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Document 52016IE0959

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento» (parere d’iniziativa)

    GU C 303 del 19.8.2016, p. 17–27 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    19.8.2016   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 303/17


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento»

    (parere d’iniziativa)

    (2016/C 303/03)

    Relatrice:

    Emmanuelle BUTAUD-STUBBS

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 21 gennaio 2016, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del suo Regolamento interno, di elaborare un parere d’iniziativa sul tema:

    Lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento

    (parere d’iniziativa)

    La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 19 aprile 2016.

    Alla sua 517a sessione plenaria, dei giorni 25 e 26 maggio 2016 (seduta del 25 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 188 voti favorevoli e 1 voto contrario.

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1

    La questione del lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento, tra cui quelle del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, dell’elettronica, del settore minerario e di quello agroindustriale rappresenta di fatto una questione essenziale per tutti i soggetti sia pubblici, sia privati, coinvolti a livello nazionale e internazionale nella gestione delle catene di approvvigionamento.

    1.2

    Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha adeguato le sue procedure interne per poter presentare il proprio parere prima della 105a sessione della Conferenza internazionale del lavoro in programma a Ginevra, dedicata al tema del lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento.

    Il CESE raccomanda:

    1.3

    che la Commissione europea adotti una strategia globale e ambiziosa al fine di promuovere con tutte le sue politiche interne (accesso agli appalti pubblici dell’UE, etichettatura, ecc.) ed esterne (commercio, sviluppo, politica di vicinato, ecc.) il lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento;

    1.4

    di adottare una lingua e definizioni comuni e valutare i dati statistici raccolti dalle varie parti interessate quali OCSE, OIL, OMC, Commissione europea, Banca mondiale e FMI (1), per evitare confusione e interpretazioni scorrette e per elaborare una politica coerente fra gli organismi pubblici coinvolti, con varie competenze, in questo ambito;

    1.5

    di riconoscere e promuovere, tenendo conto dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, le migliori prassi e iniziative tra gli strumenti attualmente in uso: linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali, guide settoriali dell’OCSE sulla debita diligenza (tessile e abbigliamento, settore minerario, agricoltura, settore finanziario), aiuti al commercio, regimi finanziari per il risarcimento di danni, codici di condotta, etichette, norme e strumenti di autovalutazione. L’obiettivo è istituire una politica graduale, coerente e sostenibile per la gestione responsabile delle catene globali di approvvigionamento;

    1.6

    di promuovere approcci basati sul rischio pratici e appropriati, che prenderanno in considerazione la natura specifica della catena globale del valore e della catena globale di approvvigionamento (lineare o modulare, semplice o complessa, con organizzazione breve o lunga);

    1.7

    in funzione di una valutazione delle prassi vigenti, di promuovere il modello multisettoriale, che coinvolge soggetti pubblici e privati, parti sociali, ONG, esperti ecc., al fine di sviluppare la migliore serie di azioni che traggono spunto dalle linee guida dell’OCSE per identificare i rischi, prevenirli e attenuarli, nonché comunicare e informare in merito al piano di azione. Le attività previste dai piani di azione potrebbero comprendere misure sia legislative che non legislative, migliori prassi, incentivi finanziari, accesso alla formazione, e sviluppo delle capacità per il dialogo sociale e i sindacati;

    1.8

    di favorire una riflessione specifica sul tipo di strumenti per la trasparenza che potrebbero essere impiegati al fine di informare i consumatori finali riguardo alle condizioni sociali di produzione;

    1.9

    che l’imminente conferenza dell’OIL consideri la possibilità di dare all’OIL un ruolo attivo nel garantire un lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento, anche valutando l’elaborazione e la futura attuazione di strumenti pertinenti e adeguati che contribuiscano, con il coinvolgimento di tutte le parti in causa, a un effettivo miglioramento delle condizioni di lavoro.

    2.   La questione del lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento: definizioni, contesto e sfide

    2.1    Definizioni

    2.1.1

    Catena globale del valore: questo concetto è emerso nella metà degli Anni 90 per descrivere l’intera serie di attività necessarie ad accompagnare un prodotto dalla sua ideazione al progetto, all’acquisto di materie prime e fattori produttivi intermedi, al marketing, alla distribuzione e all’assistenza fornita al consumatore finale (2).

    Le catene globali del valore dovrebbero favorire l’adeguamento del processo (il produttore adotta una tecnologia migliore per accrescere l’efficienza) e l’adeguamento funzionale (capacità di un produttore di sviluppare capacità di progettazione, strategia di marchio e commercializzazione). Tuttavia vari esempi mostrano che ciò non si verifica in tutti i casi.

    La questione di raggiungere una gestione sostenibile e responsabile delle catene globali del valore è al centro dell’agenda internazionale (OCSE, OIL, G7, G20, UE, Nazioni Unite) dato che il crescente volume del commercio e degli investimenti a livello mondiale avviene tramite catene globali del valore e che l’esternalizzazione e il coordinamento transfrontaliero della produzione globale da parte di aziende leader hanno impatti sociali rilevanti. Alcuni di essi sono positivi, ad esempio posti di lavoro meglio retribuiti, tassi più alti di occupazione femminile, creazione di posti di lavoro per favorire l’occupazione, sviluppo di competenze e diffusione del sapere e della tecnologia. Altri rappresentano motivo di preoccupazione, come ad esempio lavoro precario, cattive condizioni di lavoro (anche nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro), mancanza di diritti sociali (compresa la mancanza di copertura della previdenza sociale) e violazione di diritti umani e di diritti fondamentali sul lavoro.

    Questo conduce allo sviluppo e all’attuazione di vari strumenti a livello nazionale e internazionale, come le convenzioni dell’OIL, le linee guida dell’OCSE o i principi guida dell’ONU su imprese e diritti umani (cfr. anche il punto 2.3.3), e quadri politici, come l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (3) e il programma d’azione di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo (4), che favoriscono il rispetto delle norme sul lavoro e promuovono il lavoro dignitoso, così come l’ulteriore sviluppo del commercio, degli investimenti, del settore privato e delle catene di approvvigionamento.

    2.1.2

    Catena globale di approvvigionamento: una catena globale di approvvigionamento è costituita da organizzazioni, risorse e processi interconnessi che creano prodotti e servizi e li forniscono ai consumatori finali. In quanto tale, fa parte delle catene globali del valore dedicate all’approvvigionamento e non all’ideazione o alla distribuzione di beni e servizi.

    Un dibattito generale sul lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento si terrà con la sessione di giugno 2016 della Conferenza internazionale del lavoro (ILC), massimo organismo decisionale dell’OIL. L’obiettivo è aiutare le parti rappresentate nell’OIL (ossia governi, datori di lavoro e lavoratori) a capire meglio come l’impegno nelle catene globali di approvvigionamento possa aiutare le economie nazionali e locali a crescere in modo sostenibile e inclusivo, contribuendo alla creazione e alla crescita di aziende e promuovendo posti di lavoro di qualità e il rispetto delle norme sul lavoro. Il presente parere costituisce il contributo del CESE al dibattito citato.

    2.1.3

    Lavoro dignitoso: concetto formulato dai membri dell’OIL e adottato dall’ILC nella dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa (5) — comprende programmi nazionali e locali introdotti per raggiungere quattro obiettivi strategici:

    promuovere la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo delle competenze e di mezzi sostenibili di sussistenza,

    garantire i diritti sul lavoro, specie ai lavoratori svantaggiati e indigenti,

    estendere la protezione sociale destinata a uomini e donne in modo di fornire compensazioni adeguate in caso di perdita o di riduzione del reddito, nonché accesso a un’assistenza medica adeguata,

    promuovere il dialogo sociale attraverso il coinvolgimento di organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro solide e indipendenti.

    In qualità di organismo che stabilisce norme valide in tutto il mondo, l’OIL ha approvato varie convenzioni importanti per le catene globali di approvvigionamento. Fra di esse si contano norme fondamentali (di base) sul lavoro (ossia la promozione della libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva, la promozione della non discriminazione sul lavoro e la proibizione del lavoro forzato e minorile) nonché le convenzioni nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro, dell’ispezione del lavoro e altre ancora. I paesi che le ratificano sono tenuti ad adeguare di conseguenza le loro prassi e legislazioni. Inoltre, in base alla dichiarazione dell’OIL del 1998 sui principi e i diritti fondamentali sul lavoro (6), tutti gli Stati membri dell’OIL sono obbligati a rispettare e attuare nella legislazione e nella prassi le norme fondamentali del lavoro anche se non hanno ratificato le relative convenzioni.

    2.2    Struttura delle catene globali del valore e delle catene globali di approvvigionamento e loro incidenza sul commercio internazionale

    2.2.1

    Le catene globali del valore hanno visto un forte aumento del loro peso nel commercio mondiale e, secondo l’OMC, l’OCSE, l’OIL e un documento del 2013 della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) (7), rappresentano fra il 60 e l’80 % del commercio internazionale e oltre il 20 % dei posti di lavoro globali (8). Tra i settori caratterizzati da componenti organizzative interconnesse quali ideazione, produzione, distribuzione e consumo, guidate da imprese multinazionali, figurano l’agricoltura, l’industria (ad esempio auto, aeronautica, tessile/abbigliamento, giocattoli ed elettronica) e i servizi (ad esempio call center e tecnologie dell’informazione).

    2.2.2

    Allo stesso modo variano anche le forme e strutture delle stesse catene globali del valore: alcune di esse sono piuttosto corte (numero ridotto di attività) mentre altre sono più lunghe e comportano legami economici, sociali e finanziari fra imprese con sedi in numerosi paesi distanti fra loro (dagli Stati Uniti, all’UE e all’Asia). Secondo Gary Gereffi (9), vi sono tre principali tipi di governance delle catene globali del valore: queste possono orientarsi all’acquirente, più frequentemente al costo (è il caso di quelle dell’abbigliamento e delle calzature) e al produttore, con alcune competenze tecnologiche dei fornitori nei paesi in via di sviluppo, fra cui il design e l’innovazione (elettronica).

    2.2.3

    La catena globale di approvvigionamento, essendo una componente della catena globale del valore, si basa sul rapporto fra acquirenti, fornitori e potenziali subfornitori. Essa può avere varie configurazioni: integrata verticalmente, «prigioniera», governance a catena modulare (i principali fornitori riescono a operare indipendentemente dall’azienda leader) o catene di mercato per i mercati delle materie prime.

    2.3    Gestione delle catena globale di approvvigionamento nella strategia di responsabilità sociale delle imprese: principali soggetti e strumenti

    2.3.1

    La definizione di responsabilità sociale delle imprese fornita dall’UE menziona le responsabilità delle imprese riguardo il loro impatto sulla società (10).

    2.3.2

    In base a vari problemi verificatisi nel corso degli ultimi venti anni, in particolar modo in settori come l’elettronica, i prodotti per lo sport e l’abbigliamento, sono state rilevate, soprattutto dall’OCSE, le seguenti tematiche ritenute fondamentali per la gestione sostenibile delle catena globale del valore e delle catena globale di approvvigionamento da parte di un’azienda multinazionale, in qualità di azienda leader:

    a)

    individuare il rischio di rilevanti violazioni dei diritti umani e del lavoro, danni ambientali e corruzione;

    b)

    prevenire i rischi citati attraverso un approccio di debita diligenza e una gestione sostenibile attuata grazie alla valutazione del profilo di rischio del paese e del rischio individuale del fornitore (11);

    c)

    attenuare i rischi tramite politiche di responsabilità sociale delle imprese coerenti, solide e durature relative alla catena di approvvigionamento: scelta del fornitore, condizioni e contratto con i fornitori già presenti, audit sociali e adeguamento dei criteri di valutazione dei progressi raggiunti;

    d)

    comunicazione con le varie parti interessate interne all’azienda, come i sindacati, ed esterne all’azienda, per esempio le ONG o l’amministrazione pubblica responsabile della salute e della sicurezza sul lavoro, per informarle sull’attuazione delle convenzioni dell’OIL riguardanti il miglioramento della gestione sostenibile delle catene globali di approvvigionamento.

    2.3.3

    Un’ampia serie di soggetti: diversi organismi e organizzazioni pubblici e privati, nazionali, europei e internazionali, stanno attualmente lavorando sulle questioni citate, in particolare dopo il dramma del Rana Plaza in Bangladesh, in cui sono rimasti uccisi più di 1 100 lavoratori nel 2013:

    a)

    a livello nazionale, in aggiunta alle misure legislative nei settori interessati dai diritti umani e dalle norme su un lavoro dignitoso (per es. il Modern Slavery Act del 2015 del Regno Unito, contenente disposizioni sulla trasparenza nelle catene di approvvigionamento) (12), il governo e il Parlamento nazionali, con il sostegno delle parti sociali, delle parti interessate tra cui le ONG, e la collaborazione del punto di contatto nazionale dell’OCSE, sviluppano e attuano varie iniziative (per es. piani di azione nazionali sul tema imprese e diritti umani o sulla responsabilità sociale delle imprese, e altre misure come ad esempio le recenti iniziative in Francia o Germania in materia di debita diligenza);

    b)

    a livello dell’UE, sono state adottate misure in diverse politiche interne ed esterne, sia nel contesto di più ampie collaborazioni con paesi terzi, sia attraverso iniziative per settori specifici. Per esempio, i capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile negli accordi commerciali e di investimento dell’UE negoziati e attuati di recente comprendono impegni vincolanti per le parti sul rispetto delle norme fondamentali sul lavoro (anche mediante i progressi verso la ratifica delle convenzioni fondamentali dell’OIL e il perseguimento di livelli più elevati di tutela del lavoro domestico), l’efficace applicazione delle convenzioni OIL ratificate, la promozione del lavoro dignitoso, regimi commerciali equi e solidali e pratiche di responsabilità sociale delle imprese. Tali accordi riguardano anche l’introduzione di un meccanismo di monitoraggio a cura della società civile (in aggiunta agli organismi intergovernativi), che prevede la partecipazione delle parti sociali ed è rivolto a sovrintendere all’attuazione delle citate disposizioni e a fornire consulenza alle parti sulle questioni legate tra l’altro al commercio e al lavoro. Le preferenze tariffarie per i paesi in via di sviluppo concesse ai sensi del regime SPG+ consentono la soppressione totale dei dazi su oltre il 66 % delle linee tariffarie a paesi vulnerabili che stabiliscono un accordo vincolante di ratifica e che attuano effettivamente 27 convenzioni internazionali principali, comprese le otto fondamentali dell’OIL (13). L’UE ha anche sviluppato e attuato una strategia in materia di responsabilità sociale delle imprese, la revisione della direttiva 2013/34/UE sulla rendicontazione extra finanziaria (questioni ambientali e sociali, diritti umani, lotta alla corruzione, diversità dei consigli di amministrazione delle aziende, ecc.); il patto di sostenibilità del Bangladesh (iniziativa internazionale guidata dall’UE con l’obiettivo di aumentare il rispetto dei diritti sul lavoro, della salute e della sicurezza sul lavoro e di creare norme di sicurezza nel settore dell’abbigliamento confezionato del paese) (14); una nuova strategia dell’UE in materia di commercio e investimenti, compresa la gestione responsabile delle catene globali di approvvigionamento (15). Inoltre l’attuale presidenza dell’UE (olandese) pone enfasi sulla gestione responsabile delle catene globali di approvvigionamento.

    c)

    a livello internazionale, le discussioni e il lavoro sono svolti in seno all’OCSE (per es. la preparazione delle indicazioni sulla debita diligenza per catene di approvvigionamento responsabili nel settore dell’abbigliamento e delle calzature (16); l’indicazione di linee guida per imprese multinazionali (17), l’introduzione degli orientamenti per catene di approvvigionamento agricolo responsabili (18)), all’ONU (per es. il «Global Compact» e i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (19)) e all’OIL (revisione della dichiarazione tripartita dell’OIL sulle imprese multinazionali e sulla politica sociale e preparazione del dibattito del giugno 2016 alla Conferenza internazionale del lavoro, dedicato al lavoro dignitoso nelle catene globali di approvvigionamento).

    Diverse iniziative private sono state attuate su base permanente o temporanea, ad esempio per migliorare la salute e la sicurezza nelle fabbriche di abbigliamento del Bangladesh in seguito alla catastrofe del Rana Plaza (accordo del Bangladesh sulla sicurezza antincendio ed edilizia) (20).

    2.3.4

    Tutti questi attori pubblici e privati sono coinvolti nello sviluppo e nell’attuazione di vari mezzi e strumenti volti a migliorare le condizioni di lavoro e i diritti sul lavoro:

    regolamenti, leggi, convenzioni,

    codici di condotta,

    dialogo sociale, incluso il contesto transfrontaliero (21),

    certificazioni di responsabilità sociale delle imprese e di responsabilità sociale,

    meccanismi di finanziamento per indennizzare le vittime,

    altre iniziative multisettoriali,

    programmi di aiuto e sviluppo, compreso lo sviluppo di capacità (salute e sicurezza sul lavoro, dialogo sociale, attuazione delle convenzioni OIL, ecc.).

    3.   Valutazione di alcune delle prassi migliori in due diversi settori economici

    3.1    La catena globale di approvvigionamento del settore dell’abbigliamento e delle calzature

    3.1.1

    La catena globale di approvvigionamento del settore dell’abbigliamento e delle calzature coinvolge vari soggetti e processi di produzione. L’area fra Asia e Pacifico ha rappresentato 601 miliardi di dollari delle esportazioni mondiali nel settore tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, ovvero il 60 % del commercio mondiale totale, con la Cina come soggetto principale. Stati come il Bangladesh o la Cambogia aumentano la loro specializzazione nella produzione ed esportazione di abbigliamento e calzature, settori che hanno rappresentato rispettivamente l’89,2 % e il 77,4 % delle esportazioni totali di merce nel 2014 (22). Questo è principalmente dovuto al netto aumento degli stipendi nell’industria dell’abbigliamento e dei prodotti tessili cinese, che ha portato gli acquirenti internazionali a cercare nuovi fornitori in Asia.

    Secondo l’OIL (23), nel 2014 i redditi medi ammontavano a meno di 200 dollari al mese nella maggior parte dei paesi. Per i lavoratori non specializzati del settore abbigliamento vigono i seguenti stipendi mensili minimi: in Cina (fino a 297 dollari), Filippine, Malaysia, Indonesia (247 dollari), Thailandia, Vietnam (145 dollari), India (136 dollari), Cambogia (128 dollari), Pakistan (119 dollari), Bangladesh (71 dollari) e Sri Lanka (66 dollari).

    I principali rischi sono: assenza di un salario minimo, lavoro forzato o minorile, relazioni industriali inefficaci dovute alla debole tutela della libertà di associazione e alla limitata contrattazione collettiva, salute e sicurezza sul lavoro scadenti, ispezione del lavoro insufficiente, regimi di infortuni sul lavoro sottosviluppati, inquinamento idrico, esposizione a sostanze chimiche e sfruttamento della forza lavoro femminile.

    3.1.2

    Il 24 aprile 2013, il crollo dell’edificio Rana Plaza in Bangladesh, occupato da fabbriche di abbigliamento, ha causato la morte di 1 136 lavoratori, principalmente donne. La portata dell’incidente, dovuto alle pessime condizioni dell’edificio e all’assenza di uscite di sicurezza, ha portato a un intervento eccezionale di governi (Unione europea e Stati membri, USA, Canada e Norvegia), organizzazioni internazionali (OIL, OCSE e Banca Mondiale), parti interessate internazionali e locali, con una serie di misure ambiziose volte a incoraggiare azioni nazionali di breve termine (indennizzo per le famiglie delle vittime, ispezione delle fabbriche di abbigliamento e interventi correttivi, nuovi metodi di audit, revisione della legge sul lavoro), provvedimenti nazionali di medio termine (per es. sviluppo di sindacati indipendenti e inasprimento delle ispezioni del lavoro) e misure sistematiche al fine di promuovere la gestione responsabile delle catene globali di approvvigionamento.

    Esempio: valutazione dei progressi compiuti nel settore dell’abbigliamento confezionato in Bangladesh dal crollo di Rana Plaza (gennaio 2016)

    Accordo del Bangladesh sulla sicurezza antincendio ed edilizia: firmato da 220 acquirenti di prodotti di abbigliamento,

    Alleanza per la sicurezza dei lavoratori del Bangladesh: fondata nel maggio 2013 da 26 marchi principalmente nord americani,

    341 nuovi sindacati sono stati creati nel settore dell’abbigliamento confezionato in Bangladesh fino al gennaio 2016 (132 nel 2014),

    fino al gennaio 2016, sono state condotte ispezioni sulla sicurezza strutturale, elettrica e antincendio in 3 734 fabbriche di abbigliamento confezionato per l’esportazione,

    sono stati assunti 235 nuovi ispettori  (24),

    programma Lavoro migliore per il Bangladesh: 38 fabbriche che forniscono abbigliamento a 17 marchi e rivenditori,

    indennizzo delle vittime: 24,1 milioni di dollari per 3 490 domande pervenute.

    3.1.3

    L’OCSE sta elaborando delle indicazioni in materia di debita diligenza relative alle catene di approvvigionamento responsabili nel settore dell’abbigliamento e delle calzature.

    3.1.4

    In collaborazione con donatori internazionali, governi, lavoratori e datori di lavoro, l’OIL attua progetti nel settore dell’abbigliamento (per es. in Asia) per un maggiore accesso all’informazione su stipendi, condizioni di lavoro e relazioni industriali, per migliorare la qualità del dialogo sociale in merito alle norme sul lavoro, rafforzare le capacità delle parti sociali e i meccanismi di contrattazione collettiva e garantire le norme sul lavoro negli stabilimenti (25).

    3.1.5

    La Commissione europea sta lavorando a un’iniziativa faro su una catena di approvvigionamento sostenibile nel settore dell’abbigliamento che comprende, fra l’altro, la programmazione congiunta, il coordinamento del finanziamento, l’attuazione congiunta dei programmi e l’incremento della consapevolezza fra i consumatori.

    3.1.6

    Le parti sociali dell’UE nel settore tessile e dell’abbigliamento hanno sviluppato un’iniziativa congiunta, sostenuta dalla Commissione europea, con uno strumento di valutazione del rischio connesso alla responsabilità sociale delle imprese per quanto riguarda le catene globali di approvvigionamento. Tale strumento è attualmente in fase di completamento e sarà diffuso fra le PMI e le altre parti interessate.

    3.1.7

    La Presidenza olandese del Consiglio dell’UE intende esaminare i mezzi per rafforzare le sinergie fra le politiche commerciali e di sviluppo dell’Unione europea, al fine di contribuire alla sostenibilità delle catene globali di approvvigionamento.

    3.1.8

    Il ministro federale tedesco per la Cooperazione e lo sviluppo economico, Gerd Müller, ha creato un’alleanza specifica sui prodotti tessili sostenibili, coinvolgendo i partner principali. All’ultima riunione del G7, Müller ha fatto una sintesi molto concreta della situazione, osservando che «responsabilizzarsi costerebbe un euro». Con solo un euro per ogni vestito, giacca o paio di pantaloni, si garantirebbe che il duro lavoro svolto in Bangladesh, Cambogia e Africa risulti remunerativo e che donne e bambini abbiano delle opportunità nella vita (26).

    3.1.9

    La nascita di numerose iniziative private ha consentito di acquisire esperienza e ha favorito la condivisione delle migliori prassi. Fra tali iniziative figurano: ICS (Iniziativa sulla clausola sociale) con 22 dei principali dettaglianti, come Monoprix, Carrefour o Casino, per un fatturato superiore a 243 miliardi di EUR, che condividono metodologie simili per i loro audit sociali; la BSCI — Business Social Compliance Initiative (Iniziativa per la conformità sociale delle imprese) avviata nel 2003 da parte della FTA (Foreign Trade Association) con sede a Bruxelles, e comprendente oltre 1 700 dettaglianti e importatori, di 36 paesi differenti, che intrattengono rapporti commerciali con 30 000 stabilimenti.

    3.2    Le catene globali del valore e le catene globali di approvvigionamento nel settore dell’elettronica

    3.2.1

    Secondo lo studio sulle catene globali del valore di Sturgeon e Kawakami (27), «in termini di commercio dei beni intermedi, i fattori produttivi intermedi dell’industria dell’abbigliamento appaiono molto meno importanti rispetto ai fattori produttivi delle industrie dell’elettronica e degli autoveicoli».

    3.2.2

    La catena globale del valore dell’elettronica è una delle più importanti nel settore delle merci. Nel 2006 ha rappresentato oltre il 17 % del totale dei beni intermedi prodotti, contro il 2,7 % nel settore dei prodotti chimici e plastici e l’1,9 % in quello delle parti di aeromobili. I due paesi guida nell’esportazione di prodotti intermedi elettronici sono la Cina/Hong Kong e gli USA.

    3.2.3

    I tre soggetti imprenditoriali che guidano la «modularità della catena del valore» sono i seguenti:

    le aziende leader (principalmente nei paesi industrializzati),

    i produttori su contratto incaricati dell’acquisto di componenti, dell’assemblaggio di circuiti stampati, dell’assemblaggio finale e del collaudo, principalmente in Cina, Taiwan e Vietnam,

    i leader della piattaforma definiti come società che hanno avuto successo nel trasferire la propria tecnologia (sotto forma di software, hardware o una combinazione di essi) nei prodotti di altre società.

    La modularità di questa particolare catena del valore risiede nella codifica e standardizzazione dei processi operativi fondamentali, quali la progettazione assistita da computer, i piani di produzione e il controllo logistico e dell’inventario.

    3.2.4

    L’elettronica di consumo ha cicli di vita del prodotto brevi, fra i 3 e i 18 mesi, con un periodo di fine vita breve. Di conseguenza, i fornitori di questi prodotti devono far fronte a ordini con tempi di commercializzazione sempre più ristretti. Per esempio, quando nel 2007 è stato presentato l’iPhone prodotto dalla Apple il tempo di commercializzazione era di sei mesi; nel 2012 è diminuito a meno di due settimane (28). Produttori e lavoratori si trovano dinanzi a una sfida e hanno bisogno di sviluppare e attuare soluzioni per affrontarla.

    Mentre in alcune imprese è stato raggiunto l’accordo sul lavoro straordinario o suddiviso in turni nella stagione di punta e sulla relativa compensazione durante il resto dell’anno, altre registrano un sostanziale aumento dei contratti temporanei e dell’assunzione di lavoratori temporanei o migranti (per es. in Messico nel 2009, il 60 % della forza lavoro nel settore dell’elettronica era costituito da lavoratori temporanei, che raggiungevano il 90 % nella stagione di punta) (29). Questo si traduce spesso in una limitazione dei diritti dei lavoratori con, ad esempio, l’abbassamento degli stipendi, la mancanza di previdenza sociale o il divieto di associazione sindacale. Le soluzioni potrebbero comprendere, oltre alla legislazione nazionale, accordi a livello di impresa, nonché un migliore coordinamento e condivisione delle informazioni fra acquirenti e fornitori, in modo da consentire un migliore piano di produzione e il ricorso a lavoratori permanenti piuttosto che temporanei.

    3.2.5

    I temi del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori interessano il settore dell’elettronica anche attraverso la questione dei minerali ottenuti in aree colpite da conflitti o ad alto rischio, come la regione africana dei Grandi Laghi (30). In seguito all’adozione della legislazione statunitense (legge Dodd-Frank), la Commissione europea ha presentato nel 2014 una proposta di regolamento che istituisce un meccanismo di autocertificazione per importatori di stagno, tantalio, tungsteno e oro nel mercato dell’Unione europea, per garantire che i proventi da estrazione e commercio di questi minerali non sostengano i conflitti armati locali. Invece, la debita diligenza, corredata da altre misure, dovrebbe contribuire alla trasparenza di tutta la catena di approvvigionamento e dovrebbe avere effetti positivi sulla creazione di posti di lavoro e sul miglioramento delle condizioni di lavoro nelle miniere, riguardo ad esempio alla salute e sicurezza sul lavoro, ai livelli di reddito o alla regolarizzazione dell’attività dei lavoratori. Questo permetterebbe anche di rifornirsi in modo continuo in Africa, evitando di ricorrere ad altre regioni del pianeta, non colpite da conflitti (31).

    3.2.6

    L’OCSE ha redatto le indicazioni di debita diligenza per catene di approvvigionamento responsabili di minerali da aree ad alto rischio o colpite da conflitti (32).

    3.3    Catene globali del valore e catene globali di approvvigionamento in altri settori

    3.3.1

    Il CESE desidera anche sottolineare che le catene globali del valore e le catene globali di approvvigionamento in altri settori, come l’industria agricola e i servizi, potrebbero dover affrontare problemi legati alle condizioni di lavoro, relativi in particolare alla salute e alla sicurezza sul lavoro.

    3.3.2

    Il sostegno dell’OIL al lavoro dignitoso nell’economia rurale (33) si concentra su tre settori prioritari di intervento: lavoro dignitoso per le popolazioni svantaggiate, marginalizzate e vulnerabili, lavoro dignitoso per i lavoratori agricoli nelle catene di approvvigionamento e lavoro dignitoso per i lavoratori agricoli nelle piantagioni.

    4.   Contributo del CESE sulle modalità con cui garantire un lavoro dignitoso nelle catene globali di distribuzione

    In vista della 105a sessione della Conferenza internazionale del lavoro, in programma nel giugno 2016 a Ginevra, il CESE vorrebbe pubblicare il suo contributo con varie raccomandazioni riguardo ai modi e ai mezzi più efficaci per garantire un miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori nelle società di fornitori o subfornitori coinvolte nella capacità produttiva in seno alle catene globali di approvvigionamento.

    4.1    Chiarire il ruolo di ogni parte interessata

    Occorrerebbe chiarire il ruolo e le responsabilità di ogni parte interessata al fine di evitare confusione:

    I governi sono responsabili dell’elaborazione, realizzazione e attuazione del diritto nazionale in materia di lavoro e previdenza sociale, della ratifica e dell’effettiva attuazione delle convenzioni dell’OIL e, nel caso degli Stati membri dell’Unione europea, anche della trasposizione e del recepimento di direttive dell’Unione europea; inoltre, spetta loro fornire tutte le risorse amministrative e finanziarie, comprese le ispezioni del lavoro, per garantire il rispetto del quadro normativo.

    Le organizzazioni internazionali stabiliscono norme e sviluppano iniziative globali al fine di promuovere disposizioni internazionali sull’occupazione e condotte imprenditoriali responsabili. In questo contesto, documenti come i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (quadro «proteggere, rispettare e rimediare») forniscono indicazioni in merito a ruoli e responsabilità dei principali soggetti.

    Le parti sociali sono invitate ad avviare e promuovere il dialogo sociale su norme e condizioni lavorative, anche nel contesto settoriale transfrontaliero, e i governi dovrebbero garantire che la libertà di associazione e la contrattazione collettiva siano efficacemente tutelate e promosse.

    Le imprese multinazionali dovrebbero rispettare le legislazioni applicabili negli Stati in cui operano; esse sono anche invitate a impegnarsi in approcci di responsabilità sociale delle imprese e di diligenza.

    Le ONG completano gli sforzi di altri attori e svolgono un ruolo fondamentale nell’accrescere la consapevolezza riguardo ai diritti del lavoro e nel denunciare gli abusi.

    Data la complessità e gli evidenti rischi che incombono su questi soggetti fondamentali, il CESE lancia un appello affinché queste questioni complesse siano affrontate da piattaforme strutturate, trasparenti e inclusive delle parti interessate.

    4.2    Rispondere alla sfida statistica della misurazione dei flussi di commercio e di investimento

    Il CESE ha l’ambizione di valutare la realtà delle catene globali del valore in termini di valore, crescita e posti di lavoro, nonché i loro recenti sviluppi qualitativi. Questo significa lavorare, per esempio, con Eurostat e la DG Commercio, sui dati disponibili raccolti dall’OMC e dall’OCSE. Questa migliore comprensione della nuova organizzazione del commercio internazionale condurrà certamente a nuove proposte sull’uso degli strumenti tradizionali degli accordi di commercio e di sviluppo, come la soppressione dei dazi, la convergenza normativa, un migliore accesso agli appalti pubblici, regole di origine comuni, il rafforzamento delle capacità e il sostegno al commercio.

    4.3    Sostenere un approccio realmente integrato dell’Unione europea relativo, per esempio, alle politiche di commercio, sviluppo e vicinato

    Il CESE sostiene la volontà della Commissione europea, espressa nella recente comunicazione sulla politica commerciale e di investimento dell’Unione europea, riguardo all’impiego della serie di politiche esterne dell’UE al fine di incoraggiare lo sviluppo sostenibile in paesi terzi, in particolare i paesi in via di sviluppo come Bangladesh, Vietnam, Myanmar (34), Cambogia, o Laos, e in paesi di altri continenti, per mezzo di vari strumenti. Questo dovrebbe comprendere l’inclusione di capitoli relativi al commercio e allo sviluppo sostenibile negli accordi di libero scambio sia in fase di negoziato che futuri, un migliore legame fra politica commerciale e rafforzamento delle capacità/sostegno, promozione della condotta responsabile delle imprese nella politica di investimento e sviluppo del settore privato, appositi progetti volti ad accrescere il rispetto delle norme lavorative, sostegno a parti sociali nazionali nella formazione, nei seminari informativi e così via.

    4.4    Proporre impegni realistici

    Il CESE ha molta esperienza nel campo della sostenibilità grazie alla sua partecipazione all’attuazione e al controllo di appositi capitoli degli accordi di libero scambio, al coinvolgimento in numerosi comitati della società civile che gli consentono di proporre un equilibrio adeguato fra condizioni legali necessarie nel campo dei diritti umani e del lavoro, della trasparenza, della lotta contro la corruzione e la necessaria flessibilità delle imprese multinazionali nell’organizzare le proprie catene globali di approvvigionamento in modo efficace e su misura in base alle diverse situazioni locali.

    4.5    Promuovere misure preventive efficaci

    In tutto il mondo, le PMI partecipano in misura sempre maggiore alle catene globali di approvvigionamento, e in tale ambito hanno ancora un notevole potenziale inutilizzato. Di conseguenza, il CESE intende pubblicizzare maggiormente alcuni strumenti concreti disponibili sul mercato, già provati e collaudati dalle imprese, che aiuteranno le PMI a partecipare alla gestione sostenibile delle loro catene globali di approvvigionamento. Tra tali strumenti figurano la mappatura dei fornitori, gli strumenti di autovalutazione, norme e proposte di clausole contrattuali.

    4.6    Contribuire alla creazione di una nuova generazione di audit

    Gli audit sociali sono nati negli Anni 90 e sono stati criticati sia per i loro aspetti tecnici (per es. la qualificazione degli auditor, le modalità di esecuzione, la natura delle domande) che per aspetti sostanziali (misurazione provvisoria per un singolo fornitore, nessun progresso sistemico e graduale, terze parti responsabili del miglioramento delle condizioni sociali, ecc.). Il CESE intende sostenere la nascita di una nuova generazione di audit che coprano non solo le questioni sociali ma anche ambientali e di governance, con obiettivi più ambiziosi. Il fine ultimo sarà la sostituzione di questionari standardizzati con valutazioni basate su vari criteri specifici per le singole società in specifiche catene globali di approvvigionamento e sull’introduzione di una valida procedura di follow-up con il sostegno delle parti sociali.

    4.7    Concepire strumenti di trasparenza efficaci per il consumatore

    Il vertice del G7 del dicembre 2015 ha accolto, ad esempio, ausili pratici come le applicazioni su dispositivi portatili, che possano aiutare i consumatori a confrontare e comprendere le etichette sociali e ambientali dei prodotti.

    Il CESE sostiene gli attuali sforzi dell’UE nel misurare e rendere noto l’impatto ambientale di alcune categorie di beni di consumo ed è pronto a promuovere le migliori prassi nazionali nel settore dell’etichettatura ambientale, come l’esperimento dell’etichettatura ambientale a criteri multipli condotto in Francia fra il 2010 e il 2013.

    4.8    Sostenere i programmi di rafforzamento delle capacità e altre iniziative volte a favorire il dialogo sociale e gli approcci multisettoriali

    La performance economica globale delle società e l’osservanza dei principi di lavoro dignitoso sono strettamente legati all’esistenza di sindacati e di organizzazioni dei datori di lavoro indipendenti, alla qualità del dialogo sociale e al benessere della forza lavoro.

    Il CESE sostiene il programma Better Work concepito dall’OIL il cui obiettivo è aiutare le parti sociali locali a svolgere un ruolo efficace e a essere in grado di guidare la contrattazione collettiva.

    Un’iniziativa settoriale, come l’accordo del Bangladesh sulla sicurezza antincendio ed edile per i prodotti di abbigliamento confezionati, può indurre acquirenti, produttori e sindacati a sviluppare e attuare un approccio completo ed efficace di interesse per tutto il settore.

    Il CESE sostiene anche il dialogo sociale intersettoriale, compresi gli accordi di commercio e cooperazione (TCA) e gli accordi quadro internazionali (IFA). I vigenti TCA e IFA hanno dimostrato di costituire uno strumento importante nella promozione dei diritti dei lavoratori nelle catene globali di approvvigionamento. L’ulteriore sviluppo o una più estesa applicazione dovrebbe tuttavia prendere in considerazione la necessità di conservare flessibilità sia per i meccanismi di follow-up che di contenuto degli stessi accordi. In base a quanto appreso sull’attuazione, le parti dovrebbero anche impegnarsi nel loro continuo miglioramento.

    Bruxelles, 25 maggio 2016.

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Georges DASSIS


    (1)  OCSE: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico; OIL: Organizzazione internazionale del lavoro; OMC: Organizzazione mondiale del commercio; FMI: Fondo monetario internazionale.

    (2)  www.globalvaluechains.org/concept-tools

    (3)  http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/70/1&Lang=E

    (4)  http://www.un.org/esa/ffd/wp-content/uploads/2015/08/AAAA_Outcome.pdf

    (5)  http://www.ilo.org/global/meetings-and-events/campaigns/voices-on-social-justice/WCMS_099766/lang--en/index.htm

    (6)  http://www.ilo.org/declaration/thedeclaration/textdeclaration/lang--en/index.htm

    (7)  http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/wir2013_en.pdf

    (8)  http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---dgreports/---dcomm/---publ/documents/publication/wcms_368626.pdf

    (9)  The organisation of Buyer-Driven Global Commodity Chain: How US Retailers Shape Overseas Production Networks, Commodity Chains and Global Capitalism, Wesport, 1994.

    (10)  http://ec.europa.eu/growth/industry/corporate-social-responsibility/index_en.htm

    (11)  Si veda a titolo esemplificativo lo strumento di autovalutazione sviluppato da Euratex e da IndustriAll con il sostegno della Commissione europea per le società europee del settore tessile e dell’abbigliamento.

    (12)  http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2015/30/contents/enacted

    (13)  Nel 2011, il CESE ha adottato un parere sul regime, GU C 43 del 15.2.2012, pag. 82.

    (14)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/events/index.cfm?id=1433 e http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=1447

    (15)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2015/october/tradoc_153846.pdf

    (16)  https://mneguidelines.oecd.org/responsible-supply-chains-textile-garment-sector.htm

    (17)  https://mneguidelines.oecd.org/text/

    (18)  http://www.oecd.org/daf/inv/investment-policy/rbc-agriculture-supply-chains.htm

    (19)  http://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf

    (20)  http://bangladeshaccord.org

    (21)  Può prendere la forma di accordi aziendali transnazionali (TCA) conosciuti anche come accordi quadro internazionali (IFA). Per dettagli, si veda la relazione informativa REX/443, pagina 8: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.rex-opinions.35349

    (22)  http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---asia/---ro-bangkok/documents/publication/wcms_419798.pdf

    (23)  Ibidem.

    (24)  Progress in implementation, outcome of the Review meeting on the Sustainability Compact for Bangladesh (Progressi nell'attuazione. Risultati dell'incontro per la revisione del patto sulla sostenibilità per il Bangladesh), 11 gennaio 2016.

    (25)  http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---asia/---ro-bangkok/---ilo-islamabad/documents/publication/wcms_363149.pdf

    (26)  http://www.bmz.de/g7/en/Entwicklungspolitische_Schwerpunkte/Menschenwuerdige_Arbeit/index.html

    (27)  Was the crisis a Window of Opportunity for Developing Countries? (La crisi è stata un’opportunità per i paesi in via di sviluppo?), Timothy J. Sturgeon, Momoko Kawakami, Documento di ricerca strategica della Banca Mondiale.

    (28)  http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_dialogue/---sector/documents/meetingdocument/wcms_345445.pdf

    (29)  http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_dialogue/---sector/documents/meetingdocument/wcms_317267.pdf

    (30)  Nell'ottobre 2013, il CESE ha approvato un parere sulle importazioni di beni essenziali per l'UE, compresi i minerali e le materie prime, GU C 67 del 6.3.2014, pag. 47.

    (31)  http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-14-157_en.htm

    (32)  http://www.oecd.org/corporate/mne/mining.htm

    (33)  http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_norm/---relconf/documents/meetingdocument/wcms_311653.pdf

    (34)  Per esempio, l’iniziativa sui diritti del lavoro in Myanmar (OIL, USA, Giappone, Danimarca, UE).


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