Conclusioni dell'avvocato generale
KARL ROEMER
10 giugno 1964
Traduzione dal tedesco
SOMMARIO
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Introduzione
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I — Questioni giuridiche già trattate in altri processi . .
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II — Esame di altri mezzi d'impugnazione
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1) Violazione di regole procedurali
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2) Diletto di motivazione
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3) Inesatta valutazione dei fatti
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III — La domanda di risarcimento dei danni
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IV — Riassunto e conclusioni
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Signor Presidente, signori giudici,
Anche la causa De Greef contro la Commissione della C.E.E. si fonda sul fatto che il procedimento d'integrazione, di cui all'art. 102 dello Statuto del personale, si era risolto sfavorevolmente per il ricorrente, dipendente della Commissione in qualità di usciere dal 25 settembre 1959. Ciò determinò il suo licenziamento da parte del direttore generale dell'amministrazione (comunicazione al ricorrente con lettera del 28 giugno 1963).
Le conclusioni del suo ricorso equivalgono a quelle della causa 78/63; anche le censure elevate corrispondono più o meno a quelle della controversia citata.
Nell'esame di questo caso sarò pertanto breve, limitandomi a trattare diffusamente solo alcune differenze relative, ai fatti.
I.
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Ciò significa :
1.
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Nulla vi è da eccepire riguardo all'ammissibilità delle conclusioni, soprattutto ove si consideri la domanda di annullamento relativa al procedimento d'integrazione solo come parte non autonoma della domanda d'annullamento del parere emesso dalla Commissione d'integrazione, o meglio come la motivazione di quest'ultima domanda.
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2.
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L'art. 110 dello Statuto del personale non risulta violato, in quanto detta norma vale solo per le disposizioni generali di attuazione, e non già per l'applicazione di norme contenute nel capitolo «disposizioni transitorie», cui si procede una tantum.
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3.
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L'art. 5 dello Statuto non risulta violato, posto che la descrizione degli impieghi non ha rilievo ai fini del procedimento d'integrazione.
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4.
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Il carattere soggettivo della valutazione del rendimento in servizio, contenuta nel rapporto redatto dal superiore gerarchico, rientra nel sistema dell'art. 102. La preventiva determinazione dei criteri unitari di valutazione ed anche l'indicazione dei fatti potevano essere omesse nel rapporto, perché, alla fine, un unico organo doveva pronunciarsi su tutti i rapporti, permettendo così un pareggiamento delle valutazioni che fossero state fatte con diverso rigore, e perché davanti a quell'organo c'era modo di discutere ampiamente anche le circostanze di fatto.
In considerazione di tale circostanza, la Corte, a mio giudizio, può risparmiarsi anche in questo procedimento di esaminare l'argomento secondo il quale vi sarebbe stata tra il ricorrente e il suo superiore gerarchico un'inimicizia che potrebbe aver influito sul rapporto. In effetti, risulta che la Commissione d'integrazione sentì in merito alla persona del ricorrente, altri dipendenti non di ruolo, e che successivamente espresse all'unanimità il suo parere negativo. Si deve inoltre notare che il rapporto cui nel nostro caso va dato rilievo si è espresso complessivamente in senso favorevole al ricorrente, e che esso fu redatto non dal suo superiore diretto, bensì da quello più elevato, il quale, a detta della Commissione, si basò anche sui giudizi di altri superiori del ricorrente.
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5.
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La partecipazione al procedimento d'integrazione di un membro del servizio giuridico della Commissione, il quale non esercita funzioni di direttore, non può essere criticata, poiché, secondo un'esatta concezione, è necessaria solo la partecipazione di alti funzionari forniti di esperienza e di autorità adeguate.
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6.
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Infine, nella presente controversia, non può ravvisarsi un motivo di annullamento nella circostanza che il ricorrente sia comparso davanti alla Commissione d'integrazione senza un difensore. Dai documenti prodotti non possiamo ricavare che il ricorrente abbia cercato di avvalersi di un difensore e che la Commissione glielo abbia rifiutato. La designazione di un difensore d'ufficio non può essere. tuttavia, ritenuta necessaria, malgrado l'importanza del procedimento d'integrazione.
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II.
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Devo ora prendere in esame più minutamente altri argomenti di cui non vi è traccia nella causa 78/63, o che presentano delle particolarità di fatto che meritano di essere rilevate.
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1.
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Si tratta in primo luogo della censura relativa al preteso scorretto svolgimento del procedimento d'integrazione, la quale anche nel caso del De Greef si articola in più punti :
a)
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Nel causa 78/63, in considerazione dell'importanza del procedimento d'integrazione, mi sono pronunciato in favore del principio secondo il quale il dipendente non di ruolo interessato deve avere la possibilità di formulare le proprie osservazioni su tutti gli elementi di valutazione che possano influire sul parere della Commissione d'integrazione.
Sotto questo profilo, anche l'attuale procedimento dà adito a dubbi. Dai verbali della Commissione d'integrazione si ricava che in diverse sedute furono uditi, riguardo alla persona del ricorrente, altri dipendenti non di ruolo (tre in tutto). Il contenuto delle loro dichiarazioni non fu messo a verbale, mentre il ricorrente non ne fu informato, né fu sentito in proposito. Questa circostanza è tanto più importante in quanto il rapporto dei superiori era complessivamente favorevole al ricorrente. In altre parole, conteneva una risposta positiva al quesito : «l'agent est-il apte à exercer les fonctions auxquelles il est affecté ?».
Dobbiamo perciò concludere che le dichiarazioni dei dipendenti interrogati hanno considerevolmente influito sul diverso parere della Commissione.
Di conseguenza, anche nella presente controversia, la Corte dovrà annullare il parere della Commissione d'integrazione e la successiva decisione di licenziamento, a causa della violazione di norme essenziali di procedura.
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b)
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Secondo il ricorrente il procedimento d'integrazione fu viziato anche per il fatto che un alto funzionario dell'amministrazione, che non era membro della Commissione, prese parte alle riunioni di questa.
Relativamente a questa censura nella causa 78/63 dichiarai che tale partecipazione non nuoce se non si riferisce a sedute nelle quali si sono prese deliberazioni e decisioni. Nella presente fattispecie è però dubbio come siano andate le cose. Mentre tutti gli altri verbali contengono l'indicazione che il funzionario in questione non era presente alle deliberazioni e alle votazioni, in quello dell'ultima seduta, nella quale fu formulato il parere, troviamo solo l'indicazione dell'ora relativa alla presenza di questo funzionario, e da questa non può dedursi se la deliberazione sia cominciata dopo la sua partenza. Possiamo tuttavia fare a meno di chiarire questo punto controverso, poiché i vizi di procedura già rilevati sono sufficienti per l'annullamento del parere.
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c)
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Relativamente al procedimento d'integrazione è stato contestato il mutamento della composizione della Commissione mentre era in discussione il caso del ricorrente.
Questa circostanza potrebbe aver rilievo sotto il profilo dell'esigenza di un'adeguata informazione di tutti i membri della Commissione sugli elementi di giudizio sui quali si basa la votazione finale. In effetti per il procedimento d'integrazione dovrebbe valere il principio che tutti i membri deliberanti della Commissione devono essere compiutamente informati sui fatti sottoposti al loro giudizio.
Sotto questo profilo il presente caso lascia adito ad alcuni dubbi. È certo, che un membro della Commissione era presente alla votazione del 13 luglio 1962, ma, si era, temporaneamente assentato in una precedente riunione, e proprio durante quella in cui, in merito al ricorrente e in sua assenza, erano stati interrogati altri tre dipendenti. E non sappiamo sé detto membro sia stato sufficientemente informato dagli altri. È difficile dire se tale informazione sarebbe stata eventualmente sufficiente, o se, invece, per il procedimento d'integrazione debba valere il principio dell'informazione diretta. Un ulteriore esame di questo punto mi sembra però superfluo, poiché, in ogni caso, gli altri vizi del procedimento testè indicati sono sufficienti per far annullare il parere della Commissione d'integrazione.
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2.
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Infine, anche nell'attuale processo si è lamentata l'insufficiente motivazione del parere della Commissione d'integrazione.
Respingere tale censura con un semplice rinvio alla sentenza Leroy, non mi sembra opportuno, benché la forma esteriore del parere che oggi dobbiamo giudicare coincida con quella di cui alla causa 78-63. Il ricorrente sostiene in particolare che un richiamo al rapporto del superiore gerarchico non sostituisce la motivazione, perché tale rapporto è stato in definitiva favorevole nei suoi confronti, mentre il parere fu negativo.
Non sembra tuttavia che sussista una violazione dell'obbligo di motivare. I motivi decisivi per la formulazione del parere negativo sono indicati nel parere stesso (mancanza di coscienziosità e di puntualità). Proprio questi due punti sono contrassegnati anche nel rapporto dalla qualifica «insufficiente». Il riferimento al rapporto non appare quindi illogico, poiché la Commissione, naturalmente, non è vincolata, nella valutazione finale, alla proposta del superiore gerarchico.
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3.
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Dopo quanto ho detto, mi sembra superfluo scendere all'esame della censura relativa all'erronea valutazione dei fatti. Il ricorrente può ottenere soddisfazione su questo punto, se, annullato il parere della Commissione, il procedimento d'integrazione nei suoi confronti venga rinnovato. Quella è la sede opportuna per esaminare questioni di fatto, e non la Corte di Giustizia, la quale potrebbe tutt'al più pronunciarsi sulla possibilità che tali fatti hanno di influire sul parere, non già procedere essa stessa a un giudizio complessivo.
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III.
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Riassumendo, giungo pertanto a formulare le seguenti conclusioni :
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Anche senza considerare le prove offerte dal ricorrente, la Corte può annullare il parere della Commissione d'integrazione e la relativa decisione di licenziamento, con la conseguenza che il ricorrente dev'essere nuovamente sottoposto al procedimento d'integrazione.
Le conclusioni dirette ad ottenere la condanna della Commissione della C.E.E. al pagamento delle retribuzioni maturate dopo il licenziamento sono, per lo stesso motivo, fondate.
La Commissione dovrà, infine, sopportare le spese del procedimento, stante l'esito del ricorso sostanzialmente favorevole al ricorrente.
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