Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 61989CC0230

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 21 febbraio 1991.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica ellenica.
Bevande alcoliche - Tassazione differenziata.
Causa C-230/89.

Raccolta della Giurisprudenza 1991 I-01909

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1991:70

61989C0230

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 21 febbraio 1991. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ELLENICA. - BEVANDE ALCOLICHE - TASSAZIONE DIFFERENZIATA. - CAUSA C-230/89.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-01909


Conclusioni dell avvocato generale


++++

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Nella presente causa, la Commissione intende ottenere la dichiarazione che determinate disposizioni legislative greche relative alla tassazione di bevande alcoliche sono incompatibili con l' art. 95 del Trattato CEE. Le disposizioni in oggetto, adottate nel 1986, istituiscono un regime di imposta sul valore aggiunto. Così come modificato, tale sistema prevede un' imposta sul valore aggiunto al tasso del 36% su determinati alcolici d' importazione che, secondo la Commissione, non sono prodotti in Grecia, come il whisky, il gin, la vodka, il rhum e la tequila. Altri alcolici, come l' ouzo, il brandy e vari liquori, molti dei quali prodotti in Grecia, sono soggetti ad un' aliquota IVA inferiore. Le memorie di entrambe le parti fanno riferimento, come tasso inferiore, ad un' aliquota del 16% nonostante all' udienza si sia parlato di un tasso del 18%. Qualunque sia tale aliquota, è comunque chiaro che essa è nettamente inferiore a quella più elevata.

Articolo 95 del Trattato

2. Scopo dell' art. 95 è "garantire la libera circolazione delle merci fra gli Stati membri in normali condizioni di concorrenza, mediante l' eliminazione di ogni forma di protezione che possa risultare dall' applicazione di tributi interni aventi carattere discriminatorio nei confronti di merci originarie di altri Stati membri (...). L' art. 95 è volto a garantire l' assoluta neutralità dei tributi interni riguardo alla concorrenza fra merci nazionali e merci importate" (causa 168/78, Commissione / Francia, punto 4 della motivazione, Racc. 1980, pag. 347). La Corte considera l' art. 95 un' integrazione alle norme del Trattato relative all' abolizione dei dazi doganali e delle tasse aventi effetto equivalente. L' articolo comprende pertanto non solo beni prodotti negli Stati membri, ma anche beni originari di paesi terzi immessi in libera circolazione nella Comunità (v. causa 193/85, Co-Frutta, Racc. 1987, pag. 2105). E' dunque irrilevante che alcuni degli alcolici su cui verte la presente causa siano prodotti al di fuori della Comunità, poiché l' aliquota fiscale cui sono sottoposti non è influenzata dal fatto che essi siano o meno in libera pratica.

3. La norma fondamentale è quella contenuta nel primo comma dell' art. 95, che dispone quanto segue:

"Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari".

L' applicazione di questo comma rende necessario un paragone tra l' imposizione fiscale che grava sui prodotti nazionali e quella relativa ai prodotti "similari" importati. La Corte ha sottolineato che il primo comma dell' art. 95 "va interpretato estensivamente, in modo da consentirne l' applicazione a tutti i regimi fiscali incompatibili con la parità di trattamento fra le merci di produzione nazionale e quelle importate. La nozione di 'prodotti similari' va pertanto interpretata con sufficiente elasticità" (v., ad esempio, causa 169/78, Commissione / Italia, punto 5 della motivazione, Racc. 1980, pag. 385). Vanno considerati similari a tal fine i prodotti che abbiano, agli occhi del consumatore, proprietà analoghe e rispondano alle medesime esigenze. Fattore decisivo non è quindi che i prodotti in parola siano identici, ma che siano analoghi o paragonabili sotto il profilo dell' uso (ibidem).

4. Il secondo comma dell' art. 95 dispone quanto segue:

"Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni".

Questo comma comprende il trattamento fiscale discriminatorio di quei prodotti che, sebbene non similari nel senso indicato dal primo comma dell' art. 95, "si trovino cionondimeno in concorrenza, anche parziale, indiretta o potenziale" tra di loro (causa 168/78, Commissione / Francia, punto 6 della motivazione, Racc. 1980, pag. 347).

5. Perché si realizzi una violazione del secondo comma dell' art. 95, si deve dimostrare che l' effetto della normativa nazionale di cui è causa è di consentire una indiretta protezione della produzione nazionale (v., ad esempio, causa 170/78, Commissione / Regno Unito, punto 9 della motivazione, Racc. 1980, pag. 417). Cionondimeno, al fine di soddisfare tale requisito, non è necessario produrre una documentazione statistica. E' sufficiente dimostrare che "un determinato dispositivo fiscale, tenuto conto delle caratteristiche ad esso proprie, può provocare l' effetto protezionistico cui si riferisce il Trattato" (ibidem, punto 10 della motivazione), ad esempio riducendo il consumo potenziale dei prodotti importati (v. causa 216/81, COGIS, punto 11 della motivazione, Racc. 1982, pag. 2701).

Argomenti delle parti

6. Nella presente causa, la Commissione sostiene che la categoria di alcolici tassata al 36% è essenzialmente uguale a quella tassata con l' aliquota inferiore. Sebbene gli ingredienti e il metodo di fabbricazione possano differire, secondo la Commissione tutte le bevande di cui trattasi sono destinate al medesimo uso e soddisfano le medesime esigenze dei consumatori. La Commissione sottolinea che il tasso alcolico in entrambe le categorie varia dal 29% al 45% e che esse rientrano tutte nella stessa voce della Tariffa doganale comune. La Commissione conclude che la normativa greca in contestazione è incompatibile con il primo comma dell' art. 95, ma che, se il criterio di similarità ivi previsto non fosse ritenuto soddisfatto, la normativa contestata sarebbe comunque in contrasto col secondo comma dell' art. 95.

7. Un tempo la classificazione dei diversi prodotti nella Tariffa doganale comune era considerata dalla Corte un fattore importante per determinare se i prodotti fossero da ritenersi similari ai sensi del primo comma dell' art. 95 (v. causa 45/75, Rewe, punto 12 della motivazione, Racc. 1976, pag. 181), sebbene non decisivo (v. causa 169/78, Commissione / Italia, punto 31 della motivazione, Racc. 1980, pag. 385). Tuttavia, nella causa COGIS (v. punto 8 della motivazione), la Corte stabilì che non era necessario fare riferimento alle classificazioni doganali dei diversi prodotti per stabilire se essi fossero similari ai fini del primo comma dell' art. 95. Più importanti venivano considerati altri criteri distintivi, come l' origine e il metodo di fabbricazione dei prodotti, la loro possibile utilizzazione e le abitudini dei consumatori della Comunità nel suo complesso. Pertanto non terrò conto del fatto che gli alcolici di cui al presente procedimento ricadano tutti nella stessa voce della Tariffa doganale comune.

8. Nel controricorso la convenuta afferma che tra gli alcolici tassati dalla normativa greca con l' aliquota inferiore e quelli tassati al 36% sussistono differenze oggettive. Gran parte dell' argomentazione svolta si occupa della distinzione tra l' ouzo, che è tassato con l' aliquota inferiore, e il whisky, tassato con l' aliquota superiore. Vi si sostiene che l' ouzo sia un ordinario prodotto di consumo quotidiano, non paragonabile ad un prodotto di lusso come il whisky. La convenuta sostiene che agli Stati membri è consentito tassare i prodotti di lusso più pesantemente di quelli ordinari. Aggiunge che l' ouzo è in gran parte prodotto da piccole imprese, che non potrebbero sopportare maggiori oneri fiscali. Secondo la convenuta, la Corte ha riconosciuto che gli Stati membri hanno il diritto di garantire agevolazioni fiscali a determinati tipi d' imprese per ragioni di politica economica o sociale. La convenuta contesta inoltre l' affermazione della Commissione secondo la quale la normativa in oggetto discriminerebbe gli alcolici importati, sostenendo invece che tutta una serie di bevande alcoliche, sia nazionali sia d' importazione, è soggetta all' aliquota impositiva inferiore.

9. Inoltre, la convenuta ha affermato per la prima volta in udienza che alcuni degli alcolici tassati al 36%, cioè il gin, la vodka e il rhum, non erano esclusivamente d' importazione ma venivano ora prodotti anche in Grecia. La convenuta ha anche aggiunto che una certa quantità di whisky veniva imbottigliata in Grecia. Proseguiva citando statistiche a dimostrazione del fatto che le importazioni in Grecia di alcune delle bevande alcoliche soggette all' aliquota più elevata erano in aumento. Quest' ultima informazione veniva data per evidenziare come la normativa in contestazione non discriminasse gli alcolici prodotti fuori dalla Grecia, né avesse causato una riduzione nelle importazioni.

Legittimità della normativa contestata

10. Gli effetti dell' art. 95 sulla tassazione degli alcolici sono stati presi in considerazione dalla Corte in molteplici occasioni. Nella causa 319/81, Commissione / Italia, punto 16 della motivazione (Racc. 1983, pag. 601), la Corte ha dichiarato:

"Fra tutte le acqueviti vi è un indeterminato numero di bevande che vanno qualificate prodotti similari ai sensi dell' art. 95, primo comma, ed, anche nei casi in cui non è possibile riscontrare un sufficiente grado d' analogia fra i prodotti considerati, esistono tuttavia fra tutte le acqueviti proprietà comuni sufficienti per costituire un rapporto di concorrenza almeno parziale o potenziale. Basta questa constatazione per desumere che la loro rispettiva tassazione non deve avere effetto protezionistico della produzione nazionale. Onde valutare questo effetto, è necessario, lasciando da parte il raffronto di dati relativi al consumo e all' importazione, considerare quale sarebbe il mercato potenziale dei prodotti di cui trattasi in assenza di misure protezionistiche".

Da tali affermazioni consegue che tutte le bevande alcoliche, ai fini del secondo comma dell' art. 95, debbano essere considerate per lo meno in concorrenza l' una con l' altra. La maggior parte delle argomentazioni ulteriormente svolte dalla convenuta per giustificare la normativa in contestazione è di conseguenza irrilevante.

11. Quanto ai nuovi elementi che la convenuta ha cercato di introdurre in udienza, non ritengo che siano ammissibili. La convenuta ha avuto ampie opportunità di comunicarli alla Commissione nel corso del procedimento precontezioso nonché di invocarli nella fase scritta dinanzi alla Corte. Omettendo di farlo, ha privato la Commissione della possibilità di rendere una risposta motivata sul punto, e la Corte di giovarsi di uno scambio di memorie scritte sulla questione.

12. In ogni caso, i nuovi elementi non confortano secondo me la tesi della convenuta. Infatti, quanto al livello delle importazioni, correttamente la Commissione ha puntualizzato in udienza che le stesse avrebbero potuto essere anche più elevate se tutti gli alcolici fossero stati tassati in Grecia con la stessa aliquota.

13. L' asserzione della convenuta che alcuni degli alcolici tassati al 36% sarebbero prodotti in Grecia non è di per sé sufficiente a dimostrare che la normativa controversa non discrimina le importazioni, in mancanza di prove quanto alla proporzione che tali bevande rappresentano nell' ambito della complessiva produzione greca di alcolici. Nella causa 169/78, Commissione / Italia (Racc. 1980, pag. 385), anch' essa relativa a bevande alcoliche, la Corte ha dichiarato che un sistema in cui i prodotti nazionali più tipici rientrino nella categoria fiscale più agevolata, mentre i due tipi di prodotti quasi totalmente importati da altri Stati membri siano assoggettati ad un trattamento fiscale più gravoso, era incompatibile con l' art. 95. La Corte ha chiarito che era irrilevante che esistesse anche una produzione nazionale di alcolici della seconda categoria, poiché si trattava in realtà di quantitativi di entità minima.

14. La convenuta non può dunque eludere il divieto posto dall' art. 95 semplicemente adducendo che una piccola parte degli alcolici prodotti in Grecia è tassata con l' aliquota più alta. Solo se una quota sostanziale di tali alcolici ricadesse entro ciascuna delle categorie fiscali in oggetto la normativa di cui trattasi si porrebbe al di fuori dell' art. 95 (v. causa 243/84, John Walker & Sons Ltd, punto 23 della motivazione, Racc. 1986, pag. 875). Ma non è stata fornita prova alcuna che ciò si verifichi nel caso di specie.

15. L' unica questione rilevante è se la normativa controversa sia tale da avere un effetto protezionistico. La risposta deve secondo me essere affermativa, poiché si deve ritenere che non ci sia in Grecia alcuna produzione, per lo meno significativa, di alcolici sottoposti alla più elevata aliquota fiscale del 36%. La normativa di cui trattasi è pertanto tale da scoraggiare il consumo di alcolici importati ben più del consumo di alcolici di produzione nazionale.

16. Quanto detto può essere sufficiente per risolvere le questioni sottoposte alla Corte. Cionondimeno, per amore di completezza, esaminerò la sostanza delle argomentazioni svolte dalla convenuta nelle proprie memorie scritte. La Corte ha riconosciuto in più occasioni che:

"il diritto comunitario non limita, nello stadio attuale della sua evoluzione, la libertà di ciascuno Stato membro di istituire sistemi impositivi differenziati per taluni prodotti, in funzione di criteri obiettivi, quali la natura delle materie prime impiegate o i procedimenti di fabbricazione seguiti. Siffatte differenziazioni sono compatibili col diritto comunitario purché perseguano scopi di politica economica compatibili, anch' essi, con gli imperativi del Trattato e del diritto derivato, e le loro modalità siano tali da evitare qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti dei prodotti importati dagli altri Stati membri, o di protezione a favore di prodotti nazionali concorrenti" (v., ad esempio, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo, punto 21 della motivazione, Racc. 1981, pag. 1413).

17. La normativa contestata non soddisfa a mio parere questi criteri. La convenuta non ha tentato di distinguere le due classi di alcolici a seconda delle materie prime o dei procedimenti di fabbricazione. La convenuta sostiene che uno degli scopi della normativa è di proteggere le piccole imprese. Tuttavia, essa non pare idonea a raggiungere tale obiettivo, posto che l' aliquota IVA cui determinati alcolici sono soggetti non dipende dalle dimensioni delle imprese che li producono. Sebbene la convenuta sostenga che l' ouzo è prodotto essenzialmente da piccole imprese, non ha poi fornito prove a sostegno di tale affermazione, ed ha anzi riconosciuto nella controreplica che parte dell' ouzo e del brandy prodotti in Grecia proviene da grandi imprese. In ogni caso, una piccola impresa scozzese produttrice, ad esempio, di whisky vedrebbe tassare il suo prodotto in Grecia con l' aliquota del 36%.

18. Per quanto riguarda in particolare il whisky, nella causa 216/81, COGIS (Racc. 1982, pag. 2701), la Corte ebbe a sostenere che "l' art. 95 del Trattato CEE osta ad un sistema di tassazione che colpisca in modo diverso il whisky e le altre acqueviti". La pretesa classificazione del whisky come prodotto di lusso non conduce a modificare tale conclusione. E' vero che la Corte ha riconosciuto, nella causa 319/81, Commissione / Italia, punto 14 della motivazione (Racc. 1983, pag. 601), che gli Stati membri potevano tassare tali prodotti più onerosamente dei beni comuni. La Corte ha tuttavia sottolineato che tale diritto non poteva giustificare deroghe alle condizioni poste nell' art. 95, in particolare al principio di non discriminazione. Dalla giurisprudenza della Corte si evince con chiarezza che gli Stati membri non possono giustificare il trattamento fiscale discriminatorio di un particolare prodotto unicamente in virtù del fatto che il prodotto è considerato di lusso in alcune parti della Comunità. A tal proposito, come sottolineato dalla Corte nella causa 170/78, Commissione / Regno Unito, punto 14 della motivazione (Racc. 1980, pag. 417):

"(...) non ci si può limitare alle abitudini di consumo presenti in uno Stato membro o in una regione determinata. In effetti, tali abitudini, variabili essenzialmente nel tempo e nello spazio, non possono essere considerate un dato immutabile; non bisogna quindi che la politica fiscale di uno Stato membro serva a cristallizzare date abitudini di consumo allo scopo di rendere stabile un vantaggio acquisito dalle industrie nazionali che si dedicano al loro soddisfacimento".

19. Perciò non è accettabile la tesi della convenuta che la classificazione del whisky in Grecia come prodotto di lusso costituirebbe una giustificazione oggettiva per tassarlo più onerosamente, ad esempio, dell' ouzo. Come ribadito dalla Commissione, il whisky potrebbe non presentare la stessa caratteristica in Scozia mentre il brandy, che in Grecia è tassato con l' aliquota inferiore, in altre parti della Comunità potrebbe essere considerato un prodotto di lusso.

20. La convenuta non ha fornito giustificazioni per distinguere gli alcolici diversi dal whisky, che vengono tassati al 36%, dagli altri tassati con l' aliquota inferiore. A mio parere, gli alcolici di entrambe le categorie vanno considerati similari ai fini del primo comma dell' art. 95. Poiché nella categoria degli alcolici tassati con l' aliquota più elevata rientrano principalmente prodotti d' importazione, la normativa in discussione risulta in contrasto con tale disposizione.

21. In ogni caso, le bevande alcoliche di entrambe le categorie devono per lo meno essere considerate tra di loro in potenziale concorrenza, parziale o indiretta, ai sensi del secondo comma dell' art. 95. La normativa di cui è causa risulta pertanto incompatibile con tale disposizione, dato che, come già chiarito, può a mio parere produrre un effetto protezionistico.

22. Ritengo pertanto che la Corte debba dichiarare che la Repubblica ellenica, avendo assoggettato determinate bevande alcoliche importate da altri Stati membri ad un' aliquota IVA superiore a quella normalmente applicata agli alcolici prodotti in Grecia, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell' art. 95 del Trattato CEE. La Repubblica ellenica dovrebbe essere condannata alle spese.

(*) Lingua originale: l' inglese.

Top