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Document 61987CC0389

    Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 25 gennaio 1989.
    G. B. C. Echternach e A. Moritz contro Ministro olandese dell'istruzione e delle scienze.
    Domande di pronuncia pregiudiziale: Commissie van Beroep Studiefinanciering - Paesi Bassi.
    Non discriminazione - Accesso all'istruzione - Finanziamento degli studi.
    Cause riunite 389/87 e 390/87.

    Raccolta della Giurisprudenza 1989 -00723

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1989:35

    61987C0389

    Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 25 gennaio 1989. - G. B. C. ECHTERNACH ED A. MORITZ CONTRO MINISTER VAN ONDERWIJS EN WETENSCHAPPEN. - DOMANDA PI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE, PROPOSTA DAL COMMISSIE VAN BEROEP STUDIEFINANCIERING. - NON DISCRIMINAZIONE - ACCESSO ALL'INSEGNAMENTO - FINANZIAMENTO DEGLI STUDI. - CAUSE RIUNITE 387/87 E 390/87.

    raccolta della giurisprudenza 1989 pagina 00723


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    Signor Presidente,

    Signori Giudici,

    1 . Le difficoltà incontrate rispettivamente dai sigg . Echternach e Moritz, entrambi cittadini tedeschi, ad ottenere un finanziamento dei loro studi nei Paesi Bassi a norma della legge olandese relativa al finanziamento degli studi ( in prosieguo : la "WSF ") hanno indotto la Commissie van Beroep Studiefinanciering di Groninga a sottoporvi, nell' ambito di due distinti procedimenti, alcune questioni pregiudiziali molto dettagliate .

    2 . Il rifiuto di finanziamento degli studi, opposto dalla competente autorità ministeriale olandese tanto al sig . Echternach quanto al sig . Moritz, era basato su motivi analoghi : i richiedenti, che non avevano la cittadinanza olandese, non rientravano, d' altra parte, nella categoria degli studenti stranieri equiparati agli olandesi in forza della WSF . Più precisamente, a quanto pare, secondo le autorità olandesi i due interessati non erano in possesso di alcuno dei permessi di soggiorno contemplati dalla legge sugli stranieri ed ai quali si riferisce la WSF per precisare quali sono gli studenti stranieri equiparati a quelli nazionali .

    3 . A parte questa analogia, le rispettive situazioni dei signori Echternach e Moritz presentavano qualche differenza .

    4 . La mancanza del permesso di soggiorno ai sensi della legge sugli stranieri risultava, per il sig . Echternach, dal fatto che egli era dispensato dall' obbligo di avere questo permesso a causa della professione di suo padre, funzionario dell' Agenzia spaziale europea ( in prosieguo "ASE ") a Noordwijk, nei Paesi Bassi . In ragione di questa attività di funzionario internazionale, il padre del sig . Echternach ed i suoi familiari rientravano, come indicato nella sentenza di rinvio, nella "categoria degli stranieri privilegiati in base ad una convenzione internazionale, ai quali non si applica la legge olandese sugli stranieri" ( 1 ). La sentenza indica pure che l' ASE aveva rilasciato al sig . Echternach "un documento di identità che lo esonerava dal possesso di un permesso di soggiorno ai sensi della legge sugli stranieri" ( 2 ).

    5 . Quanto al sig . Moritz, le autorità olandesi ritenevano ch' egli non fosse titolare di alcuno dei permessi di soggiorno che avrebbero consentito, secondo la WSF, di classificarlo tra gli studenti stranieri equiparati agli studenti nazionali, perché, dopo aver risieduto dal 1972 con i genitori nei Paesi Bassi, nel 1985 egli era rientrato, sempre con i genitori, nella Repubblica federale di Germania, per poi ritornare da solo, nel 1986, nei Paesi Bassi al fine di proseguire gli studi . Al suo ritorno nei Paesi Bassi gli era stato concesso solo un permesso di soggiorno per fini temporanei . Un siffatto documento non consente, secondo la WSF, di equiparare lo studente straniero che ne è in possesso ad uno studente olandese .

    6 . Attraverso la dettagliata e complessa formulazione delle questioni sottoposte alla Corte dalla Commissie van Beroep Studiefinanciering si possono individuare vari problemi giuridici, di cui alcuni sono comuni alle due cause ed altri sono propri dell' una o dell' altra .

    7 . In primo luogo, dovrete chiedervi in qual misura un sistema di sostegno finanziario pubblico agli studi possa rientrare nel campo di applicazione dell' art . 12 del regolamento CEE del Consiglio 15 ottobre 1968, n . 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all' interno della Comunità ( in prosieguo : il "regolamento ") ( 3 ). Questo interrogativo riguarderà, quindi, il campo di applicazione ratione materiae della norma in questione . In secondo luogo, tenuto conto delle circostanze della causa Echternach, dovrete chiedervi se l' attività di funzionario dell' ASE privi colui che la esercita della qualità di lavoratore migrante ai sensi del diritto comunitario e precluda a lui e ai suoi familiari il godimento dei diritti ad essa connessi . In terzo luogo, dovrete stabilire, tenuto conto delle circostanze della causa Moritz, se i diritti derivanti, per un figlio, nello Stato membro ospitante, dalla qualità di lavoratore migrante di un genitore siano pregiudicati dal fatto che questi abbandoni tale Stato, mentre il figlio, dopo una breve assenza, vi ritorni per proseguire colà i propri studi . Mediante l' accertamento di questi ultimi due punti, avrete definito il campo d' applicazione ratione personae dell' art . 12 del regolamento . In quarto luogo, infine, dovrete decidere se condizioni relative al suo diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante possano privare il figlio di un lavoratore migrante della possibilità di ottenere, da parte di questo Stato, un contributo finanziario per i suoi studi .

    I - Il campo di applicazione ratione materiae dell' art . 12 del regolamento

    8 . Le questioni formulate sub 5 ) e 6 ) nella causa Echternach e le questioni formulate sub 1 ) e 5 ) nella causa Moritz riguardano due aspetti del campo di applicazione ratione materiae dell' art . 12 del regolamento . Il primo è quello della natura degli studi contemplati dalla disposizione di cui trattasi, quando stabilisce, al 1° comma, che i "figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato nel territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi di insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono ". Il secondo aspetto riguarda il contenuto della nozione di condizioni di ammissione, e più precisamente la questione se la parità di condizioni di ammissione sancita dall' art . 12 del regolamento possa esser fatta valere relativamente ad un sistema di finanziamento degli studi come quello istituito dalla WSF .

    9 . Quanto alla definizione di ciò che deve intendersi, nel diritto comunitario, per formazione o preparazione professionale, la Corte ha fornito, in questi ultimi anni, varie precisazioni .

    10 . Anzitutto, nella sentenza Gravier, del 13 febbraio 1985, essa ha dato un' indicazione generale nel senso che

    "qualsiasi forma d' insegnamento che prepari ad una qualificazione per una determinata professione, un determinato mestiere o una determinata attività, o che conferisca la particolare idoneità ad esercitare tale professione, tale mestiere o tale attività, fa parte della formazione professionale, qualunque sia l' età ed il livello di preparazione degli alunni o degli studenti, e anche se il programma d' insegnamento comprenda materie di carattere generale" ( 4 ).

    11 . Successivamente, in alcune sentenze emesse nel 1988, la Corte si è pronunziata in merito all' applicazione di questa formula generale riguardo agli studi universitari ed a quelli seguiti negli istituti d' istruzione tecnica .

    12 . Ad esempio, nella sentenza Blaizot del 2 febbraio 1988, essa ha osservato che

    "né le disposizioni del trattato, in particolare l' art . 128, né gli scopi perseguiti da dette disposizioni, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione delle persone, forniscono indicazioni nel senso di limitare la nozione di formazione professionale in modo da escluderne l' insegnamento universitario"

    e rilevato che

    "si ammette in tutti gli Stati membri che determinati studi universitari hanno per l' appunto lo scopo di preparare gli studenti, fornendo loro determinate cognizioni e abilità di livello accademico, a determinate attività professionali ".

    Essa ha inoltre considerato quanto segue :

    "A ciò si aggiunga che la Carta sociale europea, della quale la maggior parte degli Stati membri sono parti, comprende, nell' art . 10, l' insegnamento universitario tra le varie forme d' insegnamento professionale" ( 5 ).

    13 . Quanto alla questione se gli studi universitari preparino ad un titolo per una professione, mestiere o attività specifica o attribuiscano l' idoneità particolare ad esercitare siffatta professione, mestiere o attività, la Corte ha sottolineato che

    "così è non solo se l' esame finale conferisce il titolo immediato per l' esercizio di una professione, mestiere o attività determinata che presuppone questo titolo, ma anche nel caso in cui detti studi conferiscano un' idoneità particolare, vale a dire nei casi in cui lo studente ha bisogno di cognizioni acquisite per l' esercizio di una professione, mestiere o attività anche se l' acquisto di dette cognizioni non è prescritto per tale esercizio da disposizioni di legge, di regolamenti o amministrative" ( 6 ).

    La Corte ha inoltre constatato che

    "gli studi universitari rispondono, nella maggior parte dei casi, a questi criteri . Ciò non avviene solo per determinati cicli di studi particolari i quali, date le loro caratteristiche intrinseche, sono destinati a coloro che desiderano approfondire le loro conoscenze generali piuttosto che intraprendere un' attività lavorativa" ( 7 ).

    14 . Nella sentenza Lair, del 21 giugno 1988, la Corte ha riassunto queste varie considerazioni indicando che

    "gli studi universitari presentano in generale i requisiti necessari per essere considerati parte della formazione professionale ai sensi del trattato CEE" ( 8 ).

    15 . Benché, nelle suddette sentenze, la Corte abbia preso posizione in merito alla nozione di formazione professionale ai sensi dell' art . 128 del trattato CEE, non vi è, a mio avviso, alcuna ragione di seguire un' interpretazione diversa, per quanto riguarda gli studi universitari, della nozione di formazione professionale ai sensi dell' art . 12, 1° comma, del regolamento . Non mi sembra che a questa espressione, identica nelle due norme, debba esser data nell' ambito del regolamento un' interpretazione più restrittiva che in quello del trattato . Non ho trovato alcun argomento, di carattere testuale o contestuale, che giustifichi il fatto di distinguere due diverse accezioni della formazione professionale . Ritengo che le sentenze sopra indicate abbiano sancito, al di là del formale riferimento all' art . 128 del trattato, una definizione comunitaria della formazione professionale .

    16 . Di conseguenza, risulta che non vi è neppure alcun motivo per ritenere che studi universitari di economia, come quelli intrapresi nei Paesi Bassi dal sig . Echternach, non rientrino nella formazione professionale ai sensi dell' art . 12 del regolamento . Ciò mi porta a suggerirvi di risolvere affermativamente la questione sub 6 ) nella causa Echternach .

    17 . D' altra parte, e tenuto conto della concezione estensiva seguita dalla Corte, mirante a considerare gli studi universitari in generale come compresi nella formazione professionale ai sensi del diritto comunitario, mi sembra che non possiate adottare una concezione restrittiva quando si tratti, come questa volta, dell' istruzione tecnica . Al contrario, l' istruzione tecnica rientra in un certo senso per definizione nella formazione professionale . Pare, del resto, proprio questo il punto di vista espresso dalla Corte nella sentenza 27 settembre 1988, Commissione / Belgio ( 9 ), in cui è stato ritenuto che i "corsi impartiti in un istituto d' istruzione superiore non universitaria" sono compresi nel campo di applicazione dell' art . 12 del regolamento .

    18 . Ciò mi induce quindi a ritenere che "corsi di formazione professionale superiore impartiti in un istituto tecnico superiore olandese", per riprendere la formula usata nella questione sub 5 ) nella causa Moritz, rientrano senza dubbio nella formazione professionale ai sensi dell' art . 12 del regolamento, e a suggerirvi di risolvere affermativamente anche tale questione .

    19 . Eccoci giunti, ora, al momento di precisare se la parità delle condizioni di ammissione ai "corsi di insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale", sancita dall' art . 12 del regolamento, si applichi ad un contributo per il finanziamento degli studi come quello previsto nei Paesi Bassi .

    20 . La descrizione del sistema olandese di contributi al finanziamento degli studi, fatta nell' ambito del presente procedimento sia dal governo olandese sia dalla Commissione, non lascia dubbi quanto ad una delle caratteristiche essenziali di tale sistema . Il finanziamento degli studi previsto dalla WSF è destinato a coprire le spese di mantenimento dello studente, non già soltanto le spese di accesso all' istruzione in senso stretto, come le tasse d' iscrizione .

    21 . Va ricordato che, secondo la sentenza Casagrande, emessa dalla Corte il 3 luglio 1974, l' art . 12 del regolamento, stabilendo che i figli di lavoratori migranti possono accedere alle scuole alle stesse condizioni dei cittadini del paese ospitante, contempla

    "non solo le disposizioni relative all' ammissione, ma, in generale, tutti i provvedimenti miranti a facilitare la frequenza dell' insegnamento" ( 10 ).

    22 . In sostanza, perciò, voi dovete risolvere la questione se un finanziamento degli studi come quello previsto dalla WSF sia connesso a "provvedimenti miranti a facilitare la frequenza dell' insegnamento ".

    23 . A questo riguardo, per evitare ogni rischio di confusione, si deve ricordare la distinzione che va fatta tra le disposizioni comunitarie relative alle condizioni d' accesso alla formazione professionale per i cittadini comunitari in generale e le disposizioni comunitarie relative alle condizioni d' accesso alla formazione professionale per i lavoratori migranti ed i loro familiari .

    24 . Quanto ai cittadini comunitari che non possono far valere la qualità di lavoratore migrante, né propria né di un genitore, i diritti per essi derivanti dal trattato hanno una portata limitata, anche se apprezzabile . Certamente, le condizioni per l' accesso di questi cittadini alla formazione professionale rientrano nella sfera del trattato, com' è stato sottolineato nella summenzionata sentenza Gravier, e questa formazione professionale comprende, secondo l' altra sentenza sopra richiamata, Blaizot, gli studi universitari . Perciò, una disparità di trattamento, basata sulla cittadinanza, nelle condizioni di accesso alla formazione professionale così intesa dev' essere considerata "una discriminazione in base alla cittadinanza, vietata dall' art . 7 del trattato" ( 11 ). Tuttavia, il divieto riguarda unicamente la discriminazione nelle condizioni di accesso alla preparazione professionale, il che ha indotto la Corte a sottolineare, a proposito di un sussidio statale per gli studi concesso ai cittadini nazionali, che

    "solo in quanto tale sussidio miri a coprire le spese d' iscrizione o altre spese, in particolare scolastiche, necessarie per l' accesso all' istruzione, (...) esso rientra, a titolo di condizione d' accesso alla formazione professionale, nel campo d' applicazione del trattato CEE, per cui trova applicazione il divieto di discriminazione in base alla nazionalità sancito dall' art . 7 del trattato CEE" ( 12 ).

    25 . La qualità di lavoratore migrante implica, ai sensi del diritto comunitario, un trattamento molto più favorevole . Ciò viene messo particolarmente in luce nella summenzionata sentenza Lair . Dopo aver ritenuto, infatti, in conformità all' analisi testé ricordata, che

    "nell' attuale fase di evoluzione del diritto comunitario, un sussidio agli studenti per il mantenimento e la formazione esula, in linea di principio, dal campo d' applicazione del trattato CEE ai sensi dell' art . 7" ( 13 ),

    la Corte ha tuttavia considerato, nel risolvere una questione del giudice a quo basata su altre premesse giuridiche, che

    "un sussidio concesso per il mantenimento e la formazione, allo scopo di compiere studi universitari sanciti da un titolo qualificante all' esercizio di un' attività professionale, costituisce un vantaggio sociale ai sensi dell' art . 7, n . 2, del regolamento n . 1612/68" ( 14 ).

    Secondo quest' ultima disposizione, lo vorrei ricordare, il lavoratore cittadino di uno Stato membro fruisce, nel territorio degli altri Stati membri, "degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali ".

    26 . Così, il rifiuto di uno stesso sussidio "concesso per il mantenimento e per la formazione allo scopo di compiere studi universitari" è lecito, alla stregua del diritto comunitario, se opposto ad un cittadino che non può, a nessun titolo, far valere la qualità di lavoratore migrante, ma diventa illecito, per questo stesso diritto, se opposto ad un lavoratore migrante .

    27 . Ora, le situazioni che hanno dato luogo al rinvio alla Corte sono proprie di due studenti che fanno valere non già la qualità di cittadino comunitario in generale, bensì quella di figlio di un lavoratore migrante ai sensi dell' art . 12 del regolamento . E tale status di figlio di un lavoratore migrante comporta anch' esso, a mio avviso, per quanto riguarda il vantaggio costituito dai sussidi statali per gli studi, un trattamento più favorevole, in forza del diritto comunitario, di quello riservato al semplice cittadino, un rafforzamento, in qualche modo, della tutela comunitaria .

    28 . Sul piano letterale, anzitutto, si constata che nell' art . 12 del regolamento viene usata una formula che può apparire più ampia di quella del divieto di discriminazione nelle condizioni di accesso ai corsi di preparazione professionale, sancita nella sentenza Gravier . Vi si dice, infatti, che i figli di un lavoratore migrante sono ammessi ai corsi "alle stesse condizioni" dei cittadini dello Stato ospitante . Ai sensi del trattato, il divieto di discriminazione nelle condizioni di accesso esigerà, in particolare, che i cittadini comunitari non siano soggetti, in un modo o in un altro, a tasse d' iscrizione o spese da cui siano esonerati, di diritto o di fatto, i cittadini nazionali, ma non imporrà, per contro, allo Stato ospitante l' obbligo di mantenere gli studenti stranieri che abbiano avuto accesso all' istruzione nel suo territorio così come mantiene i propri cittadini . Ai sensi dell' art . 12, l' ammissione ai corsi d' insegnamento alle stesse condizioni dei cittadini sembra invece supporre un' identità di trattamento completa, non limitata alle "condizioni di accesso" in senso stretto .

    29 . Ma, al di là della lettera dell' art . 12, è soprattutto la giurisprudenza della Corte che sembra deporre nel modo più chiaro a favore della concezione estensiva da me esposta . Nelle sentenze Casagrande, già richiamata, e Alaimo del 29 gennaio 1975 ( 15 ), relative al rifiuto opposto, nella Repubblica federale di Germania e in Francia, a due lavoratori italiani, quanto al versamento di un sussidio scolastico per il figlio del primo e di una borsa di studio per la figlia del secondo, la Corte ha annoverato il sussidio scolastico e la borsa in questione fra le condizioni di ammissione all' insegnamento, di cui l' art . 12 impone l' identità, senza distinguere, nel regime dell' uno o dell' altro aiuto, quanto avrebbe potuto ricollegarsi all' accesso all' istruzione in senso stretto e quanto avrebbe potuto ricollegarsi al mantenimento dell' alunno . In materia di contributi per la formazione dei figli di lavoratori migranti, la Corte non ha quindi sancito affatto le distinzioni recentemente effettuate nelle cause Lair e Brown a proposito dei cittadini comunitari cui non si riferiscono le disposizioni comunitarie relative ai lavoratori migranti .

    30 . La concezione estensiva che la Corte ha così adottato, ai fini dell' applicazione dell' art . 12 del regolamento, è stata perfettamente chiarita in un passo della sentenza Casagrande, ripreso in termini quasi identici nella sentenza Alaimo . In quest' ultima viene indicato che l' integrazione della famiglia del lavoratore migrante nell' ambiente del paese ospitante

    "implica che anche il figlio di un lavoratore cittadino di un altro Stato membro possa continuare gli studi, alla stessa stregua dei cittadini del paese ospitante, fruendo dei vantaggi previsti dalle leggi interne di questo paese per gli studenti meritevoli" ( 16 ).

    31 . Queste varie considerazioni, essenzialmente suggerite dall' esame della vostra giurisprudenza, mi portano quindi a ritenere che un sistema di finanziamento degli studi come quello previsto dalla WSF rientri nel campo di applicazione dell' art . 12 del regolamento ed a proporvi, perciò, di risolvere affermativamente la questione sub 5 ) nella causa Echternach e la questione sub 1 ) nella causa Moritz .

    II - Il campo di applicazione ratione personae dell' art . 12 del regolamento n . 1612/68

    32 . Nella causa Echternach è stato evocato il punto di vista secondo cui il ricorrente non poteva valersi dell' art . 12 del regolamento in quanto suo padre, data la sua attività di funzionario di un' organizzazione internazionale, non aveva la qualità di lavoratore migrante ai sensi del diritto comunitario . In proposito, si è richiamato l' art . 48, n . 4, del trattato CEE, in forza del quale le altre disposizioni di quest' articolo non si applicano agli impieghi nella pubblica amministrazione, qualificando perciò tale l' attività svolta dal sig . Echternach padre alle dipendenze dell' ASE . Inoltre, il governo olandese sostiene che, in ragione dello statuto di organizzazione internazionale di diritto pubblico dell' ASE, i dipendenti di questa possono "essere titolari di diritti ed obblighi solo in forza di questo rapporto di lavoro e del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità" del personale dell' Agenzia e non possono quindi far valere disposizioni del trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori .

    33 . Ora, s' impone una prima osservazione, che risponde, a mio avviso, alla questione sub 1 ). Come alla Commissione, anche a me pare evidente che l' art . 48, n . 4, secondo cui le "disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione", non riguarda impieghi in una organizzazione internazionale con uno statuto di diritto internazionale pubblico . Io ritengo che questa norma riguardi determinate funzioni esercitate nelle pubbliche amministrazioni degli Stati membri, e non in amministrazioni di carattere sovranazionale . La vostra sentenza 12 febbraio 1974, Sotgiu, si riferisce d' altronde, a proposito della "clausola di deroga" dell' art . 48, n . 4, soltanto agli "interessi che ( detta clausola ) permette agli Stati membri di tutelare" ( 17 ). Mi pare così confermato che le sole pubbliche amministrazioni contemplate dalla norma di cui trattasi sono quelle degli Stati membri, e non quelle delle organizzazioni internazionali . Ciò mi sembra giustificare una soluzione negativa della questione sub 1 ).

    34 . Inoltre, a mio avviso, la qualificazione dell' attività svolta dal padre del sig . Echternach non potrebbe, qualunque sia, rendere inoperanti le disposizioni del trattato e del diritto derivato in materia di libera circolazione dei lavoratori .

    35 . Anche ammesso, infatti, che detta attività debba essere considerata un impiego nella pubblica amministrazione ai sensi dell' art . 48, n . 4, si deve ricordare che, secondo la suddetta sentenza Sotgiu, questa norma prevede unicamente

    "la libertà di assumere cittadini stranieri soltanto in certi settori e per certe attività della pubblica amministrazione",

    ed invece

    "non può (...) giustificare discriminazioni in materia di retribuzione o di altre condizioni di lavoro nei confronti di lavoratori già entrati al servizio dell' amministrazione ".

    La sentenza aggiunge che

    "L' avvenuta assunzione dimostra infatti, di per se stessa, che non sono in causa gli interessi in difesa dei quali l' art . 48, n . 4, consente di derogare al principio di non-discriminazione" ( 18 ).

    Ciò significa, a mio parere, che qualsiasi cittadino comunitario ammesso ad occupare un posto, in uno Stato membro diverso dal suo, anche nella pubblica amministrazione, può far valere le disposizioni comunitarie che garantiscono la libera circolazione dei lavoratori e deve, quindi, essere qualificato, ai sensi di tali disposizioni, come lavoratore migrante .

    36 . Qualora si consideri, poi, la situazione professionale del padre del sig . Echternach non più sotto il profilo della pubblica amministrazione ai sensi dell' art . 48, n . 4, bensì nella prospettiva della particolarità delle organizzazioni internazionali, non credo che si possa giungere ad una conclusione diversa .

    37 . In proposito, tanto la Commissione quanto il governo portoghese hanno giustamente richiamato la sentenza della Corte 13 luglio 1983, Forcheri, relativa alla situazione del coniuge di un dipendente delle Comunità europee . In tale occasione, avete osservato che

    "la situazione giuridica dei dipendenti della Comunità nello Stato membro in cui lavorano rientra nel campo d' applicazione del trattato per un duplice motivo : a causa del loro rapporto di lavoro con la Comunità e per il fatto che devono fruire del complesso di vantaggi attribuiti dal diritto comunitario ai cittadini degli Stati membri in fatto di libera circolazione delle persone, in fatto di stabilimento e in fatto di tutela sociale" ( 19 ).

    Quel che mi sembra molto importante, qui, è che la Corte sancisce, a quanto pare, per qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere da un rapporto di lavoro con le istituzioni comunitarie, il diritto di fruire del "complesso dei vantaggi attribuiti dal diritto comunitario", in particolare in fatto di libera circolazione dei lavoratori . Condivido su questo punto l' esegesi del governo portoghese, il quale sottolinea, sulla base della vostra sentenza, che qualsiasi cittadino di uno Stato membro che lavori in un altro Stato membro fruisce dei diritti connessi, nell' ordinamento comunitario, alla qualità di lavoratore migrante, senza che si debba fare, al riguardo, alcuna distinzione a seconda della natura dell' attività svolta o dello statuto del datore di lavoro .

    38 . Ritengo perciò che il fatto che un cittadino di uno Stato membro sia impiegato presso un' organizzazione internazionale avente sede nel territorio di un altro Stato membro non possa privare l' interessato, nei confronti di quest' ultimo Stato, del godimento di tutti i vantaggi connessi alla sua situazione di lavoratore comunitario . Torniamo, del resto, alle massime fondamentali della vostra giurisprudenza, ricordando semplicemente che nessuno Stato membro può, in via di principio, sottrarre unilateralmente i cittadini comunitari che lavorano nel suo territorio agli effetti del diritto comunitario, né mediante disposizioni interne, né mediante impegni assunti nell' ambito di convenzioni internazionali .

    39 . Vi suggerisco, pertanto, di risolvere affermativamente la questione sub 2 ).

    40 . Nella causa Moritz, la circostanza che i genitori del ricorrente, ed in particolare suo padre, che aveva lavorato dal 1972 nei Paesi Bassi, avessero lasciato questo paese quando veniva chiesto il contributo finanziario per gli studi è stata opposta all' interessato per negargli la possibilità di far valere l' art . 12 del regolamento . In poche parole, poiché il padre del sig . Moritz non aveva più la qualità di lavoratore migrante nei Paesi Bassi, il figlio non avrebbe potuto pretendere, in questo Stato, di fruire dei diritti derivanti da questa sola qualità .

    41 . Su questo modo di vedere le cose devo fare varie osservazioni .

    42 . Non mi sembra inutile, anzitutto, ricordare i termini stessi della norma comunitaria di cui trattasi . L' art . 12 comincia così : "I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato nel territorio di un altro Stato membro (...)". Questa formulazione, "sia o sia stato occupato", significa che il godimento, da parte dei figli, dei diritti previsti dall' art . 12 non presuppone necessariamente che il genitore considerato sia ancora occupato nel territorio dello Stato membro di cui trattasi . Essa non esclude che i figli, dopo che detto genitore abbia lasciato il territorio dello Stato ospitante, continuino a godere di tali diritti .

    43 . Vorrei, poi, citare un passo delle conclusioni presentate dall' avvocato generale Sir Gordon Slynn nella causa Brown . Egli osservava quanto segue :

    "L' art . 12, a mio parere, va interpretato nel senso ch' esso conferisce un diritto al figlio che abbia vissuto con i genitori o con uno di essi in uno Stato membro mentre il genitore vi lavorava . Un successivo trasferimento dei genitori non priva il figlio dei suoi diritti" ( 20 ).

    Da parte mia, condivido pienamente questo punto di vista .

    44 . E mi sembra che, nella sentenza Brown, anche la Corte lo abbia accettato, sia pure implicitamente . Avete infatti ritenuto che l' art . 12 dovesse essere interpretato nel senso che

    "concede un diritto solo al figlio che abbia vissuto con i genitori o con uno di essi in uno Stato membro mentre almeno uno dei genitori vi risiedeva in qualità di lavoratore . Esso non può quindi" - è questo il passo importante - "creare diritti a favore del figlio del lavoratore nato dopo che quest' ultimo abbia cessato di lavorare e risiedere nello Stato ospitante" ( 21 ).

    Non si forza eccessivamente, a mio avviso, il ragionamento "a contrario", se da questo passo della sentenza si deduce che l' art . 12 crea diritti a favore del figlio di un lavoratore, nato prima che questi abbia cessato di lavorare e di risiedere nello Stato ospitante .

    45 . Un' osservazione analoga s' impone, secondo me, riguardo al punto 5 del dispositivo della stessa sentenza Brown . La Corte ha infatti dichiarato che

    "il figlio del cittadino di uno Stato membro che risieda nel territorio di un altro Stato membro non può far valere l' art . 12 del regolamento n . 1612/68 qualora uno dei genitori, che non risieda più nello Stato ospitante, vi abbia soggiornato in qualità di lavoratore per l' ultima volta prima della nascita del figlio ".

    Oltre agli elementi già ricavati "a contrario", penso che la Corte, se avesse voluto ritenere che il figlio cessa di poter rivendicare dei diritti in uno Stato in base all' art . 12 del regolamento quando il genitore che vi lavorava abbia lasciato questo Stato, non avrebbe redatto la sua risposta nei termini indicati, ma avrebbe potuto contentarsi di una formulazione molto più breve . Mi sembra, invece, che la redazione scelta metta sufficientemente in luce che la circostanza che il genitore, che lavorava nello Stato ospitante, non vi risieda più, non ha, di per sé, carattere determinante per il vostro orientamento .

    46 . A queste considerazioni, basate sulla lettera dell' art . 12 del regolamento e delle pronunzie della Corte, si può aggiungere che l' interpretazione consistente nel non collegare strettamente i diritti dei figli al fatto che il genitore conservi la residenza nello Stato in cui lavora sembra l' unica in armonia con lo spirito delle disposizioni comunitarie, le quali, attraverso la parità di trattamento, mirano a garantire l' integrazione dei lavoratori e dei loro familiari nel paese ospitante .

    47 . Mi chiedo, d' altronde, se non sia superfluo sottolineare che, in un' epoca in cui la stabilità delle situazioni familiari è divenuta più fragile, il far dipendere dalla conservazione della residenza, nello Stato ospitante, del genitore che quivi lavora la conservazione dei diritti derivati dalla situazione di lavoratore migrante di quest' ultimo si risolve nel porre la famiglia in uno stato di grande precarietà, a discrezione - quasi sempre - del comportamento del padre .

    48 . Il caso del sig . Moritz illustra perfettamente che cosa significhi, di solito, l' integrazione della famiglia, e in particolare dei figli, nello Stato ospitante . L' interessato ha effettuato nei Paesi Bassi la maggior parte dei suoi studi perché suo padre era occupato in questo Stato, e la possibilità di continuarli in condizioni soddisfacenti dovrebbe essergli riconosciuta, senza farla dipendere unicamente dalle alee geografiche della vita professionale del padre .

    49 . Infine, condivido anche su questo punto l' analisi del governo portoghese, quando sottolinea che un' interpretazione del regolamento intesa a collegare strettamente i diritti derivati dei familiari del lavoratore migrante in uno Stato membro ospitante alla conservazione della residenza, da parte del lavoratore, in tale Stato, potrebbe menomare la libertà dei lavoratori di spostarsi nell' ambito della Comunità, tenuto conto della perdita di diritti conseguente alla partenza . Non ritengo che possiate dare un' interpretazione tale da limitare, in pratica, la portata del principio fondamentale della libera circolazione dei lavoratori .

    50 . Perciò, a mio avviso, il fatto che un lavoratore migrante abbandoni lo Stato membro ospitante non priva, di per sé, in questo Stato, il figlio di detto lavoratore dei diritti contemplati dall' art . 12 del regolamento .

    51 . Tuttavia, non si può ritenere incondizionata la conservazione, da parte di un figlio, dei diritti derivati dalla situazione di lavoratore migrante di un genitore, nonostante che quest' ultimo abbia lasciato lo Stato ospitante . Alcuni aspetti delle questioni che sono state sottoposte alla Corte, suggeriti dalle circostanze del caso Moritz, inducono a fornire le precisazioni necessarie relativamente al campo di applicazione ratione personae dell' art . 12 del regolamento .

    52 . Il giudice nazionale vi ha chiesto in qual modo si dovesse tener conto, nell' interpretare questa norma, della circostanza che, quando il lavoratore migrante ha lasciato lo Stato ospitante, suo figlio lo ha dapprima seguito ed è successivamente ritornato in questo Stato per continuarvi i suoi studi .

    53 . Si deve osservare che l' art . 12 subordina espressamente alla condizione che il figlio risieda nel territorio dello Stato ospitante l' attribuzione dei diritti da esso contemplati . Alla data della decisione ministeriale negativa, il sig . Moritz risiedeva nei Paesi Bassi . La difficoltà, per l' applicazione dell' art . 12, deriva dal fatto che egli vi risiedeva di nuovo, cioè dopo aver interrotto, precisamente per un anno e tre mesi, la sua residenza nei Paesi Bassi . Una siffatta interruzione della residenza, da parte di un figlio, osta a che questi possa far valere diritti contemplati dall' art . 12 del regolamento?

    54 . Mi sembra che, nel rispondere a questa domanda, si debba prendere in considerazione una circostanza come la continuità della formazione professionale, cioè scolastica, universitaria, tecnica o altra, nello Stato ospitante . Qualora uno studente, che ha vissuto con un genitore lavoratore migrante nello Stato ospitante, prosegua la propria formazione professionale in questo Stato, dopo che il genitore considerato lo abbia lasciato, deve ammettersi, a mio avviso, ch' egli continua a godervi dei diritti previsti dall' art . 12 del regolamento, purché vi risieda effettivamente, senza che si debba tener conto del fatto che la residenza è stata interrotta per un certo tempo . Com' è stato sottolineato dalla Commissione e dal governo portoghese, l' elemento essenziale è costituito dalla continuità della formazione professionale . Dal momento che detta formazione viene proseguita nello Stato ospitante, la provvisoria interruzione della residenza non è decisiva . La prosecuzione degli studi in questo Stato non può, infatti, essere considerata a prescindere dalle ragioni che la spiegano, e cioè il fatto che il figlio si è stabilito in detto Stato con un genitore, lavoratore migrante . L' integrazione della famiglia di quest' ultimo nel paese ospitante porta logicamente al fatto che i figli proseguano qui la loro formazione, sia perché ciò è obiettivamente preferibile, per motivi attinenti alla coerenza dei programmi di studio nell' ambito di uno Stato, sia perché l' accesso a cicli di studi in altri Stati è, allo stato attuale del diritto comunitario, più difficile, se non impossibile, per coloro che non vi abbiano già studiato .

    55 . Penso che, analogamente, in un certo senso, a quanto avete affermato nella vostra giurisprudenza sulla conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento dell' impresa, in cui, considerando l' ipotesi di una temporanea chiusura dell' impresa, avete insistito sulla permanenza della sua identità, potreste giustificare, nella vostra interpretazione, la conservazione dei diritti contemplati dall' art . 12 del regolamento a favore del figlio di un lavoratore migrante con la continuità della sua formazione professionale nello Stato ospitante .

    III - I diritti attribuiti dall' art . 12 del regolamento n . 1612/68 e i permessi di soggiorno

    56 . Affronterò ora la questione relativa agli eventuali collegamenti tra la possibilità, per uno studente, di fruire dei diritti previsti dall' art . 12 del regolamento e il fatto ch' egli sia o non sia in possesso di un permesso di soggiorno . Tale questione mi sembra risolta, in modo esauriente, dalla vostra giurisprudenza .

    57 . Sarà quindi sufficiente ricordare che

    "il diritto dei cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un altro Stato membro e di dimorarvi, per gli scopi voluti dal trattato - in ispecie per cercarvi o svolgervi un' attività professionale, subordinata o indipendente, o per ricongiungersi al coniuge o alla famiglia -, è un diritto attribuito direttamente dal trattato o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per la sua attuazione" ( 22 )

    e che

    "se ne deve concludere che questo diritto si acquista indipendentemente dal rilascio di un documento di soggiorno da parte della competente autorità di uno Stato membro" ( 23 ).

    58 . Questo richiamo ai ben noti principi stabiliti nella vostra sentenza Royer mi porta a precisare che, per quanto riguarda i figli di lavoratori migranti, il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante è direttamente attribuito dall' art . 10 del regolamento n . 1612/68, secondo cui "hanno diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato nel territorio di un altro Stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza : a ) il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico (...)".

    59 . Il diritto di soggiorno così attribuito ai figli di un lavoratore migrante è comprovato, negli Stati membri, conformemente alle modalità fissate con la direttiva 68/360/CEE del Consiglio del 15 ottobre 1968 ( 24 ), mediante il rilascio di una carta di soggiorno . L' art . 6, lett . b ), della direttiva indica che questa carta deve avere una validità di almeno cinque anni a decorrere dalla data del rilascio ed essere automaticamente rinnovabile . Ciò sembra implicare, per rispondere a talune delle questioni sollevate, che ad un cittadino comunitario il cui diritto di soggiorno è conferito dall' art . 10 del regolamento n . 1612/68 non può essere rilasciata una carta di soggiorno di durata inferiore a cinque anni, ma che il diritto comunitario non impone che gli venga rilasciata una carta di soggiorno a tempo indeterminato .

    60 . Mettendo in relazione i principi giuridici sopra ricordati ed alcune delle conclusioni cui sono pervenuto in precedenza, vengo a constatare che al figlio di un lavoratore migrante spetta un diritto di soggiorno attribuito direttamente dall' art . 10 del regolamento n . 1612/68, e che produce i suoi effetti giuridici indipendentemente dalla circostanza che al suo titolare sia stato o no rilasciato un permesso di soggiorno .

    61 . Devo perciò ritenere che il godimento dei diritti contemplati, a favore dei figli di lavoratori migranti, dall' art . 12 del suddetto regolamento sia del tutto indipendente dal rilascio o dal mancato rilascio del permesso di soggiorno . Non mi sembra possibile interpretare in modo non coerente due disposizioni dello stesso regolamento .

    62 . Inoltre, anche ammesso che il godimento dei diritti previsti dall' art . 12 del regolamento possa essere subordinato al possesso di un permesso di soggiorno, mi sembra che le autorità di uno Stato membro non possano tener conto, per rifiutare l' applicazione di quest' articolo ad uno studente cittadino di un altro Stato membro, di una situazione contraria al diritto comunitario . Poiché questo prevede che il figlio di un lavoratore migrante deve veder comprovato il proprio diritto di soggiorno mediante il rilascio di una carta di soggiorno con validità di almeno cinque anni e rinnovabile, le autorità di uno Stato membro non potrebbero, a mio avviso, opporre al figlio di un lavoratore migrante il fatto che il permesso di soggiorno non gli sia stato rilasciato .

    63 . Per le ragioni che ho già esposto a proposito del campo d' applicazione ratione materiae dell' art . 12 del regolamento, e che restano valide a questo punto della discussione, ritengo che tanto sul diritto di soggiorno spettante al figlio di un lavoratore migrante, quanto sul diritto al rilascio di un documento che lo comprovi, non incide il fatto che il genitore abbia lasciato lo Stato ospitante, qualora detto figlio prosegua in questo Stato studi per la propria formazione professionale già seguiti in tutto o in parte nel suo territorio prima della partenza del genitore .

    64 . In base alle precedenti considerazioni, concludo che la Corte dovrebbe dichiarare quanto segue :

    "Nel procedimento 389/87 ( Echternach ):

    1 ) i corsi di formazione professionale ai sensi dell' art . 12 del regolamento ( CEE ) n . 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori, comprendono fra l' altro studi universitari di economia;

    2 ) un contributo pubblico al finanziamento degli studi, tale da aiutare lo studente che ne fruisce a sostenere tanto l' onere delle tasse d' iscrizione o delle spese scolastiche quanto quello delle proprie spese di mantenimento, rientra fra le condizioni di ammissione alla formazione professionale ai sensi dell' art . 12 del suddetto regolamento n . 1612/68;

    3 ) l' art . 12 del suddetto regolamento n . 1612/68 può essere fatto valere dal figlio di un cittadino di uno Stato membro che lavori nel territorio di un altro Stato membro, indipendentemente dalla natura dell' attività svolta da detto genitore in questo Stato, e in particolare dal fatto che si tratti di un impiego presso una organizzazione internazionale stabilita nel territorio di questo Stato;

    4 ) l' art . 12 del suddetto regolamento n . 1612/68 può essere fatto valere da detto figlio, indipendentemente dalla circostanza che gli sia stato rilasciato un documento comprovante il diritto di soggiorno attribuitogli dall' art . 10 dello stesso regolamento .

    Nel procedimento 390/87 ( Moritz ):

    1 ) i corsi di formazione professionale ai sensi dell' art . 12 del regolamento ( CEE ) n . 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori, comprendono fra l' altro gli studi presso un istituto tecnico superiore;

    2 ) un contributo pubblico al finanziamento degli studi, tale da aiutare lo studente che ne fruisce a sostenere tanto l' onere delle tasse d' iscrizione o delle spese scolastiche quanto quello delle proprie spese di mantenimento, rientra fra le condizioni di ammissione alla formazione professionale ai sensi dell' art . 12 del suddetto regolamento n . 1612/68;

    3 ) l' art . 12 del suddetto regolamento n . 1612/68 può essere fatto valere dal figlio di un cittadino di uno Stato membro, allorché quest' ultimo abbia lavorato in un altro Stato membro e lo abbia poi lasciato, qualora il figlio abbia effettivamente vissuto nel territorio dello Stato ospitante con detto lavoratore, vi abbia, per tale ragione, effettuato studi e vi risieda tuttora per proseguirli, senza che si debba tener conto, in proposito, di una temporanea interruzione della sua residenza in detto territorio, tale da non compromettere la continuità del processo di formazione professionale;

    4 ) l' art . 12 del suddetto regolamento n . 1612/68 può essere fatto valere da detto figlio, indipendentemente dalla circostanza che gli sia stato rilasciato un documento comprovante il diritto di soggiorno attribuitogli dall' art . 10 dello stesso regolamento .

    (*) Lingua originale : il francese .

    ( 1 ) Sentenza di rinvio nella causa Echternach, pag . 2 .

    ( 2 ) Ibidem .

    ( 3 ) GU L 257 del 19 ottobre 1968, pag . 2 .

    ( 4 ) Causa 293/83, Racc . 1985, pag 593, punto 30 della motivazione .

    ( 5 ) Causa 24/86, Racc . 1988, pag 379, punto 17 della motivazione .

    ( 6 ) Ibidem, punto 19 della motivazione .

    ( 7 ) Ibidem, punto 20 della motivazione .

    ( 8 ) Causa 39/86, Racc . 1988, pag . 3161, punto 12 della motivazione .

    ( 9 ) Causa 42/87, Racc . 1988, pag . 5445 .

    ( 10 ) Causa 9/74, Racc . 1974, pag . 773, punto 4 della motivazione .

    ( 11 ) Causa 293/83, locuzione citata, punto 26 della motivazione .

    ( 12 ) Causa 39/86, summenzionata, punto 14

    ( 13 ) Ibidem, punto 15 della motivazione .

    ( 14 ) Ibidem, punto 28 della motivazione .

    ( 15 ) Causa 68/74, Racc . 1975, pag . 109 .

    ( 16 ) Causa 68/74, locuzione citata, punto 5 della motivazione .

    ( 17 ) Causa 152/73, Racc . 1974, pag . 153, punto 4 della motivazione .

    ( 18 ) Ibidem, punto 4 della motivazione .

    ( 19 ) Causa 152/82, Racc . 1983, pag . 2323, punto 9 della motivazione .

    ( 20 ) Conclusioni nella causa 197/86, Racc . 1988, pag . 3205, in particolare, pag . 3234 .

    ( 21 ) Sentenza 21 giugno 1988, causa 197/86, Racc . 1988, pag . 3205, punto 30 della motivazione .

    ( 22 ) Sentenza 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc . pag . 497, punto 31 della motivazione .

    ( 23 ) Ibidem, punto 32 della motivazione .

    ( 24 ) Relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all' interno della Comunità, GU L 257 del 19 ottobre 1968, pag . 13 .

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