sarebbe compatibile con la direttiva. La Commissione non aveva espressamente sostenuto il contrario e, ad ogni modo, non aveva dedotto alcun elemento di prova in tal senso. Poiché la Commissione si basava unicamente ed esclusivamente sui dati relativi al periodo migratorio per ciascuna specie di uccelli, la Corte poteva solo limitarsi a prendere questo unico elemento in considerazione (30).

    26. Pervengo ora all' ultimo argomento, che è avanzato dalla Commissione. Questa riconosce la necessità di tener conto, nel contesto dell' applicazione della direttiva, dei problemi di confusione e di perturbazione causati da una chiusura scaglionata della caccia. Tuttavia, ritiene che non vi siano per la Corte motivi per dichiarare la chiusura scaglionata incompatibile, in quanto tale, con la direttiva. Infatti, le autorità nazionali possono tener conto di questi problemi in funzione delle concrete circostanze di fatto. Inoltre, vi sarebbero anche altre soluzioni possibili, come uno stretto controllo delle conoscenze ornitologiche in occasione della concessione delle licenze di caccia ed una severa repressione delle infrazioni.

    Concordo con la Commissione nel ritenere che, sotto numerosi aspetti, la direttiva lasci un importante margine di valutazione agli Stati membri e che, nell' interpretazione di questa stessa direttiva, la Corte non debba eccedere quanto è necessario alla luce dell' obiettivo di tutela perseguito. Tuttavia, nella presente fattispecie, la tesi della Commissione non mi convince in pieno. Per quanto riguarda i rischi di confusione, posso certamente riconoscere che esistono soluzioni diverse dall' imposizione di una data uniforme (precoce) di chiusura della caccia. Così, è senza dubbio opportuno controllare le conoscenze ornitologiche dei cacciatori al momento del rilascio delle licenze di caccia e reprimere severamente le infrazioni. Dubito tuttavia, che ciò sia sufficiente. Infatti, la nota del Muséum national français d' histoire naturelle, di cui ho qui sopra trattato (paragrafo 21), menziona diversi altri fattori pertinenti, che sono indipendenti dalle conoscenze ornitologiche dei cacciatori, come le condizioni atmosferiche, l' ora del giorno o della notte e il fatto che uccelli di specie differenti si spostino in gruppo. Per quanto riguarda, d' altra parte, il problema della perturbazione causata dalla caccia, non vedo assolutamente alcuna alternativa - e neppure la Commissione ne propone - all' imposizione di una data uniforme di chiusura (31). Nondimeno è stato sostenuto che i rischi di perturbazione nuocciono alla conservazione degli uccelli almeno tanto quanto il pericolo di confusione (v. il paragrafo 21, supra).

    Anche se non mi è dunque dato bene di vedere come, tenuto conto dei rischi di confusione e di perturbazione, la fissazione di date di chiusura scaglionate possa essere conciliata con l' esigenza di protezione completa degli uccelli per i quali è in ogni caso vietata la caccia, non posso escludere a priori che uno Stato membro riesca a fornire garanzie sufficienti a questo proposito. Tuttavia, l' onere della prova che spetta allo Stato membro interessato è pesante, e tanto più difficilmente sarà in grado di soddisfarlo in mancanza di dati scientifici e tecnici validi per quanto riguarda sia lo scaglionamento della migrazione degli uccelli considerati sia l' importanza dei rischi ora menzionati di confusione e di perturbazione. In un procedimento pregiudiziale, non spetta alla Corte, ma al giudice nazionale, verificare se lo Stato membro ha soddisfatto tale onere di prova.

    La soluzione della terza questione

    27. La terza questione pregiudiziale riguarda la compatibilità con la direttiva del potere dei prefetti di fissare la data di chiusura della caccia nel loro dipartimento. Secondo quanto mi è dato di comprendere dalla lettura delle decisioni dei giudici a quo e dalle osservazioni delle parti, la questione implica, in realtà, due aspetti, che sono legati ma che non coincidono necessariamente. In primo luogo, vi è la questione di sapere se la direttiva consente che la chiusura della caccia sia fissata per date diverse in differenti parti di uno Stato membro o se sia richiesta una data uniforme di chiusura. In secondo luogo vi è la questione di sapere se uno Stato membro possa affidare l' attuazione o l' esecuzione della direttiva sugli uccelli ad autorità subordinate, o se sia richiesta un' attuazione a livello nazionale. Sembra esistere, sui due aspetti, un' ampia concordanza di punti di vista tra tutte le parti dinanzi alla Corte, e l' esame che potrò ad essi dedicare potrà pertanto essere breve.

    28. Il fatto che le date di chiusura della caccia differiscono da una regione all' altra è di per sé compatibile con la direttiva. Come ho precisato in dettaglio a proposito della prima questione pregiudiziale (v. i paragrafi 17 e 18 supra), l' art. 7, n. 4, terza frase, esige unicamente che la data di chiusura della caccia sia fissata in modo da rendere possibile una completa protezione degli uccelli migratori durante la loro migrazione prenuziale. Se emerge che la migrazione prenuziale ha inizio in momenti diversi in differenti parti di uno Stato membro (32), quest' ultimo può pertanto dare esecuzione alla direttiva fissando per ciascuna regione una diversa data di chiusura, a condizione che sia in tal modo resa possibile una protezione completa in ciascuna regione, tenuto conto, in particolare, dei rischi di confusione e di perturbazione qui sopra esaminati (al paragrafo 21).

    La concessione di un potere di attuazione ad un' autorità locale o ad un organo amministrativo regionale non è neppure essa, di per sé, in contrasto con la direttiva. Ivi, infatti, non è contenuta alcuna disposizione specifica su questo punto, di modo che gli Stati membri dispongono di una grande libertà. Come la Commissione e il Rassemblement des opposants à la chasse giustamente osservano, questa libertà è tuttavia limitata dagli obblighi generali degli Stati membri in materia di trasposizione delle direttive, i quali si applicano anche alla direttiva sugli uccelli. Contemplo qui - usando le parole dell' avvocato generale Da Cruz Vilaça pronunciate nella causa 247/85 - "la giurisprudenza della Corte (...), secondo cui è importante che ciascuno Stato membro dia alle direttive un' attuazione che risponda pienamente alle esigenze di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche volute dalle direttive stesse. La trasposizione della direttiva nell' ordinamento giuridico interno non deve dunque essere lasciata a un organo dell' amministrazione nazionale o regionale, alla cui sfera di discrezionalità la norma legislativa da applicare non fornisce un inquadramento tale da rispettare pienamente le condizioni imposte dalla direttiva" (33). Per quanto riguarda l' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva sugli uccelli, ciò significa, in concreto, che le disposizioni di legge che conferiscono ad un organo indipendente o subordinato il potere di fissare la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori debbono garantire, allo stesso tempo, che questa data sia, in ogni caso, fissata in modo tale da rendere possibile una protezione completa durante la migrazione prenuziale. Spetta al giudice nazionale verificare ciò alla luce, in particolare, delle soluzioni fornite alla prima ed alla seconda questione pregiudiziale.

    Conclusione

    29. Sulla base di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere nel seguente modo alle questioni sollevate dal Tribunal administratif di Nantes:

    "1) Per essere conforme all' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva 79/409/CEE, la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori deve essere fissata secondo un metodo idoneo a rendere possibile una protezione completa di queste specie di uccelli durante la migrazione prenuziale. I metodi che intendono proteggere solo una determinata percentuale degli uccelli di una specie o che conducono di per sé ad un tale risultato non soddisfano questa condizione. Altrettanto vale per i metodi consistenti nel calcolare una data media di inizio della migrazione prenuziale (sulla base delle differenti specie di uccelli, delle differenti annate e/o delle differenti regioni geografiche) e nel farne senza aggiungere margini di sicurezza, la data di chiusura generale della caccia.

    2) La fissazione, da parte di uno Stato membro, di date di chiusura scaglionate in funzione delle specie di uccelli è incompatibile con l' art. 7, n. 4, terza frase, salvoché questo Stato membro non possa, sulla base di dati scientifici e tecnici validi, fornire garanzie che dimostrino, in modo sufficiente agli occhi del giudice nazionale, che un tale scaglionamento delle date di chiusura non è di ostacolo ad una protezione completa durante la migrazione prenuziale, come stabilito nella soluzione della questione sub 1.

    3) Sempreché sia resa possibile in ciascuna regione una protezione completa, la fissazione di date di chiusura differenti a seconda delle regioni è compatibile con la direttiva. Se ad un' autorità locale o ad un organo amministrativo regionale viene accordato il potere di fissare la data di chiusura della caccia agli uccelli migratori, le disposizioni di legge che concedono questo potere debbono garantire che la data di chiusura possa essere fissata solo in modo da rendere possibile una protezione completa durante la migrazione prenuziale".

    (*) Lingua originale: l' olandese.

    (2) - GU 1979, L 103, pag. 1.

    (3) - Questi articoli sono tratti dal decreto 14 marzo 1986, n. 86-571, GURF 18 marzo 1986, pag. 4521, successivamente modificato.

    (4) - Per le specie selvatiche non menzionate all' art. R.224-5, l' art. R.224-4 fissa la data di apertura generale più precoce autorizzata e la data di chiusura generale più tardiva autorizzata. La data limite dell' apertura generale è diversa per quattro parti geografiche della Francia (prima domenica di settembre in Corsica, seconda domenica nella parte sud-est, terza nella parte sud-ovest e quarta nelle parti nord e centro), mentre la data limite di chiusura generale è l' ultimo giorno di febbraio per l' insieme del paese.

    (5) - La data di apertura più precoce autorizzata è la data di apertura generale quale fissata dall' art. R.224-4, salvo per la tortora, per la quale la data è fissata al 15 agosto.

    (6) - Per tutti gli uccelli delle specie acquatiche cacciabili, la data di apertura più precoce autorizzata è la data limite di apertura generale, qual è fissata dall' art. R.224-4.

    (7) - Il rapporto non contiene pertanto informazioni sugli uccelli migratori diversi dalle specie acquatiche. Nel corso dell' udienza, l' esperto del governo francese ha confermato che le conoscenze scientifiche sono più limitate per quanto riguarda questi altri uccelli migratori. Da ricerche più approfondite potrebbe risultare che la loro migrazione presenta una ripartizione geografica più importante di quella delle specie acquatiche. Le presenti conclusioni riguardano tutti gli uccelli di passo: v., in particolare, per gli uccelli di passo diversi dalle specie acquatiche, il paragrafo 17 e le note 21 e 31 di cui sotto.

    (8) - Così, dallo studio risulta che l' inizio della migrazione prenuziale dell' alzavola conosce variazioni annuali che si collocano dall' inizio di gennaio alla fine di febbraio mentre quello della marzaiola si colloca sempre tra la metà e la fine del mese di febbraio.

    (9) - Tutti questi dati sono espressi prendendo come unità di base la decade, considerando ciascun mese comprensivo di tre decadi. Così, per l' oca selvatica, viene, ad esempio, indicato che 1) l' inizio della migrazione prenuziale è la prima decade di febbraio, 2) che questo inizio varia dalla prima alla terza decade di febbraio e 3) che il periodo del massimo di attività migratoria si colloca tra la seconda decade del mese di febbraio e la prima decade di marzo.

    (10) - Nel corso dell' udienza, il Rassemblement des opposants à la chasse ha segnalato - senza essere contraddetto dalle altre parti - che il Muséum national d' histoire naturelle ha espressamente preso le sue distanze rispetto a detta circolare, di cui ha definito il contenuto privo di base scientifica.

    (11) - V. nota 8 per la spiegazione di detta unità.

    (12) - Sentenza 17 gennaio 1991, causa C-157/89, Commissione/Italia (Racc. pag. I-57).

    (13) - La sentenza riguardava altresì la seconda frase di questa disposizione. Nella citazione che segue ometto i riferimenti a detta frase.

    (14) - Sentenza pronunciata nella citata causa C-157/89, punti da 12 a 14.

    (15) - In prosieguo, nelle presenti conclusioni, non parlerò del divieto, enunciato nella medesima frase, di cacciare gli uccelli migratori durante il periodo di riproduzione né dell' analogo divieto figurante nella frase precedente, poiché questi divieti non sono considerati nella presente causa. Tuttavia la mia argomentazione può ugualmente trovarvi, mutatis mutandis, applicazione.

    (16) - Sentenza 28 febbraio 1991, causa C-57/89, Commissione/Germania (Racc. pag. I-883, punto 22), che fa rinvio alle sentenze 8 luglio 1987, causa 247/85, Commissione/Belgio (Racc. pag. 3029), e causa 262/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 3073).

    (17) - V. le mie conclusioni nella citata causa C-157/89, paragrafo 21.

    (18) - V., in particolare, sentenza 8 luglio 1987, causa 262/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 3073, punto 9).

    (19) - V. a questo proposito, il paragrafo 11 delle mie conclusioni nella citata causa C-157/89.

    (20) - V. punti 12 e 13, sopra riprodotti al paragrafo 12.

    (21) - Per media intendo qui, in senso lato, tutti i metodi statistici che contemplano la tendenza centrale, come il modo (valore più frequente, nella specie la data più frequente) e la mediana (data centrale).

    (22) - Ciò è ancor più gravido di conseguenze per il fatto che la data di inizio conosce variazioni assai forti; v., per quanto riguarda le variazioni geografiche, l' osservazione di cui alla nota 6 a proposito degli uccelli migratori diversi dalle specie acquatiche cacciabili.

    (23) - Spetta tuttavia al giudice nazionale constatare questo nei fatti.

    (24) - Sentenza 8 luglio 1987, causa 262/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 3073).

    (25) - Sentenza 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 1791, punto 6); v. altresì, tra altre, sentenza 20 marzo 1990, causa C-62/89, Commissione/Francia (Racc. pag. I-925, punto 37).

    (26) - Nella sua replica, la Commissione aveva altresì contestato il giusto fondamento della scelta delle date di chiusura. Tuttavia, questo motivo è irricevibile, perché esso non aveva costituito oggetto della fase amministrativa del procedimento: v. punto 24.

    (27) - Punto 23.

    (28) - Punti da 21 a 27.

    (29) - Punti 25 e 26.

    (30) - Nel corso dell' udienza, il Rassemblement des opposants à la chasse ha fatto presente - senza essere contraddetto da alcuna delle parti - che il legislatore italiano aveva nel frattempo attribuito efficacia a detta sentenza mediante una nuova legge, la quale istituisce una data uniforme di chiusura.

    (31) - Come rilevato dal Rassemblement des opposants à la chasse all' udienza, questo è altresì l' unico metodo di natura preventiva. Orbene, a norma dell' art. 130 R, n. 2, del Trattato CEE, l' azione della Comunità in materia di ambiente è fondata, tra l' altro, sul principio dell' azione preventiva.

    (32) - V. la nota 6 per quanto riguarda gli uccelli migratori diversi dalle specie acquatiche cacciabili; v. altresì la nota 21.

    (33) - Conclusioni dell' avvocato generale Da Cruz Vilaça nella causa 247/85, Commissione/Belgio, Racc. 1987, da pag. 3055 a pag. 3056.

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