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Document 52021AE2472

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso una filiera alimentare equa» (parere esplorativo)

EESC 2021/02472

GU C 517 del 22.12.2021, p. 38–44 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

22.12.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 517/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso una filiera alimentare equa»

(parere esplorativo)

(2021/C 517/05)

Relatore:

Branko RAVNIK

Correlatore:

Peter SCHMIDT

Consultazione

Lettera della presidenza slovena del Consiglio, 19.3.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

9.09.2021

Adozione in sessione plenaria

22.9.2021

Sessione plenaria n.

563

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

211/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la direttiva UE in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare, che rappresenta un passo in avanti nel porre rimedio agli squilibri di potere che si registrano lungo tutta la filiera. Le pratiche commerciali sleali sono un fenomeno complesso dalle vaste implicazioni sociali, e in tale contesto la regolamentazione svolge un ruolo fondamentale. Il Comitato esorta gli Stati membri a recepire e attuare la direttiva e ad affrontare con urgenza le pratiche commerciali sleali.

1.2.

La filiera alimentare europea ha dato prova di notevole resilienza durante la pandemia di COVID-19: i consumatori hanno sempre avuto accesso a quasi tutti i generi alimentari e, pur essendo esposti al rischio di contagio, i lavoratori dell’intera filiera alimentare hanno svolto un lavoro straordinario.

1.3.

Tuttavia, le prime osservazioni segnalano significative modifiche dei comportamenti a livello di produzione, distribuzione e consumo. Il CESE raccomanda di sostenere la trasformazione dei sistemi alimentari europei per renderli più sostenibili, resilienti, equi e inclusivi sul piano ambientale, economico e sociale, e soprattutto per far sì che possano fornire ai consumatori europei alimenti sani e sicuri prodotti in maniera sostenibile. Osserva che la cooperazione (piuttosto che la concorrenza) tra gli operatori della filiera alimentare è essenziale per promuovere un sistema alimentare più resiliente e sostenibile, al fine di garantire un’equa ripartizione tra gli operatori e di evitare la denigrazione.

1.4.

Il CESE rinnova la raccomandazione che agli operatori più deboli, e in particolare agli agricoltori, sia pagato un prezzo equo e giusto che consenta loro di ricevere un reddito che sia adeguato per gli investimenti, l’innovazione e la produzione sostenibile (1). Dovrebbe essere istituito un meccanismo per dare seguito al monitoraggio della distribuzione del valore aggiunto lordo nella filiera alimentare. Secondo i dati della Commissione, la quota del valore aggiunto lordo della filiera alimentare che va al produttore primario è scesa dal 31 % del 1995 al 23,4 % del 2015 (dati più recenti disponibili).

1.5.

Il CESE rinnova altresì la raccomandazione di affrontare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nelle prescrizioni minime della direttiva (2) e apprezza gli sforzi compiuti da vari Stati membri per risolvere problemi come gli acquisti a prezzi inferiori ai costi di produzione, le aste al doppio ribasso, o la tutela di tutti gli attori della filiera, indipendentemente dalle loro dimensioni o dalla loro posizione nella filiera alimentare. Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di regolamentare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Tuttavia, si rammarica che la Commissione non abbia promosso un approccio armonizzato per evitare la frammentazione del mercato unico. Ritiene che le future misure supplementari dovrebbero essere compatibili con il mercato unico e soggette a un’adeguata valutazione d’impatto. Tuttavia, il CESE accoglie con favore il recepimento e l’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, garanzia di una maggiore equità nella filiera alimentare, e chiede un approccio più armonizzato in futuro.

1.6.

Il CESE invita gli Stati membri ad adottare leggi che proteggano tutti i soggetti economici. Le dimensioni non costituiscono necessariamente una misura indiretta del potere di mercato; di conseguenza è necessario proteggere contro le pratiche commerciali sleali tutti gli operatori economici, grandi e piccoli.

1.7.

Il CESE incoraggia inoltre gli Stati membri a introdurre meccanismi che li mettano in grado di monitorare, valutare e garantire l’attuazione delle leggi di recepimento e creare sedi di dialogo in collaborazione con tutte le parti interessate.

1.8.

Attualmente gli squilibri di potere economico e contrattuale nei sistemi alimentari europei (ma anche in quelli mondiali) mettono a dura prova la redditività del settore agricolo e i salari, aggravando il calo del potenziale di investimenti delle piccole e medie imprese del settore alimentare e l’abbandono del commercio al dettaglio a conduzione familiare a livello locale. Occorre pertanto introdurre meccanismi correttivi basati su dati concreti, per assicurare lo sviluppo equilibrato dei soggetti operanti nella filiera alimentare europea e promuovere una ripartizione equa dei vantaggi economici della produzione e della distribuzione di generi alimentari all’interno e all’esterno dell’UE, promuovendo in tal modo sistemi alimentari più sostenibili. La Commissione non ha tratto conclusioni dalle valutazioni d’impatto della strategia «Dal produttore al consumatore».

1.9.

Il CESE sottolinea quanto sia importante che tutte le parti interessate dispongano degli strumenti e delle informazioni adeguati per trarre vantaggio dalla direttiva. Di conseguenza il CESE invita la Commissione europea, gli Stati membri e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) a far sì che le parti interessate conoscano i propri diritti e le procedure per il loro esercizio, anche quando si tratta di commercio transnazionale, sia all’interno dell’UE sia con paesi terzi.

1.10.

Il CESE ribadisce che la promozione di pratiche commerciali più eque dovrebbe rientrare in una politica alimentare e commerciale globale dell’UE che comprenda l’intera filiera e garantisca l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite.

2.   Introduzione

2.1.

Le pratiche commerciali sleali sono definite quali «pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali, sono in contrasto con i principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte» (3). La filiera alimentare è particolarmente vulnerabile a tali pratiche, dati i forti squilibri di potere tra operatori. Le pratiche commerciali sleali possono verificarsi in tutte le fasi della filiera, e quelle che hanno origine ad un determinato livello della filiera possono produrre effetti in altre parti della stessa a seconda del potere di mercato degli attori coinvolti (4).

2.2.

Come si illustra dettagliatamente nei pareri del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa, adottato nel 2016 (5), e Migliorare la filiera alimentare, adottato nel 2018 (6), la concentrazione del potere di contrattazione ha portato ad abusi di posizione dominante che hanno reso gli operatori più deboli sempre più vulnerabili alle pratiche commerciali sleali. In tal modo si trasferisce il rischio economico dal mercato verso i segmenti più a monte della filiera, con un impatto particolarmente negativo sui consumatori e su taluni operatori, per esempio gli agricoltori, i lavoratori e le PMI. Secondo i dati della Commissione, la quota del valore aggiunto lordo della filiera alimentare che va al produttore primario è scesa dal 31 % del 1995 al 23,4 % del 2015 (dati più recenti disponibili). Secondo la Commissione, il problema delle pratiche commerciali sleali è stato riconosciuto da tutte le parti interessate della filiera alimentare ed è stato riferito che la maggioranza degli operatori ha avuto esperienza di tali pratiche (7).

2.3.

La direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare è stata adottata nell’aprile 2019. La direttiva è breve, concisa e basata su alcuni principi fondamentali. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva nel diritto nazionale entro il 1o maggio 2021 e ad applicarla sei mesi dopo. Questo processo fa parte di un’agenda più ampia in materia di governance, volta a realizzare una filiera alimentare più efficiente e più equa, e comprende inoltre la cooperazione dei produttori e misure per rafforzare la trasparenza del mercato. La strategia «Dal produttore al consumatore» (9) è concepita a sua volta per migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare.

2.4.

La presidenza slovena dell’UE ha chiesto al CESE di elaborare un parere esplorativo sull’effettivo conseguimento concreto degli obiettivi della direttiva, sulle buone pratiche degli Stati membri in materia di regolamentazione della filiera alimentare e sulle misure necessarie per garantire che il processo non si arresti.

3.   La posizione del CESE sulle pratiche commerciali sleali

3.1.

Nel suo parere del 2018 (10) il CESE si è rallegrato della proposta della Commissione europea volta a ridurre il verificarsi di tali pratiche, in quanto essa rappresenta un primo passo necessario per proteggere gli operatori più deboli, in particolare gli agricoltori, i lavoratori e alcuni operatori, e migliorare la governance della filiera alimentare. Un approccio normativo e un quadro legislativo con meccanismi di attuazione solidi ed efficaci rappresentano la soluzione per affrontare efficacemente le pratiche commerciali sleali al livello dell’UE. Queste considerazioni sono state riprese nel parere adottato dal CESE nel 2020 sulla strategia «Dal produttore al consumatore» (11).

3.2.

Il CESE si è però rammaricato che la Commissione europea abbia introdotto solo un livello minimo di tutela comune a tutta l’UE vietando unicamente un numero specifico di pratiche commerciali sleali, mentre sarebbe necessario vietarle tutte.

3.3.

Per quanto riguarda l’attuazione, il CESE ha accolto con favore la proposta della Commissione di creare un quadro armonizzato UE delle autorità di contrasto.

3.4.

Oltre al contrasto delle pratiche commerciali sleali, il CESE ha raccomandato alla Commissione di incoraggiare e sostenere modelli commerciali che contribuiscano a rendere sostenibile la filiera alimentare, riequilibrandola e migliorandone l’efficienza, in modo da rafforzare la posizione degli operatori più deboli.

4.   Recepimento e attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali: stato di avanzamento

4.1.

Attualmente gli Stati membri sono impegnati nel processo di recepimento e attuazione della direttiva (12). Gran parte delle associazioni di agricoltori, dei sindacati e dell’industria della trasformazione ritiene di non ricevere una tutela adeguata dalle misure programmate. Questi soggetti hanno tuttavia sostenuto le misure proposte per l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e hanno anzi invocato ambizioni più elevate; in alcuni casi però i commercianti al dettaglio hanno manifestato opinioni divergenti.

4.2.

Entro novembre 2021 la Commissione europea presenterà una relazione intermedia sul recepimento della direttiva; nel 2025 presenterà invece una valutazione sull’efficacia della stessa. Tale valutazione si fonderà sulle relazioni annuali degli Stati membri e sui risultati scaturiti dalle indagini svolte dalla Commissione presso le parti interessate in merito alla situazione delle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare (13). Il CESE propone che la Commissione consulti anche gli acquirenti e le loro esperienze riguardo alla direttiva. Il meccanismo di cooperazione istituito dalla direttiva dovrebbe rappresentare una sede adeguata, per le autorità incaricate di assicurare l’attuazione e per la Commissione, per discutere l’efficacia della direttiva, sulla base delle relazioni annuali degli Stati membri. Nel corso di queste riunioni periodiche è possibile individuare buone pratiche ma anche lacune e confrontare gli approcci degli Stati membri.

4.3.

Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di regolamentare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Tuttavia, si rammarica che la Commissione non abbia promosso un approccio armonizzato, e questo crea una frammentazione del mercato unico. Accoglie comunque con favore il recepimento e l’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, garanzia di una maggiore equità nella filiera alimentare, e chiede un approccio più armonizzato in futuro.

5.   Buone pratiche nel processo di recepimento/attuazione

5.1.

Il CESE apprezza le ambiziose leggi nazionali di recepimento (definite di seguito «buone pratiche») che vietano alcune pratiche commerciali sleali che sono invece consentite dalla direttiva, pur a determinate condizioni: per esempio il divieto di rendere prodotti invenduti al fornitore senza pagarli, oppure di trasferire sul fornitore i costi di magazzinaggio sostenuti dall’acquirente, divieto che è stato introdotto dalla legge di recepimento tedesca (14).

5.2.

Il CESE accoglie con favore l’introduzione, nelle leggi di recepimento, di articoli che vietano l’acquisto a prezzi inferiori al costo di produzione, includendo tutti gli operatori. È il caso della legge spagnola (15) la quale, oltre a vietare a tutti gli operatori l’acquisto a prezzi inferiori al costo di produzione, proibisce la distruzione di valore lungo la filiera alimentare. Anche il legislatore italiano è stato incaricato di affrontare la questione nella legge di recepimento (16). In Germania, il parlamento federale effettuerà un audit sulla possibilità di vietare gli acquisti a prezzi inferiori al costo di produzione, nell’ambito della valutazione che avrà luogo due anni dopo l’entrata in vigore.

5.3.

Tutto questo rientra in un più ampio pacchetto di iniziative, promosse dalla Commissione europea, che comprendono per esempio osservatori del mercato dei prezzi (17), strumenti essenziali per promuovere la trasparenza e l’equità del settore. Occorre ricordare inoltre l’importanza della reciprocità negli scambi internazionali (18).

5.4.

Il CESE esprime apprezzamento per le leggi che istituiscono la figura del Mediatore allo scopo di monitorarne l’attuazione. In Spagna è stata istituita un’agenzia indipendente (AICA) per monitorare l’attuazione delle leggi, mentre un Mediatore ha il compito di incoraggiare codici di condotta volontari. In Germania, le persone che hanno subito pratiche commerciali sleali potranno presentare un esposto anonimo a un Mediatore indipendente ed anche segnalare pratiche sleali non elencate nella legislazione. Il Mediatore potrà anche avviare indagini e trasmettere le violazioni all’Ufficio federale per i prodotti agricoli e alimentari (BLE), nonché monitorare i costi di produzione e l’andamento dei prezzi (19).

5.5.

Le dimensioni non costituiscono necessariamente una misura indiretta del potere di mercato; di conseguenza è necessario proteggere contro le pratiche commerciali sleali tutti gli operatori economici, grandi e piccoli. Il CESE invita gli Stati membri ad adottare leggi che proteggano tutti i soggetti economici. Qualora tale ambizione non si concretizzi, il Comitato riconosce i meriti di quei paesi le cui leggi si estendono anche a soggetti di dimensioni maggiori, almeno nei settori principali. In Germania, per esempio, la soglia di 350 milioni di EUR è conservata per le imprese dell’agricoltura, della pesca e della produzione alimentare, ma per le carni e i prodotti ortofrutticoli la soglia sarà fissata a un fatturato di 4 miliardi di EUR: in tal modo la legge tutelerà un maggior numero di soggetti (20). Il disegno di legge preliminare belga elimina l’«approccio a scaglioni», offrendo a tutti i soggetti economici al di sotto della soglia di 350 milioni di EUR una tutela contro le pratiche commerciali sleali indipendentemente dalle loro dimensioni rispetto all’acquirente. La Spagna offre una protezione speciale ai produttori primari, ma tutti gli operatori, indipendentemente dalle loro dimensioni e/o dalla loro posizione di mercato, sono tutelati dalla legge.

5.6.

Le aste al doppio ribasso (21) sono state associate a gravi effetti negativi per gli agricoltori (22), i quali sono costretti de facto ad accettare questa pratica a causa dello squilibrio di potere tra acquirenti e venditori. Il divieto delle aste al doppio ribasso contribuirebbe a impedire i casi in cui i fornitori sono obbligati a vendere a prezzi inferiori al costo di produzione. Il processo di recepimento della direttiva in Italia non è ancora completato, ma il CESE segue con interesse la discussione in corso sulla possibilità di vietare le aste al doppio ribasso in quel paese, in cui il legislatore è stato incaricato di affrontare la questione nella legge di recepimento.

5.7.

A giudizio del CESE costituisce una buona pratica anche l’obbligo di redigere, per tutte le operazioni, contratti scritti che saranno poi inseriti in una banca dati per migliorare la trasparenza e il controllo. La legge spagnola prevede un obbligo di questo tipo che ha un impatto molto positivo sulle relazioni commerciali. I contratti dovrebbero comprendere concetti quali qualità, durata, prezzo, indicatore del prezzo, rinegoziazione, rinnovo e recesso con preavviso.

5.8.

Il CESE accoglie con favore la clausola della legge tedesca che prevede una prima valutazione due anni dopo l’entrata in vigore della legge, e il fatto che, oltre a esaminare il rispetto dei divieti vigenti, il parlamento federale tedesco possa anche ampliare l’elenco delle pratiche commerciali sleali vietate (23); prende inoltre atto del disegno di legge preliminare belga, che prevede la possibilità di aggiungere pratiche commerciali sleali all’elenco in qualsiasi momento tramite un regio decreto, dopo aver consultato le parti interessate.

6.   Carenze individuate

6.1.

Il CESE ribadisce che tutte le pratiche commerciali sleali citate dalla direttiva, comprese le cosiddette «pratiche grigie», possono esercitare un impatto negativo sui soggetti più deboli della filiera. I fornitori più deboli potrebbero sentirsi costretti a firmare con un acquirente più potente accordi che contengono condizioni contrattuali contrarie ai loro interessi. In vari Stati membri è stata discussa la possibilità di introdurre un «divieto generalizzato» che proibisca tutte le pratiche commerciali sleali, ma si è rivelato difficile conseguire questo livello di ambizione senza l’intervento dell’UE. Analogamente, nel suo parere del 2018, il CESE ha invitato a vietare tutte le pratiche commerciali sleali e ad accordare agli Stati membri la possibilità di ampliare l’elenco delle pratiche commerciali sleali inizialmente vietate. Rimane da vedere quali meccanismi di revisione saranno introdotti dalle leggi di recepimento.

6.2.

La direttiva concede ai fornitori, alle loro organizzazioni e a organizzazioni senza scopo di lucro operanti per conto dei fornitori il diritto di presentare denunce. Il CESE tuttavia teme che in alcuni casi abbiano luogo pratiche commerciali sleali illegali e una parte lesa (ad esempio un lavoratore) ottenga informazioni pertinenti, ma le autorità di contrasto non siano in grado di agire poiché non sono state presentate denunce formali da parte degli operatori che hanno subito tali pratiche o da parte delle loro organizzazioni. Poiché tali operatori potrebbero essere restii a presentare denunce, persino qualora i loro diritti non vengano rispettati, il CESE invita la Commissione europea a monitorare attentamente e valutare quali modifiche potrebbero rendersi necessarie per proteggere più efficacemente le parti più vulnerabili che dipendono dagli operatori, come lavoratori, agricoltori e pescatori. La direttiva sulle pratiche commerciali sleali non richiede un contratto scritto, ma presuppone l’esistenza di un rapporto di vendita. Il CESE sottolinea quindi la sua proposta di ampliare la tutela ai casi in cui una pratica commerciale sleale si verifichi in assenza di un contratto (scritto). Il CESE ha già chiesto l’introduzione del diritto all’azione collettiva (24).

6.3.

L’«approccio a scaglioni» previsto dalla direttiva implica che, in alcune situazioni, un operatore debole in termini di potere di mercato ma avente un fatturato cospicuo non è protetto dalla legge. Ciò comporta incertezza per quei fornitori che non conoscono il fatturato annuale dei propri partner commerciali. Il CESE invita la Commissione europea e gli Stati membri dell’UE a monitorare e affrontare le conseguenze negative di tale «approccio a scaglioni» e a prendere in considerazione l’opportunità di tutelare tutti i soggetti economici indipendentemente dalle loro dimensioni.

6.4.

Relazioni commerciali stabili, equilibrate e a lungo termine tra gli operatori della filiera alimentare possono aiutare gli agricoltori a partecipare maggiormente al valore aggiunto dei prodotti, mentre gli agricoltori ricevono una percentuale ridotta del prezzo finale, che continua a diminuire nel tempo. Gli aspetti di regionalità e qualità permettono di conservare il valore aggiunto nelle regioni, contrariamente alle importazioni di materie prime da paesi terzi con norme di produzione generalmente inferiori a quelli dell’UE. Una migliore etichettatura sull’origine dei prodotti migliorerebbe la trasparenza delle filiere alimentari.

7.   Le vulnerabilità della filiera agroalimentare messe in evidenza dalla COVID-19

7.1.

Nel complesso, la filiera alimentare europea ha dato prova di notevole resilienza durante la crisi provocata dalla COVID-19. i consumatori hanno sempre avuto accesso a quasi tutti i generi alimentari e, pur essendo esposti al rischio di contagio, i lavoratori dell’intera filiera alimentare hanno svolto un lavoro straordinario che, tuttavia, ha ripercussioni sull’intero sistema agroalimentare mondiale. La pandemia colpisce con un shock simmetrico ma asincrono i sistemi alimentari mondiali e quelli nazionali, con effetti su: 1) i canali di domanda e offerta, in momenti diversi; 2) tutti gli elementi del sistema alimentare, dalla produzione primaria alla trasformazione degli alimenti, dalla vendita al dettaglio ai servizi legati ai prodotti alimentari (settore alberghiero e ristorazione), dai sistemi commerciali e logistici internazionali alla domanda intermedia e finale; 3) i mercati dei fattori della produzione (lavoro e capitale) e i prodotti semilavorati. I canali di trasmissione di tali effetti comprendono numerosi fattori macroeconomici (per esempio i tassi di cambio, i prezzi dell’energia, l’accesso ai mercati finanziari) e soprattutto la contrazione dell’attività economica aggregata e l’aumento della disoccupazione.

7.2.

Le restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori (la Commissione ha pubblicato orientamenti sulle persone con funzioni essenziali, ad esempio i lavoratori stagionali) da uno Stato membro all’altro hanno interessato vari segmenti della produzione e della trasformazione degli alimenti (per esempio la raccolta di frutta e ortaggi e la trasformazione di carni e prodotti lattiero-caseari), che dipendono dai lavoratori stagionali provenienti da altri Stati membri o da paesi terzi. Inoltre, i lavoratori migranti spesso vivono e lavorano in condizioni precarie e corrono maggiori rischi di infezioni, come dimostrano i focolai rilevati in macelli e impianti di confezionamento delle carni in tutto il mondo. Questa situazione provoca un grave problema di salute pubblica e un’interruzione della filiera alimentare.

7.3.

E ancora, sconvolgendo i trasporti di generi alimentari a causa delle misure di contenimento e delle interruzioni della logistica, la pandemia ha generato anche un protezionismo che incide sulle importazioni e sulle esportazioni di prodotti alimentari. Allo stesso tempo, molti osservatori hanno sottolineato l’importanza dei generi alimentari prodotti in ambito regionale nell’UE e i tradizionali vantaggi delle filiere corte, nonché della produzione e del commercio a livello locale. Le filiere corte e la produzione e il commercio a livello locale si sono dimostrate ancor più invitanti durante la crisi, poiché i cittadini cercano modalità nuove e più dirette per acquistare gli alimenti e i produttori trovano nuovi sbocchi per i propri prodotti. Uno degli aspetti più importanti è però la maturata consapevolezza della necessità di portare avanti un commercio equo e sostenibile a livello regionale e internazionale. Le restrizioni al commercio possono mettere a repentaglio la stabilità, con effetti particolarmente gravi per le fasce di popolazione a basso reddito.

7.4.

Il confinamento ha messo in ginocchio il settore dell’ospitalità e in parte quello alimentare (per esempio gli alberghi e i ristoranti e altri settori del «fuori casa» e dei servizi di consegna di cibo, nonché i grossisti e i dettaglianti delle località turistiche), con conseguenze di lungo periodo. A parte gli stabilimenti in sé, l’interruzione delle attività ha sconvolto pure il consolidato sistema di approvvigionamento alimentare su cui si fondava l’attività di molti agricoltori e fornitori di prodotti agricoli. I fornitori di prodotti freschi hanno subito un duro colpo: vini pregiati, formaggi e tagli di carne di prima scelta, normalmente venduti nei ristoranti, sono stati sostituiti da prodotti standard acquistati nei supermercati e consumati a casa (FAO, 2020; OCSE, 2020). Alcuni produttori hanno reagito avvicinandosi ai mercati al dettaglio o a quelli online, raggiungendo in molti casi ottimi compromessi e accordi, ma molti non sono stati capaci di adattarsi e hanno perso clienti e reddito. Anche l’agriturismo, che spesso aiuta gli agricoltori a diversificare le proprie fonti di reddito, è stato duramente colpito dalle restrizioni connesse alla COVID-19.

7.5.

La crisi provocata dalla COVID-19 ha accelerato drasticamente il passaggio agli acquisti online e questa tendenza dovrebbe continuare anche in futuro. Un recente studio di McKinsey (25) mostra che nel 2020 il canale online per i generi alimentari in Europa è cresciuto del 55 % e che si tratta di una tendenza destinata a continuare, dato che il 50 % dei consumatori che ha utilizzato canali online durante tutta la pandemia intende continuare a farlo.

7.6.

La comparsa della COVID-19 e la sua rapida diffusione su scala mondiale rappresentano un grave shock per l’Unione europea e per l’economia di tutto il mondo. Per offrire un sollievo ai settori più colpiti sono state immediatamente adottate misure globali di carattere politico e in materia di bilancio e liquidità. L’UE si è dotata di un ampio pacchetto di misure di intervento sul mercato, molte delle quali sono state attivate durante la crisi della COVID-19 per sostenere i redditi agricoli. La risposta è stata però limitata, poiché nel bilancio UE non vi erano praticamente fondi disponibili per finanziare misure di emergenza supplementari a favore dell’agricoltura nell’ultimo anno del periodo di bilancio 2014-2020.

7.7.

La Commissione ha infine varato il Green Deal europeo, ricco di implicazioni anche per l’agricoltura (strategie «Dal produttore al consumatore» e sulla biodiversità), mentre il pacchetto di stimoli Next Generation UE ha assegnato al FEASR altri 7,5 miliardi di EUR. Le valutazioni d’impatto della strategia «Dal produttore al consumatore» sono preoccupanti per l’UE. Il CESE invita tuttavia a introdurre un sostegno politico più equilibrato a favore del settore agroalimentare rispetto ad altri segmenti dell’economia, caratterizzati da una struttura economica assai più resiliente e da livelli di redditività molto più elevati.

8.   Fasi successive

8.1.

Lo spazio di manovra che la direttiva concede agli Stati membri per redigere le leggi che recepiscono la direttiva ha consentito a ciascuno di essi di porre in atto provvedimenti legislativi concepiti su misura e idonei al rispettivo contesto nazionale. Come già si è detto, alcuni Stati membri hanno innalzato le proprie ambizioni al di sopra del livello minimo di armonizzazione previsto dalla direttiva, adottando leggi che offrono una tutela supplementare ai fornitori dell’UE e dei paesi terzi.

8.2.

Si prevede che i fornitori di un determinato Stato membro possano accedere senza difficoltà alle specificità della propria legge di recepimento nazionale (anche per quanto riguarda il meccanismo di denuncia e l’autorità competente), ma per i fornitori che esportano verso altri Stati membri dell’UE e i fornitori di paesi terzi che esportano nell’Unione potrebbe non essere così. Il CESE apprezza lo sforzo di divulgazione che la Commissione europea ha intrapreso pubblicando l’opuscolo sulla direttiva in materia di pratiche commerciali sleali (26), ma rileva che questo documento contiene soltanto informazioni relative ai livelli minimi di armonizzazione. Allo scopo di offrire agli esportatori gli strumenti più idonei per beneficiare delle leggi di recepimento nazionali, il CESE invita la Commissione a far sì che tutte le informazioni più pertinenti, relative a ciascuna di queste leggi, siano facilmente accessibili agli esportatori.

8.3.

Il CESE sottolinea che è nell’interesse di tutte le parti in causa che la direttiva si applichi a qualsiasi rapporto commerciale in cui almeno l’acquirente o il venditore sia un’impresa dell’UE, anche quando il fornitore è un soggetto di un paese terzo. Il CESE invita la Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) a sfruttare il potenziale di divulgazione delle delegazioni UE nei paesi terzi per fornire informazioni ai fornitori che provengono da paesi non aderenti all’UE. Tali informazioni devono andare al di là degli orientamenti generali della direttiva e comprendere informazioni pratiche sulle specificità e sulle autorità di contrasto degli Stati membri.

8.4.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la filiera agroalimentare sia considerata un ecosistema strategico per la ripresa europea e chiede una maggiore cooperazione nella catena di approvvigionamento e un dialogo con le parti interessate al fine di agevolare la transizione verso sistemi alimentari più sostenibili in modo quanto più inclusivo possibile. A questo proposito, segnala l’importanza, la diversità e la portata delle iniziative intraprese lungo la filiera alimentare per sostenere la transizione verso la sostenibilità, investendo nella promozione di una produzione sostenibile e locale.

Bruxelles, 22 settembre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).

(2)  Parere del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 130) e parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).

(3)  CE, 2014.

(4)  Task force Mercati agricoli, 2016.

(5)  Parere del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 130).

(6)  Parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).

(7)  Comunicazione della Commissione europea, 2014.

(8)  Direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare (GU L 111 del 25.4.2019, pag. 59).

(9)  Strategia «Dal produttore al consumatore».

(10)  Parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).

(11)  Parere del CESE Una strategia alimentare sostenibile«Dal produttore al consumatore» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).

(12)  Recepimento nazionale da parte degli Stati membri.

(13)  Sito della Commissione europea.

(14)  In attesa dell’approvazione da parte del secondo ramo del parlamento, e quindi non ancora comunicata ufficialmente alla Commissione europea. Prevista per il 28.5.2021.

(15)  Ley 12/2013, de 2 de agosto, de medidas para mejorar el funcionamiento de la cadena alimentaria. Questa legge sarà modificata da un progetto di legge, attualmente in corso di negoziazione, denominato in spagnolo Proyecto de Ley por el que se modifica la Ley 12/2013 de medidas para mejorar el funcionamiento de la cadena alimentaria (Progetto di legge che modifica la legge 12/2013 intesa a migliorare il funzionamento della filiera alimentare).

(16)  Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 23.4.2021.

(17)  Osservatori del mercato della Commissione europea. Cfr. anche l’esempio del Programma di vigilanza francese sui prezzi e i margini nel settore alimentare.

(18)  Parere del CESE Compatibilità della politica commerciale dell’UE con il Green Deal europeo (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 66).

(19)  Sito del BLE.

(20)  Questa clausola si applicherà fino a maggio 2025; in seguito la soglia scenderà a 350 milioni di EUR.

(21)  Le aste al doppio ribasso sono meccanismi usati dagli acquirenti per contrapporre i fornitori gli uni agli altri in aste online convocate con breve preavviso, in cui questi sono spinti a offrire i propri prodotti al prezzo più basso possibile.

(22)  Caso studio Oxfam.

(23)  La valutazione dovrebbe comprendere anche i risultati dell’esame di un possibile divieto di acquistare prodotti agroalimentari a prezzi inferiori al costo di produzione.

(24)  Parere del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 130).

(25)  https://www.mckinsey.com/industries/retail/our-insights/disruption-and-uncertainty-the-state-of-european-grocery-retail-2021

(26)  Opuscolo della Commissione europea.


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