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Document 52016DC0729

    PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO che accompagna la comunicazione della Commissione sull'analisi annuale della crescita 2017

    COM/2016/0729 final

    Bruxelles, 16.11.2016

    COM(2016) 729 final

    PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE
    DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO

    che accompagna la comunicazione della Commissione
    sull'analisi annuale della crescita 2017


    PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE

    DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO

    che accompagna la comunicazione della Commissione

    sull'analisi annuale della crescita 2017

    Il progetto di relazione comune sull'occupazione, prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si iscrive nel quadro del pacchetto sull'analisi annuale della crescita che dà l'avvio al semestre europeo. La relazione, intesa a dare un contributo importante alla governance economica dell'UE, offre una panoramica annuale dei principali sviluppi sociali e occupazionali in Europa nonché delle misure di riforma adottate dagli Stati membri in linea con gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione e con le priorità dell'analisi annuale della crescita.

    In questo contesto, il progetto di relazione comune sull'occupazione 2017 indica quanto segue.

    La situazione occupazionale e sociale migliora in un contesto di moderata ripresa economica. L'obiettivo di un tasso di occupazione del 75 % stabilito dalla strategia Europa 2020 può essere pertanto raggiunto entro il 2020, a condizione che continuino le tendenze attuali. Il tasso di occupazione nella fascia di età dai 20 ai 64 anni supera per la prima volta quello osservato nel 2008 e si situa al 71,1 % (secondo trimestre del 2016). La povertà rimane tuttavia elevata e i risultati occupazionali e sociali variano significativamente da un paese all'altro. 

    Nel 2015 e 2016 la maggior parte degli indicatori del mercato del lavoro ha registrato un miglioramento. Il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere e nel settembre 2016 si situava all'8,5 % (10 % nella zona euro). Anche la disoccupazione giovanile e la disoccupazione di lungo periodo hanno continuato a diminuire, ma rimangono elevate in diversi Stati membri. I tassi di attività stanno salendo e nel 2015 e nel primo semestre del 2016 l'UE ha creato più di quattro milioni di posti di lavoro. Nel 2015 il tasso di occupazione femminile nell'UE era ancora notevolmente inferiore a quello degli uomini, ma dal 2008 il divario si sta riducendo. Continua anche gradualmente la convergenza tra le condizioni del mercato del lavoro, anche se sussistono ampie differenze tra gli Stati membri.

    Nel 2015 i redditi delle famiglie dell'UE sono cresciuti, per lo più grazie ad aumenti dei redditi da lavoro e a una diminuzione di tasse e contributi. Il reddito lordo delle famiglie nella zona euro non si è ancora tuttavia pienamente ripreso e rimane leggermente inferiore ai livelli del 2009. Il numero e la percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale hanno iniziato a diminuire, ma sono ancora elevati. Nell'UE il rischio di povertà o di esclusione sociale è ritornato al livello del 2008, cioè al 23,7 %. Nonostante questi apprezzabili, recenti miglioramenti occorre uno sforzo concertato per raggiungere l'obiettivo di far uscire almeno 20 milioni di persone dalla povertà o dall'esclusione sociale entro il 2020 poiché nel 2015 il numero delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale rimane più elevato che nel 2008. Nel complesso la disparità di reddito si è stabilizzata su un livello storicamente elevato, anche se con notevoli divergenze nell'UE, come risulta dal quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali.

    Elevati livelli di disparità rallentano la resa dell'economia e riducono il potenziale di crescita sostenibile. Il persistere di forti disparità non è soltanto preoccupante in termini di equità in quanto rispecchia di solito un rischio elevato di povertà e di esclusione sociale, ma anche in termini economici poiché comporta una sottoutilizzazione del capitale umano. La trasmissione intergenerazionale della povertà aggrava ulteriormente questi effetti negativi. In alcuni Stati membri la struttura dei sistemi di istruzione, del mercato del lavoro e delle istituzioni della sicurezza sociale non sostiene adeguatamente la loro funzione di investimento nel capitale umano e promozione dell'equità dei risultati e non pone in tal modo rimedio alla disparità di opportunità; essa contribuisce invece al persistere e addirittura all'ampliarsi delle disparità di reddito. Per affrontare le disparità gli Stati membri possono intervenire in diversi ambiti, tra cui i regimi fiscali e previdenziali, le politiche di determinazione dei salari (e quelle relative al salario minimo), l'istruzione e le competenze nonché i sistemi sanitari.

    Devono continuare le riforme che promuovono mercati del lavoro resilienti e inclusivi e che stimolano la creazione di posti di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, coniugando adeguatamente la flessibilità con una sicurezza adeguata. Gli Stati membri che hanno coniugato la flessibilità dell'organizzazione del lavoro con efficaci politiche attive del mercato del lavoro e un'adeguata protezione sociale hanno superato meglio la crisi. Negli ultimi anni molti Stati membri hanno attuato importanti riforme con effetti positivi sulla creazione di posti di lavoro. Occorrono però ulteriori sforzi per promuovere la creazione di posti di lavoro di qualità e migliorare l'inclusività dei mercati del lavoro rimuovendo le barriere alla partecipazione al mercato del lavoro, affrontando il problema della segmentazione del mercato del lavoro, assicurando che i regimi di protezione sociale forniscano un adeguato sostegno al reddito e garantendo a tutti l'accesso ai servizi, incoraggiando nel contempo le transizioni verso l'occupazione e rendendo il lavoro proficuo. Ciò contribuirebbe anche ad affrontare il problema determinato dall'aumento dei livelli di povertà lavorativa in alcuni Stati membri.

    I regimi fiscali dovrebbero sostenere più efficacemente la creazione di posti di lavoro e affrontare le disparità. Diversi Stati membri hanno adottato misure per ridurre il cuneo fiscale, destinate per lo più ai lavoratori a basso reddito. Essi intendevano promuovere sia la domanda di lavoro, aiutando le imprese ad assumere (o a riassumere), sia l'offerta di lavoro, riducendo i disincentivi ad accettare un lavoro e innalzando il salario netto, soprattutto per i gruppi svantaggiati. Anche così il cuneo fiscale complessivo che grava sul lavoro rimane elevato in un numero notevole di Stati membri. In alcuni Stati membri i regimi fiscali continuano inoltre a scoraggiare fortemente le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare dal lavorare o dal lavorare di più. Una tassazione del lavoro più contenuta e ben concepita potrebbe contribuire a stimolare la crescita dell'occupazione e a mitigare quindi le disparità.

    I salari nominali sono aumentati solo moderatamente in un contesto di bassa inflazione, mentre diversi Stati membri hanno riformato i loro quadri di determinazione dei salari in cooperazione con le parti sociali. Nella maggior parte degli Stati membri l'andamento dei salari è stato allineato alla produttività del lavoro, prevedendo anche aumenti salariali laddove il contesto economico ne offriva la possibilità. Questo allineamento è necessario, nel medio termine, per stimolare aumenti di produttività e sostenere la domanda aggregata e la crescita. Un piccolo numero di Stati membri ha riformato i propri quadri di determinazione dei salari per rafforzare il ruolo delle parti sociali ai diversi livelli della contrattazione. Sono state inoltre adottate misure intese a rendere più trasparenti e/o prevedibili i quadri di determinazione del salario minimo. I sistemi di determinazione dei salari dovrebbero perseguire un ulteriore coordinamento tra i diversi livelli di contrattazione collettiva, consentendo nel contempo un certo grado di flessibilità geografica, settoriale e trans-settoriale.

    Nell'UE il coinvolgimento delle parti sociali nella concezione e nell'attuazione delle riforme è diseguale. Sebbene tutti gli Stati membri dispongano di organi bipartiti o tripartiti per l'interazione delle parti sociali e la loro consultazione nella concezione e attuazione delle politiche, nella realtà il loro coinvolgimento varia notevolmente. È però essenziale un efficace dialogo sociale, in linea con le pratiche e condizioni nazionali, per assicurare la messa in atto di riforme eque ed efficaci, accrescerne il grado di titolarità e valutarne attentamente l'impatto sui diversi gruppi della popolazione. Nel 2015 e nel 2016 alcuni Stati membri hanno adottato misure per rafforzare il dialogo sociale e migliorare il coinvolgimento delle parti sociali nelle politiche occupazionali e sociali. 

    Gli Stati membri hanno continuato a modernizzare i loro sistemi di istruzione e formazione per migliorare le competenze necessarie ad adeguarsi alle esigenze del mercato del lavoro. Sussistono però disparità nella frequentazione e nei risultati degli studi. Le riforme intendevano tra l'altro promuovere l'acquisizione di competenze di base, incoraggiare l'istruzione degli adulti e migliorare la pertinenza dell'istruzione terziaria per il mercato del lavoro. In linea con la nuova agenda per le competenze per l'Europa, le riforme dovrebbero essere imperniate su investimenti sostanziali nell'acquisizione di competenze da parte di giovani e adulti, su un migliore adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro, anche nell'ottica del rafforzamento dei partenariati imprese-istruzione, e sulla valorizzazione delle potenzialità offerte dagli apprendistati.

    La disoccupazione giovanile e il numero di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) continua a diminuire, anche se in alcuni Stati membri il loro numero rimane molto elevato. La garanzia per i giovani è stata un importante volano di miglioramento poiché ha incoraggiato gli Stati membri ad adottare misure efficaci, ha migliorato il coordinamento tra i diversi attori e ha facilitato le riforme strutturali e l'innovazione nell'elaborazione delle politiche. Nel 2015 più del 40 % di tutti i NEET di età compresa tra i 15 e i 24 anni era iscritto alla garanzia per i giovani. In diversi Stati membri l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG), indirizzata alle regioni dell'UE che nel 2012 presentavano i tassi di disoccupazione giovanile più elevati, ha svolto un ruolo essenziale. Nonostante questi progressi apprezzabili occorrerà portare avanti le riforme strutturali e intensificare le misure per assicurare che tutti i giovani, in particolare i giovani poco qualificati e quelli che incontrano numerosi ostacoli all'ingresso sul mercato del lavoro, beneficino della garanzia per i giovani.

    Affrontare la disoccupazione di lungo periodo rimane una priorità. Nonostante il calo registrato nel 2015 in percentuale della popolazione attiva, la disoccupazione di lungo periodo corrisponde ancora a quasi il 50 % della disoccupazione totale e rimane estremamente elevata in taluni Stati membri. L'allungamento della durata della disoccupazione comporta la svalutazione delle competenze, un minore attaccamento al mercato del lavoro e, in ultima istanza, un rischio più elevato di esclusione sociale. Esso rischia inoltre di trasformare la disoccupazione da ciclica in strutturale, con conseguenze negative per la crescita potenziale. Diversi Stati membri stanno rafforzando il sostegno ai disoccupati di lungo periodo offrendo loro interventi personalizzati e migliorando il coordinamento tra i servizi per l'impiego e altri attori, in linea con la raccomandazione del Consiglio del febbraio 2016. L'adozione di queste misure è tuttavia ancora diseguale tra gli Stati membri.

    Le donne continuano a essere sottorappresentate sul mercato del lavoro e sono esposte a notevoli differenziali retributivi. Le donne superano gli uomini in termini di livello di istruzione. Il divario occupazionale tra le donne e gli uomini rimane però ampio, in particolare per quanto concerne le madri e le donne con responsabilità di assistenza. A ciò si aggiungono i disincentivi finanziari che le donne si trovano ad affrontare quando entrano sul mercato del lavoro o desiderano lavorare di più. In diversi Stati membri si è osservato un notevole differenziale retributivo che, combinato con carriere più brevi, spesso si traduce in pensioni più basse per le donne. È pertanto necessario integrare nel processo decisionale considerazioni in materia di equilibrio tra vita professionale e vita privata. L'accesso a un'assistenza all'infanzia e ad altri servizi di assistenza di qualità e a un costo contenuto, un sistema di congedi e di orari di lavoro flessibili e regimi fiscali e previdenziali che non scoraggino le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare dal lavorare o dal lavorare di più sono di estrema importanza per pervenire alla piena parità di trattamento delle donne e sostenere la mobilità sociale ascendente.

    Sono continuati gli sforzi per modernizzare i regimi di protezione sociale onde migliorare la copertura e l'adeguatezza delle prestazioni, l'accesso, la qualità e la reattività dei servizi e incoraggiare attivamente la partecipazione al mercato del lavoro. Diversi Stati membri hanno attuato riforme strategiche volte a migliorare la copertura e l'adeguatezza delle prestazioni sociali, promuovendo allo stesso tempo l'attivazione. Le misure interessano un'ampia varietà di gruppi, tra cui le persone a basso reddito, i disoccupati, le persone con disabilità, i senzatetto e le persone con responsabilità di assistenza. Nonostante i progressi delle riforme, in alcuni Stati membri continuano a suscitare preoccupazione i livelli elevati di povertà (infantile). Dovrebbero essere rese disponibili adeguate reti di sicurezza per coloro che non hanno risorse sufficienti per fruire di un livello di vita dignitoso, prevedendo altresì un sostegno per l'integrazione (o la reintegrazione) sul mercato del lavoro delle persone in età lavorativa.

    In seguito a un'ondata di riforme finalizzate ad innalzare l'età pensionabile, le recenti riforme delle pensioni presentano un'immagine più diversificata in cui rientrano anche misure volte a salvaguardare l'adeguatezza delle pensioni attraverso garanzie minime e l'indicizzazione. Mentre alcuni Stati membri si sono adoperati per migliorare la sostenibilità dei loro sistemi pensionistici, ad esempio innalzando l'età pensionabile e limitando l'accesso al prepensionamento, altri hanno privilegiato la protezione dei pensionati a basso reddito, innalzando le pensioni minime o introducendo prestazioni aggiuntive mirate. I sistemi pensionistici dovrebbero assicurare livelli di vita adeguati, garantendo nel contempo la sostenibilità. A tal fine gli uomini e le donne dovrebbero essere incoraggiati a rimanere più a lungo nel mercato del lavoro, anche grazie alla disponibilità di appropriate politiche per l'equilibrio tra vita professionale e vita privata e la modernizzazione degli ambienti di lavoro. Le pensioni complementari possono svolgere un ruolo importante, in particolare nei casi in cui si prevede che l'adeguatezza delle pensioni pubbliche peggiori.

    I sistemi sanitari contribuiscono al benessere individuale e collettivo e alla prosperità economica. In diversi Stati membri sono state attuate riforme del sistema sanitario per incoraggiare l'erogazione di servizi di assistenza sanitaria di base validi e promuovere l'accesso agli stessi, per razionalizzare e accrescere la sostenibilità delle cure specialistiche e ospedaliere e per migliorare l'accesso a medicinali economicamente accessibili, impiegati in modo efficiente sotto il profilo dei costi. Alcuni Stati membri stanno anche adottando misure per migliorare l'efficienza e la qualità dei servizi di assistenza a lungo termine, il che ridurrebbe gli ostacoli alla partecipazione al mercato del lavoro per coloro che prestano assistenza in ambito familiare, in particolare le donne.

    Negli ultimi anni l'UE ha registrato un afflusso senza precedenti di migranti, compresi i rifugiati, con quasi 1,8 milioni di domande di asilo presentate nel 2015 e nel primo semestre del 2016. Ciò sottolinea l'importanza di elaborare strategie globali di integrazione per assicurare che i rifugiati possano essere efficacemente integrati nel mercato del lavoro e nella società in generale. Diversi Stati membri hanno introdotto pacchetti di integrazione per assicurare un intervento precoce nei confronti dei nuovi arrivati, anche in materia di accesso al mercato del lavoro, valutazione delle competenze e formazione. In linea con il piano d'azione sull'integrazione dei cittadini di paesi terzi 1 , presentato dalla Commissione nel giugno 2016, è importante che le politiche di integrazione non reagiscano soltanto ai bisogni immediati, ma si adoperino anche per garantire un'integrazione efficace nel medio e nel lungo termine come parte integrante delle strategie degli Stati membri per l'inclusione sociale.



    1.    PANORAMICA DELLE TENDENZE E DELLE SFIDE NELLA SOCIETÀ E NEL MERCATO DEL LAVORO NELL'UNIONE EUROPEA

    Questa sezione presenta una panoramica delle tendenze e delle sfide nella società e nel mercato del lavoro nell'Unione europea, Essa inizia con un'analisi dettagliata dei principali ambiti occupazionali e sociali cui fanno seguito i risultati generali tratti dal quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali.

    1.1    Tendenze nel mercato del lavoro

    Nel mercato del lavoro la ripresa si è consolidata nel 2015 e 2016, rivelando notevoli miglioramenti per la maggior parte degli indicatori. Nell'UE il tasso di occupazione (20-64 anni) è aumentato di 0,9 punti percentuali nel 2015 e ha continuato a salire raggiungendo il 71,1 % nel secondo trimestre del 2016. Questo livello non solo supera di 1,5 punti percentuali quello del secondo trimestre del 2015, ma si situa anche al di sopra del livello precedente la crisi, pari al 70,3 % (annuo) registrato nel 2008. Un aumento comparabile è stato riscontrato nel tasso di occupazione della zona euro, che ha raggiunto quasi il 70 % nel secondo trimestre del 2016 (avvicinandosi alla media del 70,2 % del 2008). In valori assoluti, rispetto al quarto trimestre del 2014, nel secondo trimestre del 2016 il numero delle persone occupate è aumentato di quasi 4,2 milioni di unità, 2,8 milioni delle quali nella zona euro. Il tasso di attività (15-64 anni) nell'UE ha nel contempo registrato un aumento moderato salendo al 73 %, mentre il tasso di disoccupazione (persone di più di 15 anni) è sceso all'8,6 %, il tasso più basso registrato dal primo trimestre del 2009 (nella zona euro i tassi di attività e di disoccupazione si situavano rispettivamente al 72,9 % e al 10,1 % 2 ). L'intensificarsi della domanda di lavoro e l'aumento del tasso di posti di lavoro vacanti, passato dall'1,3 % nel 2013 all'1,8 % nei primi due trimestri del 2016, hanno svolto un ruolo importante. In tale contesto la crescita media dei salari nell'UE ha registrato una lieve accelerazione nel 2015, ma è rimasta moderata nella zona euro (cfr. la sezione 2.1)

    Le disparità nel mercato del lavoro tra gli Stati membri e la zona euro hanno continuato a restringersi a partire da livelli molto elevati, mentre i tassi di disoccupazione stanno ritornando ai livelli precedenti la crisi. Il protrarsi delle convergenza dei tassi di disoccupazione rispecchia un calo superiore alla media in diversi Stati membri caratterizzati da tassi di disoccupazione elevati (in particolare Cipro, Croazia e Spagna). Di converso, sono stati registrati lievi aumenti del tasso di disoccupazione in Austria ed Estonia, anche se a partire da livelli relativamente bassi. Nel 2015 gli afflussi netti di popolazione sono stati maggiori nei paesi che nel 2014 presentavano i tassi di disoccupazione più bassi (segnatamente Austria, Germania e Lussemburgo); alcuni dei deflussi netti più elevati sono stati registrati nei paesi con i tassi di disoccupazione più elevati. Nonostante la convergenza riscontrata permangono tuttavia differenze significative in termini di tassi di disoccupazione (figura 1), con valori che vanno dal 5 % o meno nella Repubblica ceca, in Germania, Malta e nel Regno Unito, a più del 20 % in Spagna e Grecia nel primo semestre del 2016.

    Figura 1: tasso di disoccupazione e variazione annua secondo il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali


    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro (calcoli della DG EMPL). Periodo: livelli del 1º semestre 2016 e variazioni annue rispetto al 1º semestre 2015. Nota: gli assi sono centrati sulla media non ponderata dell'UE. La legenda figura nell'allegato.

    La crescita dell'occupazione ha registrato dinamiche diverse in funzione delle fasce di età e dei livelli di istruzione. Come risulta dalla figura 2 l'aumento maggiore delle cifre dell'occupazione, che è stato del 3,8 % nel 2015, ha interessato i lavoratori anziani (fascia di età dai 55 ai 64 anni), il cui tasso di attività è salito di 1,4 punti percentuali per raggiungere nel 2015 il 57,3 %. Per questo gruppo ciò si è tradotto in un ulteriore aumento del tasso di occupazione, salito al 53,3 % nel 2015, confermando la crescita costante osservata nell'ultimo decennio. La crescita dell'occupazione è stata invece moderata tra i giovani (15-24 anni) e i lavoratori della fascia primaria di età (25-54 anni). Il tasso di attività di questi ultimi è rimasto quasi stabile per il quarto anno consecutivo, situandosi all'85,4 %, e sembra pertanto aver raggiunto un tetto. Le evoluzioni erano tuttavia sostanzialmente differenti a seconda del livello di competenze: la crescita dell'occupazione è stata vigorosa per quanto concerne i lavoratori altamente qualificati (con livello di istruzione terziaria), con un aumento del 3,3 % su base annua, mentre i lavoratori scarsamente qualificati (in possesso di un diploma di istruzione secondaria di primo grado o anche più basso) dal 2014 hanno sofferto un calo dell'1,4 %. Ciò conferma la tendenza alla contrazione delle opportunità occupazionali per i lavoratori scarsamente qualificati, il cui tasso di occupazione è ancora inferiore a quello del 2008. La crescita dell'occupazione ha registrato un andamento comparabile sia per gli uomini sia per le donne, i cui rispettivi tassi di occupazione sono saliti leggermente durante il 2015. L'ampio divario tra i tassi di occupazione femminile (64,3 %) e maschile (75,9 %), che si era ridotto tra il 2008 e il 2013, è rimasto pertanto quasi inalterato. Analogamente, dai dati a disposizione (figura 3) non risulta nessuna discrepanza significativa in termini di crescita dell'occupazione tra lavoro a tempo pieno e lavoro a tempo parziale.

    Figura 2: tassi di occupazione e crescita dell'occupazione nei diversi gruppi nell'UE

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro.

    La ripresa dell'occupazione rispecchia un aumento del numero di lavoratori dipendenti, mentre la quota dei lavoratori con contratto a tempo determinato rimane stabile. Il numero dei lavoratori autonomi ha subito un calo marginale (dello 0,4 %), anche se dietro tale cifra si celano notevoli differenze tra gli Stati membri (cfr. la sezione 2.1). Il numero di lavoratori con contratto a tempo determinato è aumentato del 3 %, mentre quello dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato è aumentato dell'1,2 %. Ciò si è tradotto in un aumento marginale della percentuale dei lavoratori con contratto a tempo determinato rispetto al totale dei lavoratori dipendenti (passata al 14,2 % nel 2015), sempre però con marcate differenze tra gli Stati membri (cfr. la sezione 2.3). La creazione di posti di lavoro è intervenuta principalmente nel settore dei servizi (+1,4 %), seguito dall'industria (+0,7 %), mentre l'occupazione nell'agricoltura ha continuato a diminuire (-2,6 %), il che spiega anche in parte la contrazione del lavoro autonomo. Nel 2015 il calo dell'occupazione nel settore delle costruzioni ha registrato una battuta d'arresto, per la prima volta dal 2008.

    Figura 3: crescita dell'occupazione (2014-15) nei diversi gruppi nell'UE

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro.

    Nel 2015 la disoccupazione giovanile e la disoccupazione di lungo periodo hanno continuato a calare, parallelamente alla riduzione del tasso di disoccupazione complessiva. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), che nel 2013 nell'UE aveva raggiunto il 23,7 %, è sceso al 20,3 % nel 2015. Questa tendenza è continuata nel 2016 poiché tale tasso è sceso ulteriormente al 18,9 % nel primo semestre dell'anno. Esso è tuttavia più elevato nella ZE-19 (21,4 % nel primo semestre del 2016) e si registrano ancora notevoli disparità tra gli Stati membri. Anche il tasso di disoccupazione di lungo periodo (in percentuale della popolazione attiva) è calato nel 2015, scendendo al 4,5 % rispetto al 5 % nel 2014 (ed è ulteriormente sceso nel primo semestre del 2016), ma il lento riassorbimento della disoccupazione di lungo periodo in alcuni Stati membri, segnatamente in quelli maggiormente colpiti dalla crisi, evoca il rischio che il tasso di disoccupazione elevato diventi strutturale.

    1.2    Tendenze nella società

    Nel 2015 la situazione finanziaria delle famiglie dell'UE ha continuato a migliorare. Nell'UE il reddito reale disponibile lordo delle famiglie è aumentato di circa il 2 % nel 2015, continuando la ripresa dopo le perdite di reddito registrate nel periodo 2010-2013. Questo miglioramento deriva essenzialmente dagli aumenti dei redditi da lavoro e dalla riduzione di tasse e contributi (cfr. figura 4). 

    Figura 4: crescita del PIL e del reddito reale disponibile lordo delle famiglie e variazioni delle componenti del reddito reale disponibile lordo delle famiglie nell'UE

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro.

    Se si esaminano i dati dell'UE più recenti, questa tendenza al rialzo non si rispecchia tuttavia nelle cifre sulla povertà 3 . Nel 2015 la quota della popolazione dell'UE a rischio di povertà (AROP) si è stabilizzata arrivando a 17,3 punti percentuali (sia nell'UE in generale sia nella zona euro), con un incremento di 0,1 punti percentuali. Questi sviluppi fanno seguito a un aumento di 0,5 punti percentuali registrato nel 2014 (0,4 punti percentuali nella zona euro), dovuto in parte allo slittamento verso l'alto delle soglie di povertà, mentre i redditi delle famiglie hanno iniziato a riprendersi alla metà del 2013. Analogamente, la quota complessiva di lavoratori poveri è aumentata di 0,5 punti percentuali nel 2014, assieme a una quota crescente di lavoratori con contratto a tempo determinato (il cui reddito è di solito inferiore a quello dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato), ed è rimasta stabile nel 2015.

    Nel 2015 la percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE ha registrato un ulteriore calo, ma rimane estremamente elevata. Il tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) nell'UE ha continuato a ridursi nel 2015, scendendo al 23,7 % (a partire dal 24,4 % del 2014 e dal 24,6 % del 2013), ma rimane vicino al picco storico del 2012. Esso è calato anche nella zona euro, passando dal 23,5 % del 2014 al 23,1 % del 2015 (ritornando ai livelli del 2013). Nel 2015 circa 119 milioni di persone erano a rischio di povertà o di esclusione sociale, circa 3,5 milioni in meno rispetto al 2014. Anche se l'UE è lungi dal raggiungere il suo obiettivo di Europa 2020, che consiste nel far uscire entro tale anno almeno 20 milioni di persone dalla povertà o dall'esclusione sociale, il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale sta nuovamente raggiungendo il livello del 2008, che è l'anno di riferimento in base al quale è stato fissato l'obiettivo di Europa 2020. Nel 2015 le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale erano circa 1,2 milioni in più rispetto al 2008 4 e 4,8 milioni in meno rispetto al picco del 2012.

    La riduzione della deprivazione materiale grave rivela un miglioramento dei livelli di vita. Nel 2015 la deprivazione materiale grave si è ridotta di 0,8 punti percentuali raggiungendo l'8,1 %, ossia 9,1 milioni di persone in meno rispetto al picco del 2012. Questa tendenza, che si osserva dal 2013, è legata al citato miglioramento della situazione finanziaria delle famiglie conseguente alla ripresa dell'economia. Dopo essere leggermente aumentata nel 2014, la quota di persone che vivono in famiglie (pressoché) senza occupazione (vale a dire la popolazione di età compresa tra gli 0 e i 59 anni che vive in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa) ha registrato una lieve riduzione nel 2015 passando al 10,5 %, grazie al miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro.

    Figura 5: tasso di rischio di povertà e di esclusione sociale e sue componenti nell'UE-27

    Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC (ilc_peps01, ilc_li02, ilc_mddd11, ilc_lvhl11). HR è esclusa in quanto i dati per il 2009 non sono disponibili. Nota: la voce "a rischio di povertà e di esclusione sociale" combina le voci "a rischio di povertà", "deprivazione materiale grave" e "famiglie con un'intensità di lavoro bassa o pari a zero". La linea tratteggiata corrisponde al calo stimato necessario per raggiungere l'obiettivo di Europa 2020.

    I giovani, i bambini, i disoccupati e i cittadini di paesi terzi sono tra i gruppi più colpiti. Nel 2015 quasi un terzo (31,2 %) dei giovani (fascia di età dai 18 ai 24 anni) era a rischio di povertà o di esclusione sociale. Ciò è dovuto essenzialmente alla disoccupazione, al lavoro precario o alla difficile situazione socioeconomica delle famiglie dei giovani. Il fatto di vivere in una famiglia monoreddito è associato a un rischio di povertà più elevato 5 . Il rischio di povertà o di esclusione sociale per i bambini (fascia di età dagli 0 ai 17 anni) è sceso al 26,9 % (dal 27,8 %), ma rimane elevato a motivo della condizione lavorativa dei loro genitori, in particolare se questa è accompagnata da un accesso limitato ai servizi sociali e alle iniziative a sostegno dei redditi bassi. Gli anziani (più di 65 anni) sono stati relativamente meno colpiti e il loro il rischio di povertà o di esclusione sociale è diminuito passando dal 18,3 % del 2013 al 17,4 % del 2015, laddove le donne sono più povere degli uomini (19,6 % per le donne contro 14,6 % per gli uomini). Altri gruppi colpiti dalla povertà e dall'esclusione sociale sono i disoccupati (66,6 %), i cittadini di paesi terzi (48,2 %) e le persone con disabilità (30,1 % nel 2014).

    La disparità di reddito misurata dal rapporto tra quintili di reddito nel 2015 si è stabilizzata su un livello elevato. Nel 2015 il rapporto tra quintili di reddito (o indicatore S80/S20, vale a dire il rapporto tra i redditi del 20 % della popolazione con il reddito più elevato e i redditi del 20 % della popolazione con il reddito più basso) è rimasto stabile a 5,2, dopo la tendenza al rialzo registrata negli ultimi anni, soprattutto nella zona euro (figura 6). Nel 2015 anche il coefficiente di Gini è rimasto stabile 6 a 0,31. Permangono comunque differenze significative di livello e di tendenza tra gli Stati membri (cfr. la sezione 2.4). Le crescenti disparità di reddito, che rappresentano una tendenza comune nelle economie sviluppate 7 , non sono soltanto preoccupanti in termini di distribuzione equa dei risultati per la popolazione, ma costituiscono altresì un rischio per la crescita a lungo termine.

    Figura 6: rapporto tra quintili di reddito S80/S20

    Fonte: Eurostat. I dati di HR prima del 2010 non sono disponibili.



    1.3    Risultati generali del quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali

    Il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali, giunto alla quarta edizione, consente la tempestiva individuazione dei principali problemi occupazionali e sociali e delle eventuali divergenze negli Stati membri per cui può essere necessaria un'ulteriore analisi. Il quadro di valutazione (cfr. gli allegati da 1 a 3) consiste di sei indicatori principali delle tendenze occupazionali e sociali:

       il tasso di disoccupazione (15-74 anni);

       il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni);

       i giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) in percentuale della popolazione nella fascia di età dai 15 ai 24 anni;

       il reddito lordo disponibile delle famiglie (variazione annua);

       il tasso della popolazione in età lavorativa (18-64 anni) a rischio di povertà;

       le disparità di reddito (il rapporto S80/S20).

    Tale strumento contribuisce a individuare gli ambiti in cui si avverte con maggiore urgenza la necessità di una risposta strategica e rappresenta quindi uno strumento importante per monitorare l'impatto delle riforme nell'ambito del semestre europeo. Esso contribuisce a sostenerne le sfide individuate nelle relazioni per paese e corrobora la redazione delle raccomandazioni specifiche per paese. I risultati del quadro di valutazione dovrebbero essere letti assieme ai risultati analitici di altri strumenti quali il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM), il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM) 8 e il quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM), cui sono stati recentemente aggiunti indicatori chiave in materia di occupazione 9 . Su un tono analogo la relazione dei cinque presidenti dal titolo "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa" e la comunicazione sulle tappe verso il completamento dell'Unione economica e monetaria 10 incoraggiano il ricorso all'analisi comparativa e all'esame approfondito delle performance degli Stati membri per individuare le performance inadeguate e promuovere la convergenza verso l'alto. Il processo dovrebbe anche contribuire alla condivisione delle migliori pratiche. Il riquadro 1 descrive la logica e lo stato di avanzamento dello sviluppo di indicatori per l'analisi comparativa nel mercato del lavoro.

    Nel quadro di valutazione sono riportate le tendenze recenti degli indicatori chiave lungo tre dimensioni (cfr. le tabelle dettagliate in allegato):

    per ciascuno Stato membro, la variazione dell'indicatore in un dato anno rispetto a periodi precedenti (tendenza storica);

    per ciascuno Stato membro, la differenza rispetto ai tassi medi dell'UE e della zona euro nello stesso anno (istantanea delle disuguaglianze occupazionali e sociali esistenti);

    la variazione dell'indicatore tra due anni consecutivi in ciascuno Stato membro rispetto alla variazione a livello di UE e zona euro (indicazione delle dinamiche della convergenza/divergenza socioeconomica).

    Dal 2016 la situazione degli Stati membri negli indicatori occupazionali e sociali è valutata in base ad una metodologia concordata che esamina congiuntamente i livelli e le variazioni di ciascun indicatore (come illustrato nell'allegato 4). In base a tale metodologia la tabella 1 offre una una sintesi dei risultati del quadro di valutazione. Come emerge dalle analisi che figurano in questa sezione e nella sezione 2 (cfr. le figure 1, 14, 15, 26, 27 e 28), cinque Stati membri (Grecia, Cipro, Portogallo, Spagna e Italia) si trovano ad affrontare diverse, importanti sfide occupazionali e sociali, anche se la loro situazione in termini di sviluppi recenti è eterogenea. Altri cinque Stati membri (Bulgaria, Croazia, Lettonia, Lituania e Romania) sono segnalati a più riprese sulla tabella sinottica, con diversi gradi di gravità, per quanto concerne gli indicatori occupazionali o sociali. Il resto della sezione presenta i risultati dettagliati del quadro di valutazione.

    La Grecia continua a presentare una situazione difficile in tutti gli indicatori occupazionali e sociali, soprattutto per quanto concerne il tasso di disoccupazione complessiva e la disparità di reddito. Sono stati registrati alcuni miglioramenti in merito al tasso di NEET e al tasso di rischio di povertà 11 . L'Italia continua a rimanere a livelli critici negli indicatori relativi alla situazione dei giovani sul mercato del lavoro, mentre la riduzione del tasso di disoccupazione complessiva è più lenta rispetto alla media dell'UE. La situazione relativa agli indicatori sociali, in particolare il tasso di rischio di povertà, rimane nel contempo problematica. In Portogallo i tassi di disoccupazione complessiva e giovanile rimangono elevati nonostante i modesti cali registrati. Anche gli indicatori del rischio di povertà e quelli della disparità di reddito presentano livelli elevati rispetto alla media dell'UE, anche se sono in lieve calo. In Spagna il tasso di disoccupazione e il tasso di NEET hanno continuato a migliorare (anche se i livelli rimangono problematici) mentre la situazione della disoccupazione giovanile, della povertà e delle disparità resta tesa. Cipro ha registrato sviluppi positivi per quanto concerne i tassi di disoccupazione complessiva e giovanile, come anche per il tasso di NEET, che segnano tutti una riduzione a partire da livelli molto elevati. Nel 2015 la crescita del reddito lordo disponibile delle famiglie risulta tuttavia ancora negativa e il tasso del rischio di povertà registra l'aumento più significativo. La situazione in Romania resta critica sul piano del tasso di NEET, del rischio di povertà e delle disparità (l'aumento registrato per quest'ultimo aspetto è stato notevole). Analogamente, la Lituania ha subito un'impennata del rischio di povertà e delle disparità di reddito. La Lettonia presenta l'aumento più significativo della disoccupazione giovanile, mentre la situazione nel paese rimane stabile per quanto concerne il tasso di rischio di povertà e le disparità. In Croazia i tassi di disoccupazione complessiva e giovanile sono elevati, anche se in rapido calo. In Bulgaria il tasso elevato di NEET e la disparità di reddito restano critici.

    La situazione dei NEET è considerata "da tenere sotto osservazione" (a motivo di improvvisi aumenti o di livelli superiori alla media) in Finlandia, Francia, Irlanda e Slovacchia. Analogamente, oltre all'Italia, anche la Finlandia, la Francia e l'Austria presentano una crescita più lenta del reddito lordo reale disponibile delle famiglie rispetto alla media dell'UE. Altri due paesi dovrebbero essere infine monitorati da vicino per quanto concerne il rischio di povertà (Polonia) e la disparità di reddito (Estonia).

    In tre Stati membri alcuni indicatori mostrano un lieve peggioramento, anche se a partire da buoni livelli. In Austria e in Estonia il tasso di disoccupazione (sia complessiva sia giovanile), pur restando a un livello molto basso, è aumentato più celermente della media dell'UE. Una situazione analoga è riscontrabile in Danimarca per quanto concerne il tasso di disoccupazione giovanile e il tasso di NEET.

    Tabella 1: sintesi del quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali

    Nota: Per RO mancano dati trimestrali sulla disoccupazione giovanile; al 26 ottobre 2016 non si dispone di dati sul reddito lordo reale disponibile delle famiglie per BE, BG, EE, IE, EL, HR, LU, MT, PL; al 26 ottobre 2016 i dati relativi al rischio di povertà e di esclusione sociale e quelli dell'indicatore S80/S20 non sono disponibili per IE.

    Riquadro 1. Analisi comparativa e ricerca delle migliori pratiche nel mercato del lavoro

    La relazione dei cinque presidenti sottolineava la necessità di prestare un'attenzione maggiore all'occupazione e alla performance sociale, ribadendo che le sfide sono spesso simili negli Stati membri, anche se non c'è un modello da seguire "uguale per tutti".

    La comunicazione della Commissione dell'ottobre 2015 sulle tappe verso il completamento dell'Unione economica e monetaria 12 prevede di affrontare progressivamente i diversi settori strategici o tematici attraverso analisi comparative ed esami trasversali. Secondo la comunicazione "[...] L'esame trasversale mira a individuare le performance inadeguate e a sostenere la convergenza verso i paesi che hanno conseguito i risultati migliori in termini di mercati del lavoro, competitività, contesto imprenditoriale e pubbliche amministrazioni, così come per determinati aspetti della politica fiscale. [...] Gli indicatori di riferimento devono soddisfare in particolare due requisiti. In primo luogo, devono essere strettamente collegati alle leve politiche, in modo da avere implicazioni effettive e sostanziali. In secondo luogo, occorrono solide prove e un consenso sufficiente riguardo al loro rilevante contributo al conseguimento di obiettivi a più alto livello in termini di occupazione, crescita, competitività, inclusione e equità sociale o stabilità finanziaria".

    Se integrata da un'analisi economica di più ampio respiro, l'analisi comparativa può ispirare e rafforzare le riforme sostenendo il processo di apprendimento reciproco e di convergenza verso le migliori pratiche attuate con successo negli Stati membri.

    Dal marzo 2016 viene condotto un progetto pilota sull'analisi comparativa delle prestazioni di disoccupazione e delle politiche attive del mercato del lavoro. È stato sviluppato un approccio in tre fasi di concerto con gli Stati membri, tenendo conto dei quadri esistenti. In una prima fase vengono esaminate e discusse le sfide principali dell'ambito strategico in esame e viene individuata una serie di indicatori di risultato di alto livello. Nella seconda fase un insieme di indicatori chiave di performance consente di individuare le performance buone e quelle deboli. In una terza fase si individuano le principali leve politiche per assicurare una convergenza verso l'alto.

    Su tale base, nell'ambito delle prestazioni di disoccupazione e delle politiche attive del mercato del lavoro, sono stati identificati indicatori per le prime due fasi e, per quanto concerne la terza fase, sono state individuate quattro leve politiche al fine di consentire l'analisi comparativa: la durata, il livello e i criteri di ammissibilità per le prestazioni di disoccupazione e un principio strategico di accesso a un sostegno precoce, adeguato alla situazione delle singole persone sul mercato del lavoro. Dal settembre 2016 è inoltre in corso un esercizio di analisi comparativa delle competenze.



    2.    RIFORME OCCUPAZIONALI E SOCIALI - PERFORMANCE E AZIONE DEGLI STATI MEMBRI

    Questa sezione presenta una panoramica dei principali indicatori e delle principali misure occupazionali e sociali recentemente adottati dagli Stati membri negli ambiti prioritari individuati negli orientamenti dell'UE a favore dell'occupazione, adottati dal Consiglio nel 2015 13 e nuovamente adottati, senza modifiche, nel 2016 14 . Per ciascun orientamento sono presentati gli sviluppi recenti in relazione a una selezione di indicatori chiave nonché le misure strategiche adottate dagli Stati membri. La presente sezione si basa sui programmi nazionali di riforma degli Stati membri per il 2016 e su fonti della Commissione europea. Salvo diversa indicazione, nella relazione sono presentate solo le misure strategiche attuate dopo il giugno 2015. Per un'analisi dell'andamento recente del mercato del lavoro cfr. la relazione "Labour market developments and wages 2016" 15 ed "Employment and Social Developments in Europe Review 2016" 16 .

    2.1    Orientamento 5: rilanciare la domanda di lavoro 

    Questa sezione si sofferma sull'attuazione dell'orientamento n. 5 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di istituire condizioni che promuovano la domanda di lavoro e la creazione di posti di lavoro. Essa presenta innanzitutto gli indicatori in materia di imprenditorialità, che è una precondizione essenziale per la creazione di posti di lavoro, oltre ad essere di per sé fonte di crescita dell'occupazione (anche grazie al lavoro autonomo). La relazione passa quindi ad esaminare le principali determinanti macroeconomiche delle decisioni di assunzione, segnatamente l'andamento dei salari e del cuneo fiscale. La sezione 2.1.2 descrive le misure strategiche attuate dagli Stati membri in questi ambiti, compresi i sussidi all'assunzione non mirati (i sussidi mirati a gruppi svantaggiati specifici sono illustrati nella sezione 2.2.2).



    2.1.1    Indicatori chiave

    Le nuove imprese rappresentano un'importante fonte di creazione di posti di lavoro nell'Unione europea. Nel 2014 17 , alle imprese di recente costituzione era ascrivibile più del 4 % dell'occupazione totale 18 nel mondo delle imprese in paesi come Polonia, Lettonia, Portogallo, Lituania e Slovacchia. Le piccole e medie imprese (PMI) erano all'origine di quasi il 71 % della crescita complessiva dell'occupazione 19 . Queste cifre danno un'idea delle potenzialità di creazione di posti di lavoro che potrebbero realizzarsi se si abbattessero le barriere che ostacolano l'imprenditorialità e la crescita delle imprese 20 . Nel 2014 più di due terzi degli Stati membri hanno registrato un aumento del numero di nuove imprese costituite. Vi sono però differenze significative per quanto concerne il tasso di nascita delle imprese e le loro dimensioni medie (figura 7).

    Figura 7: tasso di nascita delle imprese e dimensioni medie alla nascita, economia delle aziende, 2014

    Fonte: Eurostat, demografia delle imprese. Nota: non sono disponibili dati per EL.

    Il lavoro autonomo sta nel complesso diminuendo, per lo più a causa di dinamiche settoriali, anche se nei vari paesi si osservano schemi estremamente diversi. Nel 2015 il tasso medio di lavoro autonomo è sceso dal 14,4 % al 14,1 %, il valore più basso dal 2008, laddove il lavoro autonomo si è contratto dello 0,4 % mentre l'occupazione complessiva è aumentata dell'1 % (cfr. sezione 1). Se si esclude il settore primario (agricoltura, silvicoltura e pesca), interessato da un calo strutturale, il numero di lavoratori autonomi si è ridotto solamente dello 0,1 % (invece dello 0,4 %) ed è rimasto superiore al livello del 2008. Resta il fatto però che nel 2015 il lavoro autonomo è aumentato in quasi la metà degli Stati membri e gli aumenti più significativi in termini assoluti sono stati registrati in Polonia, in Spagna e nei Paesi bassi. La percentuale di donne nel lavoro autonomo ha continuato la sua lenta ripresa passando dal 31,8 % del totale nel 2014 al 32,2 % nel 2015 (nel 2008 era pari al 30,4 %). Le donne rappresentano il 34,4 % dei lavoratori autonomi senza dipendenti (lavoratori in proprio) e il 43,9 % dei lavoratori in proprio con istruzione terziaria. Esse rappresentano però soltanto circa il 26 % di tutti i lavoratori autonomi con dipendenti.

    Aumenta il lavoro autonomo delle persone nate fuori dal paese. Anche se l'89 % di tutti i lavoratori autonomi è nato nello Stato membro in cui esercita la propria attività, le dinamiche sono estremamente diverse. Nel 2015 in questo gruppo è stato registrato un calo dell'1 % rispetto ad aumenti del 2,7 % e del 4,7 % tra le persone nate, rispettivamente, in altri Stati membri e al di fuori dell'UE. Per quest'ultimo gruppo aumenti di particolare rilievo (più del 5 %) sono stati registrati in Lussemburgo, Irlanda, Cipro, Belgio, Austria, Regno Unito e Svezia.

    Nel 2015 la crescita media dei salari nell'UE ha registrato una lieve accelerazione, ma è rimasta moderata nella zona euro. Nell'UE la retribuzione nominale per dipendente è aumentata del 3,2 % nell'UE (rispetto all'1,6 % del 2014), mentre è rimasta leggermente al di sopra dell'1 % nella zona euro (figura 8). Assieme a un'inflazione pari quasi zero, questi aumenti nominali dei salari si sono tradotti quasi completamente in aumenti reali. Questa tendenza è in linea con la contrazione generale della disoccupazione anche se, esaminando i singoli paesi, emergono schemi estremamente diversi. Gli aumenti salariali sono stati più rapidi nei paesi Baltici (soprattutto in Lettonia), dove hanno superato la crescita della produttività del lavoro. Anche Svezia, Romania, Polonia e Ungheria hanno registrato una crescita relativamente elevata della retribuzione (reale) per lavoratore, anche se (tranne nel caso dell'Ungheria) tale crescita è più strettamente legata all'andamento della produttività. Di converso, Grecia, Cipro, Portogallo e Croazia hanno presentato perdite in termini nominali, anche se più limitate rispetto agli anni precedenti. Gli aumenti di stipendio nei paesi della zona euro sono stati tendenzialmente più bassi rispetto alle economie non appartenenti alla zona euro.

    Figura 8: salari, produttività e inflazione - variazioni 2014/15

    Fonte: Eurostat. Nota: la crescita del valore aggiunto per lavoratore non è indicata per IE (23,1 %).

    L'onere fiscale sul lavoro rimane ampiamente stabile in Europa, con differenze significative tra gli Stati membri. Se si guarda a singoli lavoratori che percepiscono il salario medio (figura 9), il cuneo fiscale 21 varia tra meno del 30 % in Irlanda e Malta e più del 50 % in Belgio, Ungheria, Germania, Austria, Francia e Italia. Un'analoga dispersione è osservabile per i lavoratori dal reddito più basso (che, secondo la definizione, sono coloro che percepiscono il 67 % del salario medio), anche se emergono schemi diversi per paese per quanto concerne la progressività delle aliquote fiscali. Tra il 2014 e il 2015 il cuneo fiscale medio è rimasto per lo più stabile, anche se diversi Stati membri ne hanno ridotto l'incidenza sui costi del lavoro (Spagna, Grecia ed Estonia nonché la Francia per quanto concerne i lavoratori a basso reddito, di circa 1 punto percentuale). In Portogallo è stato invece constatato un aumento significativo (negli ultimi anni questo paese ha registrato il maggiore aumento del cuneo fiscale sui redditi medi).

    Figura 9: cuneo fiscale sul lavoro, livello nel 2015 e variazione 2014/15

    Fonte: banca dati CE-OCSE dei regimi fiscali e previdenziali. Nota: i dati riguardano le famiglie monoreddito (senza figli). Per il 2015 mancano i dati dei paesi contrassegnati con *.

    2.1.1    Risposta strategica

    Diversi Stati membri hanno fatto ricorso a sussidi all'occupazione per sostenere l'occupazione e la creazione di posti di lavoro. La maggior parte delle misure in questo ambito sono destinate a gruppi specifici che hanno problemi ad integrarsi nel mercato del lavoro (ad esempio giovani, anziani, disoccupati di lungo periodo, rifugiati, ecc.). Tali misure comportano spesso la concessione di incentivi finanziari (ovvero riduzioni di imposta/degli oneri sociali) ai datori di lavoro affinché assumano lavoratori che rientrano nelle categorie destinatarie. Nel periodo di riferimento (a partire dalla seconda metà del 2015; cfr. la dichiarazione introduttiva della sezione 2), sussidi all'assunzione mirati sono stati introdotti da Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Cipro, Malta, Paesi Bassi, Austria, Slovenia e Slovacchia (ulteriori dettagli sono reperibili nella sezione 2.2 della relazione in cui si tratta dei gruppi destinatari specifici). Alcuni paesi hanno tuttavia introdotto (o intendono introdurre) anche sussidi all'assunzione non mirati, vale a dire sussidi esenti da condizioni specifiche di ammissibilità, di solito al fine di promuovere l'occupazione a tempo indeterminato. La Francia, ad esempio, ha introdotto un premio di 4 000 EUR concesso nell'arco di due anni per l'assunzione, da parte di una PMI (fino a 249 dipendenti), di un lavoratore pagato fino a 1,3 volte il salario minimo o assunto con contratto a tempo indeterminato o con contratto di almeno sei mesi. In Italia gli incentivi per l'assunzione a tempo indeterminato introdotti nel 2015 con il Jobs Act sono stati mantenuti nel 2016, ma ad importi ridotti e per soli due anni (invece di tre). Il Portogallo sta esaminando con le parti sociali potenziali misure volte a incentivare le imprese ad assumere con contratti a tempo indeterminato, come per esempio modifiche degli oneri sociali per scoraggiare l'abuso dei contratti a tempo determinato e/o incentivi finanziari alle imprese che trasformano i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. La Finlandia intende introdurre la possibilità di utilizzare le prestazioni di disoccupazione quali compensazioni salariali al fine di rendere l'assunzione di un disoccupato più interessante per i datori di lavoro.

    Alcuni Stati membri stanno operando per promuovere l'imprenditorialità e le start-up, soprattutto tra i giovani. Alcuni paesi hanno attuato misure volte a sostenere la creazione di imprese sociali. In particolare, l'Ungheria ha introdotto attività di formazione e un sostegno finanziario a favore dei giovani imprenditori, nel contesto della garanzia per i giovani, e delle imprese sociali (anche attraverso compensazioni salariali temporanee legate all'occupazione e destinate ai lavoratori svantaggiati). La Lettonia sta sviluppando un nuovo quadro normativo per l'imprenditorialità sociale e ha introdotto un sostegno alle imprese sociali volto ad accrescere le opportunità di occupazione per i gruppi svantaggiati. Il Belgio e l'Irlanda hanno introdotto incentivi fiscali per i lavoratori autonomi. Nell'ambito di una proposta volta ad utilizzare le prestazioni di disoccupazione ai fini dell'attivazione delle persone in cerca di lavoro, la Finlandia prevede di fornire alle start-up sovvenzioni (destinate anche ai giovani che lavorano come imprenditori a tempo parziale) e compensazioni salariali, soprattutto per l'assunzione del primo dipendente. La Grecia attua programmi a sostegno delle start-up e del lavoro autonomo tra i diplomati dell'istruzione terziaria.

    In diversi Stati membri la costante ripresa dell'occupazione nel 2015 e nel 2016 è stata sostenuta da misure volte a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, spesso destinate ai redditi più bassi. Le riforme fiscali erano incentrate sul reddito da lavoro delle persone fisiche nell'intento di aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori a basso reddito, questo al fine di accrescere gli incentivi a lavorare, affrontando nel contempo la povertà lavorativa. Misure volte a ridurre l'imposta sul reddito delle persone fisiche attraverso riduzioni dell'aliquota fiscale o modifiche dei crediti di imposta e/o degli scaglioni di imposta sono state attuate in Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Regno Unito. Il Belgio ha coniugato una riduzione dell'aliquota fiscale con un aumento del tetto delle spese fiscalmente deducibili. L'Estonia ha adottato un sistema di rimborsi di imposta volto ad affrontare la povertà lavorativa ed ha aumentato la franchigia fiscale. In Irlanda il bilancio 2016 ha introdotto un'estensione dei crediti di imposta sui redditi e una riduzione del contributo sociale universale (Universal Social Charge), e ulteriori tagli sono annunciati per il 2017. Nei Paesi Bassi un piano di riduzione di imposta del valore di 5 miliardi di EUR intende incrementare il salario netto dei lavoratori attraverso una riduzione degli scaglioni di imposta e un aumento dei crediti di imposta. La Danimarca e la Lituania intendono introdurre riforme volte a ridurre e/o modificare l'imposta sul reddito delle persone fisiche.

    In un numero limitato di Stati membri è stato possibile tagliare il cuneo fiscale attraverso riduzioni generali o mirate degli oneri sociali. Misure di tal genere sono state adottate ad esempio in Belgio, Estonia, Francia e nel Regno Unito. In Belgio gli oneri sociali a carico del datore di lavoro diminuiranno progressivamente tra il 2016 e il 2019, sostituendosi via via alle attuali compensazioni salariali. Verranno ampliate le riduzioni specifiche per le PMI e i lavoratori autonomi. In Francia dall'aprile 2016 si applica una riduzione di 1,8 punti percentuali sugli oneri sociali (familiari) a carico del datore di lavoro per i salari compresi tra 1,6 e 3,5 volte il salario minimo. La Francia prevede inoltre di aumentare il credito di imposta per la competitività e l'occupazione (CICE), che ammonta attualmente al 6 % del libro paga di un'impresa limitatamente ai salari fino a 2,5 volte il salario minimo. In Finlandia l'accordo per la competitività, firmato dalle parti sociali nel marzo 2016, si prefigge una riduzione una tantum dei costi del lavoro del 5 % (stime recenti valutano questa riduzione a circa il 3 %), da ottenersi attraverso uno slittamento degli oneri sociali dai lavoratori ai datori di lavoro unitamente ad altre misure (tra cui un aumento dell'orario di lavoro, cfr. la sezione 2.3).

    In linea con le tendenze degli ultimi anni diversi Stati membri stanno modernizzando i loro sistemi di determinazione dei salari onde rapportare meglio la retribuzione all'andamento della produttività. La Finlandia ha aumentato le possibilità di contrattazione collettiva a livello di impresa poiché i contratti collettivi settoriali possono contenere una "clausola di crisi", che determina quando sono possibili deroghe ai contratti collettivi su questioni come i salari e gli orari di lavoro. Tutti i datori di lavoro, compresi quelli che non aderiscono ad un'associazione di categoria, potranno inoltre raggiungere un accordo a livello locale in linea con le disposizioni del contratto collettivo (cfr. anche la sezione 2.3 della relazione sul dialogo sociale, anche per quanto concerne i tentativi francesi di semplificazione a livello di impresa). L'Irlanda ha ripristinato il proprio quadro di determinazione settoriale dei salari, importanti aspetti del quale erano stati giudicati incostituzionali dalla Corte suprema nel 2013, contemplando nuove norme per l'estensione dei contratti collettivi a tutti i lavoratori di un determinato settore. L'Irlanda ha introdotto nella legislazione una definizione più precisa del termine di contrattazione collettiva per chiarire le condizioni alle quali il tribunale del lavoro ha il potere di comporre le vertenze collettive di lavoro nel caso in cui in un'impresa non venga applicata la contrattazione collettiva. In Belgio il ministro federale dell'Economia e del lavoro ha presentato una proposta di legge per riformare la legge del 1996 sulla competitività, proposta che deve essere discussa con le parti sociali, al fine di disporre di un nuovo quadro di contrattazione collettiva entro la fine del 2016. 

    Alcuni Stati membri hanno adottato provvedimenti per riformare i loro quadri in materia di salari minimi con l'obiettivo di migliorare la trasparenza e/o la prevedibilità dei loro adeguamenti. L'Irlanda ha ad esempio creato nel 2015 una "Low Pay Commission" (commissione sui salari minimi), che rappresenta lavoratori dipendenti, datori di lavoro ed esperti indipendenti, con lo scopo di formulare raccomandazioni annuali al governo sull'aliquota del salario minimo nazionale e su questioni attinenti. In seguito alle raccomandazioni di questa commissione di recente istituzione il salario minimo legale è stato aumentato a partire dal gennaio 2016. In Bulgaria il governo prevede di stabilire, verso la fine del 2016, i criteri del meccanismo di determinazione del salario minimo, tenendo conto dell'andamento della produttività (e, in certi casi, anche dell'andamento della povertà). Alcuni altri paesi hanno esteso la copertura o l'adeguatezza del salario minimo. In particolare, nel luglio 2016 la Polonia ha introdotto un salario minimo per il contratto di mandato di diritto civile e per i lavoratori autonomi, che entrerà in vigore nel 2017. Nell'aprile 2016 nel Regno Unito è stato introdotto un nuovo "National Living Wage" (NLW- salario di sussistenza nazionale), che determina un aumento sostanziale del "National Minimum Wage" (NMW – salario minimo nazionale) per i lavoratori di età pari o superiore a 25 anni. Il governo del Regno Unito prevede che entro il 2020 l'NLW raggiunga il 60 % delle retribuzioni mediane. In Slovenia, nel novembre 2015 il parlamento ha varato una legge che ridefinisce il salario minimo escludendo le indennità per il lavoro notturno, il lavoro domenicale e il lavoro nei giorni festivi (il cui importo deve essere determinato nei contratti collettivi).

    2.2    Orientamento 6: rafforzare l'offerta di lavoro, le qualifiche e le competenze

    Questa sezione si sofferma sull'attuazione dell'orientamento n. 6 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di istituire condizioni che promuovano l'offerta di lavoro, le qualifiche e le competenze. Essa presenta innanzitutto indicatori dell'impatto che il sistema di istruzione e formazione esercita sull'occupabilità della forza lavoro (padronanza delle competenze di base, partecipazione all'apprendimento permanente e transizioni dalla scuola al lavoro per diversi tipi di piani di studi), per poi esaminare i risultati raggiunti da diversi gruppi svantaggiati sul mercato del lavoro (ad esempio giovani, lavoratori anziani, persone provenienti da un contesto migratorio, donne e disoccupati di lungo periodo). La sezione 2.2.2 fa il punto sulle misure strategiche adottate dagli Stati membri in questi ambiti tra cui i sussidi all'assunzione (mirati) e le misure rivolte ai gruppi svantaggiati, tra cui rientrano anche le persone con disabilità.

    2.2.1    Indicatori chiave

    Gli indicatori relativi al livello di istruzione hanno continuato a salire nel 2015. Continuando la tendenza dell'ultimo decennio il tasso di abbandono scolastico si è ridotto nella maggior parte degli Stati membri, calando in media di 0,2 punti percentuali nel 2015 per arrivare all'11,0 %. Si continuano tuttavia a registrare livelli prossimi al 20 % in Spagna, Malta e Romania e altri sei Stati membri si situano al di sopra dell'obiettivo del 10 % fissato dalla strategia Europa 2020. I tassi di abbandono scolastico sono elevati tra gli alunni rom e tra gli alunni provenienti da un contesto migratorio, in particolare quelli nati all'estero. Anche il livello di istruzione terziaria tra le persone nella fascia di età compresa tra i 30 e i 34 anni ha registrato un aumento costante e significativo. Il tasso attualmente si situa al 38,7 %, con un aumento di 0,8 punti percentuali nel solo 2015 e 17 Stati membri con valori superiori all'obiettivo del 40 % fissato da Europa 2020.

    I livelli di istruzione terziaria sono significativamente più elevati tra le donne e più bassi tra gli studenti provenienti da un contesto migratorio. In certi ambiti di studio continuano tuttavia a sussistere squilibri di genere poiché gli uomini costituiscono una minoranza dei laureati in discipline mediche ed educative mentre le donne sono sottorappresentate nelle scienze e nell'ingegneria. Il contesto di provenienza dei genitori continua a influenzare la partecipazione all'istruzione superiore 22 . Il recente afflusso di un gran numero di giovani richiedenti asilo renderà necessari interventi per offrire loro buone prospettive di avviamento all'istruzione e alla formazione onde promuoverne l'integrazione nella società e nel mercato del lavoro in Europa 23 .

    Nonostante questo aumento sussistono ampie disparità all'interno degli Stati membri e tra di essi per quanto concerne l'acquisizione di competenze di base come le competenze alfabetiche e aritmetico-matematiche e le conoscenze scientifiche (figura 10). Secondo l'indagine sulle competenze di base condotta nel quadro del Programma per la valutazione internazionale degli studenti 2012 (PISA) dell'OCSE, il 22,1 % degli studenti europei quindicenni presentava risultati mediocri in matematica, il 17,8 % nella lettura e il 16,6 % nelle scienze. Una situazione di svantaggio socioeconomico, il sussistere di bisogni educativi speciali e la provenienza da un contesto migratorio 24 sono i fattori più significativi associati a risultati mediocri nelle competenze di base. Le scuole che ospitano un numero più elevato di studenti svantaggiati sul piano socioeconomico tendono a disporre di risorse di qualità relativamente inferiore. Dai dati di PISA emerge tuttavia che l'assegnazione delle risorse influisce anche sulla performance del sistema di istruzione nel suo insieme e, in particolare, sull'uguaglianza nell'istruzione: tra i vari paesi i risultati in matematica sono migliori allorché le risorse sono distribuite in modo più equo tra le scuole 25 e le economie più efficienti tendono a distribuire le risorse in modo più equo tra tutte le scuole, indipendentemente dal loro profilo socioeconomico.

    Figura 10: proporzione di adulti con risultati mediocri nelle competenze di base

    Fonte: "Skills Matter", edizioni OCSE, 2016.

    In Europa è anche elevato il numero di adulti sprovvisti del livello minimo di competenze necessarie per partecipare efficacemente alla vita socioeconomica. Ciò è dovuto in parte agli abbandoni e agli insuccessi scolastici in giovane età nonché all'obsolescenza delle competenze più avanti nel corso della vita e alla scarsa partecipazione all'apprendimento in età adulta. L'indagine 2012 dell'OCSE sulle competenze della popolazione adulta ("Survey of Adult Skills" - PIAAC) ha riscontrato che in Italia, Spagna e Grecia un terzo o più degli adulti in età lavorativa presenta livelli bassi di padronanza delle competenze alfabetiche e/o aritmetico-matematiche. Il livello di istruzione è il migliore indicatore delle competenze: il 51 % degli adulti con competenze alfabetiche e/o aritmetico-matematiche scarse non ha raggiunto una qualifica di istruzione secondaria di secondo grado. Gli adulti sprovvisti di un livello minimo di competenze si trovano a loro volta ad affrontare sfide occupazionali: in ogni Stato membro dell'UE i tassi di occupazione degli adulti scarsamente qualificati sono notevolmente più bassi (e i tassi di disoccupazione più alti) rispetto agli adulti che dispongono di qualifiche medio-alte.

    Nell'UE il tasso medio di partecipazione degli adulti all'apprendimento si situava al 10,7 % nel 2014 e non ha registrato aumenti nel 2015, nonostante la varietà di esigenze in rapida evoluzione. In particolare, coloro che hanno lasciato l'istruzione o la formazione iniziale senza conseguire un livello adeguato di competenze di base devono avere l'opportunità di acquisirle più avanti nel corso della vita. Il miglioramento del livello delle competenze e la riconversione professionale assicurano che le competenze rimangano pertinenti e aggiornate. Rispetto al 2010 i tassi di partecipazione degli adulti all'apprendimento hanno registrato un calo in 12 Stati membri e sono rimasti stabili in altri, fatta eccezione per Lussemburgo, Francia e Ungheria (figura 11), con aumenti significativi per gli ultimi due paesi. Gli adulti scarsamente qualificati hanno inoltre la metà delle probabilità di partecipare alle attività di formazione rispetto alla popolazione in generale e il divario si è allargato ulteriormente tra il 2012 e il 2015. 

    Figura 11: partecipazione all'apprendimento permanente nell'UE-28

    Fonte: Eurostat (Indagine sulle forze di lavoro). Codice dati online: tesem250. Nota: l'indicatore coglie il tasso di partecipazione all'istruzione e alla formazione formale e non formale (ultime quattro settimane) delle persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni.

    La pertinenza dell'istruzione per il mercato del lavoro è essenziale per accrescere la capacità dei giovani di trovare un lavoro e contribuire efficacemente alla crescita dell'economia. Nell'UE il tasso medio di occupazione dei neodiplomati dell'istruzione superiore è dell'81,9 %, mentre per le persone in possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado il tasso è del 70,8 %. Il divario è maggiore negli Stati membri che presentano tassi complessivi di occupazione giovanile più bassi (figura 12).

    Un'efficace istruzione e formazione professionale (IFP) aiuta anche nella transizione verso il mercato del lavoro, promuovendo le competenze professionali specifiche e trasversali. I neodiplomati con qualifiche IFP a livello secondario di secondo grado e post secondario non terziario godono in generale di una transizione più agevole dal mondo dell'istruzione al mercato del lavoro e presentano tassi di occupazione più elevati rispetto ai diplomati di percorsi educativi generali con livelli di istruzione comparabili (figura 13).

    Figura 12: tasso di occupazione dei neodiplomati dell'istruzione secondaria e terziaria (2015)

    Fonte: Eurostat (Indagine sulle forze di lavoro). Nota: tasso di occupazione dei diplomati dell'istruzione superiore (ISCED 5-8) e dell'istruzione secondaria di secondo grado (ISCED 3-4) di età compresa tra i 20 e i 34 anni che si sono diplomati da 1 a 3 anni prima dell'anno di riferimento e che non sono attualmente iscritti a nessun tipo di istruzione o formazione formale o non formale.

    Nonostante i suoi effetti positivi, l'IFP iniziale non esercita tuttavia ancora la stessa attrattiva dei percorsi educativi generali e il numero medio di iscritti è rimasto stabile nell'ultimo decennio. A livello di UE la percentuale di studenti dell'IFPI rispetto alla popolazione complessiva di studenti dell'istruzione secondaria di secondo grado è del 48 %, mentre la quota di tutti gli studenti che partecipano a un programma professionale a livello secondario di secondo grado, post secondario non terziario e terziario a ciclo breve (ISCED 3-5) è pari al 39 %. I programmi formali dell'IFP attirano inoltre gli studenti maturi: il 36,6 % degli studenti dell'IFP nell'UE aveva 20 anni o più, un'età quindi più avanzata rispetto all'età tipica per l'istruzione secondaria, e molti di loro ritornavano all'IFP dopo una battuta d'arresto nel loro percorso educativo. A questo gruppo appartiene oltre la metà di tutti gli studenti dell'IFP in Danimarca, Irlanda, Spagna e Finlandia.

    Nel complesso il tasso di disoccupazione giovanile si è ridotto a partire da un picco di quasi il 24 % nel 2013 per arrivare al 20,3 % nel 2015, ma continua ad essere superiore di quasi 4,4 punti percentuali rispetto al 2008. Nel primo semestre del 2016 alcuni Stati membri registravano ancora livelli prossimi o superiori al 40 % (Italia, Spagna e Grecia) senza cali significativi, anche se altri Stati membri fortemente colpiti dal fenomeno hanno visto miglioramenti significativi (in particolare Cipro e Croazia). La dispersione della disoccupazione giovanile tra gli Stati membri rimane elevata , anche se cala col tempo (cfr. la figura 14, in cui la diagonale indica una correlazione negativa tra le variazioni e i livelli della disoccupazione giovanile).

    Figura 13: tassi di occupazione per i diversi piani di studi (post) secondari (2015).

    Fonte: Eurostat (Indagine sulle forze di lavoro, 2015). L'indicatore misura i tassi di occupazione delle persone di età compresa tra i 20 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione da 1 a 3 anni prima dell'indagine conseguendo un diploma di istruzione secondaria di secondo grado (ISCED 3) o di istruzione post secondaria non terziaria (ISCED 4) rispetto alle persone della stessa fascia di età attualmente non iscritte a nessun tipo di istruzione o formazione permanente formale o non formale. Interruzioni nelle serie temporali per LU e HU, dati non affidabili per i diplomati dell'istruzione generale in CZ, EE, HR, AT e SI e per i diplomati dell'IFP in LU.

    Figura 14: tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) e variazione annua secondo il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro (calcoli della DG EMPL). Periodo: livelli del 1º semestre 2016 e variazioni annue rispetto al 1º semestre 2015. Nota: gli assi sono centrati sulla media non ponderata dell'UE. La legenda figura nell'allegato.

    Oltre ai disoccupati, una quota stabile di giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è inattiva e non studia né frequenta corsi di formazione. Nel 2015 nell'UE un totale di 6,6 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni non studiavano, non frequentavano corsi di formazione e non lavoravano (NEET). Ciò corrisponde al 12,0 % della popolazione in quella fascia di età, in aumento rispetto al 10,9 % del 2008 ma in calo rispetto al picco del 13,2 % registrato nel 2012. Come si può vedere nella figura 15, in diversi paesi (Croazia, Bulgaria, Italia e Romania, quest'ultima addirittura interessata da un aumento sostanziale nel 2015) si registrano ancora tassi elevati di NEET, prossimi o superiori al 20 %. I tassi di NEET hanno registrato aumenti significativi anche in Danimarca, Finlandia, Francia e Slovacchia. La metà dei NEET erano inattivi, con variazioni sostanziali tra gli Stati membri; questa quota è tuttavia stabile a livello di UE (figura 16). Tra i NEET donne l'inattività è più frequente della disoccupazione, mentre per gli uomini vale l'opposto.

    Figura 15: tasso di NEET (15-24 anni) e variazione annua secondo il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali


    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro (calcoli della DG EMPL). Discontinuità nelle serie di dati per FR ed ES. Periodo: livelli 2015 e variazioni annue rispetto al 2014. Nota: gli assi sono centrati sulla media non ponderata dell'UE. La legenda figura nell'allegato.

    Figura 16: profilo dei NEET (15-24 anni), 2015 (%)

    Fonte: Eurostat [edat_lfse_20].

    Nonostante un incremento sensibile del tasso di occupazione dei lavoratori anziani nell'ultimo decennio, in diversi paesi e nonostante il fatto che i lavoratori anziani abbiano superato la crisi relativamente meglio delle altre fasce di età, il potenziale di aumento in questo ambito resta elevato.. Gli sviluppi demografici rendono ancora più necessario un invecchiamento attivo. Nel 2015 il tasso di occupazione dei lavoratori anziani (55-64 anni) andava dal 34,3 % in Grecia al 74,5 % in Svezia, mentre la media dell'UE si situava al 53,3 % e si registravano livelli inferiori al 40 % in quattro paesi. Il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni è in fase di lento recupero, ma nel 2015 continua a rimanere inferiore, con una percentuale del 46,9 %. Il divario di genere è significativo anche per quanto concerne la durata della vita lavorativa poiché le donne partecipano al mercato del lavoro in media 5,1 anni in meno rispetto agli uomini (32,7 contro 37,8 anni nel 2014) (figura 17). Questo divario medio cela variazioni sostanziali tra gli Stati membri ed è attribuibile a molteplici cause, tra cui ostacoli quali un accesso insufficiente ai servizi di assistenza ed età pensionabili più basse per le donne che per gli uomini (per un'analisi dettagliata si veda oltre).

    Figura 17: durata media della vita lavorativa, 2014

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro.

    Dai dati emergono anche notevoli divari nei tassi di attività e di occupazione delle persone con disabilità 26 . Si prevede inoltre che nell'UE il loro numero aumenti a causa dell'invecchiamento della popolazione, passando da 80 milioni a 120 milioni nel 2020. Nel 2014 il divario nei tassi di attività (fascia di età dai 20 ai 64 anni) tra le persone con e senza disabilità nell'UE ammontava a 21,1 punti percentuali (60,6 % contro 81,7 %) e il divario occupazionale arrivava a 23,8 punti percentuali (48,7 % contro 72,5 %). In particolare, in Lituania, Irlanda e Malta il divario occupazionale era vicino a 40 punti percentuali e in 12 paesi era superiore a 30 punti percentuali. Il tasso di occupazione delle persone con disabilità basato su dati UE-SILC 2014 è inferiore al 30 % in Grecia, Irlanda, Malta e Croazia. Le persone con disabilità di solito escono prima dal mercato del lavoro e il loro tasso di disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 55 64 anni è estremamente basso, pari al 34,5 %.

    Anche la popolazione nata al di fuori dell'UE presenta tassi di attività e di occupazione inferiori alla media, che si traducono mediamente in un divario nei tassi di attività di 4,2 punti percentuali rispetto alla popolazione autoctona (fascia di età dai 20 ai 64 anni), divario che raggiunge però più di 10 punti percentuali in sette Stati membri (figura 18). Questo divario nei tassi di attività è ancora più alto per le donne. Il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE è inoltre in media di 10,4 punti percentuali inferiore a quello degli autoctoni, ma tale divario raggiunge circa 20 punti percentuali in tre Stati membri e supera i 15 punti percentuali in altri quattro, anche in questi casi con un divario maggiore per le donne. In media il tasso di occupazione delle donne nate al di fuori dell'UE è di 13,5 punti percentuali inferiore a quello delle donne autoctone. Criticità persistono spesso anche nella seconda generazione: le persone (fascia di età dai 25 ai 54 anni) nate nell'UE da genitori nati al di fuori dell'UE hanno un tasso di occupazione inferiore di 5,7 punti percentuali e un tasso di attività inferiore di 3,7 punti percentuali rispetto a coloro che avevano almeno un genitore autoctono.

    Figura 18: tasso di occupazione per paese di nascita, fascia di età dai 20 ai 64 anni, 2015 e variazione dal 2008

    Fonte: Eurostat; per DE non esiste una ripartizione per i nati al di fuori dell'UE, ma dall'esame del divario tra i cittadini autoctoni e i cittadini di paesi terzi emerge che questo raggiunge 22,6 punti percentuali

    I risultati dei migranti sul mercato del lavoro sono influenzati da diversi fattori. Al di là dei fattori esplicativi tradizionali come età, sesso, livello di istruzione o esperienza professionale, i risultati sono anche determinati da fattori specifici in materia di padronanza della lingua del paese ospitante e di trasferibilità delle competenze e dell'istruzione acquisite all'estero. Anche il fatto che la migrazione faccia seguito a un ricongiungimento familiare o abbia origini economiche o umanitarie è rilevante, in parte perché influisce sulle caratteristiche citate sopra ma anche perché implica capacità diverse di integrazione ed evoca la necessità di misure di integrazione specifiche. Anche se si tiene conto di queste differenze, sussiste tuttavia un divario nella probabilità di trovare lavoro 27 . Ciò è parzialmente riconducibile a pratiche discriminatorie o al mancato riconoscimento delle qualifiche, ma anche ad altre caratteristiche che sfuggono alle indagini come ad esempio la regione di origine, che può ad esempio influire sui ruoli di genere e quindi sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Queste sfide possono farsi più pronunciate in considerazione dell'afflusso senza precedenti di persone in cerca di asilo che, nel solo 2015 e nel primo semestre del 2016, hanno presentato 1,8 milioni di domande di asilo 28 .

    In tutti gli Stati membri i tassi di occupazione delle donne sono inferiori a quelli degli uomini, ma con ampie variazioni all'interno dell'UE. Nel 2015 il tasso di occupazione degli uomini (fascia di età dai 20 ai 64 anni) nell'UE era del 75,9 %, mentre quello delle donne raggiungeva soltanto il 64,3 % (figura 19), nonostante il fatto che le donne siano sempre più qualificate e superino spesso gli uomini in termini di livello di istruzione. Nel 2015 il 43,4 % delle donne (fascia di età dai 30 ai 34 anni) aveva un livello di istruzione terziario rispetto al 34 % degli uomini. In otto Stati membri, la maggior parte dei quali sono alle prese con un grave invecchiamento demografico, il tasso di occupazione femminile è del 60 % o inferiore e si osserva un forte divario di genere nei livelli di occupazione 29 . Questo divario nei livelli di occupazione tra uomini e donne (15-64 anni) è particolarmente accentuato tra i rifugiati (17 punti percentuali) e i migranti (19 punti percentuali).

    Figura 19:    tasso di occupazione della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni e percentuale dei lavoratori a tempo parziale ripartita per sesso nel 2015

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro. Nota: quota di lavoratori a tempo parziale rispetto alla popolazione attiva totale per ciascun sesso. I paesi sono indicati secondo l'ordine crescente del tasso di occupazione femminile.

    I divari di genere nell'occupazione sono particolarmente pronunciati tra i genitori poiché è maggiore la probabilità che siano le donne a farsi carico delle responsabilità di cura dei figli. In media il tasso di occupazione delle donne con un figlio in tenera età è di 8 punti percentuali inferiore rispetto al tasso di occupazione delle donne senza figli in tenera età e in alcuni paesi tale differenza supera i 30 punti percentuali (Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria). In tutti gli Stati membri dell'UE è invece più probabile che i padri lavorino rispetto agli uomini senza figli. Nei paesi che dispongono di misure ben concepite ed equamente condivise tra uomini e donne per assicurare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata (segnatamente in Svezia e in Danimarca), i tassi di occupazione delle madri tendono a essere più elevati di quelli delle donne senza figli. Il divario nel tasso di occupazione è particolarmente marcato nel caso delle madri scarsamente qualificate e dei genitori soli 30 .

    Le donne tendono inoltre ad assumersi maggiori responsabilità di assistenza nel lungo termine e incontrano forti disincentivi finanziari nel momento in cui accedono al mercato del lavoro o desiderano lavorare di più. Sono quindi maggiori le probabilità che riducano l'orario di lavoro o escano del tutto dal mondo del lavoro. Nel 2015 più del 25 % della popolazione femminile inattiva (fascia di età dai 20 ai 64 anni) era inattiva a causa delle responsabilità familiari (tra cui la cura dei figli e l'assistenza a familiari adulti non autonomi) in Ungheria, Irlanda, Slovacchia, Estonia, Repubblica ceca e Regno Unito. Nell'ambito di alcuni regimi fiscali e previdenziali le prestazioni in denaro e il sostegno fiscale riducono gli incentivi finanziari a lavorare per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare, ostacolando così la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. I costi elevati dell'assistenza all'infanzia possono rappresentare un ulteriore fattore disincentivante per la persona che costituisce la seconda fonte di reddito familiare a iniziare o a ritornare a lavorare. Ciò vale in particolare per il Regno Unito e l'Irlanda, paesi in cui i costi dell'assistenza all'infanzia rappresentano in media più del 23 % del reddito netto delle famiglie. Per l'UE nel suo insieme nel 2014 soltanto il 28 % dei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni sono stati affidati a servizi di assistenza formali, mentre per i bambini di età compresa tra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico la percentuale era dell'83 %. Ai tassi di occupazione femminile più bassi si aggiunge pertanto una forte percentuale di occupazione a tempo parziale: il 31,9 % delle donne nel mondo del lavoro rispetto al solo 8,3 % degli uomini. Ciò vale ancor più per i genitori, tra cui si registra un 40,5 % di madri che lavorano a tempo parziale rispetto al 5,7 % di padri.

    Figura 20: divario retributivo di genere, non aggiustato, nel 2008 e nel 2014

    Fonte: Eurostat. Nota: le cifre indicano la differenza tra la retribuzione oraria lorda media delle donne e degli uomini in percentuale della retribuzione oraria lorda media degli uomini (dipendenti salariati), differenza non aggiustata in base alle caratteristiche personali o professionali. Fonte: Eurostat. Industria, costruzioni e servizi (escluse la pubblica amministrazione, la difesa e l'assicurazione sociale obbligatoria). Nel 2014 non sono disponibili dati per la Grecia e l'Irlanda.

    Oltre a presentare tassi modesti di occupazione equivalente a tempo pieno, le donne sono esposte anche a un notevole divario retributivo. Nel 2014 esso era pari al 16,6 % nell'UE, con forti variazioni tra gli Stati membri (cfr. figura 20) 31 . Diverse possono essere le ragioni che sottendono il divario retributivo di genere, come ad esempio differenze nell'esperienza di lavoro, nell'orario di lavoro, nel tipo di lavoro o nel settore di impiego. Per l'UE nel suo insieme la segregazione del mercato del lavoro 32 è relativamente elevata; la segregazione occupazionale raggiunge il 25,3 % e la segregazione settoriale il 18,3 % 33 . Le donne tendono a lavorare in settori in cui la retribuzione è relativamente più bassa 34 , sono meno presenti nelle posizioni dirigenziali e sono più rappresentate degli uomini nel lavoro a tempo parziale, la cui retribuzione oraria è inferiore a quella del lavoro a tempo pieno. In quasi tutte le professioni si riscontrano divari retributivi di genere che avvantaggiano gli uomini 35 . Possono inoltre contribuire al divario retributivo di genere altri fattori che sfuggono all'osservazione, come ad esempio la discriminazione. La retribuzione più bassa, l'orario di lavoro più breve e la durata più limitata delle carriere delle donne incidono negativamente sul loro reddito complessivo e sui loro diritti a pensione 36 . 

    Tra il 2014 e il 2015 la disoccupazione di lungo periodo si è ridotta nella maggior parte degli Stati membri, ma continua a rappresentare una sfida importante: più di 10,3 milioni (primo trimestre 2016) di europei cercano lavoro da più di un anno, 6,5 milioni dei quali cercano lavoro da più di due anni. In percentuale della popolazione attiva la disoccupazione di lungo periodo è aumentata nel 2015 in Austria, Belgio, Croazia, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Romania e Svezia mentre è calata, in certi casi in modo significativo, nella maggior parte degli Stati membri duramente colpiti (figura 21). La disoccupazione di lunga durata supera però ancora il 10 % in Grecia, Spagna e Croazia e il 5 % in Slovacchia, Portogallo, Italia, Cipro, Bulgaria e Irlanda. Con l'aumento della durata della disoccupazione peggiorano i legami col mercato del lavoro e si riduce drasticamente la probabilità di ritrovare un posto di lavoro stabile, mentre cresce il rischio di inattività a causa della sempre minore occupabilità e dell'accumulo di barriere alla partecipazione.

    Figura 21: tassi di disoccupazione di lungo periodo (% della popolazione attiva), 2014 e 2015

     

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro.

    Si registra un'ampia variazione tra gli Stati membri per quanto concerne l'efficacia dell'assistenza ai disoccupati di lungo periodo affinché trovino un lavoro. La qualità dell'erogazione di servizi ai disoccupati di lungo periodo rimane essenziale per assicurarne l'efficace integrazione sul mercato del lavoro, in linea con la raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro.

    2.2.2    Risposta strategica

    Alcuni Stati membri, come Cipro, Ungheria e Svezia, hanno prestato un'attenzione particolare alle politiche volte ad affrontare il problema della scarsa padronanza delle competenze di base, che sono oggetto della recente proposta della Commissione in merito a una garanzia per le competenze. Gli Stati membri hanno spesso affrontato questa sfida migliorando i loro sistemi di IFP. In Svezia un'iniziativa recente finalizzata ad un intervento precoce era tuttavia rivolta ai primi anni della scolarizzazione (vale a dire le classi prescolastiche e le classi dalla prima alla terza elementare), con una particolare attenzione per le competenze di base. Ungheria e Slovacchia si sono poste come obiettivo specifico il miglioramento delle competenze digitali. A Cipro l'obiettivo era migliorare la partecipazione e adattare l'IFP alle esigenze del mercato del lavoro.

    Anche l'impegno volto a promuovere un'istruzione inclusiva ha occupato una posizione prioritaria nell'agenda, con l'obiettivo precipuo di colmare il divario educativo dei discenti svantaggiati (tra cui i discenti con bisogni educativi speciali, i migranti e i rom). Nel corso dell'anno passato Repubblica ceca, Grecia, Polonia, Portogallo e Slovacchia hanno adottato iniziative per rendere l'istruzione più inclusiva. Tali misure intendevano in primo luogo incoraggiare la partecipazione di ampi gruppi di discenti (soprattutto quelli provenienti da gruppi svantaggiati) all'istruzione ordinaria sin da una tenera età. L'Ungheria ha abbassato l'età d'inizio della prescolarizzazione obbligatoria da cinque a tre anni; la Repubblica ceca ha adottato una legislazione per abbassarla da sei a cinque anni a decorrere dal settembre 2017. La Grecia ha introdotto zone educative prioritarie, vale a dire classi di accoglienza, sostegno pedagogico e strutture di accoglienza destinati ai migranti nella scuola primaria. Il Portogallo ha aumentato il numero di borse di studio per gli studenti provenienti da un contesto economico vulnerabile e sta intensificando l'erogazione pubblica di istruzione e assistenza per la prima infanzia. La Slovacchia ha presentato un'iniziativa per evitare che i bambini vengano destinati a scuole speciali soltanto per via della loro provenienza da un contesto socioeconomico svantaggiato. In Belgio (Comunità fiamminga) ogni bambino, anche quelli con bisogni speciali, ha ora il diritto di iscriversi a una scuola ordinaria a condizione che ciò sia possibile attraverso ragionevoli adeguamenti.

    Diversi Stati membri pongono l'accento sulle misure di sostegno destinate agli insegnanti, ai formatori, ai dirigenti scolastici e ad altro personale del settore dell'istruzione. Ciò avviene in Belgio (in cui sono state adottate delle prime misure sia nella Comunità fiamminga che in quella francese), nella Repubblica ceca, in Croazia, a Cipro, in Lettonia, in Romania, in Slovacchia e in Svezia.

    Gli Stati membri si adoperano per migliorare il livello di istruzione terziaria e l'occupabilità dei diplomati dell'istruzione superiore. Le misure adottate mirano, tra l'altro, ad attrarre i gruppi svantaggiati e vulnerabili, a sviluppare chiari percorsi progressivi dall'istruzione professionale o da altri tipi di istruzione verso l'istruzione superiore nonché a ridurre i tassi di abbandono. In Svezia il governo finanzierà circa 14 600 nuovi posti nell'istruzione superiore entro il 2019 al fine di incoraggiare ulteriormente la partecipazione. La Repubblica ceca e il Portogallo hanno aumentato le borse di studio e il sostegno alle persone provenienti da un contesto economico vulnerabile. La pertinenza dell'istruzione superiore viene migliorata aumentando il ricorso a proiezioni delle competenze e a dati sull'occupazione dei diplomati, coinvolgendo i datori di lavoro nella concezione dei piani di studi, sviluppando una più ampia varietà di modalità di studio (a tempo parziale, a distanza, ecc.) e sviluppando ulteriormente l'istruzione professionale superiore. La Spagna sta perfezionando il suo sistema di tracciabilità dei diplomati per misurare l'efficacia dei programmi di studio in termini di occupabilità. Il Belgio sta portando avanti misure volte ad accrescere l'occupabilità, in particolare migliorando i percorsi progressivi attraverso programmi a ciclo breve (Comunità fiamminga) e programmi di istruzione duale o basati sul lavoro a livello di laurea (Federazione Vallonia-Bruxelles).

    Sono state condotte riforme strategiche nel campo dell'istruzione degli adulti per assicurare che l'istruzione e la formazione corrispondano alle esigenze del mercato del lavoro. Cipro, Ungheria, Lituania, Romania e Svezia hanno recentemente introdotto iniziative in tale ambito, imperniate per lo più sulle competenze di base o finalizzate a mantenere aggiornate le competenze e a prevenire i prepensionamenti. Per fare un esempio, nel contesto del bilancio 2016 in Svezia è stato adottato il "diritto all'istruzione degli adulti" a livello di istruzione secondaria di secondo grado. Dal 2017 tutti gli adulti avranno il diritto di integrare gli studi effettuati in precedenza e ottenere una qualifica secondaria di secondo grado che dà accesso all'istruzione superiore e migliora le loro possibilità sul mercato del lavoro. L'Ungheria intende sviluppare le competenze digitali di 200 000 persone svantaggiate. La Lituania ha prestato particolare attenzione alle condizioni per migliorare la qualità dell'istruzione non formale degli adulti e della formazione continua. Con la nuova agenda per le competenze per l'Europa la Commissione incoraggia un investimento considerevole nell'acquisizione di competenze e in un migliore adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro al fine di promuovere la creazione di posti di lavoro di qualità.

    Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Polonia e Regno Unito hanno anche adottato misure che promuovono conoscenze, abilità e competenze pertinenti e di elevata qualità attraverso l'apprendimento permanente, incentrate sui risultati dell'apprendimento ai fini dell'occupabilità, dell'innovazione, della cittadinanza attiva e/o del benessere.

    Gli Stati membri hanno continuato a migliorare la trasparenza delle competenze e delle qualifiche. La Polonia, la Croazia e la Finlandia hanno migliorato i loro quadri nazionali delle qualifiche. La Svezia ha correlato il suo quadro nazionale delle qualifiche al quadro europeo delle qualifiche. L'Austria e la Svezia hanno concentrato i loro impegno sulla valutazione e sulla convalida delle competenze e delle qualifiche dei migranti arrivati di recente.

    Per quanto concerne l'occupazione giovanile, la garanzia per i giovani è stata un catalizzatore di cambiamento. I sistemi nazionali di garanzia per i giovani adottati dagli Stati membri comprendono due tipi di azioni: 1) misure di intervento rapido per fornire un sostegno su misura a tutti i giovani NEET, e 2) riforme strutturali nel medio e nel lungo termine per migliorare la capacità istituzionale e assicurare un approccio integrato all'erogazione di servizi. In termini di copertura, nell'UE il 41,9 % di tutti i NEET di età compresa tra i 15 e i 24 anni nel 2015 era iscritto alla garanzia per i giovani, percentuale in un aumento rispetto al 40,4 % del 2014. L'attuazione su grande scala della garanzia è ancora un fenomeno recente in diversi Stati membri poiché diverse misure hanno richiesto riforme sostanziali e ampi partenariati.

    L'investimento nelle attività di sensibilizzazione rivolte ai giovani che non sono iscritti agli SPI è stato prioritario in molti Stati membri. Due terzi degli SPI sono attualmente impegnati in attività di sensibilizzazione nel contesto dell'attuazione della garanzia per i giovani. In Svezia la strategia "La via da seguire – strategia per i NEET" intende motivare i giovani di età superiore a 15 anni a iniziare un ciclo di studi o a ritornare a studiare e completare la scuola secondaria di secondo grado o a lavorare (in quest'ultimo caso ciò vale solo per i giovani di età compresa tra i 20 e i 25 anni e ove ciò sia pertinente). Il coordinatore nazionale per i NEET intende assicurare una migliore collaborazione tra le agenzie governative, i comuni, i consigli regionali e le organizzazioni a livello nazionale, regionale e locale, e opera a stretto contatto con la delegazione dei giovani occupati per promuovere accordi locali tra i comuni e gli SPI e provvedere alla loro attuazione. In Croazia, i centri CISOK (centri di orientamento alle carriere lungo l'arco della vita), presenti in tutto il paese, stanno intensificando l'assistenza alla ricerca di lavoro, l'orientamento professionale e l'attività di sensibilizzazione destinati ai NEET. In Lettonia il progetto di sensibilizzazione "Sapere e fare" intende impegnare i NEET nell'istruzione e sviluppare le loro competenze.

    Sono stati inoltre istituiti sportelli unici per migliorare l'accessibilità e la sensibilizzazione. In essi confluiscono diversi servizi per la gioventù che forniscono un'ampia gamma di iniziative in modo flessibile e accessibile. Nel 2015 la Finlandia ha attivato centri unici di orientamento per la gioventù. Tali centri, situati ad oggi in 35 comuni, erogano a tutti i giovani di età inferiore a 30 anni un sostegno di base che comprende consulenze e orientamenti personalizzati, l'aiuto a gestire la propria vita, la pianificazione della carriera, le competenze sociali nonché un sostegno in materia di istruzione e occupazione.

    In molti Stati membri la garanzia per i giovani ha contribuito più in generale a superare la compartimentazione tra i settori strategici e a costituire validi partenariati. Il coordinamento tra i settori dell'occupazione, dell'istruzione e della gioventù è stato rafforzato. In Italia l'attuazione della garanzia per i giovani ha portato alla creazione di un sistema informatico comune che integra le basi dati del ministero del Lavoro e del ministero dell'Istruzione nonché all'avvio di iniziative specifiche volte a promuovere le politiche attive del mercato del lavoro e la garanzia per i giovani nelle scuole. In Lituania il progetto "Scopri te stesso", attuato in tutti i comuni per il periodo 2015-2018, comporta un partenariato trans-settoriale degli uffici locali SPI, della polizia, dei servizi per la tutela dei diritti dei bambini, degli operatori sociali dei centri locali della gioventù per aiutare i NEET ad acquisire competenze personali, sociali e professionali.

    La maggior parte degli Stati membri ha inoltre fatto ricorso a incentivi salariali e sovvenzioni a favore delle assunzioni mirati, in molti casi con il sostegno di finanziamenti dell'UE, più in particolare a valere sull'FSE e sull'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG). Dal 2015 in Croazia una modifica della legge sui contributi esenta i datori di lavoro che offrono ai giovani di meno di 30 anni un contratto di lavoro a tempo indeterminato dal pagamento dei contributi sanitari e da lavoro per un periodo di cinque anni. Nel 2015 L'Estonia ha avviato l'iniziativa "Il mio primo lavoro", che prevede una compensazione salariale di un anno e la copertura delle spese di formazione per due anni. In Lituania i datori di lavoro che assumono giovani iscritti all'SPI possono ricevere un rimborso del 50 % del salario lordo per un periodo fino a sei mesi. Viene data priorità a categorie come i giovani disoccupati di lungo periodo o i genitori giovani con due figli. I datori di lavoro che licenziano lavoratori sovvenzionati nei sei mesi successivi al periodo sovvenzionato sono soggetti a sanzioni. Nel 2015 le misure hanno coinvolto il 28 % di tutti i partecipanti alle politiche attive del mercato del lavoro di età compresa tra i 16 e i 29 anni. A Cipro sono stati introdotti nuovi sistemi che offrono collocamenti lavorativi fino a due anni ai disoccupati di meno di 25 anni titolari di un diploma dell'istruzione secondaria di primo grado, dell'istruzione secondaria di secondo grado e dell'istruzione post secondaria che abbiano un'esperienza lavorativa limitata, offrendo loro un'indennità di tirocinio di 125 EUR alla settimana per un massimo di sei mesi. Possono fruire di tale possibilità anche i diplomati dell'istruzione terziaria di meno di 35 anni. In Francia i giovani di età inferiore a 28 anni e che hanno beneficiato di una borsa di studio possono chiedere, entro quattro mesi dall'ottenimento del loro diploma di istruzione terziaria o secondaria professionale, un "sussidio per la ricerca del primo lavoro" che va da 200 a 300 EUR al mese. Di questa misura dovrebbero beneficiare 126 000 giovani. Durante il primo anno è inoltre concesso un premio di 4 400 EUR alle imprese con meno di dieci dipendenti che accolgono un tirocinante di età compresa tra i 16 e i 18 anni. Le autorità rumene stanno attualmente modificando la loro legislazione del lavoro per offrire un insieme di misure di attivazione più generose destinate specificamente ai gruppi più lontani dal mercato del lavoro (comprensivo di sussidi all'imprenditorialità e all'occupazione nonché di incentivi per gli apprendistati e i tirocini).

    Sono state intensificate le iniziative specifiche per promuovere le riforme degli apprendistati e migliorare la regolamentazione dei tirocini. Tali riforme hanno contribuito a rendere più consone le competenze dei giovani alle esigenze del mercato del lavoro e a rafforzare l'impegno della comunità imprenditoriale. La metà degli Stati membri dell'UE ha proceduto, o manifesta l'intenzione di farlo, a modificare la legislazione per adeguare il proprio quadro nazionale al quadro di qualità per i tirocini del 2013. Negli Stati membri che hanno già adeguato la loro legislazione (Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Portogallo, Spagna e Svezia), la maggior parte delle riforme consiste nel limitare la durata dei tirocini a sei mesi (in Bulgaria a 12 mesi), nel chiarire le condizioni relative a tirocini più lunghi e nell'assegnare tutor per fornire orientamenti e seguire i progressi compiuti durante il tirocinio.



    Riquadro 2. Sfruttare appieno il Fondo sociale europeo (FSE)

    Con un bilancio di 86,4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020 il Fondo sociale europeo (FSE) è uno degli strumenti fondamentali dell'UE per affrontare le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese; i regolamenti emanati in tale ambito prevedono la possibilità di una riprogrammazione per reagire alle sfide emergenti.

    Una delle principali priorità strategiche dell'FSE per il periodo 2014-20 è l'occupazione giovanile, di cui si occupa il Fondo stesso come anche l'iniziativa per l'occupazione giovanile (IOG). Nell'ambito dell'FSE 6,3 miliardi di EUR sono consacrati direttamente ad azioni a favore dell'occupazione giovanile; i giovani rappresentano tuttavia un importante gruppo di destinatari anche nell'ambito delle misure per l'istruzione, l'apprendimento permanente e l'inclusione sociale. L'IOG dispone inoltre di un bilancio complessivo di 6,4 miliardi di EUR (composto di 3,2 miliardi di EUR di risorse IOG e dal sostegno integrativo dell'FSE, pari a 3,2 miliardi di EUR) L'IOG, cui sono attualmente ammissibili 20 Stati membri, è rivolta specificamente ai giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) nelle regioni dell'UE che, nel 2012, presentavano i tassi di disoccupazione giovanile più elevati. Per assicurare una risposta celere a questa importante sfida strategica le risorse dell'IOG sono state concentrate all'inizio del periodo di programmazione nel bilancio dell'UE per poter essere spese durante la prima metà del ciclo finanziario. Nel 2015 la Commissione ha inoltre stanziato un prefinanziamento maggiorato per l'IOG del valore di 1 miliardo di EUR onde assicurare una mobilitazione più celere sul terreno delle misure a favore dell'occupazione e della formazione dei giovani. Questo aumento ha avuto un impatto positivo per la metà delle autorità di gestione che beneficiano dell'IOG, le quali hanno potuto impegnare un maggior numero di fondi e/o avviare un maggior numero di progetti 37 .

    Il 2014 e il 2015 sono stati tuttavia contrassegnati, nel complesso, da un avvio relativamente lento dell'attuazione dell'FSE e dell'IOG negli Stati membri, laddove un basso tasso di dichiarazione delle spese certificate ammissibili indica un tasso di assorbimento ridotto. Ciò non andrebbe tuttavia interpretato come segnale di una mancanza di interventi e di attuazione sul terreno. Gli Stati membri hanno registrato ritardi nella designazione delle autorità di gestione e dei sistemi di monitoraggio, il che ha inciso sui loro tempi di trattamento delle dichiarazioni di spesa alla Commissione europea.

    I dati disponibili indicano già che, dall'avvio dei programmi operativi, più di 2 milioni di partecipanti hanno beneficiato del sostegno dell'FSE e 1,4 milioni di giovani NEET hanno fruito degli interventi supportati dall'IOG, segnatamente collocamenti lavorativi, apprendistati, tirocini, misure per il lavoro autonomo e attività di istruzione e formazione continua. Nella maggior parte degli Stati membri l'IOG è considerata un meccanismo o una leva fondamentale per rendere operativa la raccomandazione del Consiglio del 2013 sulla garanzia per i giovani. Anche se i progressi nell'attuazione variano tra gli Stati membri, alcuni progetti hanno avuto già un impatto significativo sul terreno.

    Quasi tutti gli Stati membri hanno adottato interventi per migliorare la qualità, l'erogazione o l'attrattiva degli apprendistati nello spirito dell'alleanza europea per l'apprendistato, lanciata nel luglio 2013. La riforma danese degli apprendistati, varata nel 2013 ma attuata a partire dalla metà del 2015, intende offrire agli apprendisti l'opportunità di ottenere una qualifica di istruzione secondaria di secondo grado generale che dà accesso all'istruzione superiore. In Francia i contratti di apprendistato consentono ora di ottenere 85 qualifiche professionali approvate dal ministero del Lavoro (invece che dal ministero dell'Istruzione), a condizione che la persona interessata possegga una qualifica ISCED 3 o sia stata riconosciuta come persona in abbandono scolastico. In Austria la riforma del 2015 della legge sulla formazione professionale ha rafforzato la gestione della qualità nel sistema degli apprendistati. Sono state sviluppate nuove offerte formative a favore dei giovani svantaggiati, quali piani di studi standardizzati per conseguire qualifiche di ingresso a bassa soglia o qualifiche parziali. Anche in Irlanda e in Slovenia sono previste riforme in relazione agli apprendistati. In Irlanda il Consiglio dell'apprendistato (avviato alla fine del 2014) ha il compito di mappare i settori economici in cui l'espansione degli apprendistati può fare una reale differenza sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. In seguito a un invito a presentare proposte, chiuso il 31 marzo 2015, sono stati selezionati diversi nuovi apprendistati concepiti in modo da rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, che verranno quindi sviluppati e posti in atto. Il primo nuovo apprendistato, riguardante il campo delle assicurazioni, è stato avviato a metà settembre 2016. In Slovenia la legge sull'apprendistato, attualmente oggetto di una consultazione pubblica, intende definire un quadro generale per gli apprendistati (compresi gli aspetti dell'ammissibilità, delle condizioni di lavoro e sociali nonché degli obblighi reciproci).

    Sono state adottate diverse iniziative strategiche per promuovere l'integrazione dei lavoratori anziani sul mercato del lavoro. Alcuni Stati membri hanno privilegiato l'apertura dell'accesso all'istruzione degli adulti, come la Romania, che ha adottato una strategia nazionale di apprendimento permanente il cui obiettivo principale è accrescere la partecipazione all'apprendimento permanente delle persone di solito sottorappresentate e svantaggiate sul mercato del lavoro. Altri Stati membri hanno introdotto piani specifici di attivazione e servizi personalizzati per l'impiego, comprensivi di attività di orientamento professionale. Nel 2016 il Lussemburgo ha iniziato ad attuare il programma di collocamento professionale, rivolto in particolare alle persone in cerca di lavoro che abbiano almeno 45 anni. In altri casi gli Stati membri hanno favorito l'adeguamento dei posti di lavoro e hanno promosso strategie di invecchiamento sano sul lavoro. Questo è stato uno degli obiettivi della strategia lettone di invecchiamento attivo per una vita lavorativa più lunga e migliore, che comporta la valutazione delle competenze e dello stato di salute, lo sviluppo di piani individuali a livello di impresa (tra cui l'adattamento del posto di lavoro, forme flessibili di lavoro, misure per il miglioramento della salute, ecc.) e la formazione.

    Diversi Stati membri stanno procedendo ad aumentare gli incentivi all'occupazione dei lavoratori anziani (ad esempio sotto forma di bonus) e ad eliminare i disincentivi insiti nelle strutture fiscali e previdenziali. Il Belgio, la Germania e l'Austria hanno avviato iniziative per aumentare gli incentivi all'occupazione dei lavoratori anziani. La Germania prevede di introdurre condizioni più flessibili per far sì che le persone continuino a lavorare fino e oltre l'età pensionabile generale, fornendo loro un quadro migliore per coniugare il reddito da lavoro con il reddito da pensione. In Belgio due regioni (regione Vallona e Bruxelles) hanno adottato riforme per migliorare i sistemi di incentivi all'occupazione trasferiti a favore dei lavoratori anziani.

    Regimi specifici e strategie di apprendimento permanente intendono aiutare le persone con disabilità o altre persone svantaggiate a ottenere e mantenere un'occupazione retribuita sul mercato aperto. Esempi concreti recenti di tali misure sono riscontrabili a Cipro (sussidi per i datori di lavoro che assumono persone con disabilità), nel Lussemburgo (collocamenti temporanei sul lavoro con un'opportunità di assunzione a tempo indeterminato), a Malta (quote di occupazione) e nei Paesi Bassi (creazione di posti di lavoro destinati alle persone con disabilità). In Romania la recente strategia nazionale sull'apprendimento permanente si è posta come obiettivo l'aumento della partecipazione dei gruppi svantaggiati, compresa quella delle persone con disabilità.

    Nel contesto di un afflusso senza precedenti di persone in cerca di asilo, gli Stati membri hanno inoltre riservato un'attenzione più puntuale all'integrazione del mercato del lavoro delle persone provenienti da un contesto migratorio. Diverse iniziative avevano l'obiettivo di assicurare un intervento precoce nei confronti dei nuovi arrivati, coinvolgendo le pertinenti parti interessate quali i datori di lavoro e i servizi pubblici per l'impiego. La Svezia ha concepito una prima serie di misure per il periodo di richiesta di asilo, in particolare un'introduzione alla lingua e informazioni sulla società. Una volta ottenuto un permesso di residenza i nuovi arrivati hanno accesso a un programma introduttivo con percorsi preferenziali per le professioni a rischio di carenza di manodopera. Inoltre, 200 agenzie del settore pubblico sono state incaricate di offrire tirocini ai nuovi arrivati nel periodo 2016-2018. Anche le imprese svolgono un ruolo proattivo: quelle che offrono almeno 100 posti di lavoro o tirocini ai nuovi arrivati sono state raggruppate nel cosiddetto "Club dei 100", con pacchetti di misure ad hoc forniti dall'SPI. Il programma aggiornato di integrazione del governo finlandese per il periodo 2016-2019 segue anch'esso l'obiettivo di assicurare una transizione agevole degli immigranti verso, ad esempio, lo studio o la vita lavorativa, tramite un'efficace cooperazione iniziale tra le autorità e le parti interessate. Nello stesso spirito, ma in un contesto federale, i Länder tedeschi hanno adottato diversi programmi, piani e accordi rispondenti alle loro necessità (ad esempio l'accordo "Integrazione attraverso la formazione e il lavoro" concluso tra il governo della Baviera e la comunità imprenditoriale bavarese, con il coinvolgimento dei servizi per l'impiego). In Austria il governo federale ha costituito, nel settembre 2015, un "pacchetto di integrazione" per un importo di 75 milioni di EUR volto a finanziare misure di integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro, con ulteriori 40 milioni di EUR l'anno stanziati per il 2016 e il 2017 nel bilancio federale. Su tale sfondo l'SPI conduce un progetto pilota volto a individuare le esigenze individuali e i requisiti di formazione, oltre a fornire informazioni generali sulla ricerca di un lavoro, sul sistema di istruzione e sui diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro in Austria.

    Sono state inoltre concepite misure specifiche di attivazione attraverso adattamenti mirati delle prestazioni e dei servizi sociali. In Danimarca l'indennità di integrazione, introdotta nel settembre 2015, ha sostituito l'assistenza pedagogica o sociale per accrescere gli incentivi al lavoro per i migranti. I rifugiati sono inoltre ora ritenuti in grado di lavorare sin dal momento in cui arrivano e il programma di integrazione del settore pubblico si concentrerà sulle misure in campo occupazionale, sull'istruzione e sulla formazione in danese e sarà più orientato al mercato del lavoro, mentre gli uffici di collocamento rafforzeranno l'offerta di servizi alle imprese. È stato inoltre introdotto un sistema di bonus in contanti per le imprese private che assumono rifugiati in un contesto occupazionale non sovvenzionato.

    Al di là delle misure volte essenzialmente a integrare i nuovi arrivati, diversi Stati membri si sono adoperati per affrontare il problema della discriminazione, facendo leva su nuovi atti legislativi, modificando quelli esistenti o sviluppando progetti specifici. In Finlandia la legge contro la discriminazione, entrata in vigore nel 2015, estende l'obbligo di promuovere l'uguaglianza e prevenire la discriminazione. Tale obbligo si applica agli erogatori di formazione e istruzione come anche agli istituti di istruzione e ai datori di lavoro e riguarda in particolare la vita lavorativa nel settore privato. In Belgio il Regio decreto del 18 novembre 2015 ha istituito una nuova commissione di esperti che riunisce rappresentanti della magistratura, delle professioni forensi, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro al fine di valutare, con cadenza quinquennale, l'applicazione e l'efficacia delle leggi antidiscriminazione.  La Spagna ha sviluppato progetti innovativi nel quadro della strategia nazionale contro il razzismo, la discriminazione, la xenofobia e altre forme di intolleranza: durante tutto il 2015 è stato sviluppato un progetto denominato FRIDA con l'obiettivo di formare e sensibilizzare la comunità dell'istruzione. Programmi analoghi stanno per essere avviati nei settori della giustizia e della sanità.

    La disponibilità di un congedo retribuito di maternità/parentale tende a incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, aiutandole a conciliare la vita professionale e quella familiare. Una distribuzione equilibrata dei congedi retribuiti tra donne e uomini si è rivelata particolarmente benefica poiché dà un forte impulso all'occupazione delle donne dopo la nascita dei figli. Di recente diversi Stati membri (tra cui Germania, Irlanda, Lussemburgo, Ungheria, Malta e Portogallo) hanno adottato iniziative per migliorare le loro disposizioni in materia di congedo parentale retribuito. Per fare un esempio, la Germania ha reso le norme sul congedo parentale flessibili, concedendo un congedo di 24 mesi, scindibile in tre blocchi, ai genitori con figli di età compresa tra tre e otto anni. Un ricorso equilibrato al diritto al congedo tra donne e uomini dopo la nascita di un figlio (compreso il ricorso alla possibilità di congedo dei padri) è inoltre risultato produrre effetti positivi in termini di distribuzione delle responsabilità domestiche e di assistenza e ha migliorato i dati del mercato del lavoro per le donne, consentendo altresì un rientro più celere delle donne sul mercato del lavoro. In tal senso l'Irlanda ha introdotto di recente un congedo di paternità retribuito di due settimane e il Portogallo ha esteso il congedo di paternità a 25 giorni lavorativi (precedentemente erano 20 giorni), 15 dei quali sono obbligatori (precedentemente 10). Anche la Repubblica ceca ha modificato l'organizzazione e le prestazioni del congedo parentale per incoraggiare i padri a partecipare alla cura dei figli e aiutare le madri che lo volessero a rientrare prima nel mondo del lavoro.

    Gli Stati membri hanno anche introdotto misure negli ambiti dell'assistenza all'infanzia e dell'assistenza a lungo termine per rimuovere gli ostacoli all'occupazione per coloro che prestano assistenza in ambito familiare, in particolare le donne. La Repubblica ceca, ad esempio, ha presentato iniziative per migliorare l'istruzione prescolastica e rafforzare il sostegno ai bambini con bisogni speciali. Tale paese prevede inoltre di adottare nel 2017 un'assistenza finanziaria e un congedo per i prestatori di assistenza informale a familiari non autonomi. Altri Stati membri (tra cui Bulgaria, Germania, Irlanda, Slovacchia, Lussemburgo e Regno Unito) hanno adottato recentemente misure per migliorare l'accessibilità economica dell'assistenza all'infanzia. La Slovacchia prevede di aumentare, entro la fine del 2016, l'indennità per le persone che prestano assistenza a disabili gravi e il periodo dei contributi pensionistici accreditati a chi presta tale assistenza. Alcuni Stati membri intendono inoltre ovviare ai disincentivi finanziari a lavorare derivanti dai loro regimi fiscali e previdenziali. L'Austria e il Regno Unito, ad esempio, hanno avviato iniziative per ampliare il trattamento fiscale favorevole delle prestazioni per figli a carico e delle spese per la cura dei figli.

    Per stimolare l'occupazione femminile sono state utilizzate anche soluzioni lavorative flessibili come il telelavoro, l'orario flessibile e il lavoro a orario ridotto. In Portogallo i lavoratori con responsabilità genitoriali hanno ottenuto il diritto al lavoro a tempo parziale o a forme flessibili di lavoro come il telelavoro. La Germania ha introdotto di recente l'indennità parentale "plus", che consente ai genitori di fruire del loro congedo parentale a tempo parziale e incentiva entrambi i genitori a farvi ricorso. La Repubblica ceca prevede a sua volta di introdurre misure per consentire ai lavoratori con responsabilità genitoriali di fruire di diritti flessibili (qualora abbiano figli di età inferiore o pari a 3 anni). Il telelavoro è possibile su decisione del datore di lavoro.

    I disoccupati di lungo periodo si trovano ad affrontare spesso una combinazione delle suddette barriere; molti Stati membri stanno rafforzando il sostegno loro destinato adottando a volte, quale primo passo, misure volte ad accrescere il tasso di iscrizione presso i servizi per l'impiego che, nel 2015, nell'UE si situava in media al 71 %. La Romania, ad esempio, ha cominciato a introdurre, nell'autunno 2016, gruppi integrati che riuniscono i servizi sociali, i mediatori della salute e dell'istruzione, il cui scopo è sensibilizzare e incoraggiare l'iscrizione degli inattivi e dei disoccupati di lungo periodo nelle zone rurali e nelle collettività svantaggiate.

    Diversi paesi stanno intensificando la personalizzazione del sostegno erogato ai disoccupati di lungo periodo, in linea con la raccomandazione del Consiglio sugli accordi di inserimento lavorativo, adattando il sostegno alle esigenze individuali e definendo in modo chiaro i diritti e gli obblighi dei disoccupati e degli organismi di sostegno. In Francia il sostegno erogato dal servizio pubblico per l'impiego è diventato più personalizzato e prevede una valutazione rafforzata delle competenze; il personale è stato riassegnato in modo da fornire un'attività di consulenza più efficace con l'obiettivo di raggiungere, entro il 2017, 460 000 clienti a rischio di disoccupazione di lungo periodo. In Spagna il portafoglio comune dei servizi per l'impiego del 2015 prevede la definizione di percorsi di impiego personalizzati e contratti di impiego personali, che sono vincolanti per chi fruisce di prestazioni di disoccupazione. Nel 2016 è stato inoltre varato un programma a sostegno dei disoccupati di lungo periodo per rafforzare la capacità dell'SPI al fine di fornire un sostegno personalizzato. Nel 2016 gli uffici di collocamento danesi hanno avviato un "piano di contatto", che si basa su un contatto intensificato nei primi sei mesi di disoccupazione e dopo sedici mesi di disoccupazione. Il disoccupato di lungo periodo è coinvolto attivamente nella pianificazione delle riunioni e i consulenti del lavoro sono formati all'uso di strumenti di responsabilizzazione e motivazionali. A partire dal 2017 la Finlandia prevede inoltre di introdurre un colloquio di persona con i disoccupati di lungo periodo con cadenza trimestrale.

    Diversi paesi hanno esternalizzato i servizi per l'impiego destinati ai disoccupati di lungo periodo. Malta ha introdotto un'iniziativa che esternalizza le attività di profilazione, formazione e collocamento per i clienti disoccupati di lunga durata di età compresa tra i 25 e i 56 anni. Nell'agosto 2015 la Lettonia ha avviato un programma nazionale FSE (del valore di 40 milioni di EUR) che coinvolge le ONG in qualità di prestatori di servizi per consulenze individuali e di gruppo, consulenze sulla carriera, controlli sanitari, orientamento, programmi motivazionali e programmi di trattamento delle dipendenze.

    In diversi paesi è stata inoltre rafforzata l'offerta di formazione per i disoccupati di lungo periodo. Nel 2016 la Francia ha avviato un piano del valore di 1 miliardo di EUR per finanziare 500 000 formazioni aggiuntive per le persone in cerca di lavoro, 300 000 delle quali sono rivolte prioritariamente ai disoccupati di lungo periodo e alle persone scarsamente qualificate in settori con valide prospettive economiche e lavorative a livello regionale. La Svezia sta rafforzando la componente di formazione della sua garanzia di attivazione inserendovi maggiori possibilità di formazione sul lavoro, corsi professionali specifici nell'ambito delle professioni che risentono di carenze di manodopera, tenuti nelle università popolari per una durata fino a 24 mesi, con la possibilità per i disoccupati di lunga durata di studiare mentre percepiscono ancora per un anno le prestazioni di "sostegno all'attività".

    La personalizzazione del sostegno richiede spesso un migliore coordinamento dei servizi tra le organizzazioni interessate e gli Stati membri hanno concordato, nella raccomandazione del Consiglio, di istituire un punto di contatto unico per i disoccupati di lungo periodo. Lo scambio di dati e le piattaforme di interoperabilità sono essenziali per un'erogazione efficace dei servizi. La Slovacchia sta rafforzando la capacità degli uffici del lavoro integrati, che comprendono un elemento di consulenza per il lavoro e l'erogazione di prestazioni sociali, e sta creando centri di attivazione specializzati per i disoccupati di lungo periodo. L'Irlanda ha integrato il sostegno al reddito e i servizi per l'impiego nei centri Intreo, vocati alla gestione dei casi individuali. Per ridurre il numero dei casi da trattare e accrescere la portata del sostegno personalizzato il programma "JobPath" ha esternalizzato il supporto di durata annuale per i disoccupati di lungo periodo fornendo incentivi finanziari ai partner privati che riescono a far uscire le persone in cerca di lavoro dal programma in modo duraturo, con pagamenti effettuati dopo 13, 26, 39, 52 settimane di occupazione. Mentre alcuni paesi hanno compiuto notevoli progressi nella predisposizione di un punto di contatto unico, altri stanno adottando le prime misure per coordinare l'erogazione di servizi tra le varie organizzazioni interessate. La Bulgaria sta sperimentando l'integrazione dei servizi creando, grazie a un progetto finanziato dall'FSE, 65 sportelli unici che integrano consulenze dei servizi per l'impiego e dei servizi sociali.

    Un'efficace integrazione richiede inoltre un partenariato forte con i datori di lavoro. Nel Regno Unito e nei Paesi Bassi gruppi specializzati di datori di lavoro offrono ai datori di lavoro un punto di contato unico, che sottopone a monitoraggio regolare le opportunità per i disoccupati di lungo periodo e sviluppa conoscenze specifiche e relazioni con le imprese. In Portogallo il programma Reativar introduce un sostegno per i disoccupati di lungo periodo di età superiore a 31 anni che seguono un tirocinio di sei mesi presso un'istituzione privata, sostegno che si configura in una sovvenzione mensile in base al livello di qualifica. L'istituzione promotrice assicura la certificazione alla fine del tirocinio. Il servizio pubblico per l'impiego (IEFP) finanzia tra il 65 % e l'80 % della sovvenzione a seconda del tipo di istituzione promotrice e delle caratteristiche del partecipante. A Cipro il governo ha introdotto nuovi sussidi all'occupazione diretti ai disoccupati di lungo periodo, mentre la Finlandia si prepara ad avviare, nel 2017, programmi di apprendimento e apprendistato basati sul lavoro destinati ai disoccupati di lungo periodo. La Slovacchia si avvale dell'FSE per introdurre azioni di tutoraggio per i disoccupati di lungo periodo che combinano una sovvenzione per il datore di lavoro con un sistema di tutoraggio assicurato dal datore di lavoro.

    2.3    Orientamento 7: rafforzare il funzionamento dei mercati del lavoro

    Questa sezione esamina l'attuazione dell'orientamento n. 7 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di rafforzare il funzionamento del mercato del lavoro. La sezione presenta innanzitutto gli indicatori relativi alla portata dell'intervento dei servizi pubblici per l'impiego e alle misure di attivazione che sono essenziali per migliorare la corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro. Essa passa quindi a quantificare la segmentazione del mercato del lavoro esaminando le transizioni verso il mercato del lavoro, evidenziando nel contempo i diversi tipi di costi associati al livello di protezione. La sezione 2.3.2 fa il punto sulle misure strategiche degli Stati membri in questi ambiti, comprese quelle volte a promuovere la mobilità del lavoro e il dialogo sociale, il che è importante per assicurare che gli interessati si identifichino con le riforme e garantire che queste siano pertanto attuate in modo efficace.

    2.3.1    Indicatori chiave

    I servizi pubblici per l'impiego (SPI) sono attori fondamentali nell'incontro della domanda e dell'offerta di lavoro, a condizione che le persone in cerca di lavoro siano iscritte, così da garantire loro l'accesso alle misure attive del mercato del lavoro e un sostegno nella ricerca di lavoro. Le variazioni dei tassi di iscrizione tra i vari paesi (cfr. figura 22) sono ascrivibili a diversi fattori, tra cui la qualità e l'attrattiva dei servizi SPI, il livello, la durata delle prestazioni di disoccupazione e sociali e l'ammissibilità a queste ultime nonché gli obblighi e i meccanismi sanzionatori correlati a tali prestazioni.



    Figura 22: percentuale di disoccupati di lungo periodo iscritti presso i servizi per l'impiego, 2015

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro 2015. Non sono disponibili dati per AT e IE

    Nel complesso il ricorso agli SPI per la ricerca di un lavoro rimane disuguale nell'UE (figura 23); ciò comporta anche il rischio che in alcuni Stati membri le persone in cerca di lavoro più vulnerabili scivolino nel lavoro sommerso. L'efficacia degli SPI nella raccolta di informazioni dai datori di lavoro sui posti di lavoro vacanti stimola le persone in cerca di lavoro a fare un ricorso a tali servizi.

    Figura 23 – Ricorso agli SPI per la ricerca di lavoro e percentuale di disoccupati in cerca di lavoro, 2014

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro 2014.

    I paesi che presentano i tassi di disoccupazione di lungo periodo più bassi sono tra quelli in cui il livello di partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro è più elevato. Per diversi altri Stati membri il sostegno all'attivazione non sembra proporzionale ai problemi di disoccupazione che si trovano ad affrontare.

    Figura 24: sostegno all'attivazione (partecipanti alle PML per 100 persone in cerca di lavoro) e tassi di disoccupazione di lungo periodo per Stato membro, 2014

    Fonte: Eurostat, banca dati PML (Nota: per il sostegno all'attivazione i dati per il Regno Unito sono quelli del 2009, per Cipro sono quelli del 2012 e per Grecia, Irlanda e Spagna quelli del 2013).

    La concezione, la copertura e gli obiettivi delle politiche attive del mercato del lavoro, nonché il modo in cui sono attuate, si ripercuote tuttavia sulla loro efficacia ed efficienza. La disoccupazione può avere diverse cause come una diffusa assenza di domanda di lavoro, squilibri tra domanda e offerta di competenze, la legislazione a tutela dell'occupazione o la tassazione del lavoro, ecc. (cfr. i corrispondenti paragrafi del presente documento). Allo stesso modo, le misure di attivazione possono essere imperniate sul lato dell'offerta (come le sovvenzioni all'occupazione), mentre altre possono essere indirizzate a gruppi svantaggiati sul mercato del lavoro, essere correlate alla struttura complessiva del mercato del lavoro (ad esempio sistemi di previsione delle competenze necessarie) o alla struttura delle prestazioni sociali. È questo il motivo per cui le misure nel campo delle politiche attive del mercato del lavoro vengono trattate, anche se in misura diversa, nelle sezioni 2.2, 2.3 e 2.4 della risposta strategica. Le politiche attive del mercato del lavoro adeguate variano in funzione dei diversi tipi di disoccupati e delle diverse circostanze; questo richiede tecniche di profilazione efficaci e lo sviluppo di una cultura della valutazione. Ad esempio, gli incentivi all'assunzione proposti alle imprese possono comportare perdite secche o effetti di spiazzamento relativamente marcati. Anche l'efficacia della creazione diretta di posti di lavoro nel settore pubblico è spesso opinabile. In generale le politiche attive del mercato del lavoro che fanno parte di regimi di sostegno personalizzati e mirati sembrano risultare più efficaci. Le politiche attive del mercato del lavoro che ridistribuiscono incentivi agli emarginati del mercato del lavoro tendono a essere particolarmente efficaci nei periodi di ripresa.

    A tal proposito la segmentazione del mercato del lavoro appare ancora significativa in diversi Stati membri. Ciò implica che nella forza lavoro coesistono spesso diversi "segmenti": da un lato lavoratori caratterizzati da rapporti di lavoro stabili, tutelati dal licenziamento e con pieno accesso alla protezione sociale, dall'altro lavoratori con contratti di lavoro atipici, con una protezione dai licenziamenti limitata o nulla, con rapporti di lavoro instabili e un accesso (spesso) limitato alla protezione sociale. In un mercato del lavoro segmentato i lavoratori con contratto a tempo determinato si trovano di solito in tale condizione contro la loro volontà, eseguono mansioni che per propria natura non sono temporanee e hanno possibilità di transizione limitate al segmento più protetto della forza lavoro; nella pratica i contratti a tempo determinato costituiscono spesso dei "punti morti" piuttosto dei "punti di partenza". La combinazione di percentuali elevate di lavoratori con contratto a tempo determinato e tassi esigui di transizione verso rapporti di lavoro a tempo indeterminato sembra particolarmente preoccupante in paesi come la Polonia, la Spagna e la Francia (figura 25).

    Figura 25: percentuale di occupazione temporanea (2015) e tassi di transizione da contratti di lavoro a tempo determinato a contratti di lavoro a tempo indeterminato (2014-15)

    Fonte: Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro e SILC. Per DE, IE, EL, LT, MT, RO e UK i dati relativi ai tassi di transizione riguardano il 2014

    Il coinvolgimento delle parti sociali nella concezione e nell'attuazione delle politiche e riforme pertinenti è diseguale nell'UE e questo aspetto richiede attenzione. Mentre tutti gli Stati membri dispongono di organi bipartiti o tripartiti per assicurare le interazioni tra le parti sociali e, in certi casi, le autorità pubbliche, il grado e l'impatto del coinvolgimento delle parti sociali nelle politiche e nelle riforme dipende in ampia misura dall'atteggiamento generale delle autorità pubbliche nei loro confronti, dal rapporto tra i decisori politici e i rappresentanti delle organizzazioni delle parti sociali, dalla capacità di queste organizzazioni e dalla sostanza dei loro contributi. Il coinvolgimento delle parti sociali nel semestre rispecchia spesso il loro coinvolgimento nei processi decisionali a livello nazionale.

    2.3.2    Risposta strategica

    Le istituzioni chiave per migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e contribuire alla corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro sono i servizi pubblici per l'impiego (SPI) degli Stati membri, che hanno partecipato tutti a visite di apprendimento comparativo per individuare i punti di forza e gli ambiti in cui è possibile apportare miglioramenti attraverso la rete europea dei servizi pubblici per l'impiego (rete degli SPI) 38 . In seguito a un processo di autovalutazione e di esame inter pares sono state prodotte relazioni che descrivono le buone pratiche e illustrano gli ambiti suscettibili di miglioramento. Ciascun SPI deciderà quale seguito darvi e riferirà 12 mesi dopo al consiglio direttivo della rete degli SPI in merito alle riforme intraprese.

    Gli SPI degli Stati membri continuano tuttavia a operare in un contesto di restrizioni finanziarie e devono quindi adoperarsi per indirizzare in modo più preciso l'erogazione dei servizi. Diversi SPI stanno sviluppando programmi di efficienza volti a mantenere e, ove possibile, migliorare l'erogazione dei servizi, prestando nel contempo una maggiore attenzione alle persone più difficili da aiutare. In Estonia il governo ha adottato il nuovo programma a favore dell'occupazione per il 2016-2017, entrato in vigore nel gennaio 2016. Sono disponibili più di 20 diverse misure attive per il mercato del lavoro volte a offrire aiuto secondo le esigenze individuali delle persone in cerca di lavoro. In Ungheria dal 2016 è attivo un nuovo sistema di profilazione su scala nazionale, finalizzato a erogare servizi del mercato del lavoro efficienti e personalizzati, sussidi e programmi del mercato del lavoro basati sulle caratteristiche individuali del cliente. 

    Lo sviluppo di sistemi di previsione delle competenze necessarie in diversi Stati membri aiuta i servizi pubblici per l'impiego a realizzare i loro obiettivi. A Malta è stato progettato uno strumento informatico per i datori di lavoro e le persone in cerca di lavoro. Tale strumento crea un mercato del lavoro virtuale che fa corrispondere la ricerca di lavoro con i posti di lavoro vacanti, tenendo conto delle competenze e delle attitudini. Questa misura dovrebbe contribuire a rendere il servizio pubblico per l'impiego più efficiente e contribuirà altresì alla definizione delle politiche grazie alle informazioni sul fabbisogno di competenze. In Lettonia è stato stanziato un importo significativo per un progetto volto a migliorare le previsioni del mercato del lavoro a breve termine, che comprende azioni di informazione sulla domanda di competenze e di professioni specifiche e prevede la creazione di uno strumento facilmente fruibile che evidenzia le prospettive della domanda e dell'offerta sul mercato del lavoro.

    Gli SPI stanno quindi intensificando i loro sforzi per rafforzare la collaborazione con i datori di lavoro in modo da incoraggiarli ad assumere attingendo al loro bacino di persone in cerca di lavoro. L'attenzione posta sulla necessità di soddisfare la domanda dei datori di lavoro è una componente essenziale dell'intervento degli SPI per contribuire a raggiungere un equilibrio sul mercato del lavoro. Nel Lussemburgo è stato stipulato un accordo tra l'Union des entreprises luxembourgeoises (UEL), il governo e l'SPI (ADEM) nell'ambito del programma "Entreprises, partenaires pour l'emploi", finalizzato all'assunzione di 5 000 persone in cerca di lavoro tra il 2015 e il 2017. Questo programma persegue una stretta cooperazione per condurre interventi specifici come l'istituzione di uno scambio di informazioni, lo sviluppo di partenariati tra l'ADEM e le imprese private, lo sviluppo di una formazione mirata per le persone in cerca di lavoro che soddisfano i requisiti delle imprese. Nel marzo 2016 è stato istituito un "JobBoard" in seno all'ADEM allo scopo di migliorare le opportunità di incontro tra le persone in cerca di lavoro e i datori di lavoro. In Romania, la strategia istituzionale dell'Agenzia nazionale per l'occupazione (NEA) si prefigge di sviluppare attività dedicate ai datori di lavoro al fine di accrescere il tasso di occupazione dei posti di lavoro vacanti.

    Gli Stati membri stanno inoltre sviluppando sportelli unici in linea con la raccomandazione del Consiglio sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo. In Portogallo i servizi offerti dai servizi pubblici per l'impiego e dai servizi sociali sono in corso di unificazione. In Romania è in fase di introduzione l'approccio basato sulla gestione dei casi individuali anche per i servizi sociali, nel contesto della riforma dell'SPI, al fine di accrescere l'attivazione e la correlazione tra i due tipi di servizi. Sono istituite squadre integrate per le collettività svantaggiate. Anche la Finlandia ha messo a punto una rete di servizi multisettoriali congiunti in materia sociale e occupazionale per i disoccupati di lungo periodo, rete che è operativa dall'inizio del 2016. Ciò consente un approccio integrato e personalizzato all'attivazione e al sostegno per il ritorno al lavoro.

    Con lo stesso obiettivo di sviluppare approcci olistici e coerenti alcuni Stati membri hanno anche adottato misure per migliorare la governance e la coerenza complessiva delle politiche attive del mercato del lavoro. In Italia il Jobs Act ha istituito una nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), incaricata di coordinare un'ampia rete di istituzioni e agenzie (ad esempio l'INPS, l'INAIL, i servizi per l'impiego, le camere di commercio, le scuole) responsabili della gestione e del monitoraggio delle politiche attive del mercato del lavoro. Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è incaricato di dirigere, monitorare e valutare l'ANPAL. È anche previsto che un ulteriore decreto amministrativo, basato su un accordo tra il governo centrale e le regioni, definisca orientamenti e obiettivi triennali per le politiche attive del mercato del lavoro e fissi gli standard per l'erogazione dei servizi sul territorio nazionale. Anche Cipro sta attuando un sistema di monitoraggio e di valutazione delle sue politiche attive del mercato del lavoro. Sono stati finalizzati i "requisiti utenti" e le "definizioni funzionali" e il sistema di monitoraggio e valutazione continui delle politiche attive del mercato del lavoro dovrebbe essere operativo entro la fine del 2016. In Finlandia il governo ha proposto, nell'aprile 2016, di ammorbidire la nozione di offerta di lavoro accettabile per quanto concerne il tipo di lavoro, l'ubicazione e il salario offerto. Sono in corso consultazioni in merito. In Spagna il piano annuale sulle politiche dell'occupazione per il 2016, che serve da quadro di coordinamento ed esecuzione delle politiche attive del mercato del lavoro, si basa su un insieme olistico di indicatori che copre l'intera gamma dei servizi erogati.

    Per diversi Stati membri promuovere l'efficienza dei mercati del lavoro significa anche promuovere la mobilità geografica del lavoro all'interno dei loro confini. Il Portogallo ha adottato un programma denominato "Sostegno alla mobilità geografica sul mercato del lavoro", volto a incoraggiare i disoccupati ad accettare posti di lavoro in luoghi distanti. Vi sono due categorie di sostegno basate sulla durata del contratto di lavoro: aiuto al pendolarismo in caso di mobilità temporanea (contratto di lavoro di almeno un mese a una distanza di almeno 50 km dalla residenza del lavoratore) o sostegno per il cambio di residenza in caso di mobilità permanente (contratto di lavoro di almeno 12 mesi a una distanza di almeno 100 km), con un'indennità una tantum per il trasloco, cui si affiancano indennità mensili per un periodo massimo di sei mesi. Anche nella Repubblica ceca l'ufficio del lavoro concede ora un sostegno alla mobilità regionale alle persone in cerca di lavoro iscritte da più di cinque mesi in diverse regioni 39 , sostegno che copre i costi di pendolarismo verso un nuovo posto di lavoro sito fuori dalla regione. In Bulgaria è previsto l'aggiornamento della legge per la promozione dell'occupazione al fine di erogare finanziamenti per l'assistenza all'infanzia, gli asili nido, le spese di affitto e l'abbonamento a internet per tutti i disoccupati che accettano un lavoro sito a più di 50 km dal loro luogo di residenza. Anche la Romania prevede di cofinanziare un sistema nazionale per migliorare la mobilità interna, nel contesto di un ampio pacchetto che comprende un sostegno ai disoccupati iscritti che iniziano a lavorare a più di 15 km dal loro luogo di residenza nonché un'indennità di prima sistemazione per coloro che prendono domicilio a più di 50 km dal loro luogo di residenza attuale.

    Oltre a fornire un sostegno, servizi e informazioni di qualità per promuovere l'occupazione, diversi Stati membri hanno adottato ulteriori azioni per lottare contro il lavoro sommerso, in particolare rafforzando le ispezioni sul lavoro. In Italia un decreto legislativo adottato nel settembre 2015 ha razionalizzato il sistema di ispezioni sul lavoro con la creazione di un ispettorato nazionale che incorpora tre istituzioni che in precedenza operavano separatamente e ha modificato le modalità dell'attività ispettiva. La convenzione tra l'Agenzia e il ministero del Lavoro, che definisce gli obiettivi e le attività dell'Agenzia, è ancora in attesa di adozione. A Malta la legge sui servizi per l'occupazione e la formazione è stata modificata nel giugno 2016 in seguito a consultazioni pubbliche, al fine di rafforzare sia le sanzioni pecuniarie per il lavoro irregolare sia le capacità dell'ispettorato del lavoro (unità di ottemperanza alla legge) nell'ambito dei servizi pubblici per l'impiego. A Cipro il ministero del Lavoro, del welfare e dell'assicurazione sociale ha identificato le componenti fondamentali necessarie per lottare efficacemente contro il lavoro sommerso. Verrà incoraggiato un riesame del sistema delle ispezioni sul lavoro per migliorarne l'efficacia e l'efficienza. Anche la Grecia intende adottare un piano d'azione integrato per lottare contro il lavoro non dichiarato e sottodichiarato.

    Anche se diversi Stati membri avevano già adottato misure in materia di legislazione a tutela dell'occupazione, alcuni hanno recentemente modificato la loro legislazione sui licenziamenti individuali o prevedono di farlo. In Francia la legge sul lavoro "El Khomri", di recente adozione, che modernizza il dialogo sociale e garantisce i percorsi professionali, intende precisare le circostanze che giustificano un licenziamento individuale per motivi economici. Essa integra l'attuale elenco di giustificazioni (interruzione dell'attività dell'impresa, cambiamento tecnologico, riorganizzazione di un'impresa per salvaguardarne la competitività), aggiungendo il calo degli ordinativi o degli introiti per un certo numero di trimestri consecutivi (calo considerato rispetto all'anno precedente), le perdite di margini operativi per un certo numero di mesi o una contrazione significativa delle entrate di cassa. La legge consente anche di stipulare contratti collettivi a livello di filiale per definire il numero di trimestri dopo i quali un calo degli ordinativi, dei margini operativi o delle entrate di cassa configurerebbe la possibilità di un licenziamento economico individuale. In assenza di tale contratto la legge stabilisce un certo numero di trimestri validi a seconda delle dimensioni dell'impresa. 

    Diversi Stati membri hanno riservato un'attenzione particolare alle controversie individuali del lavoro. In Francia è stata attuata una riforma delle controversie lavorative individuali volta ad accelerare le procedure. La riforma rafforza il ruolo della fase di conciliazione, consentendo un giudizio in assenza di una delle parti. Il processo può essere inoltre accelerato orientando certi casi innanzi a tribunali a "'formato ridotto", che devono esprimersi entro un massimo di tre mesi, mentre i casi complessi possono ora essere direttamente sottoposti a un tribunale presieduto da un magistrato professionale con capacità decisionale (départage). In Irlanda la legge sui rapporti di lavoro, adottata nel maggio 2015 e diventata esecutiva in ottobre, ha snellito gli organismi e le procedure per la deliberazione delle controversie di lavoro e la risoluzione delle denunce di violazione della legislazione sul lavoro. Una nuova commissione sulle relazioni sul lavoro (WRC) assumerà le funzioni dell'autorità nazionale dei diritti del lavoro, della commissione per le relazioni lavorative (LRC), alcune delle funzioni della corte d'appello del lavoro (EAT) e le funzioni del direttore del tribunale per la parità. Le funzioni di appello dell'EAT verranno trasferite al tribunale del lavoro. Ciò significa che vi sarà un unico punto da adire e un singolo percorso di appello, segnatamente una commissione di otto membri composta di un presidente, di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori e di esperti. La Commissione LRC, stabilita nel 1990, e la Corte EAT, stabilita nel 1967, verranno sciolte.

    Sono stati altresì adottati interventi contro la segmentazione del mercato del lavoro, in particolare limitando l'uso dei contratti a tempo determinato e i tipi di contratti di lavoro previsti nel codice del lavoro. Ciò vale in particolare per la riforma del codice del lavoro, adottata in Polonia nell'agosto 2015 e divenuta esecutiva nel febbraio 2016. È anche prevista una più ampia riforma del codice del lavoro; nel settembre 2016 sono stati istituiti comitati di codificazione per la preparazione dei nuovi codici del lavoro. In Lituania una nuova legislazione relativa al codice del lavoro è stata bloccata dal veto del presidente nel luglio 2016 ed è stata rimandata al Parlamento per ulteriore discussione. Qualora sia adottata potrebbe diventare operativa nel gennaio 2017. L'obiettivo è raggiungere un equilibrio sul piano della tutela dell'occupazione tra flessibilità e sicurezza al fine di incoraggiare i datori di lavoro a creare un numero maggiore di posti di lavoro (legali). Anche in Grecia è previsto uno snellimento della legislazione del lavoro, che verrebbe codificata in un codice del lavoro.

    In alcuni casi però la regolamentazione dell'orario di lavoro è stata resa più flessibile per consentire ulteriori possibilità di adattamento economico, senza comportare un'ulteriore segmentazione. Nella Repubblica ceca è stato introdotto un "contributo all'occupazione parziale", basato sul modello tedesco della "Kurzarbeit" (lavoro a tempo breve). In base alla nuova legge le imprese che si trovano in difficoltà finanziarie o sono colpite da catastrofi naturali hanno la possibilità di ridurre anche del 30 % i salari dei lavoratori cui non è possibile affidare abbastanza lavoro. Esse possono inoltre chiedere un contributo dello Stato, che può raggiungere il 20 % del salario del lavoratore; tale contributo non può tuttavia superare il 12,5 % del salario medio nell'industria e non può essere concesso per più di sei mesi (esiste la possibilità di presentare una nuova richiesta). Le modifiche del codice del lavoro hanno anche accresciuto la flessibilità dell'organizzazione del lavoro, in particolare per quanto concerne la programmazione/il diritto a ore di lavoro e a congedi o le disposizioni in materia di telelavoro, oltre a rafforzare gli strumenti di conciliazione tra vita professionale e vita privata, come il lavoro a domicilio. Nello stesso spirito in Belgio il ministero federale del Lavoro ha proposto alle parti sociali di riformare la legislazione del mercato del lavoro relativamente all'orario di lavoro (orario annualizzato), al lavoro interinale di durata illimitata, al telelavoro occasionale e ad altri elementi dell'organizzazione dell'orario di lavoro tra cui la costituzione di conti d'interruzione della carriera o la donazione di giorni di congedo. In Francia la cosiddetta "legge Macron" ha portato da 2 a 5 anni la durata massima degli accordi per il mantenimento del lavoro (Accords de maintien de l'emploi), che consentono alle imprese in difficoltà di adattare gli orari di lavoro e le retribuzioni (entro il limite di 1,2 salari minimi al mese). Il rifiuto di accettazione da parte dei singoli lavoratori costituisce una causa reale e grave di licenziamento economico, ma l'impresa deve accompagnare la transizione di queste persone, in particolare attraverso la formazione. Le imprese ora possono inoltre stipulare accordi per mantenere e sviluppare l'occupazione (un nuovo tipo di accordi più lungimiranti, non finalizzati esclusivamente al mantenimento del lavoro), che si traducono in una riorganizzazione e riduzione dell'orario di lavoro (ma senza intaccare il reddito mensile dei lavoratori).

    In certi casi l'orario di lavoro è stato usato come parametro per migliorare la competitività in termini di costi, come in Finlandia in cui il cosiddetto "accordo di competitività" comprende un aumento dell'orario di lavoro annuale di 24 ore, laddove ciascun settore può decidere nel contesto del pertinente contratto collettivo se tale obiettivo sia da realizzarsi riducendo le ferie o prolungando l'orario di lavoro. In Francia, in seguito alla recente adozione della legge sul lavoro "El Khomri", che modernizza il dialogo sociale e garantisce i percorsi professionali, la maggior parte degli accordi raggiunti a livello di impresa conterranno ora disposizioni predefinite relative all'orario di lavoro e alla sua organizzazione, al riposo giornaliero, alle ferie e ai congedi retribuiti. Poiché la portata delle clausole di blocco a livello di filiale è stata notevolmente limitata, un accordo a livello di impresa può essere meno flessibile che a livello di filiale per quanto concerne molti altri aspetti dell'orario di lavoro. Il principio si applica in particolare al tasso della retribuzione extra per le ore straordinarie, che può essere ridotta fino a un minimo del 10 % ove sussistano accordi in tal senso (in assenza di accordi sarebbe del 25 %).

    Poiché rappresentano sia il lato dell'offerta che quello della domanda dei mercati del lavoro le parti sociali contribuiscono a migliorarne il funzionamento partecipando attivamente alle riforme e diversi Stati membri stanno adottando misure per rafforzare il loro ruolo. Nel febbraio 2016 la Lituania ha adottato un piano d'azione per rafforzare il dialogo sociale, anche attraverso misure di sviluppo delle capacità, che dovrebbe essere attuato entro la fine del 2016. Nel novembre 2015 in Romania è stata avviata una consultazione pubblica su una strategia nazionale di dialogo sociale per chiarire il ruolo delle parti sociali, rivedere la legislazione in questo ambito, sviluppare le capacità delle parti sociali e accrescerne il coinvolgimento nelle politiche occupazionali.

    Diversi Stati membri hanno riveduto il ruolo delle parti sociali per quanto concerne la determinazione dei salari e le condizioni di lavoro, che sono gli ambiti precipui del loro intervento autonomo (cfr. anche la sezione 2.1.2). In Francia una legge adottata nell'agosto 2015 è intesa a semplificare il dialogo sociale a livello aziendale. Questa legge ha raggruppato le tematiche della consultazione obbligatoria e della contrattazione e prevede soltanto tre consultazioni obbligatorie all'anno invece di 17 e tre blocchi di contrattazioni collettive invece di 12, che interessano gli aspetti salariali e dell'orario di lavoro, la qualità della vita lavorativa, la gestione dei posti di lavoro e delle carriere. La legge prevede che la contrattazione possa aver luogo ogni tre anni (intervallo massimo) invece che su base annua in seguito a un accordo di maggioranza. La legge ha anche introdotto la possibilità per le imprese con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 300 di fondere i loro diversi enti obbligatori preposti al dialogo sociale, possibilità prevista anche per le imprese con più di 300 dipendenti a condizione che venga stipulato di un accordo di maggioranza. In Finlandia è stato fatto un passo importante verso la modifica del sistema di determinazione dei salari grazie a un accordo tripartito per la competitività firmato dal governo e dalle parti sociali nel marzo 2016, la cui applicazione è stata avviata nel terzo trimestre del 2016 tramite contratti collettivi. Nel 2017 verrà collaudato un nuovo modello di contrattazione. Aumenteranno le possibilità di contrattazione collettiva locale alle condizioni stabilite dalle parti sociali a livello settoriale e non in base alla legislazione, come era stato previsto inizialmente. Verrà rafforzato il ruolo dei rappresentanti sindacali allo scopo di migliorare il flusso informativo nei luoghi di lavoro. Per quanto concerne il settore pubblico, la Croazia intende rivedere il suo sistema salariale, anche istituendo un processo di coordinamento più solido per i negoziati collettivi attraverso la designazione di un'autorità centrale incaricata di tenere i registri e assicurare il coordinamento e il monitoraggio dei contratti e dei negoziati collettivi, nonché attraverso l'adozione di orientamenti per la conclusione di tali contratti.

    La maggior parte degli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali hanno inoltre coinvolto le parti sociali, almeno in caso di revisioni significative (per gli aspetti macroeconomici della determinazione dei salari minimi si rinvia alla sezione 2.1). In Estonia le parti sociali intersettoriali hanno deciso congiuntamente un salario minimo tramite un accordo bipartito attuato con decreto governativo. Il governo portoghese ha deciso un aumento del salario minimo in seguito a negoziati con le parti sociali, nel corso dei quali la principale confederazione sindacale si è opposta alla proposta di riduzione degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro. Il governo e le parti sociali hanno infine concordato un monitoraggio trimestrale dell'attuazione dell'accordo. Di converso, nel luglio 2016 le parti sociali slovacche non sono riuscite ad accordarsi sull'adeguamento del salario minimo per il 2017.

    Le parti sociali sono state inoltre coinvolte nel processo decisionale associato a nuove sfide. Nel marzo 2016 in Danimarca il governo e le parti sociali hanno raggiunto un accordo volto ad assicurare una migliore integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati e delle persone che si sono avvalse del ricongiungimento familiare. L'accordo prevede nuove e migliori possibilità per le imprese di dare lavoro ai rifugiati sprovvisti di qualifiche e con una bassa produttività, il che non corrisponde al sistema di salari minimi fissati attraverso la contrattazione collettiva. Ne consegue ad esempio che per le imprese private che danno lavoro a rifugiati in posti di lavoro di solito non sovvenzionati è introdotto un sistema di bonus in contanti. In Slovenia, in seguito a discussioni con le parti sociali, sono state adottate misure per prevenire il ricorso illecito a forme di lavoro atipico.

    2.4    Orientamento 8: stimolare l'inclusione sociale, combattere la povertà e promuovere le pari opportunità

    Questa sezione esamina l'attuazione dell'orientamento n. 8 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di modernizzare i loro regimi di protezione sociale al fine di combattere la povertà e l'esclusione sociale. Essa passa innanzitutto in rassegna la situazione sociale negli Stati membri sulla base di indicatori chiave, tra cui quelli relativi al reddito disponibile, alla povertà e all'inclusione sociale e all'accesso all'assistenza sanitaria. La sezione 2.4.2 fa il punto delle misure strategiche adottate dagli Stati membri nell'ambito dei regimi di protezione sociale, compreso quello delle prestazioni di disoccupazione, delle politiche abitative, dell'assistenza all'infanzia, dell'assistenza a lungo termine, dell'assistenza sanitaria, delle pensioni e dell'inclusione delle persone con disabilità.

    2.4.1    Indicatori chiave

    Quasi tutti gli Stati membri hanno registrato una crescita dei redditi delle famiglie. Nel 2015 il reddito lordo disponibile delle famiglie è aumentato in tutti gli Stati membri tranne a Cipro (dello 0,8 %) (figura 26). Gli aumenti maggiori sono stati invece registrati in Danimarca (del 7,3 %), in Romania (del 5,8 %) e in Lettonia (del 5,4 %) 40 .

    Sono state constatate crescenti differenze nella disparità di reddito tra gli Stati membri, misurata con l'indicatore S80/S20. Tra il 2014 e il 2015 la disparità, misurata quale rapporto tra i redditi del 20 % della popolazione con i redditi più alti e i redditi del 20 % della popolazione con i redditi più bassi, è aumentata in Lituania (di 1,4 punti percentuali), seguita da Romania, Bulgaria, Spagna, Malta e Regno Unito (con aumenti compresi tra 0,1 e 0,3 punti percentuali). Un lieve calo è stato registrato in Slovacchia (di 0,4 punti percentuali), in Estonia e Germania (di 0,3 punti percentuali), a Cipro e in Portogallo (di 0,2 punti percentuali). Nel complesso le maggiori disparità di reddito sono state registrate in Romania, Lituania, Bulgaria e Spagna, dove il reddito mediano equivalente del 20 % più ricco della popolazione è circa sette volte superiore al reddito del 20 % più povero. Come illustrato nella figura 27, nel 2015 è stata riscontrata una tendenza divergente nelle cifre relative alla disparità poiché gli Stati membri che presentavano livelli di disparità più elevati hanno registrato anche i maggiori aumenti.

    Figura 26: variazione del reddito lordo disponibile delle famiglie nel 2015 secondo il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali

    Fonte: Eurostat, conti nazionali (calcoli della DG EMPL). Nota: al 26 ottobre 2016 mancavano dati per BE, BG, EE, IE, EL, HR, LU, MT e PL.

    Figura 27: disparità di reddito (rapporto S80/S20) secondo il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali

    Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL). Periodo: livello 2015 e variazione 2014-2015.

    Nota: non sono disponibili dati per l'Irlanda (26 ottobre 2016). Gli assi sono centrati sulla media non ponderata dell'UE. La legenda figura nell'allegato.

    Nel 2015 il tasso delle persone a rischio di povertà e di esclusione sociale è calato, anche se con forti variazioni tra gli Stati membri. In Romania e in Bulgaria tale tasso si situava intorno al 40 %, mentre nella Repubblica ceca, nei Paesi Bassi, in Finlandia e Svezia era inferiore al 17 %. Mentre alcuni Stati membri, come l'Estonia, l'Ungheria, la Lettonia, Malta e la Romania nel 2015 hanno compiuto buoni progressi nella riduzione del numero delle persone povere o socialmente escluse (riduzione tra 3,6 punti percentuali in Ungheria e 1,4 punti percentuali a Malta), la Bulgaria, Cipro e la Lituania hanno visto aumentare in modo sostanziale tali cifre nel corso dell'anno (la Lituania di 2 punti percentuali, la Bulgaria di 1,2 punti percentuali e Cipro di 1,5 punti percentuali). Uno dei motivi della disparità tra i tassi di povertà e di esclusione sociale nell'UE è dovuto all'impatto diseguale della crisi economica, al modo in cui il mercato del lavoro e i sistemi sociali hanno reagito alla flessione dell'economia, nonché ai pacchetti di risanamento di bilancio attuati nella maggior parte degli Stati membri.

    Per la popolazione in età lavorativa la povertà di reddito è lievemente aumentata. Tra il 2014 e il 2015 dodici Stati membri hanno registrato un aumento del tasso di rischio di povertà nella fascia di età dai 18 ai 64 anni. Il tasso di rischio di povertà è aumentato notevolmente a Cipro (di 2,5 punti percentuali), in Lituania (di 1,9 punti percentuali) e in Polonia (di 0,9 punti percentuali). Tra gli Stati membri che hanno registrato una contrazione del tasso del rischio di povertà è il caso di menzionare in particolare l'Estonia (calo di 1,5 punti percentuali) e la Grecia (di 1 punto percentuale). In Grecia il miglioramento del tasso di povertà va tuttavia correlato a un notevole calo delle soglie di povertà, che rispecchia il peggioramento del risultato economico complessivo. I tassi di povertà più elevati per la popolazione in età lavorativa (prossimi o superiori al 20 %) sono stati registrati in Romania, Spagna, Grecia e Italia. Come risulta dalla figura 28 la divergenza dei tassi di povertà tra gli Stati membri ha registrato una battuta d'arresto nel 2015, ma non vi sono tuttavia indicazioni di convergenza.

    Figura 28: tassi della popolazione in età lavorativa (18-64 anni) a rischio di povertà secondo il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali

    Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL). Periodo: livello 2015 e variazione 2014-2015.

    Nota: non sono disponibili dati per l'Irlanda (26 ottobre 2016). Gli assi sono centrati sulla media non ponderata dell'UE. La legenda figura nell'allegato.

    La percentuale delle persone che vivono in famiglie senza occupazione è diminuita. Nel 2015, con il migliorare delle condizioni del mercato del lavoro, 17 Stati membri hanno assistito a una riduzione rispetto al 2014, che è stata maggiore in Ungheria (di 3,4 punti percentuali), in Lettonia (di 1,8 punti percentuali) e in Spagna (di 1,7 punti percentuali). Le percentuali più elevate di persone che vivono in famiglie senza occupazione sono state registrate in Grecia (16,8 %) e in Spagna (15,4 %), mentre le percentuali più basse erano quelle dell'Estonia (6,6 %), della Svezia (5,8 %) e del Lussemburgo (5,7 %). In una prospettiva temporale più lunga, tra il 2015 e il 2012 nove Stati membri hanno registrato un aumento della percentuale di persone che vivono in famiglie senza occupazione, i più alti dei quali sono stati osservati a Cipro (di 1,2 punti percentuali), in Romania (di 1,5 punti percentuali) e in Finlandia (di 0,8 punti percentuali).

    Nel 2015 la deprivazione materiale grave è ulteriormente diminuita. Ciò è dovuto essenzialmente alle forti riduzioni registrate in Ungheria (di 4,6 punti percentuali), Lettonia (di 2,8 punti percentuali), Romania (di 2,3 punti percentuali) e Polonia (di 2,3 punti percentuali). In un certo numero di paesi la deprivazione materiale grave è tuttavia aumentata, segnatamente in Bulgaria (di 1,1 punti percentuali) e in Grecia (di 0,7 punti percentuali), ma anche in Danimarca (di 0,5 punti percentuali) e nel Lussemburgo (di 0,6 punti percentuali). I livelli complessivi di deprivazione materiale grave variavano notevolmente tra gli Stati membri, in particolare per via delle differenze nei livelli di vita e nell'efficacia delle politiche sociali, e andavano dal 34,2 % in Bulgaria al solo 2% nel Lussemburgo e allo 0,7 % in Svezia.

    La povertà o l'esclusione sociale tra i bambini e i giovani si sono leggermente ridotte, ma rimangono elevate. Nel 2015 il tasso di rischio di povertà e di esclusione sociale per i giovani (18-24 anni) è sceso, segnatamente in Slovenia (di 3,4 punti percentuali), in Ungheria (di 3,8 punti percentuali), in Danimarca (di 2,6 punti percentuali) e in Portogallo (di 2,9 punti percentuali). Esso è tuttavia aumentato in Bulgaria (di 4,4 punti percentuali), in Spagna (di 3,1 punti percentuali), a Cipro (di 2,2 punti percentuali), nei Paesi Bassi (di 2,4 punti percentuali) e in Finlandia (di 2,4 punti percentuali). I tassi più elevati di povertà o di esclusione sociale tra i giovani sono stati registrati in Grecia (più del 50 %), ma anche in Romania, Danimarca e Bulgaria (più del 40 %). Nel complesso anche il tasso del rischio di povertà o di esclusione sociale per i bambini è leggermente sceso (cfr. sezione 1.2), ma rimane elevato in diversi paesi per via del peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro per la popolazione in età lavorativa, nonché a causa del numero crescente di famiglie senza occupazione e di persone a basso reddito. Otto Stati membri hanno registrato un aumento di questo tasso per i bambini, in particolare la Lituania e Cipro (di circa 4 punti percentuali). Cinque Stati membri hanno registrato cali sostanziali, in particolare l'Ungheria (di 5,7 punti percentuali), il Lussemburgo (di 3,4 punti percentuali), la Lettonia (di 4 punti percentuali), Malta (di 3,1 punti percentuali) e la Romania (di 3,7 punti percentuali). Livelli allarmanti per quanto concerne il rischio di povertà o di esclusione sociale tra i bambini sono stati osservati in Romania (circa il 50 %), in Bulgaria e in Ungheria (più del 40 %). In Grecia, Spagna, Italia, Regno Unito, Portogallo, Lettonia e Lituania il tasso di povertà e di esclusione sociale per i bambini era superiore al 30 %.

    Le persone con disabilità, i cittadini di paesi terzi e i disoccupati sono particolarmente colpiti dalla povertà o dall'esclusione sociale. Nel 2014 sono stati registrati picchi del tasso di povertà o di esclusione sociale per le persone con disabilità in Bulgaria (52,6 %), Lettonia (43,2 %), Romania (42,3 %) e Lituania (40,9 %). Il divario tra il tasso di povertà o di esclusione sociale delle persone con disabilità e quello della popolazione in generale è salito a 17,8 punti percentuali in Belgio, 18,3 punti percentuali in Lettonia e 18,5 punti percentuali in Lituania. Se si esamina la situazione dei cittadini di paesi terzi, nel 2014 il divario tra il loro tasso di povertà o di esclusione sociale e quello dei cittadini del paese ospitante ha superato i 53 punti percentuali in Belgio, i 35 punti percentuali in Grecia, Spagna e Svezia e i 30 punti percentuali in Finlandia, Francia e Slovenia. Il tasso di povertà o di esclusione sociale tra i disoccupati variava notevolmente, tra l'84,7 % in Germania e più del 70 % in Romania, Bulgaria, Ungheria, Lituania, Regno Unito, Paesi Bassi e Grecia e circa il 50 % in Francia e Svezia.

    Nonostante una stabilizzazione complessiva, nel 2015 i livelli e l'andamento della povertà lavorativa tra i diversi Stati membri erano piuttosto disuguali per via delle diverse caratteristiche del mercato del lavoro. Il tasso di lavoratori a rischio di povertà variava notevolmente all'interno dell'UE, dal 3,5 % in Finlandia e il 4 % nella Repubblica ceca al 13,2 % in Spagna, al 13,4 % in Grecia e al 18,6 % in Romania. Il tasso è aumentato notevolmente in Ungheria (di 2,6 punti percentuali), in Lituania (di 1,8 punti percentuali), a Cipro (di 1,4 punti percentuali) e in Lettonia (di 1,1 punti percentuali). La riduzione maggiore ha invece interessato la Bulgaria e l'Estonia (di 1,5 punti percentuali), paesi in cui in precedenza era stato registrato un aumento.

    In diversi Stati membri l'accesso all'assistenza sanitaria rimane difficile per una parte significativa della popolazione, in particolare per le famiglie a basso reddito. Dal 2011 la proporzione della popolazione dell'UE le cui esigenze di visite mediche rimangono insoddisfatte a causa di costi troppo elevati, di tempi di attesa troppo lunghi o della distanza da percorrere, è leggermente aumentata, stando al corrispondente indicatore risultante da un'indagine, con aumenti marcati in Grecia, Estonia, Irlanda e Portogallo. Nel 2014 la percentuale della popolazione interessata superava il 6 % in Lettonia, Estonia, Grecia, Romania, Polonia e Italia (per lo più a causa dei costi in Lettonia, Grecia, Romania e Italia, e dei tempi di attesa in Estonia e Polonia). Sono state tuttavia registrate notevoli riduzioni in Lettonia come anche in altri Stati membri, nei quali la percentuale di esigenze rimaste insoddisfatte era relativamente significativa, come la Romania, la Bulgaria e la Croazia. Nel complesso, anche se il recente aumento delle esigenze rimaste insoddisfatte risulta dalla componente "tempi di attesa" (cfr. figura 29), i costi rimangono il principale ostacolo. Nell'UE in media il 6,4 % delle persone che vivono in una famiglia a basso reddito (quintile inferiore) nel 2014 ha riferito di esigenze di assistenza sanitaria rimaste insoddisfatte, contro l'1,5 % di coloro che vivono in una famiglia più ricca (ultimo quintile), e dal 2011 tale divario tra quintili di reddito si è ampliato. Queste cifre vanno considerate nel quadro della percentuale sostanziale delle spese non rimborsabili 41 nel contesto delle spese sanitarie complessive in diversi paesi (figura 30).

    Figura 29: esigenze di visite mediche rimaste insoddisfatte riferite dagli interessati, 2011 e 2014

    Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC.

    Figura 30: spese mediche non rimborsabili in % della spesa sanitaria corrente, 2013

    Fonte: dati sanitari di Eurostat, OCSE e OMS e calcoli dei servizi della Commissione. Commissione europea (2016), "Joint Report on Health Care and Long-Term Care Systems & Fiscal Sustainability", ottobre 2016.

    2.4.2    Risposta strategica

    Diversi Stati membri hanno attuato riforme strategiche volte a risolvere i problemi legati alla copertura e all'adeguatezza delle prestazioni sociali e al loro legame con l'attivazione, in linea con i principi dell'inclusione attiva. L'Estonia ha aumentato del 10 % l'indennità di disoccupazione e ha introdotto una nuova procedura per valutare l'idoneità al lavoro e un insieme più ampio di misure di attivazione volte ad aiutare le persone a rientrare sul mercato del lavoro. L'Italia ha esteso la copertura e la durata dell'assicurazione di disoccupazione e ha riveduto le modalità di attivazione e la condizionalità. Le prestazioni di disoccupazione sono ora più inclusive, assicurano una copertura più ampia e durano più a lungo. Il sistema di assistenza alla disoccupazione, che in origine aveva carattere temporaneo, è stato ora reso permanente. La concessione di prestazioni è inoltre divenuta subordinata alla firma di un contratto di "inclusione attiva". L'Italia ha inoltre introdotto su tutto il territorio nazionale una misura contro la povertà denominata SIA (Sostegno per l'inclusione attiva), che coniuga un aiuto economico e programmi di attivazione nel contesto di un piano nazionale di lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Nel settembre 2015 la Francia ha aumentato del 2 % l'importo del reddito minimo delle persone che non lavorano e ha fuso due regimi di sostegno salariale in un bonus unico, con l'obiettivo di rafforzare la sua componente di attivazione e di accrescere il coinvolgimento delle famiglie che si trovano al fondo della scala salariale. La Croazia ha aumentato del 15 % il reddito minimo garantito per le persone sole inabili al lavoro e per le famiglie monoparentali. La Danimarca ha aumentato gli incentivi per incoraggiare i disoccupati ad accettare un lavoro, anche se per brevi periodi. Malta sta introducendo diverse misure, tra cui una riduzione graduale delle prestazioni per coloro che trovano un lavoro, nonché prestazioni per le persone che lavorano. In Slovacchia nel 2015 la riduzione degli oneri sociali ha contribuito a contenere i costi del lavoro e ha fornito incentivi a lavorare a coloro che percepiscono salari bassi.

    Altri Stati membri si sono adoperati per assicurare l'inclusione sociale di coloro che non possono lavorare. La Grecia ha adottato la strategia nazionale sull'inclusione sociale per affrontare la povertà, l'esclusione sociale e la discriminazione. La Romania intende sviluppare squadre di intervento integrato per le collettività emarginate e attua un pacchetto olistico di misure contro la povertà.

    Diversi Stati membri hanno adottato misure per agevolare l'accesso a servizi sociali di qualità. La Bulgaria sta sperimentando i centri per l'occupazione e l'assistenza sociale, che rappresentano un nuovo modello di servizi sociali e occupazionali integrati. La Croazia sta creando sportelli unici che dovranno fungere da punto amministrativo unico per l'erogazione di servizi sociali.

    Diversi Stati membri hanno intrapreso riforme nel settore degli alloggi al fine di migliorare la situazione abitativa delle persone svantaggiate e promuovere la mobilità del lavoro. La Repubblica ceca ha introdotto una nuova legge che facilita l'accesso dei gruppi svantaggiati all'edilizia sovvenzionata. Per il periodo 2015-2020 la Spagna ha adottato una strategia di ampio respiro per i senzatetto, che comprende obiettivi concreti volti a prevenire e ridurre la deprivazione abitativa e affrontare le conseguenze sociali degli sfratti. Gli obiettivi della politica abitativa facevano anche parte delle strategie integrate della politica sociale e di quella contro la povertà. Nel suo pacchetto nazionale di lotta alla povertà la Romania ha avviato una serie di misure per creare una rete di sicurezza per i più poveri sulla base di un approccio unico e coordinato. Queste misure dovrebbero comprendere sovvenzioni per ristrutturare gli alloggi in condizioni critiche. Il nuovo piano integrale di sostegno alle famiglie della Spagna copre anche le iniziative in materia di alloggi. Per migliorare l'accessibilità economica degli alloggi nel luglio 2016 l'Irlanda ha introdotto il pagamento per l'assistenza abitativa (Housing Assistance Payment - HAP), che è una forma di sostegno all'edilizia sovvenzionata per le persone che versano da tempo in condizioni di bisogno abitativo. I Paesi Bassi hanno presentato un pacchetto per controllare gli aumenti degli affitti e migliorare in generale la transizione dall'edilizia sovvenzionata ad alloggi privati in affitto per le persone con un reddito superiore alla soglia che dà diritto all'edilizia sovvenzionata.

    Molti Stati membri hanno inoltre adottato misure per migliorare l'erogazione di un'assistenza all'infanzia a costi contenuti, accessibile e di qualità. Il Portogallo ha annunciato che nel 2019 attuerà una garanzia per l'istruzione della prima infanzia e per la custodia dei bambini a partire dai tre anni di età. Analogamente, nell'aprile 2015 la Repubblica ceca ha introdotto un anno obbligatorio di istruzione prescolastica. Nel settembre 2015 la partecipazione al sistema di istruzione e custodia dei bambini nella prima infanzia è stata resa obbligatoria in Ungheria e, dal 2016, l'istruzione pre-primaria sarà obbligatoria per tutti i bambini di sei anni in Lituania. La legge sull'assistenza all'infanzia, varata nel marzo 2016 dal Regno Unito, prevede 15 ore supplementari di custodia gratuita per i bambini di 3 e 4 anni i cui genitori lavorano in Inghilterra, oltre alle 15 ore attualmente proposte nel quadro dell'erogazione universale di custodia gratuita. La Romania ha varato una legge per migliorare l'accesso dei bambini di famiglie svantaggiate all'istruzione prescolastica offrendo voucher sociali per le scuole dell'infanzia.

    Negli Stati membri dell'UE sono state attuate importanti riforme sanitarie per incoraggiare l'erogazione di servizi efficaci di assistenza sanitaria di base e agevolarne l'accesso, per razionalizzare e aumentare la sostenibilità dell'assistenza specialistica e ospedaliera e per migliorare l'accesso a medicinali economicamente accessibili, impiegati in modo efficiente sotto il profilo dei costi. Superare la frammentazione dei servizi e riorganizzare i meccanismi di governance sono altri settori oggetto di importanti sforzi a livello politico volti a migliorare l'accesso ai servizi sanitari nonché ad assicurare un'adeguata forza lavoro quale precondizione per un sistema sanitario funzionante. La Repubblica ceca, la Lituania e la Lettonia si sono adoperate per migliorare la trasparenza delle procedure e la disponibilità di informazioni, per aumentare i diritti dei pazienti e la scelta dei prestatori di assistenza sanitaria nonché per ridurre i tempi di attesa per i servizi sanitari. La Bulgaria, la Germania, la Romania e la Slovacchia stanno attuando riforme in materia di assistenza ospedaliera, che prevedono anche il finanziamento degli ospedali correlato ai risultati, lo sviluppo delle cure ambulatoriali e la revisione degli accordi sugli appalti in modo da migliorare l'efficacia in termini di costi. La Bulgaria, la Repubblica ceca, la Germania, la Spagna e il Portogallo hanno attuato misure per ridurre i costi dei medicinali e dei presidi medici attraverso la centralizzazione dei loro sistemi di appalto o un maggiore utilizzo dei farmaci generici. Per ovviare alle carenze di personale sanitario dovute all'invecchiamento del personale sanitario e alla difficoltà di assumere o conservare tale personale l'Estonia e la Lettonia hanno adottato misure per offrire aumenti salariali e sostenere lo sviluppo professionale e migliori condizioni lavorative onde accrescere l'attrattiva del settore sanitario.

    A causa dell'invecchiamento della loro popolazione alcuni Stati membri stanno adottando misure per migliorare l'efficienza, la qualità e l'accesso all'assistenza a lungo termine, pur facendo attenzione alla sostenibilità delle finanze pubbliche. Una delle strategie contemplate consiste nel promuovere l'autonomia delle persone il più a lungo possibile, in particolare grazie a servizi basati sulla collettività, l'assistenza domestica e la prevenzione. Gli Stati membri stanno inoltre affrontando la frammentazione dei servizi e dei finanziamenti. La Slovenia, ad esempio, ha rafforzato la sua legge sull'assistenza a lungo termine rafforzando l'integrazione delle cure e introducendo un nuovo metodo per l'organizzazione e il finanziamento dell'assistenza a lungo termine. La Germania ha varato una riforma dell'assicurazione per l'assistenza di lungo termine, che comprende una modifica fondamentale nella definizione di "bisognoso di assistenza" e che verrà attuata a partire dal 2017. Il Lussemburgo ha proposto una nuova riforma dell'assicurazione di assistenza a lungo termine che dovrebbe semplificare le procedure e garantire maggiore flessibilità e maggiore attenzione alle esigenze individuali, grazie a un nuovo elenco di categorie di dipendenza e di sostegno. Le misure volte a rafforzare il sostegno ai prestatori di assistenza informale, trattate nella sezione 2.2.2., rappresentano inoltre un ulteriore, importante elemento delle iniziative di riforma dei sistemi di assistenza a lungo termine.

    Le riforme delle pensioni, adottate dagli Stati membri nel 2015-2016, rispecchiano il crescente riconoscimento della necessità di affiancare riforme finalizzate a rafforzare la sostenibilità con misure di accompagnamento onde salvaguardare l'adeguatezza delle pensioni. La principale finalità delle riforme che hanno fatto seguito alla crisi finanziaria era il contenimento dei costi legati all'invecchiamento della popolazione, innalzando l'età pensionabile, irrigidendo le condizioni di accesso e rivedendo il calcolo delle prestazioni. Di conseguenza, nel 2015 le proiezioni della spesa prevedevano per la prima volta una riduzione nel lungo periodo della spesa pensionistica nella maggior parte degli Stati membri (pari in media a 0,2 punti percentuali del PIL tra il 2013 e il 2060). Si può inoltre constatare che l'adeguatezza dipende sempre di più da carriere lunghe e stabili che portano a una pensione completa o, in alternativa, da risparmi complementari e garanzie minime.

    In tale contesto le ultime riforme adottate dagli Stati membri presentano un quadro più differenziato, che va da ulteriori aumenti dell'età pensionabile nei paesi in cui la sostenibilità è ancora problematica a misure di sostegno all'adeguatezza, quali garanzie minime e un'indicizzazione più favorevole. Il Belgio ha adottato un ampio pacchetto di riforme, che prevede anche un aumento dell'età pensionabile, l'allungamento delle carriere e una riduzione dell'accesso al prepensionamento. In Finlandia un nuovo sistema pensionistico entrerà in vigore nel 2017. La riforma delle pensioni metterà in correlazione l'età pensionabile alla speranza di vita e intende incoraggiare le persone a lavorare più a lungo. Altri Stati membri (Croazia e Slovenia) hanno presentato pacchetti di riforme che devono ancora essere perfezionati e adottati. Si stanno diffondendo disposizioni flessibili in materia di pensionamento volte a incoraggiare le persone a lavorare più a lungo: soluzioni di questo tipo sono state adottate nei Paesi Bassi, in Austria e in Slovenia. Diversi Stati membri si sono adoperati per migliorare la protezione dei pensionati a basso reddito, introducendo o innalzando le pensioni minime (Repubblica ceca e Slovacchia) e/o prevedendo prestazioni aggiuntive mirate (Repubblica ceca, Estonia, Svezia). La Lettonia ha adeguato le disposizioni in materia di maturazione della pensione per tutelare i diritti durante la crisi economica, mentre la Lituania ha riveduto le norme in materia di indicizzazione e il Portogallo ha ricominciato a indicizzare le pensioni medio-basse. La Grecia ha invece proceduto a un congelamento delle pensioni in pagamento e ha riveduto le regole di calcolo per migliorare la sostenibilità delle pensioni. Per quanto concerne le pensioni complementari, il Belgio e la Francia hanno adottato misure per migliorare la sostenibilità dei regimi pensionistici complementari mentre alcuni Stati membri (Danimarca, Paesi Bassi, Polonia e Slovenia) hanno presentato piani di riforma delle pensioni complementari, che devono ancora essere perfezionati e adottati. La Repubblica ceca ha completato lo smantellamento del sistema legale di pensione per capitalizzazione.

    Per quanto concerne le persone con disabilità, diversi Stati membri hanno adottato misure per accrescere la loro partecipazione al mercato del lavoro. Il 1° luglio 2016 l'Estonia ha introdotto quote per l'occupazione nella pubblica amministrazione e ha fissato un obiettivo di impiego di 1 000 disabili nel settore pubblico entro il 2020. L'Irlanda ha adottato un'ampia strategia per l'occupazione dei disabili per il periodo 2015–2024 in base alla quale, tra l'altro, l'obiettivo occupazionale del 3 % per le persone con disabilità nel settore pubblico dovrebbe salire progressivamente al 6 % entro il 2024. Il governo ha inoltre iniziato a finanziare un servizio di sostegno inter pares ai datori di lavoro e un servizio di assistenza telefonica sulla disabilità.

    Gli Stati membri hanno anche adottato misure mirate al sostegno dell'integrazione dei migranti e dei rifugiati nel mercato del lavoro e nella società. Una descrizione dettagliata di queste misure figura nella sezione 2.2.2.

    Allegato 1: quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali raffrontati alle medie dell'UE

    Fonte: Eurostat, indagine UE sulle forze di lavoro, conti nazionali e indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL).

    Per ogni indicatore (eccetto la crescita reale del reddito lordo disponibile delle famiglie, perché è rappresentata come valore monetario) le tre colonne si riferiscono a: i) variazione su base annua in termini assoluti; ii) differenza rispetto ai tassi medi dell'UE (o della zona euro) nello stesso anno; iii) variazione su base annua del paese rispetto alla variazione su base annua a livello dell'UE o della ZE (indicando se la situazione del paese sta peggiorando/migliorando più rapidamente del resto dell'UE/della ZE rispecchiando la dinamica della divergenza/convergenza socio-economica). S1 sta per 1º semestre e si basa su dati trimestrali destagionalizzati. Discontinuità nelle serie di NEET per ES (2014), FR (2014), HU (2015) e LU (2015). Discontinuità nelle serie dei tassi di rischio di povertà e S80/S20 per EE (2014) e UK (2015). Le cifre relative a tasso di rischio di povertà e S80/S20 per NL sono provvisorie.

    Al 26 ottobre 2016 i contrassegni relativi alla significatività statistica delle variazioni e della differenza rispetto alla media dell'UE degli indicatori del tasso di rischio di povertà e dell'S80/S20 non sono ancora disponibili.

    Allegato 2: quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali raffrontati alle medie della zona euro

     

    Fonte: Eurostat, indagine UE sulle forze di lavoro, conti nazionali e indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL). Per i dettagli cfr. l'allegato 1.

    Allegato 3: quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali con valori assoluti in tre anni consecutivi

     

    Fonte: Eurostat, indagine UE sulle forze di lavoro, conti nazionali e indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL). Per i dettagli cfr. l'allegato 1.



    Allegato 4: nota metodologica relativa all'identificazione di tendenze e livelli nel quadro di valutazione

    A metà del 2015 la Commissione europea e gli Stati membri hanno esaminato le modalità per migliorare l'analisi, la lettura e l'interpretazione del quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali in vista della successiva versione della relazione comune sull'occupazione, concentrandosi in particolare sullo sviluppo di una metodologia atta a valutare la performance degli Stati membri in base al quadro di valutazione. Si è convenuto che la metodologia da applicare dovesse essere in grado di fornire, per ogni indicatore, una misura della posizione relativa di ogni Stato membro, in base al valore dell'indicatore ad esso attribuito (punteggio), nella distribuzione dei valori degli indicatori (punteggi) dell'UE. La metodologia va applicata sia ai livelli annui (livelli) sia alle variazioni annue (variazioni) onde consentire una valutazione olistica della performance degli Stati membri.

    A questo fine si può adottare un approccio semplice e comunemente utilizzato che implica che per ogni indicatore sia analizzata la distribuzione, rispettivamente, di livelli e variazioni e siano individuate le osservazioni (punteggi degli Stati membri) che si discostano sensibilmente dalla tendenza comune. In termini statistici, questo significa rilevare i valori anomali nella distribuzione dei punteggi dell'UE per tale indicatore.

    Ai fini dell'applicazione di tale approccio, prima di procedere con l'analisi è opportuno convertire, per ogni indicatore, i punteggi degli Stati membri in punteggi standard (anche noti come punteggi z), il cui vantaggio consiste nell'offrire un modo per equiparare metriche diverse, consentendo così di applicare la stessa metrica a tutti gli indicatori.

    A tal fine vengono standardizzati i dati grezzi sia dei livelli sia delle variazioni per ogni indicatore, secondo la formula:

    Questo approccio consente di esprimere per ogni Stato membro il valore grezzo dell'indicatore in termini di numero di deviazioni standard rispetto alla media. È quindi possibile valutare e classificare la performance di ciascuno Stato membro in base ai risultati dei punteggi z rispetto ad una serie di soglie predefinite, che possono essere fissate come multipli della deviazione standard. Va osservato che, in passato, una metodologia comparabile è già stata concordata e utilizzata nell'ambito del quadro di valutazione LIME 42 .

    In questo approccio la questione più importante è la fissazione di valori di soglia. Poiché è impossibile formulare ipotesi parametriche sulla distribuzione dei dati grezzi osservati per gli indicatori occupazionali 43 , le soglie sono generalmente selezionate secondo una regola empirica. In base all'analisi degli indicatori utilizzati nel quadro di valutazione e considerando che più bassi sono gli indicatori relativi alla disoccupazione, ai NEET e all'esclusione sociale (ad eccezione del reddito lordo disponibile delle famiglie), migliori sono i risultati, si è convenuto di valutare 44 :

    1.qualsiasi punteggio inferiore a -1 come una performance ottima;

    2.qualsiasi punteggio compreso tra -1 e -0,5 come una performance buona;

    3.qualsiasi punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 come una performance neutra;

    4.qualsiasi punteggio compreso tra 0,5 e 1 come una performance scarsa;

    5.qualsiasi punteggio superiore a 1 come una performance pessima 45 .

    La metodologia proposta consiste nel valutare la performance per tutti gli indicatori per ciascuno Stato membro sia per i livelli sia per le variazioni. L'esito di questa analisi sarà quindi, per ogni indicatore, la valutazione dei punteggi degli Stati membri, sia per i livelli sia per le variazioni, secondo i cinque criteri, come indicato nella tabella 1:

    Tabella1: proposta di valori soglia per i punteggi z

     

    Valori soglia per i punteggi z

    -1,0

    - 0,5

    0

    0,5

    1,0

    (inferiore a)

    (inferiore a)

    (compreso tra):

    (superiore a)

    (superiore a)

    Valutazione

    Livelli

    Molto basso

    Basso

    Nella media

    Alto

    Molto alto

     

     

    Variazioni

    Molto inferiore alla media

    Inferiore alla media

    Nella media

    Superiore alla media

    Molto superiore alla media



    Combinando la valutazione dei livelli e delle variazioni è possibile classificare la performance complessiva di un paese in base a ogni indicatore in una delle sette categorie a seguire. Il codice cromatico è rispettato nelle figure 1, 14, 15, 27 e 28.

    Performance migliori

    punteggio inferiore a -1,0 nei livelli e a 1,0 nelle variazioni

    Stati membri con livelli molto superiori alla media dell'UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

    Superiori alla media

    punteggio compreso tra -1,0 e -0,5 nei livelli e inferiore a 1 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni

    Stati membri con livelli superiori alla media dell'UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

    Buone ma da monitorare

    punteggio inferiore a -0,5 nei livelli e superiore a 1 nelle variazioni e con una variazione superiore a zero 46

    Stati membri con livelli superiori o molto superiori alla media dell'UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

    Nella media/neutre

    punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e tra -1,0 e 1,0 nelle variazioni

    Stati membri con livelli nella media e la cui situazione non sta migliorando né peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

    Modeste ma in miglioramento

    punteggio superiore a 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni

    Stati membri con livelli peggiori o molto peggiori rispetto alla media dell'UE ma la cui situazione sta migliorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

    Da tenere sotto osservazione

    punteggio compreso tra 0,5 e 1,0 nei livelli e superiore a -1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni

    Questa categoria raggruppa due casi differenti: i) Stati membri con livelli peggiori rispetto alla media dell'UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente e ii) Stati membri con livelli in linea con la media dell'UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

    Situazioni critiche

    punteggio superiore a 1,0 nei livelli e a -1,0 nelle variazioni

    Stati membri con livelli molto peggiori rispetto alla media dell'UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente

    Per quanto riguarda il reddito lordo disponibile delle famiglie, presente solo nelle variazioni, è stata utilizzata la seguente classificazione (cfr. figura 26).

    Performance migliori

    punteggio superiore a 1,0 nelle variazioni

    Stati membri con variazioni molto superiori alla media dell'UE

    Superiori alla media

    punteggio compreso tra 1,0 e 0,5 nelle variazioni

    Stati membri con variazioni superiori alla media dell'UE

    Nella media/neutre

    punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 nelle variazioni

    Stati membri con variazioni nella media

    Da tenere sotto osservazione

    punteggio compreso tra -0,5 e -1,0 nelle variazioni

    Stati membri con variazioni inferiori alla media dell'UE

    Situazioni critiche

    punteggio inferiore a -1,0 nelle variazioni e con una variazione negativa del reddito lordo disponibile delle famiglie 47

    Stati membri con variazioni molto inferiori alla media dell'UE

    Tabella di sintesi dei valori di soglia

    Molto basso

    Basso

    Nella media

    Alto

    Molto alto

    Tasso di disoccupazione

    Livelli

    inferiore a 4,4 %

    inferiore a 6,6 %

    compreso tra 6,6 % e 11,1 %

    superiore a 11,1 %

    superiore a 13,4 %

    Variazioni

    inferiore a -1,9 punti percentuali

    inferiore a -1,4 punti percentuali

    compresa tra -1,4 e -0,6 punti percentuali

    superiore a -0,6 punti percentuali

    superiore a -0,2 punti percentuali

    Tasso di disoccupazione giovanile

    Livelli

    inferiore a 9,7 %

    inferiore a 15,0 %

    compreso tra 15,0 % e 25,6 %

    superiore a 25,6 %

    superiore a 31,0 %

    Variazioni

    inferiore a -5,2 punti percentuali

    inferiore a -3,7 punti percentuali

    compresa tra -3,7 e -0,8 punti percentuali

    superiore a -0,8 punti percentuali

    superiore a -0,7 punti percentuali

    NEET

    Livelli

    inferiore a 7,3 %

    inferiore a 9,5 %

    compreso tra 9,5 % e 13,9 %

    superiore a 13,9 %

    superiore a 16,1 %

    Variazioni

    inferiore a -1,3 punti percentuali

    inferiore a -0,9 punti percentuali

    compresa tra -0,9 e -0,1 punti percentuali

    superiore a -0,1 punti percentuali

    superiore a -0,3 punti percentuali

    Reddito lordo disponibile delle famiglie

    Variazioni

    inferiore a 0,7 %

    inferiore a 1,7 %

    compreso tra 1,7 % e 3,6 %

    superiore a 3,6 %

    superiore a 4,6 %

    AROP (18-64 anni)

    Livelli

    inferiore a 12,6 %

    inferiore a 14,4 %

    compreso tra 14,4 % e 18,0 %

    superiore a 18,0 %

    superiore a 19,8 %

    Variazioni

    inferiore a -0,9 punti percentuali

    inferiore a -0,4 punti percentuali

    compresa tra -0,4 e 0,4 punti percentuali

    superiore a 0,4 punti percentuali

    superiore a 0,8 punti percentuali

    Rapporto S80-S20

    Livelli

    inferiore a 3,7

    inferiore a 4,4

    compreso tra 4,4 % e 5,8

    superiore a 5,8

    superiore a 6,4

    Variazioni

    inferiore a -0,3

    inferiore a -0,1

    compresa tra -0,1 e 0,3

    superiore a 0,3

    superiore a 0,4



    Allegato 5: sintesi delle "tendenze occupazionali da tenere sotto osservazione" e numero di Stati membri che registrano un peggioramento o dei miglioramenti, come identificati dal monitoraggio dei risultati in materia di occupazione 2016 (EPM) Variazione 2015-2014


    Allegato 6: sintesi delle "tendenze sociali da tenere sotto osservazione" e numero di Stati membri che registrano un peggioramento o dei miglioramenti, come identificati dal monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale 2016 Variazione 2014-2013

    Nota: per gli indicatori basati su UE-SILC le variazioni si riferiscono in generale al periodo 2012-2013 per gli indicatori di reddito e di intensità di lavoro delle famiglie e al periodo 2013-2014 per la deprivazione materiale grave e le esigenze di assistenza medica rimaste insoddisfatte. Le variazioni del reddito lordo disponibile delle famiglie si riferiscono al periodo 2013-2014. Gli indicatori basati sull'indagine sulle forze di lavoro [tasso di disoccupazione di lungo periodo, persone in abbandono scolastico, tasso di disoccupazione giovanile, NEETS (15-24 anni), tasso di occupazione (55-64 anni)] si riferiscono al periodo più recente 2014-2015. Un aggiornamento contenente dati più recenti sarà disponibile nella versione finale della relazione comune sull'occupazione.

    (1)

    COM(2016) 377 final.

    (2)

    Nel settembre 2016 il tasso di disoccupazione mensile nell'UE era pari all'8,5 % e al 10 % nella zona euro.

    (3)

    Al momento della redazione del presente documento (ottobre 2016) Eurostat dispone delle cifre medie stimate per il 2015. Un aggiornamento è previsto nella versione riveduta del documento in seguito alle discussioni con gli Stati membri in sede di comitato per l'occupazione.

    (4)

    Per il 2008 il numero medio di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE si basa su una stima di Eurostat poiché le cifre relative alla Croazia sono disponibili soltanto a partire dal 2010.

    (5)

    Cfr. l'imminente edizione 2016 di "Employment and Social Developments in Europe Review", capitolo 2.

    (6)

     Il coefficiente di Gini è un indicatore rappresentato da un valore compreso tra 0 ed 1. I valori più bassi indicano una maggiore uguaglianza. In altri termini un valore pari a 0 indica che tutti percepiscono lo stesso reddito, un valore pari a 1 indica che un'unica persona percepisce tutto il reddito. Nota: per tener conto dell'impatto delle differenze in relazione alla dimensione e alla composizione delle famiglie il reddito totale disponibile delle famiglie è "equivalente".

    (7)

    Cfr. OCSE (2015). "In it together – Why less inequality benefits all". Parigi, OCSE.

    (8)

    Il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM) sono redatti congiuntamente dalla Commissione e, rispettivamente, dai comitati per l'occupazione (EMCO) e per la protezione sociale (SPC). Essi sono adottati annualmente dal Consiglio "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori" (EPSCO).

    (9)

    Cfr. relazione sul meccanismo di allerta del 2017.

    (10)

    COM(2015) 600 final.

    (11)

    Tale disparità potrebbe tuttavia essere influenzata dall'abbassamento della soglia di povertà.

    (12)

    COM(2015) 600 final.

    (13)

    Degli orientamenti si è tenuto pienamente conto per la prima volta nei programmi nazionali di riforma 2016.

    (14)

    Decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, del 13 ottobre 2016.

    (15)

    Commissione europea (2016). "Labour Market and Wage Developments in Europe. Annual review 2016", Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, ottobre 2016.

    (16)

    Di imminente pubblicazione.

    (17)

    Ultimo anno per cui sono disponibili dati.

    (18)

    Si tratta del numero di persone occupate nelle imprese di recente costituzione nel 2014 diviso per il numero totale di persone occupate nell'insieme delle imprese attive nello stesso anno.

    (19)

    Commissione europea (2015), "Annual Report on European SMEs 2014/2015", novembre 2015.

    (20)

    Le schede informative dello "Small Business Act" (SBA) forniscono un'analisi dettagliata a livello di paese delle statistiche e delle politiche relative alle PMI e possono essere consultate all'indirizzo: http://ec.europa.eu/growth/smes/business-friendly-environment/performance-review_it.

    (21)

    Il cuneo fiscale sul lavoro è composto dalle imposte sui redditi dei lavoratori e dagli oneri sociali a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori. Nel calcolo non rientrano i contributi a regimi pensionistici professionali e privati né le agevolazioni fiscali mirate.

    (22)

    Commissione europea, "Education and Training Monitor 2016".

    (23)

     Per un'analisi dettagliata si veda l'imminente edizione 2016 di "Employment and Social Developments in Europe", in particolare il capitolo dedicato all'integrazione dei rifugiati, nonché il documento di lavoro CE-OCSE intitolato "How are refugees faring on the labour market in Europe?" , settembre 2016.

    (24)

    Vi sono prove del fatto che nella maggior parte degli Stati membri le persone provenienti da un contesto migratorio rimangono notevolmente svantaggiate, anche a seguito dell'adeguamento in base al contesto socioeconomico, e che tra i discenti nati all'estero coloro che arrivano in tenera età hanno risultati migliori di quelli arrivati dopo. Cfr. OCSE-UE (2015), "Settling In – Indicators of Immigrant Integration 2015" e OCSE (2014), "International Migration Outlook 2014", edizioni OCSE.

    (25)

    OCSE (2014), "PISA in Focus", 2014/10 (ottobre) http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/pisa-in-focus-n44-(eng)-final.pdf .

    (26)

    La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità definisce la disabilità un "concetto in evoluzione" e indica che la disabilità è il risultato "dell'interazione tra persone con minorazioni e barriere attitudinali ed ambientali, che impedisce la loro piena ed efficace partecipazione nella società su una base di parità con gli altri". Queste minorazioni possono essere lievi o gravi, fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali, presenti sin dalla nascita o acquisite nel corso della vita (anche sul lavoro) e particolarmente legate all'invecchiamento della popolazione.

    (27)

    Cfr. Commissione europea (2016), "Mobility and Migration in the EU: Opportunities and Challenges" in "2015 Employment and Social Developments in Europe Review".

    (28)

    Per un'analisi dettagliata si veda l'imminente edizione 2016 di "Employment and Social Developments in Europe", in particolare il capitolo dedicato all'integrazione dei rifugiati, nonché il documento di lavoro CE-OCSE intitolato "How are refugees faring on the labour market in Europe?" , settembre 2016.

    (29) Stando alle proiezioni demografiche, la popolazione in età lavorativa dovrebbe contrarsi nella maggior parte degli Stati membri e particolarmente in Lituania, Lettonia, Bulgaria, Slovacchia, Grecia, Portogallo, Polonia, Estonia, Romania, Germania, Croazia e Ungheria; cfr. Commissione europea (2015), "Ageing report", http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2015/pdf/ee3_en.pdf.
    (30)

    Cfr. Commissione europea (2016), "The efficiency and effectiveness of social protection systems over the life course", capitolo 3.2. in "Employment and Social Developments in Europe 2015".

    (31)

    Si tratta del "divario retributivo di genere non aggiustato", in quanto non tiene conto di tutti gli altri fattori che incidono sul divario retributivo di genere, come ad esempio le differenze nel livello di istruzione, nell'esperienza del mercato del lavoro, nelle ore lavorate, nel tipo di lavoro, ecc.

    (32)

    La segregazione del mercato del lavoro si riferisce alla distribuzione delle donne in professioni e settori diversi rispetto agli uomini.

    (33)

    Le due percentuali rispecchiano la proporzione della popolazione occupata che dovrebbe cambiare occupazione/settore per raggiungere una distribuzione equa degli uomini e delle donne nelle varie professioni o nei vari settori. L'indice varia tra 0 (nessuna segregazione) a 50 (segregazione totale).

    (34)

    http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/files/annual_reports/2016_annual_report_2015_web_en.pdf.

    (35)

    http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/files/documents/150119_segregation_report_web_en.pdf.

    (36)

    Nel 2014 la pensione percepita dalle donne era in media del 40 % inferiore alla pensione degli uomini, e, in certi paesi, un terzo delle donne anziane non aveva nessun tipo di pensione. Per questo motivo in vecchiaia le donne sono esposte a un rischio di povertà molto più elevato rispetto agli uomini; in media il 15,7 % delle donne di età pari o superiore a 65 anni sono a rischio di povertà, rispetto all'11,3 % degli uomini. La Slovenia, la Svezia, la Lituania, la Lettonia e l'Estonia presentano divari pensionistici di genere di 10 punti percentuali o più tra le donne e gli uomini in vecchiaia.

    (37)

    Studio della Commissione, "First results of the Youth Employment Initiative – A final report to DG Employment, Social Affairs and Inclusion of the European Commission" (2016).

    (38)

    Decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI),  http://csdle.lex.unict.it/Archive/LW/EU%20social%20law/ EU%20legislation%20in%20force/Decisions/20140529-115645_14_573_COPE_enpdf.pdf .  

    (39)

    Usti, South Moravia, Olomouc, Moravia e Karlovy Vary.

    (40)

    Al 26 ottobre 2016 (data limite per il quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali) per nove Stati membri mancavano i dati relativi al reddito lordo disponibile delle famiglie.

    (41)

    Per spese non rimborsabili si intende la somma dei ticket pagati ai diversi fondi assicurativi del sistema sanitario e alle spese non rimborsate (e altri pagamenti diretti) per beni e servizi acquistati da famiglie private

    in quanto pagatrici dirette e finali.

    (42)

    Commissione europea (2008), "The LIME Assessment Framework (LAF): A methodological tool to compare, in the context of the Lisbon Strategy, the performance of EU Member States in terms of GDP and in terms of twenty policy areas affecting growth", European Economy Occasional Papers n. 41/2008.

    (43)

    I test di normalità e di distribuzione t di Student condotti hanno determinato l'esclusione di qualsiasi ipotesi distribuzionale.

    (44)

    In sede di gruppo di lavoro sono state esaminate diverse configurazioni di valori di soglia. La presente proposta rispecchia gli esiti di tale processo.

    (45)

    In caso di normalità, i valori di soglia selezionati corrispondono all'incirca al 15%, al 30%, al 50%, al 70% e all'85% della distribuzione cumulativa.

    (46)

    Quest'ultima condizione impedisce a uno Stato membro caratterizzato da un livello "basso" o "molto basso" di essere segnalato come "in peggioramento" nel caso in cui la variazione, benché in calo, sia "molto superiore alla media".

    (47)

    Quest'ultima condizione impedisce a uno Stato membro caratterizzato da un reddito lordo disponibile delle famiglie in aumento di essere segnalato come "situazione critica".

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