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Document 52022XC0630(01)

Comunicazione della Commissione COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Orientamenti sulle restrizioni verticali 2022/C 248/01

C/2022/4238

GU C 248 del 30.6.2022, p. 1–85 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

30.6.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 248/1


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

Orientamenti sulle restrizioni verticali

(2022/C 248/01)

INDICE

1.

Introduzione 3

1.1.

Finalità e struttura dei presenti orientamenti 3

1.2.

Applicabilità dell’articolo 101 del trattato agli accordi verticali 4

2.

Effetti degli accordi verticali 6

2.1.

Effetti positivi 6

2.2.

Effetti negativi 9

3.

Accordi verticali che non rientrano di norma nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato 10

3.1.

Assenza di pregiudizio al commercio, accordi di importanza minore e piccole e medie imprese 10

3.2.

Accordi di agenzia commerciale 11

3.2.1.

Accordi di agenzia commerciale che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato 11

3.2.2.

L’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato agli accordi di agenzia commerciale 15

3.2.3.

L’agenzia e l’economia delle piattaforme online 16

3.3.

Accordi di subfornitura 17

4.

Ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 17

4.1.

La «zona di sicurezza» istituita dal regolamento (UE) 2022/720 17

4.2.

Definizione di accordo verticale 18

4.2.1.

Il comportamento unilaterale non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 18

4.2.2.

Le imprese operano a diversi livelli della catena di produzione o di distribuzione 19

4.2.3.

L’accordo riguarda l’acquisto, la vendita o la rivendita di beni o servizi 19

4.3.

Accordi verticali nell’economia delle piattaforme online 20

4.4.

Limiti all’applicazione del regolamento (UE) 2022/720 21

4.4.1.

Associazioni di dettaglianti 21

4.4.2.

Accordi verticali contenenti disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale (DPI) 22

4.4.3.

Accordi verticali tra imprese concorrenti 25

4.4.4.

Accordi verticali con fornitori di servizi di intermediazione online che svolgono una funzione ibrida 28

4.5.

Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria 30

4.6.

Tipi specifici di sistemi di distribuzione 30

4.6.1.

Sistemi di distribuzione esclusiva 31

4.6.2.

Sistemi di distribuzione selettiva 35

4.6.3.

Accordi di franchising 40

5.

Definizione del mercato e calcolo della quota di mercato 42

5.1.

Comunicazione sulla definizione del mercato 42

5.2.

Calcolo delle quote di mercato a norma del regolamento (UE) 2022/720 42

5.3.

Calcolo delle quote di mercato a norma del regolamento (UE) 2022/720 43

6.

Applicazione del regolamento (UE) 2022/720 43

6.1.

Restrizioni fondamentali previste dal regolamento (UE) 2022/720 43

6.1.1.

Imposizione dei prezzi di rivendita 45

6.1.2.

Restrizioni fondamentali a norma dell’articolo 4, lettere b), c), d) ed e), del regolamento (UE) 2022/720 49

6.1.3.

Restrizioni delle vendite di pezzi di ricambio 57

6.2.

Restrizioni che sono escluse dal regolamento (UE) 2022/720 57

6.2.1.

Obblighi di non concorrenza di durata superiore a cinque anni 58

6.2.2.

Obblighi di non concorrenza dopo la scadenza 58

6.2.3.

Obblighi di non concorrenza imposti a membri di un sistema di distribuzione selettiva 59

6.2.4.

Obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme 59

7.

Revoca e disapplicazione 59

7.1.

Revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720 59

7.2.

Disapplicazione del regolamento (UE) 2022/720 62

8.

Politica di applicazione della normativa nei casi individuali 63

8.1.

Quadro dell’analisi 63

8.1.1.

Fattori pertinenti per la valutazione a titolo dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato 64

8.1.2.

Fattori pertinenti per la valutazione a titolo dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato 66

8.2.

Analisi di restrizioni verticali specifiche 67

8.2.1.

Monomarchismo 68

8.2.2.

Accordi di fornitura esclusiva 72

8.2.3.

restrizioni relative all’uso dei mercati online 74

8.2.4.

Restrizioni relative all’uso di servizi di confronto dei prezzi 75

8.2.5.

Obblighi di parità 77

8.2.6.

Pagamenti anticipati per l’accesso 82

8.2.7.

Accordi di gestione per categoria 83

8.2.8.

Vendita abbinata 83

1.   INTRODUZIONE

1.1.   Finalità e struttura dei presenti orientamenti

(1)

I presenti orientamenti definiscono i principi da applicare ai fini della valutazione degli accordi verticali e delle pratiche concordate ai sensi dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (1) e del regolamento (UE) 2022/720 (2) della Commissione. Salvo diversa indicazione, nei presenti orientamenti il termine «accordo» comprende anche le pratiche concordate (3).

(2)

Con i presenti orientamenti la Commissione intende fornire alle imprese uno strumento per valutare autonomamente gli accordi verticali alla luce delle regole di concorrenza dell’Unione e agevolare l’applicazione dell’articolo 101 del trattato. I presenti orientamenti tuttavia non dovrebbero essere applicati in maniera meccanica, poiché ogni accordo deve essere valutato alla luce delle circostanze specifiche (4). I presenti orientamenti inoltre non pregiudicano la giurisprudenza del Tribunale e della Corte di giustizia dell’Unione europea («Corte di giustizia dell’Unione europea»).

(3)

Gli accordi verticali possono essere conclusi per beni e servizi intermedi e finali. Salvo indicazione contraria, i presenti orientamenti si applicano a tutti i tipi di beni e servizi e a tutti i livelli della catena commerciale. Inoltre, salvo indicazione contraria, il termine «utente finale» comprende le imprese e i consumatori finali, vale a dire le persone fisiche che agiscono per fini che esulano dalla loro attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.

(4)

I presenti orientamenti sono strutturati nel modo seguente:

questa prima sezione introduttiva illustra il motivo per cui la Commissione fornisce orientamenti sugli accordi verticali e l’ambito di applicazione di tali orientamenti. Essa illustra inoltre gli obiettivi dell’articolo 101 del trattato, le modalità in cui l’articolo 101 del trattato si applica agli accordi verticali e le fasi principali della valutazione degli accordi verticali ai sensi dell’articolo 101 del trattato;

la seconda sezione fornisce una panoramica degli effetti positivi e negativi degli accordi verticali. Il regolamento (UE) 2022/720, i presenti orientamenti e la politica della Commissione in materia di applicazione della normativa nei casi individuali si basano sulla considerazione di tali effetti;

la terza sezione riguarda gli accordi verticali che non rientrano di norma nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Sebbene il regolamento (UE) 2022/720 non si applichi a tali accordi, è necessario fornire orientamenti riguardo alle condizioni in base alle quali gli accordi verticali possono essere esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;

la quarta sezione fornisce ulteriori orientamenti sull’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, che comprendono spiegazioni sulla «zona di sicurezza» istituita dal regolamento e la definizione di un accordo verticale. Tale sezione contiene anche orientamenti sugli accordi verticali nell’economia delle piattaforme online, che svolge un ruolo sempre più importante nella distribuzione di beni e servizi. Tale sezione spiega anche i limiti dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720, come indicato all’articolo 2, paragrafi 2, 3 e 4, del regolamento, inclusi i limiti specifici che si applicano allo scambio di informazioni tra un fornitore e un acquirente in scenari di duplice distribuzione, a norma dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento, e quelli che si applicano agli accordi relativi alla prestazione di servizi di intermediazione online laddove il fornitore di tali servizi svolga una funzione ibrida a norma dell’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento. La quarta sezione spiega inoltre le modalità di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 nei casi in cui un accordo verticale rientra nell’ambito di applicazione di un altro regolamento di esenzione per categoria, come indicato nell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento. Questa sezione contiene infine una descrizione di determinati tipi comuni di sistemi di distribuzione, in particolare quelli che sono oggetto delle disposizioni specifiche di cui all’articolo 4 del regolamento relative alle restrizioni fondamentali;

la quinta sezione riguarda la definizione dei mercati rilevanti e il calcolo delle quote di mercato, con riferimento alla comunicazione sulla definizione del mercato (5). Questo aspetto è pertinente perché gli accordi verticali possono beneficiare dell’esenzione per categoria prevista dal regolamento (UE) 2022/720 solo se le quote di mercato delle imprese che sono parti dell’accordo non superano le soglie indicate all’articolo 3 di tale regolamento;

la sesta sezione riguarda le restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 e le restrizioni escluse di cui all’articolo 5 del regolamento, comprese le spiegazioni sul motivo per cui sia rilevante la qualifica di «restrizione fondamentale» o di «restrizione esclusa»;

la settima sezione contiene orientamenti sui poteri della Commissione e delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri di revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in casi specifici, ai sensi dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (6) e dell’articolo 6 del regolamento (UE) 2022/720, nonché orientamenti sul potere della Commissione di adottare regolamenti che dichiarano che il regolamento (UE) 2022/720 non si applica, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720;

l’ottava sezione descrive la politica di applicazione della normativa nei casi individuali da parte della Commissione. A tal fine essa spiega come gli accordi verticali non disciplinati dal regolamento (UE) 2022/720 siano valutati ai sensi dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3, del trattato e fornisce orientamenti in merito a vari tipi comuni di accordi verticali.

1.2.   Applicabilità dell’articolo 101 del trattato agli accordi verticali

(5)

L’obiettivo dell’articolo 101 del trattato è garantire che le imprese non utilizzino gli accordi, siano essi orizzontali o verticali (7), per impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza sul mercato a scapito dei consumatori (8). L’articolo 101 del trattato persegue anche l’obiettivo più ampio della realizzazione di un mercato interno integrato, che promuova la concorrenza nell’Unione. Le imprese non possono utilizzare gli accordi verticali per ricostituire barriere di natura privata fra gli Stati membri, là dove le barriere statali sono state abolite.

(6)

L’articolo 101 del trattato si applica agli accordi verticali e alle restrizioni negli accordi verticali che pregiudicano il commercio tra gli Stati membri e che impediscono, restringono o falsano il gioco della concorrenza (9). Esso fornisce un quadro giuridico per la valutazione delle restrizioni verticali (10), tenendo conto della distinzione fra effetti anticoncorrenziali ed effetti favorevoli alla concorrenza. L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato vieta gli accordi che restringono o falsano la concorrenza in maniera significativa. Tale divieto tuttavia non si applica agli accordi che soddisfano le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, ossia laddove l’accordo fornisca vantaggi sufficienti per compensare i suoi effetti anticoncorrenziali, come indicato nelle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3 (11).

(7)

Sebbene non esista una sequenza obbligatoria, la valutazione degli accordi verticali comporta in linea generale le fasi seguenti:

innanzitutto le imprese interessate devono stabilire le quote di mercato del fornitore e dell’acquirente sul mercato rilevante dove essi, rispettivamente, vendono e acquistano i beni o servizi oggetto del contratto;

se le rispettive quote di mercato del fornitore e dell’acquirente non superano la soglia della quota di mercato del 30 % di cui all’articolo 3 del regolamento (UE) 2022/720, l’accordo verticale beneficia della «zona di sicurezza» istituita dal regolamento, ammesso che non includa né restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4 del regolamento, né restrizioni escluse ai sensi dell’articolo 5 del regolamento che non possano essere separate dal resto dell’accordo;

se la quota del mercato rilevante del fornitore o dell’acquirente è superiore alla soglia del 30 %, o se l’accordo contiene una o più restrizioni fondamentali o restrizioni escluse non separabili, è necessario valutare se la restrizione verticale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;

se l’accordo verticale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è necessario esaminare se siano soddisfatte le condizioni per l’eccezione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(8)

Lo sviluppo sostenibile è un principio fondamentale del trattato e un obiettivo prioritario delle politiche dell’Unione (12), insieme alla digitalizzazione e a un mercato unico resiliente (13). La nozione di sostenibilità comprende, tra l’altro, la risposta ai cambiamenti climatici (ad esempio attraverso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra), la limitazione dello sfruttamento delle risorse naturali, la riduzione degli sprechi e la promozione del benessere animale (14). Gli obiettivi di sostenibilità, resilienza e digitalizzazione dell’Unione sono promossi da accordi di fornitura e distribuzione efficienti tra le imprese. Gli accordi verticali che perseguono obiettivi di sostenibilità o che contribuiscono a un mercato unico digitale e resiliente non costituiscono una categoria distinta di accordi verticali nell’ambito del diritto dell’Unione in materia di concorrenza. Tali accordi devono pertanto essere valutati applicando i principi indicati nei presenti orientamenti, tenendo conto dell’obiettivo specifico da essi perseguito. L’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 si applica pertanto agli accordi verticali che perseguono obiettivi di sostenibilità, resilienza e digitalizzazione, purché soddisfino le condizioni del regolamento. I presenti orientamenti contengono esempi intesi a illustrare la valutazione di accordi verticali che perseguono obiettivi di sostenibilità (15).

(9)

Qualora un accordo verticale limiti la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e non si applichi il regolamento (UE) 2022/720, l’accordo può comunque soddisfare le condizioni dell’eccezione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato (16). Questo vale anche per gli accordi verticali che perseguono obiettivi di sostenibilità o che contribuiscono a un mercato unico digitale e resiliente. La sezione 8 contiene indicazioni sulla valutazione di tali accordi verticali nei casi individuali, ma possono essere pertinenti anche altri orientamenti della Commissione, che comprendono le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, le linee direttrici relative agli accordi orizzontali (17) ed eventuali indicazioni fornite in versioni future delle stesse. Tali linee direttrici possono, in particolare, fornire indicazioni sulle circostanze nelle quali i vantaggi in termini di sostenibilità, digitalizzazione o resilienza si possano considerare incrementi di efficienza qualitativi o quantitativi a titolo dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

2.   EFFETTI DEGLI ACCORDI VERTICALI

(10)

Ai fini della valutazione degli accordi verticali ai sensi dell’articolo 101 e dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720 occorre prendere in considerazione tutti i parametri pertinenti della concorrenza, quali i prezzi, la produzione in termini di quantità dei prodotti, la qualità e la varietà dei prodotti e l’innovazione. La valutazione deve anche tener conto del fatto che gli accordi verticali tra imprese operanti a diversi livelli della catena di produzione o di distribuzione sono in genere meno pregiudizievoli rispetto agli accordi orizzontali conclusi tra imprese concorrenti che forniscono beni o servizi fungibili (18). In linea di principio ciò è dovuto alla natura complementare delle attività delle parti di un accordo verticale, che normalmente implica che le azioni favorevoli alla concorrenza di una delle parti dell’accordo avvantaggino l’altra parte dell’accordo e in definitiva i consumatori. A differenza degli accordi orizzontali, le parti di un accordo verticale tendono quindi ad avere buoni motivi per concordare prezzi inferiori e livelli di servizio più elevati, anche in questo caso recando un beneficio ai consumatori. Analogamente, una parte di un accordo verticale di norma è incentivata a opporsi ad azioni intraprese dall’altra parte che possano danneggiare i consumatori, poiché tali azioni in genere riducono anche la domanda di beni o servizi forniti dalla prima parte. Inoltre la natura complementare delle attività delle parti di un accordo verticale nell’immettere beni o servizi sul mercato implica anche che le restrizioni verticali producano maggiori vantaggi in termini di efficienza, ad esempio ottimizzando i processi di fabbricazione e distribuzione e i servizi. Esempi di questi effetti positivi sono illustrati nella sezione 2.1.

(11)

Ciononostante, le imprese che detengono potere di mercato in certi casi possono utilizzare le restrizioni verticali per perseguire scopi anticoncorrenziali che in ultima analisi danneggiano i consumatori. Come spiegato ulteriormente nella sezione 2.2, le restrizioni verticali possono comportare in particolare effetti di preclusione, indebolimento della concorrenza o collusione. Il potere di mercato è la capacità di mantenere i prezzi a un livello superiore al livello competitivo o di mantenere la produzione, in termini di quantità, di qualità e di varietà dei prodotti o di innovazione, a un livello inferiore al livello competitivo per un periodo di tempo non trascurabile (19). Il grado di potere di mercato richiesto per stabilire una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è inferiore al grado di potere di mercato richiesto per constatare una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 del trattato.

2.1.   Effetti positivi

(12)

Gli accordi verticali possono produrre effetti positivi, tra cui riduzioni di prezzo, la promozione della concorrenza non basata sui prezzi e il miglioramento della qualità dei servizi. Semplici accordi contrattuali tra un fornitore e un acquirente intesi esclusivamente a stabilire il prezzo e la quantità di una transazione possono spesso dare origine a livelli subottimali di investimenti e vendite, poiché non tengono conto delle esternalità derivanti dalla natura complementare delle attività del fornitore e dei suoi distributori. Tali esternalità rientrano in due categorie: le esternalità verticali e le esternalità orizzontali.

(13)

Le esternalità verticali insorgono a causa del fatto che le decisioni e le azioni adottate a diversi livelli della catena di produzione o di distribuzione determinano aspetti della vendita di beni o servizi, quali il prezzo, la qualità, i servizi correlati e la commercializzazione, che influiscono non solo sull’impresa che prende le decisioni ma anche su altre imprese che operano ad altri livelli della catena di produzione o di distribuzione. Ad esempio un distributore può non trarre tutti i vantaggi derivanti dagli sforzi sostenuti per migliorare le vendite, poiché una parte di tali vantaggi può andare al fornitore. Infatti per ogni unità in più che il distributore vende abbassando il proprio prezzo di rivendita o aumentando i propri sforzi di vendita, il fornitore trae un beneficio se il suo prezzo all’ingrosso supera i suoi costi di produzione marginali. Per il fornitore si tratta di un’esternalità positiva dovuta alle azioni di promozione delle vendite del distributore. Per contro vi possono essere situazioni in cui il fornitore può ritenere, dal suo punto di vista, che il distributore applichi prezzi troppo elevati (20) o compia sforzi di vendita insufficienti o entrambe le cose.

(14)

Le esternalità orizzontali possono insorgere in particolare tra i distributori degli stessi beni o servizi quando un distributore non è in grado di fruire pienamente dei vantaggi derivanti dai propri sforzi di vendita. Ad esempio, il fatto che un distributore fornisca servizi pre-vendita al fine di incentivare la domanda, quali la consulenza personalizzata in relazione a determinati beni o servizi, può comportare un aumento delle vendite da parte dei distributori concorrenti che offrono gli stessi beni o servizi e quindi incentivare i distributori a sfruttare, senza offrire una contropartita, gli onerosi servizi forniti da altri. In un ambiente di distribuzione omnicanale (omnichannel), il fenomeno dello sfruttamento senza contropartita può verificarsi tra canali di vendita online e offline e in entrambe le direzioni (21). Ad esempio, i clienti possono recarsi in un punto vendita non virtuale per esaminare beni o servizi od ottenere altre informazioni utili su cui basare la propria decisione di acquisto, ma poi ordinare il prodotto online da un distributore diverso. Al contrario i clienti possono raccogliere informazioni nella fase di preacquisto da un negozio online e poi recarsi in punto vendita non virtuale, scegliere ed esaminare determinati beni o servizi sulla base di queste informazioni e infine acquistare offline nel punto vendita non virtuale. Quando tale fenomeno di sfruttamento senza contropartita è possibile e il distributore che fornisce i servizi pre-vendita non è in grado di fruire pienamente dei vantaggi di tali servizi, la fornitura di questi servizi pre-vendita rischia di essere subottimale sia in termini di quantità che di qualità.

(15)

In presenza di tali esternalità, i fornitori possono essere incentivati a controllare determinati aspetti delle attività dei loro distributori e viceversa. Gli accordi verticali in particolare possono essere utilizzati per internalizzare tali effetti esterni, aumentare i profitti comuni della catena verticale di fornitura e di distribuzione e in certe circostanze il benessere dei consumatori.

(16)

Benché intendano fornire una panoramica delle varie motivazioni che possono giustificare le restrizioni verticali, i presenti orientamenti non pretendono di essere né completi né esaustivi. Le ragioni che possono giustificare l’applicazione di particolari restrizioni verticali comprendono quanto segue:

(a)

affrontare la questione dell’esternalità verticale. Il fornitore può evitare la fissazione di un prezzo troppo elevato da parte del distributore, che non tiene conto dell’effetto delle sue decisioni sul fornitore, imponendo un prezzo massimo di rivendita al distributore. Analogamente, per aumentare gli sforzi di vendita del distributore, il fornitore può utilizzare la distribuzione selettiva o esclusiva;

(b)

affrontare il problema dello sfruttamento senza contropartita. Lo sfruttamento senza contropartita tra acquirenti può verificarsi a livello di grossisti o dettaglianti, in particolare quando il fornitore non può imporre a tutti gli acquirenti requisiti effettivi in materia di promozione o di servizi. Lo sfruttamento senza contropartita tra acquirenti è possibile solo nei servizi pre-vendita e in altre attività promozionali, ma non nei servizi post-vendita che il distributore può addebitare ai propri clienti a livello individuale. Gli sforzi di pre-vendita nell’ambito dei quali è possibile che si verifichino fenomeni di sfruttamento senza contropartita possono essere importanti, ad esempio, quando i beni o servizi sono relativamente nuovi, tecnicamente complessi o di valore elevato, o quando la reputazione dei beni o dei servizi è un fattore determinante della domanda (22). Le restrizioni nei sistemi di distribuzione esclusiva o selettiva, o altre restrizioni, possono essere utili per evitare o ridurre tali fenomeni. Tali pratiche possono verificarsi anche tra fornitori, ad esempio quando un produttore investe in attività di promozione presso i punti vendita dell’acquirente, facendo sì che anche i suoi concorrenti beneficino della clientela che questi sforzi fanno affluire nei negozi. Restrizioni del tipo «obbligo di non concorrenza» possono contribuire a risolvere il problema dello sfruttamento senza contropartite tra fornitori (23);

(c)

aprire o accedere a nuovi mercati. Qualora un fornitore intenda entrare in un nuovo mercato geografico, ad esempio esportando in un altro paese, il distributore dovrà effettuare specifici investimenti irrecuperabili per affermare il marchio sul mercato. Per convincere un distributore locale ad effettuare tali investimenti, potrebbe essere necessario fornire una protezione territoriale in modo tale che il distributore possa recuperare i suoi investimenti. Ciò può giustificare l’imposizione della restrizione ai distributori situati in altri mercati geografici a vendere sul nuovo mercato (cfr. anche i punti (118), (136) e (137)). Si tratta di un caso particolare relativo al problema dei fenomeni di sfruttamento senza contropartita di cui alla lettera b);

(d)

affrontare la questione dello sfruttamento senza contropartita relativo alla certificazione. In certi settori, taluni dettaglianti sono rinomati per vendere esclusivamente prodotti di qualità o prestare servizi di qualità (i cosiddetti «distributori del segmento alto del mercato»). In un tal caso, vendere tramite questi distributori può risultare un fattore essenziale, in particolare per il lancio di un nuovo prodotto. Se non può garantire che la distribuzione dei suoi prodotti sia limitata a tali distributori del segmento alto del mercato, il fornitore corre il rischio di non essere incluso nel listino di tali distributori. In un simile scenario, può essere giustificata l’imposizione della distribuzione esclusiva o selettiva;

(e)

affrontare il problema della rinuncia all’investimento. Può essere necessario che il fornitore o l’acquirente effettui investimenti che riguardano specificamente il rapporto contrattuale (ad esempio in attrezzature o formazioni specifiche) che sono irrecuperabili e hanno un valore scarso o nullo al di fuori dello specifico rapporto verticale. Ad esempio, un fabbricante di componenti potrebbe dover costruire macchinari specifici per soddisfare le esigenze di uno dei suoi clienti, ma può darsi che tali macchinari non siano idonei a essere utilizzati per altri clienti e che sia impossibile rivenderli. In assenza di un accordo, la parte che investe si troverà in una posizione contrattuale debole dopo aver effettuato l’investimento che riguarda specificamente il rapporto contrattuale, in quanto rischia che nelle trattative con il suo partner commerciale quest’ultimo rinunci all’investimento. La minaccia di una rinuncia opportunistica all’investimento può indurre la parte a effettuare investimenti subottimali. Gli accordi verticali possono eliminare la possibilità della rinuncia all’investimento (in particolare quando l’investimento può essere completamente realizzato sulla base di un contratto ed è possibile prevedere tutte le contingenze future) o ridurne la portata. Ad esempio, il problema della rinuncia all’investimento può essere alleviato mediante obblighi di non concorrenza, quantitativi minimi d’acquisto, o l’approvvigionamento esclusivo quando l’investimento che riguarda specificamente il rapporto contrattuale è effettuato dal fornitore, e mediante la distribuzione esclusiva, l’attribuzione esclusiva dei clienti o la fornitura esclusiva quando l’investimento è effettuato dall’acquirente;

(f)

affrontare lo specifico problema della rinuncia all’investimento che può insorgere in caso di trasferimento consistente di know-how. È possibile che il fornitore del know-how voglia evitare che quest’ultimo sia utilizzato dai suoi concorrenti o a loro vantaggio, ad esempio nel franchising. Nella misura in cui il know-how non è facilmente accessibile all’acquirente, è sostanziale ed è indispensabile per l’esecuzione dell’accordo, il trasferimento può giustificare una restrizione del tipo «obbligo di non concorrenza» che in tali casi generalmente non rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;

(g)

realizzare economie di scala nella distribuzione. Per beneficiare di economie di scala e garantirsi pertanto un prezzo al dettaglio inferiore per i propri beni o servizi, il produttore può decidere di concentrarne la rivendita presso un numero limitato di distributori. A tal fine il produttore potrebbe utilizzare la distribuzione esclusiva, l’imposizione di quantitativi minimi d’acquisto, la distribuzione selettiva che comporti un quantitativo minimo d’acquisto o l’approvvigionamento esclusivo;

(h)

garantire uniformità e standardizzazione della qualità. Una restrizione verticale può contribuire a creare o promuovere un’immagine del marchio imponendo ai distributori un certo grado di uniformità e di standardizzazione della qualità. In questo modo è possibile proteggere la reputazione del marchio, aumentare l’attrattiva dei beni e dei servizi in questione per gli utenti finali e aumentare le vendite. Una simile standardizzazione può essere ottenuta, ad esempio, tramite la distribuzione selettiva o il franchising;

(i)

affrontare le imperfezioni del mercato dei capitali. I fornitori di capitali, come le banche e i mercati azionari, possono concedere prestiti in modo subottimale quando dispongono di informazioni imperfette sulla solvibilità del mutuatario o quando vi è una base inadeguata per garantire il prestito. L’acquirente o il fornitore possono disporre di informazioni migliori ed essere in grado, tramite una relazione esclusiva, di ottenere una garanzia aggiuntiva per il loro investimento. Se è il fornitore a concedere il prestito all’acquirente, ciò potrebbe determinare per quest’ultimo l’imposizione di un «obbligo di non concorrenza» o «di quantitativi minimi di acquisto». Se è invece l’acquirente a concedere il prestito al fornitore, ciò potrebbe dar luogo a una restrizione del tipo «fornitura esclusiva» o «imposizione di quantitativi minimi di fornitura» nei confronti del fornitore.

(17)

Le varie restrizioni verticali presentano un grado elevato di fungibilità, per cui un medesimo problema di inefficienza può essere affrontato utilizzando diverse restrizioni verticali. Ad esempio, si potrebbero realizzare economie di scala nella distribuzione utilizzando la distribuzione esclusiva, la distribuzione selettiva, l’imposizione di quantitativi minimi o l’approvvigionamento esclusivo. Gli effetti negativi sulla concorrenza possono tuttavia variare da una restrizione verticale all’altra, un fattore di cui si tiene conto quando si valuta il carattere indispensabile di una restrizione alla luce dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

2.2.   Effetti negativi

(18)

Gli effetti negativi sul mercato che possono derivare da restrizioni verticali e che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza è volto a prevenire sono in particolare i seguenti:

(a)

preclusione anticoncorrenziale del mercato nei confronti di altri fornitori o di altri acquirenti, per mezzo della creazione di barriere all’ingresso o all’espansione;

(b)

indebolimento della concorrenza tra il fornitore e i suoi concorrenti e/o agevolazione della collusione esplicita o tacita tra fornitori concorrenti, spesso denominata riduzione della concorrenza tra marchi;

(c)

indebolimento della concorrenza tra l’acquirente e i suoi concorrenti e/o agevolazione della collusione esplicita o tacita tra acquirenti concorrenti, spesso denominata riduzione della concorrenza all’interno del marchio se riguarda distributori di beni o servizi dello stesso fornitore (24);

(d)

creazione di ostacoli all’integrazione dei mercati, tra cui in particolare limitazioni alla scelta dei consumatori di acquistare beni o servizi nello Stato membro.

(19)

La preclusione del mercato, l’indebolimento della concorrenza e la collusione al livello del fornitore possono danneggiare i consumatori, in particolare:

(a)

aumentando i prezzi applicati agli acquirenti di beni o servizi, il che a sua volta può determinare prezzi al dettaglio più elevati;

(b)

limitando la scelta di beni o servizi;

(c)

abbassando la qualità di beni o servizi;

(d)

riducendo l’innovazione o il servizio al livello del fornitore.

(20)

La preclusione del mercato, l’indebolimento della concorrenza e la collusione al livello del distributore possono danneggiare i consumatori, in particolare:

(a)

aumentando i prezzi al dettaglio di beni o servizi;

(b)

limitando la scelta della combinazione prezzo-servizio e dei formati di distribuzione;

(c)

abbassando la disponibilità e la qualità dei servizi al dettaglio;

(d)

riducendo il livello d’innovazione della distribuzione.

(21)

È improbabile che una riduzione della concorrenza all’interno del marchio (ossia la concorrenza tra i distributori di beni o servizi dello stesso fornitore) determini di per sé effetti negativi per i consumatori se la concorrenza tra marchi (ossia la concorrenza tra i distributori di beni o servizi di fornitori diversi) è forte (25). In particolare nei mercati in cui i singoli dettaglianti distribuiscono il marchio o i marchi di un unico fornitore, una riduzione della concorrenza tra i distributori dello stesso marchio determinerà una riduzione della concorrenza all’interno del marchio tra tali distributori, ma può non avere un effetto negativo sulla concorrenza tra i distributori in generale.

(22)

I potenziali effetti negativi delle restrizioni verticali sono rafforzati quando vari fornitori organizzano nello stesso modo i rapporti commerciali con i propri acquirenti, determinando i cosiddetti effetti cumulativi (26).

3.   ACCORDI VERTICALI CHE NON RIENTRANO DI NORMA NELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 101, PARAGRAFO 1, DEL TRATTATO

3.1.   Assenza di pregiudizio al commercio, accordi di importanza minore e piccole e medie imprese

(23)

Prima di affrontare la questione dell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, della sua applicazione e più in generale della valutazione degli accordi verticali ai sensi dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3, del trattato, è importante ricordare che il regolamento (UE) 2022/720 si applica solo agli accordi che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

(24)

Gli accordi non suscettibili di pregiudicare in modo significativo gli scambi fra Stati membri (assenza di pregiudizio al commercio) o che non restringono sensibilmente il gioco della concorrenza (accordi di importanza minore) non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (27). La Commissione ha fornito orientamenti sul pregiudizio al commercio nelle linee direttrici sul pregiudizio al commercio (28), e sugli accordi di importanza minore nella comunicazione «de minimis» (29). I presenti orientamenti lasciano impregiudicate le linee direttrici sul pregiudizio al commercio e la comunicazione «de minimis», nonché gli eventuali orientamenti futuri della Commissione.

(25)

Le linee direttrici sul pregiudizio al commercio stabiliscono i principi sviluppati dagli organi giurisdizionali dell’Unione per interpretare la nozione di pregiudizio al commercio e indicano quando è improbabile che gli accordi siano suscettibili di pregiudicare in modo significativo gli scambi fra Stati membri. Esse includono una presunzione relativa negativa applicabile a tutti gli accordi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, indipendentemente dalla natura delle restrizioni contenute nell’accordo, applicandosi pertanto anche agli accordi che contengono restrizioni fondamentali (30). In base a tale presunzione, in linea di principio gli accordi verticali non sono in grado di pregiudicare sensibilmente il commercio tra Stati membri quando:

(a)

la quota di mercato aggregata delle parti su qualsiasi mercato rilevante all’interno dell’Unione interessato dagli accordi non supera il 5 %; e

(b)

il fatturato aggregato annuo che il fornitore ha realizzato nell’Unione con i prodotti a cui si applica l’accordo non è superiore a 40 milioni di EUR o, nei casi concernenti accordi conclusi tra un acquirente e diversi fornitori, gli acquisti combinati dell’acquirente dei prodotti a cui si applicano gli accordi non sono superiori a 40 milioni di EUR (31). La Commissione può confutare tale presunzione qualora l’analisi delle caratteristiche dell’accordo e del contesto economico in cui si inserisce dimostri il contrario.

(26)

Come indicato nella comunicazione «de minimis», gli accordi verticali conclusi tra non concorrenti sono in linea generale considerati non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato quando la quota di mercato detenuta da ciascuna parte dell’accordo non supera il 15 % su nessuno dei mercati rilevanti interessati dall’accordo (32). Tale norma generale è soggetta a due eccezioni. In primo luogo, per quanto concerne le restrizioni della concorrenza per oggetto, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato si applica anche se la quota di mercato detenuta da ciascuna parte non supera il 15 % (33). Un accordo idoneo a pregiudicare il commercio tra Stati membri e avente un oggetto anticoncorrenziale può infatti, per sua natura e indipendentemente da qualsiasi effetto concreto, costituire una restrizione sensibile del gioco della concorrenza (34). In secondo luogo, la soglia della quota di mercato del 15 % è ridotta al 5 %, quando sul mercato rilevante la concorrenza risulti limitata dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi. I punti da (257) a (261) riguardano gli effetti cumulativi nel contesto della revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720. La comunicazione «de minimis» chiarisce che in linea generale si ritiene che fornitori o distributori individuali la cui quota di mercato non superi il 5 % non contribuiscano in misura significativa all’effetto cumulativo di preclusione (35).

(27)

Inoltre non si presume che gli accordi verticali conclusi da imprese, di cui almeno una o più detengono una quota di mercato individuale superiore al 15 %, rientrino automaticamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Tali accordi possono comunque non avere un effetto significativo sul commercio fra Stati membri o possono non costituire una restrizione sensibile della concorrenza (36). Essi devono quindi essere valutati nel loro contesto giuridico ed economico. I presenti orientamenti includono i criteri per la valutazione individuale di tali accordi indicati nella sezione 8.

(28)

La Commissione ritiene infine che gli accordi verticali fra piccole e medie imprese («PMI») (37) siano raramente di natura tale da influenzare sensibilmente gli scambi fra Stati membri. La Commissione ritiene inoltre che tali accordi raramente restringano in modo significativo il gioco della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, a meno che non includano restrizioni della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Pertanto gli accordi verticali fra PMI non rientrano di norma nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Nei casi in cui tuttavia tali accordi soddisfino le condizioni per l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, la Commissione in genere si asterrà dall’avviare un procedimento per mancanza di un sufficiente interesse dell’Unione, purché le imprese non occupino, individualmente o congiuntamente, una posizione dominante in una parte sostanziale del mercato interno.

3.2.   Accordi di agenzia commerciale

3.2.1.   Accordi di agenzia commerciale che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato

(29)

Un agente è una persona fisica o giuridica cui viene conferito il potere di negoziare e/o concludere contratti per conto di un’altra persona («il preponente»), in nome proprio o in nome del preponente per l’acquisto di beni o servizi destinati al preponente o la vendita di beni o servizi forniti dal preponente.

(30)

L’articolo 101 del trattato si applica agli accordi tra due o più imprese. In determinate circostanze il rapporto tra un agente e il suo preponente può essere definito come un rapporto in cui l’agente non opera più come un operatore economico indipendente. Questo si applica nei casi in cui l’agente non sostiene rischi finanziari o commerciali significativi in relazione ai contratti conclusi o negoziati per conto del preponente, come spiegato ai punti da (31) a (34) (38). In questo caso l’accordo di agenzia commerciale è escluso, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (39). Poiché si tratta di un’eccezione all’applicabilità generale dell’articolo 101 del trattato agli accordi tra imprese, le condizioni per la qualifica di un accordo come un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato dovrebbero essere interpretate in modo restrittivo. A titolo di esempio, è meno probabile che un accordo di agenzia commerciale sia qualificato come non rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato laddove l’agente negozi e/o concluda contratti per conto di un gran numero di preponenti (40). La qualifica assegnata al loro accordo dalle parti o dalla normativa nazionale non è rilevante ai fini della qualifica di un accordo come non rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

(31)

Vi sono tre tipi di rischi finanziari o commerciali che sono pertinenti per la qualifica di un accordo come un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato:

(a)

i rischi specifici del contratto, direttamente collegati ai contratti conclusi e/o negoziati dall’agente per conto del preponente, come il finanziamento delle scorte;

(b)

i rischi risultanti da investimenti specifici relativi al mercato. Si tratta di investimenti richiesti specificamente dal tipo di attività per la quale l’agente è stato nominato dal preponente, vale a dire quelli richiesti per consentire all’agente di concludere e/o negoziare un tipo specifico di contratto. Tali investimenti non sono solitamente recuperabili, il che significa che, abbandonando quel particolare settore di attività, l’investimento non può essere utilizzato per altre attività o ceduto senza incorrere in una perdita significativa;

(c)

i rischi connessi ad altre attività svolte sullo stesso mercato del prodotto, nella misura in cui il preponente, nell’ambito del rapporto di agenzia, richiede all’agente di svolgere tali attività non in qualità di agente per conto del preponente ma a proprio rischio.

(32)

Un accordo sarà considerato un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato se l’agente non sostiene nessuno dei tipi di rischio elencati al punto (31), o se li sostiene solo in misura trascurabile. Il livello di significatività di tali rischi assunti dall’agente va generalmente valutato in termini di remunerazione dell’agente per la prestazione di servizi d’agenzia, ad esempio la sua provvigione, anziché con riferimento alle entrate generate dalla vendita di beni o servizi a cui si applica l’accordo di agenzia commerciale. I rischi connessi all’attività di prestazione di servizi d’agenzia in via generale, come il rischio che il reddito di un agente sia legato ai risultati della sua attività di agente, o gli investimenti generali in locali o personale che potrebbero essere utilizzati per qualsiasi tipo di attività, non sono tuttavia rilevanti ai fini della valutazione.

(33)

Alla luce di quanto precede, un accordo di norma sarà considerato un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato nei casi in cui si applicano tutte le condizioni seguenti:

(a)

l’agente non acquisisce la proprietà dei beni acquistati o venduti in base all’accordo di agenzia commerciale e non fornisce egli stesso i servizi acquistati o venduti in base a tale accordo. Il fatto che l’agente possa acquisire temporaneamente, per un brevissimo periodo, la proprietà dei beni oggetto del contratto pur vendendoli per conto del preponente non preclude l’esistenza di un contratto di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, purché l’agente non sostenga alcun costo o rischio in relazione al trasferimento di proprietà;

(b)

l’agente non concorre alle spese connesse alla fornitura o all’acquisto di beni o servizi oggetto del contratto, inclusi i costi del trasporto dei beni. Ciò non impedisce all’agente di prestare il servizio di trasporto, a condizione che i costi siano sostenuti dal preponente;

(c)

l’agente non mantiene, a proprio costo o rischio, scorte dei beni oggetto del contratto, inclusi i costi di finanziamento delle scorte e della perdita delle stesse. L’agente dovrebbe essere in grado di restituire i beni invenduti al preponente senza pagamento di un contributo, salvo in caso di colpa dell’agente, ad esempio per non aver adottato ragionevoli misure di sicurezza o antifurto al fine di evitare la perdita delle scorte;

(d)

l’agente non assume responsabilità in caso di inadempimento del contratto da parte dei clienti, ad eccezione della perdita della provvigione, salvo in caso di colpa dell’agente (ad esempio per non aver adottato ragionevoli misure di sicurezza o antifurto, ovvero per aver omesso di prendere i ragionevoli provvedimenti per denunciare il furto al preponente o alla polizia, o per non aver comunicato al preponente tutte le necessarie informazioni disponibili in merito all’affidabilità finanziaria del cliente);

(e)

l’agente non assume responsabilità nei confronti di clienti o terzi per perdite o danni derivanti dalla fornitura dei beni o servizi oggetto del contratto, salvo in caso di colpa dell’agente;

(f)

l’agente non è direttamente o indirettamente obbligato a effettuare investimenti nella promozione delle vendite, anche attraverso contributi ai budget pubblicitari del preponente o ad attività pubblicitarie o promozionali relative in particolare ai beni o servizi oggetto del contratto, a meno che tali costi non siano integralmente rimborsati dal preponente;

(g)

l’agente non effettua investimenti specifici relativi al mercato che riguardano attrezzature, locali, formazione del personale o attività pubblicitarie, ad esempio la cisterna di benzina nel caso della vendita di carburante, i software specifici per la vendita di prodotti assicurativi nel caso di agenti di assicurazioni o le attività pubblicitarie relative alle rotte o alle destinazioni nel caso di agenti di viaggio che vendono voli o sistemazioni alberghiere, a meno che tali costi non siano integralmente rimborsati dal preponente;

(h)

l’agente non svolge altre attività nel medesimo mercato del prodotto richiesto dal preponente nell’ambito del rapporto di agenzia (ad esempio la consegna dei beni), a meno che tali attività non siano integralmente rimborsate dal preponente.

(34)

L’elenco di cui al punto (33) non è esaustivo, ma qualora l’agente sostenga uno o più dei rischi o costi di cui ai punti (31), (32) e (33) dei presenti orientamenti, l’accordo tra agente e preponente non sarà considerato un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (41). La questione relativa al rischio deve essere valutata caso per caso, tenendo conto della realtà economica della situazione più che della forma giuridica dell’accordo. Per motivi pratici, l’analisi dei rischi può iniziare con la valutazione dei rischi specifici del contratto. Se l’agente sostiene rischi specifici del contratto non significativi, questo sarà sufficiente per concludere che l’agente è un distributore indipendente. Se l’agente non assume rischi specifici del contratto, sarà necessario continuare l’analisi valutando i rischi relativi a investimenti specifici relativi al mercato. Infine, se l’agente non assume i rischi specifici che riguardano il contratto o i rischi che riguardano gli investimenti specifici relativi al mercato, potrebbe essere necessario prendere in esame i rischi relativi ad altre attività richieste, nell’ambito del rapporto di agenzia, all’interno del medesimo mercato del prodotto.

(35)

Un preponente può utilizzare vari metodi per coprire i rischi e i costi pertinenti, purché tali metodi garantiscano che l’agente non sostenga nessuno dei rischi significativi illustrati nei punti (31), (32) e (33). Ad esempio, un preponente può decidere di rimborsare l’importo preciso dei costi sostenuti, può coprire i costi con una somma forfettaria fissa o può pagare all’agente una percentuale fissa sulle entrate derivanti dalla vendita dei beni o dei servizi nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale. Per garantire la copertura di tutti i rischi e costi pertinenti, il metodo adottato dal preponente dovrebbe consentire all’agente di operare facilmente una distinzione tra l’importo o gli importi destinati a coprire i rischi e i costi pertinenti e qualsiasi altro importo pagato all’agente, ad esempio a titolo di remunerazione per la prestazione di servizi d’agenzia. Altrimenti l’agente può non essere in grado di verificare se il metodo scelto dal preponente copre i suoi costi. Può rendersi necessaria anche la definizione di un metodo semplice che consenta all’agente di dichiarare e richiedere il rimborso di qualsiasi costo sostenuto che superi la somma forfettaria concordata o la percentuale fissa. Il preponente potrebbe inoltre avere la necessità di controllare sistematicamente qualsiasi variazione dei costi pertinenti e di adeguare la somma forfettaria o la percentuale fissa di conseguenza. Se i costi pertinenti sono rimborsati con una percentuale sul prezzo dei prodotti venduti nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale, il preponente dovrebbe anche tener conto del fatto che l’agente può sostenere costi pertinenti relativi a investimenti specifici per il mercato, anche laddove le vendite siano limitate o pari a zero per un certo periodo di tempo. Tali costi devono essere rimborsati dal preponente.

(36)

Un distributore indipendente di alcuni beni o servizi di un fornitore può anche operare come agente di altri beni o servizi per conto dello stesso fornitore, a condizione che si possano delineare in modo efficace le attività e i rischi oggetto dall’accordo di agenzia commerciale, ad esempio perché si tratta di beni o servizi che presentano funzionalità aggiuntive o nuove caratteristiche. Affinché l’accordo sia qualificato come un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, il distributore indipendente deve essere realmente libero di stipulare l’accordo di agenzia commerciale (ad esempio il rapporto di agenzia non deve essere di fatto imposto dal preponente ricorrendo alla minaccia di porre fine al rapporto di distribuzione o peggiorarne le condizioni). Allo stesso modo, il preponente non deve imporre direttamente o indirettamente all’agente un’attività di distributore indipendente, a meno che tale attività non sia integralmente rimborsata dal preponente, come indicato al punto (33), lettera h). Come menzionato inoltre ai punti (31), (32) e (33), tutti i rischi pertinenti legati alla vendita di beni o servizi oggetto dell’accordo di agenzia commerciale, compresi gli investimenti specifici relativi al mercato, devono essere sostenuti dal preponente.

(37)

Nei casi in cui un agente svolga a proprio rischio altre attività per lo stesso fornitore che non siano richieste da tale fornitore, gli obblighi imposti all’agente per l’attività di agenzia potrebbero influire sui suoi incentivi e limitare la sua indipendenza decisionale nel vendere i prodotti nell’ambito dell’attività svolta in modo indipendente. In particolare esiste la possibilità che la politica dei prezzi del preponente relativamente ai prodotti venduti nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale influenzi gli incentivi che inducono l’agente/il distributore a fissare indipendentemente i prezzi dei prodotti che vende come distributore indipendente. La combinazione di agenzia e distribuzione indipendente per lo stesso fornitore inoltre crea difficoltà nel distinguere tra gli investimenti e i costi che si riferiscono alle attività di agenzia, compresi gli investimenti specifici relativi al mercato, e quelli che si riferiscono esclusivamente all’attività svolta in modo indipendente. In tali casi la valutazione per determinare se un rapporto di agenzia soddisfi le condizioni di cui ai punti da (30) a (33) può quindi risultare particolarmente complessa (42).

(38)

I problemi descritti al punto (37) sono più probabili se l’agente svolge altre attività in qualità di distributore indipendente per lo stesso preponente nel medesimo mercato rilevante. Per contro, è meno probabile che tali problemi si presentino se le altre attività che l’agente svolge come distributore indipendente riguardano un mercato rilevante diverso (43). Più in generale, meno intercambiabili sono i prodotti venduti nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale e i prodotti venduti nell’ambito dell’attività indipendente dell’agente, meno è probabile che si verifichino tali problemi. Se le eventuali differenze oggettive in termini di caratteristiche dei prodotti (ad esempio, qualità superiori, caratteristiche nuove o funzioni aggiuntive) sono trascurabili, può risultare più difficile distinguere tra i due tipi di attività svolte dall’agente; in tal caso, può sussistere un rischio significativo che l’agente sia influenzato dai termini dell’accordo di agenzia commerciale, in particolare per quanto riguarda la determinazione dei prezzi, per i prodotti che distribuisce in modo indipendente.

(39)

Per identificare quali investimenti specifici relativi al mercato debbano essere rimborsati al momento della stipula di un accordo di agenzia commerciale con un proprio distributore indipendente che opera già sul mercato rilevante, il preponente dovrebbe considerare la situazione ipotetica di un agente che non è ancora attivo sul mercato rilevante al fine di valutare quali investimenti siano pertinenti per il tipo di attività per cui l’agente è nominato. Il preponente dovrebbe coprire gli investimenti specifici relativi al mercato che sono necessari per operare nel mercato rilevante, ivi compresi gli investimenti che riguardano anche prodotti differenziati distribuiti al di fuori dell’ambito di applicazione dell’accordo di agenzia commerciale ma non sono esclusivamente correlati alla vendita di tali prodotti differenziati. Gli unici investimenti specifici relativi al mercato che il preponente non dovrebbe coprire sul mercato rilevante sarebbero quelli che si riferiscono esclusivamente alla vendita di prodotti differenziati che non sono venduti nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale ma distribuiti in modo indipendente. L’agente infatti, per operare sul mercato, sosterrebbe tutti i costi specifici relativi al mercato, ma non sosterrebbe i costi specifici relativi al mercato che riguardano esclusivamente la vendita dei prodotti differenziati se non agisse anche come distributore indipendente di tali prodotti (purché l’agente possa operare sul mercato rilevante senza vendere i prodotti differenziati in questione). Nella misura in cui gli investimenti in questione (ad esempio investimenti in attrezzature specifiche per l’attività) sono già stati ammortizzati, il rimborso può essere adeguato in modo proporzionale. Analogamente, il rimborso può essere adeguato anche se gli investimenti specifici relativi al mercato effettuati dai distributori indipendenti superano in misura significativa gli investimenti specifici relativi al mercato che sono necessari per consentire a un agente di cominciare a operare sul mercato rilevante in conseguenza della sua attività di distributore indipendente.

(40)

Esempio di come si possano imputare i costi nel caso di un distributore che opera anche come agente di determinati prodotti per conto dello stesso fornitore.

I prodotti A, B e C sono generalmente venduti dallo stesso distributore o dagli stessi distributori. I prodotti A e B appartengono al medesimo mercato geografico e del prodotto, ma sono differenziati e presentano caratteristiche oggettivamente diverse. Il prodotto C appartiene a un diverso mercato del prodotto.

Un fornitore che generalmente distribuisce i suoi prodotti tramite distributori indipendenti intende utilizzare un accordo di agenzia commerciale per la distribuzione del suo prodotto A, che presenta una nuova funzionalità, e lo propone ai suoi distributori indipendenti (per il prodotto B) che operano nel medesimo mercato geografico e del prodotto, senza obbligarli de iure o de facto a concludere tale accordo.

Affinché l’accordo di agenzia commerciale non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e soddisfi le condizioni dei punti da (30) a (33), il preponente deve coprire tutti gli investimenti relativi all’attività di vendita di ciascuno dei prodotti A e B (e non solo del prodotto A) poiché appartengono entrambi al medesimo mercato geografico e del prodotto. Ad esempio, i costi sostenuti per adattare o arredare un punto vendita al fine di esporre e vendere i prodotti A e B sono probabilmente specifici per il mercato. Analogamente, possono essere specifici per il mercato i costi della formazione del personale addetto alla vendita dei prodotti A e B e i costi relativi alle attrezzature specifiche necessarie per la conservazione di tali prodotti. Tali investimenti pertinenti, necessari generalmente affinché un agente entri sul mercato e inizi a vendere i prodotti A e B, dovrebbero essere sostenuti dal preponente, anche se l’agente in questione opera già nel mercato rilevante in qualità di distributore indipendente.

Il preponente non dovrebbe invece coprire gli investimenti relativi alla vendita del prodotto C, che non appartiene al medesimo mercato dei prodotti A e B. Inoltre, nel caso in cui la vendita del prodotto B richieda investimenti specifici che non sono necessari per la vendita del prodotto A, ad esempio investimenti in attrezzature o formazioni del personale specifiche, tali investimenti non sarebbero pertinenti e non dovrebbero quindi essere coperti dal preponente, purché un distributore possa operare sul mercato rilevante che comprende i prodotti A e B vendendo solo il prodotto A.

Per quanto riguarda la pubblicità, gli investimenti pubblicitari nel punto vendita dell’agente in quanto tale, anziché un’attività pubblicitaria specifica per il prodotto A, andrebbero a vantaggio sia del punto vendita dell’agente in generale sia delle vendite dei prodotti A, B e C, sebbene solo il prodotto A sia venduto nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale. Tali costi sarebbero quindi in parte pertinenti ai fini della valutazione dell’accordo di agenzia commerciale, nella misura in cui si riferiscono alla vendita del prodotto A effettuata nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale. Il costo di una campagna pubblicitaria relativa esclusivamente ai prodotti B o C non sarebbe invece pertinente e non dovrebbe quindi essere sostenuto dal preponente, purché un distributore possa operare sul mercato rilevante vendendo solo il prodotto A.

I medesimi principi si applicano agli investimenti in un sito web o in un negozio online, dato che una parte di tali investimenti non sarebbe pertinente poiché dovrebbe essere effettuata indipendentemente dai prodotti venduti nell’ambito dell’accordo di agenzia commerciale. Il preponente quindi non dovrebbe rimborsare gli investimenti generali nella progettazione del sito web dell’agente, nella misura in cui lo stesso sito web possa essere utilizzato per vendere prodotti diversi da quelli appartenenti al mercato del prodotto rilevante (ad esempio, il prodotto C o, più in generale, prodotti diversi da A e B). Sarebbero invece pertinenti gli investimenti legati all’attività di vendita o pubblicità sul sito web di prodotti appartenenti al mercato del prodotto rilevante, ossia entrambi i prodotti A e B. Quindi, in funzione del livello di investimento richiesto per pubblicizzare e vendere i prodotti A e B sul sito web, il preponente dovrebbe coprire parte dei costi di realizzazione e/o gestione del sito web o del negozio online. Qualsiasi investimento specifico per la pubblicità o la vendita del prodotto B non dovrebbe essere coperto, purché un distributore possa operare sul mercato rilevante vendendo solo il prodotto A.

3.2.2.   L’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato agli accordi di agenzia commerciale

(41)

Se un accordo soddisfa le condizioni per essere qualificato come accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, le funzioni di vendita o di acquisto dell’agente fanno parte delle attività del preponente. Poiché il preponente assume i rischi, sia finanziari che commerciali, connessi alla vendita o all’acquisto dei beni o servizi oggetto del contratto, tutti gli obblighi imposti all’agente in relazione ai contratti conclusi e/o negoziati per conto del preponente non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. L’assunzione da parte dell’agente degli obblighi elencati in questo punto è considerata parte integrante di un accordo di agenzia commerciale, poiché essi riguardano la facoltà del preponente di stabilire la sfera delle attività dell’agente in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto. Tale elemento è essenziale se è il preponente che si assumerà i rischi in relazione ai contratti conclusi e/o negoziati dall’agente per conto del preponente. Pertanto il preponente è in grado di determinare la strategia commerciale in relazione:

(a)

alle limitazioni riguardanti il territorio in cui l’agente può vendere i beni o servizi oggetto del contratto;

(b)

alle limitazioni riguardanti i clienti ai quali l’agente può vendere i beni o servizi oggetto del contratto;

(c)

al prezzo e alle condizioni a cui l’agente deve vendere o comprare i beni o servizi oggetto del contratto.

(42)

Per contro, qualora l’agente assuma uno o più rischi pertinenti illustrati ai punti (31), (32) e (33), l’accordo tra l’agente ed il preponente non costituisce un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. In tal caso l’agente sarà trattato alla stregua di un’impresa indipendente e l’accordo tra l’agente e il preponente sarà soggetto all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, come qualsiasi altro accordo verticale. Per tale ragione l’articolo 1, paragrafo 1, lettera k), del regolamento (UE) 2022/720 chiarisce che per acquirente si intende un’impresa che, sulla base di un accordo rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, vende beni o servizi per conto di un’altra impresa.

(43)

Anche se l’agente non sostiene nessuno dei rischi significativi descritti nei punti (31), (32) e (33), rimane un’impresa separata rispetto al preponente e quindi le disposizioni che disciplinano i rapporti tra l’agente e il preponente possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, indipendentemente dal fatto che rientrino nell’accordo che disciplina la vendita o l’acquisto di prodotti o servizi o in un accordo separato. Tali disposizioni possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, purché le condizioni del regolamento siano soddisfatte. Al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, tali disposizioni richiedono una valutazione individuale ai sensi dell’articolo 101 del trattato, come descritto nella sezione 8.1, in particolare per stabilire se producano effetti restrittivi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e, in tal caso, se soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Ad esempio, gli accordi di agenzia commerciale possono ostare a che il preponente designi altri agenti per un dato tipo di transazione, per un dato cliente o territorio (clausole di agenzia in esclusiva), o possono ostare a che l’agente operi come agente o distributore di imprese in concorrenza con il preponente (clausole di «monomarchismo»). Le clausole di agenzia in esclusiva non producono in genere effetti anticoncorrenziali. Le clausole di «monomarchismo» e quelle che si estendono al di là della durata dell’accordo, che riguardano la concorrenza tra marchi, possono tuttavia limitare la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato se, isolatamente o mediante effetti cumulativi, determinano la preclusione del mercato rilevante nel quale i beni o servizi oggetto del contratto sono venduti o acquistati (cfr. in particolare le sezioni 6.2.2 e 8.2.1).

(44)

Un accordo di agenzia commerciale può inoltre rientrare nell’ambito d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato anche nel caso in cui il preponente sopporti tutti i rischi finanziari e commerciali pertinenti, quando l’accordo agevola comportamenti collusivi. Potrebbe, ad esempio, trattarsi del caso in cui un gruppo di preponenti utilizza gli stessi agenti, impedendo al tempo stesso collettivamente ad altri preponenti di avvalersene a loro volta, ovvero utilizza gli agenti per porre in essere pratiche collusive relative alla strategia commerciale o ai fini di uno scambio di informazioni sensibili relative al mercato.

(45)

Nel caso di un distributore indipendente che opera anche come agente di alcuni beni o servizi per conto dello stesso fornitore, il rispetto dei requisiti di cui ai punti da (36) a (39) deve essere valutato rigorosamente. In tal modo si eviterà un uso improprio del modello di agenzia nei casi in cui il fornitore non operi effettivamente al livello del commercio al dettaglio tramite l’accordo di agenzia commerciale, prendendo tutte le relative decisioni commerciali e assumendo tutti i rischi correlati in conformità dei principi di cui ai punti da (30) a (33), ma anzi utilizzi il modello di agenzia come strumento per controllare i prezzi al dettaglio per i prodotti che consentono di ottenere margini di rivendita elevati. Dal momento che l’imposizione dei prezzi di rivendita è una restrizione fondamentale a norma dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720, come indicato nella sezione 6.1.1, e una restrizione per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, il rapporto di agenzia non dovrebbe essere utilizzato in modo improprio dai fornitori per eludere l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

3.2.3.   L’agenzia e l’economia delle piattaforme online

(46)

Gli accordi stipulati dalle imprese operanti nell’economia delle piattaforme online in genere non soddisfano le condizioni per essere qualificati come accordi di agenzia commerciale che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Tali imprese operano in genere come operatori economici indipendenti e non come parte delle imprese a cui forniscono servizi. In particolare, le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online spesso offrono i propri servizi a un numero molto elevato di venditori, il che impedisce loro di diventare effettivamente parte dell’impresa di uno o dell’altro venditore. I significativi effetti di rete e altre caratteristiche dell’economia delle piattaforme online inoltre possono contribuire a creare uno squilibrio significativo a livello delle dimensioni e del potere contrattuale delle parti contraenti. Questo può creare una situazione in cui le condizioni di vendita dei beni o dei servizi e la strategia commerciale sono determinate dall’impresa operante nell’economia delle piattaforme online piuttosto che dai venditori dei beni o servizi. Inoltre le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online in genere effettuano cospicui investimenti specifici relativi al mercato, ad esempio in software, servizi pubblicitari e post-vendita, i quali indicano che tali imprese sostengono significativi rischi finanziari o commerciali associati alle transazioni per le quali fungono da intermediari.

3.3.   Accordi di subfornitura

(47)

La comunicazione sulla subfornitura (44) definisce gli accordi di subfornitura come contratti, che siano conclusi o non in seguito a un ordine di un terzo, in base ai quali un’impresa detta «committente» incarica, impartendo proprie direttive, un’altra impresa, il «subfornitore», di fabbricare prodotti, fornire servizi o eseguire lavori destinati al committente o eseguiti per conto di questi. Di norma, gli accordi di subfornitura non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. La comunicazione sulla subfornitura include ulteriori orientamenti in merito all’applicazione di questa norma generale. In particolare, la comunicazione sulla subfornitura afferma che l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica a clausole che limitano l’utilizzo dei dati tecnici o delle attrezzature forniti dal committente a un subfornitore, a condizione che tali dati tecnici o attrezzature siano necessari per consentire al subfornitore di fabbricare i prodotti in questione (45). La comunicazione sulla subfornitura chiarisce inoltre l’ambito di applicazione di tale norma generale e, in particolare, che altre restrizioni imposte al subfornitore possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 del trattato, come l’obbligo a carico del subfornitore di non effettuare o sfruttare la propria attività di ricerca e sviluppo o in generale di non produrre per terzi (46).

4.   AMBITO DI APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO (UE) 2022/720

4.1.   La «zona di sicurezza» istituita dal regolamento (UE) 2022/720

(48)

L’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 istituisce una «zona di sicurezza» per gli accordi verticali ai sensi del regolamento, a condizione che le quote di mercato detenute dal fornitore e dall’acquirente nei mercati rilevanti non superino le soglie di cui all’articolo 3 del regolamento (cfr. la sezione 5.2.) e l’accordo non includa alcuna delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 del regolamento (cfr. la sezione 6.1) (47). La «zona di sicurezza» si applica fintantoché il beneficio dell’esenzione per categoria non sia stato revocato in uno specifico caso dalla Commissione o da un’autorità nazionale garante della concorrenza ai sensi dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 (cfr. la sezione 7.1). Il fatto che un accordo verticale non rientri nella «zona di sicurezza» non significa che tale accordo rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o che non soddisfi le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(49)

Nel caso in cui un fornitore utilizzi lo stesso accordo verticale per distribuire diversi tipi di beni o servizi, in virtù dell’applicazione delle soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 l’esenzione prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento può applicarsi ad alcuni beni o servizi ma non ad altri. Per quanto riguarda i beni o servizi ai quali non si applica l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento, è richiesta una valutazione individuale ai sensi dell’articolo 101 del trattato.

4.2.   Definizione di accordo verticale

(50)

L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato riguarda gli accordi tra imprese e non distingue tra imprese che operano allo stesso livello o a livelli diversi della catena di produzione o di distribuzione. L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato si applica pertanto sia agli accordi orizzontali sia agli accordi verticali (48).

(51)

A norma del potere conferito alla Commissione dall’articolo 1 del regolamento n. 19/65/CEE di dichiarare mediante regolamento che l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 definisce gli accordi verticali come «accordi o pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo o della pratica concordata, a un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi» (49).

4.2.1.   Il comportamento unilaterale non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720

(52)

Il regolamento (UE) 2022/720 non si applica al comportamento unilaterale delle imprese, che tuttavia può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 102 del trattato, che vieta l’abuso di una posizione dominante (50).

(53)

Il regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi verticali. Perché vi sia un accordo ai sensi dell’articolo 101 del trattato, è sufficiente che le parti abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in una determinata maniera (un cosiddetto concorso di volontà). Il modo di manifestarsi di tale concorso di volontà non è rilevante, purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse (51).

(54)

Nel caso non vi sia un accordo esplicito che esprima il concorso di volontà, la parte o l’autorità che invoca una violazione dell’articolo 101 del trattato deve dimostrare che la politica unilaterale di una parte è oggetto di assenso da parte dell’altra. Per quanto riguarda gli accordi verticali, l’assenso rispetto ad una specifica politica unilaterale può essere esplicito o tacito:

(a)

l’assenso esplicito può essere dedotto dai poteri attribuiti alle parti in un accordo generale redatto in precedenza. Se i termini di tale accordo prevedono che in un secondo momento una parte possa adottare o sia autorizzata ad adottare una politica unilaterale specifica, vincolante per l’altra parte, l’assenso dell’altra parte rispetto a tale politica può essere stabilito su tale base (52);

(b)

per l’assenso tacito è necessario dimostrare che una parte ha richiesto esplicitamente o implicitamente la cooperazione dell’altra per attuare la propria politica unilaterale e che l’altra parte ha soddisfatto questa esigenza realizzando tale politica unilaterale nella pratica (53). Se, ad esempio, dopo l’annuncio di un fornitore di una riduzione unilaterale di fornitura per impedire il commercio parallelo, i distributori riducono immediatamente i propri ordini e smettono di operare nel commercio parallelo, si può concludere che tali distributori acconsentono tacitamente alla politica unilaterale del fornitore. Non si potrebbe tuttavia giungere a tale conclusione se i distributori continuassero a operare nel commercio parallelo o a cercare nuovi modi per farlo.

(55)

Alla luce di quanto precede, l’imposizione di termini e condizioni generali di una parte equivale a un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, se tali termini e condizioni sono stati oggetto di assenso esplicito o tacito dell’altra parte (54).

4.2.2.   Le imprese operano a diversi livelli della catena di produzione o di distribuzione

(56)

Il regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi tra due o più imprese, indipendentemente dal loro modello aziendale. Il regolamento non si applica agli accordi conclusi con persone fisiche che agiscono per fini che esulano dalla loro attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, in quanto tali persone non sono imprese.

(57)

Per qualificarsi come accordo verticale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, un accordo deve essere concluso fra imprese operanti, ai fini dell’accordo, a livelli diversi della catena di produzione o di distribuzione. Ad esempio, sussiste un accordo verticale quando una delle imprese produce materie prime o fornisce un servizio e li vende a un’altra impresa che li utilizza come fattori produttivi (input), o quando un produttore vende un prodotto a un grossista che lo rivende a un dettagliante. Allo stesso modo, sussiste un accordo verticale quando un’impresa vende beni o servizi a un’altra impresa che è l’utente finale di tali beni o servizi.

(58)

Poiché la definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 si riferisce alle finalità dello specifico accordo, il fatto che un’impresa parte contraente dell’accordo operi a più di un livello della catena di produzione o di distribuzione non esclude l’applicazione del regolamento (UE) 2022/720. Nel caso di un accordo verticale concluso tra imprese concorrenti tuttavia il regolamento (UE) 2022/720 non si applica, salvo che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento (cfr. le sezioni 4.4.3 e 4.4.4).

4.2.3.   L’accordo riguarda l’acquisto, la vendita o la rivendita di beni o servizi

(59)

Per qualificarsi come accordo verticale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, l’accordo deve riferirsi alle condizioni in base alle quali le parti «possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi». Conformemente alla finalità dei regolamenti di esenzione per categoria di garantire la certezza del diritto, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 deve essere interpretato in modo ampio, nel senso che si applica a tutti gli accordi verticali, indipendentemente dal fatto che riguardino beni o servizi intermedi o finali. Ai fini dell’applicazione del regolamento a un particolare accordo, sia i beni o servizi forniti sia, nel caso di beni o servizi intermedi, i beni o servizi finali derivati sono considerati beni o servizi oggetto del contratto.

(60)

Gli accordi verticali nell’economia delle piattaforme online, compresi quelli conclusi dai fornitori di servizi di intermediazione online di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720. Nel caso di accordi verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online, sia i servizi di intermediazione online sia i beni o servizi oggetto di transazioni tramite i servizi di intermediazione online sono considerati beni o servizi oggetto del contratto ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720 all’accordo.

(61)

Il regolamento (UE) 2022/720 non si applica alle restrizioni verticali che non si riferiscono alle condizioni alle quali i beni o servizi possono essere acquistati, venduti o rivenduti. Tali restrizioni devono pertanto essere valutate individualmente, in particolare per stabilire se rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e, in tal caso, se soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Ad esempio, il regolamento (UE) 2022/720 non si applica a un divieto fatto alle parti di svolgere indipendentemente attività di ricerca e sviluppo, anche se le parti possono averlo incluso nel proprio accordo verticale. Un altro esempio riguarda gli accordi di locazione e di leasing. Benché il regolamento (UE) 2022/720 si applichi agli accordi per la vendita e l’acquisto di beni a fini di locazione a terzi, gli accordi di locazione e di leasing in quanto tali non sono coperti dal regolamento, poiché in tal caso non sussiste una vendita né un acquisto di beni.

4.3.   Accordi verticali nell’economia delle piattaforme online

(62)

Le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online svolgono un ruolo sempre più importante nella distribuzione di beni e servizi e consentono di attuare nuovi modi di fare impresa, alcuni dei quali non sono facili da classificare utilizzando i concetti applicati agli accordi verticali nell’ambiente non virtuale.

(63)

Le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online sono spesso qualificate come agenti nel diritto contrattuale o commerciale. Tale qualifica tuttavia non è rilevante ai fini della qualifica degli accordi come non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (55). Gli accordi verticali stipulati dalle imprese operanti nell’economia delle piattaforme online saranno considerati accordi di agenzia che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato solo se soddisfano le condizioni di cui alla sezione 3.2. A causa dei fattori citati nella sezione 3.2.3, tali condizioni in genere non sono soddisfatte nel caso degli accordi stipulati da imprese operanti nell’economia delle piattaforme online.

(64)

Se un accordo verticale stipulato da un’impresa operante nell’economia delle piattaforme online non rispetta le condizioni per essere considerato un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, è necessario considerare se l’accordo si riferisce alla prestazione di servizi di intermediazione online. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720 definisce i servizi di intermediazione online come servizi della società dell’informazione (56) che consentono alle imprese di offrire beni o servizi ad altre imprese o ai consumatori finali, con l’obiettivo di facilitare l’avvio di transazioni dirette tra imprese o tra un’impresa e un consumatore finale, a prescindere da dove sono concluse le transazioni e dal fatto che siano effettivamente concluse o meno (57). Tra gli esempi di servizi di intermediazione online possono figurare i mercati di commercio elettronico, gli app store, i servizi di comparazione dei prezzi e i servizi di social media utilizzati dalle imprese.

(65)

Per qualificarsi come fornitore di servizi di intermediazione online, un’impresa deve facilitare l’avvio di transazioni dirette tra altre due parti. In linea di principio, le funzioni svolte dall’impresa devono essere valutate separatamente per ciascun accordo verticale stipulato dall’impresa, in particolare perché le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online spesso applicano modelli aziendali diversi in settori diversi o persino all’interno dello stesso settore. A titolo di esempio, oltre a fornire servizi di intermediazione online, tali imprese possono acquistare e rivendere beni o servizi, in alcuni casi svolgendo entrambe le funzioni nei confronti di un’unica controparte.

(66)

Il fatto che un’impresa riscuota pagamenti per le transazioni oggetto della sua intermediazione, oppure che offra servizi accessori in aggiunta ai servizi di intermediazione, ad esempio servizi pubblicitari, servizi di rating, assicurazioni o garanzie contro danni, non osta a che essa possa essere classificata come fornitore di servizi di intermediazione online (58).

(67)

Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720, le imprese che sono parti di accordi verticali sono classificate come fornitori o acquirenti. A norma dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento, un’impresa che fornisce servizi di intermediazione online ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del regolamento è classificata come fornitore in relazione a tali servizi e un’impresa che offre o vende beni o servizi tramite i servizi di intermediazione online è classificata come acquirente in relazione a tali servizi di intermediazione online, indipendentemente dal fatto che paghi o meno per utilizzare i servizi di intermediazione online (59). con le conseguenze di seguito indicate per l’applicazione del regolamento (UE) 2022/720:

(a)

l’impresa che fornisce i servizi di intermediazione online non può essere classificata come acquirente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera k), del regolamento in relazione ai beni o servizi offerti da terzi avvalendosi di tali servizi di intermediazione online;

(b)

ai fini dell’applicazione delle soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento, la quota di mercato dell’impresa che fornisce i servizi di intermediazione online è calcolata sulla base del mercato rilevante per la fornitura di tali servizi. La portata del mercato rilevante dipende dalle circostanze, in particolare dal grado di fungibilità tra servizi di intermediazione online e offline, tra servizi di intermediazione utilizzati per categorie diverse di beni o servizi e tra servizi di intermediazione e canali di vendita diretta;

(c)

le restrizioni imposte dall’impresa che fornisce i servizi di intermediazione online agli acquirenti di tali servizi relativamente al prezzo, ai territori o ai clienti ai quali o nei quali i beni o servizi oggetto dell’intermediazione possono essere venduti, ivi comprese restrizioni relative alla pubblicità e alla vendita online, sono soggette alle disposizioni dell’articolo 4 del regolamento (restrizioni fondamentali). A titolo di esempio, a norma dell’articolo 4, lettera a), del regolamento, l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento non si applica a un accordo a norma del quale un fornitore di servizi di intermediazione online impone un prezzo di vendita fisso o minimo per una transazione da esso agevolata;

(d)

a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del regolamento, l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento non si applica agli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme imposti dall’impresa che fornisce i servizi di intermediazione online agli acquirenti di tali servizi;

(e)

a norma dell’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento, l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento non si applica agli accordi relativi alla prestazione di servizi di intermediazione online se il fornitore dei servizi è un’impresa concorrente sul mercato rilevante per la vendita di beni o servizi oggetto di intermediazione (funzione ibrida). Come indicato alla sezione 4.4.4, tali accordi devono essere valutati a norma delle linee direttrici relative agli accordi orizzontali per quanto riguarda possibili effetti collusivi e a norma della sezione 8 dei presenti orientamenti per quanto riguarda eventuali restrizioni verticali.

(68)

Le imprese operanti nell’economia delle piattaforme online che non forniscono servizi di intermediazione online ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720 possono essere classificate come fornitori o acquirenti ai fini dell’applicazione del regolamento. Tali imprese possono essere classificate, ad esempio, come fornitori di servizi di input a monte o come (ri)venditori di beni o servizi a valle. Tale classificazione può incidere in particolare sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione delle soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento, dell’applicabilità dell’articolo 4 del regolamento (restrizioni fondamentali) e dell’applicabilità dell’articolo 5 del regolamento (restrizioni escluse).

4.4.   Limiti all’applicazione del regolamento (UE) 2022/720

4.4.1.   Associazioni di dettaglianti

(69)

L’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/720 prevede che gli accordi verticali conclusi da associazioni di imprese che soddisfano determinate condizioni possono beneficiare della «zona di sicurezza», escludendo così dalla stessa gli accordi verticali conclusi da tutte le altre associazioni. Più nello specifico, gli accordi verticali conclusi tra un’associazione e i singoli membri o tra un’associazione e i singoli fornitori rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 a condizione che tutti i membri siano dettaglianti che vendono beni (e non servizi) ai consumatori finali e che ciascun singolo membro di detta associazione realizzi un fatturato annuo non eccedente i 50 milioni di EUR (60). Tuttavia se solo un numero limitato di membri dell’associazione realizza un fatturato annuo superiore alla soglia dei 50 milioni di EUR e tali membri rappresentano complessivamente meno del 15 % del fatturato collettivo di tutti i membri, questa circostanza in genere non dovrebbe modificare il risultato della valutazione ai sensi dell’articolo 101 del trattato.

(70)

Un’associazione di imprese può comportare accordi orizzontali e verticali. Gli accordi orizzontali devono essere valutati alla luce dei principi enunciati nelle linee direttrici relative a tali accordi. Se la conclusione di tale valutazione è che una cooperazione tra imprese nell’area dell’acquisto o della vendita non solleva riserve, in particolare perché soddisfa le condizioni previste, in tali linee direttrici, per quanto riguarda gli accordi di acquisto e/o di commercializzazione, si renderà necessaria un’ulteriore valutazione per esaminare gli accordi verticali conclusi dall’associazione con i singoli fornitori o con i singoli membri. Tale ulteriore valutazione dev’essere condotta conformemente alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/720, in particolare le condizioni di cui agli articoli 3, 4 e 5 dello stesso, e ai presenti orientamenti. Ad esempio, gli accordi orizzontali conclusi fra i membri dell’associazione o le decisioni adottate dall’associazione stessa, come la decisione che impone ai suoi membri di effettuare i loro acquisti presso l’associazione stessa, o la decisione di attribuire territori esclusivi ai membri, devono essere valutati innanzitutto come accordi orizzontali. Solo se tale valutazione porta a concludere che l’accordo orizzontale o la decisione non è anticoncorrenziale si rende necessaria una valutazione degli accordi verticali tra l’associazione e i singoli membri o tra l’associazione e i singoli fornitori.

4.4.2.   Accordi verticali contenenti disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale (DPI)

(71)

L’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2022/720 prevede che gli accordi verticali contenenti determinate disposizioni relative alla cessione o all’uso di DPI possano beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento, a determinate condizioni. Il regolamento (UE) 2022/720 non si applica pertanto ad altri accordi verticali contenenti disposizioni in materia di DPI.

(72)

Il regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi verticali contenenti disposizioni relative ai DPI quando sono soddisfatte tutte le condizioni che seguono:

(a)

le disposizioni relative ai DPI devono far parte di un accordo verticale, vale a dire di un accordo che stabilisca le condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere taluni beni o servizi;

(b)

i DPI devono essere ceduti o dati in uso tramite licenza all’acquirente;

(c)

le disposizioni relative ai DPI non devono costituire l’oggetto primario dell’accordo;

(d)

le disposizioni relative ai DPI devono essere direttamente collegate all’uso, alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. Nel caso del franchising, in cui è la commercializzazione a costituire l’oggetto dell’uso dei DPI, i beni o servizi devono essere distribuiti dall’affiliato principale o dagli affiliati;

(e)

le disposizioni relative ai DPI non devono comportare, in relazione ai beni o servizi contrattuali, restrizioni di concorrenza aventi un oggetto identico a quello delle restrizioni verticali non esentate in virtù del regolamento (UE) 2022/720.

(73)

Tali condizioni assicurano che il regolamento (UE) 2022/720 si applichi agli accordi verticali nei quali l’uso, la vendita o la rivendita di beni o servizi possono avvenire in modo più efficiente grazie alla cessione o alla concessione in uso tramite licenza di DPI all’acquirente. Ciò significa che le restrizioni relative alla cessione o concessione in uso di DPI beneficiano dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento qualora l’oggetto primario dell’accordo sia l’acquisto o la distribuzione di beni o servizi.

(74)

La prima condizione, di cui al punto (72), lettera a), precisa che i DPI devono essere concessi nell’ambito di un accordo relativo all’acquisto o alla distribuzione di beni, ovvero un accordo relativo all’acquisto o alla prestazione di servizi, e non nell’ambito di un accordo di cessione o licenza di DPI ai fini della produzione di beni, né di un semplice accordo di licenza. Il regolamento (UE) 2022/720 non include, ad esempio:

(a)

gli accordi nei quali una parte fornisce a un’altra una ricetta e la licenza per la produzione di una bevanda sulla base di tale ricetta;

(b)

la semplice licenza di un marchio di fabbrica o di un segno distintivo a fini di merchandising;

(c)

i contratti di sponsorizzazione riguardanti il diritto di farsi pubblicità come sponsor ufficiale di un evento;

(d)

la licenza di diritti d’autore come i contratti di diffusione radiofonica e televisiva riguardanti il diritto di registrare o trasmettere un avvenimento.

(75)

Dalla seconda condizione, di cui al punto (72), lettera b), si evince che il regolamento (UE) 2022/720 non si applica qualora i DPI siano forniti dall’acquirente al fornitore, indipendentemente dal fatto che essi riguardino le modalità di produzione o di distribuzione. Il regolamento (UE) 2022/720 non si applica ad accordi relativi al trasferimento di DPI al fornitore e contenenti possibili restrizioni delle vendite effettuate dal fornitore. Ciò significa che la subfornitura che comporti il trasferimento di know-how a un subfornitore non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 (cfr. anche la sezione 3.3 dei presenti orientamenti). Il regolamento (UE) 2022/720 si applica tuttavia agli accordi verticali in virtù dei quali l’acquirente si limita a comunicare al fornitore le specifiche che descrivono i beni o servizi da fornire.

(76)

La terza condizione, di cui al punto (72), lettera c), implica che l’oggetto primario dell’accordo non deve essere la cessione, né la concessione in licenza di DPI, bensì l’acquisto, la vendita o la rivendita di beni o servizi, mentre le disposizioni relative ai DPI sono finalizzate all’esecuzione dell’accordo verticale.

(77)

La quarta condizione, di cui al punto (72), lettera d), implica che le disposizioni relative ai DPI devono facilitare l’uso, la vendita o la rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. I beni o servizi destinati a tale uso o rivendita sono abitualmente forniti dal licenziante ma possono altresì essere acquistati dal licenziatario presso terzi. Le disposizioni relative ai DPI riguardano in generale la commercializzazione di beni o servizi. È quanto avviene, ad esempio, in un contratto di franchising nel quale l’affiliante vende all’affiliato beni ai fini della rivendita e gli concede inoltre la licenza per l’uso del suo marchio e del suo know-how ai fini della commercializzazione di tali beni, o nel quale il fornitore di estratti concentrati per bevande concede all’acquirente la licenza per diluire e imbottigliare gli estratti ai fini della loro rivendita come bevande.

(78)

La quinta condizione, di cui al punto (72), lettera e), implica che le disposizioni relative ai DPI non devono avere lo stesso oggetto delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 o delle restrizioni escluse dal beneficio del regolamento ai sensi dell’articolo 5 dello stesso (cfr. la sezione 6).

(79)

I DPI destinati all’esecuzione di accordi verticali ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2022/720 riguardano generalmente tre aree principali: marchi commerciali, diritti d’autore e know-how.

4.4.2.1.   Marchi commerciali

(80)

Una licenza di utilizzazione di un marchio concessa a un distributore può essere collegata alla distribuzione dei prodotti di chi concede la licenza in un particolare territorio. Una licenza esclusiva è da equiparare alla distribuzione esclusiva.

4.4.2.2.   Diritto d’autore

(81)

I rivenditori di beni o servizi tutelati da diritti d’autore (ad esempio libri e software) possono essere obbligati dal titolare del diritto d’autore stesso a rivendere il bene solo a condizione che l’acquirente, che si tratti di un altro rivenditore o dell’utente finale, si impegni a non violare tale diritto. Nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, tali obblighi imposti al rivenditore sono ammessi dal regolamento (UE) 2022/720.

(82)

Come indicato al punto 62 delle linee direttrici sul trasferimento di tecnologia (61), la licenza di diritti d’autore sul software concessa ai fini della semplice riproduzione e distribuzione di un’opera protetta non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione (62), ma rientra invece per analogia nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 e dei presenti orientamenti.

(83)

Inoltre gli accordi che prevedono la fornitura di copie di un software su supporto materiale a fini di rivendita e in cui il rivenditore non acquisisce una licenza sul software ma si limita ad avere il diritto di rivendere le copie su supporto materiale devono essere considerati, ai fini del regolamento (UE) 2022/720, accordi relativi alla fornitura di beni per la rivendita. In questa forma di distribuzione, l’unico accordo di licenza del software è quello fra il titolare del diritto d’autore e l’utente del software: esso può assumere la forma di una «shrink wrap licence», ossia di una licenza soggetta a una serie di condizioni incluse nella confezione della copia su supporto materiale, e che si ritiene che l’utente finale accetti con l’apertura della confezione stessa.

(84)

Gli acquirenti di hardware incorporante software protetto da diritti d’autore possono essere obbligati dal titolare del diritto d’autore a non violare tale diritto e sono dunque tenuti a non fare copie e a non rivendere il software o a non fare copie e a non utilizzare il software in combinazione con altro hardware. Nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, tali restrizioni all’utilizzazione sono ammesse dal regolamento (UE) 2022/720.

4.4.2.3.   Il know-how

(85)

Gli accordi di franchising, con l’eccezione di quelli di franchising industriale, sono un esempio di trasferimento di know-how all’acquirente per fini di commercializzazione (63). Essi contengono licenze di DPI relativi a marchi o segni distintivi e know-how per l’utilizzo e la distribuzione di beni o la prestazione di servizi. In aggiunta alla licenza di utilizzazione di DPI, l’affiliante solitamente fornisce all’affiliato, per la durata dell’accordo, assistenza commerciale o tecnica, come servizi di approvvigionamento, formazione, consulenze immobiliari e pianificazione finanziaria. La licenza e l’assistenza fornita formano parte integrante della formula commerciale oggetto del franchising.

(86)

La concessione di licenze prevista dagli accordi di franchising rientra nel regolamento (UE) 2022/720 se tutte le cinque condizioni enumerate al punto (72) risultano soddisfatte. Solitamente è così poiché, nella maggior parte degli accordi di franchising, compresi gli accordi di franchising principale, l’affiliante fornisce beni e/o servizi, soprattutto servizi di assistenza commerciale o tecnica, all’affiliato. I DPI aiutano l’affiliato a rivendere i prodotti forniti dall’affiliante o da un fornitore da questi designato, ovvero a utilizzare tali prodotti e vendere i beni o servizi derivati. Qualora riguardi esclusivamente o principalmente la licenza di utilizzazione di DPI, l’accordo di franchising non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, ma la Commissione applicherà in generale i principi stabiliti nel regolamento (UE) 2022/720 e nei presenti orientamenti.

(87)

Per tutelare i DPI dell’affiliante, all’affiliato sono generalmente imposti i seguenti obblighi relativi ai DPI che, se rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, sono anch’essi ammessi dal regolamento (UE) 2022/720:

(a)

non intraprendere, direttamente o indirettamente, attività simili;

(b)

non acquisire partecipazioni nel capitale di un’impresa concorrente, tali da conferire all’affiliato il potere di influenzare il comportamento economico di tale impresa;

(c)

non rivelare a terzi il know-how fornito dall’affiliante finché tale know-how non sia divenuto di dominio pubblico;

(d)

comunicare all’affiliante qualsiasi esperienza acquisita sfruttando il franchising e concedere all’affiliante e agli altri affiliati una licenza non esclusiva per il know-how che risulta da tale esperienza;

(e)

segnalare all’affiliante le violazioni dei DPI concessi in licenza, intraprendere azioni legali contro i trasgressori o assistere l’affiliante in qualsiasi azione legale intentata contro gli stessi;

(f)

non utilizzare il know-how concesso in licenza dall’affiliante a fini diversi dallo sfruttamento del franchising;

(g)

non cedere i diritti e gli obblighi derivanti dall’accordo di franchising senza il consenso dell’affiliante.

4.4.3.   Accordi verticali tra imprese concorrenti

(88)

Per quanto attiene agli accordi verticali tra imprese concorrenti, è opportuno notare innanzi tutto che, a norma dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (UE) 2022/720, in merito al quale sono fornite indicazioni nella sezione 4.5, il regolamento non si applica agli accordi verticali il cui oggetto rientra nell’ambito di applicazione di altri regolamenti di esenzione per categoria, salvo che tali altri regolamenti dispongano altrimenti.

(89)

L’articolo 2, paragrafo 4, prima frase, del regolamento (UE) 2022/720 stabilisce la regola generale che l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento non si applica agli accordi verticali tra imprese concorrenti.

(90)

L’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) 2022/720 definisce un’impresa concorrente come un concorrente effettivo o potenziale. Due imprese vengono trattate come concorrenti effettivi se operano sullo stesso mercato rilevante (del prodotto e geografico). Un’impresa è trattata come concorrente potenziale di un’altra impresa se, in assenza dell’accordo verticale tra le imprese, è probabile che la prima impresa, entro un breve periodo di tempo (di norma non superiore a un anno), effettui i necessari investimenti aggiuntivi o sostenga altri costi necessari per entrare nel mercato rilevante in cui opera l’altra impresa. Tale valutazione deve basarsi su fondamenti realistici, tenendo conto della struttura del mercato e del contesto economico e giuridico. Non è sufficiente la semplice possibilità teorica di ingresso in un mercato, ma vi devono essere possibilità reali e concrete che l’impresa entri nel mercato senza incontrare barriere insormontabili all’ingresso. Per contro, non occorre dimostrare con certezza che l’impresa entrerà effettivamente nel mercato rilevante e che sarà successivamente in grado di mantenere la propria posizione (64).

(91)

Gli accordi verticali tra imprese concorrenti che non rientrano nelle eccezioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, seconda frase, del regolamento (UE) 2022/720, illustrate ai punti (93), (94) e (95), devono essere valutati individualmente ai sensi dell’articolo 101 del trattato. I presenti orientamenti sono pertinenti per la valutazione di eventuali restrizioni verticali in tali accordi. Le linee direttrici relative agli accordi orizzontali possono fornire indicazioni pertinenti per la valutazione di possibili effetti collusivi.

(92)

Un grossista o un dettagliante che comunichi a un produttore le specifiche per fabbricare determinati beni da commercializzare con il marchio del grossista o dettagliante stesso non deve essere considerato, ai fini dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, un produttore di tali beni a marchio proprio e quindi un concorrente del produttore. Di conseguenza l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento si può applicare a un accordo verticale concluso tra un grossista o dettagliante che vende beni a marchio proprio fabbricati da un terzo (e non internamente), da un lato, e un produttore di beni di marca concorrenti, dall’altro (65). Per contro, grossisti e dettaglianti che fabbricano internamente beni destinati alla vendita con il proprio marchio sono considerati produttori e pertanto l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento non si applica agli accordi verticali stipulati tra questi grossisti o dettaglianti e i produttori di beni di marca concorrenti.

(93)

L’articolo 2, paragrafo 4, seconda frase, del regolamento (UE) 2022/720 contiene due eccezioni alla regola generale che l’esenzione per categoria non si applica agli accordi tra imprese concorrenti. Più nello specifico, l’articolo 2, paragrafo 4, seconda frase, prevede che l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento si applica agli accordi verticali non reciproci fra imprese concorrenti che soddisfano le condizioni dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera a) o b), del regolamento. Non reciproco significa in particolare che l’acquirente dei beni o servizi oggetto del contratto non fornisce a sua volta beni o servizi concorrenti al fornitore.

(94)

Entrambe le eccezioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, seconda frase, del regolamento (UE) 2022/720 riguardano scenari di duplice distribuzione, ossia in cui un fornitore di beni o servizi opera anche sul mercato a valle, in concorrenza con i suoi distributori indipendenti. L’articolo 2, paragrafo 4, lettera a), del regolamento riguarda lo scenario in cui il fornitore vende i beni oggetto del contratto a diversi livelli della catena commerciale, ossia a monte come produttore, importatore o grossista e a valle come importatore, grossista o dettagliante, mentre l’acquirente vende i beni oggetto del contratto sul mercato a valle, ossia come importatore, grossista o dettagliante, e non è un’impresa concorrente sul mercato a monte, dove acquista i beni oggetto del contratto. L’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), del regolamento riguarda lo scenario in cui il fornitore è un prestatore di servizi che opera a diversi livelli della catena commerciale, mentre l’acquirente presta servizi nel mercato al dettaglio e non è un’impresa concorrente al livello della catena commerciale in cui acquista i servizi oggetto del contratto.

(95)

Il motivo delle eccezioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettere a) e b), del regolamento (UE) 2022/720 è che, in uno scenario di duplice distribuzione, il potenziale impatto negativo dell’accordo verticale sul rapporto concorrenziale tra il fornitore e l’acquirente sul mercato a valle è considerato meno importante del potenziale impatto positivo dell’accordo verticale sulla concorrenza in generale sui mercati a monte o a valle. Trattandosi di eccezioni alla regola generale che il regolamento (UE) 2022/720 non si applica agli accordi tra concorrenti, le eccezioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettere a) e b), dovrebbero essere interpretate in modo restrittivo.

(96)

Se le condizioni stabilite nell’articolo 2, paragrafo 4, lettera a) o b), del regolamento (UE) 2022/720 sono soddisfatte, l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento si applica a tutti gli aspetti dell’accordo verticale in questione, compresi in generale gli scambi di informazioni tra le parti relativi all’attuazione dell’accordo (66). Lo scambio di informazioni può contribuire agli effetti favorevoli alla concorrenza degli accordi verticali, tra cui l’ottimizzazione dei processi di produzione e distribuzione. Questo vale anche in scenari di duplice distribuzione. Tuttavia non tutti gli scambi di informazioni tra un fornitore e un acquirente in uno scenario di duplice distribuzione producono incrementi di efficienza. Per questo motivo, l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2022/720 stabilisce che le eccezioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettere a) e b), non si applicano allo scambio di informazioni tra un fornitore e un acquirente che non sia direttamente connesso all’attuazione dell’accordo verticale o che non sia necessario per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto, o che non soddisfi nessuna di tali condizioni. L’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento e le indicazioni fornite ai punti da (96) a (103) riguardano esclusivamente lo scambio di informazioni nel contesto della duplice distribuzione, ossia lo scambio di informazioni tra le parti di un accordo verticale che soddisfa le condizioni dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera a) o b), del regolamento.

(97)

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento e dei presenti orientamenti, lo scambio di informazioni comprende qualsiasi comunicazione di informazioni tra le parti dell’accordo verticale, a prescindere dalle caratteristiche dello scambio, ad esempio se l’informazione è comunicata da una sola parte o da entrambe o se è scambiata per iscritto o verbalmente. Inoltre è irrilevante se la forma e il contenuto dello scambio di informazioni sono espressamente concordati nell’accordo verticale o se lo scambio avviene su una base informale, ad esempio, quando una parte dell’accordo verticale comunica informazioni senza che l’altra parte ne abbia fatto richiesta.

(98)

Il fatto che lo scambio di informazioni in un contesto di duplice distribuzione sia direttamente collegato all’attuazione dell’accordo verticale e necessario per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2022/720, può dipendere dal particolare modello di distribuzione. A titolo di esempio, nel quadro di un accordo di distribuzione esclusiva, può essere necessario che le parti scambino informazioni relative alle rispettive attività di vendita in territori particolari o rispetto a particolari gruppi di clienti. Nell’ambito di un accordo di franchising, può essere necessario che affiliante e affiliato scambino informazioni relative all’applicazione di un modello aziendale uniforme nella rete di franchising (67). In un sistema di distribuzione selettiva può essere necessario che il distributore condivida con il fornitore informazioni in merito alla sua conformità ai criteri di selezione e ad eventuali restrizioni delle vendite a distributori non autorizzati.

(99)

Segue un elenco non esaustivo di esempi di informazioni che, in funzione delle particolari circostanze, possono essere direttamente collegate all’attuazione dell’accordo verticale e necessarie per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto (68):

(a)

informazioni tecniche relative ai beni o servizi oggetto del contratto, ivi comprese informazioni relative a registrazione, certificazione, gestione, utilizzo, manutenzione, riparazione, miglioramento della qualità o riciclaggio dei beni o servizi oggetto del contratto, in particolare quando tali informazioni sono necessarie ai fini della conformità a misure normative e consentono al fornitore o all’acquirente di adeguare i beni o servizi oggetto del contratto alle esigenze del cliente;

(b)

informazioni logistiche relative alla produzione e distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto sui mercati a monte o a valle, ivi comprese informazioni relative a processi di produzione, magazzino, scorte e, fatto salvo il punto (100), lettera b), volumi di vendita e resi;

(c)

fatto salvo il punto (100), lettera b), le informazioni concernenti gli acquisti dei beni o servizi oggetto del contratto da parte dei clienti, le preferenze e le reazioni dei clienti, purché lo scambio di tali informazioni non sia utilizzato per limitare il territorio in cui, o i clienti ai quali, l’acquirente può vendere i beni o servizi oggetto del contratto ai sensi dell’articolo 4, lettera b), c) o d), del regolamento (UE) 2022/720;

(d)

informazioni relative ai prezzi di vendita praticati dal fornitore all’acquirente per i beni o servizi oggetto del contratto;

(e)

fatto salvo il punto (100), lettera a), informazioni relative ai prezzi di rivendita raccomandati o massimi del fornitore applicati per i beni o servizi oggetto del contratto e informazioni relative ai prezzi ai quali l’acquirente rivende i beni o servizi, purché tale scambio di informazioni non sia utilizzato per limitare la capacità dell’acquirente di stabilire il suo prezzo di vendita o per imporre un prezzo di vendita fisso o minimo ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 (69);

(f)

fatti salvi il punto (100) e la lettera e) del presente punto, informazioni relative alla commercializzazione dei beni o servizi oggetto del contratto, comprese le informazioni su campagne promozionali e nuovi beni o servizi da fornire nel quadro dell’accordo verticale;

(g)

informazioni sui risultati, ivi compresi dati aggregati comunicati dal fornitore all’acquirente concernenti le attività di commercializzazione e vendita di altri acquirenti dei beni o servizi oggetto del contratto, purché questo non consenta all’acquirente di individuare le attività di particolari acquirenti concorrenti, nonché informazioni relative al volume o al valore delle vendite dell’acquirente dei beni o servizi oggetto del contratto in relazione alle sue vendite di beni o servizi concorrenti.

(100)

Ecco alcuni esempi di informazioni che è generalmente improbabile che soddisfino le due condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2022/720 quando sono oggetto di scambio tra un fornitore e un acquirente in un contesto di duplice distribuzione:

(a)

informazioni relative ai prezzi futuri ai quali il fornitore o l’acquirente intende vendere i beni o servizi oggetto del contratto sul mercato a valle;

(b)

informazioni relative a utenti finali identificati dei beni o servizi oggetto del contratto, a meno che tale scambio di informazioni non sia necessario:

(1)

per consentire al fornitore o all’acquirente di soddisfare le richieste di un particolare utente finale, ad esempio per adeguare i beni o servizi oggetto del contratto alle esigenze dell’utente finale, per concedergli condizioni particolari, anche nel quadro di un programma di fidelizzazione, o per fornire servizi pre- o post-vendita, tra cui garanzie;

(2)

per attuare o monitorare la conformità a un accordo di distribuzione selettiva o esclusiva, che prevede l’assegnazione di particolari utenti finali al fornitore o all’acquirente;

(c)

informazioni relative a beni a marchio proprio venduti da un acquirente, scambiate tra l’acquirente e un fabbricante di beni di marca concorrenti, a meno che il fabbricante non sia anche il produttore di tali beni a marchio proprio.

(101)

Gli esempi di cui ai punti (99) e (100) sono forniti per assistere le imprese nella loro autovalutazione. L’inclusione di un tipo particolare di informazioni al punto (99) non implica tuttavia che lo scambio di tali informazioni soddisferà in tutti i casi le due condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2022/720. Analogamente, l’inclusione di un particolare tipo di informazioni nel punto (100) non implica che lo scambio di tali informazioni non soddisferà mai le stesse due condizioni. Le imprese devono pertanto applicare le condizioni dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento alle circostanze particolari del loro accordo verticale.

(102)

Se le parti di un accordo verticale che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettera a) o b), del regolamento (UE) 2022/720 effettuano scambi di informazioni che non sono direttamente collegate all’attuazione del loro accordo verticale o che non sono necessarie per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto, o che non soddisfano nessuna di queste due condizioni, lo scambio di informazioni deve essere valutato individualmente, ai sensi dell’articolo 101 del trattato. Tali scambi non violano necessariamente l’articolo 101 del trattato. Le altre disposizioni dell’accordo verticale, inoltre, possono ancora beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento, purché l’accordo sia comunque conforme alle condizioni stabilite nel regolamento.

(103)

Le imprese concorrenti che stipulano un accordo verticale ed effettuano scambi di informazioni che non beneficiano dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (70) possono prendere precauzioni per ridurre al minimo il rischio che lo scambio di informazioni susciti riserve sotto il profilo della concorrenza (71). A titolo di esempio, possono scambiarsi informazioni solo in forma aggregata o garantire un intervallo di tempo adeguato tra la generazione dell’informazione e lo scambio. Possono anche adottare misure tecniche o amministrative, quali firewall, per garantire che le informazioni comunicate dall’acquirente siano accessibili esclusivamente al personale competente per le attività a monte del fornitore e non al personale responsabile dell’attività di vendita diretta a valle del fornitore. Simili precauzioni tuttavia non possono far rientrare nell’ambito di applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 gli scambi di informazioni che altrimenti non vi rientrerebbero.

4.4.4.   Accordi verticali con fornitori di servizi di intermediazione online che svolgono una funzione ibrida

(104)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2022/720, le eccezioni relative alla duplice distribuzione di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettere a) e b), del regolamento non si applicano agli accordi relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online se il prestatore dei servizi di intermediazione online svolge una funzione ibrida, ossia è anche un’impresa concorrente sul mercato rilevante per la vendita di beni o servizi oggetto di intermediazione (72). L’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi verticali «relativi» alla fornitura di servizi di intermediazione online, indipendentemente dal fatto che l’accordo riguardi la fornitura di tali servizi a una parte dell’accordo o a terzi.

(105)

Gli accordi verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online conclusi da fornitori di servizi di intermediazione online che svolgono tale funzione ibrida non soddisfano i requisiti per le eccezioni relative alla duplice distribuzione, di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettere a) e b), del regolamento (UE) 2022/720. Tali fornitori possono avere interesse a favorire le proprie vendite e la capacità di influire sull’esito della concorrenza tra le imprese che si avvalgono dei loro servizi di intermediazione online. Tali accordi verticali possono pertanto suscitare riserve sotto il profilo della concorrenza in generale sui mercati rilevanti per la vendita dei beni o servizi oggetto di intermediazione.

(106)

L’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online se il fornitore dei servizi di intermediazione online è un concorrente effettivo o potenziale sul mercato rilevante per la vendita dei beni o servizi oggetto di intermediazione. In particolare, deve risultare probabile che il fornitore dei servizi di intermediazione online, entro un breve periodo di tempo (di norma non superiore a un anno), effettui i necessari investimenti aggiuntivi o sostenga gli altri costi necessari per entrare nel mercato rilevante della vendita dei beni o dei servizi oggetto dell’intermediazione (73).

(107)

Gli accordi relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online che, a norma dell’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2022/720, non beneficiano dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento devono essere valutati individualmente ai sensi dell’articolo 101 del trattato. Tali accordi non restringono necessariamente il gioco della concorrenza nel senso dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, o possono soddisfare la condizioni per un’esenzione individuale a titolo dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. La comunicazione de minimis può applicarsi laddove le parti detengano quote di mercato esigue sul mercato rilevante per la fornitura di servizi di intermediazione online e sul mercato rilevante per la vendita dei beni o servizi oggetto di intermediazione (74). Le linee direttrici relative agli accordi orizzontali possono fornire indicazioni pertinenti per la valutazione di possibili effetti collusivi. I presenti orientamenti possono fornire indicazioni per la valutazione di eventuali restrizioni verticali.

(108)

In assenza di restrizioni della concorrenza per oggetto, è improbabile che si determinino effetti anticoncorrenziali sensibili se il fornitore di servizi di intermediazione online non gode di potere di mercato nel mercato rilevante per i servizi di intermediazione online, ad esempio perché è entrato solo recentemente in tale mercato (fase di avviamento). Nell’economia delle piattaforme online, le entrate generate da un fornitore di servizi di intermediazione online (ad esempio le provvigioni) possono rappresentare solo una prima indicazione della portata del suo potere di mercato e può anche essere necessario tenere conto di parametri alternativi, quali il numero di transazioni oggetto di intermediazione del fornitore, il numero di utenti dei servizi di intermediazione online (venditori e/o acquirenti) e in che misura tali utenti si avvalgono dei servizi di altri fornitori. È anche improbabile che un fornitore di servizi di intermediazione online detenga potere di mercato se non beneficia di effetti di rete positivi significativi, siano essi diretti o indiretti.

(109)

In assenza di restrizioni per oggetto o di un potere di mercato significativo, è improbabile che la Commissione attribuisca la priorità alle azioni di applicazione della normativa nei confronti di accordi verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online in cui il fornitore svolge una funzione ibrida. Questo vale in particolare quando, in uno scenario di duplice distribuzione, un fornitore consente agli acquirenti dei suoi beni o servizi di utilizzare il suo sito web per la distribuzione dei beni o servizi, ma non consente l’utilizzo del sito web per offrire marchi concorrenti di beni o servizi e non è comunque attivo sul mercato rilevante per la fornitura di servizi di intermediazione online per quanto riguarda tali beni o servizi.

4.5.   Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria

(110)

Come spiegato nelle sezioni 4.1 e 4.2, il regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi verticali, che devono essere valutati esclusivamente a norma del regolamento (UE) 2022/720 e dei presenti orientamenti, salvo specifica indicazione contraria contenuta nei presenti orientamenti. Tali accordi possono beneficiare della «zona di sicurezza» istituita dal regolamento (UE) 2022/720.

(111)

L’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (UE) 2022/720 stabilisce che il regolamento non si applica ad accordi verticali il cui oggetto rientri nell’ambito di applicazione di altri regolamenti di esenzione per categoria, salvo se tali regolamenti dispongano altrimenti. È quindi importante verificare fin dall’inizio se un accordo verticale rientri o meno nell’ambito di applicazione di qualsiasi altro regolamento di esenzione per categoria.

(112)

Il regolamento (UE) 2022/720 non si applica agli accordi verticali rientranti nell’ambito di applicazione dei seguenti regolamenti di esenzione per categoria o di qualsiasi futuro regolamento di esenzione per categoria relativo ai tipi di accordi menzionati nel presente punto, salvo ove diversamente disposto nel rispettivo regolamento:

regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione;

regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione (75);

regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione (76).

(113)

Il regolamento (UE) 2022/720 non si applica ai tipi di accordi tra concorrenti menzionati nelle linee direttrici relative agli accordi orizzontali, salvo ove diversamente disposto dalle stesse.

(114)

Il regolamento (UE) 2022/720 si applica agli accordi verticali relativi all’acquisto, alla vendita o alla rivendita di pezzi di ricambio per autoveicoli e alla fornitura di servizi di riparazione e manutenzione per autoveicoli. Tali accordi beneficiano della «zona di sicurezza» istituita dal regolamento (UE) 2022/720 solo se, in aggiunta alle condizioni di cui al regolamento (UE) 2022/720, soddisfano le condizioni di cui al regolamento (UE) n. 461/2010 della Commissione (77) e i relativi orientamenti.

4.6.   Tipi specifici di sistemi di distribuzione

(115)

Un fornitore è libero di organizzare la distribuzione dei suoi beni o servizi come ritiene opportuno. Il fornitore può, ad esempio, scegliere l’integrazione verticale, ossia la vendita dei suoi beni o servizi direttamente agli utenti finali o la loro distribuzione attraverso i propri distributori integrati verticalmente, ossia le imprese collegate ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/720. Questo tipo di sistema di distribuzione coinvolge un’unica impresa e pertanto non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

(116)

Il fornitore può anche decidere di utilizzare distributori indipendenti. A tal fine, il fornitore può utilizzare un solo sistema o più sistemi di distribuzione. Alcuni tipi di sistemi di distribuzione, in particolare la distribuzione selettiva e la distribuzione esclusiva, sono oggetto di definizioni specifiche all’articolo 1, paragrafo 1, lettere g) e h), del regolamento (UE) 2022/720. Le indicazioni relative alla distribuzione esclusiva e alla distribuzione selettiva sono forniti, rispettivamente, alle sezioni 4.6.1 e 4.6.2 (78). Il fornitore può inoltre distribuire i propri beni o servizi senza ricorrere né alla distribuzione selettiva né alla distribuzione esclusiva. Ai fini dell’applicazione del regolamento, questi altri tipi di distribuzione sono classificati come sistemi di distribuzione libera (79).

4.6.1.   Sistemi di distribuzione esclusiva

4.6.1.1.   Definizione di sistemi di distribuzione esclusiva

(117)

In un sistema di distribuzione esclusiva, quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) 2022/720, il fornitore assegna un territorio o un gruppo di clienti esclusivamente a un acquirente o a un numero limitato di acquirenti e impone restrizioni che impediscono, all’interno dell’Unione, a tutti gli altri acquirenti di vendere attivamente nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo (80).

(118)

I fornitori spesso utilizzano i sistemi di distribuzione esclusiva per incentivare i distributori a effettuare gli investimenti finanziari e non finanziari necessari per sviluppare il proprio marchio in un territorio dove non è conosciuto, per vendere un nuovo prodotto in un particolare territorio o a un particolare gruppo di clienti o per incentivare i distributori a concentrare le loro attività di vendita e promozione su un particolare prodotto. Per i distributori, la protezione fornita dall’esclusiva può consentire di ottenere un certo volume di affari e un margine che giustifichino i loro sforzi di investimento.

4.6.1.2.   Applicazione dell’articolo 101 del trattato ai sistemi di distribuzione esclusiva

(119)

In un sistema di distribuzione in cui il fornitore attribuisce in esclusiva un territorio o un gruppo di clienti a uno o più acquirenti, i principali possibili rischi per la concorrenza sono la compartimentazione del mercato, che può facilitare la discriminazione dei prezzi, e la riduzione della concorrenza all’interno del marchio. Quando tutti i fornitori più forti operanti in un mercato, o la maggior parte di essi, gestiscono un sistema di distribuzione esclusiva, l’indebolimento della concorrenza tra marchi e/o la collusione, sia a livello di fornitori che di distributori, potrebbero risultare agevolati. Infine gli accordi di distribuzione esclusiva possono determinare la preclusione nei confronti di altri distributori e pertanto ridurre la concorrenza tra marchi e all’interno del marchio al livello del distributore.

(120)

Gli accordi di distribuzione esclusiva possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, purché la quota di mercato del fornitore e dell’acquirente non superi il 30 %, l’accordo non contenga restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 e il numero di distributori designati per territorio o gruppo di clienti esclusivo non sia superiore a cinque. Un accordo di distribuzione esclusiva può ancora beneficiare della «zona di sicurezza» istituita dal regolamento (UE) 2022/720 se in combinazione con altre restrizioni verticali non fondamentali, quali l’obbligo di non concorrenza limitato a cinque anni, l’imposizione di determinati quantitativi o l’acquisto esclusivo.

(121)

L’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 è limitata a un massimo di cinque distributori per territorio o gruppo di clienti esclusivo, al fine di preservare l’incentivo dei distributori a investire nella promozione e nella vendita dei beni o servizi del fornitore, lasciando a quest’ultimo una flessibilità sufficiente per organizzare il proprio sistema di distribuzione. Al di sopra di quel numero aumenta il rischio che i distributori esclusivi possano sfruttare, senza contropartita, i reciproci investimenti, eliminando in tal modo l’efficienza che si intende ottenere con la distribuzione esclusiva.

(122)

Affinché il sistema di distribuzione esclusiva possa beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, i distributori designati devono essere protetti nei confronti delle vendite attive effettuate nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo da tutti gli altri acquirenti del fornitore. Quando un fornitore attribuisce un territorio esclusivo o un gruppo di clienti esclusivo a più di un distributore, tutti questi distributori devono beneficiare della stessa protezione nei confronti delle vendite attive nel territorio o al gruppo di clienti esclusivo effettuate da tutti gli altri acquirenti del fornitore, mentre non è consentita la restrizione delle vendite attive e passive di questi distributori all’interno del territorio o del gruppo di clienti esclusivo. Se, per motivi pratici e non con l’obiettivo di impedire il commercio parallelo, il territorio o il gruppo di clienti esclusivo non risulta protetto nei confronti delle vendite attive di taluni acquirenti per un periodo temporaneo, ad esempio se il fornitore modifica il sistema di distribuzione esclusiva e ha bisogno di tempo per rinegoziare le restrizioni delle vendite attive con taluni acquirenti, il sistema di distribuzione esclusiva può ancora beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720.

(123)

Gli accordi verticali utilizzati per la distribuzione esclusiva devono definire l’estensione del territorio o del gruppo di clienti attribuito in esclusiva ai distributori. Ad esempio, il territorio esclusivo può corrispondere al territorio di uno Stato membro o a un’area più grande o più piccola. Un gruppo di clienti esclusivo può essere definito, ad esempio, utilizzando uno o più criteri, quali l’occupazione o l’attività dei clienti, oppure utilizzando un elenco di clienti identificati. In funzione dei criteri utilizzati, il gruppo di clienti può essere limitato a un solo cliente.

(124)

Quando un territorio o un gruppo di clienti non è stato attribuito in esclusiva a uno o più distributori, il fornitore può riservare per sé tale territorio o gruppo di clienti e in tal caso deve informarne tutti i suoi distributori. Non occorre che il fornitore sia commercialmente attivo nel territorio riservato o in relazione al gruppo di clienti riservato. Ad esempio, il fornitore può desiderare di riservarsi il territorio o il gruppo di clienti allo scopo di attribuirlo ad altri distributori in futuro.

4.6.1.3.   Orientamenti per la valutazione individuale degli accordi di distribuzione esclusiva

(125)

Al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, la posizione di mercato del fornitore e dei suoi concorrenti è di grande importanza, poiché la perdita di concorrenza all’interno del marchio sarà problematica solo in caso di riduzione della concorrenza tra marchi al livello del fornitore o del distributore (81). Quanto più forte è la posizione del fornitore, in particolare sopra la soglia del 30 %, tanto più elevata è la probabilità che la concorrenza tra marchi sia debole e tanto maggiore è il rischio per la concorrenza derivante dall’eventuale riduzione della concorrenza all’interno del marchio.

(126)

La posizione di mercato dei concorrenti del fornitore può avere una duplice rilevanza: l’esistenza di concorrenti forti in generale indica che l’eventuale riduzione della concorrenza all’interno del marchio sarà compensata da una sufficiente concorrenza tra marchi. Tuttavia, se il numero di fornitori in un mercato è alquanto limitato e la loro posizione di mercato è abbastanza simile in termini di quote di mercato, capacità e rete di distribuzione, esiste un rischio di collusione e/o di indebolimento della concorrenza. La perdita di concorrenza all’interno del marchio può accrescere tale rischio, in particolare quando più fornitori gestiscono sistemi analoghi di distribuzione.

(127)

Il rischio di collusione e/o di indebolimento della concorrenza al livello dei fornitori e dei distributori aumenta ulteriormente quando più fornitori designano lo stesso distributore esclusivo o gli stessi distributori esclusivi in un determinato territorio, vale a dire nel caso di «distribuzione esclusiva multipla». L’attribuzione a uno o più distributori del diritto esclusivo a distribuire due o più prodotti concorrenti importanti nello stesso territorio può ridurre sostanzialmente la concorrenza tra marchi per tali marchi. Quanto maggiore è la quota di mercato cumulata dei marchi distribuiti dai distributori esclusivi multipli, tanto maggiori sono il rischio di collusione e/o di indebolimento della concorrenza e la riduzione della concorrenza tra marchi. Se uno o più dettaglianti sono distributori esclusivi di una serie di marchi, vi è il rischio che la riduzione del prezzo all’ingrosso applicato da un fornitore per il suo marchio non sia trasferita dai dettaglianti esclusivi al consumatore, poiché ridurrebbe le vendite e i profitti conseguiti dai dettaglianti con gli altri marchi. Rispetto a una situazione in cui non vi sono distributori esclusivi multipli, i fornitori avranno un interesse ridotto a entrare reciprocamente in concorrenza sui prezzi. Se le quote di mercato dei singoli fornitori e acquirenti sono inferiori alla soglia del 30 %, tali effetti cumulativi possono giustificare la revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720.

(128)

Le barriere all’accesso che possono impedire ai fornitori di creare una propria rete di distribuzione integrata o di trovare distributori alternativi sono criteri meno importanti per valutare i possibili effetti anticoncorrenziali della distribuzione esclusiva. La preclusione del mercato nei confronti degli altri fornitori non si verifica se la distribuzione esclusiva non è accompagnata dal monomarchismo, che costringe o induce il distributore a concentrare gli ordini di un particolare tipo di prodotto presso un unico fornitore. La combinazione di distribuzione esclusiva e monomarchismo può rendere più difficile per altri fornitori trovare distributori alternativi, in particolare quando il monomarchismo si applica a una fitta rete di distributori esclusivi con piccoli territori o nel caso di un effetto anticoncorrenziale cumulativo. In un simile scenario si dovrebbero applicare i principi descritti alla sezione 8.2.1 in merito al monomarchismo.

(129)

La combinazione di distribuzione esclusiva e obbligo di approvvigionamento esclusivo, che impone ai distributori esclusivi di acquistare le forniture del marchio del fornitore direttamente da quest’ultimo, aumenta i rischi di riduzione della concorrenza all’interno del marchio e di compartimentazione del mercato. La distribuzione esclusiva comporta già una limitazione dell’arbitraggio da parte dei clienti, in quanto limita il numero di distributori per territorio esclusivo e implica che nessun altro distributore possa vendere attivamente in tale territorio. Anche gli accordi di approvvigionamento esclusivo eliminano l’eventuale arbitraggio dei distributori esclusivi, cui viene impedito di rifornirsi da altri distributori del sistema di distribuzione esclusiva. Questo aumenta le possibilità per il fornitore di limitare la concorrenza all’interno del marchio, applicando condizioni di vendita diverse a scapito dei consumatori, a meno che la combinazione di distribuzione esclusiva e obbligo di approvvigionamento esclusivo non generi incrementi di efficienza a vantaggio dei consumatori.

(130)

La preclusione del mercato nei confronti degli altri distributori non è pregiudizievole se il fornitore che gestisce il sistema di distribuzione esclusiva designa un numero elevato di distributori esclusivi nello stesso mercato rilevante ed essi sono liberi di effettuare vendite ad altri distributori non designati. La preclusione nei confronti degli altri distributori può diventare tuttavia un problema qualora esista un potere di mercato a valle, in particolare in presenza di territori molto vasti nei quali un distributore esclusivo diventa l’acquirente esclusivo nell’intero mercato. Ciò si verifica, ad esempio, quando una catena di supermercati diventa l’unico distributore di un marchio leader in un mercato alimentare nazionale al dettaglio. La preclusione del mercato nei confronti degli altri distributori può risultare più grave nel caso di distributori esclusivi multipli.

(131)

Il potere contrattuale dell’acquirente può anche aumentare il rischio di collusione da parte degli acquirenti quando gli accordi di distribuzione esclusiva sono imposti a uno o più fornitori da acquirenti importanti eventualmente situati in territori differenti.

(132)

La valutazione delle dinamiche del mercato è importante perché la domanda crescente, le tecnologie e le posizioni di mercato in evoluzione possono rendere gli effetti negativi dei sistemi di distribuzione esclusiva meno probabili che nei mercati maturi.

(133)

Anche la natura del prodotto può essere un fattore rilevante ai fini della valutazione dei possibili effetti anticoncorrenziali della distribuzione esclusiva. Tali effetti saranno meno acuti nei settori dove le vendite online sono più diffuse, poiché le vendite online possono facilitare gli acquisti da distributori al di là del territorio o del gruppo di clienti esclusivo.

(134)

Il livello della catena commerciale è un fattore importante, in quanto i possibili effetti negativi possono essere diversi al livello del commercio all’ingrosso e a quello del commercio al dettaglio. La distribuzione esclusiva è applicata principalmente alla distribuzione di beni o servizi finali. Una riduzione della concorrenza all’interno di un marchio può verificarsi soprattutto al livello del commercio al dettaglio se i territori esclusivi sono vasti, poiché in tal caso i consumatori finali potrebbero avere un margine ridotto di scelta, per un marchio leader, tra un distributore che offre un prezzo elevato con un servizio elevato e un distributore a prezzo basso e servizio basso.

(135)

Quando un produttore sceglie un grossista quale distributore esclusivo, gli attribuisce di norma un territorio più vasto, corrispondente, ad esempio, a quello di un intero Stato membro. In tal caso, se il grossista può vendere senza restrizioni il prodotto ai dettaglianti a valle, è improbabile che ci saranno rilevanti effetti anticoncorrenziali. Un’eventuale riduzione della concorrenza all’interno del marchio, a livello di commercio all’ingrosso, può essere facilmente compensata da vantaggi in termini di efficienza nella logistica e nella promozione, in particolare quando la sede operativa del produttore è in un altro Stato membro. I rischi per la concorrenza tra marchi derivanti dall’esistenza di distributori esclusivi multipli sono tuttavia superiori al livello del commercio all’ingrosso che al livello del commercio al dettaglio. Se un grossista diventa il distributore esclusivo di un numero significativo di fornitori, non solo sussiste il rischio che la concorrenza tra tali marchi si riduca, ma vi è anche un rischio maggiore di preclusione al livello all’ingrosso della catena commerciale.

(136)

Un sistema di distribuzione esclusiva che limita la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato può tuttavia conseguire vantaggi in termini di efficienza che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. A titolo di esempio, l’esclusività può essere necessaria per incentivare i distributori a investire nello sviluppo del marchio del fornitore o a fornire servizi che stimolino la domanda. Al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, quanto più elevato è il numero di distributori esclusivi designati per un particolare territorio, tanto minore è la probabilità che siano sufficientemente incentivati a investire nella promozione dei prodotti del fornitore e nello sviluppo del suo marchio, poiché gli altri distributori in esclusiva che condividono il territorio possono sfruttare, senza contropartita, i loro investimenti.

(137)

La natura del prodotto è un fattore rilevante per la valutazione dei vantaggi in termini di efficienza. Vantaggi oggettivi in termini di efficienza sono più probabili nel caso di prodotti nuovi, prodotti complessi, prodotti la cui qualità è di difficile valutazione prima del consumo (prodotti cosiddetti «d’esperienza») o anche dopo il consumo (prodotti cosiddetti «di convinzione»). Inoltre la distribuzione esclusiva può avere come effetto un risparmio di costi logistici, grazie ad economie di scala nel trasporto e nella distribuzione. La combinazione di distribuzione esclusiva e monomarchismo può aumentare gli incentivi per il distributore esclusivo o i distributori esclusivi a concentrare gli sforzi su un marchio particolare.

(138)

I fattori menzionati ai punti da (125) a (137) restano pertinenti per la valutazione di sistemi di distribuzione esclusiva nei quali il fornitore attribuisce un gruppi di clienti esclusivamente a uno o più acquirenti. La valutazione di questo tipo di sistema di distribuzione esclusiva dovrebbe tenere conto anche degli ulteriori fattori elencati ai punti (139) e (140).

(139)

Analogamente all’attribuzione esclusiva di un territorio, l’attribuzione esclusiva di un gruppo di clienti rende in genere più difficile l’arbitraggio da parte degli acquirenti. Inoltre, dato che ogni distributore designato ha il proprio gruppo di clienti, gli acquirenti che non rientrino in nessuno di tali gruppi possono avere difficoltà a rifornirsi dei prodotti del fornitore: la portata dell’arbitraggio da parte di tali acquirenti risulterà pertanto ridotta.

(140)

In aggiunta ai vantaggi in termini di efficienza citati al punto (136), l’attribuzione esclusiva dei clienti può generare incrementi di efficienza laddove sia necessario per i distributori investire in attrezzature, competenze o know-how specifici per rispondere alle esigenze di una particolare categoria di clienti, o quando tali investimenti permettano di realizzare economie di scala o di diversificazione a livello logistico (82). Il periodo di ammortamento di tali investimenti indica la durata del periodo in cui può essere giustificata l’attribuzione esclusiva di clienti. In genere l’attribuzione esclusiva dei clienti è giustificata soprattutto quando riguarda prodotti nuovi o complessi e prodotti che devono essere adattati alle esigenze di un particolare cliente. Tali esigenze specifiche sono identificabili in particolare per i beni intermedi, vale a dire i beni venduti a differenti categorie di acquirenti professionali. Per contro, quando gli accordi di attribuzione riguardano i consumatori è poco probabile che si verifichino vantaggi in termini di efficienza.

(141)

Segue un esempio di distributori esclusivi multipli in un mercato oligopolistico.

In un mercato nazionale di prodotti finali esistono quattro leader di mercato, ciascuno dei quali detiene una quota di mercato del 20 % circa. I quattro leader di mercato vendono il loro prodotto tramite distributori esclusivi al livello di vendita al dettaglio. A tali rivenditori viene attribuito un territorio esclusivo, che corrisponde alla città in cui essi hanno sede, o a una zona della stessa. Nella maggior parte dei territori, i quattro leader di mercato hanno designato un rivenditore esclusivo comune («distribuzione multipla»), spesso ubicato centralmente e abbastanza specializzato nel prodotto rilevante. Il restante 20 % del mercato nazionale è composto da piccoli produttori locali, di cui il maggiore detiene una quota del 5 % del mercato nazionale. Tali produttori locali vendono di norma i loro prodotti tramite altri dettaglianti, in particolare perché i distributori esclusivi dei quattro maggiori fornitori sono in genere poco interessati a vendere marchi meno conosciuti e più a buon mercato. Sul mercato esiste una forte differenziazione di marchi e di prodotti. I quattro leader di mercato effettuano ampie campagne nazionali di pubblicità e promuovono un’immagine forte del marchio, mentre i produttori marginali non fanno pubblicità per i loro prodotti a livello nazionale. Il mercato è abbastanza maturo e caratterizzato da una domanda stabile e dall’assenza di rilevanti innovazioni di prodotto e tecnologiche. Il prodotto è relativamente semplice.

In un simile mercato oligopolistico, esiste un rischio di collusione tra i quattro leader di mercato. Tale rischio aumenta a causa della distribuzione multipla. La concorrenza all’interno dei singoli marchi è ridotta dall’esclusività territoriale. La concorrenza tra i quattro marchi principali è ridotta, al livello del commercio al dettaglio, in quanto lo stesso dettagliante fissa il prezzo per tutti e quattro i marchi nel suo territorio. In una situazione di distribuzione multipla, se un produttore riduce il prezzo per il suo marchio, il rivenditore non è spinto a trasferire tale riduzione di prezzo al consumatore, perché ridurrebbe le vendite e i profitti conseguiti con gli altri marchi. Ne consegue che i produttori hanno un interesse ridotto a entrare reciprocamente in concorrenza sui prezzi. La concorrenza sui prezzi tra i diversi marchi esiste essenzialmente per i beni dei produttori marginali, con un’immagine debole di marchio. Gli eventuali vantaggi in termini di efficienza per i distributori esclusivi (comuni) sono limitati, in quanto il prodotto è relativamente semplice, l’attività di rivendita non richiede alcuna formazione o investimenti specifici e la pubblicità è fatta essenzialmente a livello dei produttori.

Anche se ognuno dei leader di mercato detiene una quota di mercato inferiore alla soglia, le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato potrebbero non essere soddisfatte e potrebbe essere necessario revocare l’esenzione per categoria per gli accordi conclusi con i distributori la cui quota di mercato è inferiore al 30 % nel mercato dell’approvvigionamento.

(142)

Segue un esempio di attribuzione esclusiva di clienti.

Un’impresa ha sviluppato un sofisticato impianto antincendio. L’impresa detiene attualmente una quota pari al 40 % del mercato degli impianti antincendio. Quando ha iniziato le vendite di tale sofisticato impianto antincendio, l’impresa deteneva, con un prodotto più vecchio, una quota di mercato del 20 %. Le condizioni d’installazione del nuovo tipo di impianto antincendio dipendono dal tipo di edificio in cui deve essere effettuata e dall’uso al quale è adibito l’edificio (ad esempio ufficio, impianto chimico od ospedale). L’impresa ha designato una serie di distributori, incaricati della vendita e dell’installazione del sofisticato impianto antincendio. Ogni distributore ha assunto l’impegno di dare una formazione adeguata ai propri dipendenti in merito ai requisiti generali e specifici necessari per l’installazione del sofisticato impianto antincendio presso una determinata categoria di clienti. Per garantire la specializzazione dei distributori, l’impresa ha attribuito a ogni distributore una categoria di clienti in esclusiva e ha proibito le vendite attive alle altre categorie di clienti in esclusiva. Dopo un periodo di cinque anni tutti i distributori esclusivi saranno autorizzati a vendere attivamente a tutte le categorie di clienti e di conseguenza il sistema di attribuzione esclusiva di clienti cesserà. A quella data, il fornitore potrà iniziare a vendere anche a nuovi distributori. Nel mercato, che è abbastanza dinamico, vi sono stati di recente due ingressi e vari sviluppi tecnologici. I concorrenti detengono quote di mercato comprese tra il 5 % e il 25 % e stanno anche migliorando la qualità dei loro prodotti.

In tale situazione, è probabile che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato siano soddisfatte, in quanto l’esclusiva ha una durata limitata e consente ai distributori di ammortizzare gli investimenti e di concentrare gli sforzi di vendita iniziali su una determinata categoria di clienti; inoltre gli eventuali effetti anticoncorrenziali sono limitati da un mercato dinamico.

4.6.2.   Sistemi di distribuzione selettiva

4.6.2.1.   Definizione dei sistemi di distribuzione selettiva

(143)

In un sistema di distribuzione selettiva, come definito nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera g), del regolamento (UE) 2022/720, il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati, che si impegnano a non vendere tali beni o servizi a distributori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato al sistema.

(144)

I criteri utilizzati dal fornitore per selezionare i distributori possono essere qualitativi o quantitativi, oppure di entrambi i tipi. I criteri quantitativi limitano direttamente il numero dei distributori, ad esempio imponendo un numero fisso di distributori. I criteri qualitativi limitano indirettamente il numero di distributori, imponendo condizioni che non possono essere rispettate da tutti i distributori, ad esempio relative alla gamma di prodotti da vendere, alla formazione del personale addetto alle vendite, al servizio da fornire presso il punto vendita o alla pubblicità e presentazione dei prodotti. I criteri qualitativi possono riferirsi al conseguimento di obiettivi di sostenibilità, ad esempio in relazione ai cambiamenti climatici, alla protezione dell’ambiente o alla limitazione dello sfruttamento delle risorse naturali. A titolo di esempio, i fornitori potrebbero chiedere ai distributori di fornire servizi di ricarica o strutture di riciclaggio presso i rispettivi punti vendita o di garantire che i beni siano consegnati con mezzi sostenibili, quali biciclette da trasporto invece di veicoli a motore.

(145)

I sistemi di distribuzione selettiva sono paragonabili ai sistemi di distribuzione esclusiva, in quanto limitano il numero di distributori autorizzati e le possibilità di rivendita. La principale differenza tra i due tipi di sistema di distribuzione risiede nella natura della protezione concessa al distributore. In un sistema di distribuzione esclusiva, il distributore è protetto nei confronti delle vendite attive effettuate da fuori del suo territorio esclusivo, mentre in un sistema di distribuzione selettiva il distributore è protetto nei confronti delle vendite attive e passive effettuate da distributori non autorizzati.

4.6.2.2.   Applicazione dell’articolo 101 del trattato ai sistemi di distribuzione selettiva

(146)

I possibili effetti sulla concorrenza dei sistemi di distribuzione selettiva comprendono una riduzione della concorrenza all’interno del marchio e, in particolare nell’ipotesi di un effetto cumulativo, la preclusione del mercato nei confronti di determinati tipi di distributori, nonché l’indebolimento della concorrenza e l’agevolazione della collusione tra fornitori o tra acquirenti a causa della limitazione del numero di acquirenti.

(147)

Per valutare la compatibilità di un sistema di distribuzione selettiva con l’articolo 101 del trattato è necessario innanzitutto stabilire se il sistema rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. A tal fine occorre operare una distinzione tra distribuzione selettiva puramente qualitativa e distribuzione selettiva quantitativa.

(148)

La distribuzione selettiva puramente qualitativa può non rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, purché siano soddisfatte le tre condizioni stabilite dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Metro (83) («criteri Metro»). Ciò dipende dal fatto che, se tali criteri sono soddisfatti, si può supporre che la restrizione della concorrenza all’interno del marchio dovuta alla distribuzione selettiva sia compensata da un miglioramento della concorrenza qualitativa tra marchi (84).

(149)

I tre criteri Metro si possono riassumere come segue: in primo luogo la natura dei beni o servizi in questione deve rendere necessario un sistema di distribuzione selettiva. Ciò significa che, in considerazione delle caratteristiche del prodotto in questione, un tale sistema deve rappresentare un requisito legittimo per conservarne la qualità e garantirne un utilizzo corretto. Ad esempio, il ricorso alla distribuzione selettiva può essere legittimo per prodotti di alta qualità o di alta tecnologia (85) o per beni di lusso (86). La qualità di tali beni può risultare non solo dalle loro caratteristiche materiali, ma anche dall’aura di lusso che li circonda. Pertanto può essere necessario stabilire un sistema di distribuzione selettiva che abbia lo scopo di assicurare una presentazione dei beni che contribuisca a salvaguardare la loro aura di lusso per preservarne la qualità (87). In secondo luogo, la scelta dei rivenditori deve avvenire secondo criteri oggettivi di natura qualitativa stabiliti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio. In terzo luogo, i criteri stabiliti non devono andare oltre il necessario (88).

(150)

La valutazione del rispetto dei criteri Metro richiede, oltre a una valutazione generale degli accordi di distribuzione selettiva in questione, anche un’analisi separata di ciascuna clausola potenzialmente restrittiva dell’accordo (89). Ciò comporta in particolare che si debba valutare se la clausola restrittiva in questione sia adeguata rispetto all’obiettivo perseguito dal sistema di distribuzione selettiva e se non superi quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo (90). Le restrizioni fondamentali non superano questa prova di proporzionalità. Per contro, ad esempio, il divieto imposto da un fornitore di beni di lusso ai suoi distributori autorizzati di utilizzare mercati online può essere proporzionato, a condizione che non impedisca indirettamente ai distributori autorizzati di utilizzare Internet in modo efficace per vendere i beni in territori o a clienti particolari (91). In particolare, un simile divieto di utilizzare mercati online non limiterebbe le vendite a territori o clienti particolari, poiché il distributore autorizzato resta libero di gestire il proprio negozio online e di fare pubblicità online al fine di promuovere la conoscenza delle sue attività online e attrarre potenziali clienti (92). In tal caso la clausola restrittiva, se proporzionata, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e non occorre procedere a un’ulteriore analisi.

(151)

A prescindere dal fatto che soddisfino i criteri Metro, gli accordi di distribuzione selettiva qualitativa e/o quantitativa possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, a condizione che le quote di mercato del fornitore e dell’acquirente non superino il 30 % e che l’accordo non contenga restrizioni fondamentali (93). Il beneficio dell’esenzione è possibile anche se la distribuzione selettiva è associata ad altre restrizioni verticali non fondamentali, quali gli obblighi di non concorrenza come definiti nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2022/720. L’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento si applica a prescindere dalla natura del prodotto in questione e dai criteri di selezione. Il fornitore, inoltre, non è obbligato a pubblicare i propri criteri di selezione (94).

(152)

Se in un caso particolare un accordo di distribuzione selettiva che beneficia dell’esenzione per categoria limita sensibilmente la concorrenza al livello del fornitore o del distributore e non genera vantaggi in termini di efficienza che superano gli effetti della restrizione, ad esempio perché i criteri di selezione non sono collegati alle caratteristiche del prodotto o non sono necessari per migliorare la distribuzione del prodotto, il beneficio dell’esenzione per categoria può essere revocato.

4.6.2.3.   Orientamenti per la valutazione individuale degli accordi di distribuzione selettiva

(153)

Al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720, la posizione di mercato del fornitore e dei suoi concorrenti è un fattore molto importante per valutare gli eventuali effetti anticoncorrenziali, in quanto la riduzione di concorrenza all’interno del marchio in linea di principio è problematica solo se la concorrenza tra marchi è ridotta (95). Quanto più forte è la posizione del fornitore, in particolare sopra la soglia del 30 %, tanto più elevato è il rischio per la concorrenza derivante dalla riduzione della concorrenza all’interno del marchio. Un altro fattore importante è il numero di reti di distribuzione selettiva presenti nello stesso mercato rilevante. Se sul mercato la distribuzione selettiva è applicata da un solo fornitore, la distribuzione selettiva quantitativa in generale non comporta effetti anticoncorrenziali. In pratica tuttavia la distribuzione selettiva è spesso applicata da vari fornitori in un mercato particolare (effetto cumulativo).

(154)

Nel caso di un effetto cumulativo, occorre tenere conto della posizione di mercato dei fornitori che applicano la distribuzione selettiva: quando la maggioranza dei principali fornitori in un mercato applica la distribuzione selettiva, si potrebbe creare una preclusione di determinati distributori, ad esempio di tipo «discount». Il rischio di preclusione nei confronti dei distributori più efficienti è maggiore nel caso della distribuzione selettiva piuttosto che della distribuzione esclusiva, a causa della restrizione delle vendite a distributori non autorizzati imposta nel sistema di distribuzione selettiva. Tale restrizione ha l’obiettivo di attribuire ai sistemi di distribuzione selettiva un carattere chiuso, in cui solo i distributori autorizzati che soddisfano i criteri hanno accesso al prodotto, rendendo al contempo l’approvvigionamento impossibile per i distributori non autorizzati. Ciò rende la distribuzione selettiva particolarmente atta a evitare una pressione sui margini del produttore e dei distributori autorizzati da parte di distributori di tipo «discount» (che siano distributori che operano offline o esclusivamente online). La preclusione di tali formati di distribuzione, sia essa dovuta all’uso cumulativo della distribuzione selettiva o al suo uso da parte di un singolo fornitore avente una quota di mercato superiore al 30 %, riduce le possibilità per i consumatori di trarre vantaggio dai benefici specifici offerti da tali formati di distribuzione, quali prezzi inferiori, maggiore trasparenza e accesso più ampio al prodotto.

(155)

Quando singole reti di distribuzione selettiva beneficiano dell’esenzione di cui al regolamento (UE) 2022/720, la revoca dell’esenzione per categoria o la disapplicazione del regolamento (UE) 2022/720 potrebbero essere prese in considerazione se tali reti creano effetti anticoncorrenziali cumulativi. Detti effetti anticoncorrenziali cumulativi tuttavia sono improbabili quando la quota di mercato totale coperta dalla distribuzione selettiva non supera il 50 %. Inoltre è improbabile che si verifichino problemi sotto il profilo della concorrenza se la copertura del mercato è superiore al 50 % ma la quota di mercato aggregata dei cinque maggiori fornitori non supera il 50 %. Qualora sia la quota dei cinque maggiori fornitori sia la quota di mercato coperta dalla distribuzione selettiva superino il 50 %, la valutazione può variare in funzione del fatto che la distribuzione selettiva sia applicata da tutti i cinque maggiori fornitori o solo da alcuni. Quanto più è forte la posizione dei concorrenti che non applicano la distribuzione selettiva, tanto più diventa improbabile la preclusione del mercato nei confronti di altri distributori. Qualora tutti i cinque maggiori fornitori pratichino la distribuzione selettiva possono sorgere problemi sotto il profilo della concorrenza. Ciò vale in particolare se gli accordi conclusi dai maggiori fornitori contengono criteri di selezione quantitativi che limitano in modo diretto il numero di distributori autorizzati o quando i criteri qualitativi applicati precludono il mercato a determinati formati di distribuzione, quale la condizione di avere uno o più punti vendita non virtuali o di fornire specifici servizi che in genere possono essere forniti solo in un particolare formato di distribuzione.

(156)

In genere è improbabile che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato vengano soddisfatte se i sistemi di distribuzione selettiva che contribuiscono all’effetto cumulativo escludono dal mercato i nuovi distributori in grado di vendere adeguatamente i prodotti in questione, e in particolare i distributori di tipo «discount» o i distributori che operano esclusivamente online ed offrono ai consumatori prezzi inferiori, limitando così la distribuzione a vantaggio di alcuni canali esistenti e a detrimento dei consumatori finali. Forme più indirette di distribuzione selettiva quantitativa, derivanti, ad esempio, dalla combinazione di criteri di selezione puramente qualitativi con l’imposizione ai distributori dell’obbligo di effettuare un volume annuale minimo di acquisti, sono meno atte a produrre effetti negativi netti, in particolare se il volume minimo in questione non costituisce una quota significativa del fatturato totale del distributore derivante dai prodotti in questione e non supera quanto è necessario affinché il fornitore recuperi gli investimenti che riguardano specificamente il rapporto contrattuale e/o realizzi economie di scala nella distribuzione. In linea generale si ritiene che un fornitore avente una quota di mercato che non supera il 5 % non contribuisca in misura significativa a un effetto cumulativo.

(157)

Le barriere all’ingresso hanno rilievo principalmente nell’ipotesi di preclusione del mercato nei confronti dei distributori non autorizzati. Le barriere all’ingresso potrebbero essere notevoli se la distribuzione selettiva è applicata dai produttori di prodotti di marca, poiché i dettaglianti esclusi dal sistema di distribuzione selettiva avranno in genere bisogno di tempo e di investimenti sostanziali per lanciare marchi propri o per ottenere altrove forniture competitive.

(158)

Il potere d’acquisto è suscettibile di aumentare il rischio di collusione tra distributori. I distributori che detengono una forte posizione di mercato possono indurre i fornitori ad applicare criteri di selezione che precludono l’accesso al mercato a distributori nuovi e più efficienti. Di conseguenza il potere d’acquisto è suscettibile di modificare in maniera sostanziale la valutazione di eventuali effetti anticoncorrenziali causati dalla distribuzione selettiva. Si può verificare una preclusione del mercato nei confronti dei distributori più efficienti se una forte organizzazione di distributori impone al fornitore criteri di selezione volti a limitare la distribuzione a vantaggio dei suoi membri.

(159)

A norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) 2022/720, il fornitore non può obbligare, direttamente o indirettamente, i distributori autorizzati a non vendere marchi di particolari fornitori concorrenti. Tale disposizione è intesa a scoraggiare la collusione orizzontale volta ad escludere particolari marchi attraverso la creazione di un gruppo selettivo di marchi da parte dei fornitori leader del mercato. È improbabile che un tale obbligo sia esentabile quando la quota di mercato combinata dei cinque maggiori fornitori è uguale o superiore al 50 %, tranne quando nessuno dei fornitori che impone tale obbligo fa parte dei cinque maggiori fornitori del mercato.

(160)

In genere non sorgeranno problemi sotto il profilo della concorrenza relativi alla preclusione nei confronti di altri fornitori se non si impedirà ad altri fornitori di avvalersi degli stessi distributori, come potrebbe accadere, ad esempio, quando la distribuzione selettiva è combinata con il monomarchismo. Nell’ipotesi di una fitta rete di distributori autorizzati o nel caso di effetti cumulativi, la combinazione della distribuzione selettiva e di un obbligo di non concorrenza è suscettibile di creare un rischio di preclusione nei confronti di altri fornitori. In tal caso si applicano le indicazioni relative al monomarchismo di cui alla sezione 8.2.1. Se la distribuzione selettiva non è combinata con un obbligo di non concorrenza, la preclusione del mercato nei confronti dei fornitori concorrenti può comunque costituire un rischio se i cinque fornitori principali non solo applicano criteri di selezione puramente qualitativi ma impongono anche ai loro distributori ulteriori obblighi quale l’obbligo di riservare ai prodotti del fornitore uno spazio minimo sugli scaffali o di garantire che le vendite dei prodotti del fornitore da parte del distributore raggiungano una percentuale minima del fatturato totale del distributore. È improbabile che tale problema si presenti se la quota di mercato coperta dalla distribuzione selettiva non supera il 50 % o, qualora tale tasso di copertura venga superato, se la quota di mercato dei cinque maggiori fornitori non è superiore al 50 %.

(161)

La valutazione delle dinamiche del mercato è importante perché la domanda crescente, le tecnologie e le posizioni di mercato in evoluzione possono rendere gli effetti negativi meno probabili di quanto lo sarebbero in mercati maturi.

(162)

La distribuzione selettiva può essere efficiente quando consente risparmi di costi logistici, grazie a economie di scala nel trasporto dei beni, situazione che può verificarsi indipendentemente dalla natura del prodotto (cfr. il punto (16), lettera (g)). Nei sistemi di distribuzione selettiva tuttavia tali economie rappresentano di norma solo un’efficienza marginale. La natura del prodotto è un fattore importante per valutare se la distribuzione selettiva è giustificata per eliminare un problema di sfruttamento senza contropartita tra i distributori (cfr. il punto 16, lettera b)) o per facilitare la creazione o la salvaguardia dell’immagine di un marchio (cfr. il punto 16, lettera h)). In generale è più probabile che l’uso della distribuzione selettiva per conseguire tali tipi di vantaggi in termini di efficienza sia giustificato per prodotti nuovi, prodotti complessi o prodotti la cui qualità è di difficile valutazione prima del consumo (prodotti cosiddetti «d’esperienza») o anche dopo il consumo (prodotti cosiddetti «di convinzione»). La combinazione della distribuzione selettiva con una clausola di ubicazione, al fine di proteggere un distributore autorizzato dalla concorrenza derivante dall’eventualità che altri distributori autorizzati aprano un punto vendita nelle vicinanze, può in particolare soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato se tale combinazione è indispensabile per proteggere investimenti ingenti che riguardano specificamente il rapporto contrattuale, effettuati dal distributore autorizzato (cfr. il punto 16, lettera e)). Per garantire che venga utilizzata la restrizione meno anticoncorrenziale, è importante valutare se gli stessi vantaggi in termini di efficienza non potrebbero essere ottenuti, a un costo comparabile, introducendo ad esempio requisiti esclusivamente inerenti al servizio.

(163)

Segue un esempio di distribuzione selettiva quantitativa.

In un mercato di beni di consumo durevoli, il produttore del marchio A, che ha la leadership del mercato e detiene una quota di mercato del 35 %, vende i suoi prodotti ai consumatori attraverso un sistema di distribuzione selettiva. L’ammissione al sistema è subordinata a numerosi criteri: il negozio deve disporre di personale qualificato e fornire servizi di pre-vendita; nel negozio deve essere presente una zona specializzata dedicata alla vendita del prodotto e di prodotti ad alta tecnologia simili; e il negozio è tenuto a vendere un’ampia gamma di modelli del fornitore e a presentarli in modo attraente. Inoltre il numero di dettaglianti ammessi nel sistema è limitato in modo diretto da un numero massimo di dettaglianti per numero di abitanti in ogni provincia o area urbana. Il produttore A ha sei concorrenti in tale mercato. I produttori dei marchi B, C e D sono i maggiori concorrenti e detengono quote di mercato rispettivamente pari al 25 %, 15 % e 10 %, mentre gli altri produttori hanno quote di mercato inferiori. A è l’unico produttore a utilizzare la distribuzione selettiva. I distributori selettivi del marchio A commercializzano sempre un certo numero di marchi concorrenti. Tuttavia tali marchi concorrenti sono venduti anche in ampia misura in punti vendita non facenti parte del sistema di distribuzione selettiva del produttore A. Esistono vari canali di distribuzione: i marchi B e C, ad esempio, sono venduti nella maggior parte dei negozi selezionati da A, ma anche in altri negozi che offrono un servizio di alta qualità e negli ipermercati. Il marchio D è venduto essenzialmente in negozi che garantiscono un servizio di alto livello. La tecnologia è in rapida evoluzione in tale mercato e i fornitori principali mantengono, con campagne pubblicitarie, un’immagine di forte qualità dei loro prodotti.

In tale mercato il tasso di copertura degli accordi di distribuzione selettiva è del 35 %. La concorrenza tra i marchi non è direttamente pregiudicata dal sistema di distribuzione selettiva di A. La concorrenza all’interno del marchio A potrebbe risultarne limitata, ma i consumatori hanno accesso a dettaglianti a basso servizio/basso prezzo per i marchi B e C, che hanno un’immagine di qualità comparabile al marchio A. Inoltre l’accesso degli altri marchi a dettaglianti che forniscono un servizio elevato non è precluso, in quanto non vi sono restrizioni alla libertà dei distributori selezionati di vendere marchi concorrenti e le restrizioni quantitative cui è soggetto il numero di distributori per il marchio A lasciano agli altri dettaglianti che offrono un grado elevato di servizio la libertà di distribuire marchi concorrenti. In tal caso, alla luce delle condizioni stabilite in materia di servizi da offrire e dei vantaggi in termini di efficienza che probabilmente ne derivano, nonché del ridotto effetto sulla concorrenza all’interno del marchio, è probabile che sussistano le condizioni previste all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(164)

Segue un esempio di distribuzione selettiva in presenza di effetti cumulativi.

Nel mercato di uno specifico articolo sportivo esistono sette produttori, che detengono le seguenti quote di mercato: 25 %, 20 %, 15 %, 15 %, 10 %, 8 % e 7 %. I cinque maggiori produttori distribuiscono i loro prodotti tramite accordi di distribuzione selettiva, mentre i due produttori di dimensioni più piccole utilizzano sistemi diversi di distribuzione, con il risultato che il tasso di copertura della distribuzione selettiva è pari all’85 %. I criteri imposti per l’ammissione ai sistemi di distribuzione selettiva sono uniformi tra i produttori: i distributori devono possedere uno o più negozi fisici; tali negozi devono disporre di personale qualificato e fornire servizi di pre-vendita; nel negozio deve essere presente una zona specializzata dedicata alla vendita del prodotto; e per tale zona viene indicata una superficie minima. Il negozio inoltre deve vendere un’ampia gamma del marchio in questione, presentare il prodotto in maniera attraente ed essere ubicato in una strada commerciale, e il prodotto deve rappresentare almeno il 30 % del fatturato totale del punto vendita. Di norma, lo stesso distributore è autorizzato per tutti e cinque i marchi. I due produttori che non utilizzano il sistema di distribuzione selettiva vendono in genere tramite dettaglianti meno specializzati, che offrono un livello di servizio inferiore. Il mercato è stabile, sia al livello dell’offerta che della domanda, ed esiste una forte differenziazione del prodotto accompagnata da un’immagine del marchio importante. I cinque leader di mercato hanno forti immagini di marchio, acquisite tramite campagne pubblicitarie e promozionali, mentre i due produttori di dimensioni più piccole hanno adottato una strategia commerciale di prodotti a buon mercato, senza una forte immagine di marchio.

In tale mercato l’accesso ai cinque marchi principali è negato ai distributori di tipo «discount» e ai distributori che operano esclusivamente online. Infatti la condizione secondo cui il prodotto deve rappresentare almeno il 30 % dell’attività dei distributori e i criteri relativi alla presentazione del prodotto e ai servizi pre-vendita escludono dalla rete dei distributori autorizzati la maggior parte dei distributori di tipo «discount». Inoltre la condizione di avere uno o più punti vendita non virtuali esclude dalla rete i distributori che operano esclusivamente online. Di conseguenza i consumatori non hanno altra scelta che comprare i cinque marchi principali nei punti vendita che offrono un servizio elevato a prezzo elevato. Tale situazione ha per effetto una limitazione della concorrenza tra marchi a livello dei cinque marchi principali. Il fatto che i due marchi meno diffusi possano essere acquistati in punti vendita a basso servizio e basso prezzo non compensa la riduzione di concorrenza, in quanto l’immagine del marchio del prodotto dei cinque leader di mercato è molto superiore. La concorrenza tra marchi è ridotta anche dalla presenza di distributori multipli. Benché esista un certo grado di concorrenza all’interno di un marchio e il numero di distributori non sia direttamente limitato, i criteri di ammissione alla rete di distribuzione sono sufficientemente rigidi da consentire la distribuzione dei cinque marchi principali, nel rispettivo territorio, solo a un numero ristretto di distributori.

I vantaggi in termini di efficienza associati a tali sistemi di distribuzione selettiva quantitativa sono limitati: il prodotto non è molto complesso e non giustifica un servizio particolarmente elevato. Se i produttori non riescono a dimostrare che esistono chiari vantaggi di efficienza collegati al loro sistema di distribuzione selettiva, è probabile che il beneficio dell’esenzione per categoria dovrà essere revocato a causa della presenza di effetti anticoncorrenziali cumulativi, che limitano la scelta e aumentano i prezzi per il consumatore.

4.6.3.   Accordi di franchising

(165)

Gli accordi di franchising comportano la licenza di un insieme di diritti di proprietà intellettuale (DPI) che riguardano in particolare marchi o insegne e know-how, per l’uso e la distribuzione di beni o servizi. Oltre alla licenza di DPI, l’affiliante fornisce inoltre all’affiliato, durante il periodo di vigenza dell’accordo, un’assistenza tecnica o commerciale. La licenza e l’assistenza formano parte integrante della formula commerciale oggetto del franchising. L’affiliante riceve generalmente dall’affiliato il pagamento di un corrispettivo per l’utilizzazione della specifica formula commerciale. Gli accordi di franchising possono offrire all’affiliante la possibilità di costituire, con investimenti limitati, una rete uniforme per la distribuzione dei suoi prodotti. Oltre alla concessione della formula commerciale, gli accordi di franchising comportano abitualmente una combinazione di varie restrizioni verticali riguardanti i prodotti distribuiti, ad esempio la distribuzione selettiva e/o gli obblighi di non concorrenza.

(166)

Il franchising (ad eccezione degli accordi di franchising industriale) presenta alcune caratteristiche specifiche, come l’uso di una denominazione commerciale uniforme, formule commerciali uniformi (comprese le licenze di DPI) e il pagamento di royalties in cambio dei benefici concessi. In considerazione di queste caratteristiche, si può ritenere che le disposizioni indispensabili per il funzionamento dei sistemi di franchising non rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Ciò riguarda, ad esempio, le restrizioni che impediscono agli affiliati di avvalersi del patrimonio di cognizioni e di tecniche e dell’assistenza forniti dall’affiliante a vantaggio dei concorrenti di quest’ultimo (96) e gli obblighi di non concorrenza relativi ai beni o ai servizi acquistati dall’affiliato che sono necessari per preservare l’identità comune e la reputazione della rete di franchising. In quest’ultima situazione, la durata dell’obbligo di non concorrenza è irrilevante, a condizione che essa non superi la durata dell’accordo di franchising.

(167)

Gli accordi di franchising possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 se la quota di mercato del fornitore e quella dell’acquirente non superano il 30 %. Indicazioni specifiche sul calcolo delle quote di mercato nel contesto del franchising sono fornite al punto (174). Le licenze di DPI nell’ambito degli accordi di franchising sono esaminate ai punti da (71) a (87). Le restrizioni verticali contenute negli accordi di franchising saranno valutate in base ai principi applicabili al sistema di distribuzione che più si avvicina allo specifico accordo di franchising. Ad esempio, un accordo di franchising che dà luogo alla creazione di una rete chiusa che vieta agli affiliati di vendere ai non affiliati deve essere valutato secondo i principi applicabili alla distribuzione selettiva. Per contro, un accordo di franchising che non crea una rete chiusa ma che concede l’esclusività territoriale e la protezione nei confronti delle vendite attive di altri affiliati deve essere valutato secondo i principi applicabili alla distribuzione esclusiva.

(168)

Gli accordi di franchising che non sono ammessi dal regolamento (UE) 2022/720 richiedono una valutazione individuale ai sensi dell’articolo 101 del trattato. Tale valutazione dovrebbe tenere conto del fatto che quanto maggiore è il trasferimento di know-how, tanto più facilmente le restrizioni verticali producono vantaggi in termini di efficienza e/o sono indispensabili per proteggere il know-how e quindi soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(169)

Segue un esempio di franchising.

Un produttore ha sviluppato una nuova presentazione per la vendita di caramelle in punti vendita particolari, nei quali le caramelle possono essere colorate in base alle richieste dei consumatori. Il produttore dei dolciumi ha inoltre sviluppato i macchinari necessari per la colorazione delle caramelle e produce i liquidi utilizzati per colorare le caramelle. La qualità e la freschezza del liquido utilizzato sono di importanza vitale per la produzione di caramelle di qualità. Il produttore è riuscito ad imporsi sul mercato delle caramelle grazie a una serie di punti vendita propri, che operano tutti utilizzando la stessa denominazione commerciale e un’immagine uniforme (ad esempio stile dei negozi e campagne pubblicitarie comuni). Il produttore dei dolciumi ha avviato un sistema di franchising al fine di espandere le vendite. Per garantire una qualità del prodotto e un’immagine del negozio uniformi, gli affiliati sono obbligati ad acquistare presso il produttore le caramelle, il liquido e i macchinari per la colorazione, a lavorare utilizzando la stessa denominazione commerciale, a pagare un corrispettivo per la licenza, a contribuire alle campagne pubblicitarie comuni e a garantire la riservatezza delle informazioni contenute nel manuale operativo preparato dall’affiliante. Inoltre gli affiliati sono autorizzati a vendere solo nei negozi autorizzati agli utenti finali o ad altri affiliati e non possono vendere altre caramelle nei loro negozi. L’affiliante si impegna a non designare altri affiliati o a non aprire un proprio punto vendita in un determinato territorio contrattuale. L’affiliante ha inoltre l’obbligo di aggiornare e sviluppare ulteriormente i suoi prodotti, la presentazione commerciale e il manuale operativo e di mettere tali miglioramenti a disposizione di tutti gli affiliati. Gli accordi di franchising sono conclusi per una durata di 10 anni.

I rivenditori di caramelle comprano tali prodotti in un mercato nazionale o da produttori nazionali che li forniscono in conformità dei gusti nazionali, oppure da grossisti che, oltre a vendere caramelle di altri produttori nazionali, importano caramelle da produttori esteri. Su tale mercato i prodotti dell’affiliante sono in concorrenza con una serie di marchi nazionali ed internazionali, a volte prodotti da grandi società alimentari diversificate. Nel mercato dei macchinari per la colorazione degli alimenti la quota di mercato dell’affiliante è inferiore al 10 %. L’affiliante detiene una quota del 30 % del mercato delle caramelle vendute ai rivenditori. Esistono molti punti vendita di caramelle, quali i tabaccai, i rivenditori di generi alimentari, i bar e i negozi specializzati di dolciumi.

La maggior parte degli obblighi contenuti negli accordi di franchising può essere considerata necessaria per proteggere i DPI o per preservare la reputazione e l’identità comune della rete di franchising e pertanto essi non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Le restrizioni alla vendita (ossia l’attribuzione di un territorio contrattuale e di una distribuzione selettiva) costituiscono un incentivo per gli affiliati a investire nella formula oggetto del franchising e nei macchinari per la colorazione e a contribuire a preservare l’identità comune, compensando di conseguenza la riduzione di concorrenza all’interno del marchio. La clausola di non concorrenza, che esclude altri marchi di caramelle dai punti vendita per tutta la durata degli accordi, consente all’affiliante di mantenere l’uniformità dei punti vendita e impedisce ai concorrenti di trarre benefici dal marchio commerciale. Dato che esiste un grande numero di punti vendita accessibili ad altri produttori di caramelle, tale clausola non ha come effetto una grave preclusione. È quindi probabile che, nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, gli accordi di franchising soddisfino le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3.

5.   Definizione del mercato e calcolo della quota di mercato

5.1.   Comunicazione sulla definizione del mercato

(170)

La comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato fornisce indicazioni sulle norme, i criteri e gli elementi utilizzati dalla Commissione per definire il mercato. Il mercato rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 del trattato agli accordi verticali dovrebbe pertanto essere definito sulla base di tali indicazioni e di qualsiasi orientamento futuro relativo alla definizione di mercato rilevante ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, compresi eventuali orientamenti che potrebbero sostituire la comunicazione sulla definizione del mercato. I presenti orientamenti trattano solo aspetti specifici relativi all’applicazione del regolamento (UE) 2022/720, che non sono contemplati nella comunicazione sulla definizione del mercato.

5.2.   Calcolo delle quote di mercato a norma del regolamento (UE) 2022/720

(171)

Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (UE) 2022/720, sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente sono determinanti per stabilire se si applica l’esenzione per categoria. Affinché si applichi il regolamento (UE) 2022/720, sia la quota del fornitore sul mercato in cui vende i beni o servizi oggetto del contratto all’acquirente che la quota dell’acquirente sul mercato in cui acquista i beni o servizi oggetto del contratto non devono superare il 30 %. Per gli accordi tra PMI non è in genere necessario calcolare le quote di mercato (cfr. il punto (28)).

(172)

Al livello della distribuzione, è più frequente che le restrizioni verticali non riguardino solo la vendita di beni o servizi dal fornitore all’acquirente, ma anche la loro rivendita. Poiché generalmente vi sono diversi formati di distribuzione concorrenti, i mercati non sono solitamente definiti dalla forma di distribuzione praticata, ossia esclusiva, selettiva o libera. Nei settori in cui i fornitori vendono in genere una gamma di beni o servizi, tale gamma può determinare la definizione del mercato, qualora sia la gamma nel suo insieme, e non i singoli beni o servizi contenuti al suo interno, a essere considerata sostituibile dagli acquirenti.

(173)

Nel caso in cui un accordo verticale sia concluso tra tre parti che operano ciascuna a un diverso livello della catena commerciale, la quota di mercato di ciascuna delle parti non deve superare il 30 % perché si applichi il regolamento (UE) 2022/720. Come specificato all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/720, qualora in un accordo multilaterale un’impresa (la prima impresa) acquisti i beni o servizi oggetto del contratto da un’impresa parte contraente dell’accordo e venda i beni o servizi oggetto del contratto a un’altra impresa anch’essa parte contraente dell’accordo, il regolamento (UE) 2022/720 si applica soltanto se la quota di mercato della prima impresa non supera la soglia del 30 % sia come acquirente che come fornitore. Se, ad esempio, un accordo fra un produttore, un grossista (o associazione di dettaglianti) e un dettagliante prevede un obbligo di non concorrenza, per beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, sia la quota di mercato del produttore che quella del grossista (o associazione di dettaglianti) sui rispettivi mercati delle vendite non devono superare il 30 % e sia la quota di mercato del grossista (o associazione di dettaglianti) che quella del dettagliante sui rispettivi mercati degli acquisti non devono superare il 30 %.

(174)

Quando l’accordo verticale, oltre alla fornitura dei beni o servizi oggetto del contratto, contiene anche disposizioni relative ai DPI (come una disposizione relativa all’uso del marchio di fabbrica del fornitore) che facilitano all’acquirente la commercializzazione dei beni o servizi oggetto del contratto, la quota di mercato detenuta dal fornitore sul mercato dove questi vende i beni o servizi oggetto del contratto è rilevante ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720. Quando l’affiliante non fornisce beni o servizi destinati alla rivendita, ma un insieme di servizi e beni combinati con DPI che nel complesso costituiscono la formula commerciale oggetto del franchising, l’affiliante deve tenere conto della sua quota di mercato in quanto fornitore di una formula commerciale per la fornitura di beni o servizi specifici agli utenti finali. A tal fine l’affiliante deve calcolare la sua quota sul mercato in cui la formula commerciale viene sfruttata, vale a dire sul mercato in cui l’affiliato utilizza la formula commerciale in questione per offrire beni o servizi agli utenti finali. L’affiliante deve quindi basare la sua quota di mercato sul valore dei beni o servizi offerti dai suoi affiliati su tale mercato. Su tale mercato tra i concorrenti dell’affiliante possono figurare soggetti che offrono altre formule commerciali in franchising, ma anche fornitori di beni o servizi fungibili non in franchising. Ad esempio, senza pregiudizio per la definizione di un tale mercato, se vi fosse un mercato dei servizi di ristorazione rapida, un affiliante operante su questo mercato dovrebbe calcolare la sua quota sulla base dei dati relativi alle vendite effettuate dai suoi affiliati su detto mercato.

5.3.   Calcolo delle quote di mercato a norma del regolamento (UE) 2022/720

(175)

Come enunciato all’articolo 8, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, la quota di mercato del fornitore e dell’acquirente dovrebbe essere calcolata in linea di principio sulla base dei dati relativi al valore, tenendo conto di tutte le fonti di entrate generate dalla vendita dei beni o servizi. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore, possono essere effettuate delle stime basate su elementi verificabili e su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite.

(176)

La produzione interna, ossia la produzione o la fornitura di beni o servizi intermedi per uso proprio del fornitore, può essere rilevante ai fini dell’analisi della concorrenza in determinati casi, ma non sarà presa in considerazione ai fini della definizione del mercato o del calcolo delle quote di mercato a norma del regolamento (UE) 2022/720. L’articolo 8, lettera c), del regolamento (UE) 2022/720 prevede tuttavia che in caso di duplice distribuzione la definizione di mercato e il calcolo delle quote di mercato dovrebbero includere la vendita dei propri prodotti effettuata dal fornitore attraverso i suoi distributori e agenti integrati a livello verticale (97). I distributori integrati sono imprese collegate ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/720.

6.   Applicazione del regolamento (UE) 2022/720

6.1.   Restrizioni fondamentali previste dal regolamento (UE) 2022/720

(177)

L’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 contiene un elenco di restrizioni fondamentali. Si tratta di gravi restrizioni della concorrenza che dovrebbero essere vietate nella maggior parte dei casi a causa del danno che provocano ai consumatori. Gli accordi verticali che contengono una o più restrizioni fondamentali sono esclusi nella loro totalità dall’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720.

(178)

Le restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 si applicano agli accordi verticali relativi agli scambi all’interno dell’Unione. Pertanto, nella misura in cui un accordo verticale riguarda le esportazioni all’esterno dell’Unione o le importazioni/reimportazioni dall’esterno dell’Unione, non si può ritenere che tale accordo abbia per scopo di limitare in maniera considerevole la concorrenza all’interno dell’Unione e sia per sua stessa natura idoneo a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri (98).

(179)

Le restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 sono in generale restrizioni della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (99). Le restrizioni della concorrenza per oggetto sono forme di coordinamento tra imprese che possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (100). La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che taluni tipi di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per ritenere che non sia necessario individuarne gli effetti (101). La constatazione di una restrizione per oggetto richiede una valutazione individuale dell’accordo verticale in questione. Per contro, le restrizioni fondamentali corrispondono a una categoria di restrizioni ai sensi del regolamento (UE) 2022/720 che si presume arrechino in genere un danno netto alla concorrenza, cosicché gli accordi verticali contenenti tali restrizioni fondamentali non possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720.

(180)

Le restrizioni fondamentali tuttavia non rientrano necessariamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Se una restrizione fondamentale elencata nell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 è obiettivamente necessaria per l’attuazione di un accordo verticale particolare, ad esempio per allinearsi a un divieto pubblico di vendita di sostanze pericolose a determinati clienti per motivi sanitari o di sicurezza, tale accordo in via eccezionale non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Ne consegue che nella valutazione di un accordo verticale la Commissione applicherà i principi seguenti:

(a)

se un accordo verticale contiene una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720, è probabile che tale accordo rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;

(b)

un accordo che include una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 è improbabile che soddisfi le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(181)

Un’impresa può, in determinati casi, dimostrare l’esistenza di effetti favorevoli alla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 (102). A tal fine l’impresa deve provare che vi è la possibilità di conseguire vantaggi in termini di efficienza e che è probabile che tali vantaggi derivino dall’inclusione nell’accordo della restrizione fondamentale, oltre a dimostrare che le altre le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sono soddisfatte. In tal caso la Commissione valuterà l’impatto negativo sulla concorrenza che potrebbe derivare dall’inclusione nell’accordo della restrizione fondamentale prima di decidere in via definitiva se le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sono soddisfatte.

(182)

Gli esempi contenuti nei punti (183) e (184) sono intesi a illustrare le modalità con cui la Commissione applicherà i principi sopra citati.

(183)

Segue un esempio di forniture incrociate tra distributori autorizzati.

Nel caso di un sistema di distribuzione selettiva, le forniture incrociate tra distributori autorizzati in genere devono rimanere libere (cfr. punto (237)). In determinate circostanze tuttavia le restrizioni delle vendite attive possono soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Questo può avvenire, ad esempio, qualora grossisti autorizzati situati in territori diversi debbano investire in attività promozionali nel territorio in cui distribuiscono i beni o servizi oggetto del contratto per sostenere le vendite effettuate dai distributori autorizzati e non sia pratico specificare le attività promozionali richieste quale obbligo contrattuale nell’accordo.

(184)

Segue un esempio di test commerciale autentico.

In caso di test commerciale autentico riguardante un nuovo prodotto in un territorio limitato o con un gruppo limitato di clienti o in caso di introduzione scaglionata di un nuovo prodotto, è possibile che vengano limitate le vendite attive da parte dei distributori designati per vendere il nuovo prodotto sul mercato di prova o per partecipare alle prime fasi dell’introduzione scaglionata, al di fuori del mercato di prova o dei mercati o gruppi di clienti nei quali il prodotto non è ancora stato introdotto. È possibile che tali restrizioni non rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato per il periodo necessario per il test o per l’introduzione del prodotto.

6.1.1.   Imposizione dei prezzi di rivendita

(185)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda l’imposizione dei prezzi di rivendita, ossia gli accordi volti a limitare, direttamente o indirettamente, la capacità dell’acquirente di stabilire il proprio prezzo di vendita, ivi compresi quelli che stabiliscono un prezzo di vendita fisso o minimo che deve essere rispettato dall’acquirente (103). L’obbligo per l’acquirente di stabilire il prezzo di vendita all’interno di una certa fascia configura un’imposizione dei prezzi di rivendita ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento.

(186)

L’imposizione dei prezzi di rivendita può essere attuata in modo diretto. È questo il caso delle disposizioni contrattuali o delle pratiche concordate che stabiliscono direttamente il prezzo di rivendita che l’acquirente deve applicare ai propri clienti (104) o che consentono al fornitore di fissare il prezzo di rivendita, oppure che proibiscono all’acquirente di vendere al di sotto di un determinato livello di prezzo. La restrizione è inoltre palese quando il fornitore richiede un aumento di prezzo e l’acquirente soddisfa tale richiesta.

(187)

L’imposizione dei prezzi di rivendita può anche essere attuata con strumenti indiretti, ad esempio tramite incentivi a osservare un prezzo minimo o disincentivi a discostarsi da tale prezzo. Gli esempi che seguono forniscono un elenco non esaustivo di questi strumenti indiretti:

(a)

fissazione del margine di rivendita;

(b)

fissazione del livello massimo degli sconti che il distributore può praticare a partire da un livello di prezzo prescritto;

(c)

subordinazione degli sconti o del rimborso dei costi promozionali da parte del fornitore al rispetto di un dato livello di prezzo;

(d)

imposizione di prezzi minimi pubblicizzati che vietano al distributore di pubblicizzare prezzi al di sotto di un livello stabilito dal fornitore;

(e)

collegamento del prezzo di rivendita imposto ai prezzi di rivendita dei concorrenti;

(f)

minacce, intimidazioni, avvertimenti, penalità, rinvii o sospensioni di consegne o risoluzioni di contratti in relazione all’osservanza di un dato livello di prezzo.

(188)

A norma dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, l’imposizione di un prezzo massimo di rivendita o la raccomandazione di un prezzo di rivendita da parte del fornitore non configura una restrizione fondamentale. Se il fornitore tuttavia combina tale prezzo massimo o prezzo raccomandato di rivendita con incentivi per applicare un determinato livello di prezzo o disincentivi per abbassare il prezzo di vendita, una siffatta situazione può costituire un’imposizione dei prezzi di rivendita. Un esempio in questo senso sarebbe il caso in cui il fornitore subordina il rimborso dei costi promozionali sostenuti dall’acquirente alla condizione che quest’ultimo non si discosti dal prezzo massimo di rivendita o dal prezzo di rivendita raccomandato. Un esempio di disincentivo ad abbassare il prezzo di vendita sarebbe la minaccia da parte del fornitore di sospendere ulteriori forniture in risposta a uno scostamento da parte dell’acquirente dal prezzo massimo di rivendita o dal prezzo di rivendita raccomandato.

(189)

Benché in linea di principio lascino al distributore la libertà di vendere a un prezzo inferiore a quello pubblicizzato, i prezzi minimi pubblicizzati costituiscono un disincentivo per il distributore ad applicare un prezzo di vendita inferiore, limitando la sua possibilità di informare potenziali clienti in merito a sconti disponibili. In questo modo viene eliminato un parametro fondamentale per la concorrenza sui prezzi tra dettaglianti. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, i prezzi minimi pubblicizzati saranno pertanto assimilati a strumenti indiretti di imposizione dei prezzi di rivendita.

(190)

Gli strumenti diretti o indiretti di imposizione dei prezzi di rivendita possono essere resi più efficaci se combinati con altre misure volte a individuare i distributori che praticano riduzioni, come l’attuazione di un sistema di controllo dei prezzi, o l’obbligo, per i dettaglianti, di segnalare altri membri della rete di distribuzione che si discostano dal livello di prezzo standard.

(191)

Il controllo dei prezzi è uno strumento sempre più diffuso nel commercio elettronico, dove sia i fornitori che i rivenditori utilizzano spesso software per il controllo dei prezzi (105). Questo software aumenta la trasparenza dei prezzi sul mercato e permette ai produttori di monitorare efficacemente i prezzi di rivendita nella loro rete di distribuzione (106). Esso consente inoltre ai dettaglianti di monitorare i prezzi dei loro concorrenti. Il controllo e la segnalazione dei prezzi tuttavia non configurano di per sé imposizioni dei prezzi di rivendita.

(192)

Nell’ambito di un accordo di agenzia commerciale, il preponente stabilisce di norma il prezzo di vendita, poiché assume i rischi finanziari e commerciali connessi alla vendita. Tuttavia, qualora l’accordo non soddisfi le condizioni per essere considerato un accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (cfr. in particolare i punti da (30) a (34) dei presenti orientamenti), un obbligo diretto o indiretto che impedisca all’agente, o limiti la sua possibilità, di condividere la sua remunerazione, sia essa fissa o variabile, con il cliente costituisce una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 (107). L’agente dovrebbe quindi essere lasciato libero di ridurre il prezzo effettivo pagato dal cliente senza ridurre il reddito del preponente (108).

(193)

Nell’ambito di un contratto di esecuzione, il fornitore stipula un accordo verticale con un acquirente al fine di dare esecuzione a (adempiere) un contratto di fornitura concluso in precedenza tra il fornitore e uno specifico cliente. Se è il fornitore a scegliere l’impresa che fornirà i servizi di esecuzione, la fissazione di un prezzo di rivendita da parte del fornitore non configura un’imposizione del prezzo di rivendita. In tal caso il prezzo di rivendita imposto nel contratto di esecuzione non limita la concorrenza per la fornitura dei beni o servizi al cliente né la concorrenza per la fornitura dei servizi di esecuzione. A titolo di esempio, ciò vale nel caso in cui i clienti acquistano beni da un’impresa operante nell’economia delle piattaforme online che è gestita da un gruppo di dettaglianti indipendenti con un marchio comune e tale impresa stabilisce il prezzo per la vendita dei beni, inoltrando gli ordini ai dettaglianti per l’esecuzione (109). Per contro, se è il cliente a scegliere l’impresa che fornirà i servizi di esecuzione, l’imposizione del prezzo di rivendita da parte del fornitore può limitare la concorrenza per la fornitura dei servizi di esecuzione. In tal caso la fissazione di un prezzo di rivendita può configurare un’imposizione dei prezzi di rivendita.

(194)

L’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 è pienamente applicabile all’economia delle piattaforme online. In particolare, se un’impresa fornisce servizi di intermediazione online ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del regolamento, è un fornitore di tali servizi e pertanto l’articolo 4, lettera a), del regolamento si applica alle restrizioni imposte dall’impresa agli acquirenti dei servizi di intermediazione online in relazione al prezzo di vendita di beni o servizi venduti tramite i servizi di intermediazione online. Questo non impedisce a un fornitore di servizi di intermediazione online di incentivare gli utenti di tali servizi a vendere i propri beni o servizi a un prezzo competitivo o a ridurre i prezzi, ma l’imposizione da parte del fornitore di servizi di intermediazione online di un prezzo di vendita minimo o fisso per le transazioni che agevola costituisce una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720.

(195)

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha statuito in diverse occasioni che l’imposizione dei prezzi di rivendita è una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (110). Come indicato tuttavia ai punti (179), (180) e (181), la qualifica di restrizione fondamentale e restrizione per oggetto non implica che si tratti di per sé di una violazione dell’articolo 101 del trattato. Qualora ritengano, in determinati casi, che l’imposizione dei prezzi di rivendita produca incrementi di efficienza, le imprese possono invocare le motivazioni relative all’efficienza di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(196)

L’imposizione dei prezzi di rivendita può limitare la concorrenza all’interno del marchio e/o tra marchi in vari modi:

(a)

L’imposizione dei prezzi di rivendita può facilitare la collusione tra fornitori aumentando la trasparenza dei prezzi sul mercato e rendendo quindi più semplice constatare se un fornitore si discosta dall’equilibrio collusivo riducendo il suo prezzo. Tale effetto negativo è più probabile nei mercati che evidenziano una tendenza alle pratiche collusive, ad esempio se i fornitori formano un rigido oligopolio e se gli accordi relativi all’imposizione dei prezzi di rivendita riguardano una parte significativa del mercato;

(b)

l’imposizione dei prezzi di rivendita può facilitare la collusione tra acquirenti al livello della distribuzione, in particolare se è determinata dagli acquirenti. Gli acquirenti forti o bene organizzati possono essere in grado di costringere o di convincere uno o più fornitori a fissare il prezzo di rivendita al di sopra del livello competitivo, aiutando così gli acquirenti a raggiungere o stabilizzare un equilibrio collusivo. L’imposizione dei prezzi di rivendita funge da strumento per impegnare i rivenditori a non discostarsi dall’equilibrio collusivo praticando prezzi scontati;

(c)

in alcuni casi, l’imposizione dei prezzi di rivendita può anche indebolire la concorrenza tra i produttori e/o tra i dettaglianti, in particolare quando i produttori utilizzano gli stessi distributori per distribuire i loro prodotti e l’imposizione dei prezzi di rivendita è applicata da tutti o da molti di loro;

(d)

l’imposizione dei prezzi di rivendita può ridurre la pressione sul margine del fornitore, in particolare quando il produttore ha un problema di impegni, ossia quando ha interesse a diminuire il prezzo applicato ai distributori successivi. In tale situazione, il produttore può privilegiare l’imposizione dei prezzi di rivendita, in modo da avere un sostegno nel proprio impegno a non abbassare il prezzo per i distributori successivi e ridurre la pressione sul proprio margine;

(e)

evitando la concorrenza sui prezzi tra distributori, l’imposizione dei prezzi di rivendita può impedire od ostacolare l’introduzione e l’espansione di formati di distribuzione nuovi o più efficienti, riducendo così l’innovazione al livello della distribuzione;

(f)

l’imposizione dei prezzi di rivendita può essere attuata da un fornitore che detiene un potere di mercato tale da precludere il mercato a concorrenti di dimensioni inferiori. Il margine maggiore che l’imposizione dei prezzi di rivendita può offrire ai distributori può incentivarli a favorire il marchio di un fornitore rispetto a marchi concorrenti al momento di consigliare i clienti, anche se un simile consiglio non è nell’interesse del cliente, o a non vendere affatto i marchi concorrenti;

(g)

l’effetto diretto dell’imposizione dei prezzi di rivendita è l’eliminazione della concorrenza sui prezzi all’interno del marchio, impedendo a tutti i distributori o ad alcuni di essi di abbassare il proprio prezzo di vendita per il marchio in questione, con la conseguenza di un aumento del prezzo per tale marchio.

(197)

L’imposizione dei prezzi di rivendita tuttavia può anche comportare incrementi di efficienza, in particolare se determinata dal fornitore. Se invocano motivi legati all’efficienza per giustificare l’imposizione dei prezzi di rivendita, le imprese sono tenute a presentare elementi di prova in tal senso e a dimostrare che tutte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, sono, nel caso specifico, soddisfatte (111). Seguono quattro esempi di tali incrementi di efficienza.

(a)

Quando un produttore introduce un nuovo prodotto, l’imposizione dei prezzi di rivendita può rivelarsi uno strumento efficiente per spingere i distributori a tenere maggiormente conto dell’interesse del produttore a promuovere tale prodotto. A norma dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato inoltre non devono esistere strumenti alternativi realistici e meno restrittivi per incentivare i distributori a promuovere il prodotto. Per soddisfare questo requisito, i fornitori possono dimostrare, ad esempio, che non è possibile nella pratica imporre per contratto a tutti gli acquirenti obblighi effettivi in materia di promozione. In simili circostanze, l’imposizione di prezzi al dettaglio fissi o minimi per un periodo di tempo limitato al fine di agevolare l’introduzione del nuovo prodotto nel complesso si può considerare favorevole alla concorrenza.

(b)

Prezzi di rivendita fissi, e non semplicemente prezzi massimi, possono essere necessari per organizzare una campagna promozionale coordinata a breve termine (da due a sei settimane nella maggior parte dei casi) che prevede prezzi bassi, in particolare in un sistema di distribuzione in cui il fornitore applica un formato di distribuzione uniforme, ad esempio un sistema di franchising. In un caso del genere, considerato il suo carattere temporaneo, l’imposizione di prezzi al dettaglio fissi può essere nel complesso considerata favorevole alla concorrenza.

(c)

Un prezzo minimo di rivendita o un prezzo minimo pubblicizzato può servire a impedire a un particolare distributore di utilizzare il prodotto di un fornitore come articolo civetta (loss leader). Se un distributore rivende regolarmente un prodotto ad un prezzo inferiore al prezzo all’ingrosso, ciò può danneggiare l’immagine del marchio del prodotto e, nel corso del tempo, ridurre la domanda complessiva del prodotto, compromettendo gli incentivi del fornitore a investire nella qualità e nell’immagine del marchio. In un caso del genere, il fatto di impedire a quel distributore di vendere il prodotto ad un prezzo inferiore al prezzo all’ingrosso, imponendogli un determinato prezzo minimo di rivendita o prezzo minimo pubblicizzato può essere considerato nel complesso favorevole alla concorrenza.

(d)

In alcune situazioni, il margine extra fornito dall’imposizione dei prezzi di rivendita può consentire ai dettaglianti di fornire servizi aggiuntivi pre-vendita, in particolare in caso di prodotti complessi. Se un numero sufficiente di clienti si avvale di tali servizi per compiere la propria scelta ma poi acquista il prodotto a un prezzo inferiore presso dettaglianti che non forniscono servizi di questo tipo (e dunque non sostengono i relativi costi), i dettaglianti che forniscono servizi di alto livello possono ridurre o eliminare la fornitura dei servizi pre-vendita che fanno aumentare la domanda del prodotto del fornitore. Il fornitore deve dimostrare che esiste un rischio di pratiche di sfruttamento senza contropartita al livello della distribuzione, che i prezzi di rivendita fissi o minimi offrono incentivi sufficienti per gli investimenti nei servizi pre-vendita e che non esistono strumenti alternativi realistici e meno restrittivi per eliminare i rischi di tali pratiche. In tale situazione, la probabilità che l’imposizione dei prezzi di rivendita sia considerata favorevole alla concorrenza è maggiore quando la concorrenza tra fornitori è agguerrita e il potere di mercato del fornitore è limitato.

(198)

L’uso di prezzi di rivendita raccomandati o di prezzi di rivendita massimi può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 se la quota di mercato di ciascuna delle parti dell’accordo non supera la soglia del 30 % e purché ciò non comporti l’imposizione di un prezzo di vendita minimo o fisso in conseguenza di pressioni esercitate o di incentivi offerti da una qualsiasi delle parti, come indicato ai punti (187) e (188). I punti (199), (200) e (201) forniscono orientamenti per la valutazione di prezzi di rivendita massimi o raccomandati al di sopra della soglia della quota di mercato.

(199)

I prezzi di rivendita massimi e raccomandati possono comportare rischi per la concorrenza, in primo luogo perché possono fungere da punto di convergenza per i rivenditori ed essere adottati dalla maggior parte o dalla totalità dei rivenditori. In secondo luogo, possono indebolire la concorrenza e facilitare la collusione tra fornitori.

(200)

Un fattore importante per la valutazione dei possibili effetti anticoncorrenziali dei prezzi di rivendita massimi o raccomandati è la posizione di mercato del fornitore. Quanto più è forte la posizione di mercato del fornitore, tanto è maggiore il rischio che un prezzo di rivendita massimo o raccomandato porti a un’applicazione più o meno uniforme di tale livello di prezzo da parte dei rivenditori, che possono avere difficoltà a discostarsi da quello che essi percepiscono come il prezzo di rivendita preferito proposto da un fornitore così importante.

(201)

Se i prezzi di rivendita massimi o raccomandati producono effetti anticoncorrenziali sensibili, occorre valutare se soddisfano le condizioni per l’eccezione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Per quanto riguarda i prezzi di rivendita massimi, può essere particolarmente importante (112) evitare la «doppia marginalizzazione». Un prezzo di rivendita massimo può inoltre contribuire a garantire che il marchio del fornitore competa in modo più agguerrito con altri marchi, compresi i prodotti con marchio proprio, distribuiti dallo stesso distributore.

6.1.2.   Restrizioni fondamentali a norma dell’articolo 4, lettere b), c), d) ed e), del regolamento (UE) 2022/720

6.1.2.1.   Qualifica di restrizione fondamentale a norma dell’articolo 4, lettere b), c), d) ed e), del regolamento (UE) 2022/720

(202)

L’articolo 4, lettere b), c) e d), del regolamento (UE) 2022/720 contiene un elenco di restrizioni fondamentali ed eccezioni che si applicano rispettivamente ai vari tipi di sistema di distribuzione, ossia distribuzione esclusiva, selettiva e libera. Le restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4, lettera b), lettera c), punto i), e lettera d), del regolamento (UE) 2022/720 riguardano accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, hanno per oggetto la restrizione del territorio in cui o dei clienti ai quali l’acquirente o i suoi clienti possono vendere i beni o servizi oggetto del contratto. L’articolo 4, lettera c), punti ii) e iii), del regolamento (UE) 2022/720 prevede che, in un sistema di distribuzione selettiva, costituiscono restrizioni fondamentali le restrizioni delle forniture incrociate tra i membri del sistema di distribuzione selettiva che operano allo stesso o ad un diverso livello commerciale, nonché le restrizioni delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri del sistema di distribuzione selettiva operanti al livello del commercio al dettaglio. L’articolo 4, lettere b), c) e d), del regolamento (UE) 2022/720 si applica a prescindere dal canale di vendita utilizzato, ad esempio se le vendite sono effettuate offline od online.

(203)

A norma dell’articolo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720 costituisce una restrizione fondamentale un accordo verticale che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, abbia per oggetto di impedire all’acquirente o ai suoi clienti di utilizzare efficacemente internet al fine di vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari. Un accordo verticale contenente una o più restrizioni delle vendite o della pubblicità online (113) che di fatto vietano all’acquirente di utilizzare internet per vendere i beni o servizi oggetto del contratto ha per oggetto, come minimo, la restrizione delle vendite passive a utenti finali che desiderano acquistare online e sono ubicati al di fuori della zona di riferimento fisica dell’acquirente (114). Tali accordi rientrano pertanto nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720. Lo stesso vale per gli accordi verticali che, pur non vietandolo direttamente, hanno per oggetto di impedire all’acquirente o ai suoi clienti di utilizzare efficacemente internet per vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari. È il caso, ad esempio, degli accordi verticali che hanno per oggetto la riduzione significativa del volume complessivo di vendite online dei beni o servizi oggetto del contratto o della possibilità per gli utenti finali di acquistare online i beni o servizi oggetto del contratto o analogamente, degli accordi verticali che hanno per oggetto di impedire l’uso di uno o più interi canali pubblicitari online da parte dell’acquirente, quali motori di ricerca (115) o servizi di comparazione dei prezzi, o di impedire all’acquirente di creare o utilizzare il proprio negozio online (116). La valutazione volta a stabilire se una restrizione è fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720 può tenere conto del contenuto e del contesto della restrizione, ma non può dipendere dalle circostanze specifiche del mercato o dalle caratteristiche individuali delle parti dell’accordo verticale.

(204)

Le restrizioni fondamentali di cui al punto (202) possono essere il risultato di obblighi diretti, come l’obbligo di non vendere in territori o a clienti particolari o l’obbligo di trasferire gli ordini di tali clienti ad altri distributori. Esse possono anche derivare da misure indirette applicate dal distributore per indurre l’acquirente a non effettuare vendite a tali clienti, ad esempio:

(a)

l’obbligo per l’acquirente di chiedere l’autorizzazione preventiva del fornitore per le vendite a tali clienti (117);

(b)

rifiuto di concedere bonus o sconti o riduzione dell’importo dei bonus o sconti previsti se l’acquirente effettua vendite a tali clienti (118) o la concessione di pagamenti compensativi agli acquirenti che interrompono le vendite a tali clienti;

(c)

la cessazione della fornitura di prodotti se l’acquirente effettua vendite a tali clienti;

(d)

la limitazione o riduzione dei volumi delle forniture, ad esempio, affinché i volumi corrispondano alla domanda dei clienti in determinati territori o alla domanda di determinati gruppi di clienti;

(e)

la minaccia di risoluzione o di mancato rinnovo dell’accordo verticale (119) se l’acquirente effettua vendite a tali clienti;

(f)

l’imposizione al distributore di un prezzo più elevato per i prodotti da vendere a tali clienti (120);

(g)

limitazioni della quota di vendite dell’acquirente a tali clienti;

(h)

il divieto per l’acquirente di utilizzare lingue aggiuntive sulle confezioni o per la promozione dei prodotti (121);

(i)

la fornitura di un altro prodotto in cambio dell’interruzione delle vendite dell’acquirente a tali clienti;

(j)

pagamenti all’acquirente per interrompere le vendite a tali clienti;

(k)

l’obbligo per l’acquirente di trasferire al fornitore i profitti derivanti da tali clienti (122);

(l)

l’esclusione da una garanzia valida sull’intero territorio dell’Unione rimborsata dal fornitore per i prodotti che sono rivenduti al di fuori del territorio dell’acquirente o dai prodotti che sono venduti nel territorio dell’acquirente da acquirenti ubicati in altri territori (123).

(205)

Le misure che consentono a un produttore di verificare la destinazione dei beni forniti, come l’uso di etichette differenziate, gruppi linguistici specifici o numeri di serie, oppure la minaccia o l’esecuzione di audit per verificare la conformità dell’acquirente ad altre restrizioni (124), non sono di per sé restrizioni della concorrenza. Tuttavia possono essere considerate parte di una restrizione fondamentale delle vendite dell’acquirente quando sono utilizzate dal fornitore per controllare la destinazione dei beni forniti, ad esempio se vengono utilizzate in concomitanza con una o più delle pratiche citate ai punti (203) e (204).

(206)

In aggiunta alle restrizioni dirette e indirette di cui ai punti (202), (203) e (204), anche le restrizioni fondamentali concernenti specificamente le vendite online possono essere la conseguenza di obblighi diretti o indiretti. Oltre al divieto diretto di utilizzare internet per la vendita dei beni o servizi oggetto del contratto, ecco un elenco esempi di obblighi che hanno indirettamente per oggetto di impedire all’acquirente di utilizzare efficacemente internet al fine di vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari ai sensi dell’articolo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720:

(a)

l’obbligo per l’acquirente di impedire ai clienti situati in un altro territorio di visualizzare il suo sito web o negozio online o di reindirizzare i clienti al negozio online del produttore o di un altro venditore. L’obbligo per l’acquirente di indicare i link ai negozi online del fornitore o di altri venditori non configura tuttavia una restrizione fondamentale (125);

(b)

l’obbligo per l’acquirente di interrompere le transazioni online dei consumatori qualora la loro carta di credito riveli un indirizzo che non rientra nel territorio dell’acquirente (126);

(c)

l’obbligo per l’acquirente di vendere i beni o servizi oggetto del contratto esclusivamente in uno spazio fisico o in presenza di personale specializzato (127);

(d)

l’obbligo per l’acquirente di ottenere l’autorizzazione preventiva del fornitore per effettuare singole transazioni di vendita online;

(e)

il divieto per l’acquirente di utilizzare nel proprio sito web o negozio online marchi commerciali o marche del fornitore;

(f)

il divieto per l’acquirente di creare o gestire uno o più negozi online, a prescindere dal fatto che il negozio online sia ospitato sul server dell’acquirente o di un terzo (128);

(g)

il divieto per l’acquirente di utilizzare un intero canale pubblicitario online, come motori di ricerca (129) o servizi di comparazione dei prezzi, o restrizioni che vietino indirettamente l’utilizzo di un intero canale pubblicitario online, quali l’obbligo di non utilizzare marchi commerciali o marche del fornitore per offerte da indicizzare in motori di ricerca o il divieto di fornire informazioni relative ai prezzi a servizi di confronto dei prezzi. Simili restrizioni hanno per oggetto di impedire all’acquirente di utilizzare efficacemente internet per vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari, poiché limitano la capacità dell’acquirente di rivolgersi a clienti al di fuori della sua zona di riferimento fisica, informarli in merito alle sue offerte e attirarli nel suo negozio online o in altri canali di vendita. Il divieto di utilizzare particolari servizi di confronto dei prezzi o motori di ricerca in genere non configura una restrizione fondamentale, poiché l’acquirente può avvalersi di altri servizi pubblicitari online per far conoscere le sue attività di vendita online. Tuttavia il divieto di utilizzare i servizi pubblicitari più diffusi in un particolare canale pubblicitario online potrebbe configurare una restrizione fondamentale, se i servizi rimanenti in tale canale pubblicitario online di fatto non sono in grado di attirare clienti nel negozio online dell’acquirente.

(207)

Contrariamente alle restrizioni di cui al punto (204), i requisiti imposti dal fornitore all’acquirente circa le modalità di vendita dei beni o servizi oggetto del contratto possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, a prescindere dal tipo di sistema di distribuzione. In particolare il fornitore può imporre requisiti relativi alla qualità. Ad esempio, in un sistema di distribuzione selettiva il fornitore può imporre requisiti relativi alle dimensioni minime e all’aspetto del negozio dell’acquirente (ad esempio riguardo a infrastrutture, mobili, design, illuminazione e pavimentazione), oppure requisiti relativi alla presentazione del prodotto (ad esempio il numero minimo di prodotti del marchio da esporre e lo spazio minimo tra prodotti) (130).

(208)

Analogamente, il fornitore può imporre all’acquirente requisiti relativi alle modalità di vendita online dei beni o servizi oggetto del contratto. Le restrizioni concernenti l’utilizzo di particolari canali di vendita online, quali mercati online, o l’imposizione di standard qualitativi per le vendite online in genere possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, a prescindere dal tipo di sistema di distribuzione, purché non abbiano indirettamente per oggetto di impedire all’acquirente di utilizzare efficacemente internet al fine di vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari. Le restrizioni delle vendite online in genere non hanno un simile oggetto, se l’acquirente resta libero di gestire il proprio negozio online (131) e di fare pubblicità online (132). In questi casi all’acquirente non si impedisce di fare un uso efficace di internet per vendere i beni o servizi oggetto del contratto. Ecco alcuni esempi di requisiti relativi alle vendite online che possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento:

(a)

requisiti intesi a garantire la qualità o un particolare aspetto del negozio online dell’acquirente;

(b)

requisiti concernenti l’esposizione dei beni o servizi oggetto del contratto nel negozio online (ad esempio il numero minimo di articoli esposti, le modalità di esposizione di marchi commerciali o marche del fornitore);

(c)

il divieto diretto o indiretto di utilizzare mercati online (133);

(d)

l’obbligo per l’acquirente di gestire uno o più negozi o showroom non virtuali, ad esempio come condizione per l’adesione al sistema di distribuzione selettiva del fornitore;

(e)

l’obbligo per l’acquirente di vendere offline una quantità minima assoluta (in termini di valore o di volume, ma non in proporzione alle vendite complessive) dei beni o servizi oggetto del contratto per garantire il funzionamento efficiente del suo negozio non virtuale. Tale requisito può essere lo stesso per tutti gli acquirenti o essere stabilito a livello individuale per ogni acquirente sulla base di criteri oggettivi, come le dimensioni dell’acquirente in relazione ad altri acquirenti o la sua ubicazione geografica.

(209)

L’obbligo per l’acquirente di pagare un prezzo all’ingrosso diverso per i prodotti venduti online rispetto ai prodotti venduti offline (doppia tariffazione) può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, in quanto può incentivare o premiare un livello adeguato di investimenti in canali di vendita online od offline, purché non abbia per oggetto di limitare le vendite in territori o a clienti particolari, come previsto all’articolo 4, lettere b), c) e d), del regolamento (UE) 2022/720 (134). Se, tuttavia, il suo obiettivo è quello di impedire all’acquirente di utilizzare efficacemente internet ai fini della vendita dei beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari, la differenza di prezzo all’ingrosso configura una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720. Questo vale in particolare laddove la vendita online non risulti redditizia o sia finanziariamente insostenibile a causa della differenza di prezzo all’ingrosso (135), o laddove si applichi la doppia tariffazione per limitare la quantità di prodotti forniti all’acquirente per la vendita online (136). Viceversa, la doppia tariffazione può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 se la differenza di prezzo all’ingrosso è connessa in misura ragionevole alle differenze negli investimenti e nei costi sostenuti dall’acquirente per la vendita in ciascun canale. Analogamente, il fornitore può applicare un prezzo all’ingrosso diverso per i prodotti destinati alla vendita tramite una combinazione di canali offline e online, se la differenza di prezzo tiene conto di investimenti o costi relativi a quel tipo di distribuzione. Le parti possono concordare un metodo appropriato per attuare la doppia tariffazione, tra cui, ad esempio, un bilanciamento ex post dei conti sulla base delle vendite effettive.

(210)

Le restrizioni alla pubblicità online possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, a condizione che non abbiano per oggetto di impedire all’acquirente di utilizzare un intero canale pubblicitario. Esempi di restrizioni alla pubblicità online che possono beneficiare dell’esenzione comprendono quanto segue:

(a)

il requisito che la pubblicità online rispetti determinati standard qualitativi o comprenda contenuti o informazioni specifici;

(b)

l’obbligo per l’acquirente di non avvalersi dei servizi di particolari fornitori di pubblicità online che non rispettano determinati standard qualitativi;

(c)

l’obbligo per l’acquirente di non utilizzare il nome del marchio del fornitore nel nome di dominio del proprio negozio online.

6.1.2.2.   Distinzione tra «vendite attive» e «vendite passive»

(211)

L’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720 distingue tra restrizioni delle vendite attive e restrizioni delle vendite passive nel contesto dei sistemi di distribuzione esclusiva. L’articolo 1, paragrafo 1, lettere l) e m), del regolamento (UE) 2022/720 contiene le definizioni di vendite attive e passive.

(212)

L’articolo 1, paragrafo 1, lettera m), del regolamento (UE) 2022/720 stabilisce che nel caso delle vendite in un territorio o a un gruppo di clienti attribuiti in via esclusiva, le vendite a clienti che non sono stati contattati attivamente dal venditore sono vendite passive. Ad esempio, la creazione di un negozio online è una forma di vendita passiva, in quanto si tratta di un modo per consentire ai potenziali clienti di raggiungere il venditore. La gestione di un negozio online può produrre effetti che vanno al di là della zona di riferimento fisica del venditore, ad esempio consentendo acquisti online da parte di clienti ubicati in altri territori o di altri gruppi di clienti. Tali acquisti (inclusa la consegna dei prodotti) sono comunque vendite passive, purché il venditore non contatti attivamente il cliente specifico o il territorio o gruppo di clienti specifico al quale appartiene il cliente. Lo stesso vale se un cliente sceglie di essere informato automaticamente dal venditore e tali informazioni determinano una vendita. Analogamente, il ricorso a tecniche di ottimizzazione per i motori di ricerca, in particolare mediante strumenti o tecniche intesi a migliorare la visibilità o il posizionamento del negozio online nei motori di ricerca, o l’offerta di un’applicazione in un app store sono, in linea di principio, mezzi per consentire a potenziali clienti di raggiungere il venditore e configurano pertanto forme di vendita passiva.

(213)

Viceversa, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera l), del regolamento (UE) 2022/720 stabilisce che, nel caso delle vendite in un territorio o a un gruppo di clienti attribuiti in via esclusiva, l’offerta in un negozio online di un’opzione linguistica diversa da quelle comunemente utilizzate nel territorio in cui è stabilito il venditore in genere indica che le attività del venditore sono dirette al territorio nel quale tale lingua è parlata abitualmente e configura pertanto una vendita attiva (137). L’offerta dell’opzione della lingua inglese in un negozio online non indica di per sé che le attività del venditore siano dirette a territori anglofoni, poiché l’inglese è ampiamente compreso e utilizzato in tutta l’Unione. Analogamente, la creazione di un negozio online con un dominio di primo livello corrispondente a un territorio diverso da quello in cui è stabilito il venditore costituisce una forma di vendita attiva in tale territorio, mentre l’offerta di un negozio online con un nome di dominio generico e non specifico per paese è una forma di vendita passiva.

(214)

A norma dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera l), del regolamento (UE) 2022/720, per vendite attive si intendono le vendite derivanti dal contatto attivo con i clienti mediante visite, lettere, email, telefonate o altri mezzi di comunicazione diretta. Le inserzioni pubblicitarie o le promozioni mirate sono una forma di vendita attiva. In particolare, i servizi pubblicitari online spesso consentono al venditore di selezionare i territori o i clienti per la visualizzazione della pubblicità online. È questo il caso, ad esempio, della pubblicità di motori di ricerca e di altre pubblicità online in siti web, app store e social media, purché il servizio consenta all’inserzionista di contattare i clienti in base alle loro particolari caratteristiche, tra cui l’ubicazione geografica o il profilo personale. Per contro, se il venditore rivolge pubblicità online a clienti nel proprio territorio o al proprio gruppo di clienti e non è possibile impedire che tale pubblicità sia visualizzata da clienti di altri territori o gruppi di clienti, si tratta di una forma di vendita passiva. Esempi di queste azioni pubblicitarie di portata generale comprendono i contenuti sponsorizzati nel sito web di un quotidiano locale o nazionale che possono essere visualizzati da qualsiasi visitatore del sito, o l’uso di servizi di confronto dei prezzi con nomi di dominio generici e non specifici per paese. Viceversa, se tali azioni pubblicitarie di portata generale si svolgono in lingue non abitualmente utilizzate nel territorio in cui è stabilito il venditore o su siti web con domini di primi livelli corrispondenti a territori al di fuori di quello del venditore, si configura una forma di vendita attiva in tali altri territori.

(215)

La partecipazione ad appalti pubblici si qualifica come una forma di vendita passiva, a prescindere dal tipo di procedura di appalto pubblico (ad esempio procedura aperta, ristretta o di altro tipo). Tale qualifica è coerente ai fini della normativa in materia di appalti pubblici, che prevede l’agevolazione della concorrenza all’interno del marchio. Di conseguenza un accordo verticale che limita la possibilità di un acquirente di partecipare ad appalti pubblici è una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettere b), c) e d), del regolamento (UE) 2022/720. Analogamente, la risposta a bandi di gara di entità private è una forma di vendita passiva. Tali bandi di gara sono una forma di richiesta spontanea di clienti rivolta a molteplici potenziali venditori e la presentazione di un’offerta in risposta a un bando di gara di un’entità privata configura pertanto una vendita passiva.

6.1.2.3.   Restrizioni fondamentali relative a sistemi di distribuzione specifici

(216)

L’articolo 4, lettere b), c) e d), del regolamento (UE) 2022/720 contiene un elenco di restrizioni fondamentali ed eccezioni che si applicano in funzione del tipo di sistema di distribuzione gestito dal fornitore, ossia distribuzione esclusiva, selettiva o libera.

6.1.2.3.1.   Se il fornitore gestisce un sistema di distribuzione esclusiva

(217)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera b), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda accordi che, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto la restrizione del territorio in cui, o dei clienti ai quali, un acquirente a cui è stato attribuito un territorio o un gruppo di clienti in via esclusiva può vendere attivamente o passivamente i beni o servizi oggetto del contratto.

(218)

Esistono cinque eccezioni alla restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera b), del regolamento (UE) 2022/720.

(219)

In primo luogo, l’articolo 4, lettera b), punto i), del regolamento (UE) 2022/720 consente al fornitore di imporre la restrizione delle vendite attive di un distributore esclusivo in un territorio o a un gruppo di clienti attribuiti in via esclusiva a un massimo di altri cinque acquirenti o riservati al fornitore. Al fine di preservare i loro incentivi agli investimenti, il fornitore deve proteggere i suoi distributori esclusivi nei confronti delle vendite attive, compresa la pubblicità mirata online, effettuate nel territorio o al gruppo di clienti a loro attribuiti in via esclusiva da tutti gli altri acquirenti del fornitore.

(220)

Gli incentivi agli investimenti dei distributori esclusivi potrebbero essere indeboliti anche dalle vendite attive dei clienti di altri acquirenti del fornitore. L’articolo 4, lettera b), punto i), del regolamento (UE) 2022/720 quindi consente al fornitore di imporre agli altri suoi acquirenti di limitare la facoltà dei rispettivi clienti diretti di effettuare vendite attive nei territori o ai gruppi di clienti che il fornitore ha attribuito in via esclusiva ad altri distributori o ha riservato a sé stesso. Il fornitore tuttavia non può imporre a tali altri acquirenti di trasferire le restrizioni delle vendite attive a clienti più a valle nella catena di distribuzione.

(221)

Il fornitore può combinare l’attribuzione di un territorio esclusivo e di un gruppo di clienti esclusivo designando, ad esempio, un distributore esclusivo per un particolare gruppo di clienti in uno specifico territorio.

(222)

La protezione dei territori o dei gruppi di clienti attribuiti in via esclusiva non è assoluta. Onde evitare la ripartizione del mercato, non è possibile limitare le vendite passive in tali territori o a tali gruppi di clienti. L’articolo 4, lettera b), del regolamento (UE) 2022/720 si applica esclusivamente alle restrizioni imposte all’acquirente. Il fornitore può pertanto accettare restrizioni delle proprie vendite online e offline, effettuate nel territorio esclusivo o ai clienti (tutti o alcuni) che costituiscono un gruppo di clienti esclusivo. In determinate circostanze, tuttavia, le restrizioni delle vendite passive agli utenti finali possono essere nulle di diritto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2018/302 del Parlamento europeo e del Consiglio (138).

(223)

In secondo luogo, l’articolo 4, lettera b), punto ii), del regolamento (UE) 2022/720 consente a un fornitore che gestisce un sistema di distribuzione esclusiva in un determinato territorio e un sistema di distribuzione selettiva in un altro territorio di limitare la facoltà dei suoi distributori esclusivi di effettuare vendite attive o passive a distributori non autorizzati ubicati in un territorio in cui il fornitore gestisce già un sistema di distribuzione selettiva o che ha riservato per la gestione di un tale sistema. Il fornitore può anche imporre ai suoi distributori esclusivi di limitare allo stesso modo la facoltà dei rispettivi clienti di effettuare vendite attive e passive a distributori non autorizzati in territori nei quali il fornitore gestisce un sistema di distribuzione selettiva o che ha riservato a tale scopo. La possibilità di trasferire le restrizioni delle vendite attive e passive più a valle nella catena di distribuzione in tale scenario è intesa a proteggere la natura chiusa dei sistemi di distribuzione selettiva.

(224)

In terzo luogo, l’articolo 4, lettera b), punto iii), del regolamento (UE) 2022/720 consente a un fornitore di limitare il luogo di stabilimento dell’acquirente al quale ha attribuito in via esclusiva un territorio o un gruppo di clienti («clausola dell’ubicazione»). Ciò significa che il fornitore può imporre all’acquirente di limitare i propri punti di distribuzione e depositi a un indirizzo, luogo o territorio particolare. Riguardo ai punti di distribuzione mobili, l’accordo può specificare un’area al di fuori della quale non possono operare. La creazione e l’utilizzo di un negozio online da parte del distributore tuttavia non è equivalente all’apertura di un punto vendita fisico e pertanto in tal caso non sono possibili restrizioni (139).

(225)

In quarto luogo, l’articolo 4, lettera b), punto iv), del regolamento (UE) 2022/720 consente a un fornitore di limitare le vendite attive e passive di un grossista esclusivo agli utenti finali, consentendo così al fornitore di tenere separati i livelli commerciali all’ingrosso e al dettaglio. Tale eccezione include la possibilità di consentire al grossista di vendere a determinati utenti finali (ad esempio alcuni grandi utenti finali), pur vietandogli di vendere a tutti gli altri utenti finali (140).

(226)

In quinto luogo, l’articolo 4, lettera b), punto v), del regolamento (UE) 2022/720 consente di limitare la facoltà del distributore esclusivo di vendere attivamente o passivamente componenti, forniti a fini di incorporazione, a concorrenti del fornitore, che li utilizzerebbero per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore. Il termine «componenti» include qualsiasi bene intermedio e il termine «incorporazione» si riferisce all’uso come fattore produttivo per la produzione di un bene.

6.1.2.3.2.   Se il fornitore gestisce un sistema di distribuzione selettiva

(227)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera c), punto i), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda accordi che, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto la restrizione del territorio in cui, o dei clienti ai quali, i membri di un sistema di distribuzione selettiva («distributori autorizzati») possono effettuare vendite attive o passive dei beni o servizi oggetto del contratto. Ciò comprende le restrizioni delle vendite attive o passive agli utenti finali imposte da un fornitore ai distributori autorizzati che operano al livello del commercio al dettaglio.

(228)

Esistono cinque eccezioni alla restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera c), punto i), del regolamento (UE) 2022/720.

(229)

La prima eccezione riguarda le limitazioni della possibilità dei distributori autorizzati di effettuare vendite al di fuori del sistema di distribuzione selettivo. Essa consente al fornitore di imporre restrizioni delle vendite attive, compresa la pubblicità mirata online, di distributori autorizzati in altri territori o a gruppi di clienti attribuiti in via esclusiva ad altri distributori o riservati al fornitore. Quest’ultimo può anche esigere che i distributori autorizzati impongano tali restrizioni consentite delle vendite attive ai loro clienti diretti. La protezione di tali territori o gruppi di clienti attribuiti in via esclusiva tuttavia non è assoluta, in quanto il fornitore non può limitare le vendite passive in tali territori o a tali gruppi di clienti.

(230)

La seconda eccezione consente al fornitore di limitare la facoltà dei suoi distributori autorizzati e relativi clienti di effettuare vendite attive o passive a distributori non autorizzati ubicati in un territorio in cui il fornitore gestisce un sistema di distribuzione selettiva.

(231)

La terza eccezione consente al fornitore di imporre la clausola dell’ubicazione ai suoi distributori autorizzati, per impedire loro di svolgere la loro attività da sedi diverse o di aprire un nuovo punto vendita in una diversa ubicazione. Il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 è pertanto possibile se il distributore accetta di limitare i propri punti di distribuzione e depositi a un indirizzo, luogo o territorio particolare. Riguardo ai punti di distribuzione mobili, l’accordo può specificare un’area al di fuori della quale non possono operare. La creazione e l’utilizzo di un negozio online da parte del distributore tuttavia non è equivalente all’apertura di un punto vendita fisico e pertanto in tal caso non sono possibili restrizioni (141).

(232)

La quarta eccezione consente al fornitore di imporre restrizioni delle vendite attive e passive di un grossista autorizzato a utenti finali, consentendo così al fornitore di tenere separati i livelli commerciali all’ingrosso e al dettaglio. Tale eccezione include la possibilità di consentire al grossista di vendere a determinati utenti finali (ad esempio alcuni grandi utenti finali), pur vietandogli di vendere a tutti gli altri utenti finali (142).

(233)

La quinta eccezione consente al fornitore di impedire a un distributore esclusivo di vendere attivamente o passivamente componenti, forniti ai fini dell’incorporazione, a concorrenti del fornitore, che li utilizzerebbero per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore. Il termine «componenti» include qualsiasi bene intermedio e il termine «incorporazione» si riferisce all’uso come fattore produttivo per la produzione di un bene.

(234)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera c), punto iii), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda le limitazioni delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di una rete di un sistema di distribuzione selettiva operanti al livello del commercio al dettaglio. Ciò significa che il fornitore non può limitare la facoltà dei suoi distributori autorizzati di effettuare vendite a utenti finali o ad agenti che acquistano per conto di utenti finali, tranne nel caso in cui tali utenti finali sono ubicati in un territorio o appartengono a un gruppo di clienti che è stato attribuito in via esclusiva a un altro distributore o è riservato al fornitore in un territorio in cui il fornitore gestisce un sistema di distribuzione esclusiva (cfr. l’articolo 4, lettera c), punto i), primo trattino, del regolamento e il punto (229)). Ciò non esclude nemmeno la possibilità di limitare la facoltà dei distributori autorizzati di operare da un luogo di stabilimento non autorizzato (cfr. l’articolo 4, lettera c), punto i), terzo trattino, del regolamento e il punto (231) dei presenti orientamenti).

(235)

Un fornitore che gestisce un sistema di distribuzione selettiva può selezionare i suoi distributori autorizzati sulla base di criteri qualitativi e/o quantitativi. I criteri qualitativi in genere devono essere stabiliti sia per i canali online che per quelli offline. Considerando tuttavia che i canali online e offline presentano caratteristiche diverse, un fornitore che gestisce un sistema di distribuzione selettiva può imporre ai propri distributori autorizzati dei criteri per le vendite online diversi da quelli imposti per le vendite nei negozi non virtuali, purché i requisiti imposti per le vendite online non abbiano indirettamente per oggetto di impedire all’acquirente di utilizzare efficacemente internet al fine di vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari. Un fornitore, ad esempio, può imporre requisiti per garantire determinati standard qualitativi per le vendite online, come l’istituzione e la gestione di uno sportello di assistenza post-vendita online, l’obbligo di sostenere i costi della restituzione dei prodotti acquistati da parte dei clienti o l’uso di sistemi di pagamento sicuri. Analogamente, un fornitore può definire criteri diversi relativi allo sviluppo sostenibile per i canali di vendita online e offline che richiedano, ad esempio, punti vendita eco-compatibili o la prestazione di servizi di consegna mediante biciclette ecologiche.

(236)

La combinazione della distribuzione selettiva con la distribuzione esclusiva nello stesso territorio non può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, anche se il fornitore applica la distribuzione esclusiva al livello del commercio all’ingrosso e la distribuzione selettiva al livello del commercio al dettaglio. Ciò dipende dal fatto che una simile combinazione obbligherebbe i distributori autorizzati ad accettare le restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4, lettera b) o c), del regolamento (UE) 2022/720, quali ad esempio le restrizioni delle vendite attive in territori o a clienti non attribuiti in via esclusiva, le restrizioni delle vendite attive o passive agli utenti finali (143), oppure le restrizioni delle forniture incrociate tra distributori autorizzati (144). Il fornitore può tuttavia impegnarsi a rifornire solo determinati distributori autorizzati, ad esempio in certe parti del territorio in cui si applica il sistema di distribuzione selettiva, o può impegnarsi a non effettuare vendite dirette in tale territorio (145). In virtù della terza eccezione all’articolo 4, lettera c), punto i), del regolamento (UE) 2022/720, il fornitore può anche imporre una clausola dell’ubicazione ai propri distributori autorizzati.

(237)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera c), punto ii), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda la restrizione delle forniture incrociate tra distributori autorizzati nell’ambito di un sistema di distribuzione selettiva. Ciò significa che il fornitore non può impedire le vendite attive o passive tra i propri distributori autorizzati, che devono essere liberi di acquistare i prodotti oggetto del contratto da altri distributori autorizzati all’interno della rete, operanti allo stesso livello o a un livello diverso della catena commerciale (146). La distribuzione selettiva non può pertanto essere combinata con restrizioni verticali volte a obbligare i distributori ad acquistare i prodotti oggetto del contratto esclusivamente da una determinata fonte. Ciò significa inoltre che in un sistema di distribuzione selettiva il fornitore non può imporre restrizioni alle vendite dei grossisti autorizzati a distributori autorizzati.

6.1.2.3.3.   Se il fornitore gestisce un sistema di distribuzione libera

(238)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda accordi o pratiche concordate che, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto la restrizione del territorio in cui, o dei clienti ai quali, un acquirente che opera in un sistema di distribuzione libera può effettuare vendite attive o passive dei beni o servizi oggetto del contratto (147).

(239)

Esistono cinque eccezioni alla restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720.

(240)

In primo luogo, l’articolo 4, lettera d), punto i), del regolamento (UE) 2022/720 consente al fornitore di imporre restrizioni delle vendite attive, compresa la pubblicità mirata online, dell’acquirente in territori o a gruppi di clienti attribuiti in via esclusiva ad altri acquirenti o riservati al fornitore. Quest’ultimo può anche chiedere all’acquirente di imporre tali restrizioni consentite delle vendite attive ai suoi clienti diretti. La protezione di tali territori o gruppi di clienti attribuiti in via esclusiva tuttavia non è assoluta, in quanto il fornitore non può limitare le vendite passive in tali territori o a tali gruppi di clienti.

(241)

In secondo luogo, l’articolo 4, lettera d), punto ii), del regolamento (UE) 2022/720 consente al fornitore di impedire all’acquirente, e di imporre a quest’ultimo di impedire ai propri clienti, di effettuare vendite attive o passive a distributori non autorizzati ubicati in un territorio in cui il fornitore gestisce un sistema di distribuzione selettiva o che ha riservato per la gestione di un tale sistema. La restrizione può riguardare vendite attive o passive a qualsiasi livello della catena commerciale.

(242)

In terzo luogo, l’articolo 4, lettera d), punto iii), del regolamento (UE) 2022/720 consente al fornitore di limitare il luogo di stabilimento dell’acquirente, applicando la clausola dell’ubicazione. Ciò significa che il fornitore può imporre all’acquirente di limitare i propri punti di distribuzione e depositi a un indirizzo, luogo o territorio particolare. Riguardo ai punti di distribuzione mobili, l’accordo può specificare un’area al di fuori della quale non possono operare. La creazione e l’utilizzo di un negozio online da parte dell’acquirente tuttavia non equivale all’apertura di un punto vendita fisico e pertanto in tal caso non è possibile applicare restrizioni (148).

(243)

In quarto luogo, l’articolo 4, lettera d), punto iv), del regolamento (UE) 2022/720 consente al fornitore di limitare le vendite attive e passive di un grossista agli utenti finali, consentendo così al fornitore di tenere separati i livelli commerciali all’ingrosso e al dettaglio. Tale eccezione include la possibilità di consentire al grossista di vendere a determinati utenti finali (ad esempio ad alcuni grandi utenti finali), pur vietandogli di vendere ad altri utenti finali (149).

(244)

In quinto luogo, l’articolo 4, lettera d), punto v), del regolamento (UE) 2022/720 consente al fornitore di limitare la facoltà dell’acquirente di vendere attivamente o passivamente componenti, forniti a fini di incorporazione, di rivenderli a concorrenti del fornitore, che li utilizzerebbero per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore. Il termine «componenti» include qualsiasi bene intermedio e il termine «incorporazione» si riferisce all’uso come fattore produttivo per la produzione di un bene.

6.1.3.   Restrizioni delle vendite di pezzi di ricambio

(245)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera f), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda accordi volti a impedire o limitare a utenti finali, riparatori indipendenti, grossisti e prestatori di servizi la possibilità di ottenere pezzi di ricambio direttamente dal produttore di tali pezzi. Un accordo fra un produttore di pezzi di ricambio e un acquirente «assemblatore» che incorpora tali pezzi nei propri prodotti (original equipment manufacturer, «OEM»), non può, direttamente o indirettamente, impedire o limitare le vendite da parte del produttore di tali pezzi di ricambio a utenti finali, riparatori indipendenti, grossisti o prestatori di servizi. Restrizioni indirette possono aversi, in particolare, quando al produttore dei pezzi di ricambio sono poste restrizioni relative alla fornitura di informazioni tecniche e di apparecchiature speciali necessarie per l’impiego dei pezzi di ricambio da parte di utenti finali, riparatori indipendenti o prestatori di servizi. L’accordo tuttavia può contenere restrizioni relative alla fornitura dei pezzi di ricambio ai riparatori o ai prestatori di servizi incaricati dall’OEM della riparazione o della manutenzione dei propri prodotti. Ciò significa inoltre che l’OEM può esigere che la propria rete di riparazione e manutenzione acquisti i pezzi di ricambio da lui o da altri membri del suo sistema di distribuzione selettiva, nel luogo in cui gestisce tale sistema.

6.2.   Restrizioni che sono escluse dal regolamento (UE) 2022/720

(246)

L’articolo 5 del regolamento (UE) 2022/720 esclude taluni obblighi contenuti in accordi verticali dal beneficio dell’esenzione per categoria, a prescindere dal superamento delle soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento. L’articolo 5 del regolamento in particolare definisce gli obblighi per i quali non si può presumere con sufficiente certezza che soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Non si può presumere tuttavia che gli obblighi specificati nell’articolo 5 del regolamento rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o che non soddisfino le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. L’esclusione di questi obblighi dall’esenzione per categoria implica solo che sono soggetti a una valutazione individuale ai sensi dell’articolo 101 del trattato. Diversamente dall’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720, l’esclusione dall’esenzione per categoria a norma dell’articolo 5 del regolamento inoltre è limitata all’obbligo specifico, purché l’obbligo in questione possa essere separato dal resto dall’accordo verticale, che in tal caso continua a beneficiare dell’esenzione per categoria.

6.2.1.   Obblighi di non concorrenza di durata superiore a cinque anni

(247)

A norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, gli obblighi di non concorrenza di durata superiore a cinque anni sono esclusi dall’esenzione per categoria. Gli obblighi di non concorrenza, come definiti nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2022/720, sono accordi in base ai quali l’acquirente acquista dal fornitore o da un’altra impresa da questo designata più dell’80 % degli acquisti complessivi dei beni o servizi oggetto del contratto e dei loro succedanei effettuati dall’acquirente nell’anno civile precedente, impedendo in tal modo all’acquirente di acquistare beni o servizi concorrenti o limitando tali acquisti a meno del 20 % degli acquisti complessivi. Se non sono disponibili dati pertinenti per gli acquisti dell’acquirente nell’anno civile precedente alla conclusione dell’accordo verticale, può essere presa in considerazione la stima più accurata del fabbisogno annuo complessivo presentata dall’acquirente, benché sia opportuno utilizzare i dati sugli acquisti effettivi non appena sono disponibili.

(248)

Gli obblighi di non concorrenza non possono beneficiare dell’esenzione per categoria se la loro durata è indeterminata o superiore a cinque anni. Gli obblighi di non concorrenza che sono tacitamente rinnovabili oltre i cinque anni possono beneficiare dell’esenzione per categoria, purché l’acquirente possa effettivamente rinegoziare o risolvere l’accordo verticale contenente l’obbligo con un ragionevole preavviso e a un costo ragionevole, e sia quindi in grado di passare a un altro fornitore dopo la scadenza del periodo di cinque anni. Se, ad esempio, l’accordo verticale prevede un obbligo di non concorrenza di cinque anni e il fornitore concede un prestito all’acquirente, il rimborso di tale prestito non deve impedire all’acquirente di porre effettivamente termine all’obbligo di non concorrenza allo scadere dei cinque anni. Analogamente, se il fornitore fornisce all’acquirente apparecchiature che non riguardano specificamente il rapporto contrattuale, l’acquirente dovrebbe avere la possibilità di rilevare tali apparecchiature al loro valore di mercato allo scadere dell’obbligo di non concorrenza.

(249)

A norma dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/720, il limite di cinque anni per gli obblighi di non concorrenza non si applica quando i beni o servizi oggetto del contratto sono rivenduti dall’acquirente in locali e terreni di proprietà del fornitore o da questi affittati presso terzi non collegati all’acquirente. In tali casi l’obbligo di non concorrenza può essere imposto per una durata maggiore, purché non superi il periodo di occupazione del punto vendita da parte dell’acquirente. La ragione di tale eccezione è che in generale sarebbe irragionevole attendersi che un fornitore acconsenta alla vendita di prodotti concorrenti in locali e terreni di sua proprietà senza il suo consenso. Per analogia, gli stessi principi si applicano quando l’acquirente opera a partire da un punto vendita mobile appartenente al fornitore o da questi affittato presso terzi non collegati all’acquirente. La costituzione artificiale di un diritto reale, quale il trasferimento da parte del distributore dei propri diritti di proprietà sul terreno e dei locali al fornitore per un periodo limitato di tempo, volta ad aggirare il limite di durata di cinque anni, non può beneficiare di questa eccezione.

6.2.2.   Obblighi di non concorrenza dopo la scadenza

(250)

A norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2022/720, gli obblighi di non concorrenza a carico dell’acquirente dopo la scadenza dell’accordo sono esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria, a meno che non siano soddisfatte tutte le condizioni che seguono:

(a)

l’obbligo sia indispensabile per proteggere il know-how trasferito dal fornitore all’acquirente;

(b)

sia limitato al punto vendita da cui l’acquirente ha operato durante il periodo di vigenza del contratto;

(c)

sia limitato a un periodo massimo di un anno.

(251)

Il know-how in questione deve essere segreto, sostanziale e identificato ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera j), del regolamento (UE) 2022/720, e in particolare deve comprendere informazioni significative e utili all’acquirente per l’uso, la vendita o la rivendita dei beni o servizi oggetto del contratto.

6.2.3.   Obblighi di non concorrenza imposti a membri di un sistema di distribuzione selettiva

(252)

L’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) 2022/720 riguarda la vendita di beni o servizi concorrenti in un sistema di distribuzione selettiva. L’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento si applica alla combinazione della distribuzione selettiva con un obbligo di non concorrenza che impone ai distributori autorizzati di non rivendere marche concorrenti. Se tuttavia il fornitore impedisce ai propri distributori autorizzati, direttamente o indirettamente, di acquistare prodotti destinati alla rivendita presso uno o più particolari fornitori concorrenti, tale obbligo è escluso dall’esenzione per categoria. Il motivo di questa esclusione è quello di evitare una situazione in cui un gruppo di fornitori che si avvalgono degli stessi punti vendita nell’ambito della distribuzione selettiva impediscano a uno o più particolari concorrenti di utilizzare tali punti vendita per distribuire i loro prodotti. Un simile scenario potrebbe configurare una preclusione del mercato nei confronti di un fornitore concorrente mediante una forma di boicottaggio collettivo.

6.2.4.   Obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme

(253)

La quarta esclusione dall’esenzione per categoria, di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720, riguarda gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme imposti dai fornitori di servizi di intermediazione online, ossia obblighi diretti o indiretti che impediscono agli acquirenti di tali servizi di offrire, vendere o rivendere beni o servizi agli utenti finali a condizioni più favorevoli utilizzando servizi di intermediazione online concorrenti. Le condizioni possono riguardare prezzi, scorte, disponibilità o altri termini o condizioni di offerta o vendita. L’obbligo di parità può derivare da una clausola contrattuale o da altre misure dirette o indirette, compreso l’uso di prezzi differenziati o incentivi la cui applicazione dipende dalle condizioni alle quali l’acquirente dei servizi di intermediazione online offre beni o servizi agli utenti finali avvalendosi di servizi di intermediazione online concorrenti. Ad esempio, se un fornitore di servizi di intermediazione online offre una migliore visibilità sul proprio sito web per i beni o servizi dell’acquirente o applica commissioni inferiori purché l’acquirente gli conceda la parità di condizioni in relazione a fornitori concorrenti di tali servizi, si configura un obbligo di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme.

(254)

Tutti gli altri tipi di obblighi di parità possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720. Sono compresi ad esempio:

(a)

gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio relativi ai canali di vendita diretta degli acquirenti di servizi di intermediazione online (i cosiddetti obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio);

(b)

gli obblighi di parità relativi alle condizioni alle quali i beni o servizi sono offerti a imprese diverse da utenti finali;

(c)

gli obblighi di parità relativi alle condizioni alle quali produttori, grossisti o dettaglianti acquistano beni o servizi come fattori produttivi (obblighi del «cliente più favorito»).

(255)

La sezione 8.2.5 fornisce indicazioni per la valutazione degli obblighi di parità in casi individuali non soggetti al regolamento (UE) 2022/720.

7.   REVOCA E DISAPPLICAZIONE

7.1.   Revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720

(256)

Come indicato nell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, la Commissione può revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, qualora constati che in uno specifico caso un accordo verticale al quale si applica il regolamento (UE) 2022/720 produce determinati effetti che sono incompatibili con l’articolo 101 del trattato. Qualora inoltre, come indicato nell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/720, in uno specifico caso un accordo verticale produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul territorio di uno Stato membro o in una parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto, l’autorità garante della concorrenza di tale Stato membro può anche revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720, a norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003. L’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 non cita gli organi giurisdizionali degli Stati membri, che quindi non hanno il potere di revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 (150), a meno che l’organo giurisdizionale in questione non sia un’autorità garante della concorrenza designata di uno Stato membro a norma dell’articolo 35 del regolamento (CE) n. 1/2003.

(257)

La Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza possono revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in due circostanze. In primo luogo, possono revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 qualora un accordo verticale rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato produca isolatamente effetti sul mercato rilevante che sono incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In secondo luogo, come indicato al considerando 20 del regolamento (UE) 2022/720, possono revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 anche qualora l’accordo verticale produca tali effetti in combinazione con accordi simili stipulati da fornitori o acquirenti concorrenti. Questo perché reti parallele di accordi verticali simili possono produrre effetti anticoncorrenziali cumulativi che sono incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. La restrizione dell’accesso al mercato rilevante e della concorrenza al suo interno sono esempi di tali effetti cumulativi che possono giustificare una revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720 (151).

(258)

Le reti parallele di accordi verticali devono essere considerate simili se contengono lo stesso tipo di restrizioni che producono effetti simili sul mercato. Tali effetti cumulativi possono verificarsi, ad esempio, nel caso degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio, della distribuzione selettiva o degli obblighi di non concorrenza.

(259)

Per quanto riguarda gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio relativi ai canali di vendita diretta (obblighi di parità «ristretta»), l’articolo 6 del regolamento (UE) 2022/720 prevede che il beneficio del regolamento può essere revocato a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare se il mercato rilevante per la fornitura di servizi di intermediazione online è fortemente concentrato e la concorrenza tra i fornitori di tali servizi è limitata dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi simili che vietano agli acquirenti dei servizi di intermediazione online di offrire, vendere o rivendere beni o servizi a utenti finali a condizioni più favorevoli tramite i loro canali di vendita diretta. Ulteriori indicazioni su tale scenario sono fornite nella sezione 8.2.5.2.

(260)

Per quanto riguarda la distribuzione selettiva, può esistere una situazione di reti parallele sufficientemente simili se, su un dato mercato, alcuni fornitori praticano un tipo di distribuzione selettiva puramente qualitativa, mentre altri fornitori praticano una distribuzione selettiva quantitativa, con effetti simili sul mercato. Tali effetti cumulativi possono verificarsi anche quando, su un dato mercato, reti di distribuzione selettiva parallele applicano criteri qualitativi che precludono il mercato a distributori. In tali circostanze la valutazione deve tenere conto degli effetti anticoncorrenziali attribuibili a ogni singola rete di accordi. Se del caso, la revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720 può essere limitata a particolari criteri qualitativi o quantitativi che, ad esempio, limitano il numero di distributori autorizzati.

(261)

La responsabilità per gli effetti cumulativi anticoncorrenziali può essere attribuita solo a quelle imprese che vi contribuiscono in misura significativa. Gli accordi conclusi da imprese il cui contributo all’effetto cumulativo è insignificante non ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (152) e non sono pertanto soggetti al meccanismo di revoca (153).

(262)

A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione può revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 agendo d’ufficio o in seguito a denuncia. Ciò comprende la possibilità per le autorità nazionali garanti della concorrenza di chiedere alla Commissione di revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in uno specifico caso, fatta salva l’applicazione delle norme in materia di attribuzione dei casi e assistenza nell’ambito della rete europea della concorrenza («REC») (154) e fermo restando il loro potere di revoca a norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003. Se almeno tre autorità nazionali garanti della concorrenza chiedono alla Commissione di applicare l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 in uno specifico caso, la Commissione ne discuterà nel quadro della REC. In tale contesto, la Commissione terrà in massima considerazione i pareri delle autorità nazionali garanti della concorrenza che hanno chiesto di revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 per giungere a una conclusione tempestiva sul fatto che le condizioni per una revoca nel caso specifico siano o meno soddisfatte.

(263)

Dall’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 consegue che la Commissione ha la competenza esclusiva di revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720 a livello dell’Unione, in quanto può revocarlo rispetto ad accordi verticali che limitano la concorrenza su un mercato geografico rilevante più vasto del territorio di un singolo Stato membro, mentre le autorità nazionali garanti della concorrenza possono revocare tale beneficio solo in relazione al territorio del rispettivo Stato membro.

(264)

Il potere di revoca di una singola autorità nazionale garante della concorrenza si riferisce quindi ai casi in cui il mercato rilevante riguarda un unico Stato membro, una regione ubicata esclusivamente in uno Stato membro o parte della stessa. In tal caso, l’autorità nazionale garante della concorrenza dello Stato membro interessato è competente per revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in relazione a un accordo verticale che produce effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato su tale mercato nazionale o regionale. Si tratta di una competenza concorrente, in quanto l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 conferisce alla Commissione anche il potere di revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in relazione a un mercato nazionale o regionale, a condizione che l’accordo verticale in questione possa pregiudicare il commercio tra Stati membri.

(265)

Laddove siano interessati vari mercati nazionali o regionali distinti, diverse autorità nazionali garanti della concorrenza competenti possono revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in parallelo.

(266)

Dalla formulazione dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 si deduce che, qualora proceda alla revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720, la Commissione ha l’onere di dimostrare innanzi tutto che l’accordo verticale in questione limita la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (155). In secondo luogo, la Commissione deve dimostrare che l’accordo ha effetti che sono incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, ossia che non soddisfa almeno una delle quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato (156). A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, si applicano gli stessi requisiti se un’autorità nazionale garante della concorrenza revoca il beneficio del regolamento (UE) 2022/720 in relazione al territorio del proprio Stato membro. Per quanto riguarda in particolare l’onere di dimostrare il rispetto del secondo requisito, l’articolo 29 dispone che la competente autorità nazionale garante della concorrenza provi che almeno una delle quattro condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è soddisfatta (157).

(267)

Se i requisiti di cui all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 sono soddisfatti, la Commissione può, in determinati casi, revocare il beneficio del regolamento (UE) 2022/720. Tale revoca e i relativi requisiti indicati nella presente sezione devono essere distinti dalle constatazioni di una decisione di infrazione della Commissione a norma del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003. Una revoca può comunque essere combinata, ad esempio, con la constatazione di un’infrazione e l’imposizione di un rimedio, e anche con misure cautelari (158).

(268)

Qualora la Commissione proceda alla revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720 a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, tale revoca produce solo effetti ex nunc, ossia l’esenzione degli accordi interessati rimane valida fino alla data in cui la revoca diventa efficace. Nel caso di una revoca a norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, le autorità nazionali garanti della concorrenza interessate devono tenere conto anche dei rispettivi obblighi a norma dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare dell’obbligo di trasmettere alla Commissione un’eventuale decisione prevista.

7.2.   Disapplicazione del regolamento (UE) 2022/720

(269)

Conformemente all’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, l’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 stabilisce che la Commissione può, mediante regolamento, escludere dall’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 le reti parallele di restrizioni verticali simili, qualora esse coprano più del 50 % di un mercato rilevante. Tale disposizione non è rivolta a singole imprese, bensì riguarda tutte le imprese i cui accordi soddisfano le condizioni contenute in un regolamento adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720. Nel valutare la necessità di adottare un simile regolamento, la Commissione giudicherà se una revoca individuale possa essere una soluzione più appropriata. Il numero di imprese concorrenti che contribuiscono a un effetto cumulativo su un mercato rilevante e il numero dei mercati geografici interessati all’interno dell’Unione sono due aspetti particolarmente rilevanti per tale valutazione.

(270)

La Commissione prenderà in considerazione l’adozione di un regolamento a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 se restrizioni simili che coprono oltre il 50 % del mercato rilevante potrebbero limitare sensibilmente l’accesso a tale mercato o la concorrenza al suo interno. Questo vale in particolare quando reti parallele di distribuzione selettiva che coprono più del 50 % di un mercato sono atte a precludere il mercato a causa di criteri di selezione che non sono necessari rispetto alla natura dei beni o servizi rilevanti o che praticano discriminazioni verso determinate forme di distribuzione di tali beni o servizi. Al fine di calcolare il tasso di copertura del mercato del 50 %, deve essere presa in considerazione ogni singola rete di accordi verticali contenenti restrizioni, o combinazioni di restrizioni, che producono effetti simili sul mercato. L’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 tuttavia non impone alla Commissione di adottare un simile regolamento ogniqualvolta sia superato il tasso di copertura del mercato del 50 %.

(271)

Un regolamento adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 ha l’effetto di rendere inapplicabile il regolamento (UE) 2022/720 rispetto alle restrizioni e ai mercati interessati e ripristinare pertanto la piena applicazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3, del trattato.

(272)

Qualsiasi regolamento adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 deve indicare chiaramente il proprio ambito di applicazione. La Commissione deve pertanto definire, in primo luogo, il mercato rilevante del prodotto e il mercato geografico rilevante e, in secondo luogo, il tipo di restrizione verticale a cui il regolamento (UE) 2022/720 non sarà più applicabile. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la Commissione potrà modulare l’ambito di applicazione del regolamento in relazione al problema di concorrenza che essa intende affrontare. Ad esempio, se per stabilire il tasso di copertura del mercato del 50 % possono essere prese in considerazione tutte le reti parallele di accordi di monomarchismo, la Commissione può comunque limitare l’ambito di applicazione del regolamento da essa adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 agli obblighi di non concorrenza che superino una determinata durata. Gli accordi di durata minore o di natura meno restrittiva potranno quindi non esserne interessati, in considerazione del minor effetto di preclusione a essi attribuibile. Analogamente, se in un particolare mercato le imprese ricorrono alla distribuzione selettiva in combinazione con ulteriori restrizioni, ad esempio obblighi di non concorrenza o imposizioni di volumi d’acquisto minimi, un regolamento adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 potrebbe riguardare solo tali restrizioni supplementari. Se del caso, la Commissione può anche specificare il livello della quota di mercato che, nello specifico contesto, può essere considerata insufficiente per consentire a una singola impresa di contribuire in misura significativa all’effetto cumulativo.

(273)

In conformità dell’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, un regolamento adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 deve prevedere un periodo transitorio non inferiore a sei mesi prima della sua applicazione. Tale periodo è inteso a consentire alle imprese interessate di adattare di conseguenza i propri accordi verticali.

(274)

Un regolamento adottato a norma dell’articolo 7 del regolamento (UE) 2022/720 non inciderà sulla validità dell’esenzione degli accordi interessati nel periodo precedente alla data di applicazione dello stesso.

8.   POLITICA DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA NEI CASI INDIVIDUALI

8.1.   Quadro dell’analisi

(275)

Quando l’esenzione per categoria istituita dal regolamento (UE) 2022/720 non si applica a un accordo verticale, è necessario esaminare se nel caso individuale l’accordo verticale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e in tal caso se le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sono soddisfatte. A condizione che non contengano restrizioni della concorrenza per oggetto e, in particolare, restrizioni fondamentali della concorrenza ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720, non si può presumere che gli accordi verticali che non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720 rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Tali accordi richiedono una valutazione individuale. Gli accordi che non restringono la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sono validi ed applicabili.

(276)

A norma dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 le imprese non sono tenute a notificare i propri accordi verticali per beneficiare di un’esenzione individuale a titolo dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Nel caso di un esame individuale da parte della Commissione, spetta a quest’ultima dimostrare che l’accordo in questione restringe la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Incombe invece alle imprese che invocano l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato dimostrare che le condizioni enunciate in tale disposizione sono soddisfatte. Qualora siano dimostrati probabili effetti anticoncorrenziali, le imprese potranno addurre prove degli effetti positivi in termini di efficienza e spiegare perché un dato accordo di distribuzione è indispensabile per apportare probabili benefici ai consumatori senza eliminare la concorrenza. In seguito la Commissione deciderà se l’accordo soddisfa le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(277)

Per valutare se un accordo verticale ha l’effetto di limitare la concorrenza si effettua un confronto tra la situazione sul mercato rilevante, caratterizzata dalle restrizioni verticali esistenti, e la situazione che si avrebbe in mancanza delle restrizioni verticali contenute nell’accordo verticale. Nella valutazione dei casi individuali la Commissione può prendere in considerazione sia gli effetti reali che quelli probabili. Perché gli accordi verticali siano restrittivi per effetto occorre che essi pregiudichino la concorrenza effettiva o potenziale in misura tale che, con ragionevole probabilità, si possano prevedere effetti negativi sui prezzi, sulla produzione, sull’innovazione o sulla varietà o qualità dei beni e dei servizi offerti sul mercato rilevante. Gli effetti negativi sulla concorrenza devono essere sensibili (159). Effetti anticoncorrenziali sensibili sono più probabili quando almeno una delle parti dell’accordo detenga o acquisisca un certo potere di mercato e l’accordo contribuisca a creare, mantenere o rafforzare tale potere di mercato, ovvero consenta alle parti dell’accordo di avvalersene. Il potere di mercato è la capacità di mantenere i prezzi a un livello superiore al livello competitivo o di mantenere la produzione, in termini di quantità, di qualità e di varietà dei prodotti o di innovazione, a un livello inferiore al livello competitivo per un periodo di tempo non trascurabile. Il grado di potere di mercato richiesto di norma per constatare una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è inferiore al grado di potere di mercato richiesto per constatare una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 del trattato.

8.1.1.   Fattori pertinenti per la valutazione a titolo dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato

(278)

Per la valutazione di accordi verticali individuali tra imprese con quote di mercato superiori alla soglia del 30 %, la Commissione effettuerà un’approfondita analisi sotto il profilo della concorrenza. Per stabilire se un accordo verticale comporti una restrizione sensibile della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sono particolarmente rilevanti i fattori seguenti:

(a)

la natura dell’accordo;

(b)

la posizione di mercato delle parti;

(c)

la posizione di mercato dei concorrenti (a monte e a valle);

(d)

la posizione di mercato degli acquirenti dei beni o servizi oggetto del contratto;

(e)

le barriere all’ingresso;

(f)

il livello della catena di produzione o di distribuzione interessato;

(g)

la natura del prodotto;

(h)

le dinamiche del mercato.

(279)

È possibile tenere conto anche di altri fattori pertinenti.

(280)

L’importanza dei singoli fattori può variare in funzione delle circostanze del caso. Ad esempio, il fatto che le parti detengano una quota di mercato elevata di solito è un buon indicatore dell’esistenza di un potere di mercato, ma nel caso in cui le barriere all’ingresso siano basse il potere di mercato può essere sufficientemente limitato da ingressi effettivi o potenziali. È quindi impossibile elaborare regole rigorose e di applicazione generale sull’importanza dei singoli fattori.

(281)

Gli accordi verticali possono assumere varie forme. È pertanto importante analizzare la natura dell’accordo in termini di restrizioni contenute, della loro durata e della quota delle vendite totali sul mercato (a valle) interessato da tali restrizioni. Può essere necessario andare al di là delle condizioni esplicitate nell’accordo. L’esistenza di restrizioni implicite può essere desunta dal modo in cui l’accordo è attuato dalle parti e dagli incentivi che ne derivano.

(282)

La posizione di mercato delle parti fornisce un’indicazione del grado dell’eventuale potere di mercato detenuto dal fornitore, dall’acquirente, o da entrambi. Quanto più è elevata la loro quota di mercato, tanto maggiore è probabile che sia il loro potere di mercato. Ciò vale in particolare quando la quota di mercato riflette vantaggi in termini di costi o altri vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti. Tali vantaggi competitivi possono derivare, ad esempio, dal fatto di essere stato un pioniere sul mercato (avere il sito migliore, ecc.), di detenere brevetti fondamentali o di possedere una tecnologia superiore, oppure di detenere il marchio leader o di avere una gamma superiore. Anche il grado di differenziazione del prodotto può essere un indicatore pertinente dell’esistenza di un potere di mercato. Il marchio tende ad accrescere la differenziazione del prodotto e a ridurne la fungibilità e pertanto riduce l’elasticità della domanda e accresce la possibilità di aumentare i prezzi.

(283)

È importante anche la posizione di mercato dei concorrenti. Quanto più forte è la posizione competitiva dei concorrenti e maggiore è il loro numero, tanto minore è il rischio che le parti siano in grado di esercitare individualmente un potere di mercato e di precludere il mercato ai concorrenti o indebolire la concorrenza. È inoltre rilevante considerare se esistono controstrategie efficaci e tempestive cui è probabile che i concorrenti ricorrano. Se, tuttavia, nel mercato è presente un numero piuttosto ridotto di imprese con una posizione di mercato simile (ad esempio in termini di dimensioni, costi e potenziale di R&S), le restrizioni verticali possono aumentare il rischio di collusione. Quote di mercato fluttuanti o soggette a rapidi cambiamenti sono generalmente un’indicazione di intensa concorrenza.

(284)

La posizione di mercato dei clienti a valle delle parti dell’accordo verticale fornisce un’indicazione del fatto che uno o più di tali clienti dispongano o meno di potere contrattuale dell’acquirente. Il primo indicatore del potere contrattuale dell’acquirente è la quota di mercato del cliente sul mercato degli acquisti. Tale quota di mercato rispecchia l’importanza della domanda del cliente agli occhi di possibili fornitori. Altri indicatori riguardano la posizione del cliente sul mercato della rivendita dove opera e includono caratteristiche quali un’ampia copertura geografica dei punti vendita, la presenza di marchi propri e di marchi commerciali e l’immagine del marchio presso gli utenti finali. In alcune circostanze, il potere contrattuale dell’acquirente può evitare che i consumatori risultino danneggiati da un accordo verticale altrimenti problematico. Ciò vale in particolare quando clienti forti hanno la capacità e l’interesse a consentire l’accesso sul mercato di nuove fonti di approvvigionamento, nel caso di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi.

(285)

L’esistenza di barriere all’ingresso è misurata in funzione della capacità delle imprese già insediate sul mercato di portare il loro prezzo al di sopra del livello concorrenziale senza provocare l’ingresso sul mercato di nuovi concorrenti. In linea generale le barriere all’ingresso si possono considerare basse quando è probabile che nel giro di uno o due anni si verifichi effettivamente l’ingresso di nuovi operatori in grado di ostacolare o di erodere l’esercizio del potere di mercato degli operatori già esistenti. Barriere all’ingresso possono essere presenti al livello del fornitore o dell’acquirente o a entrambi i livelli. Le barriere all’ingresso possono derivare da un’ampia varietà di fattori quali economie di scala e di diversificazione (compresi gli effetti di rete di imprese multilaterali), normative statali (soprattutto se istituiscono diritti esclusivi), aiuti di Stato, dazi sulle importazioni, diritti di proprietà intellettuale, proprietà di risorse la cui disponibilità è ridotta (ad esempio a causa di limiti naturali), infrastrutture fondamentali, vantaggio del pioniere e fedeltà dei consumatori al marchio a seguito di una pubblicità incisiva per un certo periodo di tempo. Alcuni di questi fattori possono essere considerati come barriere all’ingresso, in particolare in funzione del fatto che comportino o meno costi irrecuperabili. Sono considerati costi irrecuperabili quelli che devono essere sostenuti per entrare od operare su un mercato, ma che non possono essere recuperati in caso di uscita dal mercato. I costi di pubblicità volti a rafforzare la fedeltà dei consumatori sono di norma costi irrecuperabili, a meno che un’impresa che esca dal mercato possa vendere il suo marchio o utilizzarlo altrove senza subire perdite. Quando i costi irrecuperabili per l’ingresso nel mercato sono elevati, la minaccia di subire, dopo l’ingresso, la concorrenza agguerrita degli operatori già presenti sul mercato può fungere da deterrente, poiché i potenziali nuovi concorrenti non possono giustificare il rischio di perdere i propri investimenti irrecuperabili.

(286)

Anche le restrizioni verticali possono agire come barriera all’ingresso, rendendo l’accesso più difficile e precludendo il mercato ai concorrenti (potenziali). Ad esempio, un obbligo di non concorrenza che vincola i distributori a un fornitore può avere un notevole effetto di preclusione se l’istituzione di una rete di distribuzione propria imporrà costi irrecuperabili a un potenziale nuovo operatore.

(287)

Il livello della catena di produzione o di distribuzione è collegato alla distinzione tra beni o servizi intermedi e finali. I beni o servizi intermedi sono venduti alle imprese perché esse li utilizzino come fattori produttivi per produrre altri beni o servizi e in linea di massima non sono riconoscibili nel bene o nel servizio finale. Gli acquirenti di beni o servizi intermedi sono generalmente ben informati, sono in grado di valutare la qualità e pertanto si affidano meno al marchio e all’immagine. I beni o servizi finali sono, direttamente o indirettamente, venduti agli utenti finali, che spesso si affidano maggiormente al marchio e all’immagine.

(288)

La natura del prodotto incide ai fini della valutazione degli effetti potenzialmente negativi e positivi delle restrizioni verticali, in particolare per i beni o servizi finali. Al fine di valutare gli effetti potenzialmente negativi, è importante stabilire se i beni o servizi venduti sul mercato rilevante siano omogenei o eterogenei (160), se il prodotto sia costoso e assorba gran parte del bilancio del consumatore oppure se sia economico, e se il prodotto costituisca un acquisto una tantum o venga acquistato ripetutamente.

(289)

Le dinamiche del mercato rilevante devono essere valutate attentamente. In alcuni mercati dinamici può darsi che i potenziali effetti negativi di determinate restrizioni verticali non rappresentino un problema, perché la concorrenza tra marchi di operatori dinamici e innovativi esercita una pressione sufficiente, ma in altri casi le restrizioni verticali possono concedere a un operatore già presente in un mercato dinamico un vantaggio competitivo duraturo e quindi comportare effetti negativi a lungo termine sulla concorrenza. Questo può valere quando una restrizione verticale impedisce ai concorrenti di beneficiare di effetti di rete o quando un mercato è soggetto al rischio di sbilanciamento.

(290)

Anche altri fattori possono essere pertinenti per la valutazione. Tali fattori possono includere in particolare:

(a)

la presenza di effetti cumulativi derivanti dal fatto che il mercato è interessato da restrizioni verticali simili imposte da altri fornitori o acquirenti;

(b)

il fatto che l’accordo sia «imposto» (ossia che la maggior parte delle restrizioni o degli obblighi si applica a una sola parte dell’accordo) o «concordato» (entrambe le parti accettano restrizioni od obblighi);

(c)

il quadro normativo;

(d)

comportamenti che possono indicare o facilitare la collusione, quali un’influenza dominante sui prezzi, le modifiche di prezzo preannunciate e le discussioni sul prezzo, la rigidità dei prezzi a fronte di una capacità in eccesso, la discriminazione dei prezzi e comportamenti collusivi passati.

8.1.2.   Fattori pertinenti per la valutazione a titolo dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato

(291)

Gli accordi verticali che limitano la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato possono produrre anche effetti favorevoli alla concorrenza sotto forma di vantaggi in termini di efficienza che possono superare gli effetti anticoncorrenziali. La valutazione dei vantaggi in termini di efficienza a fronte degli effetti anticoncorrenziali è condotta nel quadro dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, che prevede un’eccezione al divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Affinché tale eccezione sia applicabile, l’accordo verticale deve soddisfare le quattro condizioni cumulative che seguono:

(a)

l’accordo deve produrre benefici economici oggettivi;

(b)

ai consumatori deve essere riservata una congrua parte del beneficio che ne deriva (161);

(c)

le restrizioni della concorrenza devono essere indispensabili per ottenere tali benefici; e

(d)

l’accordo non deve dare alle parti la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti o servizi di cui trattasi (162).

(292)

La valutazione degli accordi verticali alla luce dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato viene effettuata tenendo conto del contesto reale in cui si inseriscono (163) e sulla base della situazione di fatto esistente in un determinato momento. La valutazione tiene conto dei cambiamenti importanti relativi a tale situazione. La deroga di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato si applica fintantoché le quattro condizioni sono soddisfatte e cessa di applicarsi quando tale situazione viene meno (164). Quando si applica l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato conformemente a questi principi, è necessario tenere conto degli investimenti effettuati dalle parti dell’accordo, nonché della tempistica e delle condizioni necessarie per realizzare e recuperare un investimento destinato ad aumentare l’efficienza di un’impresa.

(293)

La prima condizione stabilita dall’articolo 101, paragrafo 3, del trattato richiede una valutazione dei vantaggi oggettivi in termini di efficienza generati dall’accordo verticale. A tale riguardo, gli accordi verticali hanno spesso il potenziale di contribuire a conseguire vantaggi in termini di efficienza, come illustrato nella sezione 2.1, migliorando il modo in cui le parti svolgono le loro attività complementari.

(294)

La seconda condizione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato richiede che ai consumatori debba essere riservata una congrua parte dei benefici. Ciò implica che i consumatori dei beni o servizi acquistati e/o (ri)venduti alle condizioni dell’accordo verticale devono quanto meno essere compensati rispetto agli effetti negativi dell’accordo (165). In altre parole, gli incrementi di efficienza devono compensare integralmente le possibili ripercussioni negative dell’accordo verticale sui prezzi, sulla produzione e su altri fattori rilevanti.

(295)

In terzo luogo, nell’applicare il criterio relativo al carattere indispensabile contenuto di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, la Commissione esaminerà in particolare se le singole restrizioni consentano di effettuare la produzione, l’acquisto o la (ri)vendita dei beni o servizi oggetto del contratto in maniera più efficiente di quanto sarebbe stato possibile senza ricorrere alla restrizione di cui trattasi. Nell’effettuare tale valutazione, devono essere prese in considerazione le condizioni del mercato e le realtà in cui operano le parti dell’accordo. Le imprese che invocano il beneficio dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non sono tenute a prendere in considerazione alternative ipotetiche e teoriche. Esse devono tuttavia spiegare e dimostrare per quale motivo alternative apparentemente realistiche e molto meno restrittive non produrrebbero gli stessi vantaggi in termini di efficienza. Se l’applicazione di quella che, sotto il profilo commerciale, sembra un’alternativa realistica e meno restrittiva determinerebbe una significativa perdita di efficienza, la restrizione in questione è considerata indispensabile.

(296)

La quarta condizione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato richiede che l’accordo verticale non deve dare alle parti dell’accordo la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei beni o servizi di cui trattasi. Ciò presuppone un’analisi delle pressioni concorrenziali restanti sul mercato e delle ripercussioni dell’accordo su tali fonti di concorrenza rimanenti. Nell’applicare tale condizione, è necessario tenere conto della relazione tra l’articolo 101, paragrafo 3, e l’articolo 102 del trattato. Conformemente alla giurisprudenza costante, l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non pregiudica l’applicazione dell’articolo 102 del trattato (166). Poiché, inoltre, gli articoli 101 e 102 del trattato perseguono entrambi l’obiettivo di mantenere una concorrenza effettiva sul mercato, si deve per coerenza ritenere che l’articolo 101, paragrafo 3, precluda l’applicazione della deroga agli accordi verticali restrittivi che costituiscono un abuso di posizione dominante (167). L’accordo verticale non deve sopprimere la concorrenza effettiva eliminando tutte le fonti esistenti di concorrenza reale o potenziale o la maggior parte di esse. La rivalità tra imprese è uno stimolo essenziale di efficienze economiche, quali le efficienze dinamiche sotto forma di innovazione. In sua assenza l’impresa dominante non avrà incentivi adeguati per continuare a creare e trasferire gli incrementi di efficienza. Un accordo restrittivo che mantenga, crei o rafforzi una posizione di mercato che si avvicina a quella di monopolio non può di norma essere giustificato per il fatto che crea anche incrementi di efficienza.

8.2.   Analisi di restrizioni verticali specifiche

(297)

Mentre la sezione 6 comprende orientamenti sulla valutazione di restrizioni verticali che configurano restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2022/720, o restrizioni escluse ai sensi dell’articolo 5 del regolamento, i punti seguenti forniscono indicazioni su altre restrizioni verticali specifiche. Per quanto riguarda le restrizioni verticali che non sono specificamente affrontate nei presenti orientamenti, la Commissione le valuterà conformemente agli stessi principi, tenendo conto dei fattori pertinenti di cui alla presente sezione 8.

8.2.1.   Monomarchismo

(298)

La denominazione «monomarchismo» raggruppa gli accordi la cui principale caratteristica è che l’acquirente è costretto o indotto a concentrare gli ordini di un particolare tipo di prodotto presso un unico fornitore. Tale obbligo si può trovare tra l’altro in clausole di non concorrenza e relative a quantitativi minimi di acquisto concordate con l’acquirente. Un accordo di non concorrenza si basa su un sistema di obblighi o incentivi che induce l’acquirente ad acquistare presso un unico fornitore più dell’80 % del suo fabbisogno su un determinato mercato. Ciò non significa che l’acquirente debba comprare direttamente dal fornitore, bensì che l’acquirente di fatto non deve comprare, vendere o utilizzare come componenti beni o servizi concorrenti. L’imposizione di volumi di acquisto è una forma più leggera di divieto di concorrenza e consiste in un sistema di obblighi o incentivi pattuito tra fornitore e acquirente in base al quale quest’ultimo concentra in misura significativa i propri acquisti presso un unico fornitore. L’imposizione di volumi di acquisto può, ad esempio, assumere la forma di obblighi di quantitativi minimi di acquisto, di richieste relative al magazzinaggio o di applicazione di prezzi non lineari, quali sistemi di sconti condizionati e listini composti di due parti (una commissione fissa e un prezzo per unità). È prevedibile che la cosiddetta «clausola inglese», che prescrive all’acquirente di riferire al fornitore eventuali offerte migliori e gli consente di accettare tali offerte solo se il fornitore non è in grado di eguagliarle, abbia lo stesso effetto di un obbligo di monomarchismo specialmente quando l’acquirente deve rivelare chi fa l’offerta migliore.

(299)

I possibili rischi per la concorrenza del monomarchismo sono la preclusione del mercato nei confronti dei fornitori concorrenti e dei fornitori potenziali, l’indebolimento della concorrenza e l’agevolazione della collusione tra i fornitori in caso di uso cumulativo e, qualora l’acquirente sia un dettagliante, una perdita della concorrenza tra marchi all’interno dei punti vendita. Tali effetti restrittivi hanno una conseguenza diretta per la concorrenza tra marchi.

(300)

Gli accordi di monomarchismo possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 se la quota di mercato del fornitore e quella dell’acquirente non superano il 30 % e l’obbligo di non concorrenza non supera i cinque anni. Come indicato al punto (248), gli accordi di monomarchismo che sono tacitamente rinnovabili oltre i cinque anni possono beneficiare dell’esenzione per categoria, purché l’acquirente possa effettivamente rinegoziare o risolvere l’accordo di monomarchismo con un ragionevole preavviso e a un costo ragionevole, e sia quindi in grado di passare a un altro fornitore dopo la scadenza del periodo di cinque anni. Se tali condizioni non sono soddisfatte, l’accordo di monomarchismo deve essere valutato individualmente.

(301)

Gli obblighi di monomarchismo possono determinare una preclusione anticoncorrenziale in particolare quando, in mancanza di detti obblighi, sia esercitata una considerevole pressione concorrenziale da parte dei concorrenti che non erano ancora presenti nel mercato al momento della conclusione dei relativi accordi o che non sono in grado di competere per soddisfare interamente il fabbisogno dei clienti. I concorrenti possono non essere in grado di competere per soddisfare l’intero fabbisogno di un singolo cliente perché il fornitore in questione è un partner commerciale inevitabile almeno per una parte della domanda sul mercato, ad esempio perché il suo marchio incontra le preferenze di molti consumatori e quindi deve necessariamente essere in stock, o perché le pressioni in termini di capacità sugli altri fornitori sono tali che una parte della domanda può essere soddisfatta soltanto dal fornitore in questione (168). La posizione di mercato del fornitore è pertanto di primaria importanza nel valutare i possibili effetti anticoncorrenziali di un obbligo di monomarchismo.

(302)

Se i concorrenti possono competere a pari condizioni per l’intero fabbisogno di ogni singolo cliente, è in genere improbabile che gli obblighi di monomarchismo imposti da un singolo fornitore limitino sensibilmente la concorrenza, a meno che il passaggio dei clienti a un altro fornitore non sia reso difficile dalla durata e dalla copertura di mercato degli obblighi di monomarchismo. Quanto più è elevata la parte della sua quota di mercato corrispondente alle vendite effettuate dal fornitore nel quadro di un obbligo di monomarchismo e più lunga è la durata degli obblighi di monomarchismo, tanto più si presume sia significativo l’effetto di preclusione. È più probabile che gli obblighi di monomarchismo determinino una preclusione anticoncorrenziale quando sono concordati da imprese dominanti.

(303)

Per valutare il potere di mercato del fornitore, è importante prendere in considerazione la posizione di mercato dei suoi concorrenti. Se i concorrenti sono sufficientemente numerosi e forti, sono improbabili effetti anticoncorrenziali significativi. Non è invece molto probabile che i concorrenti vengano esclusi se essi detengono posizioni di mercato analoghe e possono offrire prodotti simili di qualità equivalente. In tal caso tuttavia può verificarsi la preclusione del mercato nei confronti dei nuovi operatori potenziali se più fornitori importanti concludono accordi di monomarchismo con un numero significativo di acquirenti nel mercato rilevante (situazione di effetto cumulativo). In questa situazione inoltre gli accordi di monomarchismo possono facilitare la collusione tra fornitori concorrenti. Se questi accordi beneficiano individualmente dell’esenzione di cui al regolamento (UE) 2022/720, potrebbe essere necessario revocare il beneficio dell’esenzione per categoria per far fronte al problema dell’effetto anticoncorrenziale cumulativo. In linea generale si ritiene che una quota di mercato vincolata inferiore al 5 % non contribuisca in misura significativa a un tale effetto cumulativo.

(304)

Nei casi in cui la quota di mercato del fornitore maggiore non supera il 30 % e la quota di mercato combinata dei cinque maggiori fornitori non supera il 50 % è improbabile che si verifichi un effetto anticoncorrenziale individuale o cumulativo. In questi casi, se un nuovo concorrente potenziale non può entrare nel mercato ottenendo un profitto, ciò è probabilmente dovuto a fattori diversi dagli obblighi di monomarchismo, quali ad esempio le preferenze dei consumatori.

(305)

Per stabilire se sia probabile una preclusione anticoncorrenziale occorre valutare la portata delle barriere all’ingresso. Nella misura in cui è relativamente facile per i fornitori concorrenti creare la propria rete di distribuzione integrata o trovare distributori alternativi per il loro prodotto, è improbabile che vi sia un problema reale di preclusione.

(306)

Il potere dell’acquirente è rilevante in quanto acquirenti importanti difficilmente tollereranno di essere privati della possibilità di rifornirsi di prodotti o servizi concorrenti. Più in generale, onde convincere i clienti ad accettare il monomarchismo, il fornitore può doverli compensare, interamente o in parte, della perdita in concorrenza derivante dall’esclusività. Qualora tale compensazione venga concessa, può essere nell’interesse individuale del cliente accettare un obbligo di monomarchismo con il fornitore. Sarebbe tuttavia errato concludere in base a questo che tutti gli obblighi di monomarchismo, considerati nel loro insieme, sono complessivamente vantaggiosi per i clienti in tale mercato e per i consumatori. In particolare è improbabile che i consumatori ne beneficino nel loro insieme se l’effetto degli obblighi di monomarchismo, nel complesso, è di impedire l’ingresso o l’espansione sul mercato di imprese concorrenti.

(307)

Infine è rilevante il livello della catena di produzione o di distribuzione. La preclusione è meno probabile nel caso di un prodotto intermedio. Quando il fornitore di un prodotto intermedio non ha una posizione dominante, una quota considerevole della domanda continua a essere «disponibile» per i concorrenti. Al di sotto del livello di posizione dominante tuttavia il monomarchismo può comportare effetti di preclusione anticoncorrenziali in presenza di una situazione di effetto cumulativo. È improbabile che si verifichi un effetto anticoncorrenziale cumulativo se è vincolato meno del 50 % del mercato.

(308)

Se l’accordo riguarda la fornitura di un prodotto finale al livello del commercio all’ingrosso, la probabilità che insorga un problema di concorrenza dipende in larga misura dal tipo di vendita all’ingrosso e dalle barriere all’ingresso su tale mercato. Se i produttori concorrenti possono facilmente istituire un proprio sistema di vendita all’ingrosso non sussiste un rischio reale di preclusione. Le barriere all’ingresso sono più o meno basse in funzione del tipo di sistema di vendita all’ingrosso che il fornitore è in grado di istituire in modo efficace. In un mercato in cui la vendita all’ingrosso può operare in modo efficace trattando soltanto il prodotto oggetto dell’accordo (ad esempio gelati), il produttore può avere la capacità e l’interesse, ove necessario, per avviare un proprio sistema di vendita all’ingrosso, nel qual caso è improbabile che sia escluso da tale mercato. Per contro, in un mercato in cui è più economico vendere all’ingrosso un’intera gamma di prodotti (ad esempio prodotti congelati), per un produttore che vende un unico prodotto non risulta economico avviare una propria organizzazione di vendita all’ingrosso. Senza accesso a grossisti affermati, il produttore potrebbe essere escluso dal mercato e in tal caso possono insorgere effetti anticoncorrenziali. Può inoltre insorgere a un effetto anticoncorrenziale cumulativo quando diversi fornitori vincolano la maggior parte dei grossisti disponibili.

(309)

Per quanto riguarda i prodotti finali, in linea di massima è più probabile che un fenomeno di preclusione si verifichi al livello del commercio al dettaglio, date le barriere significative che si frappongono alla costituzione, da parte dei produttori, di punti vendita al dettaglio esclusivamente per i loro prodotti. Inoltre è al livello dei dettaglianti che gli accordi di monomarchismo possono dare luogo a una riduzione della concorrenza tra marchi all’interno dei punti vendita. Per le ragioni predette e considerati tutti gli altri fattori pertinenti, per quanto riguarda i prodotti finali a livello di vendita al dettaglio possono insorgere effetti anticoncorrenziali significativi se un fornitore che non è in posizione dominante vincola una quota pari o superiore al 30 % del mercato rilevante. Nel caso di un’impresa in posizione dominante, anche una quota di mercato vincolata modesta può dare luogo a effetti anticoncorrenziali significativi.

(310)

Un effetto di preclusione cumulativo può verificarsi anche al livello della vendita al dettaglio. Quando tutti i fornitori hanno quote di mercato inferiori al 30 % è improbabile che si verifichi un effetto cumulativo di preclusione se la quota di mercato vincolata totale è inferiore al 40 %, nel qual caso una revoca dell’esenzione per categoria è pertanto improbabile. Tale valore può essere più elevato quando si prendono in considerazione altri fattori quali il numero dei concorrenti o le barriere all’ingresso. Quando alcune imprese detengono quote di mercato superiori alla soglia di cui all’articolo 3 del regolamento (UE) 2022/720, ma nessuna ha una posizione dominante, è improbabile un effetto cumulativo di preclusione se la quota di mercato totale vincolata è inferiore al 30 %.

(311)

Se l’acquirente opera da locali e terreni di proprietà del fornitore o da questi affittati presso terzi non collegati all’acquirente, la possibilità di imporre misure correttive efficaci per affrontare un eventuale effetto di preclusione derivante da un accordo di monomarchismo risulterà limitata. In tal caso è improbabile un intervento da parte della Commissione al di sotto del livello di posizione dominante.

(312)

In taluni settori la vendita di più di un marchio in uno stesso locale può essere difficile, nel qual caso un problema di preclusione può essere risolto meglio limitando la durata dei contratti.

(313)

Se il monomarchismo produce effetti restrittivi sensibili, è necessario valutare se l’accordo genera vantaggi in termini di efficienza che soddisfano le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Per gli obblighi di non concorrenza possono essere rilevanti soprattutto i vantaggi in termini di efficienza di cui al punto 16, lettera b) (fenomeni di sfruttamento senza contropartita tra i fornitori), lettera e), lettera f) (problemi di rinuncia all’investimento) e lettera i) (imperfezioni del mercato dei capitali).

(314)

Per quanto riguarda i vantaggi in termini di efficienza descritti al punto 16, lettere b), e) e i), l’imposizione di volumi minimi di acquisto potrebbe essere un’alternativa meno restrittiva. Viceversa, un obbligo di non concorrenza potrebbe essere l’unica via praticabile per conseguire l’incremento di efficienza descritto al punto 16, lettera f) (problema della rinuncia all’investimento connesso al trasferimento di know-how).

(315)

Nel caso di un investimento che riguarda specificamente il rapporto contrattuale effettuato dal fornitore, come descritto al punto 16, lettera e), un accordo di non concorrenza o di imposizione di quantitativi minimi di acquisto per il periodo di ammortamento degli investimenti soddisfa, in linea generale, le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Nel caso di investimenti ingenti che riguardano specificamente il rapporto contrattuale può essere giustificato un obbligo di non concorrenza di durata superiore ai cinque anni. Un investimento che riguarda specificamente il rapporto contrattuale può essere rappresentato, ad esempio, dall’installazione o dall’adattamento di attrezzature che il fornitore possa utilizzare in seguito solo per produrre componenti per un particolare acquirente. Gli investimenti generali o gli investimenti specifici relativi al mercato volti a creare capacità (supplementari) in genere non costituiscono investimenti che riguardano specificamente il rapporto contrattuale. Se un fornitore tuttavia installa nuove capacità specificatamente collegate alle attività di un particolare acquirente, come nel caso, ad esempio, di un’impresa produttrice di lattine metalliche che creasse nuove capacità per produrre lattine all’interno o nelle vicinanze dell’impianto di inscatolamento di un produttore di alimenti, tali nuove capacità potrebbero essere economicamente redditizie solo per la produzione destinata a questo particolare cliente e in tal caso l’investimento sarebbe considerato specifico al rapporto contrattuale.

(316)

Gli obblighi di non concorrenza possono anche essere utilizzati per affrontare un problema di rinuncia all’investimento nel caso di investimenti che perseguono obiettivi di sostenibilità. A titolo di esempio, un problema di rinuncia all’investimento può sorgere quando un fornitore di energia che si trova ad affrontare una aumento della domanda di energia rinnovabile (169) desidera investire in una centrale idroelettrica o in un parco eolico. Il fornitore può essere disposto ad assumere il rischio di un simile investimento a lungo termine solo se un numero sufficiente di acquirenti intende impegnarsi ad acquistare energia rinnovabile per un periodo di tempo più lungo. Tali accordi verticali con gli acquirenti possono essere favorevoli alla concorrenza, in quanto l’obbligo di non concorrenza a lungo termine può risultare necessario affinché l’investimento sia effettuato o comunque avvenga secondo quanto previsto in termini di entità o di tempistica. Tale obbligo di non concorrenza può pertanto soddisfare le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, se l’investimento effettuato dal fornitore ha un periodo di ammortamento lungo, superiore ai cinque anni indicati nell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 (170).

(317)

Se il fornitore concede un prestito all’acquirente o gli fornisce attrezzature che non riguardano specificamente il rapporto contrattuale, in genere è improbabile che ciò costituisca di per sé un incremento di efficienza che soddisfa le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato laddove l’accordo produce effetti di preclusione anticoncorrenziale. In caso di imperfezioni del mercato dei capitali, può risultare più efficiente che il prestito sia concesso dal fornitore di un prodotto piuttosto che da una banca (cfr. il punto 16, lettera i)). In tal caso tuttavia il prestito dovrebbe essere fornito nel modo meno restrittivo possibile e all’acquirente non dovrebbe essere impedito, in linea generale, di porre fine a tale obbligo rimborsando l’importo del prestito ancora in essere in qualsiasi momento e senza alcuna penale.

(318)

Il trasferimento di un know-how sostanziale, di cui al punto 16, lettera f), giustifica solitamente un obbligo di non concorrenza per l’intera durata dell’accordo di fornitura, ad esempio nel contesto del franchising.

(319)

Segue un esempio di obbligo di non concorrenza.

Il leader di un mercato nazionale di un prodotto di consumo d’impulso, che detiene una quota di mercato del 40 %, vende la maggior parte dei suoi prodotti (90 %) tramite dettaglianti vincolati (quota di mercato vincolata pari al 36 %). Gli accordi verticali obbligano i dettaglianti a effettuare acquisti solo dal leader del mercato per un periodo minimo di quattro anni. Il leader del mercato è rappresentato in modo particolarmente forte nelle aree più densamente popolate quali la capitale. Sono presenti 10 concorrenti, ma in alcuni casi i loro prodotti sono disponibili solo in certe località e tutti detengono quote di mercato molto inferiori, pari al massimo al 12 %. Questi 10 concorrenti riforniscono complessivamente un altro 10 % del mercato tramite punti vendita vincolati. Sul mercato vi è una forte differenziazione per marchi e prodotti. Il leader di mercato detiene i marchi più forti; è l’unico a realizzare regolarmente campagne pubblicitarie nazionali e fornisce ai suoi dettaglianti vincolati banconi particolari per lo stoccaggio e la presentazione dei suoi prodotti.

Il risultato è una situazione in cui complessivamente il 46 % (36 % + 10 %) del mercato è precluso ai potenziali nuovi operatori e ai concorrenti esistenti che non dispongono di punti vendita vincolati. Per i nuovi operatori potenziali l’ingresso nel mercato è ancora più difficile nelle aree densamente abitate, dove la preclusione è ancora più forte, anche se è proprio in queste aree che vorrebbero di preferenza accedere al mercato. Inoltre, data la forte differenziazione dei marchi e dei prodotti e gli elevati costi di ricerca in relazione al prezzo del prodotto, l’assenza di concorrenza tra marchi all’interno del punto vendita dà luogo a un’ulteriore perdita di benessere per i consumatori. Gli eventuali vantaggi in termini di efficienza derivanti dall’esclusività del punto vendita, che il leader di mercato afferma derivare da una riduzione dei costi di trasporto e un possibile problema di rinuncia all’investimento riguardante i banconi di stoccaggio e presentazione, sono limitati e non controbilanciano gli effetti negativi sulla concorrenza. I vantaggi in termini di efficienza sono limitati, in quanto i costi di trasporto sono funzione dei quantitativi e non dell’esclusività e i banconi di stoccaggio non comportano un know-how particolare e non sono specifici al marchio. È pertanto improbabile che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

(320)

Segue un esempio di imposizione di quantitativi di acquisto.

Un produttore X con una quota di mercato del 40 % vende l’80 % dei suoi prodotti tramite contratti che prevedono che il rivenditore sia tenuto ad acquistare almeno il 75 % del suo fabbisogno di quel tipo di prodotto da X. In cambio X offre finanziamenti e attrezzature a tassi favorevoli. I contratti hanno una durata di cinque anni e il prestito deve essere rimborsato in rate di pari importo. Dopo i primi due anni tuttavia gli acquirenti hanno la possibilità di risolvere il contratto con un preavviso di sei mesi se rimborsano l’importo del prestito ancora in essere e rilevano le attrezzature al valore di mercato. Al termine dei cinque anni le attrezzature diventano proprietà dell’acquirente. I 12 produttori concorrenti sono per la maggior parte di piccole dimensioni (il maggiore ha una quota di mercato del 20 %) e hanno concluso contratti analoghi con durata diversa. I produttori aventi quote di mercato inferiori al 10 % hanno spesso contratti di durata superiore e con clausole di risoluzione meno generose. I contratti del produttore X lasciano ai concorrenti la possibilità di soddisfare il 25 % del fabbisogno dell’esercizio. Negli ultimi tre anni due nuovi produttori sono entrati nel mercato e hanno acquisito una quota di mercato congiunta pari all’8 % circa, in parte rilevando i prestiti di vari rivenditori in contropartita della stipulazione di contratti con tali rivenditori.

La quota di mercato vincolata del produttore X è pari al 24 % (0,75 × 0,80 × 40 %). La quota di mercato vincolata degli altri produttori è pari al 25 % circa. Ne consegue che in totale circa il 49 % del mercato è precluso ai nuovi operatori potenziali e agli operatori esistenti che non dispongono di punti vendita vincolati almeno per i primi due anni dei contratti di fornitura. A quanto risulta, i rivenditori incontrano spesso difficoltà a ottenere prestiti dalle banche e sono generalmente troppo piccoli per reperire capitali per altre vie, ad esempio emettendo azioni. Il produttore X inoltre è in grado di dimostrare che, concentrando le vendite presso un numero limitato di rivenditori, realizza una migliore pianificazione delle vendite e una riduzione delle spese di trasporto. In considerazione, da un lato, dei vantaggi in termini di efficienza generati dall’obbligo di acquisto e, dall’altro, della quota del 25 % non vincolata nei contratti del produttore X, della possibilità reale di risolvere i contratti anticipatamente, del recente ingresso di nuovi produttori e del fatto che circa la metà dei rivenditori non è vincolata, è probabile che l’imposizione di un volume di acquisti minimo del 75 % da parte del produttore X soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

8.2.2.   Accordi di fornitura esclusiva

(321)

La fornitura esclusiva si riferisce a restrizioni che obbligano o inducono il fornitore a vendere i prodotti oggetto del contratto soltanto o principalmente a un unico acquirente, in generale o per un uso particolare. Si può trattare di un obbligo di fornitura esclusiva, che impone al fornitore di vendere a un unico acquirente a scopo di rivendita o per un uso particolare, ma anche, ad esempio, dell’imposizione di quantitativi minimi, con incentivi pattuiti tra un fornitore e un acquirente che spingono il fornitore a concentrare le proprie vendite essenzialmente su tale acquirente. La fornitura esclusiva nel caso di beni e servizi intermedi è spesso designata come fornitura industriale.

(322)

Gli accordi di fornitura esclusiva possono beneficiare dell’esenzione per categoria di cui al regolamento (UE) 2022/720 se né la quota di mercato del fornitore né quella dell’acquirente superano il 30 %, anche se combinate con altre restrizioni verticali non fondamentali, ad esempio con obblighi di non concorrenza. La parte restante della presente sezione 8.2.2 fornisce orientamenti per la valutazione degli accordi di fornitura esclusiva nei casi individuali che superano la soglia della quota di mercato.

(323)

Il principale effetto degli accordi di fornitura esclusiva è la preclusione anticoncorrenziale del mercato ad altri acquirenti. Vi è un’analogia con gli eventuali effetti della distribuzione esclusiva, in particolare quando il distributore esclusivo diventa l’acquirente esclusivo per un intero mercato (cfr. in particolare il punto (130)). La quota di mercato dell’acquirente nel mercato degli acquisti a monte costituisce ovviamente un fattore importante per valutare la capacità dell’acquirente di imporre accordi di fornitura esclusiva che precludono ad altri acquirenti l’accesso alle forniture. Tuttavia il fattore determinante per valutare se esista o meno un problema di concorrenza è l’importanza della posizione dell’acquirente nel mercato a valle. Se l’acquirente non detiene potere di mercato a valle, non dovrebbero esserci gravi effetti negativi nei confronti dei consumatori. Si possono registrare effetti pregiudizievoli se la quota di mercato dell’acquirente sul mercato delle vendite a valle e sul mercato degli acquisti a monte è superiore al 30 %. Se la quota di mercato dell’acquirente nel mercato a monte non supera il 30 % possono comunque verificarsi notevoli effetti di preclusione, soprattutto se la quota di mercato dell’acquirente nel mercato a valle supera il 30 % e la fornitura esclusiva riguarda un uso particolare dei prodotti oggetto del contratto. Nel caso di un acquirente con una posizione dominante nel mercato a valle, qualsiasi obbligo di fornire i prodotti esclusivamente o principalmente all’acquirente in posizione dominante può avere facilmente effetti anticoncorrenziali significativi.

(324)

Oltre alla posizione di mercato dell’acquirente nel mercato a valle e a monte, è importante anche considerare la portata e la durata dell’obbligo di fornitura esclusiva. Quanto maggiore è la quota di fornitura vincolata e più lunga la durata dell’obbligo di fornitura esclusiva, tanto più grave sarà l’effetto di preclusione. Gli accordi di fornitura esclusiva di durata inferiore a cinque anni stipulati da imprese che non hanno una posizione dominante richiedono di norma una valutazione degli effetti pro- e anticoncorrenziali, mentre accordi di durata superiore a cinque anni non sono necessari, per la maggior parte dei tipi d’investimento, per produrre i vantaggi di efficienza conclamati o questi ultimi non sono sufficienti a compensare l’effetto di preclusione causato da tali accordi di fornitura esclusiva di lunga durata.

(325)

Anche la posizione di mercato degli acquirenti concorrenti nel mercato degli acquisti a monte è un fattore importante, in quanto è probabile che gli accordi di fornitura esclusiva causino la preclusione nei confronti di acquirenti concorrenti per motivi anticoncorrenziali, ad esempio mediante l’aumento dei costi che devono sostenere, se le loro dimensioni sono notevolmente inferiori a quelle dell’acquirente all’origine della preclusione. È poco probabile che si verifichi un’esclusione di acquirenti concorrenti se essi hanno un potere d’acquisto simile a quello della parte acquirente dell’accordo e sono in grado di offrire ai fornitori possibilità di vendita analoghe. In tal caso potrebbe esserci preclusione solo nei confronti di nuovi operatori potenziali, i quali non sarebbero in grado di approvvigionarsi se alcuni acquirenti importanti stipulano accordi di fornitura esclusiva con la maggioranza dei fornitori sul mercato. Tale effetto cumulativo di preclusione può giustificare la revoca del beneficio di cui al regolamento (UE) 2022/720.

(326)

L’esistenza di barriere all’ingresso a livello dei fornitori e le loro dimensioni sono un fattore rilevante per determinare se esista una preclusione. Nella misura in cui per gli acquirenti concorrenti è efficiente procurarsi i beni o servizi tramite un’integrazione verticale a monte, la preclusione non dovrebbe creare problemi.

(327)

Anche il contropotere negoziale dei fornitori dovrebbe essere tenuto in considerazione, in quanto i fornitori importanti non consentiranno facilmente che un acquirente li costringa a rinunciare ad acquirenti alternativi. La preclusione è pertanto soprattutto un rischio nell’ipotesi di fornitori deboli e di acquirenti forti. Nell’ipotesi di fornitori forti, l’obbligo di fornitura esclusiva può essere combinato con una clausola di non concorrenza. Per simili combinazioni è necessario fare riferimento anche agli orientamenti sul monomarchismo. Quando entrambe le parti hanno fatto investimenti che riguardano specificamente il rapporto contrattuale (problema della rinuncia all’investimento), la combinazione di accordi di fornitura esclusiva e di obblighi di non concorrenza sarà spesso giustificata, in particolare al di sotto del livello di posizione dominante.

(328)

Infine il livello della catena di produzione o di distribuzione e la natura dei prodotti sono fattori rilevanti per valutare possibili effetti di preclusione. La preclusione anticoncorrenziale è meno probabile nel caso di un prodotto intermedio o se il prodotto è omogeneo. In primo luogo, un produttore che sia stato escluso e che usi un determinato fattore produttivo è in genere in grado di rispondere in modo più flessibile alla domanda dei clienti rispetto a un grossista o dettagliante che deve soddisfare la domanda dei consumatori finali, per i quali i marchi possono svolgere un ruolo importante. In secondo luogo, la perdita di un’eventuale fonte di approvvigionamento è meno grave per gli acquirenti esclusi quando i prodotti sono omogenei rispetto a quando un prodotto è eterogeneo, con caratteristiche e qualità differenti. Nel caso di prodotti finali di marca o di prodotti intermedi differenziati, se esistono barriere all’accesso sul mercato la fornitura esclusiva può causare sensibili effetti anticoncorrenziali qualora gli acquirenti concorrenti siano di dimensioni relativamente piccole rispetto all’acquirente della fornitura esclusiva, anche se quest’ultimo non ha una posizione dominante nel mercato a valle.

(329)

I vantaggi di efficienza sono probabili nel caso di un problema di rinuncia all’investimento (punto (16), lettere (e) e (f)), in maggiore misura per i prodotti intermedi che per quelli finali. Altri vantaggi in termini di efficienza sono poco probabili. Eventuali economie di scala a livello di distribuzione (punto (16), lettera (g)) non sembrano giustificare un accordo di fornitura esclusiva.

(330)

Nel caso di un problema di rinuncia all’investimento e ancora di più nel caso di economie di scala a livello di distribuzione, l’imposizione di vincoli quantitativi al fornitore, ad esempio di un obbligo di fornitura minima, potrebbe rappresentare un’alternativa meno restrittiva.

(331)

Segue un esempio di fornitura esclusiva.

Nel mercato di un determinato tipo di componente (mercato di prodotti intermedi), il fornitore A decide, insieme all’acquirente B, di sviluppare una diversa versione del componente, sfruttando il proprio know-how ed effettuando un ingente investimento in nuovi macchinari, avvalendosi di specifiche fornite dall’acquirente B. Quest’ultimo dovrà effettuare ingenti investimenti per incorporare il nuovo tipo di componente. L’accordo stipula che A fornirà il nuovo prodotto solo all’acquirente B sino alla scadenza di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data del primo ingresso nel mercato. L’acquirente B ha l’obbligo di comprare il nuovo prodotto solo dal fornitore A per lo stesso periodo di cinque anni. Sia A che B possono continuare rispettivamente a vendere e a comprare altrove le altre versioni del componente. La quota di mercato dell’acquirente B nel mercato dei componenti a monte e nel mercato dei beni finali a valle è del 40 %. La quota di mercato del fornitore A è del 35 %. Sul mercato esistono altri due fornitori di componenti che detengono una quota di mercato del 20-25 % circa, oltre a una serie di fornitori di dimensioni più piccole.

Dati gli ingenti investimenti di entrambe le parti, è probabile che l’accordo soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato alla luce dei vantaggi in termini di efficienza e del limitato effetto di preclusione che esso produce. Agli altri acquirenti è preclusa una particolare versione del prodotto di un fornitore che detiene il 35 % della quota di mercato, ma altri fornitori di componenti potrebbero sviluppare nuovi prodotti simili. La preclusione nei confronti degli altri fornitori di una parte della domanda dell’acquirente B è limitata a un massimo del 40 % del mercato.

8.2.3.   Restrizioni relative all’uso dei mercati online

(332)

I mercati online mettono in contatto i commercianti e i potenziali clienti per consentire acquisti diretti e in genere forniscono servizi di intermediazione online. Ai fini dei presenti orientamenti, i servizi online che non offrono la funzionalità di acquisto diretto, ma reindirizzano i clienti ad altri siti web in cui è possibile acquistare beni e servizi, non sono considerati mercati online, bensì servizi pubblicitari (171).

(333)

I mercati online sono diventati un importante canale di vendita per fornitori e rivenditori, consentendo loro l’accesso a un numero elevato di clienti e di utenti finali. I mercati online possono consentire ai rivenditori di avviare le vendite online con investimenti iniziali più bassi. Essi possono inoltre agevolare le vendite transfrontaliere e aumentare la visibilità dei venditori, in particolare quelli di piccole e medie dimensioni, che non dispongono di un proprio negozio online o non sono molto noti agli utenti finali.

(334)

I fornitori possono decidere di limitare l’utilizzo dei mercati online da parte dei loro acquirenti (172), ad esempio per proteggere l’immagine e il posizionamento del loro marchio, scoraggiare la vendita di prodotti contraffatti, assicurare sufficienti servizi pre-vendita e post-vendita o garantire che l’acquirente mantenga un rapporto diretto con i clienti. Tali restrizioni possono variare da un divieto totale di utilizzo dei mercati online a restrizioni sull’utilizzo di mercati online che non soddisfano determinati requisiti qualitativi. Ad esempio, i fornitori possono limitare l’utilizzo dei mercati in cui i prodotti sono venduti all’asta o possono richiedere agli acquirenti di utilizzare mercati specializzati, al fine di garantire determinati standard qualitativi per quanto riguarda l’ambiente di vendita dei loro beni o servizi. L’imposizione di determinati requisiti qualitativi può di fatto impedire l’uso dei mercati online, in quanto nessun mercato online è in grado di soddisfarli. Ciò può accadere, ad esempio, quando il fornitore richiede che il logo del mercato online non sia visibile o che il nome di dominio del sito web utilizzato dal rivenditore contenga la denominazione dell’impresa di quest’ultimo.

(335)

Gli accordi verticali che limitano l’uso dei mercati online possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, a condizione che l’accordo non abbia per oggetto di impedire, direttamente o indirettamente, all’acquirente di utilizzare efficacemente internet al fine di vendere i beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari, ai sensi dell’articolo 4, lettera e), del regolamento e che le quote di mercato del fornitore e dell’acquirente non superino le soglie indicate nell’articolo 3 del regolamento.

(336)

Come enunciato alla sezione 6.1.2, una restrizione o un divieto di vendita sui mercati online riguarda le modalità di vendita online dell’acquirente e non limita le vendite in un particolare territorio o a un determinato gruppo di clienti. Sebbene tale restrizione o divieto limiti l’uso di uno specifico canale di vendita online, l’acquirente continua a disporre di altri canali di vendita online (173). In particolare, nonostante una restrizione o un divieto di vendita sui mercati online, l’acquirente può comunque vendere i beni o servizi oggetto del contratto tramite il proprio negozio online e altri canali online, e può utilizzare tecniche di ottimizzazione per i motori di ricerca o fare pubblicità online, anche su piattaforme di terzi, per accrescere la visibilità del proprio negozio online o altri canali di vendita. Pertanto, tale restrizione può, in linea di principio, beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720.

(337)

La parte restante della presente sezione 8.2.3 fornisce orientamenti per la valutazione delle restrizioni relative all’uso dei mercati online nei casi individuali in cui siano superate le soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3 del regolamento (UE) 2022/720.

(338)

Le restrizioni relative all’uso dei mercati online sono spesso concordate nei sistemi di distribuzione selettiva. La sezione 4.6.2 indica i criteri secondo i quali un sistema di distribuzione selettiva può non rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (174). Nei casi in cui non conclude un accordo con il mercato online, il fornitore può non essere in grado di verificare che il mercato online soddisfi le condizioni che i suoi distributori autorizzati sono tenuti a rispettare per la vendita dei beni o servizi oggetto del contratto. In tal caso, una restrizione o un divieto di utilizzo dei mercati online possono essere appropriati e non superare quanto è necessario per conservare la qualità e garantire l’uso corretto dei beni o servizi oggetto del contratto. Tuttavia nei casi in cui un fornitore nomina il gestore di un mercato online membro del suo sistema di distribuzione selettiva, limita l’utilizzo dei mercati online da parte di alcuni distributori autorizzati ma non di altri o limita l’utilizzo di un mercato online, facendovi però ricorso per vendere i beni o servizi oggetto del contratto, è improbabile che le restrizioni relative all’uso di tali mercati online soddisfino i requisiti di adeguatezza e proporzionalità (175).

(339)

Se una distribuzione selettiva rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, l’accordo verticale ed eventuali restrizioni relative all’uso dei mercati online devono essere valutati a norma dell’articolo 101 del trattato.

(340)

Il principale rischio per la concorrenza derivante dalle restrizioni relative all’uso dei mercati online è una riduzione della concorrenza all’interno del marchio al livello della distribuzione. Taluni distributori autorizzati, quali acquirenti di piccole e medie dimensioni, ad esempio, possono basarsi sui mercati online per attirare clienti. Le restrizioni relative all’uso dei mercati online possono privare questi acquirenti di un canale di vendita potenzialmente importante e ridurre la pressione concorrenziale esercitata su altri distributori autorizzati.

(341)

Per la valutazione dei possibili effetti anticoncorrenziali delle restrizioni relative all’uso dei mercati online è necessario innanzitutto valutare il grado di concorrenza tra marchi, poiché è improbabile che una riduzione della concorrenza all’interno del marchio possa di per sé comportare effetti negativi per i consumatori in presenza di una forte concorrenza tra marchi ai livelli del fornitore e del distributore (176). A tal fine, dovrebbe essere presa in esame la posizione di mercato del fornitore e dei suoi concorrenti. In secondo luogo, è necessario tenere conto del tipo e dell’ambito di applicazione delle restrizioni relative all’uso dei mercati online. Ad esempio, un divieto di tutte le vendite tramite i mercati online è più restrittivo di una restrizione relativa all’uso di particolari mercati online o di un obbligo di utilizzare solo i mercati online che soddisfano determinati criteri qualitativi. In terzo luogo, si dovrebbe prendere in considerazione l’importanza relativa dei mercati online oggetto delle restrizioni come canali di vendita nel mercato del prodotto e nel mercato geografico rilevanti. Infine si dovrebbe tenere conto dell’effetto cumulativo di eventuali altre restrizioni delle vendite online o della pubblicità imposte dal fornitore.

(342)

Come indicato al punto (334), le restrizioni relative all’uso dei mercati online possono determinare vantaggi in termini di efficienza, in particolare legati alla garanzia della protezione del marchio o di un determinato livello di qualità del servizio o alla riduzione delle possibilità di contraffazione. Nella misura in cui le restrizioni rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, la valutazione deve considerare se è possibile ottenere tali vantaggi in termini di efficienza con strumenti meno restrittivi conformemente alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Ciò potrebbe verificarsi, ad esempio, nel caso in cui il mercato online consenta ai dettaglianti di creare il loro negozio di marca all’interno del mercato e di esercitare così un maggiore controllo sulla modalità di vendita dei loro beni o servizi. È improbabile che eventuali motivazioni relative alla qualità addotte dal fornitore soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nelle situazioni seguenti:

(a)

il fornitore stesso utilizza il mercato online vietato all’acquirente;

(b)

il fornitore impone la restrizione ad alcuni distributori ma non ad altri;

(c)

il gestore del mercato online è esso stesso un membro autorizzato del sistema di distribuzione selettiva.

8.2.4.   Restrizioni relative all’uso di servizi di confronto dei prezzi

(343)

I servizi di confronto dei prezzi (177), ad esempio i siti web e le app di confronto dei prezzi, consentono ai venditori di accrescere la loro visibilità e generare traffico per il loro negozio online e permettono ai potenziali clienti di trovare i dettaglianti, nonché confrontare diversi prodotti e offerte per lo stesso prodotto. I servizi di confronto dei prezzi aumentano la trasparenza dei prezzi e possono contribuire a intensificare la concorrenza sui prezzi tra marchi e all’interno del marchio al livello del commercio al dettaglio.

(344)

A differenza dei mercati online, i servizi di confronto dei prezzi di solito non offrono funzionalità di vendita e di acquisto, quanto piuttosto reindirizzano i clienti al negozio online del dettagliante, consentendo l’avvio di una transazione diretta tra il cliente e il dettagliante al di fuori del servizio di confronto dei prezzi. I servizi di confronto dei prezzi quindi non sono un canale di vendita online distinto, bensì un canale pubblicitario online.

(345)

I fornitori possono decidere di limitare l’uso dei servizi di confronto dei prezzi (178), ad esempio per proteggere la loro immagine del marchio, dato che tali servizi in genere si concentrano sul prezzo e potrebbero non consentire ai dettaglianti di differenziarsi tra loro tramite altre caratteristiche, quali la gamma o la qualità dei beni o servizi oggetto del contratto. Tra le altre ragioni per limitare l’uso dei servizi di comparazione dei prezzi possono figurare la riduzione delle possibilità di contraffazione o la protezione del modello aziendale del fornitore, ad esempio quando si basa su elementi quali la specializzazione o la qualità anziché sul prezzo.

(346)

Le restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi possono variare da un divieto diretto o indiretto a restrizioni basate su requisiti di qualità o requisiti che prevedono l’inserimento di contenuti specifici nelle offerte pubblicizzate sul servizio di comparazione dei prezzi. Ad esempio, una restrizione relativa alla comunicazione di informazioni sui prezzi ai servizi di comparazione dei prezzi, l’obbligo di ottenere l’autorizzazione del fornitore prima di utilizzare servizi di comparazione dei prezzi o restrizioni relative all’utilizzo del marchio del fornitore nei servizi di comparazione dei prezzi possono equivalere a un divieto di utilizzare i servizi di comparazione dei prezzi.

(347)

Le restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi possono aumentare i costi di ricerca dei consumatori e quindi indebolire la concorrenza sui prezzi al dettaglio. Tali restrizioni possono anche limitare la capacità dell’acquirente di raggiungere potenziali clienti, informarli in merito alla sua offerta e indirizzarli al proprio negozio online. Come indicato al punto (203), il divieto di utilizzare servizi di confronto dei prezzi impedisce all’acquirente di utilizzare un intero canale pubblicitario online, il che configura una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2022/720. Il divieto di utilizzare servizi di confronto dei prezzi impedisce all’acquirente di effettuare vendite a clienti che non sono ubicati nella sua zona di riferimento fisica e che intendono acquistare online e potrebbe pertanto comportare la compartimentazione del mercato e la riduzione della concorrenza all’interno del marchio.

(348)

Viceversa, se l’accordo verticale vieta l’uso di servizi di comparazione dei prezzi rivolti a clienti in un territorio o in un gruppo di clienti attribuito in via esclusiva ad altri acquirenti o riservato in via esclusiva al fornitore, può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 in virtù dell’eccezione di cui all’articolo 4, lettera b), punto i), lettera c), punto i), punto 1) e lettera d), punto i), del regolamento, relativa alla distribuzione esclusiva. Si può ritenere, ad esempio, che un servizio di comparazione dei prezzi si rivolga a un territorio esclusivo se utilizza una lingua abitualmente utilizzata in tale territorio e non nel territorio dell’acquirente, o se il servizio utilizza un dominio di primo livello collegato al territorio esclusivo.

(349)

Gli accordi verticali che limitano l’uso dei servizi di comparazione dei prezzi, ma che non vietano direttamente o indirettamente l’uso di tutti i servizi di comparazione dei prezzi, ad esempio gli accordi che prevedono che il servizio di comparazione dei prezzi soddisfi determinati standard qualitativi, possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720.

(350)

Le indicazioni che seguono riguardano la valutazione degli accordi verticali che limitano l’uso di servizi di comparazione dei prezzi che non beneficiano dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, ad esempio perché sono superate le soglie della quota di mercato di cui all’articolo 3 del regolamento.

(351)

Le restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi sono spesso imposte nei sistemi di distribuzione selettiva. La sezione 4.6.2 indica i criteri in base ai quali un sistema di distribuzione selettiva non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Pertanto, quando un accordo di distribuzione selettiva prevede restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi, occorre innanzi tutto valutare se le restrizioni sono uno strumento appropriato e proporzionato per conservare la qualità o garantire l’uso corretto dei beni o servizi oggetto del contratto. A tale proposito, va notato che i servizi di comparazione dei prezzi reindirizzano i potenziali clienti al negozio online del distributore autorizzato a concludere la transazione di vendita e che il fornitore in genere è in grado di esercitare un controllo sul negozio online del distributore autorizzato attraverso i criteri di selezione e imponendo requisiti nel quadro dell’accordo di distribuzione selettiva.

(352)

Se le restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi sono previste in un accordo di distribuzione selettiva che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o in altri tipi di accordo di distribuzione, è necessario valutare se la restrizione eserciti un effetto restrittivo sensibile sulla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Le restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi che non beneficiano dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 possono in particolare indebolire la concorrenza sui prezzi o determinare la compartimentazione dei mercati, influenzando in ultima analisi la concorrenza tra marchi e all’interno del marchio. Tali restrizioni, ad esempio, possono ridurre la concorrenza sui prezzi, limitando la possibilità dell’acquirente di informare i potenziali clienti in merito a prezzi inferiori. La concorrenza all’interno del marchio può risultare particolarmente colpita quando un fornitore impone le restrizioni solo ad alcuni dei suoi distributori, o quando il fornitore stesso utilizza i servizi di comparazione dei prezzi oggetto delle restrizioni. Nella misura in cui la loro capacità di fare affidamento su un canale pubblicitario online potenzialmente significativo risulta circoscritta, gli acquirenti possono esercitare solo una pressione concorrenziale limitata sul fornitore o su qualsiasi altro distributore che non è sottoposto a tale restrizione.

(353)

I fattori pertinenti per la valutazione a titolo dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato comprendono quanto segue:

(a)

la posizione di mercato del fornitore e dei suoi concorrenti;

(b)

l’importanza dei servizi di comparazione dei prezzi come canale pubblicitario nel mercato rilevante per la vendita dei beni o servizi oggetto del contratto;

(c)

il tipo e l’ambito di applicazione delle restrizioni e l’importanza relativa del particolare servizio di comparazione dei prezzi il cui uso è limitato o vietato;

(d)

se il fornitore impone anche restrizioni sulla capacità dell’acquirente di utilizzare altre forme di pubblicità online.

(354)

È opportuno considerare l’effetto restrittivo combinato della restrizione nell’uso di servizi di comparazione dei prezzi e di altre restrizioni alla pubblicità online imposte dal fornitore.

(355)

Come indicato al punto (345), le restrizioni relative all’uso di servizi di comparazione dei prezzi possono determinare vantaggi in termini di efficienza, in particolare legati alla garanzia della protezione del marchio o di un determinato livello di qualità del servizio o alla riduzione delle possibilità di contraffazione. Conformemente alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, è necessario valutare se tali vantaggi in termini di efficienza potrebbero essere conseguiti anche con strumenti meno restrittivi, ad esempio nel caso in cui l’uso di servizi di comparazione dei prezzi sia subordinato al fatto che il servizio preveda anche confronti o recensioni concernenti la qualità dei beni o servizi in questione, il livello del servizio clienti fornito dall’acquirente o altre caratteristiche relative alle offerte dell’acquirente. Qualsiasi valutazione delle motivazioni relative alla qualità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato dovrebbe tenere conto anche del fatto che la vendita non si conclude sul sito web del servizio di confronto dei prezzi, bensì nel negozio online dell’acquirente.

8.2.5.   Obblighi di parità

(356)

Gli obblighi di parità, talvolta denominati clausole della nazione più favorita («clausole NPF») o accordi di parità tra piattaforme (Across Platform Parity Agreement – «APPA»), impongono a un venditore di beni o servizi di offrire questi ultimi a un’altra parte a condizioni che non siano meno favorevoli rispetto a quelle offerte dal venditore a determinate altre parti o tramite determinati altri canali. Le condizioni possono riguardare prezzi, scorte, disponibilità o altri termini o condizioni di offerta o vendita. L’obbligo di parità può assumere la forma di una clausola contrattuale o può derivare da altre misure dirette o indirette, quali prezzi differenziati o altri incentivi la cui applicazione dipende dalle condizioni alle quali il venditore offre i propri beni o servizi ad altre parti o tramite altri canali.

(357)

Gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio si riferiscono alle condizioni alle quali i beni o servizi sono offerti agli utenti finali. Tali obblighi sono spesso imposti da fornitori di servizi di intermediazione online (ad esempio mercati online o servizi di confronto dei prezzi) agli acquirenti dei loro servizi di intermediazione (ad esempio imprese che vendono tramite la piattaforma di intermediazione).

(358)

Gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio si applicano a vari altri canali di vendita o pubblicità. Ad esempio, gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme si riferiscono alle condizioni offerte da servizi di intermediazione online concorrenti (piattaforme concorrenti). I cosiddetti obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio si riferiscono alle condizioni offerte nei canali di vendita diretti gestiti da venditori di beni o servizi. Alcuni obblighi di parità nella vendita al dettaglio si riferiscono alle condizioni offerte su tutti gli altri canali di vendita (talvolta denominati obblighi di parità «ampia»).

(359)

A eccezione degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720, tutti i tipi di obblighi di parità negli accordi verticali possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento. Le indicazioni seguenti sono fornite per la valutazione degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720 e per altri tipi di obblighi di parità nei casi in cui non si applica l’esenzione per categoria.

8.2.5.1.   Obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme

(360)

Gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio che impediscono a un acquirente di servizi di intermediazione online di offrire, vendere o rivendere beni o servizi agli utenti finali a condizioni più favorevoli utilizzando servizi di intermediazione online concorrenti, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2022/720, hanno maggiori probabilità rispetto ad altri tipi di obblighi di parità di produrre effetti anticoncorrenziali. Questo tipo di obbligo di parità nella vendita al dettaglio può limitare la concorrenza nei modi seguenti:

(a)

può indebolire la concorrenza e facilitare la collusione tra i fornitori di servizi di intermediazione online. In particolare è più probabile che un fornitore che impone tale tipo di obbligo di parità possa aumentare il prezzo o ridurre la qualità dei suoi servizi di intermediazione senza perdere quote di mercato. Indipendentemente dal prezzo o dalla qualità dei servizi del fornitore, i venditori di beni o servizi che scelgono di utilizzarne la piattaforma sono obbligati a offrire condizioni al suo interno che siano almeno altrettanto buone quanto quelle offerte sulle piattaforme concorrenti;

(b)

può precludere ai nuovi o piccoli fornitori di servizi di intermediazione online l’ingresso o l’espansione, limitando la loro capacità di offrire agli acquirenti e agli utenti finali combinazioni prezzo-servizio differenziate.

(361)

La valutazione di questo tipo di obbligo di parità dovrebbe tenere conto dei fattori seguenti:

(a)

la posizione di mercato del fornitore di servizi di intermediazione online che impone l’obbligo e dei suoi concorrenti;

(b)

la quota di acquirenti dei servizi di intermediazione online pertinenti che sono oggetto degli obblighi;

(c)

il comportamento di homing degli acquirenti dei servizi di intermediazione online e degli utenti finali (il numero di servizi di intermediazione online concorrenti che utilizzano);

(d)

l’esistenza di barriere all’ingresso sul mercato rilevante per la fornitura di servizi di intermediazione online;

(e)

l’importanza dei canali di vendita diretta degli acquirenti dei servizi di intermediazione online e in che misura tali acquirenti sono in grado di rimuovere i loro prodotti dalle piattaforme dei fornitori di servizi di intermediazione online (eliminazione dal listino).

(362)

Gli effetti restrittivi degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme sono generalmente più gravosi quando sono utilizzati da uno o più fornitori leader di servizi di intermediazione online. Se tali fornitori hanno un modello aziendale simile, è probabile che gli obblighi di parità riducano la portata della perturbazione del modello. Questo tipo di obbligo può anche consentire a un leader di mercato di mantenere la propria posizione nei confronti dei fornitori più piccoli.

(363)

La quota di acquirenti dei pertinenti servizi di intermediazione online che sono soggetti agli obblighi di parità nella vendita al dettaglio e il comportamento di homing di tali acquirenti sono importanti, in quanto possono indicare che gli obblighi di parità di un fornitore limitano la concorrenza per una quota di domanda che supera la quota di mercato del fornitore. Ad esempio, un fornitore di servizi di intermediazione online può detenere una quota del 20 % del totale delle transazioni effettuate utilizzando tali servizi, ma gli acquirenti a cui impone gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme possono, poiché utilizzano più piattaforme, rappresentare oltre il 50 % del totale delle transazioni concluse su piattaforma. In tal caso gli obblighi di parità del fornitore possono limitare la concorrenza per più della metà della domanda complessiva rilevante.

(364)

Gli acquirenti di servizi di intermediazione online ricorrono spesso al multi-homing per raggiungere i clienti che utilizzano solo una piattaforma e non passano da una piattaforma all’altra. Il multi-homing dell’acquirente è incentivato dai modelli aziendali delle piattaforme secondo cui l’acquirente deve pagare per l’utilizzo del servizio di intermediazione online solo quando il servizio genera una transazione. Come spiegato al punto (363), il multi-homing degli acquirenti di servizi di intermediazione online può aumentare la quota della domanda complessiva di tali servizi che è interessata dagli obblighi di parità di un fornitore. L’utilizzo di una sola piattaforma da parte degli utenti finali può indicare che ogni fornitore di servizi di intermediazione online controlla l’accesso a un gruppo distinto di utenti finali. Ciò può aumentare il potere contrattuale del fornitore e la sua capacità di imporre obblighi di parità.

(365)

I mercati per la fornitura di servizi di intermediazione online sono spesso caratterizzati da significative barriere all’ingresso e all’espansione, che possono aggravare gli effetti negativi degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio. Questi mercati presentano spesso effetti di rete indiretti positivi: i nuovi o piccoli fornitori di tali servizi possono avere difficoltà ad attirare gli acquirenti perché le loro piattaforme forniscono l’accesso a un numero insufficiente di utenti finali. Nel caso in cui gli utenti finali siano consumatori finali, anche la fedeltà al marchio, l’utilizzo di una sola piattaforma e le strategie di lock-in dei fornitori di servizi di intermediazione esistenti possono creare barriere all’ingresso.

(366)

Gli acquirenti di servizi di intermediazione online possono inoltre vendere direttamente i loro beni o servizi agli utenti finali. Tali vendite dirette possono limitare la capacità dei fornitori di servizi di intermediazione online di aumentare il prezzo dei propri servizi. È quindi necessario valutare se anche tali canali di vendita diretta siano soggetti all’obbligo di parità nella vendita al dettaglio, la quota delle vendite di beni o servizi rilevanti effettuate tramite i canali di vendita diretta e tramite i servizi di intermediazione online, nonché la fungibilità dei due tipi di canali dal punto di vista dei venditori e degli acquirenti dei beni o servizi oggetto di intermediazione.

(367)

Gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme possono produrre effetti restrittivi sensibili quando sono imposti ad acquirenti che rappresentano una quota significativa della domanda complessiva di servizi di intermediazione online pertinenti. Nel caso di un effetto anticoncorrenziale cumulativo, gli effetti restrittivi saranno generalmente attribuiti solo agli obblighi di parità dei fornitori la cui quota di mercato supera il 5 %.

(368)

In linea di principio gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio possono anche essere imposti dai dettaglianti in relazione alle condizioni a cui i beni o servizi del venditore sono offerti ai consumatori finali da parte dei dettaglianti concorrenti. Tuttavia, quando questo tipo di obbligo di parità si riferisce al prezzo, generalmente il venditore di beni o servizi che accetta l’obbligo dovrà concordare un prezzo minimo di vendita (imposizione dei prezzi di rivendita) con i dettaglianti concorrenti con cui tratta. L’imposizione dei prezzi di rivendita è una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720. Qualora le imprese siano in grado di attuare tali obblighi di parità nella vendita al dettaglio conformemente alle norme relative all’imposizione dei prezzi di rivendita, anche quando l’obbligo di parità si riferisce a condizioni diverse dal prezzo, gli obblighi possono beneficiare dell’esenzione per categoria. Al di sopra della soglia della quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento si applicano per analogia le indicazioni fornite nei punti da (360) a (367).

8.2.5.2.   Obblighi di parità nella vendita al dettaglio relativi ai canali di vendita diretta

(369)

Gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio imposti dai fornitori di servizi di intermediazione online in relazione ai canali di vendita diretta impediscono agli acquirenti dei servizi di offrire nei propri canali di vendita diretta prezzi e condizioni più favorevoli rispetto alle condizioni offerte sulla piattaforma del fornitore di servizi di intermediazione online che impone l’obbligo. Tali obblighi sono spesso denominati obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio. In linea di principio, gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio non limitano la capacità di un acquirente di servizi di intermediazione online di offrire prezzi o condizioni più favorevoli tramite altri servizi di intermediazione online. Tuttavia, se l’acquirente si avvale di più fornitori di servizi di intermediazione online che applicano obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio, tali obblighi gli impediscono di offrire sui propri canali diretti condizioni più favorevoli rispetto alle condizioni offerte sulla piattaforma di intermediazione più costosa.

(370)

Gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio eliminano la pressione esercitata dai canali di vendita diretta dell’acquirente. Quando la concorrenza per la fornitura di servizi di intermediazione online è limitata, tali obblighi possono consentire al fornitore di servizi di intermediazione online di mantenere un prezzo più alto per i suoi servizi, con il possibile risultato di prezzi al dettaglio più elevati per i beni o servizi oggetto di intermediazione.

(371)

A determinate condizioni, in particolare se il numero di fornitori di servizi di intermediazione online è limitato, gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio possono incidere sugli incentivi degli acquirenti dei servizi di intermediazione online a trasferire nei loro prezzi al dettaglio le variazioni di prezzo dei servizi di intermediazione. Questo può comportare un indebolimento della concorrenza tra i fornitori di servizi di intermediazione online analogo all’effetto degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme.

8.2.5.3.   Valutazione degli obblighi di parità nella vendita al dettaglio ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato

(372)

Laddove gli obblighi di parità nella vendita al dettaglio producano effetti restrittivi sensibili, le possibili motivazioni relative all’efficienza devono essere valutate ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Nella maggior parte dei casi l’utilizzo di obblighi di parità nella vendita al dettaglio da parte dei fornitori di servizi di intermediazione online è giustificato dalla necessità di affrontare un problema di sfruttamento senza contropartita. Ad esempio, il fornitore potrebbe non essere incentivato a investire nello sviluppo della propria piattaforma, nei servizi pre-vendita o nella promozione per incrementare la domanda, se i benefici di tali investimenti in termini di aumento delle vendite vanno a piattaforme concorrenti o a canali di vendita diretta che possono offrire gli stessi beni o servizi a condizioni più favorevoli.

(373)

I fattori pertinenti per la valutazione del rispetto delle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato comprendono l’esame del fatto che gli investimenti effettuati dal fornitore di servizi di intermediazione online generino benefici oggettivi, vale a dire se essi comportano un valore aggiunto agli utenti finali, del fatto che i rischi di fenomeni di sfruttamento senza contropartita siano reali e considerevoli e del fatto che il tipo e la portata particolari dell’obbligo di parità siano indispensabili per conseguire i benefici oggettivi. Il probabile livello del fenomeno dello sfruttamento senza contropartita deve essere tale da influire in modo significativo sugli incentivi a investire nei servizi di intermediazione online. La prova della misura in cui gli utenti dei servizi di intermediazione (venditori e acquirenti) ricorrono al multi-homing è particolarmente rilevante, sebbene sia anche necessario esaminare se il loro comportamento è influenzato dagli effetti degli obblighi di parità. Se il fornitore di servizi di intermediazione online o i suoi concorrenti operano in altri mercati comparabili senza applicare obblighi di parità nella vendita al dettaglio, o applicando obblighi meno restrittivi, ciò può indicare che gli obblighi non sono indispensabili. Nei casi in cui la fornitura di servizi di intermediazione online è estremamente concentrata e presenta barriere all’ingresso significative, la necessità di proteggere la concorrenza residua può superare gli eventuali vantaggi in termini di efficienza. Altre motivazioni relative ai benefici generali forniti dalle piattaforme di intermediazione, quali la messa in comune delle spese promozionali degli utenti, la maggiore trasparenza dei prezzi o la riduzione dei costi di transazione, soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato solo se il fornitore di servizi di intermediazione online può dimostrare un nesso di causalità diretto tra il beneficio invocato e l’utilizzo del particolare tipo di obbligo di parità.

(374)

In generale gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio hanno maggiori probabilità di soddisfare le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato rispetto agli obblighi di parità nella vendita al dettaglio tra piattaforme. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i loro effetti restrittivi sono in genere meno gravi e quindi è più probabile che siano superati dai vantaggi in termini di efficienza. Il rischio di sfruttamento senza contropartita da parte di venditori di beni o servizi attraverso i loro canali di vendita diretta inoltre può essere più elevato, in particolare perché i venditori non pagano alla piattaforma costi di commissione sulle loro vendite dirette. Tuttavia, quando gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio non producono vantaggi in termini di efficienza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, il beneficio dell’esenzione per categoria può essere revocato. Si può trattare, in particolare, del caso in cui il rischio di sfruttamento senza contropartita è limitato o gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio non sono indispensabili per conseguire gli incrementi di efficienza. In assenza di vantaggi in termini di efficienza, la revoca è probabile in particolare se gli obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio sono applicati dai tre maggiori fornitori di servizi di intermediazione online nel mercato rilevante e tali fornitori detengono una quota di mercato combinata superiore al 50 %. In assenza di vantaggi in termini di efficienza, l’esenzione per categoria può anche essere revocata, in funzione delle particolari circostanze, se gli acquirenti che rappresentano una quota significativa della pertinente domanda complessiva di servizi di intermediazione online sono soggetti a obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio. L’esenzione per categoria può essere revocata rispetto agli accordi di tutti i fornitori di servizi di intermediazione online i cui obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio contribuiscono in misura significativa all’effetto anticoncorrenziale cumulativo, ossia i fornitori con una quota di mercato superiore al 5 %.

(375)

Segue un esempio dell’utilizzo di obblighi di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio.

In un determinato Stato membro, due terzi dei pasti dei ristoranti che vengono consegnati per un consumo domestico sono ordinati tramite piattaforme online e un terzo direttamente presso i ristoranti. Le piattaforme A, B, C e D generano rispettivamente il 25 %, il 20 %, il 20 % e il 15 % degli ordini effettuati tramite piattaforma. Le piattaforme A, B e C operano nello Stato membro A da tre-cinque anni e nello stesso periodo la quota degli ordini complessivi effettuati tramite piattaforme è aumentata. La piattaforma D è entrata nel mercato più recentemente. Le piattaforme applicano ai ristoranti una commissione del 15-20 % per ordine. La maggior parte dei consumatori che si avvalgono delle piattaforme ne utilizza una o due, mentre la maggior parte dei ristoranti che si avvalgono delle piattaforme ne utilizza due o più.

Negli ultimi 12 mesi tutte le piattaforme hanno introdotto una clausola di parità «ristretta» nella vendita al dettaglio, che impedisce ai ristoranti di offrire prezzi inferiori per ordini diretti, siano essi online o telefonici. Nello stesso periodo tre delle piattaforme hanno aumentato la loro commissione standard. Le piattaforme affermano che la clausola di parità «ristretta» è necessaria per impedire ai ristoranti di sfruttare, senza offrire una contropartita, i loro investimenti, in particolare nello sviluppo di funzioni di ricerca e confronto di facile impiego e di servizi di pagamento sicuro.

Negli ultimi 12 mesi nessuna delle tre piattaforme più grandi ha aggiunto nuove funzioni o servizi, né ha introdotto miglioramenti significativi nei servizi offerti. Non esistono prove concrete di un rischio significativo di pratiche di sfruttamento senza contropartita, e in particolare del fatto che una quota considerevole di clienti utilizzi le piattaforme per cercare e confrontare le offerte dei ristoranti per poi ordinare direttamente presso il ristorante. Né esistono prove del fatto che la presunta minaccia di sfruttamento senza contropartita abbia influito negativamente sugli investimenti effettuati in passato dalle piattaforme per lo sviluppo dei loro servizi.

Se si giunge alla conclusione che il mercato del prodotto rilevante consista nella fornitura di servizi di piattaforma ai ristoranti, la fornitura di tali servizi risulta concentrata. In considerazione dei recenti aumenti registrati nel livello delle commissioni prelevate dalle piattaforme e della mancanza di prove che dimostrino che le clausole di parità producano efficienze, è probabile che il beneficio dell’esenzione per categoria sarà revocato rispetto agli accordi conclusi con i ristoranti da tutte e quattro le piattaforme.

8.2.5.4.   Obblighi di parità a monte

(376)

Gli obblighi di parità tra piattaforme e gli obblighi di parità «ristretta» possono anche essere imposti da fornitori di servizi di intermediazione online in relazione alle condizioni alle quali i beni o servizi sono offerti a imprese diverse dagli utenti finali (ad esempio ai dettaglianti). Questo tipo di obbligo di parità può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720. In linea di principio, questo tipo di obbligo di parità a monte è in grado di limitare la concorrenza per la fornitura di servizi di intermediazione online in modi analoghi agli obblighi di parità nella vendita al dettaglio. Tuttavia per valutare questo tipo di obbligo di parità a monte è necessario prendere in considerazione anche le condizioni di concorrenza a valle, ossia tra le imprese che acquistano i beni o servizi tramite il servizio di intermediazione online. Nei casi in cui non si applica l’esenzione per categoria, si possono applicare per analogia le indicazioni di cui ai punti da (360) a (374).

8.2.5.5.   Obblighi del cliente più favorito

(377)

Gli obblighi di parità possono essere imposti anche da produttori, grossisti o dettaglianti relativamente alle condizioni di acquisto di beni o servizi come fattori produttivi dai fornitori. Questo tipo di obbligo tradizionale del cliente più favorito non incide direttamente sulle condizioni della concorrenza a valle tra le imprese acquirenti. La preoccupazione principale associata agli obblighi di parità relativi alle condizioni alle quali i beni o servizi sono acquistati come fattori produttivi è che tali obblighi possano ridurre gli incentivi dei fornitori di fattori produttivi a competere e quindi aumentare i prezzi dei fattori produttivi. I fattori pertinenti per la valutazione di questi obblighi includono la dimensione relativa e il potere di mercato del fornitore e dell’acquirente che concordano l’obbligo di parità, la quota del mercato rilevante soggetta a obblighi simili e il costo del fattore produttivo in questione rispetto ai costi totali degli acquirenti.

(378)

Gli obblighi tradizionali del cliente più favorito possono creare vantaggi in termini di efficienza che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In particolare possono consentire alle parti di un contratto di fornitura a lungo termine di ridurre al minimo i costi di transazione e possono anche impedire comportamenti opportunistici da parte del fornitore e ovviare al problema della rinuncia all’investimento per l’acquirente, qualora, ad esempio, questi non investa in un nuovo prodotto o non lo lanci per timore che il fornitore del fattore produttivo possa abbassarne il prezzo per acquirenti successivi. Questo tipo di vantaggio in termini di efficienza è più probabile nei rapporti a lungo termine che comportano investimenti irrecuperabili.

8.2.6.   Pagamenti anticipati per l’accesso

(379)

I pagamenti anticipati per l’accesso sono commissioni fisse che i fornitori pagano ai distributori, nell’ambito di una relazione verticale, all’inizio di un periodo di riferimento per ottenere l’accesso alla loro rete di distribuzione e per remunerare i servizi forniti ai fornitori dai dettaglianti. Questa categoria comprende pratiche diverse, ad esempio l’applicazione di commissioni per garantire la presenza del prodotto (179), le cosiddette «pay-to-stay fees» (180) e i pagamenti per avere accesso alle campagne promozionali del distributore. La presente sezione 8.2.6 fornisce indicazioni per la valutazione dei pagamenti anticipati per l’accesso nei casi individuali al di sopra della soglia della quota di mercato di cui all’articolo 3 del regolamento (UE) 2022/720.

(380)

I pagamenti anticipati per l’accesso possono determinare una preclusione anticoncorrenziale nei confronti di altri distributori. Ad esempio, commissioni elevate possono incentivare un fornitore a effettuare un volume considerevole delle proprie vendite tramite un unico distributore o un numero limitato di distributori, in modo da coprire i costi delle commissioni. In questo caso i pagamenti anticipati per l’accesso possono avere lo stesso effetto di preclusione a valle di un obbligo di fornitura esclusiva. Per valutare la probabilità che insorga questo tipo di effetto negativo, si possono applicare per analogia le indicazioni relative agli obblighi di fornitura esclusiva (in particolare i punti da (321) a (330)).

(381)

In via eccezionale i pagamenti anticipati per l’accesso possono determinare effetti di preclusione anticoncorrenziale a monte. Ad esempio, se il distributore gode di una posizione contrattuale forte o il ricorso ai pagamenti anticipati per l’accesso è diffuso, tali pagamenti possono aumentare le barriere all’ingresso per i piccoli fornitori. Per valutare la probabilità che insorga questo tipo di effetto negativo, si possono applicare per analogia le indicazioni relative agli obblighi di monomarchismo (in particolare i punti da (298) a (318)). La valutazione deve anche prendere in considerazione se il distributore in questione vende prodotti concorrenti con il proprio marchio. In tal caso possono anche sorgere questioni orizzontali, con la conseguenza che l’esenzione per categoria non si applica a norma dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2022/720 (cfr. la sezione 4.4.3).

(382)

Oltre a provocare eventuali effetti di preclusione, i pagamenti anticipati per l’accesso possono indebolire la concorrenza e facilitare la collusione tra distributori. È probabile che i pagamenti anticipati per l’accesso aumentino il prezzo applicato dal fornitore per i prodotti oggetto del contratto, poiché il fornitore deve coprire la spesa di tali pagamenti. Prezzi di fornitura più elevati possono ridurre l’interesse dei dettaglianti a competere a livello dei prezzi sul mercato a valle, mentre i profitti dei distributori aumentano grazie ai pagamenti per l’accesso. Una simile riduzione della concorrenza tra distributori a causa dell’utilizzo cumulativo di pagamenti anticipati per l’accesso in genere si verifica solo se il mercato della distribuzione è estremamente concentrato.

(383)

Tuttavia l’utilizzo di pagamenti anticipati per l’accesso in molti casi può contribuire a una distribuzione efficiente dello spazio sugli scaffali per i nuovi prodotti. Quando i fornitori lanciano nuovi prodotti, i distributori dispongono spesso di informazioni minori rispetto al fornitore in merito alla probabilità di successo del nuovo prodotto e di conseguenza le quantità del prodotto tenute in magazzino possono essere subottimali. I pagamenti anticipati per l’accesso possono essere usati per ridurre tale asimmetria di informazioni tra i fornitori e i distributori, permettendo esplicitamente ai fornitori di competere per lo spazio sugli scaffali. Il distributore può dunque essere informato preventivamente in merito a quali prodotti hanno maggiori probabilità di successo, in quanto un fornitore in genere accetterà di versare un pagamento anticipato per l’accesso solo se considera scarsa la probabilità di insuccesso del lancio del prodotto.

(384)

Inoltre, a causa dell’asimmetria di informazioni citata al punto precedente, i fornitori possono essere incentivati a sfruttare, senza offrire contropartite, gli sforzi promozionali dei distributori per introdurre prodotti subottimali. Se un prodotto non ha successo, i distributori sosterranno parte dei costi di tale fallimento. Il ricorso a pagamenti anticipati per l’accesso può impedire fenomeni di questo genere, spostando nuovamente il rischio di insuccesso dei prodotti sul fornitore e contribuendo quindi a un tasso ottimale di lancio di nuovi prodotti.

8.2.7.   Accordi di gestione per categoria

(385)

Gli accordi di gestione per categoria sono accordi (181) mediante i quali il distributore affida al fornitore (il cosiddetto «capitano di categoria») la commercializzazione di una categoria di prodotti, che possono comprendere, oltre ai prodotti del fornitore, anche i prodotti dei suoi concorrenti. Il capitano di categoria può pertanto esercitare un’influenza, ad esempio, sul posizionamento e sulla promozione dei prodotti nel punto vendita e sulla selezione dei prodotti per il punto vendita. Gli accordi di gestione per categoria possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720, quando sia la quota di mercato del capitano di categoria che quella del distributore non superano il 30 % e a condizione che l’accordo non comprenda restrizioni fondamentali, ad esempio restrizioni della facoltà del distributore di determinare il proprio prezzo di vendita ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720.

(386)

Anche se in genere gli accordi di gestione per categoria non suscitano riserve, essi possono falsare la concorrenza tra fornitori e determinare una preclusione anticoncorrenziale nei confronti di altri fornitori nei casi in cui il capitano di categoria è in grado di limitare o danneggiare la distribuzione dei prodotti dei fornitori concorrenti. In generale, il distributore non avrà interesse a limitare la propria scelta di prodotti. Tuttavia, se il distributore vende anche prodotti concorrenti con il proprio marchio, egli può essere incentivato anche a precludere il mercato a determinati fornitori. Per valutare la probabilità di un tale effetto di preclusione anticoncorrenziale a monte, si possono applicare per analogia le indicazioni relative agli obblighi di monomarchismo (in particolare i punti da (298) a (318)). In particolare tale valutazione dovrebbe prendere in considerazione la copertura del mercato degli accordi di gestione per categoria, l’eventuale uso cumulativo di tali accordi e la posizione di mercato dei fornitori concorrenti e del distributore.

(387)

Gli accordi di gestione per categoria possono inoltre facilitare la collusione tra i distributori quando lo stesso fornitore agisce come capitano di categoria per tutti i distributori concorrenti o per la maggior parte di essi. Tali accordi possono facilitare anche la collusione tra fornitori, a causa delle maggiori opportunità di scambiare informazioni di mercato sensibili attraverso i dettaglianti, ad esempio le informazioni relative alla futura fissazione dei prezzi, a piani promozionali o a campagne pubblicitarie (182). Il regolamento (UE) 2022/720 non disciplina tali scambi di informazioni tra concorrenti. In particolare le indicazioni sullo scambio di informazioni fornite ai punti da (95) a (103) si applicano esclusivamente allo scambio di informazioni nel contesto degli scenari di duplice distribuzione di cui all’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento. Il punto (103), che descrive le precauzioni che le imprese possono prendere per ridurre al minimo il rischio di collusione derivante dallo scambio di informazioni nel contesto della duplice distribuzione, può comunque essere pertinente per analogia.

(388)

L’utilizzo di accordi di gestione per categoria può comportare vantaggi in termini di efficienza. Tali accordi possono permettere ai distributori di avere accesso alle conoscenze di marketing del fornitore per un determinato gruppo di prodotti e di realizzare economie di scala, poiché garantiscono che sugli scaffali venga presentata la quantità ottimale di prodotti al momento giusto. In generale, quanto maggiore è il grado di concorrenza tra marchi e quanto minori sono i costi che i consumatori devono sostenere per passare ad altri prodotti, tanto maggiori sono i vantaggi economici realizzati mediante la gestione per categoria.

8.2.8.   Vendita abbinata

(389)

Per «vendita abbinata» si intendono le situazioni in cui i clienti che acquistano un prodotto (il prodotto principale) devono acquistare anche un altro prodotto distinto (il prodotto abbinato) dallo stesso fornitore o da qualcuno designato da quest’ultimo. La vendita abbinata può essere considerata abusiva ai sensi dell’articolo 102 del trattato (183). La vendita abbinata può anche costituire una restrizione verticale ai sensi dell’articolo 101 del trattato, se si traduce in un obbligo che rientra nella categoria «monomarchismo» riguardante il prodotto abbinato (cfr. i punti da (298) a (318)). I presenti orientamenti si applicano solo a quest’ultima fattispecie.

(390)

Il fatto che i prodotti siano considerati distinti dipende dalla domanda dei clienti. Due prodotti sono distinti se, in assenza di vendite abbinate, un numero considerevole di clienti acquisterebbe o avrebbe acquistato il prodotto principale senza comperare anche il prodotto abbinato dallo stesso fornitore, permettendo quindi una produzione autonoma sia per il prodotto principale che per il prodotto abbinato (184). La prova che due prodotti sono distinti potrebbe includere prove dirette del fatto che, se hanno la scelta, i clienti acquistano il prodotto principale e il prodotto abbinato separatamente da diverse fonti, o prove indirette, ad esempio la presenza sul mercato di imprese specializzate nella produzione o nella vendita del prodotto abbinato senza il prodotto principale (185), o prove che indicano che le imprese con scarso potere di mercato, in particolare su mercati competitivi, tendono a non abbinare o aggregare tali prodotti. Ad esempio, dato che i clienti desiderano acquistare le scarpe con i lacci e per i distributori non è fattibile mettere alle scarpe nuove lacci scelti dai clienti, è diventato parte degli usi commerciali fornire le scarpe con i lacci. La vendita di scarpe con i lacci non costituisce quindi una vendita abbinata.

(391)

La vendita abbinata può produrre effetti di preclusione anticoncorrenziale nel mercato del prodotto abbinato, del prodotto principale o di entrambi al tempo stesso. Il prodursi di un effetto di preclusione dipende dalla quota delle vendite complessive sul mercato del prodotto abbinato che si trova a essere vincolata. Per gli elementi da prendere in considerazione per stabilire la portata dell’effetto di preclusione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, si veda l’analisi elaborata per il monomarchismo. La vendita abbinata implica almeno una certa pressione sui quantitativi esercitata sull’acquirente del prodotto abbinato. Se viene stipulato inoltre un obbligo di non concorrenza relativo al prodotto abbinato, l’eventuale effetto di preclusione sul mercato di detto prodotto si accresce. La vendita abbinata può determinare una minore concorrenza per i clienti interessati all’acquisto del prodotto abbinato ma non del prodotto principale. Se non vi è un numero sufficiente di clienti disposti ad acquistare soltanto il prodotto abbinato per sostenere i concorrenti del fornitore nel mercato abbinato, la vendita abbinata può provocare prezzi più elevati per tali clienti. Se il prodotto abbinato è un prodotto complementare importante per i clienti del prodotto principale, una diminuzione dei fornitori alternativi del prodotto abbinato, e dunque una disponibilità ridotta di tale prodotto, può rendere più difficile un ingresso limitato al mercato del prodotto principale.

(392)

La vendita abbinata può anche portare direttamente a prezzi superiori al livello concorrenziale, soprattutto in tre situazioni. In primo luogo, se il prodotto principale e il prodotto abbinato possono essere utilizzati in proporzioni variabili come fattori del processo di produzione, i clienti possono reagire a un aumento di prezzo del prodotto principale aumentando la loro domanda del prodotto abbinato riducendo nel contempo la domanda del prodotto principale. Praticando una vendita abbinata dei due prodotti il fornitore può cercare di evitare questa sostituzione e di conseguenza essere in grado di aumentare i prezzi. In secondo luogo, la vendita abbinata potrebbe consentire una discriminazione dei prezzi in funzione dell’uso che il cliente fa del prodotto principale, ad esempio l’abbinamento delle cartucce d’inchiostro alla vendita di fotocopiatrici (razionamento). In terzo luogo, in caso di contratti di lunga durata o di mercati secondari relativi a prodotti assemblati aventi una frequenza di sostituzione bassa, può essere difficile per gli acquirenti calcolare le conseguenze dell’abbinamento.

(393)

La vendita abbinata può beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/720 se la quota di mercato del fornitore, sia sul mercato del prodotto abbinato che su quello del prodotto principale, e la quota di mercato dell’acquirente, sui mercati rilevanti a monte, non superano il 30 %. Essa può essere combinata con altre restrizioni verticali che non sono restrizioni fondamentali ai sensi del regolamento, quale un obbligo di non concorrenza, una pressione sui quantitativi del prodotto principale o l’approvvigionamento esclusivo. La parte restante della presente sezione 8.2.8 fornisce orientamenti per la valutazione delle vendite abbinate nei casi individuali che superano la soglia della quota di mercato.

(394)

La posizione di mercato del fornitore sul mercato del prodotto principale è ovviamente di decisiva importanza per valutare i possibili effetti anticoncorrenziali. In generale questo tipo di accordo viene imposto dal fornitore. L’importanza del fornitore sul mercato del prodotto principale è la principale ragione per la quale può essere difficile per un acquirente rifiutare l’obbligo di abbinamento.

(395)

La posizione di mercato dei suoi concorrenti è importante per valutare il potere di mercato del fornitore sul mercato del prodotto principale. Finché i concorrenti sono sufficientemente numerosi e forti non c’è da attendersi alcun effetto anticoncorrenziale, dato che gli acquirenti hanno sufficienti possibilità di procurarsi il prodotto principale senza quello abbinato, a meno che anche altri fornitori pratichino lo stesso abbinamento. Inoltre sono pertinenti per stabilire la posizione di mercato del fornitore anche le barriere all’ingresso sul mercato del prodotto principale. Se la vendita abbinata è combinata con un obbligo di non concorrenza relativo al prodotto principale, la posizione del fornitore ne viene notevolmente rafforzata.

(396)

Il potere d’acquisto è importante, in quanto acquirenti forti non possono essere facilmente costretti ad accettare l’abbinamento senza beneficiare anch’essi, almeno in parte, degli eventuali vantaggi in termini di efficienza. La vendita abbinata non fondata su motivi di efficienza rischia quindi di verificarsi soprattutto quando gli acquirenti non detengono un potere d’acquisto significativo.

(397)

Qualora venga riscontrata l’esistenza di sensibili effetti anticoncorrenziali, è necessario valutare se siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Obbligazioni in materia di vendite abbinate possono contribuire a migliorare l’efficienza attraverso la produzione o la distribuzione congiunta dei prodotti abbinati. Se il prodotto abbinato non è fabbricato dal fornitore, può esservi un beneficio derivante dalla possibilità per quest’ultimo di acquistare il prodotto abbinato in grandi quantitativi. Affinché la vendita abbinata soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato si dovrà tuttavia dimostrare che almeno una parte di tali riduzioni dei costi viene trasferita al consumatore, il che di norma non avviene se il dettagliante è in grado di ottenere con regolarità forniture dei medesimi prodotti o di prodotti equivalenti a condizioni analoghe o migliori di quelle offerte dal fornitore che applica la vendita abbinata. La vendita abbinata può produrre un beneficio anche quando contribuisce ad assicurare una certa uniformità e standardizzazione della qualità (cfr. il punto 16, lettera h)). Si dovrà dimostrare tuttavia che gli effetti positivi non possono essere conseguiti con pari efficienza imponendo all’acquirente di utilizzare o rivendere beni che soddisfino determinati standard minimi di qualità, piuttosto che costringendolo ad acquistare tali beni dal fornitore o da un terzo designato dal fornitore. I requisiti relativi agli standard qualitativi minimi non rientrano di norma nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Qualora il fornitore del prodotto principale imponga all’acquirente di acquistare il prodotto abbinato da fornitori designati, ad esempio perché è impossibile formulare standard qualitativi minimi, è possibile che anche tale pratica esuli dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, in particolare se il fornitore del prodotto principale non ottiene un vantaggio (finanziario) diretto dalla designazione dei fornitori del prodotto abbinato.

(1)  I presenti orientamenti sostituiscono gli orientamenti sulle restrizioni verticali della Commissione (GU C 130 del 19.5.2010, pag. 1).

(2)  Regolamento (UE) 2022/720 della Commissione, del 10 maggio 2022, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 134 dell’11 maggio 2022, pag. 4).

(3)  Cfr. il punto (51).

(4)  La Commissione continuerà a monitorare il funzionamento del regolamento (UE) 2022/720 e i presenti orientamenti e potrà rivedere la presente comunicazione alla luce degli sviluppi futuri.

(5)  Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU C 372 del 9.12.1997, pag. 5) o qualsiasi orientamento futuro della Commissione relativo alla definizione di mercato rilevante ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, compresi eventuali orientamenti che potrebbero sostituire la comunicazione sulla definizione del mercato.

(6)  Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).

(7)  Ulteriori indicazioni sulla definizione di «accordo verticale» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720 sono fornite nella sezione 4.2 dei presenti orientamenti.

(8)  Cfr. ad esempio le sentenze del 21 febbraio 1973, Europemballage Corporation e Continental Can Company/Commissione, causa 6/72, EU:C:1973:22, punti 25 e 26, del 17 febbraio 2011, Konkurrensverket/TeliaSonera Sverige AB, causa C-52/09, EU:C:2011:83, punti da 20 a 24, del 18 novembre 2021, SIA «Visma Enterprise»/Konkurences padome, causa C-306/20, EU:C:2021:935, punto 58 («causa C-306/20 - Visma Enterprise»).

(9)  Cfr. ad esempio, la sentenza del 13 luglio 1966, Grundig-Consten e Grundig/Commissione della CEE, cause riunite C-56/64 e 58/64, EU:C:1966:41; 30 giugno 1966, la sentenza Société Technique Minière/ Maschinenbau Ulm, causa C-56/65, EU:C:1966:38 («causa C-56/65 - Société Technique Minière»); e la sentenza del 14 luglio 1994, Parker Pen/Commissione, causa T-77/92, EU:T:1994:85 («causa T-77/92 - Parker Pen»).

(10)  Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720, le «restrizioni verticali» sono definite all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento come «restrizioni della concorrenza rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato [corsivo aggiunto]». La sezione 3 dei presenti orientamenti fornisce ulteriori indicazioni sugli accordi verticali che non rientrano di norma nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

(11)  Comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97) che descrive la metodologia generale della Commissione e l’interpretazione delle condizioni di applicazione dell’articolo 101 del trattato e in particolare dell’articolo 101, paragrafo 3.

(12)  Cfr. articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea.

(13)  Cfr. la comunicazione della Commissione del 5 maggio 2021«Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa» (COM(2021) 350 final).

(14)  La valutazione degli accordi verticali può tenere conto di eventuali definizioni di sostenibilità, digitalizzazione o resilienza contenute nel diritto dell’Unione.

(15)  Cfr. i punti (144) e (316).

(16)  Tali linee direttrici non si applicano agli accordi dei produttori di prodotti agricoli rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 210 bis, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).

(17)  Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato agli accordi di cooperazione orizzontale (GU C 11 del 14.1.2011, pag. 1).

(18)  Cfr. ad esempio causa C-306/20 - Visma Enterprise, punto 78.

(19)  Cfr. le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, punto 25.

(20)  Un aspetto talvolta denominato «problema della doppia marginalizzazione».

(21)  Cfr. documento di lavoro dei servizi della Commissione, «Evaluation of the Vertical Block Exemption Regulation» (SWD(2020) 172 final), 10 maggio 2017, pagg. da 31 a 42, e lo studio di valutazione a cui si fa riferimento; relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 10 maggio 2017, «Relazione finale sull’indagine settoriale sul commercio elettronico» (COM(2017) 229 final) («relazione finale sull’indagine settoriale sul commercio elettronico»), punto 11.

(22)  Se i consumatori beneficino effettivamente degli sforzi promozionali aggiuntivi dipende dal fatto che la promozione aggiuntiva informi e convinca, e dunque vada a vantaggio di molti nuovi clienti, o che raggiunga principalmente clienti che già sanno cosa vogliono comprare e per i quali la promozione aggiuntiva implica soltanto o principalmente un aumento di prezzo.

(23)  Cfr. in particolare la definizione di «obbligo di non concorrenza» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2022/720, e le relative indicazioni nella sezione 6.2 dei presenti orientamenti, e le indicazioni sul «monomarchismo» fornite nella sezione 8.2 dei presenti orientamenti.

(24)  Per quanto riguarda le nozioni di collusione esplicita e tacita, cfr. la sentenza del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e altri/Commissione, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, EU:C:1993:120.

(25)  Cfr. la sentenza nella causa C-306/20 - Visma Enterprise, punto 78.

(26)  Gli effetti anticoncorrenziali cumulativi possono in particolare giustificare una revoca del beneficio del regolamento (UE) 2022/720, cfr. la sezione 7.1 dei presenti orientamenti.

(27)  Cfr. la sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia Inc./Autorité de la concurrence e altri, causa C-226/11, EU:C:2012:795, punti 16 e 17 («causa C-226/11 - Expedia»).

(28)  Linee direttrici della Commissione sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 81).

(29)  Comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU C 291 del 30.8.2014, pag. 1). Ulteriori orientamenti sono forniti nel documento di lavoro dei servizi della Commissione, «Guidance on restrictions of competition ’by object’ for the purpose of defining which agreements may benefit from the De Minimis Notice» (SWD(2014) 198 final).

(30)  Cfr. linee direttrici sul pregiudizio al commercio, punto 50.

(31)  Cfr. linee direttrici sul pregiudizio al commercio, punto 52.

(32)  Cfr. il punto 8 della comunicazione «de minimis», che include anche una soglia di quota di mercato per gli accordi tra concorrenti effettivi o potenziali, secondo il quale tali accordi non restringono sensibilmente la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, quando la quota di mercato aggregata detenuta dalle parti dell’accordo non supera il 10 % su nessuno dei mercati rilevanti interessati dall’accordo.

(33)  Cfr. la sentenza nella causa C-226/11 - Expedia, punti da 21 a 23 e 37, con riferimento alla sentenza del 9 luglio 1969, Völk/Vervaecke, causa C-5/69, EU:C:1969:35; cfr. anche le sentenze del 6 maggio 1971, Cadillon/Höss, causa C-1/71, EU:C:1971:47, e del 28 aprile 1998, Javico/Yves Saint Laurent Parfums, causa C-306/96, EU:C:1998:173, punti 16 e 17 («causa C-306/96 - Javico/Yves Saint Laurent Parfums»).

(34)  Cfr. causa C-226/11 - Expedia, punto 37.

(35)  Cfr. la comunicazione «de minimis», punto 8.

(36)  Cfr. la comunicazione «de minimis», punto 3. Cfr. la sentenza dell’8 giugno 1995, Langnese-Iglo/Commissione, causa T-7/93, EU:T:1995:98, punto 98.

(37)  Quali definite nell’allegato della raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).

(38)  Cfr. la sentenza del 15 settembre 2005, DaimlerChrysler/Commissione, causa T-325/01, EU:T:2005:322 («causa T-325/01 - DaimlerChrysler/Commissione»); la sentenza del 14 dicembre 2006, Confederación Espanola de Empresarios de Estaciones de Servicio/CEPSA, causa C-217/05, EU:C:2006:784; e la sentenza dell’11 settembre 2008, CEPSA Estaciones de Servicio SA/LV Tobar e Hijos SL, causa C-279/06, EU:C:2008:485.

(39)  Cfr. la sezione 3.2.2 dei presenti orientamenti per quanto concerne le disposizioni dell’accordo di agenzia commerciale che possono comunque rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

(40)  Cfr. la sentenza del 1o ottobre 1987, ASBL Vereniging van Vlaamse Reisbureaus/ASBL Sociale Dienst van de Plaatselijke en Gewestelijke Overheidsdiensten, causa C-311/85, EU:C:1987:418, punto 20.

(41)  Cfr. anche il punto (192). In particolare, a norma di un contratto di agenzia commerciale rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, l’agente deve essere libero di ridurre il prezzo effettivo pagato dal cliente, condividendo con quest’ultimo la propria remunerazione.

(42)  Cfr. la sentenza del 16 dicembre 1975, «Suiker Unie»/Commissione, cause riunite da 40 a 48, 50, da 54 a 56, 111, 113 e 114/73, EU:C:1975:174, punti da 537 a 557.

(43)  Cfr. causa T-325/01 - DaimlerChrysler/Commissione, punti 100 e 113.

(44)  Comunicazione della Commissione, del 18 dicembre 1978, relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura alla luce dell’articolo 85, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (GU C 1 del 3.1.1979, pag. 2).

(45)  Cfr. il punto 2 della comunicazione sulla subfornitura, che fornisce ulteriori chiarimenti in particolare sull’utilizzazione dei diritti di proprietà industriale e delle conoscenze tecniche.

(46)  Cfr. il punto 3 della comunicazione sulla subfornitura.

(47)  Per quanto riguarda le restrizioni escluse e il significato dell’articolo 5 del regolamento (UE) 2022/720, cfr. la sezione 6.2 dei presenti orientamenti.

(48)  Cfr. la sentenza nella causa C-56/65 - Société Technique Minière/Maschinenbau Ulm, pag. 249.

(49)  Conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2022/720, nei presenti orientamenti il termine «accordo verticale» include le pratiche concordate verticali, salvo indicazione contraria.

(50)  Per contro, se esiste un accordo verticale ai sensi dell’articolo 101 del trattato, l’applicazione del regolamento (UE) 2022/720 e dei presenti orientamenti lascia impregiudicata la possibilità di un’applicazione parallela dell’articolo 102 del trattato all’accordo verticale.

(51)  Cfr. la sentenza del 14 gennaio 2021, causa C-450/19, Kilpailu- ja kuluttajavirasto, EU:C:2021:10, punto 21.

(52)  Cfr. la sentenza del 13 luglio 2006, Commissione/Volkswagen AG, causa C-74/04 P, EU:C:2006:460, punti da 39 a 42.

(53)  Cfr. la sentenza del 26 ottobre 2000, Bayer AG/Commissione, causa T-41/96, EU:T:2000:242, punto 120.

(54)  Cfr. la decisione della Commissione nel caso AT.40428 - Guess, punto 97, con riferimento alla sentenza dell’11 gennaio 1990, Sandoz Prodotti Farmaceutici/Commissione, causa C-277/87, EU:C:1990:6, punto 2, e alla sentenza del 9 luglio 2009, Peugeot e Peugeot Nederland/Commissione, causa T-450/05, EU:T:2009:262, punti da 168 a 209.

(55)  Cfr. anche il punto (30).

(56)  Cfr. l’articolo 1 della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1);

(57)  Cfr. anche l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online (GU L 186 dell’11.7.2019, pag. 57).

(58)  Cfr., ad esempio, la sentenza del 19 dicembre 2019, X, causa C-390/18, EU:C:2019:1112, punti da 58 a 69.

(59)  L’indicazione fornita nella presente sezione 4 degli orientamenti lascia impregiudicata la qualifica delle imprese che sono parti di accordi che non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) 2022/720.

(60)  Il massimale di fatturato annuo di 50 milioni di EUR è basato sul massimale di fatturato per le PMI di cui all’articolo 2 dell’allegato della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione.

(61)  Comunicazione della commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia» (GU C 89 del 28.3.2014, pag. 3).

(62)  Regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione, del 21 marzo 2014, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (GU L 93 del 28.3.2014, pag. 17).

(63)  I punti (85), (86) e (87) si applicano per analogia ad altri tipi di accordi di distribuzione che comportano il trasferimento di un know-how sostanziale dal fornitore all’acquirente.

(64)  Cfr. le sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e altri/Competition and Markets Authority, causa C-307/18, EU:C:2020:52, punti da 36 a 45; del 25 marzo 2021, H. Lundbeck A/S and Lundbeck Ltd/European Commission, causa C-591/16 P, EU:C:2021:243, punti da 54 a 57.

(65)  Ferma restando l’applicazione della comunicazione sulla subfornitura; cfr. il punto (47) dei presenti orientamenti.

(66)  Le indicazioni fornite nei presenti orientamenti non pregiudicano l’applicazione del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE («regolamento generale sulla protezione dei dati») (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1) e di altre disposizioni dell’Unione applicabili allo scambio di informazioni ai sensi del punto (97) dei presenti orientamenti.

(67)  Cfr. le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, punto 31.

(68)  Salvo indicazione contraria, gli esempi comprendono informazioni comunicate dal fornitore o dall’acquirente, a prescindere dalla frequenza della comunicazione e dal fatto che le informazioni si riferiscano a comportamenti passati, presenti o futuri.

(69)  Cfr. la sezione 6.1.1 per ulteriori indicazioni sull’imposizione dei prezzi di rivendita, compresi gli strumenti indiretti per applicarla.

(70)  Ad esempio perché le condizioni dell’articolo 2, paragrafo 4, dell’articolo 2, paragrafo 5, o dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento non sono soddisfatte.

(71)  Cfr. il capitolo sullo scambio di informazioni nelle linee direttrici relative agli accordi orizzontali e in eventuali versioni future delle stesse.

(72)  L’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2022/720 presuppone che l’accordo verticale concluso dal fornitore di servizi di intermediazione online con una funzione ibrida non si qualifichi come accordo di agenzia commerciale che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato; cfr. punti (46) e (63).

(73)  Cfr. il punto (90).

(74)  Cfr. il punto (26).

(75)  Regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 36).

(76)  Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 43).

(77)  Regolamento (UE) n. 461/2010 della Commissione, del 27 maggio 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico (GU L 129 del 28.5.2010, pag. 52).

(78)  Cfr. anche le sezioni 6.1.2.3.1 e 6.1.2.3.2.

(79)  Cfr. anche la sezione 6.1.2.3.3.

(80)  Cfr. l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) 2022/720.

(81)  Cfr. la sentenza nella causa C-306/20 - Visma Enterprise, punto 78.

(82)  Ad esempio, quando il fornitore designa un distributore dedicato per rispondere a bandi di gara indetti da autorità pubbliche in relazione ad attrezzature informatiche o forniture per ufficio.

(83)  Cfr. le sentenze del 25 ottobre 1977, Metro/Commissione, causa 26/76, EU:C:1977:167, punti da 20 a 21 («causa C-26/76 - Metro/Commissione»); dell’11 dicembre 1980, L’Oréal/De Nieuwe AMCK, causa C-31/80, EU:C:1980:289, punti 15 e 16 («causa C-31/80 - L’Oréal/De Nieuwe AMCK»); del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo-Cosmétique SAS/Président de l’Autorité de la concurrence, causa C-439/09, EU:C:2011:649, punto 41 («causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique»); del 6 dicembre 2017, Coty Germany GmbH/Parfümerie Akzente GmbH, causa C-230/16, EU:C:2017:941, punto 24 («causa C-230/16 - Coty Germany»).

(84)  Cfr. causa C-26/76 - Metro/Commissione, punti da 20 a 22; sentenze del 25 ottobre 1983, AEG/Commissione, causa C-107/82, EU:C:1983:293, punti 33, 34 e 73 («causa C-107/82 - AEG/Commissione»), punti 33, 34 e 73; del 22 ottobre 1986, Metro/Commissione, causa C-75/84, EU:C:1986:399, punto 45; del 12 dicembre 1996, Leclerc/Commissione, causa T-88/92, EU:T:1996:192, punto 106.

(85)  Cfr. causa C-26/76 - Metro/Commissione e causa C-107/82 - AEG/Commissione.

(86)  Cfr. causa C-230/16 - Coty Germany.

(87)  Cfr. causa C-230/16 - Coty Germany, punti da 25 a 29.

(88)  Cfr. causa C-26/76 - Metro/Commissione, punti 20 e 21; causa C-31/80 - L’Oréal/De Nieuwe AMCK, punti 15 e 16; causa C-107/82 - AEG/Commissione, punto 35; del 27 febbraio 1992, Vichy/ Commissione, causa T-19/91, EU:T:1992:28, punto 65.

(89)  Cfr. il punto (149).

(90)  Cfr. causa C-230/16 – Coty Germany, punti da 43 a 58.

(91)  Cfr. causa C-230/16 – Coty Germany, in particolare il punto 67; cfr. anche il punto (208) dei presenti orientamenti.

(92)  Cfr. anche il punto (208).

(93)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punto 54. Cfr. anche la sezione 6.1.2.3.2.

(94)  Cfr. anche, per analogia, la sentenza del 14 giugno 2012, Auto 24 SARL/Jaguar Land Rover France SAS, causa C-158/11, EU:C:2012:351, punto 31.

(95)  Cfr. causa C-306/20 - Visma Enterprise, punto 78.

(96)  Cfr. la sentenza del 28 gennaio 1986, Pronuptia de Paris GmbH/Pronuptia de Paris Irmgard Schillgallis, causa C-161/84, EU:C:1986:41, punto 16.

(97)  A tale scopo non si prendono in considerazione le eventuali vendite di beni o servizi di fornitori concorrenti effettuate dal distributore integrato.

(98)  Cfr. causa C-306/96 - Javico/Yves Saint Laurent Parfums, punto 20.

(99)  Cfr. documento di lavoro dei servizi della Commissione, «Guidance on restrictions of competition ’by object’ for the purpose of defining which agreements may benefit from the De Minimis Notice», 25 giugno 2014 (SWD(2014) 198 final), pag. 4.

(100)  Cfr. la sentenza del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commissione, C-373/14 P, EU:C:2016:26, punto 26.

(101)  Cfr. la sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., causa C-228/18, EU:C:2020:265, punti da 35 a 37 e giurisprudenza ivi citata.

(102)  Cfr. in particolare il punto (16), lettere da a) ad i), dei presenti orientamenti che descrivono tipi di vantaggi in termini di efficienza che in genere sono associati alle restrizioni verticali e la sezione 6.1.1 dei presenti orientamenti sull’imposizione dei prezzi di rivendita. Per indicazioni generali sulla valutazione degli incrementi di efficienza, cfr. anche le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(103)  Va notato che l’imposizione dei prezzi di rivendita può essere collegata ad altre restrizioni, compresa la collusione orizzontale sotto forma di accordi hub and spoke, che sono trattati al punto 55 delle linee direttrici relative agli accordi orizzontali.

(104)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.40428 - Guess, punti 84, 86 e 137.

(105)  Cfr. la relazione finale sull’indagine settoriale sul commercio elettronico, punti 602 e 603.

(106)  Cfr. le decisioni della Commissione nei casi AT.40182 - Pioneer, punti 136 e 155; AT.40469 - Denon & Marantz, punto 95; AT.40181 - Philips, punto 64; AT.40465 - Asus, punto 27.

(107)  Le restrizioni alla capacità dei fornitori di servizi di intermediazione online - di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del regolamento - di condividere la loro remunerazione relativa alla fornitura dei servizi di intermediazione online non sono restrizioni fondamentali ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento, in quanto non limitano la capacità di un acquirente di determinare il suo prezzo di vendita. Cfr. i punti da (64) a (67) dei presenti orientamenti, in particolare il punto (67), lettera a).

(108)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso n. IV/32.737 Eirpage, in particolare il punto 6.

(109)  Questa indicazione non pregiudica la valutazione degli accordi orizzontali tra i dettaglianti che istituiscono e gestiscono un simile modello di esecuzione ai sensi dell’articolo 101 del trattato, tenendo conto delle indicazioni fornite dalle linee direttrici relative agli accordi orizzontali.

(110)  Cfr. le sentenze del 3 luglio 1985, Binon/AMP, causa C-243/83, EU:C:1985:284, punto 44; del 1o ottobre 1987, VVR/Sociale Dienst van de Plaatselijke en Gewestelijke Overheidsdiensten, causa C-311/85, EU:C:1987:418, punto 17; del 19 aprile 1988, Erauw-Jacquery/La Hesbignonne, causa C-27/87, EU:C:1988:183, punto 15.

(111)  A norma dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003, incombe all’impresa che invoca l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato l’onere di dimostrare che le condizioni in esso enunciate sono soddisfatte.

(112)  Cfr. in proposito i punti (13) e (16).

(113)  Cfr. anche i punti (204), (206) e (210) concernenti i vari tipi di restrizioni delle vendite e della pubblicità online.

(114)  Cfr. anche causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punto 54.

(115)  Cfr. anche la decisione della Commissione nel caso AT.40182 - Guess, punti da 118 a 126.

(116)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punti 56 e 57 e il punto (224) dei presenti orientamenti.

(117)  Cfr. ad esempio causa T-77/92 - Parker Pen/Commissione, punto 37.

(118)  Cfr. ad esempio la sentenza del 9 luglio 2009, Peugeot e Peugeot Nederland/Commissione, causa T-450/05, EU:T:2009:262, punto 47.

(119)  Cfr. ad esempio la sentenza del 6 luglio 2009, Volkswagen/Commissione, causa T-62/98, EU:T:2000:180, punto 44.

(120)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.40433 - Film merchandise, punto 54.

(121)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.40433 - Film merchandise, punti 52 e 53.

(122)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.40436 - Nike, punto 57; decisione della Commissione nel caso AT.40433 - Film merchandise, punti 61 e 63.

(123)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.37975 - PO/Yamaha, punti 111 e 112. Per contro, un accordo in base al quale il fornitore concorda con i suoi distributori che, qualora un distributore effettui una vendita in un territorio attribuito a un altro distributore, il primo distributore deve pagare al secondo una commissione basata sul costo dei servizi da prestare, non ha per oggetto la restrizione delle vendite dei distributori al di fuori dei territori loro attribuiti (cfr. la sentenza del 13 gennaio 2004, JCB Service/Commissione, causa T-67/01, EU:T:2004:3, punti da 136 a 145).

(124)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.40436 - Nike, punti 71 e 72; decisione della Commissione nel caso AT.40433 - Film merchandise, punti 65 e 66.

(125)  Articolo 3 del regolamento (UE) 2018/302.

(126)  Articolo 5 del regolamento (UE) 2018/302.

(127)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punti 36 e 37.

(128)  Cfr. anche il punto (203).

(129)  Cfr. anche la decisione della Commissione nel caso AT.40428 - Guess, punti da 118 a 126.

(130)  Per altri esempi, cfr. la relazione finale sull’indagine settoriale sul commercio elettronico, punto 241.

(131)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punti 56 e 57, e il punto (224) dei presenti orientamenti.

(132)  Cfr. anche la decisione della Commissione nel caso AT.40428 - Guess, punti da 118 a 126, e il punto 200 dei presenti orientamenti.

(133)  Cfr. causa C-230/16 - Coty Germany, punti da 64 a 69 e la sezione 8.2.3 dei presenti orientamenti.

(134)  Cfr. anche il punto (206), lettera g).

(135)  Cfr. anche il punto 203.

(136)  Cfr. anche il punto 208, lettera e).

(137)  Cfr. la sentenza del 7 dicembre 2010, Peter Pammer/Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG e Hotel Alpenhof GesmbH/Oliver Heller, cause riunite C-585/08 e C-144/09, EU:C:2010:740, punto 93.

(138)  Regolamento (UE) 2018/302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2018, recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno e che modifica i regolamenti (CE) n. 2006/2004 e (UE) 2017/2394 e la direttiva 2009/22/CE (GU L 60I del 2.3.2018, pag. 1).

(139)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punti 56 e 57.

(140)  Cfr. anche il punto (222) concernente il regolamento (UE) 2018/302.

(141)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punti da 55 a 58.

(142)  Cfr. anche il punto (222) concernente il regolamento (UE) 2018/302.

(143)  Cfr. il punto (227).

(144)  Cfr. il punto (237).

(145)  Cfr. anche il punto (222) concernente il regolamento (UE) 2018/302.

(146)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.40428 - Guess, punti da 65 a 78.

(147)  Cfr. anche il punto (116).

(148)  Cfr. causa C-439/09 - Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, punti da 55 a 58.

(149)  Cfr. anche il punto (222) concernente il regolamento (UE) 2018/302.

(150)  Né gli organi giurisdizionali degli Stati membri possono modificare la portata del regolamento (UE) 2022/720, estendendone l’ambito di applicazione ad accordi che non vi rientrano. Una siffatta estensione si ripercuoterebbe, in effetti, indipendentemente dalla sua rilevanza, sul modo secondo il quale la Commissione esercita il suo potere legislativo (sentenza del 28 febbraio 1991, Stergios Delimitis/Henninger Bräu AG, causa C-234/89, EU:C:1991:91, punto 46 («causa C-234/89 - Delimitis»)).

(151)  Un effetto cumulativo di preclusione è comunque improbabile se le reti parallele di accordi verticali coprono meno del 30 % del mercato rilevante, cfr. il punto 10 della comunicazione «de minimis».

(152)  In linea generale si ritiene che fornitori o distributori individuali la cui quota di mercato non superi il 5 % non contribuiscano in misura significativa all’effetto cumulativo di preclusione (cfr. la comunicazione «de minimis», punto 10, e la sentenza nella causa C-234/89, Stergios Delimitis/Henninger Bräu, punti da 24 a 27).

(153)  La valutazione di tale contributo sarà effettuata a norma dei criteri indicati nella sezione 8, in cui si tratta dell’applicazione della normativa ai casi individuali.

(154)  Cfr. capitolo IV del regolamento (CE) n. 1/2003.

(155)  Se un accordo verticale non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, come indicato nella sezione 3 dei presenti orientamenti, la questione dell’applicazione del regolamento (UE) 2022/720 non si presenta, perché il regolamento (UE) 2022/720 definisce categorie di accordi verticali che di norma soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, il che presuppone che l’accordo verticale rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.

(156)  È sufficiente che la Commissione dimostri che una delle quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è soddisfatta, perché ai fini dell’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, devono essere rispettate tutte e quattro le condizioni.

(157)  Il requisito a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003 concernente l’onere della prova a carico della competente autorità garante della concorrenza si riferisce alla situazione in cui, in un determinato caso, il regolamento (UE) 2022/720 non si applica e un’impresa invoca l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In tale situazione, a norma dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003, all’impresa incombe l’onere di dimostrare che tutte e quattro le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sono soddisfatte. A tale scopo, essa è tenuta a comprovare le sue affermazioni; cfr. ad esempio la decisione della Commissione nel caso AT.39226 - Lundbeck, confermata dalle sentenze dell’8 settembre 2016, Lundbeck/Commissione, causa T-472/13, EU:T:2016:449; e del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione causa C-591/16 P, EU:C:2021:243.

(158)  La Commissione si è avvalsa del suo potere di revocare il beneficio di regolamenti di esenzione per categoria applicabili in precedenza con la decisione del 25 marzo 1992 (misure cautelari) relativa a un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CEE nel caso V/34.072 - Mars/Langnese e Schöller, confermata dalla sentenza del 1o ottobre 1998, Langnese-Iglo/Commissione, causa C-279/95 P, EU:C:1998:447, e con la decisione del 4 dicembre 1991 (misure cautelari) relativa a un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CEE nel caso IV/33.157 - Eco System/Peugeot.

(159)  Cfr. la sezione 3.1.

(160)  Cfr. anche il punto (282).

(161)  Come indicato al punto 84 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, il concetto di «utilizzatori», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3 del trattato comprende tutti i fruitori, diretti o indiretti, dei prodotti oggetto dell’accordo, inclusi i produttori che usano il prodotto quale materia prima, i distributori all’ingrosso, i dettaglianti e gli utilizzatori finali, ovverosia le persone che operano per fini che non fanno parte delle loro attività commerciali o professionali.

(162)  Cfr. le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(163)  Cfr. la sentenza Ford/Commissione, cause riunite 25/84 e 26/84, EU:C:1985:340, punti 24 e 25 e le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, punto 44.

(164)  Cfr. ad esempio la decisione 1999/242/CE della Commissione (caso IV/36.237 - TPS) (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 6). Analogamente, il divieto contenuto nell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato si applica solo fintantoché l’accordo ha per oggetto o per effetto una restrizione della concorrenza; linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, punto 44.

(165)  Cfr. le linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, punto 85.

(166)  Cfr. la sentenza del 16 marzo 2000, Compagnie Maritime Belge, cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P, EU:C:2000:132, punto 130. Analogamente l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non pregiudica l’applicazione delle norme del trattato in materia di libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. Tali disposizioni si applicano in determinate circostanze agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (cfr. in proposito la sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a., causa C-309/99, EU:C:2002:98, punto 120).

(167)  Cfr. la sentenza del 10 luglio 1990, Tetra Pak/Commissione, causa T-51/89, EU:T:1990:41. Cfr. anche il punto 106 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3.

(168)  Cfr. la sentenza del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione, causa T-65/98, EU:T:2003:281, punti 104 e 156.

(169)  Cfr. l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).

(170)  Tali investimenti in fonti di energia rinnovabile possono essere soggetti ad altre normative dell’Unione, tra cui quelle derivanti dall’articolo 106, paragrafo 1, del trattato in materia di aiuti di Stato e mercato interno.

(171)  Cfr. anche il punto (343).

(172)  Relazione finale sull’indagine settoriale sul commercio elettronico, sezione 4.4.

(173)  Cfr. causa C-230/16 - Coty Germany, punti da 64 a 69.

(174)  Cfr. causa C-230/16 - Coty Germany, punti da 24 a 36.

(175)  Cfr. i punti da (147) a (150) dei presenti orientamenti e causa C-230/16 – Coty Germany, punti da 43 a 58.

(176)  Cfr. la sentenza nella causa C-306/20 - Visma Enterprise, punto 78.

(177)  Ai fini dei presenti orientamenti, per servizi di confronto dei prezzi si intendono servizi che non prevedono una funzionalità che permette l’acquisto diretto. I servizi che permettono agli utenti di concludere transazioni di acquisto fornendo funzionalità di vendita e di acquisto sono classificati come mercati online ai fini dei presenti orientamenti. Le restrizioni relative all’uso dei mercati online sono trattate nella sezione 8.2.3.

(178)  Relazione finale sull’indagine settoriale sul commercio elettronico, sezione B.4.5.

(179)  Commissioni fisse che i produttori pagano ai dettaglianti per avere accesso al loro spazio sugli scaffali.

(180)  Pagamenti forfettari effettuati per garantire la presenza continuata di un prodotto esistente sugli scaffali per un ulteriore periodo di tempo.

(181)  Un accordo ai sensi dell’articolo 101 del trattato può sussistere anche quando il capitano di categoria formula raccomandazioni non vincolanti che sono attuate sistematicamente dal distributore.

(182)  Cfr. la giurisprudenza dei tribunali dell’Unione relativa allo scambio di informazioni tra concorrenti, ad esempio le sentenze del 10 novembre 2017, ICAP/Commissione, causa T-180/15, EU:T:2017:795, punto 57, del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., causa C-8/08, EU:C:2009:343, punto 51, del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, causa C-286/13 P, EU:C:2015:184, punto 127, del 21 gennaio 2016, Eturas UAB e a., causa C-74/14, ECLI:EU:C:2016:42, punti da 40 a 44, del 10 novembre 2017, ICAP/Commissione, causa T-180/15, EU:T:2017:795, punto 57.

(183)  Cfr. la sentenza del 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, causa C-333/94 P, EU:C:1996:436, punto 37. Cfr. anche la comunicazione della Commissione «Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti» (GU C 45 del 24.2.2009, pag. 7).

(184)  Cfr. la sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, causa T-201/04, EU:T:2007:289, punti 917, 921 e 922.

(185)  Cfr. la sentenza del 12 dicembre 1991, Hilti/Commissione, causa T-30/89, EU:T:1991:70, punto 67.


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