COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 29.1.2016
COM(2016) 32 final
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese
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Document 52016DC0032
REPORT FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT AND THE COUNCIL on unfair business-to-business trading practices in the food supply chain
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese
COM/2016/032 final
COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 29.1.2016
COM(2016) 32 final
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese
1.Introduzione
Nel luglio 2014 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo "Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese" 1 . Si definiscono pratiche commerciali sleali le pratiche che si discostano notevolmente da una condotta commerciale corretta, sono in contrasto con i principi di buona fede e lealtà e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla controparte. La comunicazione spiega perché la struttura di mercato della filiera alimentare la rende particolarmente vulnerabile a tali pratiche e descrive i danni che le pratiche commerciali sleali possono arrecare agli operatori con un basso potere contrattuale. Per contrastare tali pratiche, la comunicazione incoraggia gli operatori della filiera alimentare europea a aderire a regimi volontari al fine di promuovere le migliori pratiche e di ridurre le pratiche commerciali sleali e mette in luce l'importanza di meccanismi efficaci e indipendenti di controllo del rispetto delle norme a livello nazionale.
Nel 2015 il dibattito si è approfondito, non da ultimo in ragione delle difficoltà in cui versano gli agricoltori europei in conseguenza del calo dei prezzi di alcuni prodotti agricoli di base, in particolare i prodotti lattiero-caseari e le carni suine. La domanda di un certo numero di prodotti è calata considerevolmente e il problema è stato aggravato dal blocco della Russia sulle importazioni dei prodotti agricoli. Al tempo stesso la produzione mondiale è aumentata, determinando un generale eccesso di offerta. Anche se il recente calo dei prezzi non può essere attribuito all'esistenza di pratiche commerciali sleali, i prezzi bassi hanno accresciuto la vulnerabilità degli agricoltori a potenziali comportamenti sleali da parte dei loro partner commerciali. In risposta alle sfide che gli agricoltori devono affrontare, i ministri dell'Agricoltura di sette paesi 2 hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui chiedono alla Commissione di approfondire la sua analisi sulle pratiche commerciali sleali e propongono l'adozione di una legislazione dell'UE diretta a contrastare dette pratiche.
La Commissione ha reagito alla crisi agricola adottando un pacchetto di misure di ampio respiro. Molte di queste riguardano il settore lattiero-caseario che ha particolarmente risentito del calo dei prezzi. La presente relazione non prende in considerazione le misure specifiche incentrate sulle pratiche commerciali sleali già adottate per particolari settori. Per consigliare la Commissione su aspetti specifici del funzionamento dei mercati agricoli e sulla posizione degli agricoltori nella filiera alimentare sarà istituita una task force dei mercati agricoli, cui sarà affidato anche il compito di formulare raccomandazioni e di proporre iniziative politiche in tale settore.
La presente relazione è incentrata sui quadri in essere per contrastare le pratiche commerciali sleali. È costituita da due principali elementi: 1) una valutazione dei quadri normativi e di controllo del rispetto delle norme predisposti dagli Stati membri; 2) una valutazione dell'impatto dell'iniziativa volontaria a livello dell'Unione Supply Chain Initiative (SCI - iniziativa della catena di approvvigionamento) e delle piattaforme nazionali della SCI che sono state istituite.
La relazione conclude che le misure di contrasto alle pratiche commerciali sleali hanno registrato un considerevole sviluppo negli ultimi anni. Molti Stati membri, soprattutto quelli in cui la questione assume maggiore rilevanza, hanno introdotto di recente misure legislative e di controllo del rispetto delle norme che soddisfano sostanzialmente i criteri di efficacia dei quadri di contrasto alle pratiche commerciali sleali. In totale, più di 20 Stati membri hanno adottato una normativa o contano di farlo nel prossimo futuro. Benché sia troppo presto per valutare l'impatto globale di tale normativa, la presente relazione individua una serie di settori specifici per i quali esistono ulteriori margini di miglioramento. Per quanto riguarda l'iniziativa volontaria SCI, la relazione riconosce i progressi conseguiti finora, ma propone anche una serie di possibili misure di miglioramento per accrescere la credibilità e l'efficacia dell'iniziativa.
2.I quadri normativi e di controllo del rispetto delle norme negli Stati membri
A livello dell'Unione non esiste una legislazione volta a contrastare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese 3 . Le norme sulla concorrenza dell'Unione si applicano nel caso di abusi di posizione dominante e di pratiche anticoncorrenziali, ma la maggior parte delle pratiche commerciali sleali denunciate non ricade nell'ambito di applicazione di tali norme in quanto la maggioranza degli operatori si trova in una posizione forte ma non dominante. Alcuni Stati membri hanno esteso ai rapporti tra imprese l'applicazione della normativa dell'UE diretta a tutelare i consumatori 4 . Si tratta nella fattispecie della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali o della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Per la maggior parte, tuttavia, le pratiche oggetto della direttiva sono differenti da quelle esaminate nella presente relazione.
A livello nazionale la situazione si presenta molto variegata: la maggior parte degli Stati membri ha affrontato il problema delle pratiche commerciali sleali adottando approcci diversi, per lo più di tipo normativo, mentre alcuni hanno fatto ricorso a iniziative di autoregolamentazione tra gli operatori di mercato. Sotto il profilo normativo negli ultimi anni si sono registrati notevoli cambiamenti. Più in particolare, dei 20 Stati membri che già dispongono di una legislazione in materia 5 15 l'hanno introdotta negli ultimi 5 anni 6 . Qualche altro Stato membro sta valutando se adottare una legislazione nel prossimo futuro 7 mentre altri paesi negli ultimi 5 anni hanno aggiornato i loro quadri più antiquati 8 . Il cartogramma che segue delinea il quadro della situazione attuale.
Nel 2015 la Commissione ha organizzato diverse riunioni con i ministeri nazionali e con le autorità preposte al controllo del rispetto delle norme negli Stati membri allo scopo di raccogliere informazioni dettagliate sui quadri normativi in essere o previsti. Il processo di raccolta di informazioni ha beneficiato dell'ausilio di discussioni bilaterali.
Per assicurare l'efficacia dei quadri normativi nel contrastare le pratiche commerciali sleali esistono cinque elementi chiave, i quali sono descritti nelle sezioni che seguono. Gli Stati membri possono affrontare questi cinque elementi in modo diverso, ma la varietà degli approcci non sembra avere conseguenze negative per il mercato unico 9 . Sebbene la valutazione globale dei quadri normativi a livello nazionale sia soddisfacente, l'analisi che segue individua nei quadri normativi di alcuni Stati membri aspetti suscettibili di possibile ulteriore miglioramento e mette in luce le opportunità di collaborazione tra gli Stati membri.
1) Copertura della filiera
Le misure di contrasto alle pratiche commerciali sleali prendono in considerazione le pratiche derivanti principalmente da squilibri economici. La maggior parte degli Stati membri ha definito criteri chiari per individuare le situazioni che favoriscono le pratiche commerciali sleali. Le disposizioni legislative nella maggior parte degli Stati membri si applicano ai rapporti tra imprese (B2B) in tutti gli stadi della filiera. Alcuni Stati membri applicano la legislazione solo ai rapporti nei quali una delle parti è un dettagliante 10 .
Per quanto riguarda il futuro, dato che le pratiche commerciali sleali possono essere riscontrate a qualsiasi stadio della filiera, gli Stati membri che non ne dispongono ancora dovrebbero valutare se introdurre una legislazione che copra l'intera filiera alimentare tra imprese. Ciò è importante per garantire che tutti gli operatori di mercato più piccoli dispongano di un'adeguata protezione contro pratiche commerciali sleali, in quanto molti di essi non trattano direttamente con i dettaglianti. Gli Stati membri dovrebbero altresì assicurarsi che la propria normativa comprenda gli operatori di paesi terzi (ad esempio, i produttori di beni primari dell'Africa o dell'America latina).
2) Principali tipologie di pratiche commerciali sleali
Gli Stati membri che dispongono di una legislazione in materia hanno definito le pratiche commerciali sleali da affrontare sulla base della propria analisi della situazione del mercato e delle pratiche in uso nei rispettivi paesi.
L'analisi che ha preceduto la presente relazione 11 ha individuato quattro principali categorie di pratiche commerciali sleali che un quadro normativo efficace dovrebbe prendere in considerazione:
-una parte non dovrebbe indebitamente o ingiustamente scaricare sulla controparte i suoi costi o i rischi inerenti all'attività imprenditoriale;
-una parte non dovrebbe chiedere alla controparte vantaggi o benefici di qualsiasi natura senza prestare un servizio correlato al vantaggio o al beneficio richiesto;
-una parte non dovrebbe apportare modifiche unilaterali e/o retroattive a un contratto, salvo che il contratto non lo consenta espressamente a condizioni eque;
-non vi dovrebbe essere alcuna cessazione ingiustificata - né la minaccia di una siffatta cessazione - di un rapporto contrattuale.
Quantunque gli Stati membri abbiano scelto strategie e tecniche legislative differenti, conformemente alle rispettive consuetudini giuridiche, le principali tipologie di pratiche commerciali sleali sopra indicate sono generalmente considerate da tutti i quadri normativi 12 .
Per assicurare un'interpretazione comune da parte degli Stati membri circa le specifiche tipologie di pratiche commerciali che dovrebbero essere considerate sleali, gli Stati membri dovrebbero avviare uno scambio coordinato e sistematico di informazioni e delle migliori pratiche inerenti alla legislazione nazionale e alle proprie esperienze di controllo del rispetto delle norme.
3) Flessibilità o rigidità nella definizione delle pratiche commerciali sleali
Gli Stati membri hanno scelto approcci legislativi differenti per contrastare gli abusi di squilibri economici. In alcuni Stati membri, ad esempio Germania e Austria, si applicano norme giuridiche generali che richiedono una valutazione caso per caso 13 per stabilire se vi sia un notevole squilibrio economico tra due operatori e se l'operatore più forte abbia abusato della propria posizione per imporre condizioni inique alla parte più debole.
Altri Stati membri, come ad esempio la Repubblica ceca, la Slovacchia e l'Ungheria, hanno optato per l'introduzione di una legislazione più particolareggiata, specifica per le pratiche commerciali sleali. Molte di tali normative contengono elenchi dettagliati di pratiche considerate intrinsecamente sleali e quindi illegali ("liste nere"), la cui scorrettezza non è valutata caso per caso.
Un vantaggio potenziale del primo approccio, più generale, è dato dalla sua flessibilità e dal fatto che esso consente di individuare gli squilibri lungo tutta la filiera e tipologie differenti di pratiche commerciali sleali esistenti o addirittura di nuova creazione. L'approccio generale richiede tuttavia una valutazione estremamente approfondita delle circostanze sia economiche sia contrattuali in ogni singolo caso. Come dimostrano i recenti sviluppi in Germania, applicare tale legislazione generale può rivelarsi piuttosto difficile per le autorità nazionali preposte al controllo del rispetto delle norme 14 .
Il vantaggio del secondo approccio, ossia una legislazione più dettagliata specifica per le pratiche commerciali sleali, è che la sua applicazione non richiede indagini sui fatti approfondite e costose in termini di risorse, né valutazioni giuridiche per ogni singolo caso. Con un siffatto approccio può tuttavia risultare talvolta difficile tenere in debita considerazione il contesto economico e contrattuale di una determinata clausola o pratica, il che potrebbe creare problemi di proporzionalità.
Gli Stati membri che hanno scelto un approccio generale dovrebbero assicurarsi che le loro leggi possano essere applicate nella pratica, impongano obblighi accettabili in materia di prova e prevedano risorse sufficienti per le attività di controllo del rispetto delle norme in modo da garantire valutazioni esaurienti ed efficaci caso per caso.
Gli Stati membri che hanno scelto un approccio specifico per le pratiche commerciali sleali dovrebbero valutare attentamente se le loro misure sono proporzionate e analizzare la gamma e la natura delle pratiche oggetto della loro legislazione. Per garantire che l'approccio specifico per le pratiche commerciali sleali resti proporzionato, gli Stati membri dovrebbero: i) limitare le pratiche commerciali sleali che sono intrinsecamente vietate ad alcune categorie fondamentali descritte nella sezione precedente e ii) valutare altre pratiche potenzialmente sleali sulla base del contesto economico e contrattuale di ciascun singolo caso.
4) Riservatezza delle denunce e possibilità di indagini d'iniziativa
Un efficace sistema di controllo del rispetto delle norme deve tener conto del timore della parte più debole di compromettere le sue relazioni commerciali in caso di aperta denuncia di pratiche commerciali sleali alle autorità. Il cosiddetto "fattore paura" può facilmente impedire alle autorità di sanzionare gli operatori di mercato responsabili di pratiche commerciali sleali in quanto esse necessitano di informazioni sufficienti per poter dare seguito a una denuncia.
Molti Stati membri contemplano la possibilità di denunce formali riservate in cui l'identità del denunciante è protetta. Diversi paesi permettono l'aggregazione di denunce in modo da proteggere meglio l'identità del denunciante o consentono a qualsiasi parte interessata di presentare una denuncia. Ciò significa che i denuncianti non devono agire di persona, ma possono, ad esempio, farsi rappresentare da un'associazione.
Gli Stati membri hanno designato varie autorità nazionali per controllare il rispetto delle norme in materia di pratiche commerciali sleali. Si tratta in alcuni casi dell'autorità nazionale garante della concorrenza e in altri di un organismo ad hoc a livello nazionale, come un ministero, un'agenzia alimentare o un'agenzia antifrode. A queste autorità è conferito il potere di avviare indagini di propria iniziativa ogniqualvolta vi siano indicazioni sufficienti del fatto che un'impresa abbia fatto ricorso a pratiche commerciali sleali vietate dalla legislazione nazionale.
Le indagini d'iniziativa avviate dall'autorità preposta al controllo del rispetto delle norme costituiscono un altro strumento importante per ovviare al "fattore paura". Esse consentono alla vittima di presunte pratiche commerciali sleali applicate da una parte più forte di informare l'autorità, determinando così l'avvio di un'indagine di iniziativa nel caso in cui l'autorità lo ritenga giustificato sulla base di elementi sufficienti.
Praticamente in tutti gli Stati membri i sistemi di controllo del rispetto delle norme consentono denunce riservate e l'avvio di indagini di propria iniziativa per ovviare al "fattore paura".
Le autorità preposte al controllo del rispetto delle norme negli Stati membri dovrebbero coordinarsi e scambiarsi regolarmente informazioni e le migliori pratiche al fine di migliorare ulteriormente l'applicazione delle misure di contrasto alle pratiche commerciali sleali e di combattere in modo più efficace potenziali pratiche commerciali sleali transfrontaliere.
5) Effetto dissuasivo
Le misure adottate per contrastare le pratiche commerciali sleali devo avere un reale effetto dissuasivo. Il loro maggiore o minore effetto dissuasivo dipende dalla probabilità di un'indagine sulle pratiche sleali da parte di un'autorità preposta al controllo del rispetto delle norme e dall'entità delle potenziali sanzioni o ammende.
Intensità dell'azione di contrasto
Il numero effettivo di indagini su presunte pratiche commerciali sleali varia notevolmente da uno Stato membro all'altro. In circa un terzo degli Stati membri in cui il controllo del rispetto delle norme è pubblico non è stato registrato alcun caso negli ultimi anni 15 ; in un altro terzo si è proceduto a indagini in un numero ristretto di casi 16 ; nel terzo restante sono state trattate decine di casi se non di più 17 . In una certa misura ciò potrebbe essere dovuto alla diversa rilevanza del problema nei vari Stati membri.
Anche le differenze nell'approccio adottato per applicare le misure di contrasto alle pratiche commerciali sleali hanno un'incidenza: alcune autorità concentrano la loro attività sulla risoluzione delle controversie che producono effetti a livello di mercato, mentre altre cercano di comporre le singole controversie. Un semplice raffronto del numero annuale di indagini non fornirebbe pertanto un quadro preciso della reale efficacia di un sistema di controllo del rispetto delle norme. Anche un'approfondita indagine a livello di mercato cui sia data grande risonanza può avere un effetto dissuasivo. Gli Stati membri che non hanno registrato alcun caso recentemente dovrebbero tuttavia riesaminare la loro situazione nazionale.
Ammende e altre sanzioni
La maggior parte degli Stati membri ha previsto sanzioni pecuniarie a carico delle imprese che adottano pratiche commerciali sleali in violazione del diritto nazionale vigente. Nella maggioranza dei paesi è stabilito un limite massimo delle ammende in termini assoluti, ma in alcuni Stati membri le sanzioni pecuniarie sono calcolate in percentuale rispetto al fatturato annuo dell'impresa che ha adottato pratiche commerciali sleali nei confronti del suo partner più debole. La percentuale varia dallo 0,05 % in un paese fino al 10 % del fatturato in diversi altri Stati membri.
Una sanzione può consistere anche nel rendere noto il nome di un'impresa che è stata riconosciuta colpevole, il che si traduce per tale impresa in una pubblicità negativa. Per avere un reale effetto dissuasivo, le sanzioni pecuniarie dovrebbero essere di entità sufficientemente elevata da neutralizzare eventuali profitti (sebbene difficili da quantificare) derivanti dall'adozione di pratiche commerciali sleali e da influire sui comportamenti a livello di impresa. Ma esse dovrebbero anche essere proporzionate alla gravità dei comportamenti e ai potenziali danni arrecati alla vittima o alle vittime.
3.L'iniziativa volontaria Supply Chain Initiative e le relative piattaforme nazionali
3.1.Contesto
La Supply Chain Initiative (SCI) è stata sviluppata nell'ambito del Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare 18 . L'obiettivo dell'iniziativa è migliorare l'equità nelle relazioni commerciali lungo la filiera. A tal fine, nel novembre 2011 tutti i partecipanti al gruppo di lavoro sulle pratiche commerciali sleali del Forum, compresi i rappresentanti degli agricoltori, hanno concordato un insieme di principi di buona pratica nei rapporti verticali nella filiera alimentare 19 . Nonostante i notevoli sforzi profusi da tutte le parti interessate, i soggetti coinvolti nella filiera alimentare non hanno tuttavia raggiunto un accordo su un meccanismo volontario di controllo del rispetto delle norme perché gli agricoltori e le imprese operanti nel settore della trasformazione delle carni hanno ritenuto che esso non affrontasse adeguatamente il problema della riservatezza del denunciante (il "fattore paura") e delle sanzioni.
L'iniziativa SCI, un quadro volontario per l'attuazione dei principi di buona pratica, è stata avviata nel settembre 2013 20 . Le singole imprese possono aderire alla SCI allorché rispettano i principi di buona pratica. Nell'ambito della SCI, le controversie tra gli operatori possono essere risolte ricorrendo alla mediazione o all'arbitrato. La SCI prende in considerazione le disposizioni organizzative a livello di impresa per prevenire le pratiche commerciali sleali, anche in termini di formazione del personale e di partecipazione ai meccanismi di risoluzione delle controversie. La violazione di queste disposizioni può portare all'esclusione dell'impresa dall'iniziativa. La SCI non prevede tuttavia alcun altro tipo di sanzione. I membri della SCI devono assicurarsi che le parti più deboli che si avvalgono di meccanismi di risoluzione delle controversie non siano soggette a ritorsioni commerciali.
La SCI è gestita da un gruppo direttivo che rappresenta i dettaglianti e i fornitori nella filiera alimentare. I rappresentanti degli agricoltori hanno deciso di non aderire alla SCI poiché a loro parere essa non garantisce un livello sufficiente di riservatezza per le parti che denunciano pratiche sleali e non prevede indagini indipendenti né sanzioni.
Ad oggi, poco più di due anni dopo l'avvio della SCI, 328 imprese e gruppi di imprese del settore della produzione e del commercio all'ingrosso e al dettaglio si sono iscritte, in rappresentanza di 1 155 imprese operanti in tutti gli Stati membri dell'UE. Piattaforme nazionali della SCI sono state istituite o stanno nascendo in Belgio, Finlandia, Germania e Paesi Bassi (per maggiori informazioni sulle iniziative nazionali si rinvia al punto 3.2.3).
3.2.Valutazione dell'impatto delle iniziative volontarie
La Commissione ha incaricato una società di ricerca esterna di valutare la SCI e le sue piattaforme nazionali. Lo studio elaborato da tale società è basato principalmente su un'indagine condotta tra gli operatori di mercato nella filiera alimentare. All'indagine hanno risposto più di 1 000 membri e non membri della SCI e delle sue piattaforme nazionali. Dallo studio è emerso che è ancora molto presto per valutare appieno l'impatto delle iniziative, dato che esse sono state istituite negli ultimi 2-3 anni, ad eccezione dell'iniziativa belga che risale al 2010. Le sezioni della relazione che seguono tengono conto dei principali risultati dello studio.
3.2.1.Valutazione della SCI
La partecipazione alla SCI è aumentata in modo significativo nei due anni successivi alla sua creazione. Sono tuttavia ancora notevolmente sottorappresentati, in particolare, gli agricoltori e le PMI. In una certa misura, ciò può essere dovuto a una scarsa sensibilizzazione sulla SCI in tutti gli Stati membri, in particolare tra gli agricoltori e le PMI. Come descritto in precedenza, la scarsa sensibilizzazione degli agricoltori può derivare dal limitato sostegno dato all'iniziativa dai loro rappresentanti, preoccupati per la mancanza di riservatezza e di indipendenza nell'ambito dell'iniziativa. L'indagine tra gli operatori di mercato ha messo in luce forti contrasti nella conoscenza della SCI 21 : solo l'11 % degli agricoltori e il 15 % dei grossisti che hanno risposto avevano sentito parlare della SCI, contro il 48 % dei dettaglianti. Analogamente la sensibilizzazione è molto più scarsa tra le PMI (13 %) che tra le grandi imprese (43 %). I costi sostenuti dalle PMI per aderire alla SCI sono limitati e non sembrano tali da impedire la loro adesione.
Il livello complessivo di fiducia nella SCI è elevato tra le imprese che ne sono a conoscenza. Il 72 % dei rispondenti all'indagine che conoscono la SCI afferma di avere in tale iniziativa un livello di fiducia abbastanza elevato o molto elevato. Il livello di fiducia è tuttavia più basso nei settori dell'agricoltura, delle attività manifatturiere e del commercio all'ingrosso (63 %) che nel settore del commercio al dettaglio (96 %). Dubbi sono stati espressi da alcune parti interessate esterne, in particolare in merito alla struttura di governance della SCI. Il fatto che i membri del gruppo di governance rappresentino gruppi di interessati può metterne a rischio l'imparzialità.
La trasparenza della SCI è generalmente apprezzata dagli operatori a conoscenza dell'iniziativa e, in particolare, dai suoi membri. Ciò vale per le informazioni sul processo e per i requisiti per aderire all'iniziativa, per le norme di procedura e per l'evoluzione della base dei membri. In generale, le informazioni sul sito web della SCI sono presentate in modo chiaro ed efficace. Il sistema di controllo interno della SCI si fonda principalmente su indagini annuali tra i membri. Pur essendo efficace sotto il profilo dei costi, questo approccio non prevede controlli a campione né consente di monitorare in modo sistematico l'attuazione effettiva degli impegni assunti da parte delle imprese. Le informazioni sulle controversie bilaterali e sul modo in cui esse sono state risolte nell'ambito della SCI sono basate inoltre sulle risposte all'indagine e possono pertanto essere incomplete.
L'indagine ha confermato che le pratiche commerciali sleali possono verificarsi a qualsiasi stadio della filiera alimentare. Essa ha anche rivelato che le parti che affermano di essere vittime di pratiche commerciali sleali spesso non avviano procedimenti giudiziari né ricorrono a un arbitrato o a una mediazione per timore di compromettere le loro relazioni commerciali con la controparte commerciale più forte. Lo studio esterno ha individuato i seguenti punti di forza e di debolezza per quanto riguarda l'efficacia della SCI nel contrastare le pratiche commerciali sleali:
Punti di forza
oLa SCI promuove il cambiamento culturale in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare.
oLe opzioni in merito alla risoluzione delle controversie promosse dalla SCI offrono in generale un'alternativa più rapida e meno costosa di qualsiasi azione giudiziaria.
oLa SCI è un'iniziativa a livello dell'UE e potrebbe pertanto facilitare l'eliminazione di pratiche sleali che presentano una dimensione transfrontaliera.
Punti deboli
oSecondo diversi operatori, la SCI non dispone di strumenti dissuasivi efficaci contro le pratiche commerciali sleali.
oLa SCI non prevede singole denunce riservate da parte delle potenziali vittime di pratiche commerciali sleali né indagini condotte di propria iniziativa da un organismo indipendente.
oIl ricorso alle opzioni disponibili per la risoluzione delle controversie è stato limitato nei primi due anni di esistenza della SCI 22 .
L'indagine ha fornito informazioni supplementari sull'esperienza acquisita dagli operatori economici dall'avvio della SCI. Il 73 % dei partecipanti all'indagine ritiene che la situazione in materia di pratiche commerciali sleali non abbia subito mutamenti significativi dal 2013 a oggi. Tuttavia questa percentuale comprende anche i rispondenti che hanno dichiarato di non essere stati vittima di alcuna pratica commerciale sleale negli ultimi cinque anni (53 % dei rispondenti). La maggioranza dei partecipanti all'indagine che ha subito pratiche commerciali sleali negli ultimi cinque anni ritiene che la situazione sia migliorata (21 %) anziché peggiorata (6 %). La percentuale di rispondenti che ritengono che la situazione sia migliorata è più elevata nel settore del commercio al dettaglio e più bassa tra gli agricoltori, ma in tutti i settori sono più numerosi coloro che giudicano che la situazione sia migliorata di quanti la considerano peggiorata. In tutti i settori, i membri della SCI sono decisamente più inclini ad affermare che la situazione sia migliorata (56 %) rispetto ai non membri (15 %).
In conclusione, c'è una prima indicazione che la SCI ha iniziato ad avviare un cambiamento culturale nella filiera alimentare, accrescendo così potenzialmente l'equità nelle relazioni commerciali. È ancora troppo presto per effettuare una approfondita valutazione sulla reale capacità della SCI di affrontare o di appianare il problema delle pratiche commerciali sleali. L'analisi ha individuato tuttavia una serie di possibili miglioramenti dell'iniziativa che sono descritti nella sezione che segue.
3.2.2.Come migliorare la SCI
Alla luce delle risultanze di cui sopra e dei precedenti lavori in seno al Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare, la Commissione propone l'avvio di un dialogo con le parti interessate sulle modalità di miglioramento della SCI e di estensione della partecipazione all'intera filiera alimentare (compresi i produttori primari). Dovrebbero essere adottate le iniziative seguenti:
ointensificare gli sforzi per pubblicizzare la SCI, soprattutto tra le PMI;
ogarantire l'imparzialità della struttura di governance, ad esempio istituendo un presidente indipendente che non appartenga a specifici gruppi di interessati;
oconsentire alle presunte vittime di pratiche commerciali sleali di presentare denunce in via riservata; designare un organismo indipendente cui è attribuito il potere di svolgere indagini e irrogare sanzioni;
omigliorare i processi interni al fine di verificare che i singoli operatori rispettino i propri impegni e di monitorare l'insorgenza e la composizione delle controversie bilaterali in modo riservato.
3.2.3.Le piattaforme nazionali della SCI
Nell'ambito della SCI sono stati sviluppati orientamenti in vista della creazione delle cosiddette piattaforme nazionali. Tra gli aspetti contemplati da questi orientamenti figurano le attività di composizione, le norme di procedura e le azioni di sensibilizzazione delle iniziative nazionali. Su tale base, tra la SCI e un'iniziativa nazionale può essere avviato un processo di riconoscimento reciproco in vista dell'istituzione ufficiale di una piattaforma. Finora sono state istituite piattaforme in Belgio, nei Paesi Bassi e in Finlandia. In Germania, le associazioni delle parti interessate in tutta la filiera, compresi i rappresentanti degli agricoltori, stanno valutando se istituire una piattaforma analoga.
Lo studio esterno ha dimostrato una maggiore sensibilizzazione sulla SCI in tali paesi rispetto al resto dell'Europa. Inoltre, allorché una piattaforma nazionale esiste, la sensibilizzazione in merito a tale piattaforma non è più elevata di quella nei confronti della SCI. È inoltre dimostrato che sia i principi di buona pratica a livello di Unione sia la SCI hanno agito come catalizzatore per lo sviluppo delle piattaforme nazionali.
L'iniziativa belga (istituita nel maggio 2010) è anteriore alla SCI a livello UE e ha avuto pertanto più tempo per produrre effetti. Nel giugno 2014 l'iniziativa è stata riconosciuta come una piattaforma nazionale della SCI. I membri della piattaforma belga e gli osservatori esterni sono sostanzialmente concordi nel ritenere che essa ha prodotto risultati significativi. Il sostegno delle parti interessate a tutti i livelli della filiera alimentare, compresi gli agricoltori, sembra aver contribuito ad accrescere l'efficacia della piattaforma. In Belgio, in assenza di una legislazione nazionale in materia di pratiche commerciali sleali, la piattaforma offre agli operatori un certo grado di protezione contro tali pratiche. Questo è uno dei motivi principali per cui è considerata tanto efficace.
Nei Paesi Bassi la piattaforma è stata ufficialmente inaugurata contemporaneamente alla SCI. I rappresentanti degli agricoltori olandesi hanno aderito alla piattaforma, sviluppata come un progetto pilota nazionale sulla base della SCI a livello UE. Il progetto pilota doveva inizialmente avere la durata di un anno, ma è stato successivamente prorogato di un altro anno per concedergli più tempo per produrre risultati.
La piattaforma finlandese è stata lanciata solo nel gennaio 2014 e non ha avuto pertanto tempo sufficiente per produrre effetti. Inizialmente comprendeva le parti interessate di tutta la filiera, compresi gli agricoltori, ma nel settembre 2015 l'Unione nazionale degli agricoltori si è ritirata, lamentando che nel primo anno e mezzo dell'esistenza della piattaforma non era stato sollevato nessun caso e giudicando quindi che l'iniziativa non costituiva uno strumento efficace per garantire un miglior funzionamento della filiera alimentare e per renderla più equilibrata. Questo insuccesso non aiuterà probabilmente la piattaforma a produrre risultati più concreti nel prossimo futuro.
4.Conclusioni
La comunicazione della Commissione del luglio 2014 proponeva una combinazione di iniziative volontarie e di misure normative per contrastare le pratiche commerciali sleali. A questo riguardo si sono registrati notevoli progressi negli ultimi anni.
Iniziative volontarie - La Supply Chain Initiative a livello dell'Unione è stata avviata e ha registrato una partecipazione ragguardevole. Ciò ha stimolato la discussione sulle migliori pratiche e sulle pratiche commerciali sleali tra gli operatori e ha cominciato a determinare un cambiamento culturale nella filiera alimentare. Nell'ambito dell'iniziativa a livello dell'UE sono state istituite diverse piattaforme nazionali, il che costituisce un altro segnale positivo. La presente relazione ha riscontrato che le iniziative volontarie sembrano funzionare meglio in alcuni paesi che in altri. L'iniziativa in Belgio rappresenta un esempio di piattaforma volontaria che sembra costituire un approccio efficace di contrasto alle pratiche commerciali sleali senza dover ricorrere a un sistema di regolamentazione. In altri paesi, come ad esempio il Regno Unito, le iniziative volontarie hanno avuto minore successo, confermando la necessità di adottare misure di regolamentazione e un controllo del rispetto delle norme efficace ed indipendente.
Quadri normativi - Il fatto che la grande maggioranza degli Stati membri abbia introdotto misure di regolamentazione e sistemi pubblici di controllo del rispetto delle norme costituisce uno sviluppo molto importante. Alcuni Stati membri sono più avanti di altri, ma quasi tutti i sistemi introdotti per assicurare il rispetto delle norme vanno al di là dei normali rimedi giudiziali, affrontando in tal modo il "fattore paura" delle vittime potenziali di pratiche commerciali sleali. Considerati gli sviluppi positivi in alcune parti della filiera alimentare e dato che le pratiche commerciali sleali potrebbero essere contrastate efficacemente ricorrendo ad approcci differenti, la Commissione non ritiene pertanto che uno specifico approccio normativo armonizzato a livello dell'UE offrirebbe in questa fase un valore aggiunto. Tuttavia, poiché in numerosi Stati membri la legislazione è stata introdotta solo molto recentemente, la Commissione riconosce che occorre procedere a un attento monitoraggio dei risultati e, se necessario, a un loro riesame.
Il Belgio e i Paesi Bassi non dispongono di un quadro normativo, ma hanno optato per una piattaforma volontaria nazionale. I pochi Stati membri che non dispongono di una legislazione in materia di pratiche commerciali sleali potrebbero seguirne l'esempio e valutare la possibilità di istituire come minimo una piattaforma volontaria nazionale.
Per quanto riguarda le iniziative su base volontaria, la Commissione conclude che, sebbene la SCI abbia già conseguito alcuni risultati, esistono ancora margini di miglioramento. Al fine di aumentare la credibilità dell'iniziativa e di accrescerne l'efficacia nel contrastare le pratiche commerciali sleali, la Commissione propone di intavolare - con le parti interessate in seno al Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare - una discussione su come migliorare la SCI. L'obiettivo è quello di migliorare la sensibilizzazione sulla SCI, in particolare tra le PMI, di garantire l'imparzialità della sua struttura di governance, di consentire alle presunte vittime di pratiche commerciali sleali di presentare una denuncia in via riservata e di attribuire a organismi indipendenti poteri di indagine e sanzionatori.
La Commissione continuerà a seguire da vicino la situazione per quanto riguarda i quadri sia volontari sia normativi. Il Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare della Commissione proseguirà il dialogo con gli operatori, gli Stati membri e le altre parti interessate per garantire la promozione delle buone pratiche, lo sviluppo di piattaforme nazionali e, in particolare, il potenziamento della SCI. In ogni caso, prima della fine del suo mandato la Commissione riesaminerà il potenziale valore aggiunto dell'azione dell'UE nel contrastare le pratiche commerciali sleali alla luce di nuovi sviluppi o della mancanza di progressi.