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Document 52017IP0268

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno 2017 sul Pakistan, in particolare sulla situazione dei difensori dei diritti umani e la pena di morte (2017/2723(RSP))

GU C 331 del 18.9.2018, p. 109–112 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

18.9.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 331/109


P8_TA(2017)0268

Pakistan, in particolare la situazione dei difensori dei diritti umani e la pena di morte

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno 2017 sul Pakistan, in particolare sulla situazione dei difensori dei diritti umani e la pena di morte (2017/2723(RSP))

(2018/C 331/15)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sul Pakistan,

viste le conclusioni del Consiglio del 18 luglio 2016 sul Pakistan,

visto il piano d'impegno quinquennale UE-Pakistan,

visto il piano d'azione sui diritti umani del Pakistan,

visto il programma indicativo pluriennale (PIP) UE-Pakistan 2014-2020,

viste le raccomandazioni delle relazioni della missione di osservazione elettorale dell'UE in Pakistan,

vista le dichiarazioni sul Pakistan rese dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dal suo portavoce,

vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, in particolare l'articolo 18,

visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui il Pakistan è firmatario,

vista la Convenzione sui diritti del fanciullo,

vista la Costituzione del Pakistan,

visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e sulla tutela della libertà di religione o di credo, sui difensori dei diritti umani e sulla penda di morte, e il quadro strategico 2012 sui diritti umani e la democrazia,

visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.

considerando che fino al 2015 in Pakistan era in vigore una moratoria sulla pena di morte, che è stata ripristinata in seguito al massacro avvenuto nella scuola pubblica dell'esercito a Peshawar nel dicembre 2014; che inizialmente la moratoria è stata revocata soltanto per le attività terroristiche, anche se in seguito è stata estesa a tutti i reati capitali;

B.

considerando che in Pakistan il braccio della morte è uno dei più popolati al mondo; che sono stati segnalati casi di esecuzioni capitali effettuate mentre i meccanismi di ricorso erano ancora in corso;

C.

considerando che la «legislazione sulla blasfemia» del Pakistan (sezione 295-C del codice penale) contempla la condanna a morte obbligatoria; che centinaia di persone sono attualmente in attesa di giudizio e che alcune persone nel braccio della morte sono accusate di «blasfemia»; che la legge conterrebbe definizioni vaghe che si prestano ad abusi per colpire i dissidenti politici o ridurre al silenzio le critiche legittime a carico delle istituzioni statali e altri organismi;

D.

considerando che nel marzo 2017 il primo ministro ha bandito ogni materiale online «blasfemo», e che le autorità pakistane hanno chiesto agli operatori dei media sociali di contribuire a individuare i pakistani sospettati di «blasfemia»; che il 14 aprile 2017 Mashal Khan, uno studente dell'università Abdul Wali Khan, è stato linciato da un gruppo di altri studenti dopo essere stato accusato di aver pubblicato materiale online «blasfemo»; che il 10 giugno 2017 un tribunale pakistano dell'antiterrorismo ha condannato a morte Taimoor Raza in quanto avrebbe commesso atti di «blasfemia» su Facebook; che l'attivista Baba Jan e 12 altri manifestanti sono stati condannati all'ergastolo, la pena più grave mai comminata per la partecipazione a una manifestazione;

E.

considerando che l'Assemblea nazionale del Pakistan ha approvato, il 18 aprile 2017, una risoluzione che condanna il linciaggio di Mashal Khan ad opera di un gruppo violento per presunta «blasfemia»; che il Senato ha discusso le riforme al fine di contenere gli abusi;

F.

considerando che i tribunali militari sono stati autorizzati per un periodo di due anni, mentre il sistema giudiziario civile avrebbe dovuto essere rafforzato; che sono stati registrati scarsi progressi nello sviluppo del sistema giudiziario e che il 22 marzo 2017 sono stati ripristinati i tribunali militari, suscitando controversie, per un ulteriore periodo di due anni;

G.

considerando che in Pakistan in numerose occasioni sono stati osservati casi in cui i difensori dei diritti umani, i dissidenti politici e i membri di minoranze o gruppi religiosi come il gruppo Ahmadiyyadi hanno subito intimidazioni, aggressioni, pene detentive, torture, molestie e uccisioni; che le informazioni raccolte dal gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate o involontarie e dalle ONG rivelano che le sparizioni forzate sono perpetrate dalle forze di sicurezza e dalle autorità incaricate dell'applicazione della legge tra cui la polizia e le agenzie di intelligence; che nessun autore è stato effettivamente consegnato alla giustizia;

H.

considerando che Kulbhushan Jadhav, di nazionalità indiana, è stato dichiarato colpevole da un tribunale militare nell'aprile 2017 e condannato a morte; che il caso è attualmente pendente dinanzi alla Corte internazionale di giustizia per il fatto che gli è stato negato l'accesso ai servizi consolari; che il 4 maggio 2017 un ragazzo di 10 anni è stato ucciso e altre cinque persone sono state ferite in un attacco da parte di un gruppo ai danni di una stazione di polizia nel Belucistan, che si ritiene sia stato motivato da accuse di «blasfemia»; che il 30 maggio 2017 il presunto stupro di una adolescente (chiamata solo «Shumaila» nei media locali) da parte di un familiare a Rajanpur ha condotto alla condanna a morte della vittima da parte di un tribunale tribale; che tali casi non sono eventi isolati;

I.

considerando che il caso di Aasiya Noreen, meglio nota come Asia Bibi, continua a essere una questione di grande importanza per le preoccupazioni in materia di diritti umani in Pakistan; che Asia, una donna cristiana pakistana, è stata dichiarata colpevole di blasfemia da un tribunale pakistano e condannata a morte per impiccagione nel 2010; che in caso di esecuzione della sentenza Asia sarebbe la prima donna a essere giustiziata legalmente in Pakistan per blasfemia; che varie petizioni internazionali hanno chiesto la sua liberazione con la motivazione di essere stata perseguitata per la sua religione; che il ministro delle minoranze cristiane Shahbaz Bhatti e il politico musulmano Salmaan Taseer sono stati assassinati da guardie a causa delle attività di sostegno in suo favore ed essersi pronunciati contro le «leggi sulla blasfemia»; che, nonostante la sospensione temporanea della pena di morte, Asia si trova a tutt'oggi in carcere e la sua famiglia resta in un luogo nascosto;

J.

considerando che la repressione ai danni delle ONG prosegue senza sosta; che, con il pretesto dell'attuazione del piano nazionale contro il terrorismo, numerose ONG sono state oggetto di intimidazioni e vessazioni e alcuni dei loro uffici hanno subito la chiusura;

K.

considerando che 12 milioni di donne sono prive di carte d'identità nazionali e pertanto non possono esercitare il diritto di iscriversi per votare alle elezioni; che varie missioni di osservazione elettorale dell'UE hanno formulato raccomandazioni per migliorare il processo elettorale per le prossime elezioni, che sono in programma per il 2018;

L.

considerando che il Pakistan ha aderito al sistema di preferenze generalizzate SPG+ il 1o gennaio 2014; che tale regime dovrebbe fornire un forte incentivo a rispettare i diritti fondamentali dell'uomo e dei lavoratori, l'ambiente e i principi di buon governo;

M.

considerando che l'UE conferma il suo pieno impegno a proseguire il dialogo e la collaborazione con il Pakistan nell'ambito del piano d'impegno quinquennale e della sua sostituzione;

1.

ribadisce la forte opposizione dell'UE alla pena di morte, in tutti i casi e senza eccezioni; chiede l'abolizione universale della pena capitale; esprime profonda preoccupazione per la decisione del Pakistan di revocare la moratoria e per l'allarmante frequenza con cui continuano le esecuzioni; invita il Pakistan a ripristinare la moratoria, con l'obiettivo a lungo termine della completa abolizione della pena di morte;

2.

esprime profonda preoccupazione per le segnalazioni riguardanti il ricorso alla pena di morte in Pakistan a seguito di processi non regolari, per l'esecuzione di minori e di persone con disturbi mentali e per i presunti casi di tortura; invita il governo ad allineare le disposizioni sulla pena di morte contenute nella legislazione nazionale al diritto e alle norme internazionali, inclusi la sospensione delle esecuzioni per i reati diversi dall'omicidio volontario, il divieto delle esecuzioni di autori minorenni di reati e di persone con disturbi mentali e una moratoria sulle esecuzioni qualora vi siano ricorsi in sospeso;

3.

deplora l'arretramento in Pakistan per quanto concerne il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto, e in particolare l'aumento delle esecuzioni extragiudiziali e l'intimidazione e il ricorso alla forza ai danni di giornalisti, difensori dei diritti umani, ONG e quanti muovono critiche al governo; ricorda gli obblighi del governo pakistano di garantire il rispetto dei diritti fondamentali; accoglie con favore l'adozione da parte del Pakistan di un piano d'azione sui diritti umani e chiede che questo si traduca in progressi tangibili; avverte a tale proposito che l'Unione europea sarà estremamente preoccupata se gli attivisti continueranno a essere vittime di tali pratiche e non verranno realizzati progressi;

4.

esprime preoccupazione per l'ampia libertà d'azione concessa alle forze di sicurezza e invita il governo del Pakistan ad assicurare una migliore vigilanza sulle loro azioni; esorta le autorità competenti ad avviare indagini rapide e imparziali sui decessi in custodia e le uccisioni da parte delle forze di sicurezza, nonché sulle accuse di tortura e a perseguire gli autori di esecuzioni extragiudiziali e torture;

5.

deplora il ricorso in Pakistan ai tribunali militari che tengono udienze segrete e detengono la giurisdizione civile; insiste affinché le autorità pakistane accordino l'accesso agli osservatori internazionali e alle organizzazioni per i diritti umani ai fini di monitoraggio dell'utilizzo dei tribunali militari; chiede inoltre l'immediata e trasparente transizione verso tribunali civili indipendenti, nel rispetto delle norme internazionali sui procedimenti giudiziari; sottolinea che ai cittadini di paesi terzi sottoposti a processo deve essere consentito l'accesso ai servizi e alla protezione consolari;

6.

esprime profonda preoccupazione per il fatto che in Pakistan si continui a fare ricorso alla «legislazione sulla blasfemia» e ritiene che ciò stia esacerbando il clima di intolleranza religiosa; prende atto delle conclusioni della Corte suprema del Pakistan, secondo cui le persone accusate di «blasfemia» soffrono in misura sproporzionata e irreparabile in assenza di adeguate salvaguardie contro l'applicazione erronea o abusiva di tale legislazione; invita pertanto il governo pakistano ad abrogare le sezioni 295-A, 295-B e 295-C del codice penale e a mettere in atto garanzie procedurali e istituzionali efficaci per impedire il ricorso abusivo all'accusa di «blasfemia»; invita altresì il governo ad adottare una posizione più marcata nella condanna del vigilantismo verso i presunti «blasfemi» e lo sollecita a non utilizzare la retorica della «blasfemia»;

7.

invita il governo pakistano a prendere provvedimenti urgenti per proteggere la vita e i diritti dei giornalisti e dei blogger; esprime preoccupazione per la richiesta rivolta dalle autorità pakistane a Twitter e Facebook di divulgare informazioni sugli utenti al fine di individuare le persone sospettate di «blasfemia»; chiede al governo e al parlamento del Pakistan di modificare la legge sulla prevenzione dei reati elettronici del 2016 e di sopprimere le disposizioni di portata eccessivamente ampia concernenti il monitoraggio e la conservazione dei dati e la chiusura dei siti web sulla base di criteri vaghi; chiede, inoltre, che tutte le condanne a morte per «blasfemia» o dissenso politico siano commutate, ivi compresa la sentenza contro Taimoor Raza; invita, in tale contesto, il Presidente del Pakistan a fare uso del suo potere di concedere la grazia;

8.

prende atto dei progressi compiuti nell'attuazione del piano d'impegno quinquennale UE-Pakistan, ma esprime l'auspicio che il nuovo piano d'impegno strategico da mettere a punto nel 2017 sia ambizioso e contribuisca a rafforzare i legami tra l'UE e il Pakistan;

9.

esorta il governo del Pakistan a risolvere, nella maniera più positiva e rapida possibile, il caso in corso di Asia Bibi; raccomanda di adottare misure volte a garantire la sicurezza di Asia Bibi e della sua famiglia alla luce del trattamento riservato storicamente alle vittime di accuse di blasfemia da parte di guardie e attori non giudiziari;

10.

ricorda che la concessione dello status di beneficiario dell'SPG+ è soggetta a condizioni e che l'attuazione effettiva delle convenzioni internazionali costituisce un requisito essenziale nell'ambito di tale regime; sollecita il governo pakistano a intensificare gli sforzi per attuare le 27 convenzioni fondamentali e dimostrare progressi;

11.

invita la Commissione e il SEAE a sollevare tali questioni con le autorità pakistane nel corso del dialogo periodico in materia di diritti umani;

12.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione europea/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, nonché al governo e al parlamento del Pakistan.

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