Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 61990CJ0376

    Sentenza della Corte del 25 novembre 1992.
    Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio.
    Inadempimento - Direttiva del Consiglio 80/836/Euratom - Protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
    Causa C-376/90.

    Raccolta della Giurisprudenza 1992 I-06153

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1992:457

    61990J0376

    SENTENZA DELLA CORTE DEL 25 NOVEMBRE 1992. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REGNO DEL BELGIO. - INADEMPIMENTO - DIRETTIVA DEL CONSIGLIO 80/836/EURATOM - TUTELA SANITARIA DELLA POPOLAZIONE E DEI LAVORATORI CONTRO I PERICOLI DERIVANTI DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI. - CAUSA C-376/90.

    raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-06153


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    1. CEEA ° Protezione sanitaria ° Istituzione di norme di sicurezza uniformi ° Norme nazionali più rigorose ° Liceità

    [Trattato CEEA, art. 2, lett. b)]

    2. CEEA ° Protezione sanitaria ° Norme base stabilite dalla direttiva 80/836 ° Norme minime che non escludono norme nazionali più rigorose

    (Direttiva del Consiglio 80/836/Euratom, art. 10, n. 2)

    Massima


    1. L' obbligo di stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori, imposto dall' art. 2, lett. b), del Trattato CEEA, non significa che, una volta che tali norme siano state stabilite, uno Stato membro non possa prevedere una protezione più rigorosa.

    2. Dalla genesi della direttiva 80/836, concernente le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, risulta che i limiti di dose dalla stessa direttiva fissati nell' art. 10, n. 2, per gli apprendisti e gli studenti di età compresa tra i sedici e i diciotto anni corrispondono solo a un minimo di protezione. Questa interpretazione è corroborata dal fatto che l' art. 7, n. 1, della direttiva, in combinato disposto con l' art. 1, lett. c), della medesima prevede una protezione più elevata per i lavoratori di pari età. Ne consegue che, in mancanza di una espressa disposizione contraria, la direttiva dev' essere interpretata nel senso che consente agli Stati membri di fissare, per gli apprendisti e gli studenti di età compresa fra i sedici e i diciotto anni, limiti di dose più rigorosi di quelli da essa prescritti e di assicurare alle dette persone la maggiore protezione che essa garantisce ai lavoratori di pari età.

    Parti


    Nella causa C-376/90,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Xavier Lewis e Juergen Grunwald, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Roberto Hayder, rappresentante del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    ricorrente,

    contro

    Regno del Belgio, rappresentato inizialmente dal signor Robert Hoebaer, successivamente dal signor Ian Devadder, direttore amministrativo presso il ministero degli Affari esteri, del Commercio estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente, assistito dalla signora G. Ponnet, viceconsigliere presso il ministero dell' Occupazione e del Lavoro, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata del Belgio, 4, rue des Girondins,

    convenuto,

    avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che il Regno del Belgio, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 10, n. 2, 44 e 45 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1980, 80/836/Euratom, che modifica le direttive che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU L 246, pag. 1), è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma della direttiva medesima,

    LA CORTE,

    composta dai signori O. Due, presidente, C.N. Kakouris, G.C. Rodríguez Iglesias e J.L. Murray, presidenti di sezione, G.F. Mancini, R. Joliet, M. Diez de Velasco, P.J.G. Kapteyn e D.A.O. Edward, giudici,

    avvocato generale: F.G. Jacobs

    cancelliere: H.A. Ruehl, amministratore principale

    vista la relazione d' udienza,

    sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 13 maggio 1992,

    sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 30 giugno 1992,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 18 dicembre 1990, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell' art. 141 del Trattato CEEA, un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno del Belgio, avendo omesso di adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 10, n. 2, 44 e 45 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1980, 80/836/Euratom, che modifica le direttive che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU L 246, pag. 1), è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma della direttiva medesima.

    2 La detta direttiva 80/836 (in prosieguo: la "direttiva"), mira, come precisato nei 'considerando' , a proteggere la salute dei lavoratori assicurando la prevenzione e la valutazione della loro esposizione alle radiazioni nonché il loro controllo medico; essa mira anche alla protezione sanitaria della popolazione mediante la realizzazione, in ogni singolo Stato membro, di un sistema di vigilanza, di ispezione e di intervento in caso di incidente.

    3 L' art. 6 della direttiva fissa i principi che devono essere alla base della limitazione delle dosi nel caso di esposizioni controllate. Gli artt. 8 e 9 fissano i limiti di dose per i lavoratori esposti.

    4 L' art. 10, n. 2, stabilisce i limiti di dose per gli apprendisti e gli studenti di età compresa tra i sedici e i diciotto anni. La disposizione, al riguardo, così recita:

    "2. Per gli apprendisti e gli studenti di età compresa tra i 16 e i 18 anni che si avviano ad una professione nel corso della quale saranno esposti alle radiazioni ionizzanti, o i cui studi implicano necessariamente l' impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti, i limiti di dose sono pari a 3/10 dei limiti di dose annuale fissati agli artt. 8 e 9 per i lavoratori esposti".

    5 L' art. 44 della direttiva riguarda la sorveglianza della salute della popolazione e stabilisce i criteri sulla base dei quali devono essere valutate, negli Stati membri, le dosi assorbite dalla popolazione.

    6 L' art. 45 della direttiva medesima impone, infine, agli Stati membri l' adozione di misure volte ad assicurare la sorveglianza sanitaria della popolazione e l' intervento in caso di incidente.

    7 Con lettere 21 maggio e 10 agosto 1987, il governo belga comunicava alla Commissione i provvedimenti nazionali diretti, a suo parere, a realizzare la trasposizione della direttiva nell' ordinamento interno.

    8 Per quanto attiene all' art. 10, n. 2, della direttiva, il governo belga si richiamava all' art. 20.6.2 del regio decreto 28 febbraio 1963, relativo alla disciplina generale della protezione della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (Moniteur belge n. 98, pag. 5206), modificato dall' art. 9 del regio decreto 16 gennaio 1987 (Moniteur belge n. 50, pag. 3714). Ai sensi di tale disposizione, i limiti di dose per gli apprendisti e gli studenti di età compresa tra i sedici e i diciotto anni che si avviino ad una professione nel corso della quale saranno esposti a radiazioni ionizzanti o i cui studi implichino necessariamente l' impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti sono pari ad un decimo, invece che a tre decimi, dei limiti di dose annuale previsti per i lavoratori esposti. I limiti fissati dalla normativa belga sono quindi più severi rispetto a quelli previsti dalla direttiva.

    9 Quanto agli artt. 44 e 45 della direttiva, il governo belga si richiamava a varie disposizioni della normativa nazionale che, a suo parere, rispondevano in termini generali al dettato degli stessi.

    10 La Commissione, ritenendo che i provvedimenti nazionali comunicati dal governo belga non garantissero né una corretta trasposizione dell' art. 10, n. 2, né una completa trasposizione degli artt. 44 e 45 della direttiva, avviava nei confronti del Belgio il procedimento di cui all' art. 141 del Trattato CEEA, in esito al quale proponeva il presente ricorso.

    11 Atteso che, successivamente alla proposizione del ricorso, il Belgio aveva adottato i provvedimenti necessari ai fini della trasposizione nell' ordinamento nazionale degli artt. 44 e 45 della direttiva, la Commissione, con dichiarazione effettuata all' udienza e con lettera 4 settembre 1992, rinunciava alle censure relative alle due dette disposizioni, chiedendo la condanna del Belgio alle spese del giudizio, ai sensi dell' art. 69, n. 5, del regolamento di procedura. Il governo belga non controdeduceva su questo punto.

    12 Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento del procedimento nonché dei mezzi ed argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

    13 La Commissione ritiene che l' art. 10, n. 2, della direttiva non consenta agli Stati membri di fissare limiti di dose diversi da quelli previsti dalla disposizione medesima, anche se più restrittivi.

    14 Il governo belga fa valere, al contrario, che i limiti di dose previsti dalla detta disposizione costituiscono il livello minimo di protezione che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare e che questi ultimi, ove lo ritengano opportuno, sono liberi di fissare limiti più severi.

    15 La controversia verte quindi sull' interpretazione della nozione "limiti di dose" di cui all' art. 10, n. 2, della direttiva.

    16 Si deve rilevare, al riguardo, che il tenore letterale dell' art. 10, n. 2, non consente di dedurre alcun argomento in favore dell' una o dell' altra delle tesi formulate dalle parti.

    17 Ciò vale anche per quanto riguarda la definizione dei termini "limiti di dose" contenuti all' art. 1, lett. b), della direttiva. Tale disposizione si limita, infatti, a dichiarare che i "limiti di dose" sono i "limiti fissati nella presente direttiva per le dosi riguardanti l' esposizione dei lavoratori esposti, degli apprendisti, degli studenti e delle persone del pubblico, senza tener conto delle dosi provenienti dal fondo naturale di radiazioni e dell' esposizione subita dagli individui durante esami e trattamenti medici cui essi sono sottoposti. I limiti di dose si applicano alla somma della dose ricevuta per esposizione esterna nel periodo considerato e della dose impegnata derivante dall' incorporazione di radionuclidi nello stesso periodo".

    18 La Commissione contesta l' interpretazione secondo cui i limiti di dose costituirebbero un livello minimo di protezione, richiamandosi all' art. 2, lett. b), del Trattato CEEA, che affida alla Comunità il compito di stabilire "norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori".

    19 Tale argomento deve essere respinto. L' uniformità delle norme di sicurezza non significa infatti che queste non possano consentire una protezione più severa.

    20 Si deve inoltre rilevare che taluni elementi interpretativi consentono di affermare che la nozione "limiti di dose" di cui all' art. 10, n. 2, della direttiva deve essere intesa nel senso che essa impone un livello minimo di protezione.

    21 Dalla comunicazione della Commissione 31 dicembre 1985, relativa all' esecuzione delle direttive del Consiglio 80/836 e 3 settembre 1984, 84/467/Euratom, che modifica la direttiva 80/836 (GU C 347, pag. 9), risulta infatti che le norme fissate nella direttiva 80/836 si fondano sulle raccomandazioni formulate dalla Commissione internazionale per la protezione radiologica (in prosieguo: la "CIPR").

    22 Orbene, come sottolineato dall' avvocato generale nei paragrafi 21-28 delle proprie conclusioni, emerge in particolare dalla pubblicazione della CIPR n. 60 che tutte la radiazioni ionizzanti, al di là di quelle provenienti dal fondo naturale, comportano pericoli per la salute umana e che, ove tali rischi siano accettati per ragioni di ordine economico e sociale, ciò avviene solamente a seguito di una valutazione dei vantaggi che esse procurano rispetto agli svantaggi che ne derivano.

    23 Ciò premesso, i principi generali sui quali si fonda il sistema di protezione radiologica raccomandato dalla CIPR sono: a) la giustificazione di qualsiasi attività che comporti un' esposizione alle radiazioni ionizzanti in base ai vantaggi che essa procura alla società, b) l' ottimizzazione della protezione, mantenendo al livello più basso ragionevolmente ottenibile, in considerazione dei fattori economici e sociali, l' entità delle dosi individuali, il numero dei soggetti esposti e la verosimiglianza del verificarsi dell' esposizione, qualora quest' ultima non sia certa, e c) la fissazione di limiti di dose.

    24 Dalla stessa pubblicazione della CIPR risulta che i limiti di dose rappresentano quei dosaggi le cui conseguenze sulla salute delle persone regolarmente esposte alle radiazioni ionizzanti sono al limite della tollerabilità e che la scelta dei limiti di dose implica necessariamente valutazioni che possono variare da una società all' altra (v. punti 153 e 169-170 della pubblicazione n. 60).

    25 Ne consegue che i limiti di dose fissati dalla CIPR non costituiscono norme assolute, bensì sono pubblicati solamente a titolo orientativo, e che il principio al quale detti limiti si informano è costituito dalla ottimizzazione della protezione.

    26 Orbene, la direttiva non contiene alcun elemento che consenta di ritenere che il legislatore comunitario si sia allontanato dalla posizione assunta dalla CIPR, in materia di limiti di dose, e non abbia lasciato agli Stati membri alcun margine al fine di garantire una protezione più elevata rispetto a quella prescritta dalla direttiva.

    27 In considerazione della finalità della direttiva e del principio dell' ottimizzazione della protezione, si deve quindi ritenere che, ove il legislatore comunitario avesse inteso vietare l' istituzione, da parte degli Stati membri, di una protezione più rigorosa di quella prevista dalla direttiva, ne avrebbe fatto espressa menzione nelle disposizioni della direttiva medesima.

    28 Tale interpretazione dell' art. 10, n. 2, secondo cui la nozione "limiti di dose" indica un livello minimo di protezione, appare avvalorata dal fatto che la direttiva stessa prevede livelli di protezione più elevati.

    Dall' art. 7, n. 1, in combinato disposto con l' art. 1, lett. c), della direttiva, emerge infatti che i lavoratori di età inferiore ai 18 anni compiuti non devono essere soggetti a dosi superiori ad 1/10 dei limiti di dose annuale previsti per i lavoratori.

    29 Se è pur vero che l' art. 10, n. 2, prevede una protezione meno elevata per gli apprendisti e gli studenti di età compresa tra i sedici e i diciotto anni e che ciò può risultare giustificato ove esistano valide ragioni, resta il fatto che, in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, la direttiva non può essere interpretata nel senso che essa impedisca ad uno Stato membro di decidere, tenuto conto di tutti i fattori economici e sociali, di non avvalersi di tale possibilità e di assicurare ai detti apprendisti e studenti una protezione di livello più elevato rispetto a quello garantito dalla direttiva ai lavoratori di pari età.

    30 Da tutte le considerazioni sin qui svolte emerge che il ricorso deve essere respinto.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    31 Per quanto attiene alla rinuncia della Commissione alle censure concernenti la mancata trasposizione degli artt. 44 e 45 della direttiva, si deve rilevare che, a termini dell' art. 69, n. 5, del regolamento di procedura, la parte che rinuncia agli atti è condannata alle spese, se l' altra parte conclude in tal senso. Tuttavia, su domanda della parte che rinuncia agli atti, le spese sono poste a carico dell' altra parte se ciò appare giustificato dal comportamento di quest' ultima. Nella specie, le due censure formulate nel ricorso e la successiva rinuncia della Commissione sono derivate dal comportamento del Regno del Belgio (v. il precedente punto 11). Conseguentemente, le spese relative alle due dette censure devono essere poste a carico del Regno del Belgio.

    32 Per quanto attiene alla censura tenuta ferma dalla Commissione, si deve ricordare che, a termini dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Atteso che la Commissione è rimasta soccombente, le spese devono essere poste a suo carico.

    33 Alla luce delle considerazioni che precedono, appare opportuno disporre la compensazione delle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    dichiara e statuisce:

    1) Il ricorso è respinto.

    2) Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

    Top