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Document 61989CC0190

    Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 19 febbraio 1991.
    Marc Rich and Co. AG contro Società Italiana Impianti PA.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Court of Appeal - Regno Unito.
    Convenzione di Bruxelles - Art. 1, secondo comma, n. 4 - Arbitrato.
    Causa C-190/89.

    Raccolta della Giurisprudenza 1991 I-03855

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1991:58

    61989C0190

    Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 19 febbraio 1991. - MARC RICH & CO AG CONTRO SOCIETA ITALIANA IMPIANTI PA. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COURT OF APPEAL - REGNO UNITO. - CONVENZIONE DI BRUXELLES - ART. 1, SECONDO COMMA, PUNTO 4 - ARBITRATO. - CAUSA C-190/89.

    raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-03855


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    Signor Presidente,

    Signori Giudici,

    1. L' interpretazione della Convenzione di Bruxelles (in prosieguo: la "convenzione") suscita diverse difficoltà, in quanto la complessità tipica di questa materia si unisce all' uso di nozioni definite nei diritti nazionali con precisione ma in modo spesso divergente tra di loro, cosa che induce spesso la Corte a trarne un significato autonomo. Per assolvere a tale compito, gli obiettivi della convenzione, consistenti nell' assicurare la "libera circolazione delle decisioni giudiziarie", costituiscono solidi punti di riferimento che consentono di evitare soluzioni che provocherebbero la moltiplicazione dei processi dinanzi a giudici diversi ed il correlativo rischio del conflitto tra le decisioni giudiziarie (1).

    2. Tali preoccupazioni costanti e motivate della giurisprudenza della Corte trovano tuttavia un chiaro limite: quello tracciato dall' ambito di applicazione della convenzione stessa. Il presente ricorso pregiudiziale, relativo alla portata dell' art. 1, secondo comma, n. 4, della convenzione, che esclude l' arbitrato dal suo ambito di applicazione, deve essere l' occasione per ricordare in proposito che, per quanto essa sia costruttiva e precisa, l' interpretazione di questo Trattato data dalla Corte non può condurre a fare astrazione dalla sua lettera, dalla sua ratio e dalla coerenza delle sue disposizioni.

    3. Queste considerazioni preliminari mi sono state ispirate da alcune delle analisi elaborate nel caso di specie, che fanno riferimento in modo alquanto formale agli obiettivi della convenzione e che trascurano ogni altra valutazione, fosse pure dettata dalla ratio di questa normativa o dalle peculiarità del problema in esame: l' arbitrato internazionale. In proposito, la presente difficoltà non può essere affrontata senza avere in primo luogo ricordato il ruolo primario che oggigiorno svolge l' arbitrato in seno alla "comunità commerciale internazionale", per usare l' espressione consacrata dalla dottrina (2). Favorito dall' espansione del commercio mondiale, l' arbitrato internazionale è universalmente divenuto il "metodo più frequente di soluzione delle controversie del commercio internazionale" (3). Questa massiccia tendenza (4) può essere illustrata attraverso questa disposizione dell' atto finale della conferenza di Helsinki (CSCE) in data 1 agosto 1975:

    "Gli Stati partecipanti, considerando che la composizione rapida ed equa delle controversie che possono risultare dalle operazioni commerciali in materia di scambi di beni e di servizi e di contratti di cooperazione industriale contribuirebbe all' espansione e alla promozione del commercio e della cooperazione; considerando che l' arbitrato è un mezzo appropriato per comporre tali controversie, raccomandano agli enti, alle imprese e alle ditte dei rispettivi paesi di includere, se del caso, clausole arbitrali nei contratti commerciali e nei contratti di cooperazione industriale o nelle convenzioni speciali; raccomandano che le disposizioni di arbitrato prevedano l' arbitrato nell' ambito di un complesso di norme reciprocamente accettabili e permettano l' arbitrato in un paese terzo, tenendo conto degli accordi internazionali e simili esistenti in questo settore".

    4. L' autore di un' opera fondamentale consacrata alla Convenzione di New York del 1958 (5) - principale strumento multilaterale in materia di arbitrato - descrive perfettamente le profonde esigenze a cui risponde il ricorso all' arbitrato internazionale e che sottolineano la sua peculiarità assai evidente rispetto all' arbitrato nazionale.

    "Il giudice straniero può rappresentare un ambiente estraneo per un operatore commerciale, a causa della sua mancanza di familiarità con la procedura da seguire, con il diritto da applicare e persino con la mentalità dei giudici stranieri. Invece, con l' arbitrato commerciale internazionale, parti soggette ad ordinamenti giuridici diversi possono prevedere una procedura reciprocamente accettabile. Esse possono stabilire in anticipo la legge da applicare: una legislazione particolare o anche una lex mercatoria propria di un settore commerciale. Esse possono altresì nominare una persona di loro scelta che abbia una conoscenza approfondita nel settore".

    L' autore prosegue:

    "Questo ed altri vantaggi sono soltanto potenziali fino a quando il necessario quadro giuridico non potrà essere garantito sul piano internazionale. Tale quadro giuridico deve quanto meno stabilire che la clausola arbitrale può essere giurisdizionalmente fatta valere e che il lodo arbitrale è esecutivo in più paesi impedendo la possibilità che un giudice nazionale riesamini nel merito il lodo stesso".

    5. Orbene, la decisione che la Corte è chiamata a pronunciare nella presente fattispecie non è priva di rilievo in ordine alla stabilità giuridica conferita all' arbitrato internazionale all' interno della Comunità. Infatti, alcune delle tesi suggerite alla Corte, qualora la Corte dovesse adottarle, potrebbero essere di natura tale da rimettere in questione principi ormai acquisiti, turbando a tempo indeterminato le aspettative in materia. Del resto, la Corte non può ignorare che nel territorio della Comunità esistono centri eminenti di arbitrato internazionale, il cui sviluppo è stato favorito, in tempi recenti, da un' intensa attività dottrinale, legislativa e giurisprudenziale. Ciò significa che deve essere prestata grande attenzione all' esame delle difficoltà sollevate dalla questione pregiudiziale che la Court of Appeal propone alla Corte.

    6. Il Trattato di Roma, essendo il diritto comunitario ben lungi dal non comportare relazioni con l' arbitrato (6), aveva previsto all' art. 220:

    "Gli Stati membri avvieranno tra di loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini:

    (...)

    - la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali".

    7. Malgrado la lettera di questa disposizione, la Convenzione di Bruxelles ha stabilito, all' art. 1, il cui testo è stato mantenuto su questo punto immutato dalle convenzioni di adesione:

    "La presente convenzione si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell' organo giurisdizionale (...).

    Sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione:

    1) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra i coniugi, i testamenti e le successioni;

    2) i fallimenti, concordati ed altre procedure affini;

    3) la sicurezza sociale;

    4) l' arbitrato" (7).

    8. Senza affrontare in questa fase il problema della portata da riconoscere a questa disposizione, ricordiamone qui i motivi, come chiariti dalla relazione del comitato di esperti che ha elaborato il progetto di convenzione:

    "La materia dell' arbitrato è disciplinata da numerosi accordi internazionali ed è del pari menzionata nell' articolo 220 del Trattato di Roma. Inoltre il Consiglio d' Europa ha elaborato una convenzione europea contenente una legge uniforme in materia d' arbitrato, che includerà con ogni probabilità un protocollo destinato a facilitare, più di quanto non faccia la Convenzione di New York, il riconoscimento e l' esecuzione dei lodi arbitrali" (8).

    9. A questo punto è indispensabile un breve richiamo storico dell' elaborazione delle convenzioni internazionali nell' ambito dell' arbitrato internazionale (9). Fino al primo dopoguerra, la disciplina giuridica in materia era quasi esclusivamente (10) soggetta alle normative nazionali, che, come i tribunali, manifestavano un chiaro sfavore nei confronti dell' arbitrato. Lo sviluppo dell' arbitrato internazionale dopo la fine della prima guerra mondiale stava per portare ad una notevole attività normativa sotto l' egida della Società delle Nazioni (11). L' adozione del Protocollo di Ginevra del 1923 (12) (che affermava la validità delle clausole compromissorie allora vietate in numerosi ordinamenti nazionali ed istituiva per gli organi giurisdizionali dello Stato un obbligo di rinviare all' arbitrato, in caso di controversia per la quale fosse stata stipulata un accordo di arbitrato), quindi, nel 1927 (13), della Convenzione di Ginevra sull' esecuzione delle sentenze straniere, comportava un miglioramento della situazione giuridica dell' arbitrato internazionale.

    10. Tuttavia, determinati aspetti restrittivi di tali convenzioni limitavano ancora l' impatto del loro contributo ad un funzionamento pienamente soddisfacente dell' arbitrato internazionale (14). In particolare l' interpretazione data all' art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1927, comportando che la sentenza da riconoscere o da eseguire fosse passata in giudicato nel paese in cui era stata pronunciata, conduceva frequentemente ad imporre un "duplice exequatur", il primo da parte dei giudici del luogo dell' arbitrato, il secondo da parte dei giudici dello Stato richiesto. Anche alla fine del secondo conflitto mondiale si proseguì la ricerca di soluzioni internazionali. E' nel quadro dei lavori del Comitato economico e sociale delle Nazioni Unite che doveva così venire elaborato il progetto della Convenzione di New York del 10 giugno 1958. Tale testo, che prevede numerose e significative modifiche rispetto alle Convenzioni di Ginevra (15), si riferisce a due aspetti essenziali dell' arbitrato commerciale internazionale: l' efficacia delle clausole arbitrali (16) e l' esecuzione dei lodi arbitrali. Bisogna in particolare sottolineare che l' obbligo del "duplice exequatur" è stato soppresso. Più di 80 Stati, di cui undici della CEE (17), hanno aderito a tale convenzione, fulcro dell' arbitrato internazionale contemporaneo.

    "La tendenza moderna è nel senso di un incontro dei diversi sistemi di diritto che disciplinano gli aspetti procedurali dell' arbitrato commerciale internazionale e il riconoscimento e l' esecuzione di sentenze arbitrali internazionali. Ciò avviene in parte per l' effetto unificatore delle convenzioni in materia di arbitrato, soprattutto della Convenzione di New York" (18).

    "La Convenzione di New York (...) è senza dubbio il più importante trattato internazionale in materia di arbitrato commerciale internazionale. Il livello generale di successo della convenzione può essere considerato come uno dei fattori responsabili del rapido sviluppo, negli ultimi decenni, dell' arbitrato come strumento per risolvere le controversie in materia di commercio internazionale" (19).

    11. Se la Convenzione di New York configura in tal modo uno strumento fondamentale dell' arbitrato internazionale, bisogna altresì menzionare le potenzialità della recente legge modello (Uncitral) del 1985 sull' arbitrato commerciale internazionale (20), le cui disposizioni forniscono un quadro di riferimento alle leggi nazionali (21) relativo alla clausola di arbitrato, alla composizione del tribunale arbitrale, alla procedura arbitrale, alla pronuncia di lodi, ai ricorsi contro questi ultimi nonché al loro riconoscimento e alla loro esecuzione. In corrispondenza con l' evoluzione dei diritti nazionali, la legge modello afferma il principio della "competenza sulla competenza" (22) dell' arbitro, in base al quale quest' ultimo può direttamente valutare la sua propria competenza sotto successivo controllo giudiziario.

    "Adottando la nozione della 'competenza sulla competenza' la legge modello ha riconosciuto la tendenza generale dei moderni sistemi giuridici nazionali e delle convenzioni internazionali che consente ad un tribunale arbitrale di determinare la propria competenza. Tuttavia, la legge modello non attribuisce ad un tribunale arbitrale l' ultima parola; vi è spazio per un simultaneo controllo da parte della Corte specificata dall' art. 6" (23).

    12. Accanto a tali strumenti (24) esistono molteplici convenzioni regionali in materia di arbitrato commerciale internazionale. Per restare in Europa, debbono essere citati due trattati: la convenzione europea sull' arbitrato commerciale internazionale del 21 aprile 1961 (25) e la convenzione europea recante legge uniforme in materia di arbitrato del 20 gennaio 1966 (Convenzione di Strasburgo) (26). Il primo di questi testi, integrativo della Convenzione di New York, limita le cause di rifiuto di riconoscimento ed esecuzione dei lodi arbitrali. Più precisamente, l' annullamento del lodo da parte del giudice dello Stato in cui è stato pronunciato può giustificare un rifiuto di exequatur solo qualora sia stato pronunciato per taluni motivi specificati (27). Peraltro, la convenzione europea del 1961 stabilisce in particolare il principio della "competenza sulla competenza" degli arbitri e regola l' ipotesi della litispendenza tra procedimento arbitrale e azione successiva dinanzi ai giudici di uno Stato. Tale convenzione lega 20 Stati membri di cui sette della Comunità (28). Viceversa, la Convenzione di Strasburgo non ha conosciuto il successo che in origine ci si attendeva, in quanto sinora un solo Stato, il Belgio, l' ha ratificata.

    13. Parallelamente, i diritti nazionali hanno riconosciuto in maniera crescente le esigenze dell' arbitrato commerciale internazionale, sancendo gli effetti dell' autonomia della volontà nell' ordinamento internazionale. Tale tendenza è particolarmente netta in Europa e si manifesta tanto nell' ambito legislativo (29) quanto attraverso gli atteggiamenti degli organi giurisdizionali degli Stati, che non manifestano alcuno sfavore nei confronti dell' arbitrato internazionale.

    14. "Di tanto in tanto veniva regolarmente insinuato che i giudici inglesi fossero ostili ai procedimenti arbitrali. E' opinabile che ciò risponda al vero relativamente ad un lontano passato. Ciò che deve apparire chiaro a chiunque esamini le sentenze pronunciate negli ultimi 60 anni, è che questo è un pregiudizio del tutto erroneo" (30).

    Formulata a proposito dei giudici britannici, un' opinione di tal genere potrebbe indubbiamente essere trasposta alla stragrande maggioranza degli altri giudici nazionali.

    15. Tale è, abbozzata a grandissime linee - che dovrebbero essere completate con una descrizione del ruolo essenziale delle istituzioni permanenti di arbitrato o della comparsa di una nuova "lex mercatoria" (31) - la fisionomia generale dell' arbitrato internazionale, che, progressivamente staccato da ogni contesto statuale, tenderebbe, a parere di certi commentatori, alla "denazionalizzazione" o, ancora, alla "delocalizzazione" (32).

    16. Prima domanda di un giudice britannico in ordine alla Convenzione di Bruxelles, ma altresì prima occasione per la Corte di pronunciarsi in ordine alla portata dell' esclusione dell' arbitrato dall' ambito di applicazione di tale normativa, il presente procedimento pregiudiziale riveste una notevole importanza sotto questi profili (33). Esso trova la sua origine in una situazione che è indispensabile ricordare al fine di consentire una buona comprensione degli interessi in causa.

    17. Con telex del 23 gennaio 1987, la ditta Marc Rich and Co. AG (in prosieguo: la "Marc Rich") faceva un' offerta di acquisto di petrolio grezzo iraniano alla Società Italiana Impianti PA (in prosieguo: la "SII"). Il 25 dello stesso mese, quest' ultima accettava l' offerta di acquisto subordinatamente ad alcune condizioni supplementari, che sembra siano state accettate dalla Marc Rich il 26 gennaio, data alla quale la SII ritiene che sia stato così concluso un contratto perfetto. Il 28 gennaio la Marc Rich inviava un ulteriore telex contenente dettagli sui termini del contratto nonché la seguente clausola:

    "Legge regolatrice ed arbitrato

    La legge regolatrice del presente contratto, quanto alla sua interpretazione, validità ed esecuzione, è la legge inglese. Qualsiasi controversia fra acquirente ed alienante sarà rimessa ad un collegio di tre arbitri a Londra; ciascuna delle parti provvederà a nominarne uno, mentre il terzo sarà designato dai due arbitri così prescelti. Il lodo arbitrale pronunciato all' unanimità o a maggioranza sarà definitivo e vincolante per le parti".

    Tale telex non avrebbe ricevuto risposta.

    18. Qualche giorno dopo cominciavano le operazioni di carico del petrolio sulla nave "Atlantic Emperor" che si concludevano il 6 febbraio. Pare che lo stesso giorno, la Marc Rich abbia lamentato un grave deterioramento del carico, per un danno di oltre 7 milioni di USD.

    19. Il 18 febbraio 1988, la società italiana proponeva in Italia un' azione giudiziaria volta ad ottenere una sentenza di accertamento che escludesse la sua responsabilità nei confronti della Marc Rich. Il 29 febbraio 1988 veniva notificata la citazione alla Marc Rich, che, lo stesso giorno, avviava a Londra un procedimento arbitrale nominando il suo arbitro e, il 4 ottobre 1988, concludeva per l' incompetenza del giudice italiano, facendo valere l' esistenza della clausola compromissoria. Dal momento che la SII non aveva nominato il suo arbitro, la Marc Rich proponeva, il 20 maggio 1988, un' azione volta ad ottenere da parte della High Court di Londra la nomina di un arbitro a norma dell' Arbitration Act, 1950. Il giudice britannico autorizzava la notifica alla SII in Italia dell' atto introduttivo del procedimento. L' 8 luglio 1988, la società italiana chiedeva l' annullamento di tale autorizzazione, facendo valere che l' effettiva controversia tra le parti era collegata alla questione se il contratto de quo contenesse o meno una clausola di arbitrato. Essa affermava che tale controversia rientrava nell' ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles e doveva pertanto venire giudicata in Italia. Secondo la Marc Rich, la controversia non rientrava invece nell' ambito di applicazione della convenzione a causa dell' art. 1, che esclude l' arbitrato.

    20. Il giudice Hirst riteneva che la convenzione non si applicasse alla controversia, considerando il contratto sottoposto al diritto inglese ed autorizzando la notifica all' estero. Nonostante le reticenze che le due parti della controversia principale sono parse manifestare in ordine ad una domanda di pronuncia pregiudiziale invitando la Court of Appeal a decidere essa stessa sull' interpretazione della convenzione nel caso di specie, tale giudice ha sottoposto alla Corte le seguenti tre questioni:

    "1) Se la deroga di cui all' art. 1, n. 4, della convenzione faccia riferimento:

    a) ad ogni controversia o decisione giudiziaria e, in caso affermativo,

    b) ad ogni controversia e decisione giudiziaria vertente sulla sussistenza 'ab origine' di una clausola compromissoria.

    2) Nel caso in cui la presente controversia rientri nel campo di applicazione della convenzione e non nella deroga alla convenzione stessa, se l' acquirente possa comunque fissare il foro competente in Inghilterra in virtù:

    a) dell' art. 5, n. 1, della convenzione e/o

    b) dell' art. 17 della stessa.

    3) Nel caso in cui, al di là delle ipotesi di cui al precedente n. 2, sia comunque consentito all' acquirente di fissare il foro competente in Inghilterra, se

    a) questa Corte debba dichiarare la propria incompetenza ovvero sospendere il procedimento ai sensi dell' art. 21 della convenzione o, invece,

    b) questa Corte debba sospendere il procedimento ai sensi dell' art. 22 della convenzione, in quanto è stato preventivamente adito il giudice italiano".

    21. Sono necessarie due osservazioni preliminari.

    22. I pareri dei sigg. Jenard e Schlosser prodotti dinanzi alla Corte dalla SII ci ispirano la prima. Come è noto, queste personalità hanno altresì redatto rispettivamente le relazioni dei comitati di esperti che hanno preparato la convenzione iniziale e la convenzione di adesione della Danimarca, dell' Irlanda e del Regno Unito. Per tale ragione, la Corte è stata indotta a prendere in considerazione queste relazioni (34). Ricordo inoltre che il Civil Jurisdiction and Judgements Act, 1982 (35), vi si riferisce espressamente per l' interpretazione della convenzione da parte dei giudici britannici. Viceversa, è pacifico che le opinioni oggi sottoposte alla Corte presentano la natura di semplici pareri, cui si deve evidentemente riconoscere solo il peso loro attribuito dal loro valore intrinseco. Tale precisazione è tanto più indispensabile in quanto il sig. Schlosser sostiene, dal canto suo, una tesi in contrasto sotto tutti i punti di vista con quella della relazione ufficiale di cui era firmatario, in ordine all' applicazione della convenzione alle controversie dinanzi ai giudici statali in materia di arbitrato.

    23. La seconda osservazione riguarda la portata della soluzione che la Corte darà alla prima questione, formulata dalla Court of Appeal in termini assai generici. Il suo tenore letterale potrebbe condurre la Corte ad esaminare una vasta serie di ipotesi relative alla portata dell' esclusione dell' arbitrato dall' ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles. Penso, in particolare, alla delicata questione sorta al momento dei negoziati che hanno preceduto l' adesione del Regno Unito (36). La delegazione di questo Stato, a quanto pare, aveva sostenuto la tesi secondo cui la convenzione non si applicava al riconoscimento ad all' esecuzione di una sentenza di merito pronunciata dal giudice di uno Stato ignorando una clausola d' arbitrato o negando a questa ogni validità. Se tale tesi non pareva ammessa dagli Stati membri originari, tale divergenza non ha comportato modifiche del testo della convenzione. Secondo la relazione Schlosser, "i nuovi Stati membri potranno accertare, nelle rispettive legislazioni, la suddetta incertezza di interpretazione" (37). Indipendentemente dall' interpretazione che si possa adottare in proposito, è giocoforza constatare che tale difficoltà è estranea alla controversia pendente dinanzi al giudice britannico che ha adíto la Corte. Di conseguenza, contrariamente a quanto il governo francese ha invitato a fare in proposito, suggerisco alla Corte di non affrontare tale questione nella soluzione che fornirà alla Court of Appeal. Condivido l' opinione del governo tedesco, secondo cui la pronuncia della Corte deve limitarsi a fornire le sole precisazioni utili alla soluzione della controversia nella causa principale.

    24. Sotto questo punto di vista, la domanda della Marc Rich ha per oggetto la nomina di un arbitro, vale a dire la costituzione del tribunale arbitrale. La difesa della SII solleva preliminarmente la questione dell' esistenza stessa della clausola di arbitrato. Tale è incontestabilmente la fisionomia della controversia dinanzi al giudice a quo ed in base alla quale invito la Corte a procedere all' interpretazione dell' art. 1, secondo comma, n. 4, della convenzione.

    25. Pare che per il resto sia sorta in proposito una certa confusione per il fatto che la società SII contesta che la controversia pendente dinanzi al giudice a quo abbia per oggetto la nomina di un arbitro. La "principale o vera controversia tra le parti" riguarderebbe l' esistenza della clausola d' arbitrato. Probabilmente, una questione di tal genere risulta, allo stato della causa, più importante. Tuttavia, da un punto di vista procedurale, si tratta solo di una questione incidentale o, più esattamente, preliminare. La società SII ha indicato essa stessa all' udienza che la questione dell' esistenza dell' arbitrato doveva venire risolta prima che si potesse procedere alla nomina di un arbitro. Nelle sue osservazioni scritte, inoltre, si precisa chiaramente:

    "L' azione proposta dall' acquirente dinanzi al giudice inglese è volta alla nomina di un arbitro. Tuttavia, come ha detto il giudice Hirst senza essere contraddetto dall' acquirente al riguardo, l' acquirente non potrà ottenere che tale provvedimento venga disposto fintantoché non avrà dimostrato l' esistenza di un valido accordo di arbitrato" (38).

    Non si potrebbe dare una descrizione migliore di una questione preliminare.

    26. Segnalo peraltro che la detta distinzione tra questione preliminare e questione principale, familiare ai giuristi continentali, è già stata utilizzata, proprio in materia, dai giuristi di "common law". Infatti, in una decisione della High Court - relativa alle prerogative degli arbitri di cui si neghi la competenza - la questione della competenza che precede la valutazione di merito della controversia è stata appunto definita come "preliminary matter" nei seguenti termini:

    "Essi possono esaminare nel merito la questione se siano o meno competenti, non per raggiungere conclusioni di sorta tali da vincolare le parti - perché non possono farlo - ma per provare a se stessi, in via preliminare, la necessità di continuare l' arbitrato o no" (39).

    27. Benché formulata a proposito della questione della competenza dell' arbitro sollevata dinanzi a quest' ultimo, l' interpretazione, peraltro logica ed evidente, secondo cui si tratta in tal caso di una questione preliminare, non può variare, su questo punto, quando essa è pendente dinanzi all' organo giurisdizionale di uno Stato chiamato a nominare un arbitro.

    28. Secondo la tesi sostenuta dalla società SII, che si fonda in larga misura sui pareri dei sigg. Jenard e Schlosser, la convenzione sarebbe applicabile alla controversia sottoposta al giudice a quo. A prima vista, una tale conclusione contrasta con la soluzione che discende dai principi fino ad ora ammessi in ordine all' applicazione delle esclusioni dalla convenzione e che subito presenterò. Tale soluzione è stata esposta perfettamente nelle osservazioni del governo tedesco. Essa è chiara e precisa. Il punto di partenza dell' analisi è fornito qui dal principio incontestabile secondo cui "tutte le materie escluse lo sono soltanto se costituiscono l' oggetto principale della controversia" (40).

    29. Come si è visto, nel caso di specie, quest' ultimo riguarda la nomina di un arbitro. Orbene, la relazione ufficiale del sig. Schlosser è priva di qualsiasi ambiguità in proposito:

    "La convenzione d' esecuzione non si applica alle procedure giudiziarie, sussidiarie ad una procedura arbitrale, quali la nomina o la revoca di arbitri (...)" (41).

    Allo stesso modo, tutti gli altri autori che hanno affrontato questo punto sono concordi nell' escludere questo specifico tipo di procedimento dall' ambito di applicazione della convenzione (42).

    30. Salvo adottare la tesi radicale del parere riattualizzato del sig. Schlosser, secondo cui la convenzione si applica a tutte le controversie in materia di arbitrato portate dinanzi ad un giudice, tesi che riesaminerò successivamente, non è consentita alcuna esitazione: la convenzione non si applica all' oggetto principale della controversia pendente dinanzi al giudice a quo. Preliminarmente però è sottoposta a quest' ultimo la questione dell' esistenza della clausola di arbitrato.

    31. Bisogna a questo punto sottolineare con decisione che nel sistema della convenzione la competenza a conoscere di una questione preliminare da parte del giudice cui è stata sottoposta una questione principale non rientrante nel campo della convenzione stessa non è in alcun caso disciplinata dalla convenzione ma dalla lex fori, e ciò anche se la questione preliminare rientra nell' ambito di applicazione della convenzione.

    32. I sigg. Gothot e Holleaux indicano assai chiaramente sotto questo profilo che:

    "La convenzione non rileva in ordine alle questioni principali escluse dal suo ambito anche ove esse sollevino incidentalmente una questione rientrante in tale ambito. La competenza del giudice per quanto riguarda la questione principale (di previdenza sociale, ad esempio ...), esclusa dall' ambito del Trattato, e la questione incidentale (relativa ad un contratto di lavoro, ad esempio), compresa nell' ambito della convenzione, dipende dalla lex fori dello Stato e non dalla convenzione (la sentenza pronunciata non può evidentemente beneficiare del regime di riconoscimento e di esecuzione proprio della convenzione)" (43).

    33. Ne debbono essere tratte due conseguenze. La prima è che spetta alla sola lex fori, vale a dire, nel caso di specie, al diritto inglese, determinare se il giudice sia competente per decidere la questione preliminare. La seconda è che, evidentemente, la controversia il cui oggetto principale esula dall' ambito di applicazione della convenzione, non può rientrare in tale campo di applicazione per effetto di una questione preliminare quand' anche quest' ultima rientrasse nella convenzione ratione materiae. A tal proposito, non è a mio parere necessario che la Corte, nel caso di specie, si pronunci sul se la questione dell' esistenza di una convenzione di arbitrato che sia sottoposta in via principale ad un giudice rientri o no nell' ambito di applicazione della convenzione. A mio parere, è sufficiente rilevare che quando una questione di tal fatta presenta la natura di questione preliminare, in una controversia il cui oggetto principale sfugge alla convenzione, quest' ultima non si applica e, di conseguenza, spetta alla lex fori decidere se il giudice adíto può conoscere della questione incidentale di cui si tratta. Questa è la conclusione che mi pare discendere naturalmente dai principi che ho ricordato.

    34. Tuttavia, qualora la Corte rifiutasse tale impostazione, ritenendo che, indipendentemente da qualsiasi esame procedurale, la questione principale nel caso di specie verta sul problema se esista o meno una clausola di arbitrato tra le parti, essa non deciderebbe per questo che la controversia sottoposta al giudice a quo rientri nell' ambito di applicazione della convenzione. A mio parere, infatti, una controversia relativa all' esistenza della clausola arbitrale è estranea alla convenzione stessa.

    35. E' opportuno richiamare qui i termini della relazione Schlosser:

    "Anche per una decisione di un organo giurisdizionale, che stabilisce la validità o meno di un compromesso arbitrale, o che impone alle parti, a motivo della invalidità, di non proseguire in una procedura arbitrale, non si può fare riferimento alla convenzione" (44).

    E' questa una tesi che trova riscontro anche in dottrina:

    "Inoltre si ritiene, forse in maniera controversa, che i giudizi relativi alla mera validità contrattuale dell' accordo arbitrale dovrebbero anch' essi essere considerati esclusi dalla convenzione comprendendo l' arbitrato ai sensi dell' art. 1, secondo comma, n. 4, in quanto più strettamente connessi con il procedimento arbitrale stesso, di quanto, ad esempio, non siano le questioni contrattuali relative al regime patrimoniale tra i coniugi - analogamente escluso a norma dell' art. 1, secondo comma, n. 1 - ad esso connesse" (45).

    Il governo del Regno Unito ha sottolineato perfettamente, a tal proposito, che non esiste alcun motivo sostanziale per distinguere tra una clausola di arbitrato inesistente ed una clausola invalida. A tal proposito, non si può mancare di sottolineare che la Convenzione europea del 1961 non opera appunto alcuna distinzione tra una eccezione in ordine all' esistenza di una clausola arbitrale ed una in ordine alla sua validità (46). Nelle due ipotesi, si tratta sempre della competenza dell' arbitro. D' altro canto, io non vedo i motivi che autorizzerebbero a distinguere, come il sig. Jenard fa nel parere prodotto dinanzi alla Corte, tra una contestazione dell' esistenza o della validità della clausola arbitrale prima che l' arbitrato abbia inizio, che rientrerebbe nell' ambito di applicazione della convenzione, ed una contestazione della competenza dell' arbitro dinanzi al giudice in corso di procedimento arbitrale, che sarebbe invece esclusa dall' ambito di applicazione della convenzione.

    36. In taluni ordinamenti il controllo giurisdizionale sulla competenza dell' arbitro si svolge essenzialmente a posteriori. E' questa, ad esempio, la soluzione adottata dal diritto francese, che, salva l' ipotesi di una clausola arbitrale manifestamente nulla, impone ai giudici il rinvio all' arbitrato, dal momento che le valutazioni dell' arbitro in ordine alla sua competenza sono oggetto di un sindacato giurisdizionale successivo in caso di ricorso per annullamento del lodo. Orbene, le relazioni Jenard (47) e Schlosser (48) escludono che la convenzione sia applicabile alle sentenze che annullano un lodo arbitrale, mentre il motivo dell' annullamento potrà consistere appunto nell' incompetenza dell' arbitro. Sembra pertanto che, a parere del sig. Jenard, la convenzione non si applichi a tale controllo, ma che, al contrario, essa disciplini eccezioni iniziali relative alla competenza dell' arbitro negli ordinamenti giuridici che consentono un controllo ab initio di tale competenza.

    37. Tale soluzione introdurrebbe una separazione arbitraria in ordine ad azioni giudiziarie che portano tutte il giudice a pronunciarsi sulla eccezione di incompetenza dell' arbitro e si troverebbero quindi le une soggette alla convenzione, le altre escluse dal campo di applicazione della stessa.

    38. Occorre infine esaminare l' argomento della società SII che esprime il seguente punto di vista: l' "arbitrato" dipende dal consenso. Senza consenso non esiste "arbitrato". Pertanto, se ci si attiene al suo significato intrinseco, la nozione di "arbitrato" non si estende ad una controversia relativa all' esistenza iniziale di una clausola "di arbitrato". In altri termini, la materia della controversia non avrebbe per oggetto l' arbitrato se fosse contestata l' esistenza stessa della clausola di arbitrato.

    39. Alla luce della giurisprudenza della Corte, tale tesi non è affatto convincente. Nella sentenza Effer (49) si trattava di una controversia in cui a fronte di una domanda per il pagamento di onorari si contestava che tra le parti si fossero stabiliti rapporti contrattuali. La questione che vi veniva proposta consisteva nel determinare se la negazione dell' esistenza stessa del contratto impedisse l' applicazione dell' art. 5, n. 1, della convenzione in cui rientrava incontestabilmente la domanda di pagamento. La Corte ha dichiarato che il ricorrente fruiva del foro del luogo dell' esecuzione del contratto "anche qualora l' esistenza del contratto su cui si fonda la domanda sia controversa". In altri termini, la Corte ha ritenuto che non fosse sufficiente asserire l' inesistenza del contratto di cui si persegue l' esecuzione per uscire quindi dalla materia contrattuale. Applicato alla presente fattispecie, questo ragionamento deve portare a ritenere che neppure l' affermazione dell' inesistenza di una clausola arbitrale può condurre a concludere che la controversia sottoposta al giudice a quo - e intesa alla nomina di un arbitro, vale a dire all' applicazione della detta clausola arbitrale - non rientra nella materia dell' arbitrato.

    40. Di conseguenza, comunque si esamini la questione se l' esistenza o meno della clausola arbitrale configuri una questione preliminare o principale, risulta chiaramente che l' oggetto principale della controversia sottoposta al giudice a quo è relativo all' arbitrato. Faccio osservare inoltre che nel suo parere lo stesso sig. Jenard ha ammesso che l' arbitrato è la "main issue" della controversia sottoposta al giudice britannico, per trarne tuttavia la conclusione, che esaminerò in seguito, secondo cui la convenzione si applica a questa controversia.

    41. Non è questo il risultato corrispondente all' applicazione dei principi classici in materia, risultato contestato dalla SII e dalla Commissione.

    42. Prima di affrontare la tesi della società italiana, che fa valere, in via principale, un' interpretazione radicale secondo cui la convenzione sarebbe applicabile a tutte le controversie relative all' arbitrato portate dinanzi ad un giudice, devo sin d' ora ricordare la tesi della Commissione che sostiene l' applicazione della convenzione nella presente fattispecie in base ad un' analisi che sembra tenere totalmente in non cale i principi sopra richiamati.

    43. Per la Commissione, la soluzione della difficoltà sarebbe fornita dal seguente passaggio della relazione Evrigenis e Kerameus:

    "Al contrario, deve considerarsi soggetto alla convenzione il controllo incidentale della validità del compromesso, richiesto da una parte per contestare la competenza della giurisdizione dinanzi a cui è intentata la causa conformemente alla convenzione" (50).

    44. Innanzitutto preciso che metterei assai seriamente in dubbio la fondatezza di questo inciso se esso significasse che è la convenzione ad attribuire al giudice, cui sia stata proposta un' azione principale rientrante nel suo ambito di applicazione, la competenza a conoscere di una questione incidentale estranea rispetto a quest' ultimo. Una possibilità di tal genere è infatti determinata dalla "lex fori" del giudice adito e non dalla convenzione. Come precisano i sigg. Gothot e Holleaux:

    "In realtà, la convenzione non interviene al riguardo: spetta alle norme della lex fori relative alla competenza e alla procedura decidere se una siffatta questione incidentale debba essere trattata come una mera questione preliminare o come pregiudiziale" (51).

    45. Mi sembra quindi preferibile considerare che gli autori della relazione abbiano in realtà inteso alludere all' applicazione della convenzione al riconoscimento ed all' esecuzione di una sentenza che risolva una controversia rientrante nell' ambito della convenzione, dopo aver deciso sulla questione della validità di una clausola di arbitrato. Come abbiamo visto, tale questione è stata sollevata al momento dei negoziati precedenti l' adesione del Regno Unito. A mio parere, essa resta aperta ed in ogni caso estranea alla controversia sottoposta al giudice a quo.

    46. Ma, anche supponendo che gli autori della relazione abbiano ritenuto che la convenzione determinasse la competenza di un giudice adíto in virtù di questa a conoscere in via pregiudiziale della validità di una clausola di arbitrato, il passaggio citato non porta affatto alla stessa conclusione della Commissione.

    47. Infatti, si cita espressamente la situazione di un giudice adíto in applicazione della convenzione al quale sia sottoposto il controllo incidentale della clausola di arbitrato. In altre parole, è decisivo determinare se la questione principale di cui è investito il giudice a quo rientri nell' ambito della convenzione. Questa è la prima tappa obbligata del ragionamento che la Commissione sembra essersi risparmiata.

    48. Infatti, ci si deve limitare a congetture in ordine ai motivi del suo ragionamento secondo cui l' arbitrato, nel caso di specie, è una mera "questione incidentale". Con ciò la Commissione intende dire che, dinanzi al giudice britannico, la designazione dell' arbitro sarebbe una questione incidentale e l' esistenza di una clausola arbitrale la questione principale? Se tale è la sua tesi, si tratta di una patente rimessa in discussione di nozioni fondamentali di procedura. Ma anche una tesi di tal genere può condurre ad applicare la convenzione alla controversia sottoposta al giudice britannico solo nel caso in cui si dimostrasse che la questione dell' esistenza di un accordo arbitrale rientra nella sfera di applicazione della convenzione. Nelle osservazioni che vi sono state presentate, non ho trovato nessuna soluzione a tali interrogativi.

    49. Gli argomenti particolarmente approfonditi della società SII tratterranno l' attenzione della Corte molto più a lungo.

    50. La tesi favorevole all' applicazione della convenzione alla presente fattispecie si fonda, sostanzialmente, su di un' alternativa:

    - in via principale, ed è qui l' interpretazione radicale che la società italiana sostiene invocando in particolare le osservazioni del sig. Schlosser, la convenzione si applica a tutti i processi dinanzi ai giudici in materia di arbitrato; di conseguenza, si propone così alla Corte una importante presa di posizione in ordine alla portata dell' art. 1, secondo comma, n. 4;

    - in subordine, ed è questa la posizione della SII fondata in particolare sul parere del sig. Jenard, l' applicazione della convenzione alla presente fattispecie sarebbe giustificata dai veri obiettivi della convenzione.

    51. Esaminiamo nell' ordine questi due argomenti.

    52. La tesi secondo cui la Convenzione di Bruxelles si applica a tutte le controversie pendenti dinanzi ai giudici in materia di arbitrato presenta la qualità apparente della semplicità. Essa è tuttavia contraddetta dalla ratio della convenzione e comporta seri inconvenienti, non bilanciati, in definitiva, da alcun significativo vantaggio.

    53. Secondo il parere del sig. Schlosser, l' art. 1, secondo comma, n. 4, della convenzione avrebbe un valore puramente dichiarativo. In altre parole, tale disposizione avrebbe una sola portata: ricordare che la convenzione non si applica al riconoscimento ed all' esecuzione dei lodi arbitrali. Viceversa, tanto la competenza degli organi giurisdizionali di uno Stato per controversie relative all' arbitrato quanto il riconoscimento e l' esecuzione di decisioni emanate a seguito di tali procedimenti rientrerebbero nell' ambito di applicazione della convenzione.

    54. Contrariamente alle varie relazioni dei comitati di esperti, tale analisi pecca innanzitutto per difetto di logica se si esamina la disposizione. Cito qui un commentatore autorizzato:

    "La Convenzione di Bruxelles esclude espressamente tale materia a differenza della Convenzione dell' Aja sull' esecuzione delle sentenze. Vero è che le convenzioni che hanno per oggetto il riconoscimento e l' esecuzione delle decisioni rese dai giudici di uno Stato non si applicano, in ipotesi, all' esecuzione dei lodi arbitrali. Tuttavia, un dubbio che non ha sfiorato i negoziatori dell' Aja è stato tenuto presente da quelli di Bruxelles che hanno inteso, con una disposizione formale, eliminare ogni tentativo di riconoscimento o di esecuzione di decisioni giudiziarie che risolvono le controversie relative all' arbitrato come ad esempio un' azione di annullamento. Inoltre, poiché la Convenzione di Bruxelles riguarda la competenza internazionale, viene così precisato che il Trattato non intende determinare la competenza dei giudici per le controversie relative ad un arbitrato" (52).

    55. Si noti inoltre che la lettera stessa di questo testo viene a sostegno di tale interpretazione. Infatti, se l' art. 1, secondo comma, della convenzione enumera ai nn. 1 (stato delle persone...), 2 (fallimento ...), 3 (previdenza sociale ...) materie che pur essendo soggette ai giudici sono tuttavia escluse dalla convenzione, è logico che il n. 4, alla fine della stessa norma, riguardi allo stesso modo le controversie sottoposte ai giudici degli Stati. Se l' esclusione dell' arbitrato avesse la portata meramente dichiarativa che le attribuiscono la SII ed il sig. Schlosser - vale a dire quella di ricordare qualcosa di evidente, cioè che una convenzione sulla competenza dei giudici e sul riconoscimento e l' esecuzione delle decisioni giudiziarie non si applica ai procedimenti arbitrali ed al riconoscimento ed all' esecuzione dei lodi arbitrali - la ratio della disposizione sarebbe allora assai poco coerente.

    56. La tesi della SII è chiaramente infirmata dalle varie relazioni dei comitati di esperti. Innanzitutto la relazione Jenard (53):

    "La convenzione non si applica né al riconoscimento e all' esecuzione dei lodi arbitrali (...), né per determinare la competenza dei tribunali per le controversie relative ad un arbitrato - per esempio, le azioni intentate al fine di ottenere l' annullamento di un lodo arbitrale - né a maggior ragione al riconoscimento di decisioni pronunciate in merito a tali azioni".

    57. Quindi la relazione Schlosser (54), ancor più chiaramente:

    "La convenzione d' esecuzione non si applica alle procedure giudiziarie, sussidiarie ad una procedura arbitrale, quali la nomina o la revoca di arbitri, la determinazione del luogo dell' arbitrato, la proroga del termine previsto per il lodo arbitrale o le decisioni pregiudiziali su questioni sostanziali, previste dal diritto inglese come lo 'statement of special case' (articolo 21, Arbitration Act, 1950). Anche per una decisione di un organo giurisdizionale, che stabilisce la validità o meno di un compromesso arbitrale o che impone alle parti, a motivo della invalidità, di non proseguire in una procedura arbitrale, non si può fare riferimento alla convenzione.

    (...) La convenzione non si applica neppure a procedure e a decisioni relative a domande di annullamento, modifica, riconoscimento ed esecuzione di lodi arbitrali".

    58. Notiamo peraltro che, secondo quest' ultima relazione, per tutti gli Stati firmatari della convenzione era chiaro che l' esclusione riguardava almeno "i procedimenti dinanzi a organi giurisdizionali degli Stati soltanto nella misura in cui essi si riferiscano a procedure arbitrali concluse, in corso o future" (55). Questa era, infatti, priva di qualsiasi ambiguità, la posizione degli Stati originari, ritenuta tuttavia più restrittiva di quella del Regno Unito a proposito della difficoltà che ho in precedenza indicato.

    59. Infine, la relazione Evrigenis e Kerameus (56):

    "Non sono contemplate dalla convenzione le procedure riguardanti direttamente ed in quanto argomento principale l' arbitrato. Si tratta per esempio dei casi seguenti: l' intervento di un tribunale per la costituzione dell' organo arbitrale, l' annullamento giudiziario, la constatazione della validità di un lodo arbitrale o la constatazione dell' esistenza di vizi che l' inficiano".

    60. La dottrina è concorde nell' escludere dall' applicazione della convenzione le controversie relative all' arbitrato (57). Il solo punto controverso riguarda la difficoltà, che ho già trattato in ordine alla questione del riconoscimento e dell' esecuzione ai sensi della Convenzione di Bruxelles, di una decisione nel merito di una controversia nonostante una clausola arbitrale (58). Tuttavia, anche per gli autori favorevoli all' applicazione della convenzione in un caso del genere, tutte le controversie in materia di arbitrato sono escluse dalla convenzione (59).

    61. Se la lettera della convenzione è confortata da una convergenza di posizioni delle relazioni dei comitati di esperti - che ha provocato, bisogna sottolinearlo, legittime aspettative da parte degli ambienti interessati - sarebbero necessarie, a mio parere, solide ragioni sostanziali per poter pensare seriamente di accettare la soluzione radicale attualmente sostenuta dal sig. Schlosser. Orbene, se esaminate, le ragioni addotte per giustificare tale rimessa in questione sono assai discutibili.

    62. La tesi che viene proposta alla Corte si fonda in particolare sulla discontinuità che esisterebbe tra la Convenzione di Bruxelles e le convenzioni internazionali se la prima non dovesse essere applicata alle controversie relative ad un arbitrato sottoposte ai giudici.

    63. Mi permetto innanzitutto di osservare che, secondo la stessa opinione del professor Schlosser,

    "assai spesso, in pratica, i lodi arbitrali sono stati riconosciuti extraterritorialmente nonostante il fatto che altri giudici (in particolare quelli del luogo in cui si è svolto l' arbitrato) fossero precedentemente intervenuti nell' arbitrato: ad esempio nominando un arbitro. I giudici nel paese dell' esecuzione trovano spesso del tutto normale ed ovvio che i giudici del luogo dell' arbitrato siano competenti per i procedimenti arbitrali se i provvedimenti giudiziari di cui trattasi sono familiari ad altri sistemi giuridici. Problemi di validità di tali procedimenti giudiziari, come l' osservanza del principio del contraddittorio nei confronti delle parti dell' arbitrato, non si sono a quanto pare mai posti. Molto spesso inoltre non si è fatta alcuna attenzione alla questione se sentenze relative ad arbitrati debbano veramente essere riconosciute in un altro paese in applicazione del trattato bilaterale in vigore" (60).

    64. Tuttavia, il prof. Schlosser non sembra soddisfatto del pragmatismo apparentemente efficace dei vari giudici nazionali. Egli infatti prosegue:

    "un esame più approfondito di questi trattati rivela tuttavia che questo è un orientamento superficiale. Una sentenza su di un arbitrato è una sentenza come le altre. Essa può venire riconosciuta in un altro paese solo se esiste una base giuridica per procedere in tal senso. Tale base giuridica può essere rinvenuta nel trattato bilaterale applicabile" (61).

    E l' autore sottolinea le carenze che tali trattati bilaterali presenterebbero in proposito.

    65. Siamo ben lungi dall' essere convinti da tale esame.

    66. Mentre i tribunali nazionali, nel momento in cui riconoscono i lodi arbitrali, non vedono apparentemente alcun inconveniente nell' intervento dei giudici dello Stato del luogo dell' arbitrato, si propone tuttavia alla Corte una lettura "riveduta" della Convenzione di Bruxelles poiché un attento esame giuridico dovrebbe condurre il giudice a sollevare difficoltà. Non mi sembra soddisfacente mettere in evidenza un problema puramente teorico, poiché si ammette che in pratica il sistema funziona normalmente, per farlo valere poi a sostegno di una nuova interpretazione della convenzione. Il punto di vista espresso dal sig. Schlosser e dalla SII attirerebbe l' attenzione se rispondesse a indiscutibili preoccupazioni pratiche. Ora, appunto, le esigenze qui menzionate non risultano persuasive.

    67. D' altra parte, il sig. Schlosser invoca il riconoscimento e l' esecuzione di lodi arbitrali "fusi" in una sentenza (awards merged into judgments) - situazione frequente nel Regno Unito, secondo l' autore - che esigerebbe che la convenzione si applichi ai procedimenti relativi all' arbitrato, tenuto conto dell' importanza del Regno Unito come centro di arbitrati. La situazione a cui allude il sig. Schlosser si presenta quando il giudice del luogo dell' arbitrato concede l' exequatur in forma particolare: la sentenza è data "in terms of the award" (62).

    68. Per confutare sommariamente questo argomento ci si potrebbe limitare a constatare che proprio il riconoscimento e l' esecuzione delle sentenze in cui il lodo è "fuso" non hanno sollevato alcuna difficoltà nelle ipotesi citate dal sig. Schlosser. Ciò è in ogni caso quanto emerge dalla lettura delle sentenze da lui citate come nei casi in cui si è dovuto decidere sulla concessione dell' exequatur in tali circostanze (63).

    69. E' tuttavia necessario completare questa constatazione pratica con un' osservazione giuridica più basilare. Nell' ambito della Convenzione di New York, è indubbio che in presenza di un lodo "fuso" in una sentenza il primo possa, in quanto tale, essere oggetto di riconoscimento. Infatti,

    "Il fatto che l' autorizzazione all' esecuzione abbia l' effetto di assorbire il lodo nel paese d' origine è un aspetto tecnico ai fini dell' esecuzione all' interno di tale paese. Si può pertanto ritenere che il lodo resti un titolo per proporre un' azione di esecuzione in altri paesi" (64).

    In questa prospettiva, la "fusione" del lodo deve essere considerata come limitata al territorio del giudice che ha pronunciato la sentenza, mentre il solo lodo deve essere preso in considerazione per il riconoscimento e l' esecuzione in altri Stati (65). In ogni caso, è chiaro che la soluzione che consiste nel limitare il riconoscimento alla sola sentenza in cui il lodo è "fuso" deve essere esclusa.

    (82) - Sul grado del controllo dell' esistenza della clausola arbitrale da parte del giudice di uno Stato, chiamato a nominare un arbitro, v. la descrizione delle varie soluzioni nazionali in Gaillard, op. cit., pagg. 778 e 779; questo autore sembra ritenere che la soluzione fornita dal diritto olandese (art. 1027, quarto comma, del Codice di procedura civile), secondo cui il presidente o il terzo designa l' arbitro o gli arbitri, senza prendere in considerazione la validità della clausola arbitrale , sia troppo rigidamente favorevole alla competenza sulla competenza; l' autore esprime la sua preferenza per soluzioni di compromesso adottate dalla nuova legge svizzera (il giudice dà seguito alla domanda di nomina che gli è stata proposta, salvo che un esame sommario dimostri che tra le parti non esiste alcuna clausola arbitrale ); v. l' art. 12.5 della legge portoghese del 1986 e l' art. 1444, terzo comma, del nuovo codice di procedura francese, che prevedono che il giudice chiamato a designare l' arbitro o gli arbitri può accertare che la clausola compromissoria è manifestamente nulla, dichiarando il non luogo a procedere ad una designazione.

    (83) - Sentenza 4 febbraio 1988, Hoffmann/Krieg (causa 145/86, Racc. pag. 645; conflitto tra una sentenza che assegna gli alimenti tra coniugi, rientrante nella convenzione, ed una sentenza di pronuncia del divorzio, esulante dalla convenzione).

    (84) - Il riconoscimento e l' esecuzione della quale potrebbero peraltro condurre eventualmente a risolvere la questione, più volte affrontata nelle mie conclusioni, se la convenzione sia applicabile ad una sentenza nel merito pronunciata nonostante una clausola arbitrale che il giudice dello Stato richiesto ritenesse per parte sua valida.

    (85) - Schlosser, P.: Conflits entre jugement judiciaire et arbitrage , in Revue de l' arbitrage, 1981, n. 3, pag. 371.

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