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Document 61983CC0289
Opinion of Mr Advocate General Sir Gordon Slynn delivered on 28 November 1984. # GAARM - Groupement des Associations Agricoles pour l'Organisation de la Production et de la Commercialisation des Pommes de Terre et Légumes de la Région Malouine and others v Commission of the European Communities. # Liability for refusal to authorize a protective measure - Potato market. # Case 289/83.
Conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn del 28 novembre 1984.
GAARM - Groupement des associations agricoles pour l'organisation de la production et de la commercialisation des pommes de terre et légumes de la région malouine ed altri contro Commissione delle Comunità europee.
Responsabilità per il diniego di una misura di salvaguardia - mercato delle patate.
Causa 289/83.
Conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn del 28 novembre 1984.
GAARM - Groupement des associations agricoles pour l'organisation de la production et de la commercialisation des pommes de terre et légumes de la région malouine ed altri contro Commissione delle Comunità europee.
Responsabilità per il diniego di una misura di salvaguardia - mercato delle patate.
Causa 289/83.
Raccolta della Giurisprudenza 1984 -04295
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1984:367
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
SIR GORDON SLYNN
DEL 28 NOVEMBRE 1984 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
Venticinque associazioni e cooperative francesi di produttori di patate hanno proposto un ricorso chiedendovi di: (1) dichiarare che la Comunità è responsabile, a norma dell'art. 215, 2o comma, del trattato CEE, dell'omissione colposa della Commissione; (2) condannare la Comunità a versare alle ricorrenti 5 milioni di franchi francesi; (3) incaricare un perito di determinare il danno subito dalle ricorrenti; (4) consentire alle ricorrenti di fissare definitivamente il risarcimento loro dovuto dopo il deposito della relazione peritale; (5) condannare la convenuta alle spese.
Sei delle venticinque ricorrenti hanno omesso di produrre copia del loro statuto o prova del mandato conferito al loro avvocato, come prescritto dall'art. 37, § 5, del regolamento di procedura, e il loro ricorso è stato pertanto dichiarato irricevibile con ordinanza 10 luglio 1984. L'azione è proseguita dalle restanti diciannove associazioni.
Le ricorrenti fanno presente che nell' estate del 1983 grandi quantitativi di patate novelle vennero esportati dalla Grecia a prezzi bassissimi nel Regno Unito e nella Repubblica federale di Germania.
Ciò avrebbe gravemente perturbato il mercato e impedito ai produttori francesi di collocare le loro patate novelle a prezzi remunerativi sui mercati britannico e tedesco. Di conseguenza, i coltivatori sarebbero stati costretti a distruggere gran parte del raccolto e le ricorrenti avrebbero subito gravi perdite perché avrebbero venduto a basso prezzo o perché non sarebbero state in grado di vendere. Secondo le ricorrenti, i produttori greci potevano praticare prezzi estremamente bassi perché ricevevano sovvenzioni dal governo greco, in contrasto col diritto comunitario. La Commissione avrebbe dovuto porre fine a questa pratica avvalendosi di uno dei vari mezzi di cui dispone. Essa l'avrebbe omesso deliberatamente, violando l'art. 155 del trattato CEE — che le impone di vigilare sull'applicazione del trattato — e venendo meno al proprio dovere di garantire l'osservanza del principio di uguaglianza. La Commissione sarebbe pertanto tenuta a risarcire il danno subito dalle ricorrenti.
La Commissione ribatte che i quantitativi di patate novelle greche importati nel Regno Unito e nella Repubblica federale di Germania costituivano una piccola percentuale delle importazioni complessive in detti paesi e della produzione complessiva della Comunità. A suo dire, il ribasso dei prezzi si verificò per quantitativi limitati e per un breve periodo ed era dovuto ad altri fattori, in particolare all'esistenza, dall'inizio della stagione delle patate novelle, di notevoli scorte di patate comuni della stagione 1982/83; inoltre, all'epoca di cui trattasi le patate italiane erano vendute a prezzi inferiori o analoghi a quelli delle patate greche, che non erano comunque della migliore qualità. La Commissione contesta i calcoli delle ricorrenti relativi alle spese ed ai margini di profitto dei produttori greci. Essa sostiene che i commercianti possono vendere in perdita per un breve periodo piuttosto che non vendere affatto o che il governo greco nega che siano state versate sovvenzioni e asserisce che non esisteva alcuna organizzazione nazionale di mercato né alcuna normativa interna di effetto equivalente che danneggiasse, sotto il profilo della concorrenza, produzioni analoghe di altri stati membri.
I fatti rievocati nell'ambito di questa controversia sono stati in gran parte esaminati nella causa 114/83, Société d'initiatives et de coopération agricoles, con sede in Kerisnel (Saint-Pol-de-Léon), e Société interprofessionnelle des producteurs et expéditeurs de fruits, légumes, bulbes et fleurs d'Ille-et- Vilaine/Commissione (sentenza 5. 7. 1984), nella quale le ricorrenti hanno tentato, senza successo, d'intervenire. Essi sono riassunti nella sentenza della Corte e nelle conclusioni che ho presentato nella causa suddetta, alle quali rinvio. Di conseguenza, non penso che sia necessario descriverli particolareggiatamente nel presente procedimento.
È stata sollevata la questione della ricevibilità del ricorso. A quanto pare, le ricorrenti sono associazioni di produttori cui viene trasferita la proprietà dei conferimenti dei produttori e che vendono le patate sul mercato all'ingrosso. Esse sostengono che il crollo dei prezzi delle patate novelle ha impedito loro di realizzare gli utili che avrebbero conseguito in condizioni di concorrenza leale e pertanto esse hanno subito un danno. Nella sentenza pronunziata nella causa Kerisnel, la Corte ha dichiarato, al punto 5: «Non si può contestare alle ricorrenti il diritto di agire per danni, qualora l'azione promossa sia basata sul danno ch'esse avrebbero subito in qualità di commercianti di patate novelle». Le attuali ricorrenti si trovano, a mio avviso, nella stessa situazione. Ne consegue che il ricorso è ricevibile in quanto l'azione è basata sul danno che le ricorrenti avrebbero subito in qualità di commercianti di patate novelle.
Per potervi pronunziare sulla censura di omissione colposa, occorre accertare se la Commissione fosse tenuta ad adottare provvedimenti. Le ricorrenti citano sei disposizioni in base alle quali la Commissione avrebbe dovuto agire. Queste disposizioni sono state invocate anche nella causa 114/83, Kerisnel, e la sentenza emessa in quella causa (dopo la chiusura della fase scritta e prima della fase orale del presente procedimento) consente di considerare inefficace, previo esame sommario, il richiamo alle prime cinque di esse.
Innanzitutto, le ricorrenti invocano l'art. 130 dell'atto di adesione della Repubblica ellenica, il quale conferisce alla Commissione il potere di autorizzare l'adozione di misure di salvaguardia su domanda di uno stato membro. In effetti, la Commissione esaminò le domande in tal senso presentate dai governi francese e britannico e le respinse entrambe, considerando che le patate greche non avevano perturbato gravemente il mercato nei due paesi interessati. Nel punto 20 della sentenza Kerisnel la Corte ha affermato che la Commissione, rifiutandosi di autorizzare l'applicazione di misure di salvaguardia, non è andata oltre i limiti del potere discrezionale che le spetta nel valutare dati di carattere economico. Le prove prodotte nella causa presente, nonostante siano stati forniti ulteriori dati, non mi sembrano atte ad autorizzare una diversa conclusione, e quindi respingerei questo argomento.
In secondo luogo, le ricorrenti si richiamano all'art. 131 dello stesso atto di adesione, a norma del quale la Commissione deve formulare raccomandazioni qualora accerti l'esistenza di pratiche di dumping «entro la scadenza della durata di applicazione delle misure transitorie definite in ciascun caso ai sensi del presente atto». Nel punto 25 della sentenza Keristiel la Corte ha considerato che detto articolo non si applica nei confronti delle patate novelle poiché per questa merce non è contemplata alcuna misura transitoria. Anche su questo punto, quindi, la Commissione ha ragione.
In terzo luogo, le ricorrenti si rifanno all'art. 3 del regolamento n. 17/62, il quale dispone che la Commissione può imporre alle imprese di porre fine alle infrazioni dell'art. 85 del trattato CEE. Nei punti 21-24 della sentenza Kerisnel la Corte ha constatato che all'epoca di cui trattasi la Commissione non disponeva di alcun elemento che dimostrasse l'esistenza di accordi incompatibili con l'art. 85 e pertanto non le si poteva far carico di non aver adottato alcuna decisione ai sensi dell'art. 3 del regolamento n. 17/62. Lo stesso vale, secondo me, nel caso presente.
In quarto luogo, le ricorrenti cercano sostegno nell'art. 2, n. 3, del regolamento n. 26/62, che si riferisce all'applicazione dell'art. 85, n. 1, del trattato CEE agli accordi nel settore dell'agricoltura. La Corte non menziona detta disposizione nella sentenza Kerisnel. Tuttavia, il fatto ch'essa constati l'assenza di prove dell' esistenza di accordi incompatibili con l'art. 85 del trattato implica che, anche se la Commissione avesse accertato l'esistenza di accordi non esonerati dall'applicazione dell'art. 85 dall'art. 2, n. 1, del regolamento suddetto, tale accertamento non sarebbe stato di alcun aiuto per le ricorrenti.
In quinto luogo le ricorrenti si richiamano all'art. 93, n. 2, del trattato CEE relativo agli aiuti statali. Nemmeno il richiamo a questa disposizione mi sembra, però, pertinente. L'art. 4 del regolamento del Consiglio n. 26/62 non dichiara l'art. 93, n. 2, valido per i prodotti agricoli e nessun'altra disposizione emanata ai sensi dell'art. 42 del trattato CEE rende il suddetto articolo applicabile nei confronti delle patate novelle, le quali non sono soggette ad un'organizzazione comune dei mercati.
La sesta ed ultima disposizione invocata è l'art. 46 del trattato CEE. Quest'articolo, sul quale si sono concentrate le difese orali delle ricorrenti, recita: «Quando in uno stato membro un prodotto è disciplinato da un'organizzazione nazionale del mercato o da qualsiasi regolamentazione interna di effetto equivalente che sia pregiudizievole alla concorrenza di una produzione similare in un altro stato membro, gli stati membri applicano al prodotto in questione in provenienza dallo stato membro ove sussista l'organizzazione ovvero la regolamentazione suddetta, una tassa di compensazione all'entrata, salvo che tale stato non applichi una tassa di compensazione all'esportazione. La Commissione fissa l'ammontare di tali tasse nella misura necessaria a ristabilire l'equilibrio; essa può ugualmente autorizzare il ricorso ad altre misure di cui determina le condizioni e modalità».
Quando è iniziato il presente procedimento vi erano ancora taluni dubbi circa il se l'art. 46 si applichi dopo la fine del periodo di transizione. Mentre era in corso la fase scritta, la Corte ha emesso, il 21 febbraio 1984, la sentenza nella causa 337/82, St. Nikolaus Brennerei und Likörfabrik/Hauptzollamt Krefeld, in cui ha precisato che l'art. 46 può applicarsi dopo la fine del periodo di transizione a merci che (come la patate, novelle) non costituiscano ancora oggetto di un'organizzazione comune dei mercati.
L'ulteriore questione che si pone è se l'art. 46 possa applicarsi solo su domanda di uno stato membro. La Corte non si è pronunziata sul punto nella sentenza Kerisnel. L'art. 46 non subordina espressamente l'esercizio dei poteri della Commissione ad un'apposita domanda, ma, come ho detto nelle conclusioni presentate nella causa Kerisnel, ciò risulta implicitamente dalla sua lettera. L'art. 46 dispone che «gli Stati membri applicano» la tassa compensativa e che la Commissione «fissa» l'ammontare della stessa: ne consegue che gli stati membri devono rivolgersi alla Commissione affinché questa determini la tassa che essi intendono applicare. In mancanza di una domanda in tal senso non può essere applicata alcuna tassa compensativa poiché gli stati membri. non possono fissarne l'importo unilateralmente. Se questa interpretazione è corretta, la Commissione non era tenuta ad agire perché nessuno stato membro le chiese di applicare l'art. 46.
Il patrono della Commissione ha però dichiarato che nel corso degli eventi che sono all'origine della presente controversia la Commissione non assunse un atteggiamento formalistico e, quando ricevette le domande di misure di salvaguardia ai sensi dell'art. 130 dell'atto di adesione della Repubblica ellenica, esaminò anche la possibilità di agire a norma dell'art. 46 del trattato CEE. Gli stessi motivi che la indussero a respingere le domande di misure di salvaguardia ex art. 130 dell'atto di adesione della Grecia l'avrebbero indotta anche a considerare inapplicabile l'art. 46 del trattato CEE. Questa posizione della Commissione trova conforto nella sentenza Kerisnel, e in particolare nel punto 29, in cui la Corte, riferendosi alla propria analisi particolareggiata dei presupposti economici per l'adozione di misure di salvaguardia, ha concluso che l'equilibrio della concorrenza ai sensi dell'art. 46 non appariva compromesso al punto di giustificare l'istituzione di tasse compensative in forza di detto articolo.
Nel punto 16 della sentenza Kerisnel la Corte ha considerato che la Commissione aveva ragione di concludere che, anche se il loro prezzo era inferiore a quello delle merci concorrenti, le patate greche, data la loro scarsa entità, non avevano potuto causare un movimento di ribasso generale nel periodo anteriore al 20 giugno 1983 (data della domanda del governo britannico relativa all'applicazione di misure di salvaguardia). Per quanto riguarda il periodo successivo al 20 giugno 1983, la Corte ha dichiarato (nei punti 18 e 20 della sentenza) che la Commissione poteva legittimamente ritenere che, anche se era prevedibile un ribasso dei prezzi, questo non avrebbe potuto attribuirsi ai quantitativi relativamente limitati di patate greche importate. Tale analisi si riferisce al mercato britannico, ma non a quello tedesco, relativamente al quale la Corte disponeva di minori elementi di prova. Tuttavia, i dati disponibili autorizzano a ritenere che considerazioni analoghe valgano per il mercato tedesco. Così, l'assunto della Commissione secondo cui le difficoltà dello smercio di patate novelle nel 1983 erano dovute innanzitutto alle cospicue scorte di patate comuni dell'autunno precedente è corroborata dall'andamento dei prezzi sul mercato di Monaco di Baviera. La Commissione ha prodotto dati da cui risulta che il 26 maggio 1983, quando le patate novelle greche giunsero sul mercato di Monaco di Baviera, il prezzo delle patate novelle napoletane (che costituiscono la maggior parte delle patate offerte sul mercato tedesco) aveva già subito un netto ribasso sin dal 12 maggio 1983, calando da 78 a 44 DM. Inoltre, secondo altri dati forniti dalla Commissione, le patate novelle greche rappresentarono il 5 % delle importazioni tedesche e il 12,6 % delle importazioni britanniche nel 1983.
Se è esatto che i quantitativi importati dalla Grecia erano troppo esigui per perturbare il mercato britannico, sul quale rappresentavano il 12,6 % delle importazioni, lo stesso dovrebbe valere, a maggior ragione, per il mercato tedesco, sul quale costituivano solo il 5 % delle importazioni.
Per questo motivo, oltre che per le ragioni esposte nelle mie conclusioni nella causa Kerisnel, ritengo che, ammesso che l'applicazione dell'art. 46 non presupponga un'apposita domanda di uno Stato membro, non sia stato dimostrato che la Commissione fosse tenuta a fissare una tassa compensativa a norma dell'art. 46.
Secondo me, non è stato quindi provato nel presente procedimento che la Commissione fosse obbligata ad adottare provvedimenti a norma di questa o quella disposizione invocata dalle ricorrenti; in base alle prove prodotte ed agli argomenti dedotti in questa causa, non vi è stata alcuna omissione colposa che le ricorrenti possano far valere a sostegno della domanda di risarcimento.
Concludo pertanto nel senso che il ricorso venga respinto e che le ricorrenti siano condannate a rifondere le spese alla Commissione.
( 1 ) Traduzione dall'inglese.