COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 18.12.2023
COM(2023) 796 final
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI
Valutazione a livello di UE delle proposte di aggiornamento dei piani nazionali
per l'energia e il clima
Un passo importante verso il conseguimento degli obiettivi più ambiziosi per il 2030
in materia di clima ed energia nel quadro del Green Deal europeo e di REPowerEU
1INTRODUZIONE – AGGIORNAMENTO DEI PIANI NAZIONALI INTEGRATI PER L'ENERGIA E IL CLIMA UN PASSO IMPORTANTE VERSO IL CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL GREEN DEAL E DEL PIANO REPOWEREU
Negli ultimi anni è emersa in maniera evidente la necessità che l'UE mantenga la rotta e acceleri gli sforzi verso la neutralità climatica, un sistema energetico resiliente e un'economia che sia al tempo stesso competitiva e sostenibile. I nuovi record registrati in termini di temperatura mondiale e i più frequenti eventi meteorologici estremi sono prove dell'accelerazione della crisi climatica. All'indomani di una pandemia, il ritorno della guerra nel continente europeo e la peggiore crisi energetica mondiale degli ultimi decenni hanno messo a repentaglio la sicurezza e l'accessibilità economica dell'energia e la stabilità economica in Europa. In risposta a tali minacce, l'UE ha intrapreso azioni decisive accelerando l'attuazione del Green Deal europeo e approntando in tempi record il pacchetto "Pronti per il 55 %" (Fit for 55) e il piano REPowerEU. Ora è giunto il momento che l'Unione, unitamente agli Stati membri, attui tali impegni sostenendo nel contempo le famiglie e le imprese e rendendo l'economia dell'UE adeguata alle esigenze future e resiliente.
Dal 2018 gli Stati membri utilizzano il regolamento sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima
come base per un sistema di governance globale volto a raggiungere i traguardi e gli obiettivi dell'UE per il 2030 in materia di clima ed energia e a costruire un'Unione dell'energia resiliente e all'altezza delle sfide future.
I piani nazionali per l'energia e il clima (PNEC), il principale strumento di pianificazione strategica delle politiche, consentono agli Stati membri di descrivere in che modo conseguiranno gli obiettivi e i traguardi fissati nel contesto dell'Unione dell'energia e come intendono procedere verso la neutralità climatica e la resilienza entro il 2050. Offrono prevedibilità per gli investimenti a breve, medio e lungo termine e costituiscono uno strumento fondamentale per mobilitare gli ingenti investimenti necessari a conseguire l'obiettivo collettivo della neutralità climatica. I piani contribuiscono anche a far sì che la transizione dell'UE sia socialmente giusta e garantisca la sicurezza e l'accessibilità economica dell'energia.
Alla fine del 2019 gli Stati membri hanno presentato i rispettivi PNEC definitivi. Nel 2023 li hanno riesaminati e aggiornati per la prima volta alla luce dei traguardi e degli obiettivi più ambiziosi in materia di energia e clima fissati nel contesto del Green Deal europeo, della normativa europea sul clima, del pacchetto "Pronti per il 55 %" e del piano REPowerEU del 2022. I piani aggiornati tengono conto delle crescenti sfide per la resilienza dell'Unione dell'energia, comprese le conseguenze della guerra in Ucraina, e degli impegni internazionali assunti dall'UE nel quadro dell'accordo di Parigi.
Viste le molteplici sfide globali emerse negli ultimi anni, la Commissione ha inoltre istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza al fine di costruire nell'UE economie più sostenibili e resilienti. Con i 23 capitoli dedicati al piano REPowerEU adottati nel contesto dei piani per la ripresa e la resilienza (PRR) degli Stati membri e i 27 PRR riveduti, oltre il 42 % (275 miliardi di EUR) della dotazione totale riveduta del dispositivo per la ripresa e la resilienza finanzierà investimenti e riforme a sostegno della transizione verde e del piano REPowerEU. Tali riforme contribuiscono direttamente agli obiettivi dei PNEC. I PNEC aggiornati devono sondare appieno le sinergie con i PRR.
I PNEC aggiornati forniscono agli Stati membri il giusto quadro per rispettare i loro impegni e conseguire gli obiettivi per il 2030, che prevedono: una riduzione interna netta delle emissioni di gas serra pari ad almeno il 55 %; una quota minima del 42,5 % di energie rinnovabili, con l'ambizione di conseguire il 45 %; una riduzione dell'11,7 % del consumo di energia finale a livello di UE.
Con piani robusti, la transizione climatica ed energetica può diventare una strategia di crescita economica per il nostro continente, compatibile con un futuro economico stabile, innovativo e prospero e capace di creare posti di lavoro resilienti e adeguati alle esigenze future. Nel dialogo iterativo con gli Stati membri in merito ai PNEC aggiornati, la Commissione riserverà un'attenzione rinnovata e più marcata alla competitività, all'innovazione e agli investimenti all'interno dell'Unione dell'energia, compreso un contesto normativo semplificato.
La Commissione ha ora valutato le 21 proposte di aggiornamento dei piani presentate dagli Stati membri entro metà novembre
. Sebbene la maggior parte degli Stati membri abbia ora presentato le rispettive proposte di aggiornamento, la Commissione si rammarica del notevole ritardo di molte di esse, che ha gravemente compromesso il processo, e invita tutti a rispettare il termine per la presentazione dei piani definitivi a giugno 2024.
Dalla valutazione della Commissione emerge che gli Stati membri sono sulla buona strada, ma permangono lacune di ambizione che ostacolano il raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi più ambiziosi concordati di recente per il 2030 in materia di clima ed energia. Tale circostanza non sorprende in considerazione del breve lasso di tempo intercorso tra la finalizzazione del pacchetto "Pronti per il 55 %" e la presentazione delle proposte di aggiornamento dei PNEC. Gli insegnamenti tratti dal processo costruttivo e iterativo di preparazione delle proposte di PNEC, che ha visto coinvolti gli Stati membri e la Commissione, saranno utili per individuare migliori pratiche e ambiti in cui sono necessari ulteriori interventi.
Unitamente alla presente comunicazione, la Commissione pubblica valutazioni individuali e raccomandazioni specifiche per paese
per 21 Stati membri. Tali raccomandazioni riguardano gli elementi mancanti che dovrebbero essere affrontati nei PNEC definitivi al fine di aiutare gli Stati membri a conseguire gli obiettivi più recenti in materia di clima ed energia derivanti dal pacchetto "Pronti per il 55 %" e da REPowerEU.
In linea con la normativa europea sul clima, la Commissione ha inoltre valutato l'ambizione collettiva e i progressi compiuti dai 27 Stati membri nel perseguire l'obiettivo dell'UE di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, nonché i progressi collettivi di adattamento ai cambiamenti climatici. La valutazione della Commissione relativa alla coerenza delle misure nazionali rispetto a tali obiettivi è alla base di una serie di raccomandazioni indirizzate agli Stati membri, parte del presente pacchetto strategico.
Riquadro 1. Principali risultanze della valutazione delle proposte di aggiornamento dei piani
·Nonostante una sostanziale riduzione negli ultimi anni, si stima che nel 2030 le emissioni nette di gas serra saranno inferiori del 51 % rispetto al 1990, ossia quattro punti percentuali in meno rispetto all'obiettivo del 55 % fissato dalla normativa sul clima. Sebbene l'Unione assista gli Stati membri nel conseguimento di tali obiettivi, sono necessarie misure abilitanti da parte degli Stati membri stessi al fine di mettere in atto politiche e misure sufficienti nei settori dei trasporti, dell'edilizia, dell'agricoltura e dei rifiuti, così come di aumentare gli assorbimenti di carbonio. Tale sforzo supplementare serve a colmare le lacune che si frappongono al raggiungimento degli obiettivi previsti dal regolamento sulla condivisione degli sforzi e dal regolamento sull'uso del suolo, sul cambiamento di uso del suolo e sulla silvicoltura (LULUCF).
·La quota di energie rinnovabili sul consumo di energia finale potrebbe raggiungere un valore compreso tra il 38,6 % e il 39,3 % a livello di Unione nel 2030. Questo dato è notevolmente superiore al 32 % fissato nella direttiva Rinnovabili, ma inferiore all'obiettivo vincolante del 42,5 % e all'impegno collettivo di arrivare al 45 % sancito nella direttiva Rinnovabili riveduta del 2023. Pochissimi Stati membri hanno presentato un contributo in linea con il contributo nazionale previsto a norma del regolamento sulla governance e della direttiva Rinnovabili riveduta.
·Per quanto riguarda l'efficienza energetica, nel 2030 il consumo di energia finale a livello di Unione potrebbe raggiungere 814,3 Mtep, che corrisponde a una riduzione del 5,8 % rispetto alle proiezioni per il 2030. Tale valore, pur inferiore al livello di consumo di energia finale di 956 Mtep stabilito nella direttiva Efficienza energetica del 2018, è superiore a 763 Mtep, che corrisponde a una riduzione dell'11,7 % rispetto alle proiezioni del 2030, come prescrive la rifusione della direttiva Efficienza energetica del 2023. Soltanto un numero esiguo di Stati membri propone un livello di ambizione sufficiente per quanto concerne il consumo di energia primaria, il consumo di energia finale o entrambi.
·La questione della sicurezza energetica è affrontata in modo molto diverso nelle varie proposte. Le importazioni di energia dalla Russia verso l'UE sono diminuite in modo significativo: ad esempio il gas naturale russo, che rappresentava circa il 45 % delle importazioni dell'UE nel 2021, è passato al 15 % nei primi dieci mesi del 2023. Tuttavia soltanto alcuni Stati membri forniscono piani dettagliati tesi alla diversificazione dell'accesso al gas o a fonti energetiche a basse emissioni di carbonio. Nonostante la crescente importanza della flessibilità in futuro, la copertura del lato della domanda nel settore dell'energia elettrica e dello stoccaggio di energia risulta insufficiente. Pochi Stati membri hanno definito le modalità con cui intendono ridurre gradualmente il consumo di petrolio e gestire le implicazioni per la sicurezza energetica e le infrastrutture petrolifere.
·Tutti gli Stati membri hanno iniziato ad abbandonare l'uso dei combustibili fossili, in particolare quelli solidi, per la produzione di energia, ma soltanto pochi hanno già rinunciato completamente al carbone e non tutti prevedono di farlo prima del 2030. Sembra che alcuni Stati membri abbiano fatto marcia indietro rispetto agli impegni assunti nei piani territoriali per una transizione giusta approvati dalla Commissione nel 2022. Per quanto riguarda le sovvenzioni ai combustibili fossili, è necessario uno sforzo collettivo da parte degli Stati membri per stabilire un calendario chiaro e credibile per la loro graduale eliminazione.
·La maggior parte degli Stati membri individua nell'aumento della flessibilità e della gestione della domanda un aspetto del mercato interno dell'energia fondamentale per garantire una rapida penetrazione delle energie rinnovabili e alcuni hanno proposto chiari obiettivi nazionali a sostegno della diffusione di tali servizi. Tuttavia in diversi piani mancano ancora obiettivi chiari e un quadro normativo completo volti a rafforzare le reti elettriche in modo da poter integrare le rinnovabili e le innovazioni tecnologiche, al fine di incoraggiare la diffusione di attivi che offrono flessibilità.
·Per quanto concerne la lotta alla povertà energetica, la grande maggioranza degli Stati membri deve ancora stabilire obiettivi chiari e un metodo per la definizione e la valutazione delle famiglie vulnerabili. Anche le sinergie con le politiche strutturali in materia di energia non sono approfondite a sufficienza, in particolare le misure di efficienza energetica e un quadro più solido per la responsabilizzazione dei consumatori al fine di alleviare la povertà energetica.
·Date tutte queste sfide, la Commissione porrà maggiormente l'accento sula ricerca, sull'innovazione e sulla competitività, anche per quanto riguarda la preparazione di una forza lavoro qualificata. La Commissione collaborerà con gli Stati membri nella preparazione dei piani nazionali per l'energia e il clima per includervi riforme volte a mantenere accessibili i prezzi dell'energia pulita per i cittadini e le famiglie. Tali piani devono riservare una maggiore attenzione alla competitività e all'innovazione, in un contesto normativo semplificato, affinché le imprese dell'UE possano concepire, sviluppare ed espandere le capacità di produzione di tecnologie pulite e garantire l'approvvigionamento di componenti e materiali lungo l'intera catena del valore, in linea con la normativa sull'industria a zero emissioni nette e la normativa sulle materie prime critiche.
·Dai piani risulta ancora sostanzialmente assente una solida valutazione del fabbisogno di investimenti, accompagnata da misure concrete volte ad attrarre finanziamenti privati, dal momento che la maggior parte degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi dell'Unione in materia di clima ed energia deve provenire da fonti private.
·Per quanto riguarda il sostegno a una transizione giusta, gli Stati membri hanno fornito soltanto una valutazione parziale degli impatti socioeconomici della transizione climatica ed energetica sulle persone, sulle famiglie e sulle imprese, e le politiche e le misure in materia sono spesso prive di una prospettiva strategica e lungimirante.
·Assicurare l'attuazione dei pilastri dell'Unione dell'energia richiede altresì resilienza nei confronti degli impatti climatici fisici. Nei piani definitivi occorre fare di più per analizzare le vulnerabilità e i rischi climatici pertinenti, includere obiettivi di adattamento in tutte le dimensioni dell'Unione dell'energia e abbinarli a politiche e misure solide.
2VALUTAZIONE DELLE PROPOSTE DI AGGIORNAMENTO DEI PIANI NAZIONALI INTEGRATI PER L'ENERGIA E IL CLIMA
2.1Valutazione a livello di Unione delle proposte di aggiornamento dei PNEC in relazione ai traguardi e agli obiettivi in materia di energia e clima per il 2030 nelle cinque dimensioni dell'Unione dell'energia
2.1.1Decarbonizzazione
Le proposte di aggiornamento dei PNEC ci avvicinano al conseguimento dell'obiettivo dell'UE di ridurre le emissioni di gas serra del 55 % entro il 2030. Tuttavia è evidente che servono maggiori sforzi da parte degli Stati membri per integrare le azioni dell'UE con politiche sufficienti a colmare il divario residuo. Sulla base delle informazioni fornite nelle proposte di aggiornamento dei PNEC, si stima che nel 2030 le emissioni nette di gas serra saranno inferiori del 51 % rispetto al livello del 1990, ossia quattro punti percentuali in meno rispetto all'obiettivo del 55 % fissato dalla normativa sul clima. Se si considera il contributo complessivo del settore dell'uso del suolo, del cambiamento di uso del suolo e della silvicoltura (LULUCF), anche al di sopra del limite di 225 Mt CO2eq, le riduzioni risulterebbero pari a - 51,7 %. Si prevede che la traiettoria individuata nelle proposte di aggiornamento dei PNEC non consentirà di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Sebbene le emissioni di gas serra nell'UE siano diminuite del 32,5 % dal 1990, dall'analisi delle proiezioni riportate nelle proposte di aggiornamento dei PNEC emerge la necessità di un cambiamento di ritmo. La riduzione delle emissioni fino al 2030 deve ora procedere a un ritmo quasi triplo rispetto alla riduzione media annua dell'ultimo decennio.
Le proposte di aggiornamento dei PNEC rappresentano un passo nella giusta direzione per concretizzare la maggiore ambizione del regolamento sulla condivisione degli sforzi (Effort Sharing Regulation – ESR), ma rimane comunque una lacuna significativa da colmare nei piani definitivi. Ai sensi dell'ESR, le emissioni prodotte dai trasporti interni (escluso il trasporto aereo), dagli edifici, dall'agricoltura, dalla piccola industria e dai rifiuti devono essere ridotte del 40 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Dall'aggregazione delle proiezioni disponibili risulta che le emissioni diminuirebbero del 33,8 % entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005), ossia un dato inferiore di 6,2 punti percentuali rispetto all'obiettivo dell'UE. Soltanto Croazia, Grecia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria prevedono di raggiungere l'obiettivo nazionale per il 2030 fissato nell'ESR, senza considerare le flessibilità cui potrebbero fare ricorso. Allo stesso tempo, sono pochi gli Stati membri che prendono in considerazione il nuovo sistema di scambio di quote di emissioni (ETS2) nei loro piani e nelle loro proiezioni (Cipro, Cechia, Estonia, Francia, Lituania, Romania, Ungheria). L'ETS2, che riguarda in particolare i combustibili utilizzati per la combustione nei settori dell'edilizia e del trasporto stradale, offrirà ulteriori incentivi per il conseguimento degli obiettivi dell'ESR.
L'ambizione e l'azione in materia di suoli descritte nella maggior parte delle proposte di aggiornamento dei PNEC non sono sufficienti. Pochissimi Stati membri illustrano un percorso concreto per raggiungere gli obiettivi nazionali di assorbimento netto o azioni sufficienti per aiutare agricoltori, silvicoltori e altri portatori di interessi a creare modelli imprenditoriali sostenibili in linea con tali obiettivi. Dall'aggregazione delle proiezioni LULUCF emerge che gli assorbimenti netti complessivi risulterebbero comunque in un divario compreso tra - 40 e - 50 Mt CO2eq rispetto all'obiettivo di - 310 Mt CO2eq per il 2030. Persistono preoccupazioni specifiche per Cechia, Estonia, Finlandia e Francia, dove la tendenza generale al ribasso degli assorbimenti netti all'orizzonte del 2025 può incidere sul conseguimento degli obiettivi per il 2030, a livello tanto nazionale quanto di UE. Altri piani mostrano invece la giusta ambizione, quantificando gli impatti di varie politiche e misure in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici (Lituania) e presentando politiche valide quali la riumidificazione o gli obiettivi di ripristino delle torbiere (Danimarca, Spagna, Paesi Bassi e Germania). Quasi tutti gli Stati membri devono migliorare le attività di monitoraggio, comunicazione e verifica al fine di garantire la solidità della legislazione riveduta e accrescere l'integrazione delle politiche. Infine la biodiversità, il ripristino della natura e le soluzioni basate sulla natura dovrebbero essere meglio integrati nei piani allo scopo di potenziare i pozzi di assorbimento del carbonio e la resilienza. A questo contribuirà anche un'attuazione efficace del regolamento dell'UE sui prodotti a deforestazione zero.
La mancata riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti impone ulteriori azioni specifiche. Soltanto pochi piani prevedono un obiettivo generale per le emissioni di gas serra dei trasporti (Estonia, Paesi Bassi, Svezia). La maggior parte degli Stati membri ha comunque incluso un'ampia serie di misure, tra cui l'elettrificazione dei trasporti e l'introduzione di infrastrutture a zero emissioni per strade, ferrovie, porti e aeroporti, nonché misure volte a promuovere i trasferimenti modali, anche verso i trasporti pubblici e la mobilità dolce. Riducendo le emissioni di gas di scarico, tali misure apporteranno altresì benefici diretti dovuti al miglioramento della qualità dell'aria. Tutti gli Stati membri hanno incluso misure per la diffusione della mobilità elettrica e alcuni (ad esempio Spagna e Paesi Bassi) hanno previsto obiettivi specifici in relazione ai veicoli elettrici entro il 2030. Tuttavia in alcuni Stati membri (ad esempio Italia, Francia, Germania) esistono ancora di regimi di sostegno a favore dei veicoli alimentati a combustibili fossili. Inoltre diversi piani non comprendono misure specifiche a sostegno della produzione e della diffusione di carburanti sostenibili per l'aviazione nel quadro del regolamento ReFuelEU Aviation. Alla mobilità sostenibile contribuiscono anche i capitoli REPowerEU inseriti nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza degli Stati membri; i PNEC definitivi dovrebbero essere coerenti con gli investimenti e le riforme ivi contemplati.
Per quanto riguarda le emissioni diverse dal CO2, che nel 2021 rappresentavano il 30 % delle emissioni soggette all'ESR, il livello di sforzo contemplato nelle proposte di PNEC è eterogeneo. I piani di Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Lituania e Paesi Bassi trattano una serie relativamente completa di fonti di emissioni diverse dal CO2. La Lituania individua anche obiettivi chiari per le emissioni diverse dal CO2 nella gestione dei rifiuti e in agricoltura. Tuttavia altri Stati membri, quali Estonia, Ungheria, Slovenia e Romania, dovrebbero attuare ulteriori interventi per ridurre le emissioni diverse dal CO2.
A livello di UE, le emissioni agricole complessive sono in fase di stagnazione, anche se i piani nazionali mostrano un quadro più diversificato. Anche quando i piani comprendono una gamma completa di politiche e misure, e in vari casi persino obiettivi specifici di riduzione delle emissioni agricole, le emissioni previste sembrano diminuire molto lentamente, anche in considerazione dello stallo dell'ultimo decennio. Servono quindi misure supplementari per far fronte alle emissioni agricole e occorre quantificare il loro impatto previsto. Nel finalizzare i PNEC, gli Stati membri dovrebbero descrivere meglio le sinergie con i rispettivi piani strategici nazionali della politica agricola comune e illustrare l'approccio nazionale integrato volto a intensificare gli sforzi.
Esaminare più a fondo i benefici apportati dalle politiche ambientali può rafforzare i PNEC definitivi, in particolare per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico, le acque e l'economia circolare. Oltre la metà delle proposte di piani non contiene le informazioni richieste sull'impatto delle politiche sulle emissioni previste dei principali inquinanti atmosferici disciplinati dalla direttiva sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni, né sull'allineamento tra il programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico e i programmi in materia di energia e clima. Analogamente, la maggior parte dei piani trarrebbe vantaggio dall'integrazione dei principi e delle pratiche delle politiche in materia di acque ed economia circolare, in considerazione del loro potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra e di promozione dell'autonomia strategica e dell'adattamento ai cambiamenti climatici. I piani dovrebbero inoltre prendere in considerazione pratiche di economia circolare diverse dalla gestione dei rifiuti, ad esempio la progettazione ecocompatibile e i modelli imprenditoriali circolari, al fine di prevenire e ridurre più efficacemente le emissioni di gas serra.
Sebbene i piani mostrino un certo impegno a sostegno della competitività dell'industria durante l'intero processo di decarbonizzazione, gli Stati membri non sfruttano appieno i PNEC per definire una strategia integrata a tutto tondo. Circa la metà dei piani contiene almeno un abbozzo di tale strategia. La maggior parte degli Stati membri ha incluso misure a sostegno della diffusione dell'idrogeno e del miglioramento dell'efficienza energetica delle industrie ad alta intensità energetica, in alcuni casi connesse ai piani per la ripresa e la resilienza.
Alla neutralità climatica dovranno necessariamente contribuire le tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio, in particolare per i processi industriali le cui emissioni sono difficili da abbattere, laddove questo possa sostenere la competitività dell'industria. Otto Stati membri hanno fornito proiezioni sui volumi di CO2 da catturare (Belgio, Cechia, Danimarca, Francia, Grecia, Italia, Lituania e Paesi Bassi) a partire già dal 2025 (aggregati a 15,2 Mt CO2 l'anno). Complessivamente gli Stati membri prevedono di catturare 34,1 Mt di CO2 l'anno entro il 2030, di cui 5,1 Mt di CO2 da fonti biogeniche, a fronte di una capacità complessiva di iniezione annua stimata dagli Stati membri in 39,3 Mt nel 2030. Diversi piani aggiornati rispecchiano la necessità di sviluppare una rete di condotte per il CO2.
La COP 28, sulla scorta del patto di Glasgow per il clima, ha impresso un forte impulso alla transizione verso combustibili diversi da quelli fossili e all'eliminazione graduale delle sovvenzioni a questi ultimi, e ha approvato la decisione di triplicare la capacità mondiale di produzione di energia da fonti rinnovabili e raddoppiare il tasso medio globale annuo di miglioramento dell'efficienza energetica entro il 2030. Le proposte di aggiornamento dei PNEC confermano che tutti gli Stati membri hanno iniziato ad abbandonare l'uso di combustibili fossili solidi, in particolare per la produzione di energia. Taluni Stati membri hanno già rinunciato completamente al carbone e numerosi si sono impegnati a farlo entro il 2030. Tuttavia alcuni Stati membri (quali Croazia, Germania e Romania) prevedono di continuare a utilizzare combustibili fossili solidi fino a ben oltre il 2030.
Le sovvenzioni ai combustibili fossili rimangono un ostacolo importante alla transizione verso l'energia pulita e un freno alla capacità dell'UE di conseguire i suoi obiettivi climatici. Come altre sovvenzioni che hanno un impatto negativo sull'ambiente, contraddicono infatti l'applicazione del principio "chi inquina paga" e distorcono i meccanismi di mercato. Stando all'analisi della Commissione, è necessario uno sforzo collettivo da parte di tutti gli Stati membri per spiegare come intendono porre gradualmente fine a queste sovvenzioni e stabilire un calendario chiaro e credibile per l'eliminazione in tempi brevi, adottando nel contempo le misure accessorie necessarie per proteggere le famiglie vulnerabili e salvaguardare la competitività.
Nei piani definitivi occorre fare di più per analizzare le vulnerabilità e i rischi climatici pertinenti, includere obiettivi di adattamento in tutte le dimensioni dell'Unione dell'energia e abbinarli a politiche e misure solide. Soltanto Finlandia, Lussemburgo e Spagna hanno analizzato le vulnerabilità e i rischi climatici più rilevanti e proposto politiche e misure correlate. Inoltre solo Grecia, Lussemburgo e Spagna hanno delineato in maniera chiara il legame tra gli obiettivi dell'Unione dell'energia e l'adattamento ai cambiamenti climatici. Appena cinque Stati membri (Finlandia, Francia, Grecia, Lussemburgo e Portogallo) hanno compiuto sforzi sufficienti attraverso le politiche e misure di adattamento per conseguire gli obiettivi strategici nazionali. La maggior parte degli Stati membri non ha definito in modo sufficientemente dettagliato le proprie politiche e misure relative alla gestione delle risorse idriche e agli impatti che la carenza idrica stagionale, le ondate di calore, la siccità o gli eventi meteorologici sortiscono sulla produzione di energia, con le conseguenti perturbazioni.
Nei piani definitivi dovrebbero essere rafforzati gli elementi di riduzione del rischio di catastrofi. La maggior parte degli Stati membri ha comunicato informazioni sui collegamenti tra i PNEC e i quadri di gestione del rischio di catastrofi, ad esempio per quanto riguarda i piani di preparazione ai rischi per il settore dell'energia elettrica, la considerazione dei rischi in materia di cibersicurezza e l'inclusione dei rischi per la sicurezza dell'approvvigionamento. Cipro, Estonia, Slovacchia e Paesi Bassi non hanno invece affrontato questo aspetto.
2.1.2Energia rinnovabile
L'Unione ha fatto tutto il necessario per assicurarsi di rimanere competitiva a livello mondiale e guida già gli sforzi mondiali a favore della diffusione delle energie rinnovabili. L'Unione si è ora impegnata ad aumentare il suo obiettivo complessivo in materia di energie rinnovabili portandolo ad almeno il 42,5 %, con l'ambizione di raggiungere il 45 % entro il 2030.
Il livello di ambizione proposto dagli Stati membri corrisponde a una quota di rinnovabili compresa tra il 38,6 % e il 39,3 % entro il 2030 a livello di Unione. Si tratta di una percentuale notevolmente superiore al 32 % previsto dalla direttiva Rinnovabili, ma inferiore alla quota vincolante del 42,5 % fissata nella direttiva Rinnovabili riveduta. Gli sforzi extra di alcuni Stati membri non sono sufficienti a compensare i contributi mancanti di quegli Stati membri che non hanno presentato piani o che non agiscono con il livello di ambiziosità richiesto. Di conseguenza si registra un divario di ambizione a livello di UE-27 e gli Stati membri devono incrementare il proprio contributo nei PNEC definitivi aggiornati al fine di conseguire collettivamente l'obiettivo vincolante dell'UE per il 2030 in materia di energie rinnovabili.
Esistono notevoli differenze tra i contributi nazionali all'obiettivo dell'UE in materia di rinnovabili presentati dagli Stati membri e la quota di rinnovabili calcolata con la formula di cui all'allegato II del regolamento sulla governance
. Soltanto sette (Danimarca, Spagna, Estonia, Grecia, Italia, Lituania e Lussemburgo) hanno presentato un contributo in linea o superiore al contributo nazionale atteso.
Pressoché tutti gli Stati membri hanno indicato traiettorie per le tecnologie delle energie rinnovabili fino al 2030, e in alcuni casi fino al 2040 e al 2050, e molti di loro hanno posto un forte accento sulla maggiore diffusione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in particolare eoliche e solari. Ad esempio Lituania ed Estonia prevedono di raggiungere il 100 % di rinnovabili nel settore dell'energia elettrica nel 2030 e la Danimarca prevede di arrivare addirittura al 117 %. Numerosi Stati membri prendono atto dell'importanza dell'energia solare e prevedono di promuoverne la diffusione in particolare nel settore residenziale attraverso incentivi e procedure di autorizzazione semplificate, apportando un contributo importante al conseguimento gli obiettivi della strategia dell'UE per l'energia solare
. Soltanto il Portogallo prevede un obiettivo indicativo di 0,2 GW per lo sviluppo dell'energia oceanica, che contribuisce all'obiettivo di 1 GW entro il 2030
. Gli Stati membri sono incoraggiati a includere nei PNEC definitivi le traiettorie mancanti, una pianificazione approfondita e le capacità installate cui mirano per la diffusione delle tecnologie rinnovabili nei prossimi 10 anni, con una prospettiva fino al 2040. Ciò è particolarmente importante per l'energia eolica nel contesto degli obiettivi del piano d'azione in materia
.
Nelle proposte di aggiornamento dei PNEC gli Stati membri illustrano politiche e misure con un diverso livello di dettaglio. L'eliminazione degli ostacoli agli accordi di compravendita di energia elettrica è essenziale per garantire una diffusione delle energie rinnovabili basata sul mercato. Ad esempio Estonia e Spagna mirano a promuovere gli investimenti privati a sostegno della diffusione delle rinnovabili attraverso tali accordi.
Per quanto riguarda la semplificazione delle autorizzazioni relative alle rinnovabili, diversi Stati membri hanno incluso misure volte a snellire le procedure istituendo un punto di contatto unico digitale (ad esempio a Cipro), riunendo più autorizzazioni in un'unica autorizzazione (ad esempio nei Paesi Bassi) e aumentando le risorse assegnate alle autorità preposte al rilascio (ad esempio in Finlandia). Inoltre alcuni Stati membri hanno elaborato solide proposte di piani per sostenere la designazione di zone di accelerazione per le energie rinnovabili (ad esempio Estonia, Croazia, Italia e Portogallo). Alcuni Stati membri hanno inoltre fornito informazioni di mappatura per tecnologie specifiche (ad esempio la Svezia in relazione all'energia eolica).
Circa la metà delle proposte di piani comprende obiettivi o proiezioni
relativi all'incremento della quota di rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffrescamento che sono chiaramente in linea con l'aumento vincolante
. Solo sei piani prevedono obiettivi adeguati per il teleriscaldamento e il teleraffrescamento, sei includono un obiettivo per gli edifici e soltanto cinque hanno proposto un obiettivo per la quota di rinnovabili nell'industria. Diversi piani riconoscono quello delle pompe di calore come il principale contributo alla quota di rinnovabili nel riscaldamento e nel raffrescamento. Sono invece necessarie maggiori informazioni per consentire l'integrazione tra l'energia elettrica e le reti di riscaldamento e raffrescamento. Le fonti di energia geotermica sono menzionate in diverse proposte di piani e in varie sezioni, in particolare per il riscaldamento e il raffrescamento (è ad esempio il caso di Francia, Germania, Ungheria, Slovacchia), ma senza fornire dettagli significativi sulle misure finalizzate alla loro diffusione.
La maggior parte degli Stati membri ha definito traiettorie per la quota di rinnovabili nei trasporti, mentre solo alcuni (ad esempio Cechia e Francia) hanno dato informazioni sulla traiettoria di riduzione dell'intensità dei gas serra in questo settore. Pochissimi Stati membri (ad esempio l'Italia) hanno allineato i propri piani ai nuovi obiettivi fissati nella direttiva Rinnovabili riveduta e alle modifiche della struttura degli obiettivi.
Restano ampie possibilità ancora da sondare per promuovere ulteriormente la capacità di elettrolizzazione per l'idrogeno rinnovabile e i prodotti correlati nei settori interessati dalla domanda, anche attraverso partenariati internazionali per le importazioni di idrogeno in linea con gli obiettivi del piano REPowerEU. Diversi Stati membri hanno previsto di adottare ulteriori misure in tal senso: ad esempio la Germania ha già raggiunto un accordo con la Norvegia per l'importazione a lungo termine di idrogeno rinnovabile. Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Portogallo da soli mirano a sviluppare elettrolizzatori con una capacità complessiva di 38-40 GW per promuovere l'idrogeno rinnovabile.
La maggior parte degli Stati membri non indica esplicitamente le misure nazionali che garantiscono la sostenibilità della bioenergia in relazione ai criteri di cui alla direttiva Rinnovabili riveduta. Le proiezioni nella maggioranza delle proposte di piani riguardano la domanda di biomassa per settore fino al 2030 o addirittura fino al 2040 e l'approvvigionamento di biomassa per materia prima e origine. Il principio dell'utilizzo a cascata è stato tuttavia menzionato da pochissimi Stati membri. La maggior parte delle proposte di aggiornamento dei PNEC non contempla l'approvvigionamento interno di biomassa forestale per fini energetici nel periodo 2021-2030, né l'utilizzo previsto della biomassa forestale per la produzione di energia ai sensi del regolamento LULUCF riveduto, in particolare per il periodo 2026-2030. Pressoché tutti gli Stati membri menzionano il biometano, ma meno della metà ha quantificato gli obiettivi nazionali per il 2030 per questo combustibile, il cui volume complessivo arriva ad appena 15 miliardi di m3 circa
. Il mercato del biometano in più rapida crescita è quello francese, con un quadro di sviluppo ben concepito. Italia e Danimarca hanno comunicato cifre pari a oltre un terzo del totale dell'UE, il che consentirà un'ulteriore riduzione delle importazioni di gas fossile entro il 2030.
2.1.3Efficienza energetica
Nel contesto del pacchetto "Pronti per il 55 %" e del piano REPowerEU, l'UE ha fissato l'obiettivo di ridurre il consumo di energia dell'11,7 % entro il 2030 rispetto alle proiezioni dello scenario di riferimento UE 2020, come sancito dalla rifusione direttiva Efficienza energetica di recente adozione. A dispetto di questo nuovo livello di ambizione, nel 2021 il consumo di energia dell'UE è risultato superiore del 31,9 % rispetto all'obiettivo indicativo per il 2030 in materia di consumo di energia primaria e del 26,9 % rispetto all'obiettivo vincolante per il 2030 in materia di consumo di energia finale.
La maggior parte degli Stati membri indica i contributi nazionali agli obiettivi dell'UE in materia di efficienza energetica per il 2030 nelle proposte di aggiornamento dei PNEC, ma soltanto pochi propongono un livello di ambizione sufficiente per quanto riguarda il consumo di energia primaria (Germania e Paesi Bassi) o finale (ad esempio Estonia e Romania), oppure per entrambi (Cechia, Francia, Italia, Lituania), in linea con la rifusione della direttiva Efficienza energetica.
Sulla base dei contributi nazionali presentati dagli Stati membri
, l'UE dovrebbe pervenire a un consumo di energia finale pari a 814,3 Mtep nel 2030, inferiore al livello di 956 Mtep stabilito nella direttiva Efficienza energetica del 2018 ma superiore ai 763 Mtep di cui alla rifusione di tale direttiva. Ciò corrisponde a una riduzione del 5,8 % rispetto alle proiezioni per il 2030, ossia un dato notevolmente inferiore alla riduzione dell'11,7 % prefissata nella rifusione della direttiva Efficienza energetica. Questo risultato è dovuto principalmente agli sforzi compiuti dagli Stati membri che si sono impegnati a ridurre ulteriormente il consumo di energia in vista del 2030. Tuttavia tali sforzi non sono sufficienti a fare da contrappeso agli Stati membri che non sono abbastanza ambiziosi o che non hanno incluso contributi nazionali di efficienza energetica nella loro proposta di aggiornamento del PNEC.
Dalla valutazione aggregata preliminare emerge un divario sostanziale in relazione al conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica dell'UE per il 2030, tanto per il consumo di energia primaria quanto per quello di energia finale: per quanto concerne il consumo di energia primaria il divario rispetto all'obiettivo indicativo dell'UE per il 2030 ammonta a 75 Mtep, mentre per il consumo di energia finale il divario rispetto all'obiettivo vincolante dell'Unione per il 2030 si attesta a 53,1 Mtep.
I PNEC definitivi aggiornati dovranno includere contributi più ambiziosi in materia di efficienza energetica per il 2030 e indicare percorsi chiari per ridurre il consumo di energia. È inoltre necessario che gli Stati membri definiscano meglio i quadri strategici nazionali generali alla base dei contributi nazionali, al fine di delineare un piano credibile per il conseguimento del livello di ambizione proposto dall'UE. Ciò vale in particolare per l'attuazione dell'obbligo di risparmio energetico, tenuto conto anche del volume riveduto di risparmi energetici cumulativi nell'uso finale da conseguire entro il 2030 e del ruolo esemplare del settore pubblico, con informazioni dettagliate sulle riduzioni previste del consumo di energia da parte di tutti gli enti pubblici e sulla ristrutturazione degli edifici pubblici.
La strategia dell'Unione in materia di efficienza energetica si basa sul principio "l'efficienza energetica al primo posto"
, che rende l'efficienza energetica una priorità assoluta in tutte le politiche. È importante che i PNEC definitivi aggiornati esplicitino meglio in che modo gli Stati membri attueranno tale principio. Il principio dell'efficienza energetica trova riscontro in diversi settori strategici oggetto della proposta di aggiornamento del PNEC di Cipro; Grecia, Spagna, Lituania, Lussemburgo e Romania lo trattano quanto meno in alcuni settori strategici. Per contro, varie proposte di piani non ne fanno alcuna menzione.
Nel settore dell'edilizia, il piano per l'obiettivo climatico dell'UE e il pacchetto "Pronti per il 55 %" prospettano un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050
. L'attuale ciclo di aggiornamento dei PNEC offre agli Stati membri l'opportunità di aggiornare le strategie di ristrutturazione a lungo termine del 2020. L'aggiornamento dovrebbe contemplare tappe intermedie per il 2030 e il 2040 e indicatori quali il consumo di energia complessivo degli edifici, le emissioni di gas serra e i tassi di ristrutturazione. Tutto ciò dovrebbe poter contare su politiche, misure e finanziamenti sufficienti, tenendo conto delle capacità del settore e dei principali ostacoli.
Finora soltanto Cipro, Grecia, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno aggiornato il livello di ambizione delle rispettive strategie di ristrutturazione a lungo termine. Tali paesi tengono inoltre conto in modo coerente e sistematico della rifusione della direttiva Efficienza energetica, della direttiva Rinnovabili riveduta e dell'imminente direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia: i Paesi Bassi aumentano il livello di ambizione dei traguardi nazionali di decarbonizzazione degli edifici per il 2030 e il 2050; il Lussemburgo e la Grecia rivedono gli obiettivi in materia di risparmio energetico e Cipro presenta misure nuove e aggiornate. Tuttavia la maggior parte degli Stati membri fa riferimento soltanto agli aspetti principali delle strategie di ristrutturazione a lungo termine del 2020. Di conseguenza, nei PNEC definitivi aggiornati gli Stati membri devono fornire una descrizione e una stima quantitativa più chiare delle politiche e delle misure relative agli edifici in termini di finanziamenti, costi e impatti sui risparmi di energia e sulle riduzioni delle emissioni.
2.1.4Sicurezza energetica
Gli ultimi due anni hanno messo in luce l'importanza della pianificazione strategica per la dimensione della sicurezza energetica dell'Unione dell'energia. La sicurezza energetica è trattata in modo molto diverso nelle proposte di piani valutate, circostanza questa che ostacola un'analisi esaustiva a livello di UE. Sarebbe utile usare indicatori più armonizzati nei PNEC definitivi aggiornati, come indicato anche negli orientamenti pubblicati dalla Commissione nel dicembre del 2022.
Nel 2021 il gas naturale rappresentava ancora il 24 % del mix di energia primaria dell'UE. In quell'anno il principale fornitore di gas dell'UE era la Russia, da cui proveniva circa il 45 % delle importazioni dell'Unione. A seguito dell'invasione russa dell'Ucraina, nei primi dieci mesi del 2023 le importazioni di gas dalla Russia si sono attestate al 15 % del totale, ossia 32 miliardi di m3. Stando alle proposte di aggiornamento dei piani, la produzione interna di gas si prospetta in crescita in Croazia, Italia e Slovacchia. Questi paesi, insieme alla Romania, prevedono altresì di aumentare le capacità di stoccaggio sotterraneo di gas o le interconnessioni del gas, il che rafforzerà la sicurezza dell'approvvigionamento dell'UE.
Solo alcuni Stati membri forniscono nel proprio piano dettagli sufficienti a garantire un portafoglio diversificato di fornitori di gas (ad esempio Finlandia, Italia, Portogallo), anche se in diversi casi fissano ambizioni elevate per lo sviluppo dei gas rinnovabili e a basse emissioni di carbonio (ad esempio Danimarca, Francia e Italia per il biometano). Per quanto concerne la preparazione ai rischi e alle crisi nel settore del gas, la Commissione europea osserva che, al momento della stesura del presente documento, alcuni Stati membri sono in ritardo nella presentazione delle valutazioni comuni e nazionali dei rischi e dei piani d'azione preventivi e piani di emergenza, e li incoraggia a trasmetterli quanto prima
.
Per quanto riguarda l'offerta di energia elettrica, la maggior parte degli Stati membri deve precisare e affrontare, nei piani aggiornati definitivi, l'impatto della sostituzione graduale delle centrali elettriche alimentate a combustibili fossili (principalmente carbone e gas) con centrali che sfruttano fonti rinnovabili (principalmente eoliche e solari), in particolare gli effetti sulla stabilità del proprio sistema elettrico e sugli Stati membri interconnessi. Inoltre la maggior parte degli Stati membri guarda al versante della produzione di energia elettrica, ma pochi valutano in maniera sufficiente il lato della domanda. Soluzioni di flessibilità quali lo stoccaggio di energia e la gestione della domanda sono fondamentali per integrare le fonti rinnovabili variabili nel sistema energetico. È positivo che alcuni Stati membri, ad esempio la Spagna, abbiano stabilito tabelle di marcia e obiettivi chiari per lo stoccaggio dell'energia.
L'energia nucleare svolge un ruolo fondamentale in alcuni Stati membri ai fini del conseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione e della garanzia della sicurezza energetica. Al momento gli Stati membri che utilizzano energia nucleare per produrre energia elettrica a basse emissioni di carbonio sono dodici, con una capacità installata totale di 97 GWe. Secondo le proposte di aggiornamento dei PNEC, nove Stati membri stanno valutando o pianificando di prolungare la vita operativa delle centrali nucleari esistenti e undici Stati membri stanno valutando la possibilità di installarne di nuove. Inoltre dieci Stati membri si dicono potenzialmente interessati alla diffusione di piccoli reattori modulari a sostegno della stabilità e dell'accessibilità economica del proprio mix energetico.
Per quanto riguarda la sicurezza dell'approvvigionamento, al fine di diversificare la catena di approvvigionamento nucleare Cechia, Finlandia e Slovacchia si sono procurate forniture alternative di combustibili nucleari e hanno ridotto in modo significativo la loro dipendenza dalla Russia per l'approvvigionamento di tali combustibili e i servizi relativi al ciclo di questi ultimi.
Il petrolio rimane la principale fonte di energia nell'UE, attestandosi al 34 % del mix di energia primaria nel 2021. Si prevede che la quota del petrolio nel mix energetico dell'UE diminuirà moderatamente entro il 2030 e più drasticamente entro il 2040. Pochi piani (ad esempio quello della Francia) contengono previsioni sul consumo nazionale di petrolio fino al 2030 e pochi valutano l'adeguatezza delle infrastrutture petrolifere dopo il 2030 (porti, raffinerie, oleodotti e scorte petrolifere) in considerazione della prevista variazione della domanda di petrolio dovuta alla decarbonizzazione.
Posto che diversi Stati membri descrivono la digitalizzazione come un fattore abilitante per integrare le energie rinnovabili nella rete, la cibersicurezza sarà fondamentale per un sistema energetico sicuro e solido. È pertanto positivo che vari Stati membri (ad esempio la Spagna) abbiano incluso nelle rispettive proposte di aggiornamento dei piani riferimenti adeguati alla direttiva NIS 2 o addirittura misure supplementari.
2.1.5Mercato interno dell'energia
In considerazione dell'obiettivo più ambizioso dell'UE in materia di rinnovabili e della necessità di consentire ai consumatori di cogliere rapidamente i vantaggi che ne derivano, sarà cruciale completare l'integrazione del mercato dell'energia nell'UE. Sulla scorta dell'impulso all'accelerazione dell'integrazione del sistema energetico e degli obblighi sanciti dalla direttiva (UE) 2019/944 sull'energia elettrica e, più di recente, dalla direttiva Rinnovabili riveduta, gli Stati membri dovranno mettere in atto politiche solide e garantire la diffusione di fonti di flessibilità quali la gestione della domanda e lo stoccaggio. L'accesso del mercato a tali servizi, pieno e senza ostacoli, deve essere accompagnato da progetti di attuazione e da quadri normativi chiari.
Diverse proposte di aggiornamento dei PNEC prevedono strategie volte a eliminare le distorsioni residue dei prezzi e a superare gli ostacoli di mercato per promuovere la partecipazione non discriminatoria di nuovi operatori, ma anche per tener conto delle diverse fonti di flessibilità nei mercati dell'energia. Nello specifico la maggior parte delle proposte di aggiornamento dei piani pone l'accento sulle misure essenziali destinate ad aumentare la flessibilità attraverso un maggiore ricorso alla gestione della domanda, alle reti intelligenti e agli aggregatori. Ne è un esempio la Grecia, che ha incluso nella proposta di piano la diffusione dello stoccaggio dell'energia. In Danimarca e Portogallo le misure proposte mirano a promuovere la ricarica intelligente dei veicoli elettrici. Inoltre la Svezia ha fissato obiettivi nazionali chiari per le soluzioni di flessibilità. Diversi Stati membri menzionano la digitalizzazione nelle rispettive proposte di piano quale fattore abilitante per l'ulteriore integrazione delle energie rinnovabili e l'espansione della rete.
Ciò nonostante nella maggior parte dei piani aggiornati continuano a mancare obiettivi nazionali chiari in materia di flessibilità del sistema energetico. Quando sono presenti, gli obiettivi nazionali variano in termini di adattabilità e misurabilità. Nel complesso, sebbene numerosi Stati membri abbiano definito nei loro piani misure volte a superare gli ostacoli di mercato, alcuni non hanno ancora fissato traguardi e calendari chiari per i propri obiettivi, in particolare le tempistiche con cui renderanno pienamente competitivo e liberalizzato il proprio mercato dell'energia elettrica. Sono inoltre necessarie misure specifiche per la diffusione dei servizi di aggregazione e flessibilità acquistati dai gestori dei sistemi di trasmissione e di distribuzione.
Per mettere i cittadini europei al centro di questi cambiamenti strutturali, è essenziale responsabilizzare i consumatori e rafforzare il loro ruolo nella transizione verso l'energia pulita. In particolare i gestori dei sistemi di distribuzione lituani stanno promuovendo un quadro abilitante a vantaggio dei clienti attivi e il Lussemburgo sta creando una piattaforma di dati sull'energia per accompagnare la partecipazione effettiva dei consumatori al mercato dell'energia. Tuttavia la maggior parte delle proposte di aggiornamento dei piani non apportano dettagli sufficienti (impatti e obiettivi quantitativi) in merito alle misure volte a promuovere l'autoconsumo e un quadro favorevole allo sviluppo di comunità di energia rinnovabile e alla condivisione dell'energia, nonché alla diffusione di innovazioni tecnologiche in grado di rendere più efficiente l'uso dell'energia.
Alla luce della recente crisi energetica, il mercato interno dell'energia deve offrire una protezione sufficiente ai consumatori e alle famiglie vulnerabili. Di conseguenza tutti i piani definitivi aggiornati devono intensificare gli sforzi relativi a questo aspetto. La maggior parte degli Stati membri non dispone ancora di una definizione chiara di povertà energetica o dovrebbe procedere a un'adeguata valutazione del numero di famiglie in condizioni di povertà energetica e, ove necessario, fissare un obiettivo di riduzione di tale numero. Nelle proposte di piani si possono evidenziare diverse buone pratiche, quali la definizione di povertà energetica sancita per legge in Francia o i lavori in corso in Slovacchia per mettere a punto un metodo di definizione della povertà energetica.
Nella maggior parte dei PNEC non sono ancora presenti politiche e misure strutturali destinate ad alleviare la povertà energetica, in particolare misure di efficienza energetica e decarbonizzazione a sostegno dei gruppi vulnerabili, e fonti di finanziamento, anche a titolo del Fondo sociale per il clima.
Interconnessioni solide e sufficienti costituiscono un prerequisito per rafforzare la resilienza e l'integrazione del sistema energetico europeo. Il quadro europeo si è rivelato utile a tal fine e gli Stati membri hanno compiuto buoni progressi nell'aumento della capacità transfrontaliera. Nelle proposte di piani tutti gli Stati membri riconoscono l'importanza di conseguire o mantenere l'obiettivo del 15 % di interconnessione elettrica.
Per quanto riguarda la cooperazione regionale transfrontaliera, sono stati firmati e inclusi nelle proposte di piani valutate soltanto otto accordi bilaterali sulla sicurezza dell'approvvigionamento di gas tra Stati membri limitrofi (sui 40 necessari), una circostanza questa che rispecchia una vulnerabilità strutturale insita nell'architettura della sicurezza dell'approvvigionamento dell'UE
. Le proposte di aggiornamento dei piani non includono dettagli in merito allo stato di tali accordi e gli Stati membri interessati sono incoraggiati a proseguire gli sforzi per portare avanti i negoziati.
La maggior parte delle proposte di aggiornamento dei PNEC fa menzione dei progressi compiuti verso il completamento di diversi progetti di interesse comune, ma servono ancora notevoli sforzi per conseguire e mantenere il livello di interconnettività imposto dagli obiettivi per il 2030. Alcuni Stati membri (ad esempio Croazia, Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) hanno già raggiunto o addirittura superato l'obiettivo dell'UE. Altri si impegnano, nelle rispettive proposte, a sviluppare interconnessioni con i paesi limitrofi investendo in nuove capacità di trasmissione e nuovi interconnettori, in particolare nelle regioni che storicamente dipendono da un unico fornitore e che ora mirano alla diversificazione. Inoltre alcuni Stati membri (ad esempio Estonia, Finlandia, Italia e Portogallo) prevedono di diversificare il proprio mix energetico realizzando progetti comuni di infrastrutture per l'idrogeno.
2.1.6Ricerca, innovazione, competitività e competenze
Oggi più che mai è fondamentale intensificare l'azione in materia di ricerca, innovazione e competitività in tutti gli Stati membri per conseguire gli obiettivi climatici ed energetici dell'UE per il 2030 e garantire un'economia europea resiliente, circolare e decarbonizzata. Servono opportunità economiche interessanti per l'industria e per le imprese in un contesto normativo semplificato e la creazione di posti di lavoro adeguati alle esigenze future. Di conseguenza nei PNEC definitivi aggiornati sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione a questa dimensione dell'Unione dell'energia.
Nelle proposte di aggiornamento dei PNEC, la maggior parte degli Stati membri elenca le strategie e le misure nazionali a sostegno della ricerca, dell'innovazione e della competitività. Tuttavia la grande maggioranza non indica obiettivi né traguardi di finanziamento che definiscano percorsi specifici per il 2030 e il 2050 tesi ad accelerare la diffusione di specifiche tecnologie energetiche pulite e promuovere la transizione verso un'economia circolare a zero emissioni nette. Fatta eccezione per Danimarca, Germania, Estonia, Francia e Lituania, le proposte di aggiornamento dei piani non prevedono azioni specifiche volte a potenziare la produzione di tecnologie, attrezzature e componenti utili per l'energia pulita e garantire la resilienza delle catene di approvvigionamento degli Stati membri.
È fondamentale esaminare in che modo i piani nazionali per l'energia e il clima possano contribuire a creare un contesto normativo semplificato per attrarre investimenti nelle tecnologie pulite e facilitarne l'adozione in tutto il mercato unico. È importante sottolineare che l'Unione e gli Stati membri devono anche collaborare affinché, con l'eliminazione graduale dell'energia da fonti fossili nel contesto della transizione energetica e climatica, le alternative pulite siano disponibili a prezzi accessibili. Ad esempio, vista la necessità di investimenti significativi nella rete elettrica prima del 2030, i piani nazionali per l'energia e il clima sono strumenti importanti per garantire che si svolga un dialogo sulle riforme e su altre misure destinate a garantire a imprese e famiglie l'accesso a un'energia pulita a prezzi accessibili. La Commissione intende sfruttare il processo iterativo con gli Stati membri sui piani nazionali per l'energia e il clima per iniziare ad affrontare tali questioni.
La maggior parte dei piani parla della cooperazione regionale in materia di ricerca e innovazione nel contesto di Orizzonte Europa e del piano strategico per le tecnologie energetiche, ma non stabilisce obiettivi misurabili da conseguire attraverso progetti comuni. Ciò nonostante tra i buoni esempi figurano la Danimarca, che prevede di sondare le possibilità di cooperazione con i paesi nordici in materia di cattura e stoccaggio/utilizzo del carbonio, la collaborazione tra Spagna e Portogallo in relazione a un centro comune di ricerca sullo stoccaggio dell'energia e il piano del Lussemburgo di cooperare con gli altri paesi del Benelux nel campo della ricerca e dell'innovazione sull'idrogeno.
In generale nelle proposte di aggiornamento dei piani degli Stati membri mancano misure e finanziamenti volti ad attuare il piano d'azione dell'UE sulla digitalizzazione del sistema energetico
. Vi sono tuttavia esempi positivi, quali i piani dell'Italia per la ricerca in materia di cibersicurezza nel settore dell'energia elettrica, il progetto di interesse comune della Slovacchia e della Cechia ("ACON Smart Grids") sulla digitalizzazione del sistema di distribuzione e le misure adottate dal Portogallo per ampliare la diffusione dei contatori intelligenti e sviluppare reti intelligenti.
È sempre più importante affrontare la carenza delle competenze necessarie per la transizione verso l'energia pulita, come osservato in diverse iniziative della Commissione, tra cui il patto per le competenze e la proposta di normativa sull'industria a zero emissioni nette con le sue accademie per le competenze. Diversi Stati membri, quali Danimarca, Spagna, Estonia, Portogallo e Slovacchia, individuano chiaramente i settori in cui concentrare le azioni di riqualificazione/miglioramento delle competenze. Tuttavia la maggior parte degli Stati membri non ha proposto obiettivi o misure con finanziamenti specifici per risolvere le carenze di competenze individuate nei settori strategici.
2.2Investimenti per un Green Deal europeo competitivo
Al fine di conseguire gli ambiziosi obiettivi per il 2030, gli investimenti dovranno aumentare considerevolmente, a fronte di risorse pubbliche limitate. Nella sua relazione di previsione strategica 2023, la Commissione ha stimato che servono 620 miliardi di EUR di investimenti annui supplementari per conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo e di REPowerEU.
Nelle proposte di aggiornamento dei PNEC, la maggior parte degli Stati membri non dà un'indicazione degli investimenti totali che si prevede saranno necessari per il periodo 2020-2030. Nove Stati membri (Cipro, Spagna, Francia, Ungheria, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Romania) riportano quanto meno una stima parziale del fabbisogno di investimenti. Nessuno Stato membro fornisce una stima del divario tra tale fabbisogno e le fonti di finanziamento disponibili. Tuttavia diversi Stati membri segnalano che servono investimenti connessi all'energia nei settori dell'edilizia, dell'industria e dei trasporti; pochi comunicano invece il fabbisogno previsto di investimenti nel settore agricolo, per aiutare gli agricoltori a costruire modelli imprenditoriali sostenibili. Nel complesso il livello delle informazioni fornite dagli Stati membri nelle proposte di aggiornamento dei PNEC non consente di aggregare il fabbisogno di investimenti a livello di UE.
Stime affidabili del fabbisogno di investimenti e dei corrispondenti impatti macroeconomici sono diventate ancora più importanti nel contesto della proposta avanzata dalla Commissione di riforma delle norme UE di governance economica, la quale prevede che i piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine siano coerenti con i PNEC aggiornati.
I PNEC offrono l'opportunità di esaminare modalità per migliorare il contesto normativo in modo da attrarre investimenti privati e di valutare come utilizzare i fondi pubblici (fonti di finanziamento nazionali e dell'UE) per mobilitare investimenti privati. Tra gli aspetti di rilievo figura il modo in cui gli Stati membri utilizzeranno il dispositivo per la ripresa e la resilienza, la politica di coesione (compreso il Fondo per una transizione giusta), la politica agricola comune e i fondi per l'innovazione e la modernizzazione per sostenere gli obiettivi dei PNEC. Anche la vendita all'asta delle quote dell'EU ETS genererà entrate considerevoli che dovrebbero tra le altre cose sostenere la transizione climatica.
Nei piani definitivi aggiornati dovranno essere integrate informazioni concernenti le fonti di finanziamento, in quanto soltanto pochi Stati membri forniscono dettagli sul tipo di fonti (pubbliche o private, dell'UE o nazionali). Inoltre solo alcuni Stati membri affrontano esplicitamente la necessità di attrarre investimenti privati. Eccezioni degne di nota sono l'Estonia e l'Italia, che prevedono misure a sostegno dello sviluppo del capitale di rischio, il Lussemburgo, che intende utilizzare i finanziamenti pubblici per mobilitare investimenti privati, e la Finlandia con le sue piattaforme di sperimentazione ed ecosistemi di innovazione.
È essenziale che gli Stati membri rispecchino pienamente nei loro piani definitivi aggiornati le riforme e gli investimenti in materia di energia e clima inclusi in altri strumenti di finanziamento dell'UE, in particolare i piani nazionali per la ripresa e la resilienza, compresi i capitoli dedicati a REPowerEU. I 27 piani per la ripresa e la resilienza (PRR) riveduti e i 23 capitoli REPowerEU sosterranno gli investimenti e le riforme in tutte le dimensioni dell'Unione dell'energia, ad esempio destinando più di 46 miliardi di EUR alle ristrutturazioni che migliorano l'efficienza energetica degli edifici, oltre ai 66 miliardi di EUR previsti dai PRR originari. Tra gli altri esempi figurano il potenziamento di oltre 3 000 km di rete elettrica di trasmissione e distribuzione e più di 2,5 miliardi di EUR di investimenti a favore della produzione di idrogeno rinnovabile.
Gli Stati membri dovrebbero valutare se, nella finalizzazione e/o nell'attuazione dei PNEC, possa risultare utile lo strumento di sostegno tecnico, che può fornire competenze e capacità su misura per sostenere l'attuazione delle politiche e delle misure previste dai PNEC, anche per individuare e mobilitare le principali fonti di finanziamento.
2.3Transizione giusta
Garantire una transizione climatica ed energetica giusta è fondamentale per assicurare che i benefici derivanti da tale processo siano condivisi in modo equo, attenuando nel contempo gli effetti negativi. Ciò è necessario per assicurare un sostegno duraturo da parte dei cittadini all'attuazione delle ambiziose riforme che interesseranno tutti i settori dell'economia.
Finora gli Stati membri hanno fornito soltanto una valutazione parziale degli impatti socioeconomici della transizione climatica ed energetica sulle persone, sulle famiglie e sulle imprese. Gli effetti delle politiche e delle misure della transizione sulla distribuzione del reddito, sulla creazione, trasformazione e perdita di posti di lavoro e sulla povertà energetica sono aspetti raramente discussi nelle proposte di piani. Nel complesso queste ultime non includono un'analisi quantitativa adeguata né tengono sufficientemente conto degli effetti distributivi sui diversi gruppi della popolazione. Inoltre nessuno dei piani contiene informazioni sufficienti per la preparazione dei futuri piani sociali per il clima e su come si garantirà la coerenza tra i due.
Dall'analisi dei piani emerge che nella maggior parte dei casi manca un insieme completo di politiche mirate per far fronte alle ripercussioni sociali e occupazionali della transizione. In effetti le politiche previste sono per lo più frammentarie e spesso si limitano ad affrontare gli effetti negativi della transizione nelle regioni carbonifere e ad alta intensità di carbonio. La maggior parte dei piani evidenzia soltanto in parte le sinergie tra i vari strumenti e fondi a sostegno della transizione giusta, compreso il Fondo per una transizione giusta, che è subordinato all'attuazione efficace della transizione.
Sette Stati membri (Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Slovacchia e Ungheria) hanno rinviato i termini di abbandono graduale dei combustibili fossili, mentre quattro (Cipro, Estonia, Finlandia e Romania) non fanno riferimento agli impegni assunti nei rispettivi piani territoriali per una transizione giusta. In alcuni casi, non è chiaro in che modo ciò inciderà sulle misure previste.
Gli Stati membri sono pertanto incoraggiati a sviluppare strategie nazionali a tutto tondo per una transizione giusta, sostenute da elementi concreti nei propri PNEC definitivi. Gli Stati membri dovrebbero inoltre fornire ulteriori informazioni sulle politiche in materia di transizione giusta, in particolare sulle misure già comunicate nel contesto del primo esercizio di monitoraggio oggetto della raccomandazione del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica.
Dalle attività di ricerca emerge che la transizione climatica ed energetica interessa donne e uomini in modo diverso: le donne sono sottorappresentate nei settori destinati a trarre vantaggio dalla transizione (posti di lavoro verdi) e hanno maggiori probabilità di vivere in condizioni di povertà energetica e dei trasporti. Possono però costituire la forza trainante della transizione in ragione delle differenze comportamentali per quanto riguarda il consumo di energia e le emissioni di gas serra. Per questo motivo è importante rafforzare la dimensione di genere della transizione giusta nei PNEC. Soltanto quattro piani fanno riferimento alla parità di genere nella politica energetica e prevedono impegni e misure correlati (Cechia, Spagna, Malta e Portogallo). Tre di questi includono impegni (Cechia, Spagna, Malta) e soltanto quello della Spagna anche politiche specifiche.
2.4Partecipazione pubblica, soggetti locali e regionali e ruolo della cooperazione regionale transfrontaliera per un piano esaustivo che consideri tutti
Il regolamento sulla governance e l'obbligo imposto agli Stati membri dalla convenzione di Aarhus impongono una partecipazione pubblica tempestiva e inclusiva alla preparazione dei piani nazionali per l'energia e il clima, comprese le proposte di piani.
La maggior parte degli Stati membri ha organizzato consultazioni con il pubblico in merito alle proposte di piani, ma la qualità dei processi di consultazione varia e molti non hanno soddisfatto tutti gli obblighi di cui sopra. In particolare, i piani contengono pochi dettagli sui canali di comunicazione utilizzati per raggiungere il pubblico e sui metodi impiegati per coinvolgere un'ampia gamma di gruppi di interesse, tra cui le parti sociali e il grande pubblico. Numerosi piani non indicano tempistiche ragionevoli entro cui il pubblico possa esprimere il proprio punto di vista.
La maggior parte delle proposte di piani non contiene una sintesi dei riscontri del pubblico e delle modalità con cui questi ultimi sono stati presi in considerazione. Inoltre scarseggiano i dettagli sulle informazioni fornite al pubblico e sul modo in cui le consultazioni hanno contribuito a plasmare il contenuto finale delle proposte. Alcuni Stati membri (Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Slovacchia e Svezia) riferiscono di aver condotto ampie consultazioni pubbliche sulle principali politiche nazionali incluse nella proposta di aggiornamento del piano, ma non sulla proposta di piano nel suo complesso. La Lituania costituisce al contrario un buon esempio: ha infatti garantito la partecipazione del pubblico all'intero processo di preparazione della proposta di PNEC.
Le autorità locali e regionali sono importanti per l'attuazione delle politiche in materia di energia e clima. Tuttavia pochissimi Stati membri adducono elementi concreti circa il modo in cui hanno coinvolto queste autorità nel processo di preparazione delle proposte di aggiornamento dei PNEC; ancora meno sono quelli che fanno affidamento su un dialogo multilivello consolidato.
Pochi Stati membri fanno riferimento al ruolo guida e all'impatto della cooperazione regionale e al lavoro svolto in seno ai gruppi ad alto livello. Analogamente, pochi Stati membri menzionano la possibilità di utilizzare i meccanismi di cooperazione basata sulle rinnovabili per apportare i rispettivi contributi nazionali in materia di rinnovabili. Tra i buoni esempi figurano il Lussemburgo, con la partecipazione al meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile; i progetti comuni per l'energia eolica offshore e onshore dell'Estonia, che ha chiesto un sostegno nel contesto del meccanismo per collegare l'Europa, e l'accordo tra Danimarca e Germania per sviluppare l'isola energetica di Bornholm come progetto comune di energie rinnovabili ai sensi dell'articolo 9 della direttiva Rinnovabili.
3VALUTAZIONE DEI PROGRESSI COMPIUTI NEL QUADRO DELLA NORMATIVA EUROPEA SUL CLIMA
La relazione sui progressi dell'azione per il clima ha già valutato le misure unionali e nazionali alla luce degli obiettivi per il 2050, nonché i progressi compiuti in materia di adattamento a livello di UE. La neutralità climatica è brevemente discussa in questa sede, nonché nella sezione 2 del presente documento, sulla base delle nuove informazioni fornite nelle proposte di aggiornamento dei PNEC. I progressi in materia di adattamento a livello nazionale sono analizzati qui e in un documento di lavoro dei servizi della Commissione. Le raccomandazioni concernenti gli obiettivi in materia di neutralità climatica e adattamento si basano su tali valutazioni.
Le emissioni di gas serra continuano a diminuire a ritmo costante, come dimostrano i dati più recenti, e vi sono segnali incoraggianti di azione sul campo. Tuttavia la valutazione indica che i progressi compiuti in relazione al conseguimento dell'obiettivo di neutralità climatica dell'UE appaiono insufficienti.
Dalla valutazione dei progressi compiuti dagli Stati membri in materia di adattamento emerge che l'adattamento e la necessità di una maggiore resilienza stanno acquisendo rilevanza nell'agenda politica. Tuttavia ciò non equivale alla preparazione politica.
Persistono lacune significative che espongono gli Stati membri a rischi climatici che superano le loro capacità di adattamento, aumentando la vulnerabilità e compromettendo la resilienza.
La maggior parte degli Stati membri ha effettuato valutazioni dei rischi climatici: 14 hanno aggiornato di recente le proprie valutazioni dei rischi e si prevede che altri Stati membri faranno lo stesso in futuro. Tuttavia valutazioni solide e complete dei rischi climatici in più di cinque settori costituiscono un'eccezione piuttosto che la regola. Tutti gli Stati membri hanno adottato strategie o piani nazionali di adattamento e molti sono stati recentemente riesaminati o sono attualmente in fase di revisione. Le strutture e i meccanismi di governance variano da uno Stato membro all'altro, con un elevato grado di eterogeneità in termini di disposizioni istituzionali e alcune evidenti lacune nell'allineamento esplicito ai meccanismi di governance ambientale. Raramente esistono meccanismi adeguati di coordinamento interministeriale in materia di adattamento. Otto Stati membri hanno integrato elementi della politica di adattamento nei quadri giuridici nazionali.
Sono stati compiuti alcuni progressi nell'attuazione delle misure di adattamento, ma permangono lacune nella valutazione del fabbisogno di investimenti e i paesi non dispongono di dotazioni di bilancio ad hoc. L'inclusione di soluzioni basate sulla natura nelle strategie e nei piani settoriali è limitata, il che ne ostacola l'uso sistemico. È limitata anche la valutazione dell'impatto delle misure di adattamento sulla riduzione delle vulnerabilità e dei rischi, in quanto questo compito rimane impegnativo sul piano concettuale e pratico. In diversi Stati membri devono ancora essere istituiti meccanismi di monitoraggio, comunicazione e valutazione. I progressi complessivi in materia di capacità di adattamento rimangono poco chiari. Tra le condizioni abilitanti trasversali si rileva la necessità di rafforzare il sostegno finanziario e di sviluppare competenze amministrative, anche al fine di evitare il maladattamento.
Esistono esempi virtuosi tra gli Stati membri per ciascun elemento del ciclo delle politiche di adattamento e per strutture, approcci e politiche concreti, che dovrebbero essere sfruttati per accelerare la preparazione agli impatti legati al clima. La pianificazione territoriale e le ricollocazioni pianificate sono forse tra le sfide considerate politicamente più difficili da affrontare, e tra gli ostacoli tecnici figura la mancanza di buoni indicatori, ma anche in questi casi vi sono iniziative che possono e devono essere ulteriormente sviluppate.
Questi risultati, unitamente alla prossima valutazione europea dei rischi climatici, saranno alla base della comunicazione della Commissione sulla gestione dei rischi climatici nell'UE, la cui adozione è prevista per marzo 2024.
4CONCLUSIONI E PROSSIME TAPPE – VERSO PIANI NAZIONALI AGGIORNATI DEFINITIVI
La valutazione e le analisi aggregate complessive delle proposte di aggiornamento dei PNEC sono in generale positive. Dalle proposte di aggiornamento dei PNEC emergono il fermo impegno degli Stati membri a lavorare sulla base di solidi processi di pianificazione e monitoraggio in materia di energia e clima nonché la loro determinazione a intensificare l'azione a livello nazionale e regionale, necessaria per conseguire gli obiettivi politici concordati nell'agenda per l'energia e il clima.
Tuttavia la valutazione ha anche portato a individuare diverse lacune in termini tanto di mantenimento dell'ambizione generale dell'UE quanto di rispetto di prescrizioni specifiche della legislazione unionale. Questo desta grave preoccupazione e rischia di minare la credibilità di numerosi Stati membri.
La Commissione si aspetta pertanto che gli Stati membri tengano debitamente conto delle raccomandazioni al momento di finalizzare i piani integrati aggiornati ed esorta gli Stati membri che non hanno ancora presentato la propria proposta di aggiornamento a farlo senza ulteriori indugi.
La Commissione è pronta a sostenere gli Stati membri nella transizione verso la neutralità climatica affinché possano conseguire una maggiore autonomia energetica, adattarsi ai cambiamenti climatici e accelerare ulteriormente la diffusione di misure cosiddette no regret ("senza rimpianto", ossia utili in ogni caso), in particolare l'efficienza energetica e le tecnologie delle energie rinnovabili. È pronta a sostenere la promozione e il finanziamento delle tecnologie pulite e a contribuire a stimolare gli investimenti privati, anche a favore di una forza lavoro qualificata. Sarà fondamentale condurre consultazioni pubbliche tempestive e ben organizzate sui piani al fine di garantire che siano inclusivi e favorire l'accettazione delle azioni che ne scaturiranno.
Per sostenere la messa a punto dei piani, ma anche la loro attuazione efficace, la Commissione intensificherà i contatti con gli Stati membri su base individuale e agevolerà lo scambio di migliori pratiche nelle sedi opportune, anche in merito a questioni trasversali quali gli investimenti e la pianificazione delle reti, sulla scorta del piano UE per le infrastrutture di rete adottato di recente dalla Commissione. La Commissione manterrà uno stretto dialogo con il Parlamento europeo e il Consiglio sui progressi compiuti dall'Unione dell'energia in tutte le dimensioni delle politiche energetiche e climatiche.